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LA TRAGEDIA DELL’ITALIA - Un estratto dal primo romanzo di Fabio Guarnaccia, Più leggero dell’aria - Vice Magazine 29/10/10 22.36 HOME DOs & DON'Ts La rivista BLOG Musica Moda VBS.TV MOTHERBOARD.TV Cerca Vai LA RIVISTA 0 NEWSLETTER LA TRAGEDIA DELL’ITALIA Inserisci la tua email Iscriviti DOS & DON'TS Un estratto dal primo romanzo di Fabio Guarnaccia, Più leggero dell’aria TESTO DI FABIO GUARNACCIA IMMAGINE PER GENTILE CONCESSIONE DELLA FONDAZIONE CORRIERE DELLA SERA http://www.viceland.com/it/a6n9/htdocs/la-tragedia-dell-italia-532.php?page=1 Pagina 1 di 5 LA TRAGEDIA DELL’ITALIA - Un estratto dal primo romanzo di Fabio Guarnaccia, Più leggero dell’aria - Vice Magazine 29/10/10 22.36 You know when you get off the plane drunk and you don’t know anyone in town and you want to continue your buzz but there’s nobody to hang out with? That’s when this guy appears of nowhere and says, “Hey man, we’re all going to the Thirsty Nut because they’re showing a Mad Max marathon and there’s going to be free Guinness. Let’s do a bump and head over there.” Enlarge/Comments DOs & DON'Ts A lot of baby monkeys can be total fucking pussies. That’s why it was so rad to see “Howler” here just fuckin’ givin’ ‘er despite being a mere two weeks old. He even puked! Talk about born to party. Enlarge/Comments DOs & DON'Ts Quella del Dirigibile Italia è una storia che lascia storditi. C’è tutto: Mussolini e Balbo e arditi esploratori col Polo in testa prima che fosse la Luna. Ci sono morti, eroi, rivalità primordiali: tutto quello che uno vorrebbe da una grande storia. Sono le 16 e 27 del 23 Maggio, 1928, quando il comandante Umberto Nobile urla nel megafono di mollare le funi. Il Dirigibile si alza e scompare all’orizzonte. Dopo aver raggiunto il Polo, la spedizione deve fare ritorno al campo base, causa tregenda artica. Durante il viaggio, tagliuzzato da proiettili di ghiaccio, l’aeromobile perde quota e si sfracella contro un pack dantesco, la gondola di comando distrutta e 10 uomini sbalzati sui ghiacci. I restanti sei rimasti appesi all’involucro sono portati via dal vento, verso il nulla. Di loro e del dirigibile non si sa più niente. Probabilmente s’inabissa nel mare di Barents paceallanimaloro. I superstiti feriti e disperati si stringono come criceti in una tenda da campo, uccidono un orso e se lo pappano. Saul Bellow ne Il Dono di Humbolt ci ha ricavato in qualche modo una sceneggiatura assurda e divertente. I soccorsi si mettono in moto ma, dato il destino tragico dell’impresa, anche i soccorritori cominciano a morire in incidenti assurdi. Tra questi, Roald Amundsen, leggenda vivente, conquistatore dei Due Poli, quel tipo d’uomo capace all’occorrenza di mangiarsi il cane senza battere ciglio. Ma soprattutto: acerrimo rivale di Nobile. Sì: è morto per salvare il suo fottuto nemico. Quando anche l’ultimo naufrago viene tratto in salvo, dal disastro sono passati 48 giorni. E sono morte 14 persone. Più leggero dell’aria di Fabio Guarnaccia prende spunto da questa tragedia per costruire una storia di formazione che ha per protagonista un antropologo di fama internazionale, Elio Usuelli, cacciatore di miti; uno di quei personaggi alla Wes Anderson caduti in http://www.viceland.com/it/a6n9/htdocs/la-tragedia-dell-italia-532.php?page=1 THE CREATORS PROJECT PEACHES ALTRO DA QUESTO NUMERO Pagina 2 di 5 LA TRAGEDIA DELL’ITALIA - Un estratto dal primo romanzo di Fabio Guarnaccia, Più leggero dell’aria - Vice Magazine disgrazia, che hanno bisogno di una spalla per ritrovare lo spirito che li animava. La spalla è Fausto Meani, il narratore del libro, unico assistente e unico amico che ancora non l’ha mandato a fare in culo. Alla morte del padre, Elio Usuelli scopre che l’uomo aveva fatto parte, in segreto, di quella maledetta spedizione artica. Perché lo aveva sempre tenuto nascosto? Cosa c’era andato a fare, al Polo? In questo estratto esclusivo, per gentile concessione dei nostri amici di Transeuropa, leggiamo il diario di Elio, dove mette insieme i pezzi della storia per venire a capo del mistero che grava sulla sua testa. LE ORIGINI DELLA MIA SPECIE (estratti dai diari di Elio Usuelli) Nel tuo diario hai scritto che per un mese sei rimasto in balia delle correnti artiche. Non eri solo, con te c’erano due indigeni sami. Uno era tuo amico, l’altro non so. I cani e la slitta sono stati inghiottiti dal mare che era andato in frantumi. Il ghiaccio, hai scoperto, è solo un’illusione. Con la slitta e i cani sono morti alcuni uomini della tua squadra. Perché eri diretto al Polo? Hai scritto: «Lo spirito dell’orso ci inseguiva, tormentava i nostri sogni finché non ha trovato pace nel buio senza fondo delle nostre anime. Trascorsero quattro settimane finché fummo in grado di toccare terra.» Chi sei, tu? Cosa significa tutto questo? Sulla tua vicenda aleggia una forza che non riesco a comprendere. Carne della mia carne. Sangue del mio sangue. Ma di quale carne e quale sangue parliamo? Sei sempre stato un uomo semplice, quasi banale, hai finto così bene la tua innocua esistenza che alla fine sei scomparso. Ai miei occhi eri l’uomo che mi ha messo al mondo, eri un fragile vecchio, eri solo. Ti volevo bene e mi mettevi paura. L’idea di fare la tua fine mi faceva orrore. Che prestigiatore sei stato. Della tua diversità ho avuto solo pochi indizi. Ricordo quella volta che a pesca sul gozzo in mezzo al mare mi spingesti a tuffarmi per raggiungerti al largo, lontano dalla barca. Mi guardavi senza dire nulla, con gli occhi auscultavi la mia paura, con la loro muta insistenza mi hai convinto a tuffarmi in tutto quel blu orripilante. Quando ti raggiunsi mi strinsi al tuo collo e mi calmai. Sentivo il tuo cuore che batteva nel mare e tutto era terribilmente quieto, al punto che quasi mi addormentai. Questo è il primo ricordo che ho di te. Il secondo è questo: eravamo ai giardini pubblici di Milano e mi comprasti un palloncino. Mi dicesti di stringerlo forte, di non lasciarlo scappare via. Sento ancora la mia mano stritolare quel filo. Ero così attento a quello che facevo che quando mi chiedesti di darti il palloncino aspettai qualche istante prima di farlo. Non ero sicuro di volermi fidare di te. Te lo diedi e ti guardai in volto, dietro la tua testa splendeva il sole; era come essere riparati da un ombrellone, tu mi tenevi nella tua ombra. Slegasti il nodo del palloncino e aspirasti profondamente il gas che conteneva. Poi, con una voce stridula che all’epoca non trovai affatto divertente, mi dicesti: «Sono pieno di te, Elio!» Scoppiasti a ridere come un folle. 29/10/10 22.36 ALTRO DA QUESTO NUMERO INFEZIONI SATANICHE La Cecenia esorcizza le sue donne VICE FASHION - PUG LIFE Perché non tutta-tutta la vita è poi così merdosa SOGNO DI UNA MORTE IN MEZZO ALLE... Dormi e ti svegli imparato WILLIAM GIBSON Il nuovo romanzo di William Gibson, Zero History, è... VIDEO GAMES KILLED THE RADIO STA... A cura di Michele R. Serra LA FABBRICA DELLA MORTE Danzig Baldaev disegna i gulag FLIRTIN’ WITH DISASTER Quanto fanno ridere le catastrofi hollywoodiane ROKY ERICKSON I 13th Floor Elevators, leggendario gruppo psych-rock degli anni... MORE FROM VICELAND Attività recenti UN CYNISME AMBIANT ET DES COLLÈGUES DE TRAVAIL INSUPPORTABLES - JB Wizz de Born Bad vomit la musique 2.795 hanno condiviso questo elemento. BEHIND THE SCENES WITH JOHNNY KNOXVILLE - Vice Magazine 1.856 hanno condiviso questo elemento. Plug-in sociale di Facebook MORE FROM VBS Hai scritto: Attività recenti «Da quando avevamo ucciso l’orso, una malattia invisibile ci aveva contagiati e presto sarebbe giunta la nostra fine. Nulla potevamo sperare in mezzo al Nulla. Ma una notte accadde un fatto miracoloso: dalla bocca dell’uomo-renna uscirono raggi di luce che danzarono nel cielo scuro della notte. Presto altri raggi uscirono dal suo corpo, dagli occhi e dal petto, dai palmi delle mani, e formarono archi nel cielo. Erano gli spiriti dei morti. Il popolo della sajvva che veniva a farci visita. Il freddo e il vento scomparvero, ci sentimmo percorsi da una vena di calore e elettricità. Le urla degli spiriti si alzarono impetuose e ci sommersero come un fiume di lava. Al nostro risveglio il sole splendeva abbacinante e degli spiriti non v’era più traccia. Neanche dell’uomo-renna era rimasto alcunché.» Volevi che ti cercassi, che venissi da te, ma io non mi muovo da qui. Annuso il tuo odore, guardo in controluce i tuoi capelli intrappolati nel pettine, respiro la tua polvere e respiro te. Sono un figlio prigioniero nella stanza del padre. Se esco da qui tutto scompare, perché tutto questo non esiste. Non è più reale dei miei ricordi. Sono Giona nel ventre del pesce ed è tutto buio intorno a me. Tu dici che gli spiriti «usciti» dall’uomo-renna ti hanno salvato: in che modo? Per quale ragione hanno cambiato per sempre la tua vita? Di questo si occupa la mia indagine. Per te e per me. Affinché la tua colpa non ricada in eterno sulla mia testa. Antwuan Dixon -- Part 3 of 4 - Epicly Later'd Season Two 373 hanno condiviso questo elemento. Aokigahara Suicide Forest - VBS News 1.478 hanno condiviso questo elemento. Nzambi Newsroom Edition | VBS Newsroom 129 hanno condiviso questo elemento. 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