L`ecosistema urbano

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L`ecosistema urbano
L’ECOSISTEMA URBANO
Vincoli e limiti dell’ecosistema urbano “città” – Alcune cause della
crisi dell’ecosistema urbano – Il traffico urbano: una problematica
di scottante attualità – L’inquinamento atmosferico per la
congestione del traffico – Le alternative ai mezzi di trasporto privati
di
GIORGIO NEBBIA
La città come ecosistema
La città è un ecosistema, sia pure artificiale, che
"funziona" secondo gli stessi principi degli ecosistemi "naturali. Come in qualsiasi ecosistema, anche la
vita in quello urbano è soggetta a vincoli e limiti, il
principale dei quali è rappresentato dalla scarsità dello spazio.
Il movimento in una città può svolgersi soltanto
entro spazi che sono limitati: la strada e il marciapiede per i pedoni, la strada per il movimento di autoveicoli (automobili private, mezzi di trasporto pubblico, mezzi di trasporto delle merci), di motociclette
e biciclette. Gli spazi in cui è possibile il movimento
hanno una capacità ricettiva limitata; un concetto equivalente a quello di carrying capacity usato dagli
ecologi per indicare la capacità ricettiva, o portante,
di qualsiasi ecosistema.
Come gli ecosistemi naturali possono ospitare un
numero di animali non superiore a un limite, appunto
la capacità portante, al di là del quale si hanno fenomeni di congestione, lotta per la conquista dello spazio e intossicazione, così le strade di una città possono accogliere un numero limitato di veicoli, al di là
del quale si verificano fenomeni insostenibili di congestione caotica del traffico e di intossicazione dell'aria. La situazione caotica è ben nota, si osserva anche
negli ecosistemi naturali e, nel caso dell'ecosistema
urbano, porta alla paralisi dell'intero traffico.
Per evitare di raggiungere tali situazioni insoste-
nibili, che rendono lentissimo o impossibile il movimento e irrespirabile l'aria, occorre prendere dei
provvedimenti di legge che consistono principalmente in divieti. Una città funziona soltanto se gli amministratori hanno il coraggio di dire "no" a comportamenti che fanno superare la soglia della capacità ricettiva della città stessa.
Alla base della possibilità che tutti i cittadini si
muovano a piedi, in bicicletta, in automobile, con
mezzi di trasporto pubblici, e che siano riforniti di
merci, quindi alla base delle norme per il buongoverno dei trasporti in una città, sta il riconoscimento del
carattere pubblico delle strade e dei marciapiedi. Alla
base della violenza del traffico urbano sta l'appropriazione privata degli spazi pubblici da parte degli
automobilisti, e di altri soggetti (scarico delle merci,
eccetera).
Non c'è niente di strano in tutto questo; fin dalle
sue prime redazioni, addirittura negli anni trenta, il
codice della strada prevedeva divieti di sosta, di sosta
e fermata, spazi riservati a parcheggi, corsie riservate
ai mezzi di trasporto pubblico, orari di carico e scarico delle merci. Se viene vietata la sosta e la fermata
sulle strade interessate al traffico, il traffico scorre
veloce; se le strade – tipici beni collettivi – sono usate come parcheggio privato, il trasporto è molto lento
(più lento il trasporto con i mezzi pubblici che sono
più ingombranti) il consumo e spreco di energia è
molto alto, l'inquinamento dell’aria è molto elevato.
Se i marciapiedi – tipici beni collettivi – sono oc-
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Vegetazione in autunno
marciapiede), a causa del rallentamento del traffico,
del maggiore consumo di benzina, della maggiore
lunghezza del tempo richiesto per gli spostamenti,
del maggiore inquinamento, del disagio nell'uso della
strada e del marciapiede.
La salvezza va cercata innanzitutto in un ritorno
al – o in un inizio del – rispetto della legge, anche a
costo di disturbare interessi consolidati.
cupati come parcheggio privato, sono occupati da tavoli, edicole, pubblicità, eccetera, i pedoni non sanno
più dove muoversi. Sono naturalmente maggiormente
danneggiati i pedoni più deboli come non vedenti,
disabili, anziani, madri col passeggino, bambini, eccetera.
La crisi dell'ecosistema urbano sta nel fatto che il
rispetto della legge comporta costi ai soggetti privati
che si erano abituati a disporre gratis del bene collettivo strada o marciapiede. Essi, infatti, devono cercare un parcheggio più lontano e quindi sono costretti a
perdere qualche minuto per raggiungere a piedi la casa o l'ufficio; devono pagare per occupare uno spazio
adibito a parcheggio; devono perdere un po' più di
tempo se usano i mezzi pubblici di trasporto.
Peraltro il vantaggio economico che alcuni soggetti hanno usando, per la propria utilità privata, uno
spazio altrui, comporta maggiori costi e disagi per
altri o per molti ("comproprietari" della strada e del
Camminate, non fermatevi
Se viene vietato il parcheggio degli autoveicoli
privati sulla strada, è facile sentirsi obiettare che i
negozianti perdono gli affari perché i clienti non riescono a parcheggiare; che il costo delle merci aumenta se gli automezzi possono scaricarle solo la mattina
presto o la sera tardi; che innumerevoli attività economiche sono danneggiate, e, infine, che le azioni
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che dovrebbero giovare “al popolo” costringono i lavoratori a perdere più tempo per raggiungere il posto
di lavoro, eccetera.
Alla contro-obiezione consistente nell'invito ad
usare i mezzi pubblici di trasporto viene controcontro-obiettato che essi sono troppo lenti o troppo
costosi (i taxi) o troppo scomodi, o hanno pessimi orari, o percorsi non comodi. Infine i nemici dei divieti obiettano che è necessario prima realizzare dei parcheggi, e poi far rispettare i divieti: siccome è difficile rendere disponibili infiniti posti gratuiti di parcheggio comodi per ciascun automobilista privato, è
come invitare l'amministrazione a lasciar prevalere la
legge della giungla.
Va detto inoltre che le radici ancora più profonde
della crisi urbana affondano nel feticcio dell'automobile. In realtà nella popolazione, fin dalla più tenera
età, viene inculcato e martellato il falso dogma che
quello che fa comodo all'industria automobilistica e
petrolifera è utile al paese, che qualsiasi "pericolosa
disaffezione" verso l'automobile privata è dannosa
all'economia della patria.
Questo dogma è talmente insensato e vecchio (da
“America anni venti”), disperatamente tenuto in vita
con l'insensata politica di incentivi al rapido ricambio
delle automobili e – perfino, adesso – delle motociclette, che una crisi dell'automobile verrà invece proprio dalle scelte sbagliate del tipo di autoveicoli messi in circolazione e dalla congestione crescente del
traffico urbano. Sta crescendo ormai, sia pure lentamente, un movimento di ribellione alla violenza urbana che chiede la liberazione degli spazi collettivi –
strade e marciapiedi – in modo da assicurare il movimento dei pedoni e dei mezzi di trasporto, da allontanare il pericolo della congestione caotica e da ridurre l'inquinamento.
Un certo passo avanti si avrebbe se venissero rispettati i divieti di sosta e di sosta-e-fermata già esistenti. E' certo che, in un primo tempo, si avranno dei
disagi, ma immediatamente migliorerà la circolazione dei mezzi di trasporto sia di quelli pubblici, sia
anche di quelli privati. Se tutti i veicoli sono in movimento, il traffico è facile e scorrevole; se anche solo un veicolo si ferma al lato della strada, anche solo
per alcuni minuti, viene rallentato il movimento di
decine di autoveicoli. Figurarsi se le automobili sono
in sosta per ore intere e magari in doppia o tripla fila!
Se poi si vuole davvero spostare il trasporto dai
mezzi privati a quelli pubblici è opportuno estendere
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i divieti di sosta e fermata nelle strade percorse da
intenso traffico di mezzi pubblici. Le violazioni dei
divieti avvengono spesso sotto gli occhi dei vigili che
si limitano a cortesi, e inascoltati, inviti a spostarsi.
Sembra che ci sia un doveroso e complice rispetto
per gli automobilisti anche se violano la legge.
Inutile dire che l'accettazione quasi legalizzata
dell'abusivismo della sosta da parte degli automobilisti ha anche un carattere corruttore. Se è lecito violare la legge in questo settore, perché gli altri cittadini
dovrebbero rispettarla in altri campi ?
Usiamo meglio l’automobile
E' possibile che alcuni gruppi di lavoratori siano
danneggiati dai divieti di sosta e che i relativi costi
del lavoro o dei servizi vengano così ad aumentare,
come, d’altra parte, è possibile calcolare il vantaggio
anche monetario per la collettività derivante da un
aumento della mobilità e della velocità del traffico.
Sarebbe così possibile, davanti a serie documentazioni di incremento dei costi, prevedere un risarcimento per i lavoratori o le imprese che possono essere danneggiate dalla difficoltà di sosta degli autoveicoli dei dipendenti.
Un altro importante fattore che contribuisce al rallentamento del traffico consiste nella pessima utilizzazione dei mezzi privati di trasporto: in genere da
una a due persone (con una media intorno a 1,3 - 1,5
persone) per ciascun autoveicolo che, sia da fermo,
sia in movimento, occupa circa 12 metri quadrati di
spazio.
Se il fattore di utilizzazione venisse aumentato da
1,5 a 3 persone per autoveicolo diminuirebbe della
metà lo spazio richiesto per parcheggi e lo spazio occupato nella strada durante il movimento. L'uso di
una automobile privata da parte di più persone che
fanno lo stesso percorso (per esempio casa-lavorocasa) (il cosiddetto car-pooling) è praticato da anni
nei paesi industriali ed è incoraggiato dalle aziende le
quali risparmiano nella diminuzione dei ritardi e nella predisposizione di costosi parcheggi per i dipendenti. Gli incentivi potrebbero essere sotto forma di
compenso, di buoni per una riduzione sul prezzo della benzina, di particolari clausole nelle assicurazioni
infortuni che non penalizzino il proprietario dell'autoveicolo usato per il car-pooling. Gli autoveicoli usati per car-pooling (per esempio con tre o più perso-
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ne a bordo, condizione facilmente verificabile) potrebbero essere autorizzati a percorrere le corsie riservate ai mezzi pubblici di trasporto.
Gli unici passi che sono stati finora fatti in alcune
città, specialmente quelle con “centri storici”, a rischio di congestione e di inquinamento, sono stati alcuni divieti di ingresso al traffico privato, sempre
presi con grande timidezza, o legati alle condizioni
meteorologiche, o all'inquinamento atmosferico rilevato dai laboratori di controllo. Inutile dire che anche
questi provvedimenti suscitano la proteste dei residenti e dei negozianti che temono uno spostamento
degli acquisti dalla zona vietata alle periferie. E' evidente peraltro che non si può accontentare tutti e che
nelle zone vietate deve essere comunque consentito
l'accesso ad alcune categorie di utenti privati come
medici o disabili .
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ad un ufficio in centro. Molte aziende sono già orientate, per motivi di vantaggio economico, in questa
direzione, ma senza alcuna pianificazione da parte
della pubblica amministrazione.
E' evidente che tale decentramento è ostacolato da
vari interessi: da quelli dei negozianti dei centri urbani, ai proprietari dei suoli e degli edifici centrali,
fino a quelli, nelle città universitarie, dei professori
che scoraggiano l'utilizzazione delle università e delle sedi periferiche, rispetto a quelle centrali, più comode per i loro spostamenti.
Eppure esistono oggi mezzi elettronici che consentirebbero di avere accessibile, in qualsiasi parte
del paese, qualsiasi servizio, dai libri rari delle biblioteche ai servizi di segreteria, di documentazione, eccetera. In molti paesi industriali il telelavoro (svolgimento di compiti di ufficio nella propria abitazione,
o in uffici decentrati, collegati con gli uffici centrali
mediante reti di elaboratori elettronici) è ormai una
realtà come risposta alla necessità di diminuire gli
spostamenti dei pendolari e di ridurre la congestione
del traffico urbano. In Italia si stanno appena muovendo i primi timidi passi in questa direzione.
Ma è proprio necessario stare tutti in centro?
La politica dei divieti di accesso nei centri urbani
ai mezzi privati potrebbe rappresentare indirettamente uno strumento di pianificazione territoriale e di decentramento; essa farebbe tuttavia diminuire il valore e la desiderabilità degli alloggi e uffici negli
stessi centri urbani e
sarebbe quindi fermamente
avversata
dai potenti interessi
immobiliari. Eppure
molte attività potrebbero essere utilmente
spostate dal centro
delle grandi città, già
congestionate e inquinate, verso le periferie
o verso paesi vicini.
Un calcolo mostra
che "costa" meno, per
un lavoratore, spostarsi da una abitazione di periferia verso
un paese ancora più
periferico, che dall'aVia del centro storico di Firenze
bitazione in periferia
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concentrazioni di agenti tossici solo per mezz'ora o
solo per tre ore!
L'inquinamento atmosferico danneggia maggiormente la salute dei dipendenti dei negozi a piano terra, degli abitanti di appartamenti e uffici a piano terra
o al primo piano, dei bambini che camminano a piedi
e la cui bocca si trova all'altezza dei tubi di scappamento, dei vigili urbani sulla strada.
Sarebbe tempo ormai di rivedere la localizzazione
delle “centraline” che, nelle varie città, misurano
l'inquinamento atmosferico urbano, e, su un piano
più generale, di rivedere i limiti massimi accettabili
previsti per tale inquinamento dalla legge nazionale
perché vengano resi più severi ed estesi anche ad agenti chimici inquinanti e pericolosi oggi non considerati.
Avveleniamo di meno l’aria
Molte decisioni sull’accesso ai centri urbani sono
state finora prese in seguito al "maggiore" inquinamento atmosferico rilevato da alcune stazioni fisse e
mobili di controllo, sulla base del superamento di
certi "limiti" stabiliti per legge e validi in tutto il territorio nazionale. Tali limiti massimi di concentrazione accettabile sono peraltro fissati soltanto per alcuni agenti inquinanti: le stazioni di rilevamento non
misurano quasi mai la concentrazione di molti altri
agenti inquinanti dell’atmosfera dannosi alla salute,
come gli idrocarburi aromatici, gli idrocarburi aromatici policiclici cancerogeni, il piombo, i nitroderivati organici e aromatici, e altri ancora.
Gli stessi limiti massimi fissati dalla legge prendono in considerazione le concentrazioni medie misurate nel corso di un'ora o di una giornata, ma nel
corso di una giornata si possono avere, per alcune ore, concentrazioni molto elevate di agenti tossici nell'aria, mentre i valori medi nelle 24 ore possono essere relativamente più bassi ed entro i limiti di legge.
Ma i danni alla salute si hanno anche respirando alte
Usiamo i mezzi pubblici
Se poi si volesse davvero indurre i cittadini ad usare maggiormente i mezzi pubblici sarebbe necessario rivedere le tariffe dei mezzi di trasporto pubblici;
l’aumento di tali
tariffe al fine di
“fare quadrare” i
bilanci rappresenta la sicura premessa per allontanare gli utenti dai
mezzi pubblici di
trasporto, con ulteriore perdita di
utenti e aumento
delle perdite aziendali, con aumento del traffico
privato,
della
congestione e dell'inquinamento, in
una spirale senza
fine.
Per incoraggiare, invece, l'utilizzazione dei mezzi
pubblici di trasporto sarebbe anche possibile preUn autobus per il trasporto urbano ed extraurbano
vedere degli in-
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centivi per i taxi per aumentarne il fattore di utilizzazione (la possibilità di far salire più persone che hanno un tratto di percorso comune), o per assicurare l'utilizzazione dei taxi su particolari percorsi da parte
dei lavoratori. Per molte aziende private e pubbliche
costerebbe meno garantire ai dipendenti l'uso di un
taxi che acquistare una automobile di servizio e pagare lo stipendio dell'autista.
Fondamentale per aumentare la velocità e la mobilità del trasporto in una città è assicurare delle corsie preferenziali ai mezzi di trasporto pubblici. Le
corsie devono essere protette dall'invasione da parte
dei mezzi privati di trasporto, devono essere continue, col minor numero possibile di interruzioni per
svolte o attraversamenti che costringono il traffico
privato a tagliare le corsie preferenziali.
Soprattutto, le corsie preferenziali devono essere
fatte rispettare con rigore. Il traffico dei mezzi pubblici nelle corsie preferenziali, nonostante le inevitabili fermate degli autobus, è sempre più veloce del
traffico privato nelle corsie comuni. Il rispetto delle
corsie preferenziali rende molto più accettabile e
competitivo il trasporto pubblico; nel caso dei taxi il
costo delle corse diminuisce e, su certi percorsi, il
costo diventa vicino a quello del biglietto dei mezzi
pubblici.
Un aumento della velocità dei mezzi di trasporto
pubblico si traduce immediatamente nel rispetto degli
orari, e in un aumento della accettabilità dei mezzi
pubblici di trasporto in alternativa a quelli privati.
Per aumentare la velocità degli autobus occorre ripensare la politica degli acquisti degli autobus. E' assurdo che autobus di grandi dimensioni e ingombro
vengano fatti circolare in strade strette, quando un
numero maggiore di autobus di minori dimensioni
potrebbe assicurare lo stesso movimento, e a maggiore velocità, nelle ore di punta. Nelle ore non di punta
potrebbe essere lasciato in circolazione un numero
limitato di autobus piccoli e veloci, ai quali sarebbe
assicurato un alto fattore di utilizzazione.
Va infine denunciata la pessima progettazione degli autobus acquistati dalle amministrazioni di molte
città, particolarmente scomodi per gli anziani, i disabili, le madri e i padri con figli piccoli in braccio, che
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devono superare assurdi gradini, che non sanno dove
afferrarsi durante le accelerazioni e frenate. Viene il
sospetto che i progettisti degli autobus, i presidenti e
dirigenti delle aziende dei trasporti e gli amministratori pubblici non abbiano mai messo piede sugli autobus in circolazione nelle rispettive città.
Un ultimo commento moralistico
Visto che stiamo parlando del miglioramento del
traffico urbano lasciatemi concludere con un commento moralistico, ma neanche troppo, sulle automobili “di servizio”, quelle che i pedoni e gli utenti degli autobus chiamano stizzosamente “auto blu”, usate
da potenti, ma neanche tanto, da funzionari pubblici,
e privati, eccetera.
Intanto nessuno è mai riuscito a sapere quante automobili “di servizio” esistono in Italia per i dipendenti pubblici e quanto questo costa alla collettività.
Di certo il costo urbano per la collettività è altissimo
perché le automobili occupano grandi spazi di sosta
nelle zone degli uffici e intralciano il traffico ordinario con il loro movimento, spesso per spostare una
persona di poche decine di metri.
La giustificazione che il tempo dei dirigenti è prezioso è assurda perché il tempo è prezioso per un ministro come per un operaio o uno studente e il diritto
alla salute vale per tutti. La giustificazione della necessità di sicurezza è altrettanto ridicola perché l'esperienza dimostra che terroristi o criminali ben determinati uccidono chi vogliono anche se viaggia su
auto blindate e scortate.
L'automobile di servizio è diventata uno status
symbol pagato dai cittadini in termini di maggiore
disagio, inquinamento, malattie. Sono proprio necessarie tutte quelle che sono in circolazione, non solo a
Roma, certamente capitale anche delle auto blu, ma
in tante altre città italiane?
Giorgio Nebbia
Giorgio Nebbia è Professore emerito di merceologia
nell’Università di Bari
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