Dimensione e concentrazione dei gruppi bancari italiani
Transcript
Dimensione e concentrazione dei gruppi bancari italiani
Problemi DIMENSIONE E CONCENTRAZIONE DEI GRUPPI BANCARI ITALIANI NELL’ULTIMO DECENNIO Vittoria Cerasi∗, Lisa Crosato∗∗ Summary Size and concentration of Italian banking groups over the last decade The paper analyzes the change in the size distribution of Italian banking groups over the period 1999 to 2007 following a wave of M&As among large banks. Had this process increased the degree of concentration we would have expected greater credit rationing for small firms, given the central role of Italian banks in financing small firms. We measure this change through widely used measures of concentration on branches. First, we observe a steady increase in concentration that can be captured only by looking at the overall size distribution. Other measures do not perceive this change until the year 2007, when the very large banks merged. Second, by focusing on the banking groups that have been active players in M&As we do see a decline in concentration, since smaller players have caught up with the larger ones in terms of rate of size increase. This contrasts with the role of the new entries and the disappearance of banks following mergers, that has increased the dispersion of market shares. The implications are that: i) there is a credit termination risk due to the rise in active players’ size, but ii) credit rationing may not occur due to a substitution effect in credit supply from new entries. Keywords: bank market structure; size distribution of banks; measures of concentration; credit rationing of SME; mergers and acquisitions. ∗ Università di Milano-Bicocca, Dipartimento di Statistica; [email protected]. Università di Milano-Bicocca, Dipartimento di Statistica; [email protected]. ∗∗ 1 Parole chiave: struttura dell’industria bancaria; distribuzione per dimensione delle banche; misure della concentrazione; razionamento del credito alle PMI; fusioni e acquisizioni. Jel Classification: G21 - L11 Introduzione La struttura del sistema bancario italiano ha attraversato nell’ultimo decennio una fase di notevoli cambiamenti dovuti principalmente a fusioni ed acquisizioni tra banche nazionali. Le determinanti di questo processo sono da ricercare nelle variazioni del quadro legislativo in materia bancaria, nelle politiche di indirizzo della Banca d’Italia e in parte nelle dinamiche di crescita interne al sistema bancario. Le principali variazioni legislative risalgono addirittura all’inizio degli anni novanta con la liberalizzazione degli sportelli (1990), l’adozione della seconda direttiva europea (1992) in materia di autorizzazione ad operare a soggetti italiani ed esteri sul territorio nazionale e il Testo unico bancario (1993) che ha consentito la contaminazione tra banche commerciali e banche di investimento, fino ad allora vietata. Per quanto riguarda la politica di indirizzo della Banca d’Italia ricordiamo i continui inviti già a partire dal 1990 ad una maggiore aggregazione tra banche nazionali allo scopo di preservare la nazionalità dei principali istituti e perché non soccombessero alla concorrenza dei principali colossi bancari europei (si veda l’articolo di Baglioni in questa stessa rivista). Infine una maggior integrazione tra mercati europei ha portato ad un incremento della dimensione del mercato di riferimento per i servizi bancari e questo ha favorito la crescita dei singoli istituti già presenti nell’industria. Il processo di crescita nel sistema bancario avviene principalmente mediante crescita esterna (cioè attraverso acquisizioni o fusioni con imprese già presenti sul territorio), meno per crescita interna (ovvero attraverso l’apertura di nuovi sportelli non già presenti sul territorio): questo perché la costruzione di una relazione col cliente necessaria nell’erogazione del prestito richiede un investimento in conoscenza del territorio troppo costoso per una banca ancora non presente nel mercato (si veda per esempio l’argomento teorico 2 in Dell’Ariccia, Friedman e Marquez, 1999). Per questa ragione il mercato rilevante per i servizi bancari viene considerato nella letteratura e dalle autorità di concorrenza quello locale dove grande importanza riveste la rete di sportelli. Lo scopo del presente articolo è di analizzare l’evoluzione della distribuzione della dimensione delle banche italiane per capire come si sia modificata la struttura del mercato in seguito al grande numero di fusioni e acquisizioni succedutesi nell’ultimo decennio. L’interesse economico nasce dal fatto che l’evoluzione della struttura del mercato può portare a cambiamenti nelle politiche di credito delle banche con effetti di razionamento specialmente per le piccole e medie imprese (PMI). Una delle maggiori preoccupazioni delle autorità di politica economica è che le banche riducano il credito alle imprese ed in particolare alle PMI1. In economie in cui le imprese in effetti non hanno capitali propri sufficienti, le politiche di credito delle banche sono determinanti per il finanziamento delle imprese. A maggior ragione in un sistema finanziario centrato sulle banche come quello italiano. Inoltre è da notare come uno degli effetti della recente crisi finanziaria sia stato quello di prosciugare i canali del credito alternativi alle banche. Mentre vi sono effetti di razionamento temporanei e congiunturali, come per esempio quelli dovuti alla recente crisi finanziaria, una maggiore concentrazione nel sistema bancario potrebbe invece determinare una duratura contrazione del credito alle PMI. 1. Effetto delle concentrazioni bancarie sul credito alle PMI Vediamo innanzitutto quali risultati si trovano nella letteratura empirica relativa agli effetti di una maggiore concentrazione del sistema bancario sulla disponibilità a finanziare le imprese di minore dimensione, circoscrivendo però la letteratura a quella riferita a dati italiani. Vi sono alcuni lavori empirici che hanno testato l’effetto delle concentrazioni bancarie, specialmente quelle del decennio precedente, per fornire una risposta al quesito. Sapienza (2002) ha mostrato, su dati relativi alla ondata di fusioni e acquisizioni nel decennio precedente alla nostra analisi, come le 1. Si vedano per esempio i dati del questionario trimestrale somministrato dalla BCE ai maggiori gruppi bancari con lo scopo di monitorare il cambiamento nel rigore applicato nella concessione del credito alle imprese (Bank Lending Survey disponibile sul sito della BCE). Quello che si osserva è che gli standard applicati differiscono a seconda della dimensione delle imprese con un indurimento del rigore degli standard per le PMI. 3 imprese clienti di banche che hanno subito la concentrazione (target nella fusione) abbiano una probabilità maggiore di essere razionate rispetto ad imprese che sono clienti delle banche soggetto attivo nella concentrazione; inoltre mostra come questo razionamento sia tanto più probabile quanto minore è la dimensione dell’impresa cliente della banca e quanto è minore la dimensione della banca oggetto della fusione2. In altre parole le imprese clienti delle banche che vengono assorbite nelle aggregazioni tendono a ridurre il credito alle piccole imprese specialmente se si tratta di piccole banche. Bonaccorsi Patti e Gobbi (2007) mostrano, su dati riferiti agli anni novanta (1990-1999), come le aggregazioni bancarie producano una riduzione di credito tra il 2% e il 3% alle imprese clienti di banche coinvolte, ma come questa riduzione sia temporanea e riassorbita nel giro di 3 anni. Inoltre confermano il risultato che vi sia una maggiore probabilità di razionamento come conseguenza del processo di concentrazione per le piccole imprese. Anche Focarelli, Panetta e Salleo (2002) confermano questo effetto di razionamento su dati dal 1985 al 1996 studiando la percentuale dei prestiti alle PMI sul totale. Beretta e Del Prete (2007) mostrano un risultato simile su dati più recenti, dal 1990 al 2004, ovvero che la quota dei finanziamenti alle PMI si riduce in seguito alle M&As, tuttavia mostrano evidenza a favore di un effetto di sostituzione. In particolare quello che emerge è che imprese di piccole dimensioni risultano razionate dalle grandi banche nate da aggregazioni bancarie, ma non subiscono complessivamente una contrazione di credito; anzi la percentuale di credito alle PMI aumenta in aggregato, grazie all’effetto dinamico di sostituzione del credito per opera di banche rivali, ovvero quelle banche non coinvolte dal processo di aggregazione. Questo implica che non necessariamente ci si debba attendere una contrazione generalizzata del credito alle PMI come risultato del recente processo di concentrazione nell’industria bancaria, qualora vi siano nuove banche e soprattutto banche rivali che si sostituiscono nel credito alle piccole imprese. Dall’analisi della evoluzione della distribuzione dimensionale delle banche italiane potrebbe infine emergere una implicazione sulla distribuzione dimensionale delle imprese produttive. Per quanto riguarda questo punto la ricerca empirica su dati americani (si veda per esempio Cottarelli, 2004; Bonaccorsi Patti e Dell’Ariccia, 2004; Cottarelli e Strahan, 2. Questa evidenza empirica si accompagna all’idea che le banche abbiano un vantaggio comparato a prestare ad imprese per categorie dimensionali a loro simili e dunque che le banche grandi tendano a specializzarsi nel credito alle grandi imprese, mentre le banche piccole nel credito alle piccole imprese. 4 2006) ha mostrato una relazione di causalità significativa tra una maggiore concentrazione del sistema bancario e la riduzione del numero di piccole imprese nei settori produttivi, maggiore laddove la dipendenza dal credito bancario è maggiore. Se l’industria bancaria italiana tendesse a concentrarsi verso gruppi di maggiore dimensione e se queste banche tendessero a razionare le imprese minori, senza l’apertura di canali sostitutivi di credito, questo potrebbe portare ad una maggiore uscita di imprese piccole e ad una maggiore concentrazione dell’industria finanziata dal sistema bancario. E’ dunque importante capire quale sia stato l’impatto del processo di aggregazioni bancarie sulla dimensione delle banche coinvolte e in generale sulla dimensione di tutte le banche nell’industria. 2. Qualche dato per capire Se consideriamo l’andamento dei dati aggregati a livello nazionale troviamo che il numero di banche si è ridotto da 841 nel 2000 a 806 nel 2007 con un minimo di 778 nel 2004, mentre il numero di sportelli totali è andato costantemente crescendo nel tempo da 28.194 nel 2000 a 32.818 nel 2007. [Tabella 1] Dalla tab. 1 si osserva come la dimensione media – misurata in termini di sportelli – delle banche presenti sul territorio sia cresciuta nello stesso arco di tempo da 34 a 41 sportelli per banca. Se però analizziamo l’evoluzione della distribuzione disaggregando i dati tra banche di varie dimensioni, troviamo che l’andamento non è uguale per tutte le banche. [Figura 1] La fig. 1 riporta la quota di sportelli delle banche suddivise per categorie dimensionali. Come si evince dalla figura, il peso delle banche maggiori è aumentato notevolmente, mentre le banche grandi si sono ridimensionate; è cresciuto il peso delle banche minori ed è rimasto pressoché invariato 5 quello delle banche piccole e medie. Sembra esserci dunque stata una notevole redistribuzione degli sportelli all’interno del sistema bancario a favore di alcune categorie dimensionali. La domanda che ci poniamo è se, accanto a questa evidenza, vi sia stato un incremento nel grado di concentrazione nell’ultimo decennio. In qualche modo ci si attendeva un aumento del grado di concentrazione come conseguenza di una maggiore concorrenza tra banche dovuta al processo di deregolamentazione, come spiegato in Cerasi e Chizzolini (2004). 3. Evoluzione della concentrazione nell’universo dei gruppi bancari In questa sezione analizziamo in dettaglio l’evoluzione del grado di concentrazione del sistema bancario, partendo da dati disaggregati3 sul numero di sportelli dei gruppi bancari italiani negli anni che vanno dal 1999 al 2007. Nei gruppi bancari sono rappresentate la maggioranza delle banche italiane, mentre sono escluse le banche di piccolissime dimensioni, che pur costituendo un grande numero in termini di istituti hanno una quota di sportelli molto ridotta rispetto al resto delle banche. Come si vede dalla tab. 1 della sezione precedente, dove a sinistra vengono riportati i dati sulla popolazione delle banche e a destra i dati sui gruppi bancari, i gruppi bancari hanno un numero complessivo di sportelli simile alla totalità delle banche qualora si escludano dalla popolazione le banche minori. La somma degli sportelli di banche appartenenti ai gruppi bancari rappresenta circa l’85% del totale degli sportelli delle banche. L’analisi della concentrazione viene condotta sui gruppi bancari. Probabilmente l’analisi sulle singole banche porterebbe ad una misura della concentrazione inferiore, data la maggiore presenza di elementi nelle classi dimensionali inferiori. E’ chiaro però che banche appartenenti allo stesso gruppo si coordinano in termini di strategie di mercato e funzionano come un cartello. Una misura della concentrazione sulle singole banche sottostimerebbe l’influenza di questo cartello sul potere di mercato. Nel dettaglio, per ogni anno dal 1999 al 2007, i dati forniscono il numero di sportelli di pertinenza dei gruppi bancari italiani. Nella prima parte di questa sezione si è proceduto ad analizzare la totalità dei gruppi in ciascun anno, che chiameremo “universo” dei gruppi. Le caratteristiche dei 3. I dati disaggregati – risultato di elaborazioni ABI su dati di Banca d’Italia – ci sono stati gentilmente forniti da Barbara Chizzolini. 6 gruppi che compongono l’universo negli anni considerati sono riassunte nella tab. 2. [Tabella 2] La nostra analisi è basata sull’andamento di alcuni indici di concentrazione nel periodo considerato. Per la scelta degli indici da utilizzare si è fatto riferimento alla letteratura che affronta il problema della misurazione della concentrazione, sia dal punto di vista economico che statistico. L’utilizzo congiunto di indici che, per costruzione, presentano caratteristiche diverse l’uno dall’altro intende assicurare maggiore robustezza all’analisi (per un’analisi statistica degli indici di concentrazione si veda Hart, 1971). Alcuni contributi recenti evidenziano infatti che la scelta dell’indice non dovrebbe prescindere dai parametri caratteristici della distribuzione sottostante (Naldi, 2003; Alegria e Schaeck, 2008). Da un lato, si è fatto ricorso agli indici di concentrazione più utilizzati per lo studio del settore bancario, quali l’indice Herfindahl-Hirschman (HHI) e C4. Il primo indice è il più usato nel confronto fra strutture bancarie di paesi diversi (a livello europeo, si veda ECB, anni diversi) poiché è legato direttamente alla varianza e inversamente al numero di banche (si veda, per una discussione, Cetorelli, 1999). Il secondo viene impiegato principalmente per la sua semplicità e immediatezza di interpretazione, ma viene considerato meno informativo del primo perché dipende solamente dai rapporti di forza tra i primi quattro gruppi e i rimanenti. D’altro canto, l’indice di Gini può aggiungere informazioni sul mutamento dei rapporti di forza all’interno di tutta la distribuzione. La fig. 2, centrale in questo lavoro, riporta l’andamento dei tre suddetti indici durante il periodo di osservazione. Per il momento, limitiamo l’attenzione all’universo dei gruppi (linea continua), rimandando le considerazioni sul panel (linea tratteggiata) ad un secondo momento. [Figura 2] Innanzitutto, si osservi che HHI e C4 seguono fondamentalmente lo stesso andamento. Da questo si può dedurre che anche il primo, come per definizione il secondo, è dominato dall’importanza relativa dei primi 7 quattro gruppi bancari. In effetti, in questo caso specifico, il valore dell’indice HHI è spiegato per circa il 70-80% dal peso dei primi quattro gruppi. Di conseguenza, ci limiteremo al confronto fra l’indice di Gini e C4, data la maggiore semplicità di interpretazione del secondo rispetto all’HHI4. L’andamento degli indici mette in evidenza principalmente due fenomeni. In primo luogo, il settore bancario italiano nel 2007 è notevolmente più concentrato rispetto al 1999. Questo è vero secondo tutti gli indici considerati. In secondo luogo, se ci si sofferma sulle variazioni tra i singoli anni, l’analisi porta a risultati che cambiano sostanzialmente a seconda dell’indice di concentrazione utilizzato. In particolare, mentre l’indice di Gini attesta un processo di concentrazione pressoché continuo, l’indice C4 evidenzia un primo periodo di saliscendi (1999-2002) seguito da una diminuzione nella concentrazione (2002-2006) e un’inversione nel 2007. In altre parole, secondo il C4 l’aumento di concentrazione da inizio a fine periodo è da attribuire essenzialmente al cambiamento avvenuto dal 2006 al 2007, anno in cui la concentrazione raggiunge il suo picco massimo. Al contrario, secondo l’indice di Gini, l’aumento globale di concentrazione si può suddividere in due salti approssimativamente equivalenti in valore anche se distribuito in 5 anni il primo e condensato in un anno il secondo. Il Gini individua tre fasi nel processo di concentrazione, una prima fase (1999-2004) caratterizzata da un incremento pressoché costante della concentrazione, una seconda fase (2004-2006) di sostanziale stabilità, e una terza ed ultima fase (2006-2007) in cui la concentrazione cresce in un solo anno nella stessa misura dei primi 5 anni. L’aumento della concentrazione dal 2006 al 2007 è da ascrivere ad alcune delle più importanti aggregazioni bancarie mai avvenute in Italia, dalle quali nascono i primi quattro gruppi bancari italiani per numero di sportelli e precisamente: • l’incorporazione di San Paolo IMI da parte di Intesa, che passa da 3.030 a 5.666 sportelli, diventando così il primo gruppo bancario italiano; 4. La scelta di mantenere nel lavoro il grafico dell’ HHI intende evidenziare come l’uso indiscriminato di un solo indice sia sempre da considerare con attenzione, in particolare se ad esso sono legate valutazioni di policy. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’approvazione di una fusione da parte dell’antitrust è condizionata all’incremento dell’indice HHI provocato dall’operazione in esame. 8 • l’incorporazione di Capitalia da parte di Unicredito Italiano, che cresce da 3.056 a 5.069 sportelli e diventa il secondo gruppo; • la fusione tra Banca Popolare Italiana e Banca Popolare di Verona e Novara a formare Banco Popolare con 2.153 sportelli; • l’incorporazione di Banca Lombarda e Piemontese da parte di Unione di Banche Italiane che passa da 1.205 a 1.986 sportelli. Non è altrettanto semplice spiegare la discrasia fra l’andamento del Gini e del C4 nel periodo 1999-2006. Il fatto che seguano direzioni opposte indica innanzitutto l’opportunità di utilizzarli in modo congiunto: è evidente che l’indice di Gini, pur evidenziando adeguatamente il ruolo dei primi 4 gruppi, tiene conto dell’intera struttura della distribuzione. Ma qual è il contenuto economico di questi due quadri così contraddittori? Per capirlo, riteniamo sia fondamentale analizzare il fenomeno delle aggregazioni bancarie negli anni considerati e caratterizzare in termini dimensionali la tipologia dei gruppi coinvolti nelle operazioni più significative. Infatti, il valore degli indici risulta influenzato in modo differenziato dai cambiamenti avvenuti nelle varie fasce dimensionali5. L’ipotesi è dunque che l’indice di Gini rilevi nei vari anni alcune M&As che vengono declassate invece a “minori” dall’indice C4, interessato solamente da operazioni riguardanti i primi quattro gruppi e non dai movimenti redistributivi avvenuti tra i rimanenti 70-80 gruppi (per la numerosità dei gruppi negli anni si veda la tab. 2). Per dare concretezza a questa ipotesi, guardiamo ai cambiamenti avvenuti nell’intera distribuzione degli sportelli e facciamo riferimento, dal punto di vista metodologico, alla letteratura sulla distribuzione della dimensione d’impresa (si vedano ad esempio le applicazioni alle analisi dei settori industriali italiani in Ganugi, Grossi e Crosato, 2004; Crosato e Ganugi, 2007). Recentemente, infatti, si sta diffondendo anche al settore bancario l’impostazione secondo la quale l’eterogeneità delle imprese, evidenziata dalla distribuzione della loro dimensione e dai suoi cambiamenti nel tempo, dà informazioni preziose non sempre sintetizzabili in un solo numero (Ennis, 2001; Janicki e Prescott, 2006). 5. Per semplificare la discussione, abbiamo suddiviso i gruppi bancari nelle stesse classi dimensionali utilizzate da Banca d’Italia, centrando approssimativamente i nostri intervalli (definiti in base al numero di sportelli) nel numero di sportelli medio rilevato da Banca d’Italia per ciascuna classe dimensionale. Questa scelta non influenza in alcun modo i risultati, ottenuti partendo dai dati disaggregati. 9 Nel nostro caso, un semplice strumento quale la funzione di ripartizione (o distribuzione cumulata) può avere importanti implicazioni economiche, in particolare se affiancata da un’analisi puntuale delle operazioni di M&As sottostanti ai cambiamenti dimensionali. La fig. 3 rappresenta la funzione di ripartizione nel 1999 (linea continua) e nel 2006 (linea punteggiata). [Figura 3] Essa fornisce sull’asse verticale la percentuale di gruppi avente un numero di sportelli minore o uguale ad un dato valore. Si osservi ad esempio che il 60% dei gruppi aveva, in entrambi gli anni, un numero di sportelli inferiore a 100, mentre la percentuale di gruppi con meno di 20 sportelli, nel 1999 pari al 25%, sale nel 2006 a circa il 40%. In generale, per le fasce dimensionali per cui la curva punteggiata (2006) si colloca più in alto rispetto a quella continua (1999) si ha una riduzione della dimensione. In particolare, c’è stata una redistribuzione degli sportelli dalle classi centrali (gruppi medio-piccoli) a favore sia dei gruppi minori sia dei gruppi maggiori. Per chiarire cosa sia accaduto a livello dei gruppi grandi, si può considerare invece la fig. 4, che riporta la quota di sportelli di ciascuna classe nei due anni considerati6. [Figura 4] Si osservi che anche i gruppi grandi hanno visto diminuire il loro peso, esattamente come i gruppi piccoli e medi. Tutto questo si traduce in uno svuotamento della parte centrale della distribuzione che ha portato all’aumento della concentrazione colto dall’indice di Gini. La spiegazione delle variazioni nella distribuzione della dimensione dei gruppi è legata alle operazioni di fusione e incorporazione che hanno caratterizzato il periodo in analisi7 e che hanno visto in particolare la 6. Dal confronto tra le figure 1 e 4 emerge una differenza nella struttura dimensionale del settore bancario a seconda che si considerino i gruppi bancari o le singole banche: infatti la fig.1, riferita alle banche, evidenzia una distribuzione degli sportelli tra le classi dimensionali più uniforme rispetto a quella dei gruppi in fig.4. 7. Per la ricostruzione di fusioni e incorporazioni, si veda il sito di Banca d’Italia http://siotec.bancaditalia.it/sportelli/jsp/layout/home.jsp?detail=gruppi. 10 trasformazione di alcuni gruppi medio/grandi in gruppi maggiori e la crescita, tramite incorporazioni successive, di alcuni tra i gruppi maggiori. In sostanza, la classe dei gruppi maggiori non solo si è arricchita di nuovi elementi ma i gruppi al suo interno si sono spostati tutti verso dimensioni maggiori. Le operazioni più significative del periodo 1999-2006 sono concentrate nel periodo antecedente il 2004 e sono riassumibili, per classi dimensionali, come segue: a. Gruppi medio-grandi (100-499 sportelli): il Banco di Sardegna (450 sportelli) viene iscritto nella Banca Popolare dell’Emilia Romagna, che passa da 491 a 980 sportelli; Gruppo Carime viene incorporato dalla Banca Popolare Commercio e Industria (da 212 a 553 sportelli); Casse Venete Banca viene incorporata da Gruppo Cardine (che aumenta da 252 a 753 sportelli); la Banca Regionale Europea (239 sportelli) confluisce nella Banca di Lombardia e Piemonte (che passa da 477 a 731 sportelli). Bipop Carire viene iscritto con Banca di Roma in Capitalia (da 310 e 1.765 a 2.077 sportelli); b. Gruppi maggiori (più di 500 sportelli): all’interno di questa classe i gruppi più piccoli si fondono o vengono incorporati dai più grandi. Ad esempio: Banca Popolare del Commercio e dell’Industria e Banca Popolare di Bergamo-Credito Varesino si fondono in Banche Popolari Unite (da 557 e 645 a 1.216 sportelli); Banca Popolare di Novara e Banca Popolare di Verona si fondono in Banca Popolare di Verona e Novara (da 533 e 601 a 1.146 sportelli); il Banco di Napoli e Gruppo Cardine vengono acquisiti da SanPaolo Imi (cui passano rispettivamente 731 e 837 sportelli). Tutte queste uscite dalla classe medio-grande vanno a incrementare la quota di sportelli delle banche maggiori. Allo stesso tempo, all’interno della classe dei gruppi maggiori, il peso si sposta verso destra. Il risultato è un aumento nella quota di mercato dei gruppi maggiori (indicativamente i primi 10) con il conseguente incremento dell’indice di Gini sull’universo dei gruppi. Si osservi anche che la cessione di sportelli da parte di alcuni tra i gruppi maggiori (Capitalia, Intesa, Unicredito), come richiesto dall’Antitrust in alcuni anni non è sufficiente a riequilibrare la situazione. Fondamentalmente, sembra che le fusioni del periodo 2000-2006 abbiano riguardato banche che non modificano la classifica relativa dei primi quattro gruppi bancari8, non influenzando così il C4. 8. A questo proposito, è interessante notare come i primi quattro gruppi bancari nell’universo siano sempre Intesa, UniCredit e Banca di Roma (poi Capitalia) e che 11 4. Dall’universo dei gruppi al panel Nella sezione precedente, guardando alla distribuzione della dimensione dei gruppi bancari, abbiamo osservato un aumento della concentrazione per l’universo dei gruppi. Alla base di questo processo di concentrazione stanno una serie di incorporazioni che hanno portato alcuni gruppi maggiori ad ingrandirsi e di fusioni che hanno dato origine alla nascita di nuovi gruppi maggiori. In questa sezione ripetiamo l’analisi sul sottoinsieme di gruppi bancari che ha svolto un ruolo attivo nel processo di aggregazione bancaria o che semplicemente ha resistito al processo di concentrazione mantenendosi indipendente, e che può quindi essere considerato lo zoccolo duro del sistema bancario italiano. A tale sottoinsieme, costituito dai gruppi che permangono all’interno del data-set per tutto il periodo considerato, si farà riferimento con il termine “panel”9. Nel panel dunque mancano i gruppi che sono stati oggetto di incorporazione in almeno un anno tra il 1999 e il 2007, i gruppi che sono stati soggetti di fusione e i gruppi che sono entrati dopo il 1999 o usciti prima del 2007 per altri motivi. Le caratteristiche principali del panel sono riassunte nella tab. 3. [Tabella 3] Dall’osservazione di questo secondo gruppo si possono trarre alcune osservazioni economiche importanti. Da un lato, si può comprendere meglio quale sarebbe stato l’andamento della concentrazione se non fossero avvenute fusioni con la conseguente scomparsa di gruppi e la creazione di successivamente San Paolo IMI subentra a Monte dei Paschi. Nonostante ciò il numero cumulato degli sportelli non cambia significativamente. 9. Precisamente, un gruppo bancario si trova nel panel se il suo codice ABI non è cambiato a seguito di operazioni di aggregazione con altre banche. Questo per dar conto di alcuni gruppi che sono stati considerati come appartenenti al panel nonostante abbiano cambiato codice, come Unicredito Italiano (nel 2000), il Gruppo Bancario Banca Sella (nel 2006), Gruppo Banca di Cesena (nel 2001). A parte queste eccezioni, l’appartenenza al panel è determinata dalla presenza nei 9 anni considerati dello stesso codice meccanografico. Queste informazioni sono state verificate analizzando la storia delle banche capogruppo riportata nel dettaglio sul sito di Banca d’Italia. 12 nuovi soggetti. Lo stesso vale per le incorporazioni effettuate da gruppi in seguito a loro volta incorporati10. Dall’altro, i gruppi del panel sono identificabili come i più forti dell’ultimo decennio, quelli la cui struttura economica, finanziaria e territoriale ha permesso di mantenere un ruolo attivo, e spesso polarizzatore, nel mercato italiano del credito. Crediamo quindi sia importante quantificarne il processo di crescita. In particolare, ci domandiamo se il mantenimento dell’indipendenza di un gruppo e la sua crescita siano legati alla dimensione ad inizio periodo o, ancora, se nell’arco dei 9 anni si sia potuto apprezzare un processo di convergenza dei piccoli nei confronti dei grandi. In altre parole, se i piccoli gruppi, in termini di rete di sportelli del 1999, fossero cresciuti più velocemente di quelli grandi, si osserverebbe una diminuzione della dispersione delle quote di mercato e una conseguente diminuzione della concentrazione, viceversa nel caso opposto. La fig. 2 evidenzia due aspetti notevoli che emergono dal confronto tra il panel (linea tratteggiata) e l’universo (linea continua). Escludiamo il passaggio dal 2006 al 2007, in cui l’incremento di concentrazione già evidenziato nell’universo è in questo caso da attribuirsi alle prime due incorporazioni descritte nella sezione precedente, e facciamo riferimento al periodo 1999-2006. Un primo aspetto è dato dalla diminuzione costante della concentrazione nel panel evidenziata da tutti gli indici. Il C4 si riduce perché nel panel il numero di sportelli complessivo cresce più velocemente rispetto al numero di sportelli dei primi 4 (si veda la tab. 3). Inoltre, la crescita all’interno del panel ha comportato una redistribuzione del numero di sportelli tra i gruppi portando ad una struttura meno asimmetrica del panel stesso. Questa informazione è deducibile immediatamente dal confronto tra la distribuzione cumulata delle frequenze nel 2006 e nel 1999 (fig. 5). [Figura 5] Si osserva infatti che la prima (linea punteggiata) domina in senso stocastico la seconda (linea continua), indicando che l’incremento dimensionale ha riguardato tutte le classi. Infatti, la frequenza relativa di 10. Ad esempio, SanPaolo IMI non appartiene al panel in quanto è stata incorporata nel 2007 da Intesa, prendendone dunque il codice ABI. Lo stesso vale per Capitalia incorporata da Unicredit. 13 gruppi al di sotto di una data soglia è minore nel 2006 rispetto al 1999, per qualunque soglia dimensionale. La diminuzione del Gini ne è una diretta conseguenza. Un secondo aspetto, in qualche modo sorprendente, è invece l’andamento inverso della concentrazione nel panel rispetto all’universo catturato dall’indice di Gini. Nella spiegazione di questo secondo punto giocano un ruolo fondamentale i gruppi che, assenti dal panel perché protagonisti delle fusioni descritte nella sezione precedente, hanno spostato quote di mercato verso la classe dei gruppi maggiori. Nel panel questi gruppi mancano e come conseguenza si osserva una diminuzione dell’indice di Gini. Il fatto che la distribuzione degli sportelli tra i gruppi sia più concentrata nell’universo rispetto al panel si accompagna ad una riduzione del numero di sportelli mediani nel primo e ad un incremento degli stessi nel secondo (fig. 6). Si noti infatti che l’andamento del numero di sportelli mediano è speculare a quello dell’indice di Gini. [Figura 6] Per quanto riguarda la caratterizzazione dei gruppi del panel in termini di dimensione, possiamo ricavare molte informazioni dalla fig. 7, in cui sono rappresentati i gruppi compresi nel panel secondo la dimensione del 1999 (ascissa) e del 2006 (ordinata). [Figura 7] Si osservi innanzitutto come anche tra i gruppi più forti si mantenga una grande eterogeneità dal punto di vista dimensionale. Tale eterogeneità, stabile nel tempo, suggerisce che la struttura bancaria italiana permette anche ai gruppi minori e piccoli non solo di sopravvivere e dunque di mantenere la loro indipendenza, ma anche di crescere nel tempo. La fig. 7 ci permette di cogliere sinteticamente anche il tasso di crescita dei gruppi del panel già evidenziata dalle funzioni di ripartizione. Dal confronto tra dimensione della rete di sportelli nel 1999 e dimensione della rete nel 2006 si evince che la maggioranza dei gruppi bancari è cresciuta in dimensione passando da una classe dimensionale a quella superiore. In particolare, si osservi come i gruppi che sono cresciuti di meno sono proprio quelli 14 appartenenti alla classe dei gruppi maggiori nel 1999, che si collocano più vicini alla diagonale. Al contrario, i rimanenti gruppi (dai minori ai grandi) si collocano in generale sopra alla diagonale e una buona parte di essi passa alla classe dimensionale superiore. Da questo si evince come vi sia stata una diminuzione nella dispersione delle quote di mercato che spiegherebbe la riduzione dell’indice di Gini. [Tabella 4] Conclusioni La nostra analisi evidenzia come l’ondata di aggregazioni bancarie dell’ultimo decennio abbia contribuito ad aumentare la concentrazione del sistema bancario: da un lato i gruppi già presenti e attivi nelle incorporazioni di altre banche si sono ingranditi in maniera pressoché uniforme e questo si è verificato per tutte le classi dimensionali; a questo si è contrapposto un fenomeno di nascita di nuovi gruppi – da processi di fusione – e di gruppi che sono stati incorporati che hanno contribuito a rafforzare le code della distribuzione della dimensione dei gruppi bancari togliendo peso ai gruppi appartenenti alle categorie nelle dimensionali intermedie. Dal punto di vista della misurazione della concentrazione, è importante sottolineare dunque che l’utilizzo dell’indice di Gini, supportato dall’analisi della distribuzione, aggiunge informazioni sui rapporti di forza tra i vari gruppi bancari che invece HHI e C4 non registrano. Tenendo conto di queste informazioni è evidente che in questi anni l’ingresso di nuovi gruppi e le misure – in termini di cessione di sportelli – imposte come condizione per attuare le concentrazioni bancarie non sono state sufficienti a frenare il processo di concentrazione dovuto alle recenti fusioni e incorporazioni. In particolare, nonostante l’evidente maggiore concentrazione dell’industria bancaria italiana, la nostra analisi ha messo in luce come vi sia stato comunque un ingresso di nuovi soggetti nelle categorie dimensionali minori che possono probabilmente sostituirsi come creditori alle PMI clienti dei gruppi maggiori qualora vi sia una contrazione del credito da parte delle banche maggiori. L’analisi del panel, solamente accessoria rispetto alla prima parte del lavoro, apre comunque alcuni spunti di lavoro. Per esempio, sarebbe interessante capire quali fattori determinino la sopravvivenza di gruppi 15 bancari di dimensione molto ridotta. Tra questi, potrebbero giocare un ruolo la diffusione degli sportelli virtuali, la collocazione territoriale dell’offerta di credito o la natura di conglomerato finanziario che li caratterizza. Altro aspetto interessante è la distribuzione dimensionale delle banche rispetto alla loro localizzazione geografica. Sappiamo infatti (Chizzolini, 2002; De Vincenzo, Doria e Salleo, 2005; Panetta, 2006), che le banche grandi sono concentrate per lo più al Centro-Nord, mentre le banche mediopiccole al Sud. Questo fatto insieme al dato che le fusioni e acquisizioni hanno coinvolto soprattutto banche del Centro-Nord come soggetti attivi e banche del Sud come soggetti passivi, avrà senz’altro importanti effetti sulla offerta di credito alle imprese in quella stessa area geografica. Sarebbe perciò auspicabile approfondire l’analisi anche a livello territoriale per capire in quali aree il peso delle banche più grandi sia cresciuto maggiormente e se a questo si sia accompagnato un maggior numero di ingressi di banche piccole: questo potrebbe contrastare la contrazione di credito alle PMI da parte delle banche maggiori. Riferimenti bibliografici Alegria C., Schaeck K. 2008. “On measuring concentration in banking systems”. Finance Research Letters, 5 (1): 59-67. Beretta E., Del Prete S. 2007. “Aggregazioni bancarie e specializzazione nel credito alle PMI: peculiarità per area geografica”. Temi di Discussione, 644. Banca d’Italia: Roma. Bonaccorsi Patti E., Dell’Ariccia G. 2004. “Bank competition and firm creation”. Journal of Money, Credit and Banking, 36 (2): 225-251. Bonaccorsi Patti E., Gobbi F. 2007. “Winners or losers? The effects of bank consolidation on corporate borrowers”. Journal of Finance, 57 (2): 669-695. Cabral L., Mata J. 2003. “The evolution of the firm size distribution: facts and theory”. American Economic Review, 93 (4): 1075-1090. Cerasi V., Chizzolini B. 2004. “Più concorrenza oggi, maggiore concentrazione domani? Un’applicazione all’industria bancaria europea”, in Pelagatti M. (a cura di) Scritti in ricordo di Marco Martini. Giuffrè Editore: Milano. Cerasi V., Chizzolini B., Ivaldi M. 2000. “L’apertura di sportelli e la concorrenza nel sistema bancario italiano”, in Polo M. (a cura di) Industria bancaria e concorrenza. Il Mulino: Bologna. 16 Cetorelli N. 1999. Competitive Analysis in Banking: Appraisals of the Methodologies. Economic Perspectives, Federal Reserve Bank of Chicago, 23(1): 2-16. Chizzolini B. 2002. “Deregulation in the banking sector and its consequences on credit to small and medium firms: the literature and the case of Italy”. Manoscritto non pubblicato. Università Bocconi: Milano. Cottarelli N. 2004. “Real effects of bank competition”. Journal of Money, Credit and Banking, 36 (3): 543-558. Cottarelli N., Strahan P. 2006. “Finance as a barrier to entry: bank competition and industry structure in local U.S. markets”. Journal of Finance, 56 (1): 437-461. Crosato L., Ganugi P. 2007. “Statistical regularity of firm size distribution: the Pareto IV and truncated Yule distribution for Italian manufacturing industries”. Statistical Methods and Applications, 16 (1): 83-115. De Vincenzo A., Doria C., Salleo C. 2005. “The motivations for bank takeovers: some empirical evidence from Italy”. Giornale degli Economisti e Annali di Economia, 64 (4): 327-358. Dell’Ariccia G., Friedman E., Marquez R. 1999. “Adverse selection as a barrier to entry in the banking industry”. Rand Journal of Economics, 33 (3): 515-534. ECB (European Central Bank). Anni vari. EU Banking Structures. Ennis H.M. 2001. “On the size distribution of banks”. Federal Reserve Bank of Richmond Economic Quarterly, 87 (4): 1-25. Focarelli D., Panetta F., Salleo C. 2002. “Why do banks merge?”. Journal of Money, Credit and Banking, 34 (4): 1047-1066. Ganugi P, Grossi L., Crosato L. 2004. “Firm size distributions and stochastic growth models: a comparison between ICT and mechanical Italian companies”. Statistical Methods and Applications, 12(3): 391414. Hart, P.E. 1971. “Entropy and other measures of concentration”. Journal of the Royal Statistical Society (A), 134 (1): 73-85. Janicki H.P., Prescott E.S. 2006. “Changes in the size distribution of U.S. banks: 1960-2005”. Federal Reserve Bank of Richmond Economic Quarterly, 92 (4): 291-316. Naldi M. 2003. “Concentration indices and Zipf’s law”. Economics Letters, 78 (3): 329-334. Panetta F. 2006. “Evoluzione del sistema bancario e finanziamento dell’economia nel Mezzogiorno”. Temi di Discussione, 467. Banca d’Italia: Roma. 17 Sapienza P. 2002. “The effects of banking mergers on loan contracts”. Journal of Finance, 57(1): 329-367. 18 Tab. 1 – Dimensione media della rete di sportelli per categorie dimensionali delle banche e dei gruppi anno 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 n 841 830 814 789 778 783 792 806 totale banche sportelli media 28.194 34 29.270 35 29.922 37 30.502 39 30.946 40 31.498 40 32.333 41 32.818 41 senza minori n sportelli 203 24.231 192 25.015 184 25.365 182 25.954 179 26.179 177 26.209 177 27.070 212 28.239 Fonte: Banca d'Italia (Base Informativa Pubblica on-line). 19 gruppi sportelli 23.985 24.739 25.578 26.107 26.567 27.054 27.626 28.010 banche in gruppi quota sportelli 85.07% 84.52% 85.48% 85.59% 85.85% 85.89% 85.44% 85.35% Tab. 2 – Statistiche descrittive per l’universo dei gruppi Anno 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 n 80 74 75 75 80 84 84 87 83 sportelli 22.883 23.985 24.739 25.578 26.107 26.567 27.054 27.626 28.010 sportelli prime 4 9.678 10.478 10.122 11.320 11.237 11.135 11.112 11.243 14.874 Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 20 mediana 75 75 74 76 64 58 59 57 51 deviazione standard 576 642 624 687 675 658 658 656 901 Tab. 3 – Statistiche descrittive per il panel dei gruppi Anni 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 n 45 45 45 45 45 45 45 45 45 sportelli 13.689 14.635 15.523 15.939 16.217 16.358 16.649 17.061 22.035 sportelli prime 4 8.728 9.175 8.936 9.108 9.109 9.000 9.004 9.149 13.857 Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 21 mediana 72 75 86 88 99 102 108 116 117 deviazione standard 686 713 683 695 696 683 678 686 1129 30 Fig. 1 – Quota percentuale di sportelli per classe dimensionale delle singole banche*. 0 5 10 15 20 25 1999 2006 minori piccole medie grandi maggiori *La divisione delle banche per categorie dimensionali è stata modificata nel 2003: i dati recenti non sono confrontabili con questi dopo il 2006. Fonte: Banca d'Italia (Base Informativa Pubblica on-line. Serie TDB10210). 22 0.14 HHI C4 0.60 GINI 0.45 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 0.40 0.06 0.70 0.08 0.75 0.50 0.10 0.55 0.80 0.12 0.85 Fig. 2 – Andamento degli indici di concentrazione nell’universo (linea continua) e nel panel (linea tratteggiata) anno anno anno Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 23 Fig. 3 – Funzione di ripartizione del numero di sportelli sull’universo dei gruppi nel 1999 (linea continua) e nel 2006 (linea punteggiata). I valori in ascissa sono in scala logaritmica. 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 minori piccoli medi grandi maggiori 0.0 1 20 100 250 500 Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 24 6000 80 Fig. 4 – Quota percentuale di sportelli per classi dimensionali nell’universo dei gruppi 0 20 40 60 1999 2006 minori piccoli medi grandi Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 25 maggiori Fig. 5 – Funzione di ripartizione del numero di sportelli sul panel dei gruppi nel 1999 (linea continua) e nel 2006 (linea punteggiata). I valori in ascissa sono in scala logaritmica. 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 minori piccoli medi grandi maggiori 0.0 1 20 100 250 500 Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 26 6000 60 70 80 90 100 110 Fig. 6 – Numero mediano di sportelli nell’universo dei gruppi (linea continua) e nel panel dei gruppi (linea tratteggiata) 1999 2000 2001 2002 2003 2004 anno Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 27 2005 2006 MAGGIORI Fig. 7 – Transizione dei gruppi del panel dal 1999 al 2006 (numero di sportelli in scala logaritmica). I nomi corrispondenti alle diverse posizioni, occupate dai gruppi nel 2006, si trovano nella tab. 4. 17 19 20 2122 23 24 252628 27 16 18 12 14 15 30 29 33 3534 36 37 39 MINORI 6 109 811 13 100 20 5 7 PICCOLI n. sportelli 2006 250 4 MEDI GRANDI 500 2 3 32 31 38 40 41 42 43 44 1 45 1 MINORI PICCOLI 20 MEDI 100 GRANDI 250 n. sportelli 1999 Fonte: Nostre elaborazioni su dati disaggregati di Banca d'Italia. 28 500 MAGGIORI 1 Tab. 4 – Composizione del panel dei gruppi e loro posizione nella fig. 7 Nome del gruppo bancario GRUPPO BANCARIO INTESA GRUPPO UNICREDITO ITALIANO GRUPPO MONTE DEI PASCHI DI SIENA GRUPPO BANCA POPOLARE DELL'EMILIA ROMAGNA GRUPPO BANCARIO BANCA ANTONVENETA GRUPPO BANCARIO BANCA NAZIONALE DEL LAVORO GRUPPO BIPIEMME - BANCA POPOLARE DI MILANO GRUPPO BANCARIO BANCA POPOLARE DI VICENZA GRUPPO BANCA CR FIRENZE GRUPPO CARIGE GRUPPO CREDITO EMILIANO – CREDEM GRUPPO CREDITO VALTELLINESE GRUPPO BANCA SELLA GRUPPO BANCARIO BANCA DELLE MARCHE GRUPPO BANCARIO VENETO BANCA GRUPPO DEUTSCHE BANK GRUPPO BANCA POPOLARE DI SONDRIO GRUPPO ETRURIA GRUPPO CREDITIZIO BANCA POPOLARE DI BARI GRUPPO BANCO DI DESIO E DELLA BRIANZA GRUPPO CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA GRUPPO BANCARIO UNIBANCA GRUPPO CASSA DI RISPARMIO DI RAVENNA GRUPPO CASSA DI RISPARMIO DI ASTI GRUPPO CREDITIZIO BANCA CARIM - CASSA DI RISPARMIO DI RIMINI SpA GRUPPO C.R.A. DI ROMA GRUPPO BANCA POPOLARE DELL'ALTO ADIGE GRUPPO CASSA DI RISPARMIO DELLA PROVINCIA DI TERAMO GRUPPO BANCARIO BANCA POPOLARE PUGLIESE GRUPPO BANCARIO BANCA AGRICOLA POPOLARE DI RAGUSA GRUPPO CASSA PADANA GRUPPO BANCARIO BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DELL'ALTA PADOVANA GRUPPO BANCARIO MEDIOBANCA GRUPPO BANCARIO BANCA DI BOLOGNA GRUPPO BANCARIO ICCREA GRUPPO BANCARIO BANCA ITALEASE GRUPPO BANCARIO BANCA DI CESENA GRUPPO BANCARIO BANCA DELLA CIOCIARIA GRUPPO MELIORBANCA GRUPPO BANCA PROFILO GRUPPO BANCARIO BANCA FINNAT EURAMERICA 29 posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 GRUPPO BANCARIO DEXIA CREDIOP GRUPPO BANCA DEL LAVORO E DEL PICCOLO RISPARMIO GRUPPO ISTPOPOLBANCHE GRUPPO BANCARIO FONSPA BANK 30 42 43 44 45