I segreti di Brockeback Mountain 22

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I segreti di Brockeback Mountain 22
I segreti di Brockeback Mountain
regia: Ang Lee (Usa 2005)
sceneggiatura: Larry McMurtry, Diana Ossana
fotografia: Rodrigo Prieto
montaggio: Geraldine Peroni, Dylan Tichenor
musica: Gustavo Santaolalla, Marcelo Zarvos
scenografia: Judy Becker
costumi: Marit Allen
interpreti: Heath Ledger (Ennis Del Mar), Jake Gyllenhaal
(Jack Twist), Randy Quaid (Aguirre), Anne Hathaway,
Michelle Williams
produzione: Alberta Filmworks Inc., Focus Feat., Good Machine,
Paramount Pict., River Road Ent., This Is That Prod.
distribuzione: Bim
durata: 2h 14’
ANG LEE
Pingtung (Taiwan) - 23 October 1954
1992 Pushing Hands
1993 Il banchetto di nozze
1994 Mangiare bere uomo donna
1995 Ragione e sentimento
1997 Tempesta di ghiaccio
1999 Cavalcando col diavolo
2000 La tigre e il dragone
2003 Hulk
2005 Brokeback Mountain
LA STORIA
Destinazione Brokeback Mountain, di giorno a pascolare le
pecore e di notte a tenerle lontane dai coioti, fino ai primi
temporali d’autunno quando il brutto tempo riporta le bestie
a valle e gli uomini alla propria casa. Per Ennis Del Mar e
Jack Twist quello è il lavoro che hanno trovato e che sanno
fare meglio. Ennis, rimasto orfano di padre e madre da bambino, è stato cresciuto dai fratelli, finchè a sedici anni ha
dovuto provvedere a se stesso. Ora fa il cowboy di mestiere
Jack, invece che con il padre non ha mai trovato un buon
accordo, ha scelto di guadagnare qualcosa cavalcando nei
rodei. Si incontrano per caso nell’ufficio di Aguirre, il padrone della fattoria, disposti a andare lassù, in cima alla
montagna che “rompe la schiena”, dove ad aspettarli c’è solo
l’assoluta solitudine. I compiti sono stati tra loro ben divisi:
uno a dormire con le pecore, l’altro sotto la tenda, l’accampamento dove poi si ritrovano a mangiare. Ogni giorno così
con la sola eccezione di qualche parola scambiata intorno al
fuoco mentre Ennis scalda una scatola di fagioli e Jack lo
ascolta. Poi in una notte molto fredda, durante la quale, contravvenendo alla regola, tutti e due si rifugiano sotto la stessa
tenda, avviene forse quello che nessuno dei due si aspettava.
Il mattino dopo Ennis dice a Jack “Tutto finisce qui. Io non
sono così”. Risposta “neanch’io”. Un vano tentativo di prendere le distanze dall’accaduto. Ennis sa che a casa lo aspetta
Alma, la ragazza che ha promesso di sposare a novembre. Si
salutano dunque senza alcuna promessa di rivedersi, ma con
la speranza che un giorno potrà avvenire. Ennis sposa Alma e
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ha due bambine. Jack incontra ad un rodeo Lureen, una
bella texana, figlia di un uomo molto ricco, la sposa e ha un
figlio maschio. Passano quattro anni e, indirizzata a Ennis,
fermo posta, arriva una cartolina. La moglie gliela porge
chiedendogli: “Conosci qualcuno che si chiama Jack”. Poche
righe che gli annunciano l’arrivo dell’amico. “Fammi sapere
se ci sei”. La risposta di Ennis “Ci puoi scommettere”. Il
tempo di incontrarsi e di presentare l’amico alla moglie e poi
la fuga. Due giorni a pescare su quella montagna dove hanno
scoperto la loro amicizia e a ripensare alla loro vita. Jack chiede “Che cosa facciamo adesso?”. Ennis: “Ho troppe cose che
mi tengono legato.” E tra tante la più importante è come
arrivare a fine mese. Ma Jack prova a suggerire una via d’uscita. Un pezzo di terra da comprare, magari con l’aiuto di suo
suocero, a suo parere felicissimo di disfarsi di lui. Ennis fa
fatica a convincersi. Con gli anni gli incontri continuano, tra
la protesta delle mogli che non capiscono quelle partite di
pesca in semi solitudine. Intanto Alma è riuscita ad ottenere
una casa in paese e ha un suo lavoro da cassiera al supermercato. Lureen si occupa della contabilità dell’azienda paterna
con un accanimento che Jack trova persino esagerato. La crisi
del matrimonio di Ennis ha ormai raggiunto il punto di rottura: il giudice dichiara il divorzio e affida le due bambine
alla madre. Il padre deve provvedere all’assegno per il loro
mantenimento fino all’età di diciotto anni. È il 1975, e sono
trascorsi dodici anni dalle nozze. A quel punto Jack ripropone una vita insieme. Ennis gli ricorda i suoi impegni, prima
di tutto le sue figlie, che in casa hanno visto arrivare il nuovo
marito della madre. Jack però non si rassegna e durante uno
dei loro pochi, ma mai sospesi incontri torna a chiedergli
quello che non aveva mai potuto avere prima. E ancora una
volta l’altro gli fa presente i soliti, irrinunciabili doveri. Allora
Jack non può trattenersi dallo scaricargli addosso la sua impossibilità ad accettare ancora quella lontananza e Ennis è
ancora più duro “È per te che mi sono ridotto così” Un pianto disperato che finisce con un grande abbraccio, e lascia
addosso a tutti e due molta solitudine. Tornato al suo lavoro
Ennis rincontra la ragazza barista dove era solito mangiare
qualcosa, che gli aveva messo gli occhi addosso e che per un
po’ aveva cominciato a incontrare anche fuori. E con lei è
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l’ultimo definitivo chiarimento. Sono passati vent’anni da
quella prima volta a Brokeback Mountain e un giorno fermo
posta, come sempre, Ennis trova di ritorno la cartolina che
aveva spedito a Jack. Sopra un timbro “deceduto”. Chiama la
moglie per sapere che cos’ è accaduto e lei gli spiega di un
incidente mentre provava una macchina agricola. Non aveva
neanche quarant’anni. E gli dice anche che aveva espresso un
desiderio: essere cremato e che le sue ceneri fossero disperse a
Brokeback Mountain, il suo posto preferito. Ma, aggiunge
un luogo che non conosce e che potrebbe appartenere solo
alla sua immaginazione. Comunque per questo motivo una
parte delle sue ceneri sono state inviate ai suoi genitori.
Ennis raggiunge i genitori di Jack e dice loro che sarebbe
contento di esaudire il desiderio di Jack. Ma il padre si oppone. La madre che sente e capisce il dolore di quell’uomo gli
dice di aver mantenuto la camera di suo figlio come quando
era bambino e che se voleva avere un suo ricordo poteva
prenderlo. Ennis sceglie una camicia, che porta ancora
l’odore del suo corpo. A casa Alma Junior, la figlia, lo aspetta
per invitarlo al suo matrimonio. (LUISA ALBERINI)
LA CRITICA
Wyoming 1963. Ennis e Jack, cowboy isolati sui pascoli in
montagna, si innamorano. E continuano ad amarsi per i
vent’anni successivi, nonostante le rispettive situazioni
coniugali e un diverso modo di vivere la propria omosessualità. Dal racconto Gente del Wyoming di Annie Proulx, il
film di Ang Lee che ha vinto il Leone d’oro a Venezia e sbaragliato i Golden Globe (7 premi), sceneggiato da quel vecchio westerner man di Larry McMurtry, già autore di L’ultimo spettacolo e del bellissimo serial Tv Lonesome Dove. Respiro classico, regia trasparente, solitudini cosmiche che
diventano paesaggi eterni, dove il melodramma è qualcosa
che stritola il consumo di esistenze ordinarie sbaragliate da
ciò che è straordinario per definizione: l’amore. Ecco la
grande sfida di Ang Lee: una rappresentazione dell’amore
che sia il più possibile prossima all’esperienza.
Quindi, non solo palpitazioni e estasi come in un romanzo
stucchevolmente sentimentale, ma anche dolore, rabbia,
passione carnale e impossibilità di essere (appunto) ordinari”. Il fatto che i due amanti siano uomini, rappresentanti di
un immaginario per eccellenza virile (quello western), è fino
a un certo punto secondario. Anche se dalle chiusure del
contesto, dalla tragedia di doversi nascondere per amare e
dalla sicurezza di non poter essere accettati dal mondo scaturiscono le scelte forzate che determinano i destini di entrambi, e che per questo sono quasi una bestemmia. I segreti
di Brokeback Mountain è anche un film corale, perché le tre
famiglie (quella di Ennis, quella di Jack, più i genitori di
quest’ultimo ai quali è dedicata una splendida sequenza nel
finale) vanno a ricomporre quell’“affresco americano” così
caro al regista taiwanese sin dai tempi di Tempesta di ghiaccio. La prova per nulla scontata dei due protagonisti, Jake
Gyllenhall (Jack) e Heath Ledger (Ennis), aggiunge qualche
fremito in più a una visione che già di per sé assicura emozioni vaste.
(MAURO GERVASINI, Film Tv, 24 gennaio 2006 )
Metti In The Mood for Love fra i monti selvaggi del Wyoming. Stessa epoca, anni ‘60 e oltre (omaggio esplicito: la
canzone Quizàs ). Amore altrettanto infelice. Regista cinese,
anche se non è l’hongkonghese Wong Kar-wai ma il taiwanese americanizzato ed eclettico Ang Lee. I protagonisti
invece, come ognun sa, oltre che americani sono entrambi
maschi. O almeno ci provano, sposandosi e facendo figli per
condurre una vita “normale”.
Ma la passione è la passione, così dopo quattro interminabili
anni di separazione i due cowboys finiscono per ritrovarsi
una, due, molte altre volte a Brokeback Mountain, come
recita il titolo di questo film sommesso e struggente come
una ballata western, ma anche lontano anni luce dai cliché
del cinema gay. Perché Ang Lee, grande “falsario” (è un
complimento), sa rifare tutti gli stili, tutte le culture. Così
gioca questo amore impossibile sul filo del mito, il West,
sfruttandone i luoghi obbligati non per metterli in facile
parodia ma per ridargli vita e verità. Ed eccoli a cavallo con
lo Stetson d’ordinanza, anche se pascolano greggi e non
mandrie. Ecco riff avvolgenti alla Ry Cooder, cieli sconfina-
ti, la Natura maestosa ed infida, confidenze intorno al falò.
Anche se poi Jack Twist (Jake Gyllenhaal) non centra un
coyote a due metri, Ennis Del Mar (Heath Ledger) cade
addirittura da cavallo. E se la notte ha freddo finisce per
rifugiarsi nella tenda di Jack. Dove la (loro) natura fa finalmente il suo corso.
Naturalmente Ang Lee ha troppo spirito per non intuire i
risvolti umoristici del ribaltone. Così se ne libera in una sola
scena, quando il padrone del gregge vede al binocolo i due
cowboy rotolarsi seminudi sul prato. Il resto non è commedia ma struggente mélo strutturato intorno a due esistenze
mancate come tante: ed ecco l’identificazione (dietro il film
c’è un racconto di Annie Proulx, scrittrice da Pulitzer; ma lo
spazio concesso a mogli e famiglie, decisivo, è merito dello
script). I due infatti sono molto diversi, come qualsiasi coppia. Jack è aperto e intraprendente; Ennis chiuso e represso
(e sarà lui, amara ironia, a divorziare, mentre Jack tiene il
piede in due staffe). Jack campa coi rodeo e sposa la figlia
sexy di un greve ma ricco commerciante. Ennis, due figlie,
non tiene un lavoro e si fa pure beccare dalla moglie, che sa
ma tace. Fino all’epilogo, da non rivelare, dopo vent’anni e
più di incontri clandestini camuffati da “partite di pesca”.
Perché Jack vive in Texas, Ennis nel Wyoming, ed è lui a
non avere il coraggio di scegliere condannando entrambi a
diverse forme di infelicità. Straziante per Jack, quieta e
malinconica per Ennis, la cui figlia forse sa tutto ma saggiamente non parla.
In tono con questo film volutamente “normale” dunque
medio, sensibile, studiatissimo. A conferma che oggi molto
buon cinema non inventa ma riassembla, disloca, rielabora
figure e conflitti dei classici.
(GABRIELE FERZETTI, Il Messaggero, 20 gennaio 2006 )
Ennis Del Mar (Heath Ledger) e Jack Twist (Jake Gyllenhaal) disoccupati sposati, si trovano sulle montagne a guardia di un gregge di pecore e nelle lunghe giornate di noia
scoprono di amarsi. «Ma non sono frocio» si dicono l’un
l’altro nel lungo spot che sembra finalizzato al rilancio dell’Uomo-Marlboro, il rude uomo del Far West con giacca foderata di montone. Il film esclude ogni interferenza emotiI SEGRETI DI BROCKEBACK MOUNTAIN
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va, è decisamente machista e in questo non decostruisce
affatto, nonostante le intenzioni, il western classico del crepuscolo. Il copione era destinato a Gus Van Sant e allora sì
avremmo assistito a una frantumazione sui generis del genere, a un «corpo a corpo» trans nelle vallate verdi.
Qui invece per anni e anni, dai sessanta agli ottanta, i due
si trovano e si perdono sotto gli occhi vuoti di due mogliettine sospettose ma fedeli. La famiglia tradizionale - insopportabili riti domestici con prole molesta - sono l’altra
faccia di una relazione d’amore omosex così «normale» che
avrebbe convinto perfino gli Amish a votare per i pacs o
per i matrimoni gay...
Così scriveva Mariuccia Ciotta da Venezia, dove la giuria di
Gitai e Acheng riempì d’oro esagerato a Venezia 2005 questa «storia d’amore nel west», I segreti di Brokeback mountain,
tratta dal romanzo breve del premio Pulitzer Anne Proulx e
diretta dall’acquarellista taiwanese/americano Ang Lee. Un
mélo scientificamente, produttivamente voluto come «melenso». Come una lenta danza gay tra due personaggi dai
cognomi promiscuamente ispanico/anglosassoni. E indovinate chi è il più attivo tentatore? In forma d’elegia bucolica,
postmoderna, nello spiluccare a volte ironico tra il manierismo tardo-hollywoodiano ispirato all’iconografia dei rodei,
come li divinizzava il cinema di 30-40 anni fa, ma che svela
cosa ci fosse davvero dietro le rudi amicizie virili di cowboys
degradati a pastori, perché un gregge di pecore protegge
molto meno l’intimità fisica di una grossa mandria di manzi
guidata da John Wayne. Il dramma si impenna nel finale,
aspro e addolorato, che racconta come la propensione al linciaggio degli omosessuali, born o reborn (e in genere per chi
sbriciola coi sentimenti le convenzioni sociali), superava nel
1963, almeno nel retrivo Wyoming, quello per i rossi, compreso il presidente fiancheggiatore Kennedy.
Il Sam Peckinpah dell’Ultimo buscadero non poteva certo
immaginare come sarebbero diventati feroci azzeratori delle
anormalità perverse di tutti i tipi i pentecostali e i metodisti
di allora, che oggi l’evangelismo televisivo istiga alla grande
crociata, stringendosi a coorte con altri fanatici moralizzatori, Bin Laden, papa Ratzy e certi ebrei ortodossi.
Per lo zio Sam (l’artista) l’intero sogno americano era già un
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cancro terminale. Mentre per Ang Lee, reazionario di buon
cuore, isolare il tumore, almeno laggiù tra i terroni oscurantisti, è possibile. In fondo il nero su nero della perdizione massima, della Gody Art del sesso celibe, arriva solo quando si
passa il confine, nel darkissimo Messico caro agli orientalisti
e agli amici della vera civiltà. Moderato, anche nella sostanza
formale, Lee fa l’agit prop di una cultura omosessuale «normalizzante», quasi terapeutica, per tipi alla Rutelli. Ricezioni
più allenate da venti anni di ricerche estetiche omosessuali,
transgender e polisensuali reagiranno a questo film con sufficienza: è cosa da Oscar. In Usa ha infatti già collezionato tre
Golden Globes (solo in una città dello Utah è proibito) e si
avvia spedito verso l’Academy Award. Ma in Italia, dove il
tg1 dette la notizia del Leone di Venezia in 3 secondi netti,
per non dover aggiungere che parla di amore omosessuale tra
cow boys, ci tratteranno da cinefili snob a parlarne male
(come hanno fatto in Francia Cahiers e Positif) ? Eppure la
sensibilità gay che si mette al posto di comando rispetto a
quella maschilista eterosessuale, senza porsi il problema di
detronizzare ogni gerarchia simbolica, compresa quella fallocentrica, non è, noiosamente, solo «alla moda»?
(ROBERTO SILVESTRI, Il Manifesto, 20 gennaio 2006 )
Ebbene sì, lo confessiamo: un gay-movie western diretto
forse dal più sopravvalutato fra i registi dell’Estremo Oriente
non aveva tutti i presupposti per entrare nelle nostre grazie.
Eppure, ecco il miracolo: Brokeback Mountain è un film bellissimo e struggente, a riprova che il cinema è ancora in
grado di sorprendere, di confondere i calcoli, di superare barriere e prevenzioni. Accantonato l’armamentario “di genere”
con il quale aveva partorito l’infelice Hulk (2003), Ang Lee
ha diretto una vicenda intensa sul piano umano, ricca di sentimenti e di emozioni, sfoggiando nuovamente quella sensibilità che sorreggeva le sue prime e più riuscite pellicole (Il
banchetto di nozze, Mangiare bere uomo donna). La maggior
parte dei critici ha salutato favorevolmente la nuova prova
del regista, incentrando la propria analisi perlopiù sui suoi
indubbi meriti, ma a noi pare che la verità sia un’altra: e cioè
che il felice esito artistico del film sia da attribuire soprattutto all’inattesa solidità di scrittura. La sceneggiatura è infatti
granitica al pari del paesaggio in cui si svolgono gli avvenimenti e dei personaggi che li vivono: se l’ambientazione è
quella del selvaggio West - sia pure in un’epoca storica compresa fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta -, i protagonisti
non sono meno rocciosi e burberi del loro habitat. Questo è
tutto ciò che rimane del registro western: per il resto, lo
script preferisce adottare altri sintagmi, dal mélo al romanzo
di formazione. Ma sia chiaro: Brokeback Mountain non è un
rigido film a tesi, non prende le forme dell’apologo, non è
ideologicamente schierato a favore dell’omosessualità, semmai della sua legittimità. L’amore che unisce per tutta a vita i
due rudi cowboy si configura come un sentimento fortissimo
al quale è inutile opporsi: gli sceneggiatori hanno inteso
test(imoni)are la resistenza di un legame umano esposto
all’ostilità e all’incomprensione del mondo circostante. A
dispetto della lontananza e degli impegni familiari, tesi a salvaguardare la parvenza di eterosessualità, Jack e Ennis si perdono e si ritrovano costantemente, almeno fino alla chiosa
tragica che dà una brusca svolta agli eventi. Un finale coraggioso e commovente come l’intero film.
(Marco Bertolini, Il Mucchio Selvaggio, gennaio 2006 )
I COMMENTI DEL PUBBLICO
DA PREMIO
Annamaria de Cenzo - Ad Ang Lee il merito di aver trattato con sensibilità e intelligenza un tema difficile, focalizzandolo nel dramma dell’impossibilità per i protagonisti di realizzare i propri sentimenti apertamente, come ogni essere
umano. Normalità e diversità ci appaiono, attraverso il
film, per nulla lontane fra loro: non sono diversi fra loro, i
protagonisti, nell’attrazione reciproca che provano, e non
sono neppure diversi da noi, nei loro sentimenti e nel loro
modo di attuarli.
Miranda Manfredi - Una sceneggiatura incantata che riprende l’America dei grandi spazi dove la natura dominante
rende l’uomo più solo e indifeso. Nella solitudine le pulsioni
diventano più urgenti e da una iniziale omofilia si passa ad
una esplicita passione che si tramuta in un sentimento più
profondo quando la vita crea distanze. Il film, a mio parere,
sembra proporre la maggior felicità di un’intesa mentale tra
uomini in contrapposizione alla difficoltà di un carico familiare in cui la donna è solo una pedina per una ricerca di normalità. La recitazione è ottima nel fare emergere il sentimento in personaggi più portati ad esprimere le emozioni con la
violenza che con le parole. La periferia americana ci introduce in una dimensione culturale dove il lavoro nella sua precarietà umilia e il sogno americano spinge al compromesso rinnegando se stessi. Jack pagherà con la morte l’affermazione
della sua natura e Ang Lee descriverà un finale in cui gli
affetti si confondono con quelli dei genitori che, nel dolore,
capiscono la forza di qualsiasi forma d’amore.
Giustalberta Zanuso - Paesaggi incantevoli, solitari e incontaminati. Due giovani bisognosi di affetto e calore umano iniziano, quasi per gioco, come due cuccioli, una relazione che
finirà di distruggere la vita di entrambi. Sono diversi i due
protagonisti ma cercheranno ugualmente di rientrare nelle
regole della società in cui sono cresciuti. Tutto sembra acquietarsi senonché quello che era nato come un episodio sconsiderato e incontrollabile da dimenticare, si rivelerà come un
grande amore impossibile. La fotografia, la recitazione, il
ritmo e il grande patos ne fanno un film di rara bellezza.
OTTIMO
Gioconda Colnago - Gli spettacoli della immensa forza
della natura, delle sue intemperie, del notevole gregge di
pecore, del vigore degli uomini, ogni cosa sferzata dall’energia che opera nell’universo, inducono lo spettatore a considerare le molteplici qualità dell’esistente reale. Nel “mesto”
cuore del figlio di Adamo tribolato da impulsi irrefrenabili...
non c’è luce piena. Tutti i misteri, tutti i segreti, sono possibili! Quelli che hanno legato la lunga tribolata affettività tra
Ennis Del Mar e Jake Twist sono narrati dal regista Ang Lee
con sensibile prudenza. “I segreti di Brockeback Mountain”,
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nel suo genere drammatico, è un film importante, inoffensivo, difficile; racconta una storia particolare non rara avvalendosi del pregio di ottimi requisiti cinematografici, tecnici
e recitativi. Stupendamente significativa, consolante per lo
spettatore che vuole sperare il bene, la domanda che Jake
Twist rivolge alla figlia quando apprende dei suoi progetti
matrimoniali: “lo ami?”.
Teresa Deiana - C’è qualcosa di atemporale, come la solennnità della montagna, lo scorrere dei fiumi e delle greggi,
in questa storia nella quale Ennis e Jack si muovono come
sperduti Adamo ed Eva. E anche se il loro Paradiso Terrestre
è irto di ostacoli e di pericoli incombenti, essi lo vivono
nell’andar del tempo, paghi soltanto di brevi giorni di vicinanza. Singolare come il film, dal tema sicuramente scabroso, non lasci nello spettatore alcuna sgradevole sensazione di
volgarità. Sarà perché l’incontro fra i due nasce e si rinnova
all’aria aperta, in un paesaggio aspro, sotto il cielo che vede
da sempre il naturale succedersi delle stagioni. Nessuna
“pruderie” dunque in questo film di cui è parte essenziale la
straordinaria fotografia e che descrive, con lo sfondo di
un’America quasi di frontiera, il difficoltoso sopravvivere di
un amore proibito.
E. Sangalli - È un ottimo film di atmosfera, di sentimenti,
ben fatto e recitato, con una rappresentazione di un’America
“western” inusuale e convincente. Però ancora una volta
l’amore carnale fra due uomini è raccontato in maniera
omofobica. Tale amore infatti nasce da esperienze dolorose,
si sviluppa nel dolore e finisce come al solito nel dolore.
Non è accettabile che un simile amore sia semplicemente
normale, vissuto con gioia anche se con difficoltà: ci vuole
rimorso per il peccato, dolore per la lontananza ma dolore
anche per la vicinanza ecc. ecc. Ma non si potrà mai avere
un film che ci dica “e vissero felici e contenti?”.
ficialità. Nel nostro caso, invece, l’argomento è stato psicologicamente approfondito con convinzione e sensibilità. Gli
attori (parlandone da... non addetto) mi sono sembrati bravissimi. La fotografia, di enorme suggestione, mi ha presentato uno Wyoming da paradiso.
Antonella Spinelli - Bellissima descrizione dell’ambiente
americano, soprattutto degli anni ‘60. Non conoscendo il
racconto, posso giudicare soltanto le immagini elegiache di
paesaggi sconfinati e di una natura oggettivamente esaltante,
pura e liberatoria. Non credo che sia un caso che questo
ambiente offra il palcoscenico reale ad una storia essenzialmente di amore e passione, impossibilitata ad esprimersi
nella realtà sociale, a causa di codici di onore non scritti, ma
chiaramente obbligatori. Il regista riesce a descrivere i condizionamenti che non permettono non solo un adeguato sviluppo caratteriale dei due protagonisti, ma anche l’evoluzione psicosociale della famiglia americana: forse non è sbagliato
indicare nel titolo i tanti “Segreti di Brokeback Mountain”!
Piergiovanna Bruni - Attori impeccabili, sceneggiatura
eccellente, sequenze fotografiche affascinanti. Un film tristissimo sulle passioni irrefrenabili che distruggono ingiustamente la dignità degli innocenti coinvolti. I sentimenti in
gioco sono esattamente gli stessi sia per gli etero che per gli
omosessuali. Oggi fortunatamente non vi è più l’ostracismo
verso i diversi: nonostante questo esiste un’etica comune a
tutte le relazioni sentimentali. Senza quest’etica sarebbe
meglio non essere mai nati come si esprime il “Match
point” del grande W. Allen. Bisogna frenare la passione per
non ledere la dignità degli altri con l’inganno, come fanno
in modo spregevole i nostri due giovani cowboy in nome
solo di una prorompente corporeità.
BUONO
Carlo Chiesa - L’epilogo, forzatamente moralistico, ha voluto forse dare un’impronta di condanna ad una vicenda letterariamente dotata di un certo fascino. L’omosessualità femminile è stata spesso (nel passato) trattata con banale super214
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Arturo Cucchi - Questo lavoro di Ang Lee, di nascita taiwanese, che ha ricevuto il Leone d’oro alla 62esima Mostra del
Cinema di Venezia, narra una storia d’amicizia maschile che
diventa amore, senza cadere in nessuna retorica e ribalta le
consolidate convenzioni stereotipate del cowboy macho del
genere western. Il film è tratto dal racconto omonimo di
Annie Proulx che a Signal, nell’estate del 1963, fa incontrare
per la prima volta, dinanzi all’ufficio di collocamento per
essere assunti come pastori del rancher locale, tra paesaggi
sconfinati, Ennis Del Mar (Heath Ledger) e Jack Twist (Jake
Gyllenhaal) per far pascolare uno sterminato gregge di pecore nei mesi caldi negli alti pascoli della montagna di
Brokeback. La scontrosità iniziale dei due si tinge presto di
tenerezza e nasce un’amicizia intensa e profonda fatta di sincerità, di cameratismo, ma anche di amore totale che sfocia
in passione. A fine stagione decidono di andare ognuno per
la propria strada e alla loro vita. Ennis sposa davvero Alma
e ha due figlie, e Jack, in Texas, sposa Lauren, la regina del
rodeo, che gli dà un figlio. Ma dopo quattro anni i due si
riabbracciano e decidono di vedersi in segreto per molti
anni, rubando sporadici giorni di selvaggia emozione a esistenze, come sappiamo, regolarizzate solo di facciata, e con
la scusa di andare a pesca. Un melodramma non eccezionale, solo emozionante quando sa miscelare bene ragione e
sentimento. E, grazie alla sceneggiatura, quando sa risolvere
con delicatezza i contrasti caratteriali e con raffinata tessitura l’idillio fra i due uomini. Ho l’impressione che il regista
Lee abbia voluto sottolineare un pò la parte gay. Bravi gli
interpreti Heath Ledger (Ennis Del Mar) e Jack Twist (Jake
Gyllenhaal). Più suggestiva e struggente la prima parte della
seconda. Da segnalare anche la bella e originale canzone
interpretata dall’agentino Gustavo Santaolalla.
Rosa Luigia Malaspina - Buona la recitazione, bellissima la
fotografia. Un film che parla di una passione forte, importante, coinvolgente, di scelte difficili, obbligate, che portano
infelicità, struggimento, disperazione, dolore, di paura dei
giudizi degli altri, ma anche di varcare la soglia dell’illecito,
di autodistruzione. E di sentimenti forti, da rispettare.
Dieter Bachschmid - L’ho apprezzato per la bellezza dei paesaggi, per le musiche coinvolgenti, per il ritmo serrato della
narrazione, per la bravura degli attori, per la capacità di trasmettere con inquadrature silenziose sentimenti profondi
(commoventi quelle relative ai genitori di Ennis) ma non lo
considero positivo perché confonde con ingannevole sottigliezza l’amore con una insana passione.
Enrica Castagna - Wyoming splendido ed emozionante
emozione che la storia e i due attori non sono riusciti a trasmettermi. Film assolutamente sopravvalutato.
DISCRETO
Rachele Romanò - Mi è costato sommamente vedere il film
e col cuore immerso nell’amarezza più profonda ho seguito
le scene erotiche fra i due protagonisti. Ciò che li lega non è
amore, tant’è che Ennis, dopo la prima volta provò disgusto
e tenne a rilevare che la faccenda non doveva avere seguito.
Purtroppo le cose andarono diversamente. Pellicole di questo genere non dovrebbero avere mercato perché rinforzano
comportamenti simili in persone fragili.
MEDIOCRE
Norima Bachschmid - Se si tiene presente la motivazione
del premio San Fedele, questo film si allontana molto
dalla possibilità di concorrere ai primi posti. L’estetismo
della fotografia e dell’aspetto degli attori (tutti belli) non
basta a supplire la mancanza totale di valori. Tutto è costruito in modo subdolo per giustificare e addirittura sublimare esistenze prive di senso di responsabilità, come se
la vita fosse qualcosa che ti travolge senza che si possa dirigere il timone.
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