il coro amatoriale
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il coro amatoriale
IL CORO AMATORIALE LE MIE IDEE, I MIEI PROGRAMMI Il coro amatoriale è, in sintesi, un gruppo di persone riunite con l’intento di fare musica al meglio delle proprie conoscenze e possibilità. Io ho sempre sostenuto che in un coro hanno diritto di cittadinanza tutti gli uomini e le donne di qualsiasi età, che condividano una passione ed un interesse per il canto. E’ vero, gli stonati esistono, ma non sono stonati in assoluto: nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, si tratta di persone che non hanno mai ricevuto un’adeguata istruzione su come si usa la voce. Nel corso della mia ormai quarantennale esperienza mi sono reso conto che una persona definita “stonata” è invece semplicemente diseducata al canto e che, dopo appropriato ed opportuno training, può dare risultati che nessuno avrebbe mai immaginato. Molti direttori di coro amatoriale operano una attenta selezione delle voci, e cacciano via gli stonati o supposti tali, e hanno così cori che, sin dal primo momento, sono in grado di dare soddisfazione. Per carità, ognuno lavora come crede, ma io non ho mai fatto così soprattutto per quanto sopra esposto, e posso dire che c’è una indescrivibile soddisfazione a vedere crescere in qualità un gruppo vocale, nato magari sotto pochi allettanti auspici. La musica è un diritto di tutti, tanto è vero che, in 40 anni, di “veri” stonati io ne ho trovati solo tre, di cui uno affetto da Morbo di Parkinson, ma ho dato a centinaia di persone la possibilità e la gioia di provare a cantare insieme. Un coro, a meno che non sia condizionato dal prestare servizio in una chiesa, non dovrebbe avere un repertorio limitato, ma piuttosto aperto ad ogni esperienza musicale che comprenda qualsiasi genere. Soprattutto se si parla di un coro che sta nascendo, la domanda imperativa è: “Cosa si fa?”. La domanda è legittima e giusta. Per prima cosa ci si conosce, perché non si può fare musica in maniera asettica, senza affetto e partecipazione; anche tra professionisti, si percepisce subito se a suonare o cantare è un insieme di persone affiatate “oltre la musica” o no, e figuriamoci quindi tra amatori. Poi, fatta la dovuta ma indispensabile conoscenza, si affrontano i primi problemi tecnici: si valutano le voci quanto al registro (soprani, contralti, ecc.), e alla qualità: ci sarà sempre chi è più intonato e chi meno, e chi ha un timbro bello e chi invece meno. E’ compito quindi del maestro tracciare un percorso ricco di informazioni su come è fatto e come funziona l’organo della fonazione, rafforzando le spiegazioni con una serie di esercizi strutturati e mirati sulla respirazione e la tecnica vocale vera e propria. Ma si possono trascorrere mesi a fare solo vocalizzi? Certamente no, perché la tecnica risulta valida solo se è subito sperimentata in brano musicale; e quindi occorrerà mettere mano a qualche brano non complesso, per far cimentare i cantori, dare loro soddisfazione ed aumentare l’autostima. Si, ma quale brano o brani? Sarebbe azzardato, secondo me, indicare i titoli prima di conoscere un coro, perché in questo modo si direbbe solo quello che si vuole e che si sa dirigere e non quello che si può fare con “quel” coro; in linea di massima, il canto popolare offre una messe immensa di canti elaborabili a due o tre voci, ed è questa solitamente la via che perseguo, con ottimi risultati. Un altro tipo di repertorio utile è quello della canzone italiana, patrimonio da cui si può senz’altro attingere a piene mani. Per affrontare i “classici” della polifonia occorrerà però attendere qualche tempo ma, con tenacia, passione e buona volontà si può arrivare molto, ma molto lontano: l’importante è capire ed essere convinti che si tratta di un percorso da fare insieme, disposti ad attendere chi è in maggiore difficoltà, sicuri del fatto che il capitale umano speso tornerà indietro con interessi decuplicati. Cerveteri, 10. 02.2014 M° Alessandro Borghi