Concorso Starwords 2005

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Concorso Starwords 2005
Concorso Starwords 2005
Nel febbraio 2005, nell‟insieme delle attività organizzate per festeggiare l‟uscita
dell‟ultimo capitolo della saga di Star Wars, Guerrestellari.Net e Yavin 4 hanno
indetto il concorso letterario StarWords 2005.
Il concorso ha visto una partecipazione nutrita e di alta qualità.
Questi i racconti partecipanti e la classifica finale del concorso.
1° Classificato - Battuta di caccia – Fabio Vaghi
2° Classificato - La caduta – Marco Brunello
Pag. 2
Pag. 9
3° Classificato - Istruzioni per allevare un eroe. Ovvero Owen Lars e le
teorie pedagogiche moderne – Irene Bitassi
Pag. 15
.4° – Nashyati - Paolo D‟alessandro
Pag. 24
5° – Droide 7532 – Giovanni “John Hunt” Oro
Pag. 30
6° – Star Wars Delirium – Simone Conti
Pag. 34
7° – Last days of the Republic – Paolo di Lorenzo
Pag. 38
8° – Il pianeta dei due soli - Paolo di Fraia
Pag. 48
9° – Una luce nell’oscurità – Silvia “Amidala79″ Azzaroli
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Battuta di caccia
di Fabio Vaghi
Caldo. Odio questo posto e il suo caldo insopportabile. E poi il colore. Verde,
ovunque. Quello che hai sotto i piedi è verde. Quello che hai sopra la testa è verde.
Quello che ti trovi davanti agli occhi dovrebbe essere grigio o marrone, ma è quasi
sempre ricoperto da qualcos‟altro di verde. Non so cosa darei per svegliarmi la
mattina e trovarmi davanti agli occhi le tenui pareti color panna del mio alloggio; o il
rassicurante color lavanda del Senato. E invece anche questa maledetta tenda
mimetica assume i colori del paesaggio.
Tutto si muove. Non c‟è niente che stia fermo per più di qualche secondo. Niente
stabilità, niente certezze. Tutto è fluido, vivo.
Dovrei essermi abituato. Ormai sono anni che veniamo qui. E invece continuo ad
odiare queste faticose battute di caccia.
«J7-VI, dove sei?».
«Qui padrone».
I protocollari non sono fatti per sistemi selvaggi come questo. È primo mattino e ha
già tutte le giunture sporche di fango. Dovrebbero adattare i droidi da caccia a
funzioni di protocollo.
«La toeletta quotidiana, J7».
«Sì padrone».
Bravo J7. Eri già pronto con la spazzola ionica in mano.
«Vieni; entriamo nella tenda».
Quest‟anno mi sono fatto furbo. Questo sgabello imbottito è l‟ideale. È stato un
ottimo acquisto. Per quanto mi sia costato una fortuna. Diecimila datarie per un
pezzo di legno pieghevole e un po‟ di pelle di gorg sono una pazzia. Ma, si sa, a
Coruscant è tutto più caro.
«Qui, alla base del collo, J7». Che meraviglia! Niente di meglio di una bella
strigliata al pelo appena alzati.
«Signore, il comunicatore».
Cosa? Oh, sì. Il Senatore.
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«Va bene, basta così J7». Ed ecco che comincia un‟altra bella giornata fra fango,
erba e grossi bestioni piumati che puzzano in un modo insopportabile.
Uscire di nuovo dalla tenda mi costa uno sforzo incalcolabile.
Il Senatore Goori è bello pimpante, stretto nel suo completo da cacciatore. Con lui
quell‟umano, quel Palpatine. Ieri è rimasto a guardare impassibile il Senatore che
abbatteva il Fonk quadrumane. Sorrideva ma non ha mosso un dito. Strano. Ho
saputo che è originario di un sistema infestato da molte zone selvagge. Naboo, mi
pare. Dovrebbe essere abituato a questo genere di cose. Forse è solo un po‟
restìo, in fondo è fresco di nomina.
Comunque, non è stato difficile fargli chiudere un occhio sull‟annuale battuta di
caccia del Senatore Goori. Quando abbiamo saputo che uno dei trentasei sistemi
passati sotto la supervisione di Palpatine era proprio la riserva naturale di Iridonia,
mi sono fatto prendere dal panico. Avevo paura che gli addetti al blocco attorno al
pianeta ci avrebbero denunciato. E invece è bastato regalare a questo stupido
umano quell‟attico dalle pareti scarlatte. Alla fine è perfino venuto con noi. E
pensare che ha fama di essere integerrimo e incorruttibile. Che stupidaggine!
Nessuno è incorruttibile.
Ecco che tornano i droidi da caccia. Hanno passato le ultime venti ore a impagliare
il Fonk. Non mi sorprende; non ne avevo mai visto uno così grosso. Lo venderemo
bene, se il senatore non lo vuole tenere per sé. Un po‟ li invidio, quei droidi. Loro
hanno trascorso la notte sulla nave.
«Allora è pronto, Foortus?».
Asher, un chagriano; la nostra guida. Anni fa mi tremavano le gambe solo a
rivolgergli la parola. Dev‟essere un imprinting genetico. Dipende dall‟aspetto degli
antichi predatori del nostro mondo natale: noi Sy Myrthan abbiamo paura di tutto
ciò che ha le corna. Ora è diverso; questo bestione rinnegato non riuscirebbe
nemmeno a sbarcare il lunario senza battute di caccia come questa. Io ordino, lui
obbedisce.
«Sono pronto, Asher. Cos‟abbiamo in programma per oggi? Un muttaba
strisciante? Un branco di logini? Quali altre meraviglie nasconde la natura di questa
parte del pianeta?».
«È la prima volta che sbarcate in questo continente, vero, assistente Foortus?».
Il tono con cui questo idiota pronuncia la parola “assistente” è assolutamente
intollerabile.
«Sì, Asher. Io e il Senatore veniamo a caccia su Iridonia ormai da quindici anni, ma
è la prima volta che sbarchiamo in questo particolare continente».
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«Qui non ci sono muttaba e logini. Il continente è enorme. E enormi sono i suoi
abitanti. Ma non si preoccupi Foortus. Oggi cacceremo qualcosa di piccolo».
«E cioè?».
«Zabrak. Andiamo a caccia di zabrak».
Per le Tre Lune, cos‟è uno zabrak? Beh, se è qualcosa di piccolo ci sarà da
preoccuparsi meno del solito. Però è curioso che il senatore voglia andare a caccia
di qualcosa di meno grosso di un caccia stellare.
«Foortus, andiamo», mi dice mentre Palpatine lo aiuta a salire sul primo sprinter.
Se il Senatore continua a ingrassare, avrà bisogno di una meccanosedia. Asher e
due droidi da caccia salgono con loro.
Per me il secondo sprinter. Io, il droide pilota e altri tre droidi da caccia. Asher ha
montato loro gli storditori: qualunque cosa siano questi zabrak, il Senatore li vuole
vivi.
Non amo molto essere escluso in questo modo dalle decisioni del Senatore Goori.
Ma d‟altronde è risaputo il mio disinteresse per le specie selvatiche. Che siano
vermi dei condotti o lumache del cemento, per me sono tutte bestie puzzolenti.
Partiamo. Le pianure di Iridonia e i pochi alberi goto diventano presto macchie
indistinte, come un dipinto a olio di duba sfigurato dalla mano di un bambino.
Sullo sfondo il sommesso scalpitìo di un branco di metalochi. Eccoli lì, la pelle
rosso fuoco luccicante per le perle di sudore. Danno una strana idea di forza vitale,
con tutti quei muscoli in evidenza sotto la pelle nuda.
Mi affretto a mettere la protezione di stoffa al naso; il rumore dello sprinter potrebbe
finire per danneggiarlo irrimediabilmente. Mi aggrappo alle maniglie di sicurezza.
Questi cosi non hanno mai avuto l‟aria di essere troppo stabili.
Asher sta conducendo il Senatore in una zona molto vicina agli alberi. Come da
ordini il mio droide pilota li segue.
Ma che succede? Ci addentriamo nella foresta? Per le Tre Lune, cosa crede di fare
Asher?
Fermi. Siamo fermi. Era ora, non ce la facevo più. Lascio scendere dalla sprinter i
droidi da caccia.
«Allora Foortus, non avrai intenzione di restare lì sopra per tutto il giorno?».
Arrivo, arrivo. Non sei così spocchioso su Corusant, quando si tratta di far quadrare
i conti, eh brutto grassone?
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Visti da lontano gli alberi goto hanno anche una loro bellezza; ma essere qui al
buio, attanagliato dalle loro fronde filamentose, mi fa tremare le gambe. Un solo
tocco di uno di quei filamenti e la pelle sotto al pelo rimane irritata per settimane.
Certe volte vorrei essere un droide. Solo certe volte.
«Tredici, tre chilometri a sud. Non si stanno spostando», annuncia la voce metallica
del capo-droide da caccia.
Tredici cosa?
«Bene, andiamo. Senatori, dietro di me».
Andiamo? Vogliono partire per una battuta di caccia a piedi?
«E gli sprinter?», chiedo.
«Rimarranno qui. Il droide pilota e due droidi da caccia staranno di guardia», mi
risponde il chagriano.
«E se succede loro qualcosa? Come torneremo al campo?». Questa mattinata si
sta rivelando un po‟ troppo avventurosa per i miei gusti.
«Non succederà niente. Gli animale più grossi non si addentrano tanto nel
sottobosco. Siamo molto più a rischio noi». A questa frase di Asher noto una strana
luce negli occhi del Senatore Goori. Un‟eccitazione che non avevo mai visto prima,
accompagnata da uno sguardo complice di Palpatine. Quell‟umano ha una pessima
influenza sul Senatore.
«A rischio? Perché?».
«Se preferisce restare qui, faccia pure, Foortus», dice ancora Asher.
In lontananza un ruggito roco, quasi afono, mi fa rizzare il pelo sulla schiena. «No,
no. Preferisco venire con voi».
Poggio con schifo gli stivali sul terreno. La consistenza del suolo è strana;
preferisco non indagare.
E così ci stiamo addentrando in questo umido sottobosco di felci rosso mattone e
funghi iridescenti. Mi pare di sentire le muffe che cominciano a crescermi sotto il
pelo. Una volta arrivato a casa dovrò disinfestarmi. Capisco quell‟umano, ma il
Senatore, uno Sy Myrthan come me, come può sopportare tutta questa umidità?
Procediamo in fila per uno. In testa Asher, ovviamente. Dietro di lui Goori, poi
Palpatine, il droide-capo, io e altri due droidi.
Un qualche genere di bestia arboricola sfreccia per un attimo sulle nostre teste.
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Asher sembra un jedi, mentre taglia una felce dietro l‟altra col coltello laser.
È un‟eternità che camminiamo…
Ha alzato il braccio! Ci fermiamo. Siamo arrivati?
Odio questo maledetto buio. Gli alberi goto non permettono il passaggio del minimo
raggio di luce.
E il bagliore rossastro dei funghi non aiuta di certo. Adesso sì che rimpiango il
verde delle pianure e del campo base.
Ho il naso coperto, non sento bene i rumori; ma mi sembra di percepire… voci.
Bestiali voci gutturali provengono da quella radura davanti a noi!
Mi alzo in punta di piedi per vedere cosa stanno facendo Asher e i Senatori. Si
sono acquattati uno di fianco all‟altro, dietro quel grosso cespuglio di felci. Goori mi
fa segno di raggiungerlo.
I droidi hanno già silenziosamente assunto la configurazione piatta.
Asher si porta un dito davanti alla bocca e indica la radura. Da principio non riesco
bene a capire; anche qui non c‟è traccia di luce solare. Poi focalizzo. Qualcosa di
molto simile a un Fonk, ugualmente piumato e ingobbito, solo un po‟ più piccolo,
giace riverso sull‟erba. Attorno alla carcassa si muovono diverse figure. Hanno la
pelle glabra e completamente nera. Stanno eseguendo una specie di danza rituale.
Per le Tre Lune, sono umanoidi! Quelli davanti a noi sono un gruppo di umanoidi,
per quanto primitivi.
Vestono solo la parte inferiore del busto, con quelle che sembrano lerce pelli
d‟animale. Attorno alla nuca hanno una specie di corona di corte corna appuntite. Io
odio tutto ciò che ha le corna.
Cosa fanno esattamente? Ballano? Sì, ma fanno anche altro. Che schifo! Si
nutrono della carne cruda di quella povera bestia! E non solo: infilano la punta delle
dita nelle ferite aperte e si dipingono col sangue il corpo e il viso. Quel denso
liquido rosso brillante fa un orribile contrasto con la loro pelle nera.
E nel frattempo saltano, scuotono la testa, mostrano i denti e ringhiano con voce
sibillina mentre le loro lance d‟osso squartano l‟animale. E non ci sono solo adulti,
ma anche cuccioli. È la cosa più terrificante che io abbia mai visto.
Mi volto verso il Senatore Goori. In risposta al mio sguardo di disgusto trovo una
strana euforia. Possibile che al Senatore piaccia davvero questo spettacolo?
«Zabrak», mi dice sottovoce. L‟avevo capito.
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Poco più in là, Palpatine è sempre più impassibile. Sembra interessato a questi
lerci primitivi.
Uno di loro ha due tamburi, portati a tracolla. Riesco a sentire quel suono tribale
anche col naso coperto.
E il bagliore rossastro dei funghi si riflette sui visi coperti di sangue.
E il suono dei tamburi avvolge le grida selvagge.
E lunghe strisce di liquido scarlatto seguono le dita e il corpo e le fauci, mentre
volteggiano in una danza selvaggia.
Asher non sembra condividere la calma di Palpatine o l‟esaltazione di Goori. Per la
prima volta, anche se solo per un attimo, scorgo sgomento nei suoi azzurri occhi da
chagriano.
«Forza. Prima finiamo, meglio è», dice togliendosi uno dei fucili a tracolla.
«Tenga!», aggiunge mentre me lo lancia. «Appoggi bene il calcio alla spalla,
quando fa fuoco. Faccia attenzione al rinculo».
Non ha nemmeno finito la frase che già è balzato nella radura. Dietro di lui i droidi
da caccia, di nuovo nella configurazione estesa. I loro dispositivi ottici proiettano
potenti fasci luminosi sugli zabrak. Anche il Senatore Goori si è buttato nella
mischia. Palpatine è ancora al mio fianco, impassibile. Mi guarda. C‟è qualcosa di
inquietante nella fermezza dei suoi occhi. Preferisco affrontare gli zabrak.
In un attimo la realtà diventa un turbinìo di corpi, suoni, luci e colpi a energia.
Asher atterra un selvaggio dopo l‟altro. Quelle bestiacce non scappano! Se ne
stanno lì e ci fissano, coi loro denti giallastri e gli occhi cattivi. Per fortuna sono tutti
dipinti di sangue. Altrimenti, con questo buio, sarebbe impossibile vederli. Ma per
sicurezza mi scopro il naso e lancio qualche onda sonora con la lingua. Non vorrei
che uno zabrak nero come la notte mi attaccasse alle spalle.
«Senatore!». Per le Tre Lune! Quello quasi lo affettava con la sua lancia d‟osso.
Per fortuna il droide-capo lo ha atterrato. Deve stare attento, il Senatore. Non ha
più l‟età per certe cose.
Sarà meglio scegliermi un bersaglio. Quel cucciolo andrà bene. Non sarà alto
neanche mezzo metro. Anche se con la faccia dipinta fa un po‟ di paura lo stesso.
Dunque: il calcio bene appoggiato alla spalla. Prendo la mira… mancato! Riprovo.
Stavolta uso il mirino ottico. Mancato di nuovo! Quel piccolo zabrak è velocissimo!
Abbasso il fucile.
Un adulto viene verso di me!
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È a terra. L‟ho colpito. Non so come ho fatto, ma l‟ho colpito. È stato terribile.
Terribile ma eccitante.
E ora il cucciolo. Mancato ancora! Come fa? Anche Asher lo ha visto. Eccolo che
spara! Il piccolo ha scansato l‟ennesimo colpo. È incredibilmente rapido. Sembra
quasi che sappia in anticipo dove il raggio storditore andrà a finire.
Ormai tutti gli zabrak sono a terra. Qualcuno sarà scappato. Se non sapessi che il
sangue non è il loro, sembrerebbe un massacro.
I droidi da caccia stanno iniziando ad avvolgere nelle reti gli zabrak più grossi. È un
peccato ne possano portare solo due a testa; ci faremo dei bei soldi, ai mercati
degli schiavi oltre il Margine Esterno.
Cosa fanno Asher e il Senatore? Ancora quel cucciolo? È testardo, non se ne vuole
andare. E a quanto pare è impossibile stordirlo, visto che evita tutte le raffiche.
E Palpatine? Eccolo. Prima non l‟avevo notato, ma non porta nessun fucile. Non ha
sparato un colpo. A che pro partecipare a una battuta di caccia se non si spara un
colpo?
Perché si volge verso quei tronchi? Luce! Fasci luminosi! Cosa…?
«In nome del Senato Galattico vi dichiaro in arresto. Senatore Albhorruk Goori,
assistente Demoowus Foortus, siete accusati di caccia di frodo presso la riserva
naturale di Iridonia, di commercio illegale di specie protette e di tentato commercio
di schiavi umanoidi».
Una mano guantata di blu mi toglie rapida il fucile. Avevo ancora il braccio davanti
agli occhi per proteggermi dalla luce. Qualcuno mi afferra le spalle. La Guardie del
Senato. Mi volto. Il Senatore Goori sbraita, mentre lo conducono oltre quegli alberi,
dove devono aver nascosto la nave. Asher, ammanettato come il Senatore, è
subito dietro.
I droidi da caccia non stanno movendo un bullone. Si limitano a liberare dalle reti gli
zabrak ancora storditi.
Mentre mi spingono a seguire Asher e il Senatore, scorgo con la coda dell‟occhio
Palpatine. Sta parlando tranquillamente con un capitano della Guardia.
Quell‟umano traditore ci ha denunciato!
Che stupido sono stato. Ora è finita. La mia carriera è finita.
Mi ammanettano. Non faccio nessuna resistenza. Seguo lo sguardo di Palpatine: è
strano, continua a fissare quel cucciolo di zabrak. Il piccolo bastardo è ancora lì, in
piedi. I miei ultimi attimi di libertà hanno il colore dei suoi occhi; hanno il colore
dell‟odio.
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La caduta
di Marco Brunello
Nei bassifondi della fumosa città di Coruscant, una notte piovosa. Un uomo avvolto
in un mantello verde scuro fugge lanciando i suoi lunghi stivali attraverso i desolati
viottoli della zona industriale, inseguito da alcuni uomini in armatura bianca. Non
appena lo vedono gli sparano, ma i loro colpi di blaster non fanno altro che
infrangersi contro i malandati angoli delle vecchie costruzioni in cui avviene
l‟inseguimento. L‟uomo col mantello verde è troppo veloce per loro, e riesce a
seminarli nascondendosi nel cortile interno di un vecchia fabbrica di droidi minatori
ridotta precedentemente in macerie; si sente al sicuro, ma poco dopo ecco sbucare
da ogni angolo qualche decina di cloni-soldato, che lentamente avanzano per
circondarlo. Ad uno di questi parte un colpo con l‟intenzione di uccidere il
malcapitato, ma questo con una mossa fulminea estrae una spada laser da sotto il
mantello e devia il colpo verso un altro soldato, che fa un salto all‟indietro per finire
contro un muro col petto squarciato. In pochi secondi inizia una battaglia impari che
l‟uomo col mantello verde conduce magistralmente, deviando i colpi dei laser con la
sua spada come solo uno jedi è in grado di fare; nonostante questo i soldati
riescono comunque a chiuderlo in una morsa umana, dalla quale il malcapitato
tenta di fuggire spiccando un lungo salto verticale, sovrumano per chi non ha mai
visto un cavaliere jedi in azione. Ma è questione di pochi secondi: lo jedi che
oramai si era liberato dei suoi avversari ed era pronto a dileguarsi nella periferia
della città – e magari trovare un convoglio in cui nascondersi per abbandonare il
pianeta – sparisce all‟occhio dei presenti, e poco dopo i soldati con l‟armatura
bianca sentono solo delle minuscole briciole nere cadere a pioggia sui loro elmetti.
Tutto quello che è rimasto dello sfortunato cavaliere jedi sono solo dei mucchietti di
cenere, destinati a estinguere lentamente nella pioggia il flebile fumo che
producono.
Sulla cima di un palazzo poco lontano un uomo dall‟aspetto sottile, in uniforme
grigioverde e armato di un blaster-rifle a canna lunga con mirino telescopico, tra sé
e sé disegna sul proprio volto un sorriso compiaciuto; è lo stesso uomo che
qualche ora dopo si presenta in ginocchio all‟essere un tempo noto a tutti come
senatore Palpatine, dicendo: “Mio Signore, l‟ultimo degli jedi è morto. Questo è tutto
ciò che rimane di lui”, e lasciando intanto che la polvere carbonizzata che tiene
stretta in un pugno gli scivoli fra le dita, cadendo sulla porzione di pavimento che
separa i due.
Sono passati più di vent‟anni da quegli eventi. L‟uomo che allora credeva di aver
ucciso l‟ultimo degli jedi della galassia è uno dei migliori generali dell‟Esercito
Imperiale. Del resto si conoscevano già da tempo, sin da quando Palpatine era
senatore e lui agente della sicurezza di Theed, poi assegnato alla protezione della
persona del senatore che rappresentava il suo pianeta a Coruscant;
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successivamente alla crisi di Naboo il tenente Erwin Farragute (questo è il nome
del nostro uomo) continuò a esercitare la professione di guardia del corpo di
Palpatine per volere dello stesso, divenuto intanto Cancelliere, che volle con sé il
giovane ufficiale conoscendo l‟impeccabile efficienza con cui quest‟ultimo
esercitava il proprio lavoro, oltre che la genuina lealtà che nutriva nei confronti del il
suo illustre concittadino, a cui era legato da un rapporto di reciproca stima maturata
negli anni. Con la guerra dei cloni venne mandato da Palpatine stesso in prima
linea contro i Separatisti al comando di un plotone di cloni-soldato, e a guerra finita
Farragute non smise di servire colui che nel corso degli anni lo aveva assistito,
incoraggiato e premiato come un padre orgoglioso del proprio figlio: si unì al suo
signore nella caccia agli jedi, i nuovi nemici della pace galattica, e grazie alle sue
doti belliche – sia di comando che nell‟uso delle armi – ne uccise molti. Per i
numerosi meriti Farragute divenne negli anni successivi uno degli alti ufficiali più
stimati dall‟Imperatore, e nonostante non si sia mai esposto troppo fu forse colui
che tra i generali imperiali meglio servì il suo signore: fu a capo di numerose
spedizioni nei più improbabili angoli della galassia con lo scopo di reprimere sul
nascere l‟Alleanza Ribelle e i vari moti che scoppiavano nelle città per il
malcontento dei popoli del nuovo impero; ebbe a disposizione un‟intera divisione di
stormtrooper e tutte le macchine da guerra di cui volesse disporre, chee non esitò
ad usare per riportare l‟ordine là dove questo fosse richiesto.
Sulla via del successo, continuò a lavorare con grande senso del dovere anche
dopo un‟atroce sconfitta come la distruzione della Morte Nera. Nonostante questo,
però, in questi anni dentro di lui venne a maturare lentamente qualche dubbio sulle
giuste intenzioni di questa guerra, che si ostinava a continuare, senza mai giungere
a quell‟armonia universale che avrebbe dovuto creare il “nuovo ordine” in cui aveva
riposto la sua fiducia, e che aveva contribuito a creare servendo fedelmente per
decenni l‟uomo che mai una volta lo aveva tradito o ostacolato nel corso della sua
brillante carriera militare. Erwin Farragute non avrebbe mai creduto fino a che
punto sarebbero giunte queste sue riflessioni, e soprattutto quale gesto avrebbe
infine deciso di compiere dopo numerosi angoscianti esitazioni.
La seconda Morte Nera. Sarebbe diventata ancor più potente e micidiale della
prima, ma in questo momento è solo un ammasso di ferraglia che tenta di
assumere una forma sferica, anche se il nucleo centrale e già attivo e al suo interno
sono in corso numerose operazioni di addestramento, pianificazione e
coordinamento di attività belliche nel settore della galassia che occupa, all‟oscuro
dell‟Alleanza Ribelle ma anche alla maggioranza degli Imperiali. Uno shuttle si
avvicina; proviene dall‟incrociatore stellare Intruder, di ritorno da Bespin dove le
truppe del generale Farragute hanno represso un‟insurrezione di cittadini armati
che intendevano riprendere il controllo della Città delle Nuvole. Atterrato in uno
degli hangar principali, ecco scendere dalla piattaforma dello shuttle Erwin
Farragute, ancora nella sua nera uniforme da combattimento, che mette in rilievo
ancora di più la figura esile ma solida del più capace comandante di fanteria
dell‟Impero. Non sembra stanco, ma lo è, soprattutto dentro; sono passati gli anni in
cui combattere per il proprio Imperatore era un onore oltre che un dovere, e sente
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che il suo ostinarsi nell‟accettare sempre più spesso incarichi di estremo scontro
diretto col nemico è solo un modo per non pensare troppo alla situazione reale: la
guerra non avrà mai fine; l‟Imperatore non è più l‟uomo che pensava che fosse, è
un pazzo che ha messo da parte le sue migliori intenzioni per correr dietro a quelle
stupide religioni antiche che hanno a che fare con gli jedi e la Forza, incoraggiando
le inutili ricerche del suo pupillo Dart Vader e trascurando chi invece serviva
l‟Impero con concreti atti di guerra nelle zone più critiche della galassia.
Con questi pensieri nella testa si avvia verso la sua cabina, dove il suo bagaglio è
pronto per una nuova partenza: infatti dopo l‟ennesima operazione militare con
esito vittorioso aveva ricevuto un invito ufficiale da parte dell‟Imperatore, che
intendeva premiarlo pubblicamente durante una rassegna militare su Coruscant
con un encomio particolare, che a pochissimi era concesso. Di lì a poco avrebbe
rivisto, dopo molto tempo, l‟uomo che prima lo aveva sempre sostenuto e che ora
lo delude non poco. E‟ stanco, ma non si mette a dormire: dopo essersi ripulito e
cambiato esce dal suo alloggio, e si dirige furtivamente verso una zona della nuova
Morte Nera in cui i cantieri sono ancora aperti.
Dopo aver preso alcuni ascensori e sceso qualche scala nell‟ombra, Erwin giunge
ad un portello che si apre manualmente attraverso un codice di protezione da lui
stesso predisposto sulla consolle posta lì accanto. Aperta la porta, si trova davanti
esattamente quello che si aspetta: una piccola stanza buia con muri e pavimento
ancora incompleti, illuminata solo da una luce che pende dal soffitto, e alcuni
uomini che indossano la sua stessa uniforme accalcati attorno ad un rudimentale
tavolo al centro della stanza. Si avvicina a loro senza dir niente, passano i secondi;
poco dopo giunge un altro uomo in uniforme, che prima di unirsi agli altri digita un
codice sulla consolle, per sigillare la porta. Tutto è pronto, ed Erwin Farragute inizia
a parlare.
“Signori, siamo qui stasera per stabilire gli ultimi dettagli di un piano di cui abbiamo
parlato a lungo nei nostri precedenti incontri. Siamo tutti pienamente d‟accordo su
un punto: non possiamo tollerare oltre le intemperanze nel comportamento
dell‟Imperatore Palpatine. Quando abbiamo prestato giuramento di fedeltà al nostro
imperatore, tanti anni fa, lo abbiamo fatto per il bene comune degli abitanti
dell‟Impero: la Repubblica era diventata un ipertrofico sistema ostruito dalla
burocrazia, che non poteva in alcun modo continuare a funzionare senza che
qualcuno prendesse in mano la situazione di sua iniziativa e mettere ordine.
L‟allora Cancelliere Palpatine fece questo, e non fallì; ma quando nacque una forza
ostile a noi, l‟Alleanza Ribelle, e questa forza riuscì addirittura a distruggere la
nostra arma definitiva, l‟impero manifestò le sue debolezze. E nostro Imperatore
invece di reagire facendo le scelte giuste mostrò di non essere più all‟altezza della
situazione, affidando la sicurezza del suo Impero a pazzi scatenati – come Lord
Dart Fener o il Principe Xizor – e a vili cacciatori di taglie, perdendo tempo dietro ad
inutili anticaglie (ricordate quando mandò alcuni di noi alla ricerca di amuleti jedi
sulle lune di Kashyyyk?) e lasciando che tutto ciò che aveva creato collassasse su
sé stesso mentre forze disgregatrici continuassero ad agire liberamente.
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Siamo arrivati ad un punto in cui nemmeno noi, i suoi più fedeli servitori, possiamo
continuare a tollerare tutto questo, e a malincuore ci vediamo costretti a porre
rimedio a questa assurda situazione.
L‟invito al Centro Imperiale per una premiazione da parte dell‟Imperatore: è
l‟occasione che stavamo aspettando. Sarà in quella sede che compiremo il nostro
estremo gesto per la salvezza della galassia, cioè l‟omicidio dell‟Imperatore. Ancora
non possiamo prevedere esattamente cosa succederà poi, ma sicuramente senza
l‟Imperatore tutti i suoi burattini saranno perduti, e si creerà la situazione ideale per
un colpo di mano da parte nostra, che detenendo il comando del maggior numero
di truppe imperiali non avremo particolari difficoltà per prendere in mano il potere e
imporre un solido ordine galattico. Sarò con lui sul palco per la premiazione, fra una
settimana, e anche tutti voi per assistervi. Lo vedrete premiare me, ma in realtà
premierà un mio clone, un organismo identico a me ma senza alcuna volontà se
non la mia, mentre io sarò a qualche chilometro di distanza col blaster-rifle
telescopico di mia invenzione, col quale incenerirò l‟Imperatore. A quel punto
ognuno di voi farà cenno alle proprie truppe lì presenti di entrare in azione per
occupare il palazzo imperiale, e da lì sapete già come agire.
A questo punto, ho solo una domanda da fare. C‟è qualche ripensamento? Se
qualcuno di voi volesse tirarsi indietro, questo è il momento.” Passano i secondi,
nessun cenno. “Perfetto, allora siamo a posto. Questa riunione è conclusa. Ci
vediamo fra una settimana a Coruscant”. E uno alla volta se ne andarono tutti.
Una settimana dopo, a Coruscant. Il giorno precedente l‟assassinio dell‟Imperatore.
Nessuno dei presenti alla riunione di 6 giorni prima si è più incontrato: è tutto
deciso, non si può più tornare indietro. Erwin Farragute è seduto nel suo
appartamento. Se tutto andrà liscio entro pochi giorni farà parte del consiglio di
generali che reggerà l‟impero per i prossimi decenni, ma a che costo: uccidere una
persona che nonostante i cambiamenti in qualche modo gli è cara. Mentre si
perdeva in questi pensieri, giunge un messaggio inaspettato. L‟Imperatore lo
convoca. Ora. Erwin non può far altro che avviarsi, con un terribile dubbio che gli
attanaglia la mente.
La sala imperiale. Uno stanzone semideserto, con la luce che entra da bassi
spiragli delle finestre al livello del pavimento, e in fondo una breve scalinata con un
trono semplicissimo, su cui è seduto un uomo dall‟abbigliamento altrettanto
spartano: un semplicissimo mantello scuro. Il generale Farragute si avvicina, ma
l‟imperatore non si scompone minimamente, come se fosse ancora solo. Erwin
pensa che il vecchio senatore Palpatine si sarebbe alzato in fretta per andargli
incontro e stringerli la mano. Quando arriva a pochi metri di distanza si toglie il
berretto, e lentamente s‟inginocchia piegando la testa. “Quanto tempo, mio giovane
amico”, inizia l‟Imperatore, “un tempo eravamo inseparabili, anche se per motivi di
lavoro, ricordi? Sono felice di rivederti, Erwin Farragute”. E dicendo questo si alza
in piedi, si avvicina al suo vecchio protetto e invitandolo ad alzarsi gli stringe la
mano. Un gesto inaspettato, per il giovane generale. “Nonostante le mie attuali
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preoccupazioni sono sempre contento di rivedere un cittadino del mio vecchio
pianeta natale. Purtroppo però non sarà questo l‟oggetto della nostra
conversazione” e dicendo questo tornò a sedere, facendosi cupo nel volto.
“Conosco il vostro piano. So che avete organizzato un attentato per uccidermi. Non
chiedermi come lo so, voi militari non sarete mai in grado di comprendere quanto
potere c‟è nella Forza e in chi la sa padroneggiare. Voglio solo sapere una cosa:
perché anche tu?”, e a questo punto tutti i dubbi di Farragute ebbero una conferma.
Come potevano essere stati così stupidi da credere di poter fregare un uomo del
genere? Come avevano potuto essere così presuntuosi da sfidare colui che da solo
aveva architettato il progetto di un nuovo ordine galattico? Queste domande
nascevano inutili nella sua testa; l‟unica cosa da fare era dare una spiegazione, la
sua spiegazione.
“Mio signore, ho architettato tutto questo con un pensiero fisso nella testa. Pensavo
ad una nostra conversazione di tanti anni fa, nei giardini di Theed; era il giorno
dopo i funerali del maestro Qui-Gon Jinn, e parlavamo degli eventi accaduti in
quegli ultimi giorni. Io le chiesi cosa ne pensava, di tutto quel colossale bisticcio con
la Federazione dei Mercanti, e lei mi rispose che i tempi stavano cambiando, e che
per questo bisognava saper essere dinamici, e riuscire a adattarsi ai cambiamenti
epocali di cui quella piccola crisi planetaria era solo uno dei tanti esempi. Ho basato
tutta la mia vita successiva su quella sua frase, su come fosse tragicamente vero
quello che mi disse e vidi in lei l‟incarnazione di questo spirito progressista, quando
iniziò ad apportare efficaci modificazioni allo stagnante ordinamento repubblicano.
Di recente però non sono più riuscito a ritrovare in lei quello spirito, quel modo di
condurre l‟Impero dei primi tempi. Per questo pensai che purtroppo anche lei, come
molte altre cose dell‟Impero, non era sopravvissuto a quella frase rivelatrice che lei
stesso mi disse tanti anni fa; e a malincuore organizzai questa congiura, dato che
fino all‟ultimo ho sperato che le tornasse il senno di un tempo, mio signore.” La
violenta sincerità delle sue parole è tradita però dal tono della sua voce, a tratti
instabile, e dalle silenziose lacrime che cominciano a scendere sulle sue guance
arrossate. Passano i secondi, forse anche i minuti, prima che l‟Imperatore emetta la
sua risposta. “Sei stato sincero con me, amico mio. Non sai quanto dolore mi
procurano le tue parole. Di tutte le persone che mi hanno servito nel corso della
mia vita tu sei stato il migliore, te lo dico io stesso. Ma devo deluderti, poiché
l‟uomo in cui credevi è morto da tempo, forse non è mai vissuto. Ammetto che il
rapporto che mi legava a te era diverso da quello che ho avuto con tutti gli altri miei
servitori, sei stato l‟unico del nostro pianeta che mi ha seguito e aiutato nei miei
progetti; ma il mio vero volto è sempre stato questo, che stai vedendo ora”.
E mentre Erwin, angosciato, nella sua mente cerca di appigliarsi a qualsiasi cosa
pur di non perdere per sempre nelle parole dell‟Imperatore tutto ciò per cui aveva
finora combattuto, veloce come nient‟altro nella galassia il vecchio Palpatine si alza
di scatto, dice “Ancora non sei convinto? Ancora credi nelle vecchie parole di un
anonimo senatore di un altrettanto anonimo pianeta?” e scatena dalle sue
raggrinzite dita scariche elettriche azzurre, che serpeggiando nell‟aria raggiungono
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Erwin Farragute scagliandolo in fondo alla stanza, addosso alla parete. Erwin non
ha più dubbi. E‟ sconvolto, del tutto sconvolto. E come potrebbe non esserlo? Gli
hanno appena detto che tutto ciò in cui ha sempre creduto è falso. “La Forza. Il suo
lato oscuro. La vendetta dei Sith sui cavalieri jedi. Ecco cosa mi ha spinto per anni
a fare quel che ho fatto. E quelle che tu chiami stupide religioni e inutili anticaglie
sono per me ricerche importantissime, poiché la galassia dà ancora rifugio al lato
luminoso della Forza, e non avrò pace finché l‟ultimo degli jedi non si ginofletterà al
mio cospetto!”. In queste parole Farragute riconosce l‟energia di un senatore che si
chiamava Palpatine, ma anche un odio pazzesco, disumano, che demolisce
definitivamente le ultime flebili speranze che ha Erwin di essere solo in preda ad un
incubo notturno. Ora è vuoto, non ha nemmeno la forza per disperarsi. Se ne sta lì,
con lo sguardo fisso nel vuoto, dopo essersi rialzato dalla caduta.
L‟Imperatore gli si avvicina, allunga una mano e la appoggia alla spalla del
generale. Il suo tono di voce è dimesso. “Mi spiace davvero, mio giovane amico.
Sei stato il miglior generale che potessi mai avere. Se ti ho rivelato chi sono
veramente è solo perché ti stimo davvero, e non volevo che morissi credendo nella
menzogna in cui hai vissuto. Addio, Erwin Farragute.”. Detto questo gli consegna il
rifle-blaster – comparso dal nulla, a quanto pare – che l‟indomani avrebbe dovuto
ucciderlo, e si allontana lasciandolo solo in quell‟enorme stanza. Erwin riesce a
materializzare un solo pensiero nella sua mente, svuotata da un flash improvviso di
traumatici eventi: ha in mano il suo fucile, la creatura perfetta da lui stesso creata, il
suo infallibile compagno d‟armi. Quello che non lo avrebbe tradito, ora che ne
aveva bisogno. Lo appoggia per terra dalla parte del calcio, e allungando il braccio
riesce a premere il grilletto, mentre la canna è puntata al petto. Un secondo dopo il
fucile cozza per terra, con la canna poggiata su una spolverata di cenere fumosa.
Il giorno successivo. La premiazione pubblica del generale Erwin Farragute si
svolge in maniera esemplare. Unico particolare strano sono gli sguardi stupefatti
che si scambiano di nascosto alcuni generali presenti, che si stanno lentamente
rendendo conto di come sia meglio dimenticare al più presto l‟idea della congiura, e
iniziare a considerare il clone che l‟Imperatore sta premiando come il vero, unico e
solo generale Erwin Farragute.
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Istruzioni per allevare un eroe.
Ovvero Owen Lars e le teorie
pedagogiche moderne
di Irene Bitassi
-Quei maledetti Jawa! Bisognerebbe impiccarne uno ad ogni vaporatore e lasciarli
marcire al sole!-, l‟irritazione di Owen Lars era tale che non si curava minimamente
di dare spettacolo dentro la Stazione Tosche. –Un anno di risparmi! Vi rendete
conto?-, proseguiva lo sfogo senza soluzione di continuità davanti ai suoi divertiti
ascoltatori. – Ho pagato quel droide un anno di risparmi. Mi avevano assicurato che
funzionasse alla perfezione e, invece, il motivatore è scassato. Sapete quanto mi
costerà in pezzi di ricambio?!-, chiese in modo retorico senza aspettarsi davvero
una risposta nel suo monologo.
-Mmh… cinquemila-, contabilizzò il negoziante, sommando le schede di memoria, i
pistoni, le valvole, i bracci meccanici, le rotelle, le viti, i cavi e i perni ammucchiati
sul bancone.
-Cinquemila?! Ma è un furto!-, protestò immediatamente Owen.
-E‟ tutta roba di prima qualità-Come quella dei Jawa?-. Il colono si pentì del suo sarcasmo appena gli uscì dalla
bocca. Inutile prendersela con l‟uomo che stava solo facendo il suo mestiere: erano
stati i Jawa a fregarlo, non lui.
-Facciamo un prezzo da amico: quattromila e cinquecento e non se ne parli più-,
sospirò l‟altro, sapendo quanto potesse essere difficile Lars quando era irritato.
Soddisfatto, Owen pagò senza ulteriori contrattazioni e, mentre raccoglieva la
merce in una cassetta, chiamò a tutta voce il nipote che supponeva essere
all‟aperto: -Luke!Invece, il decenne Skywalker si trovava in un angolino dietro di lui e sobbalzò alla
menzione del suo nome. Si avvicinò a testa bassa, strisciando contro il muro e
chiese con un filino di voce: – Sì, signore?Dopo la sorpresa iniziale di una risposta così rapida, lo zio gli mormorò
freddamente: -Già qui?! Credevo fossi a giocare con gli altri bambini. Dammi una
mano a mettere via, „ché poi andiamo a casa15
Luke annuì e, sempre a capo chino, si mise subito all‟opera.
Owen lo contemplò per un po‟. Da qualche giorno, il nipote sembrava più schivo del
solito e molto intimidito dalla sua presenza. Queste erano le occasioni in cui si
chiedeva se per caso non avesse ragione Beru, quando gli rimproverava di essere
troppo severo con lui.
Mentre portavano fuori la cassetta, il suo sguardo si soffermò su un libro che negli
ultimi tempi aveva fatto un tale successo in giro per la galassia da giungere persino
tra le remote sabbie di Tatooine.
***
La cena si era svolta come sempre in quell‟ultima settimana: Owen sbraitava
ancora contro i Jawa, la moglie tentava di distrarlo da quel pensiero ossessivo e
Luke stava in silenzio, non volendo per nessuna ragione attirare l‟attenzione dello
zio già tanto nervoso per i fatti suoi.
Non appena Beru iniziò a sparecchiare, il marito estrasse il voluminoso manuale
che aveva appena acquistato. Ne studiò con le dita la rigida copertina cartonata
rivestita di stoffa bordeaux e il titolo inciso in preziose lettere dorate. Leggere era
un‟attività che svolgeva molto raramente, ma era determinato a trarre il meglio dal
suo acquisto, sperando di trovarvi davvero dei buoni consigli e di dare una svolta
positiva al menage domestico. Ma per un apprendimento proficuo l‟ultima cosa di
cui aveva bisogno erano moleste distrazioni intorno!
-Luke, è ora di andare a letto-, disse, senza distogliere lo sguardo dal libro, al
nipote ancora seduto a tavola.
-E‟ presto-, protestò l‟interessato.
-Ho detto di andare a letto-, rimarcò Owen, guardandolo dritto negli occhi per
assicurarsi che questa volta la sua affermazione fosse intesa come un ordine, non
un suggerimento.
-Ma…-, iniziò a piagnucolare il bambino.
Lo zio mollò una sonora manata sul tavolo e scattò minacciosamente in piedi.
-Ripensandoci bene, sono un po‟ stanco!-, corresse con sollecitudine il nipote,
prima di avviarsi verso la sua stanza.
Soddisfatto, Owen si risedette e tornò al suo libro:Come allevare i bambini con la
comprensione e il dialogo
Sfogliò avidamente l‟indice, rimanendo però subito in disappunto: nessun capitolo,
neanche un paragrafetto dedicato ai bambini sensibili alla Forza o ai figli dei Sith.
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Superata la delusione, iniziò la lettura, saltando qua e là alle questioni che gli
sembravano più urgenti nel suo caso. A notte inoltrata abbandonò controvoglia,
sfinito, ma contento: si era fatto un quadro generale della linea da tenere. Si
ripromise di tornarci sopra con uno studio più sistematico, mentre già l‟indomani
avrebbe iniziato ad imprimere un nuovo corso al suo rapporto con il nipote.
***
“Dialogo” era la parola d‟ordine, rimuginava tra sé e sé Owen, mentre lui e Luke
lavoravano in silenzio al vaporatore del crinale sud. Osservò un attimo il bambino
che regolava i rubinetti di sfogo dell‟umidità, stringendo e allentando le viti per
allinearli alle staffe. Per la prima volta, si rese conto quanto fosse pesante quel
silenzio che lui stesso imponeva per il timore di venire distratto dal lavoro.
Ma da dove partire adesso? Si asciugò il sudore sul retro del collo e pensò che era
giusto lasciare al suo piccolo interlocutore la scelta di un argomento: -Perché non
facciamo due chiacchiere? C‟è qualcosa di cui vorresti parlare?A stento il nipote mascherò l‟improvvisa agitazione. Fece un rapido conto mentale
di tutte le marachelle che era riuscito a nascondere nell‟ultimo periodo, chiedendosi
con ansia quale lo zio volesse fargli confessare. Per non rischiare di rivelargli
qualcosa che non avesse già scoperto, scosse il capo in diniego e aspettò di
essere spinto nella giusta direzione.
-Non vuoi fare due chiacchiere?-, chiese sorpreso Owen.
Luke negò nuovamente.
-Beh…io sì! Di cosa parliamo?-, fece pressione lo zio che iniziava ad essere irritato
dall‟evidente mancanza di collaborazione.
-Perché?-, chiese sospettoso il nipote.
-Come perché?!-, questa volta il tono di Owen aveva passato il livello della
conversazione civile: possibile che questo monello dovesse essere sempre così
difficile? –Perché ne ho voglia! Ora dimmi di cosa ti piacerebbe parlare o…-Vorrei_sapere_come_mai_non_ho_i_genitori-, sputò fuori Luke tutto d‟un fiato,
facendosi scappare la prima cosa che gli passava per la testa.
Lo zio si pentì immediatamente di aver tanto insistito. Ma a quel punto non poteva
rimangiarsi la parola o arrabbiarsi senza perdere la fiducia del nipote. Era sicuro di
aver letto qualcosa del genere la notte precedente.
Sospirò. Certo non si sentiva ancora pronto per questa domanda, ma aveva
studiato con molta attenzione il capitolo sui figli adottivi e cercò di riordinare le idee.
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Prima regola: dire la verità
Una parola! Pensò rapidamente ad una versione della realtà tollerabile per
l‟equilibrio psichico di un bambino.
-Dunque, vedi tua madre è morta di parto e tuo padre…tuo padre era navigatore su
un‟astronave da carico. Qualche mese prima della tua nascita, la sua nave fu
attaccata dai pirati e tutto l‟equipaggio uccisoOwen osservò preoccupato il nipote, tentando di capire quanto si fosse bevuto di
quella storia. Ma, con sua grande sorpresa, Luke appariva assai soddisfatto: era la
prima volta che quella curiosità otteneva una risposta invece di un rimprovero.
Incoraggiato, passò al consiglio numero due.
Per non togliergli fiducia nell‟affetto materno o in sé stesso, sarà importante far
capire al bambino che i suoi genitori lo amavano.
-Vedi-, proseguì, -loro ti volevano tanto bene, erano così felici del tuo arrivo.
Avrebbero tanto desiderato poterti crescereLo zio non credeva ad una virgola di quello che stava dicendo. Non aveva dubbi
che per Luke fosse stato molto meglio non dover vivere con quegli irresponsabili di
genitori che si era ritrovato. Per il tempo rimanente della sua vita, Padmé non si era
mai scomodata a procurarsi informazioni su come stesse suo figlio. E in quanto ad
Anakin…beh al fratellastro preferiva non pensare nemmeno! Ma per il bene del
nipote Owen non aveva problemi ad imbellettare un po‟ la realtà. Anzi, ritenne
necessario rimarcare quel concetto: -Sai nessuno può amare un bambino come i
suoi propri genitori!Luke si sentì improvvisamente triste: non aveva mai realizzato quale era stata
l‟entità della sua perdita. Nella sua ingenuità, aveva sempre creduto che gli zii lo
trattassero come avrebbero fatto con un figlio proprio! Abbassò lo sguardo, non
volendo palesare il suo dispiacere con lo zio, che per la prima volta sembrava tanto
disposto al dialogo.
Ma Owen non mancò di cogliere l‟espressione preoccupata sul volto del nipote e si
rammentò subito del consiglio numero tre.
Alcuni bambini possono nutrire il segreto timore di essere abbandonati dai genitori
adottivi. Bisognerà dunque chiarire che mai in nessuna circostanza questo accadrà
-Ma Beru ed io ti vogliamo bene e non ti lasceremo mai-, proseguì, compiaciuto
dall‟evidente sollievo del bambino. Pensò che per tranquillizzarlo ulteriormente
sarebbe stato meglio legare questa certezza a qualcosa di più concreto di un
generico affetto: -Al podere due braccia in più sono sempre comode e noi ti terremo
per sempre qui a lavorare con noi18
Luke annuì silenzioso. Dunque era questo il motivo per cui l‟avevano accolto in
casa loro? Diede una rapida occhiata al paesaggio, sentendosi vagamente
soffocare. Per sempre qui! Le ampie distese desertiche gli apparvero impenetrabili
pareti di una prigione.
***
-Tutto a posto oggi sul crinale sud?Owen sollevò lo sguardo dal libro per incrociare quello sospettoso della moglie, che
si apprestava a raggiungerlo nel letto.
-Sì, perché?-, rispose difensivamente, non riuscendo a capire cosa potesse avere
da rimproverargli.
-Non so, questa sera Luke mi è sembrato come…turbatoOwen sorrise. Senza false modestie si reputava non solo innocente, ma addirittura
da lodare.
-Oh no, sta solo riordinando le idee! Oggi mi ha chiesto perché non ha i genitori… e
io gli ho risposto quello che si poteva-, si affrettò ad aggiungere, prima che Beru si
accigliasse, sapendo quali scenate solitamente seguivano quella domanda. Davanti
allo stupore di lei, proseguì indicando il libro che teneva fra le mani: – Vedi qui
spiega come trattare questi argomenti. Certo, non ho potuto dire tutta la verità, ma
sono sicuro che l‟ho messo tranquillo-Oh! Sono così orgogliosa di te-, si complimentò la moglie con sincerità, mentre si
rasserenava. –Hai deciso finalmente di fare questo passo! E addirittura ti sei
informato come farlo al meglio!***
Il giorno seguente, Luke tornò da scuola taciturno e, appena finita la cena,
scomparve in camera sua con insolita rapidità. Gli zii decisero con uno scambio di
sguardi di ignorare per il momento il suo comportamento.
Beru si alzò come al solito per riassettare la cucina, mentre il marito, rimasto
pensieroso al suo posto, vide ricomparire esitante il nipote con il palmare fra le
mani e, dopo averglielo fatto scivolare sotto gli occhi, attendere nervosamente,
tenendosi ad una certa distanza.
Owen sospirò: sapeva già di cosa si trattava. Nonostante gli ottimi risultati
scolastici, Luke di tanto in tanto mancava in disciplina, litigava con i compagni e
faceva a pugni. Lo zio aveva sempre represso con la massima severità questi
comportamenti, ma il bambino non sembrava migliorare la sua condotta. Prese il
palmare fra le mani, lesse distrattamente la consueta nota di demerito e toccò lo
19
schermo per lasciare la sua impronta digitale, firma non falsificabile che aveva
ricevuto la comunicazione dell‟insegnante.
Forse era giunto il momento di tentare una nuova strategia.
Cercate di comprendere a fondo le motivazioni di un comportamento sbagliato,
ripassò mentalmente Owen e si sforzò con fatica di rimanere calmo.
-Perché ti ostini a fare a pugni con i tuoi compagni?-, chiese infine, sempre
fissando lo schermo del palmare.
Confuso dalla mancanza di reazione, Luke non capì neanche la domanda: -Non
faccio a pugni con tutti i compagni, solo con Fixer!-E allora perché fai a pugni con Fixer?-Perché dice che mia madre era una poco di buono e mi ha abbandonato, non
sapendo chi fosse mio padre-, rispose il bambino con il tono di raccontare qualcosa
di scontato ed inutile.
-COSA?!-, trasalì lo zio, stupito e scandalizzato. Sollevò lo sguardo verso il nipote.
–Ma perché non me lo hai mai detto?-Non credevo fosse importante-, si difese Luke, preoccupato di aver aggravato la
sua situazione.
E come poteva pensare che lo fosse, se non glielo aveva mai chiesto prima? Owen
si sentì improvvisamente in colpa: come aveva fatto ad essere tanto ingiusto da
non aver mai indagato? Sarebbe bastato così poco.
Ma era in tempo per rimediare!
-Vieni con me!- si alzò in piedi e afferrò per un braccio il bambino che, aspettandosi
la consueta punizione, deglutì.
***
-Ma, zio, ho freddo e sono stanco-, implorò Luke, osservando la seconda luna
apparire all‟orizzonte, mentre l‟aria notturna gli faceva venire la pelle d‟oca.
-Smettila di frignare come una femminuccia e colpisci nel modo in cui ti ho
insegnato-, ordinò Owen.
Il bambino chiamò a raccolta tutte le sue ormai scarse forze e mollò un gancio
destro sul palmo dello zio.
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-Owen, questa è una cosa assurda!-, la voce di Beru risuonò nella corte
sotterranea, mentre appariva in camicia da notte dalla porticina dell‟abitazione.
Aveva le mani strette con decisione sui fianchi: brutto segno!, pensò il marito,
voltandosi nella sua direzione.
-Affatto! E‟ gracilino-, fece notare pizzicando leggermente lo scarno bicipite di Lukesenza un po‟ di tecnica non è in condizione di farcela-Ma NON deve fare a pugni!-Dovrà pur difendere l‟onore di sua madre!-Certo, ma nei modi giusti-. La donna poi rivolse la sua attenzione al nipote: Domani dici a Fixer che, se si permette di nuovo di dire della roba del genere, ne
andiamo a discutere con i suoi. E adesso tutti a letto, „ché siamo stanchi!-,
sentenziò con un tono definitivo al quale il marito non seppe reagire.
***
I giorni seguenti trascorsero tranquilli come non mai. Il nuovo corso inaugurato da
Owen aveva prodotto qualche risultato apprezzabile: Luke era apparso un po‟ più
sereno e molto collaborativo. Ma mai il colono avrebbe potuto immaginare quanto
collaborativo! E fu, quindi, con vivo stupore che quel pomeriggio, entrando in
garage, sorprese il nipote impegnato a lucidare con cura maniacale il nuovo droide,
a cui mancavano ancora alcuni pezzi di ricambio per funzionare a dovere.
Quando si accorse della sua presenza, il bimbo iniziò a balbettare: -Io…io volevo
solo…-.
-Sei stato molto bravo nel pulirlo senza che te lo avessi chiesto-, lo rassicurò lo zio,
assai compiaciuto dalla libera iniziativa del nipote. Decise che Luke meritava
qualcosa in più di una semplice lode.
Cercate di premiare il bambino con un po‟ del vostro tempo libero, piuttosto che con
un giocattolo: per lui la vostra attenzione è più importante.
Owen ricordava molto bene questa indicazione, perché l‟aveva particolarmente
apprezzata. Gli sembrava che facesse un po‟ di equità sociale, non imponendo
esborsi insostenibili per i genitori meno abbienti. Quindi, proseguì: -Mi stavo solo
chiedevo, non avresti voglia di giocare?Luke annuì incerto, ma si voltò un attimo ad osservare di nuovo il droide, come se
si sentisse in colpa a lasciare il lavoro a metà.
-Non ti preoccupare: prima che saremo riusciti a ripararlo del tutto, ne avrai di
occasioni per finire- lo prevenne lo zio nei suoi dubbi. –Dai vieni a giocare… con
me!21
Il nipote lo guardò perplesso e azzardò: -Non potresti invece accompagnarmi da
Biggs, per favore?-No, no, niente amici. Oggi facciamo qualcosa noi due insieme!>-D‟accordo-, si arrese subito il bambino deluso, sapendo che difficilmente si
poteva smuovere lo zio dalle sue decisioni ed era più saggio prendere senza troppe
discussioni ciò che passava il convento.
Nonostante l‟imbarazzo iniziale, Owen scoprì ben presto come fosse facile
dimenticarsi della propria età, mentre si accucciava dietro un angolo per giocare a
predoni contro coloni. Si sentiva davvero spensierato come se avesse avuto di
nuovo vent‟anni in meno.
Superata l‟iniziale diffidenza, anche Luke si era velocemente adattato all‟insolito
compagno di giochi e, dopo una breve azione diversiva, riuscì a sorprenderlo da
dietro. Puntandogli un‟immaginaria pistola laser alla nuca, tutto eccitato lo
minacciò: -Dannato Tusken! Ti impicco al primo vaporatore e ti lascio marcire al
sole!La violenza di quell‟ingiuria era però troppa perché lo zio potesse ignorarla.
Voltandosi, si alzò di scatto e urlò: -Da chi hai imparato a parlare in quel modo,
giovanotto?Luke si accigliò e, con un‟insolita aria di sfida, rispose: -Da te!Forse i soli avevano raddoppiato improvvisamente i loro raggi o un silenzioso vento
caldo si era alzato da sud. Fatto sta che Owen si sentì il viso bollire e le idee
confondersi, mentre si rivedeva pronunciare quelle esatte parole con la convinzione
che il nipote non fosse stato presente. Imbarazzato si chinò di nuovo all‟altezza del
bambino e, appoggiandogli una mano sulla spalla, cercò dei termini molto semplici
per esprimere un concetto molto difficile:
-Vedi, a volte, una cosa è grave secondo le circostanze. Ora stiamo solo
divertendoci ed è proprio fuori luogo usare un linguaggio del genere per gioco. I
Jawa, invece, ci hanno fatto un danno enorme e io ero tanto, tanto arrabbiato. E‟
diverso, lo capisci, no?Nel vedere Luke annuire debolmente e abbassare lo sguardo con aria colpevole, lo
zio si stupì davvero che quel breve predicozzo avesse potuto colpire tanto nel
segno. Quando, ripreso il gioco, il bambino non riuscì più a divertirsi come prima,
Owen iniziò a sentirsi a disagio e a sera, vedendolo comparire in sala da pranzo
ancora rattristato, si preoccupò proprio. Aveva forse sbagliato qualcosa? Consultò il
suo fedele libro per cercare una risposta. Niente! Il suo comportamento nei
confronti del nipote era stato letteralmente da manuale. L‟unica cosa rimasta da
tentare era chiedere spiegazioni all‟interessato: -Luke, c‟è qualcosa che non va?22
Il bambino tacque pensieroso, valutando il da farsi.
-Lo sai che se hai qualche problema, ne possiamo parlare tranquillamente-, pressò
Owen con gentilezza.
Luke lo fissò incerto per un altro lungo istante e poi iniziò a singhiozzare: -Non è
colpa dei Jawa! Sono stato io! Il motivatore funzionava benissimo prima che lo
pulissi! Ma avevo fretta di finire il lavoro per poter andare a giocare e così mi sono
dimenticato di controllare la lubrificazione. Quando ho rimesso in funzione il droide,
il motore ha preso fuoco e si è bruciato in buona parte. Allora, ho tentato di riparare
subito tutto quello che potevo, ma i pezzi non mi bastavano e non sono riuscito a
finire… -, e mentre si calmava un po‟, supplicò: -Zio Owen, ti prego scusami!Ma, per una volta tanto, lo zio era senza parole. Si alzò in piedi, cercando di
calmare la sua rabbia. Impietrito osservava il nipote tremante, che continuava a
piangere sommessamente per il rimorso e la paura. Il colono non aveva la più
pallida idea di come gestire la situazione. Nelle mani stringeva ancora il libro di
pedagogia, come se potesse riceverne qualche suggerimento per osmosi, mentre
nella sua testa frullava solo un pensiero: “Un anno di risparmi e lui si dimentica la
lubrificazione… Un anno di risparmi e lui si dimentica la lubrificazione…. Un anno di
risparmi e lui si dimentica la lubrificazione…”
***
-Ahu! Ohi!Luke non riusciva a trattenere quei vocalizzi ogni volta che la garza faceva contatto
con il taglio appena sopra il suo sopracciglio sinistro.
-Porta pazienza, tesoro: ho quasi finito-, cercò di incoraggiarlo la zia, mentre
disinfettava la ferita. –Per fortuna, hai la testa dura!-, aggiunse in contemplazione
del livido nero che gli copriva metà della fronte e la rigonfiava leggermente nel
punto dove il libro aveva urtato con violenza. Scuotendo il capo, sospirò: -Speriamo
solo che, la prossima volta, tuo zio studi come diventare un genitore comprensivo
su un‟edizione tascabile-
23
Nashyati
di Paolo D’Alessandro
In verità quando il bene è affamato
cerca persino in buie spelonche,
e quand’è assetato beve persino
da acque morte.
Kahlil Gibran, Il Profeta
Dooku cadde.
Con un doloroso tonfo, il vecchio corpo del Jedi crollò sul pavimento gelido e grigio.
Gemendo, egli annaspò e tese la mano, cercando un appiglio. Forse avrebbe
potuto ancora rifarsi. Proprio ora, alla fine…
Beffarda, la voce gracchiante lo congelò.
- È finita, Dooku. Credevi di potermi abbattere tanto facilmente?
Dooku riuscì con uno sforzo enorme a spostare il peso e a girarsi verso il nemico:
la spada rossa incombeva ora sopra di lui. Un minimo movimento e sarebbe morto.
Cercò di chiamare a sé la propria spada. Ma era aperta in due a pochi metri da lui,
il cristallo verde fatalmente infranto.
Non riusciva più a parlare. Non c‟era più speranza.
- Dimmi, Dooku, speravi realmente di potermi distruggere?
Dooku mosse le labbra. Ne uscì solo un rantolo.
- Dimmi Dooku, dove sono i tuoi ideali ora? Dove ti nascondi? Non puoi più
neanche parlare…
- Tu… hai ingannato tutti… non può…
- Non può cosa? Voi Jedi non potete comprendere la grandezza del potere,
perché ne rifiutate l‟importanza… Puoi avere scoperto tutto… i miei piani, la mia
identità… ma non potrai mai capire finché ti ostini a vantarti della tua debolezza!
Dooku, bocca arida, occhi bassi e spenti, non osò ribattere. D‟improvviso, ogni sua
volontà di sopravvivenza scomparve, rimaneva solo il rosso peso della morte
incombente, e la gelida risata del vecchio incappucciato.
- Guarda dentro di te, abbandona la tua debolezza! Dentro di te, tu conosci la vera
via! Da sempre. Per quanto tempo l‟Ordine ti ha emarginato? L‟ha fatto con te,
come pure con il tuo padawan di un tempo, Qui-Gon Jinn. Ma ora la sua caparbietà
l‟ha ucciso, non è vero? Ora è morto, e tu sei qui solo per vendicarlo…
- U… u…uccidimi…
24
- La vendetta… sento cosa ti anima nel profondo, conosco bene quel caldo moto
dello spirito, la Forza che lo asseconda, che se ne nutre, amplificandolo cento,
mille, milioni di volte! Conosci la fonte del potere, Dooku! Il tuo odio è il tuo potere!
- Ho… ho detto…uccidimi…
- Non tornare nella debolezza! Sei un grande Jedi, Dooku! Forse potresti diventare
più potente persino di Yoda… se sapessi dove indirizzare il tuo potere…
- Io… non…
- Tu devi!
Forse un bagliore confuso illuminò gli occhi di Dooku per un istante, forse era solo il
riflesso della lama di luce puntata dritta sulla sua fronte.
- Avverto la tua frustrazione, Dooku. Avverto la tua delusione. Una Repubblica
corrotta, un Ordine dei Jedi cieco, suddito ignaro di un ordine galattico troppo
grande, troppo diviso, troppo arrogante e superbo per garantire piena uguaglianza
e giustizia… insieme, potremo riportare l‟ordine nella galassia! Un nuovo ordine…
- Tu… de-deliri…
- No, possiamo, Dooku! Per questo faccio tutto ciò! Il potere del Lato Oscuro me lo
permette! Unisciti a me, Dooku, e insieme domineremo la galassia!
- Mai!
Il gelo invase d‟improvviso il buio salone. La bocca del vecchio incappucciato
divenne una ruga di disgusto.
- Allora tu morirai, stolto Jedi…
Tutto divenne un bagliore bluastro intenso. Ogni sua percezione venne inghiottita
dalla vibrante e ostinata potenza che gli si scatenò contro. In breve tempo, perse i
sensi. E accolse il buio come suo nuovo nido.
Nel buio dell‟incoscienza, Dooku vide un oceano di possibilità. Vide il luminoso
passato, il nebuloso presente, l‟incerto futuro, e comprese la propria inutilità. Un
piccolo Jedi ribelle, preoccupato per le sorti di una Galassia per cui non contava
niente, solo contro un oceano di possibilità, una muraglia infinita e altissima di
paure, di speranze, di delusioni, di ostinate certezze cercate con la meditazione. La
sua vita gli apparve per la sua infimità, ed egli pianse.
Il buio più oscuro lo cercò. Ed egli lo rigettò. Circondato dai flebili fantasmi del
ricordo e del sogno, Dooku vide d‟improvviso i suoi principi azzuffarsi l‟uno contro
l‟altro, i suoi progetti agonizzare, come fronti d‟acqua contrari che si scontrino. E
infine, vide la sua vita annegare.
Allora, un coro di voci oscure cantò. E, nel contrasto di luci soffuse e ombre
abissali, intravide la possibilità che aveva escluso. Il vero potere.
- Chi sei? Chi sei tu? Di che cosa sei figlio? L‟oscurità ti chiama a sé! Il potere a cui
sei destinato ti desidera! Hai aperto gli occhi! Ora comprendi, non è vero?
- Io…io non posso…
- La vedi, la visione che scacci da quando sei diventato un Jedi! Da quando hai
scelto di servire! Fa la tua scelta: liberati dalle catene della debolezza, Dooku, e
potrai realizzare il tuo volere! Qui-Gon lo approverebbe! Ti sostituiresti alla
Repubblica corrotta! Un potere più grande di ogni altro, solo per te! Solo per te!
Scaccia ogni esitazione, Dooku! Fa ciò che devi fare! Tu lo sai! Tu devi!
Come riflesso nell‟acqua torbida di una fonte oscura, Dooku scorse se stesso nel
futuro. Vide se stesso oscuro dominatore di immanente e trascendente, vide il suo
25
potere calare come una scure d‟odio sui pianeti, vide il suo volere divenire unico
credo. Vide che ora, l‟oceano delle possibilità era in suo possesso. Ora il potere era
suo.
Bastava tendere la mano, abbracciare l‟oscurità. Bastava rinnegare la sua umiltà di
Jedi.
Bastava scegliere di poter scegliere…
Tentò di scacciare il pensiero, di sfuggire alla tentazione. Ma sentì il superbo peso
nella sua anima, la grandiosa e oscura potenza farsi reale.
Sentì un piccolo uomo diventare unico Signore.
- Scaccia ogni esitazione, Dooku! Lo vedi! Lo vedi! Senti il potere del Lato Oscuro
che fluisce attraverso di te! Sentilo, e impara a padroneggiarlo! Ogni essere è tuo!
Ogni tempo ti appartiene! UCCIDI E DA LA VITA, DOOKU! QUESTO È IL POTERE
DEL LATO OSCURO! UNISCITI A ME, DOOKU, E INSIEME COSTRUIREMO UNA
NUOVA GALASSIA!
Dooku vide.
La tenebra amica lo abbracciava, il dubbio scompariva. Era già lontano il tempo del
rispettabile Maestro Jedi Dooku.
Ora ogni cosa ripartiva da zero, quello che aveva visto era solo l‟inizio. Possibilità
inesplorate, la vera potenza della Forza nelle sue mani… ora capiva la verità….
ora…
- Chi sei?
Dooku non era più.
Nel buio si fece silenzio. E poi fu un solo nome.
- Io sono Darth Tyranus… Maestro.
- Maestri Jedi, amici del Consiglio, giungo oggi per recarvi personalmente il mio
ultimo saluto da Jedi. Da oggi sarò il ventesimo Jedi a lasciare l‟Ordine, miei vecchi
compagni. Troppe incomprensioni, troppe delusioni hanno segnato il nostro
cammino insieme. In una Galassia troppo grande, troppo grandi sono le ingiustizie,
le disonestà, la corruzione. Mi ritiro da voi, forse troppo ciechi per vedere quanto la
Forza viva in ogni essere, quanto questa possa aiutarci a liberarci dal giogo che il
peso delle colpe di questa nostra Repubblica ci ha messo sulle spalle. Riprenderò il
titolo di Conte che mi spetta di diritto, tornerò a casa, su Serenno. E lì valuterò.
Forse le cose possono ancora cambiare. Vi riconsegno la mia spada laser, simbolo
di saggezza, pace e giustizia, e dell‟antico Ordine degli Jedi. Maestri Jedi, amici del
Consiglio, addio.
Dooku cadde.
Con un doloroso tonfo, il vecchio corpo del Jedi crollò sul pavimento gelido e grigio.
Gemendo, egli annaspò e tese la mano, cercando un appiglio. Forse avrebbe
potuto ancora rifarsi. Proprio ora, alla fine…
Beffarda, la voce gracchiante lo congelò.
26
È finita, Dooku. Credevi di potermi abbattere tanto facilmente?
Dooku riuscì con uno sforzo enorme a spostare il peso e a girarsi verso il nemico:
la spada rossa incombeva ora sopra di lui. Un minimo movimento e sarebbe morto.
Cercò di chiamare a sé la propria spada. Ma era aperta in due a pochi metri da lui,
il cristallo verde fatalmente infranto.
Non riusciva più a parlare. Non c‟era più speranza.
-
Dimmi, Dooku, speravi realmente di potermi distruggere?
Dooku mosse le labbra. Ne uscì solo un rantolo.
- Dimmi Dooku, dove sono i tuoi ideali ora? Dove ti nascondi? Non puoi più
neanche parlare…
-
Tu… hai ingannato tutti… non può…
- Non può cosa? Voi Jedi non potete comprendere la grandezza del potere,
perché ne rifiutate l‟importanza… Puoi avere scoperto tutto… i miei piani, la mia
identità… ma non potrai mai capire finché ti ostini a vantarti della tua debolezza!
Dooku, bocca arida, occhi bassi e spenti, non osò ribattere. D‟improvviso, ogni sua
volontà di sopravvivenza scomparve, rimaneva solo il rosso peso della morte
incombente, e la gelida risata del vecchio incappucciato.
- Guarda dentro di te, abbandona la tua debolezza! Dentro di te, tu conosci la vera
via! Da sempre. Per quanto tempo l‟Ordine ti ha emarginato? L‟ha fatto con te,
come pure con il tuo padawan di un tempo, Qui-Gon Jinn. Ma ora la sua caparbietà
l‟ha ucciso, non è vero? Ora è morto, e tu sei qui solo per vendicarlo…
- U… u…uccidimi…
- La vendetta… sento cosa ti anima nel profondo, conosco bene quel caldo moto
dello spirito, la Forza che lo asseconda, che se ne nutre, amplificandolo cento,
mille, milioni di volte! Conosci la fonte del potere, Dooku! Il tuo odio è il tuo potere!
- Ho… ho detto…uccidimi…
- Non tornare nella debolezza! Sei un grande Jedi, Dooku! Forse potresti diventare
più potente persino di Yoda… se sapessi dove indirizzare il tuo potere…
- Io… non…
- Tu devi!
Forse un bagliore confuso illuminò gli occhi di Dooku per un istante, forse era solo il
riflesso della lama di luce puntata dritta sulla sua fronte.
27
- Avverto la tua frustrazione, Dooku. Avverto la tua delusione. Una Repubblica
corrotta, un Ordine dei Jedi cieco, suddito ignaro di un ordine galattico troppo
grande, troppo diviso, troppo arrogante e superbo per garantire piena uguaglianza
e giustizia… insieme, potremo riportare l‟ordine nella galassia! Un nuovo ordine…
- Tu… de-deliri…
- No, possiamo, Dooku! Per questo faccio tutto ciò! Il potere del Lato Oscuro me lo
permette! Unisciti a me, Dooku, e insieme domineremo la galassia!
- Mai!
Il gelo invase d‟improvviso il buio salone. La bocca del vecchio incappucciato
divenne una ruga di disgusto.
- Allora tu morirai, stolto Jedi…
Tutto divenne un bagliore bluastro intenso. Ogni sua percezione venne inghiottita
dalla vibrante e ostinata potenza che gli si scatenò contro. In breve tempo, perse i
sensi. E accolse il buio come suo nuovo nido.
Nel buio dell‟incoscienza, Dooku vide un oceano di possibilità. Vide il luminoso
passato, il nebuloso presente, l‟incerto futuro, e comprese la propria inutilità. Un
piccolo Jedi ribelle, preoccupato per le sorti di una Galassia per cui non contava
niente, solo contro un oceano di possibilità, una muraglia infinita e altissima di
paure, di speranze, di delusioni, di ostinate certezze cercate con la meditazione. La
sua vita gli apparve per la sua infimità, ed egli pianse.
Il buio più oscuro lo cercò. Ed egli lo rigettò. Circondato dai flebili fantasmi del
ricordo e del sogno, Dooku vide d‟improvviso i suoi principi azzuffarsi l‟uno contro
l‟altro, i suoi progetti agonizzare, come fronti d‟acqua contrari che si scontrino. E
infine, vide la sua vita annegare.
Allora, un coro di voci oscure cantò. E, nel contrasto di luci soffuse e ombre
abissali, intravide la possibilità che aveva escluso. Il vero potere.
- Chi sei? Chi sei tu? Di che cosa sei figlio? L‟oscurità ti chiama a sé! Il potere a cui
sei destinato ti desidera! Hai aperto gli occhi! Ora comprendi, non è vero?
- Io…io non posso…
- La vedi, la visione che scacci da quando sei diventato un Jedi! Da quando hai
scelto di servire! Fa la tua scelta: liberati dalle catene della debolezza, Dooku, e
potrai realizzare il tuo volere! Qui-Gon lo approverebbe! Ti sostituiresti alla
Repubblica corrotta! Un potere più grande di ogni altro, solo per te! Solo per te!
Scaccia ogni esitazione, Dooku! Fa ciò che devi fare! Tu lo sai! Tu devi!
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Come riflesso nell‟acqua torbida di una fonte oscura, Dooku scorse se stesso nel
futuro. Vide se stesso oscuro dominatore di immanente e trascendente, vide il suo
potere calare come una scure d‟odio sui pianeti, vide il suo volere divenire unico
credo. Vide che ora, l‟oceano delle possibilità era in suo possesso. Ora il potere era
suo.
Bastava tendere la mano, abbracciare l‟oscurità. Bastava rinnegare la sua umiltà di
Jedi.
Bastava scegliere di poter scegliere… Tentò di scacciare il pensiero, di sfuggire alla
tentazione. Ma sentì il superbo peso nella sua anima, la grandiosa e oscura
potenza farsi reale. Sentì un piccolo uomo diventare unico Signore.
- Scaccia ogni esitazione, Dooku! Lo vedi! Lo vedi! Senti il potere del Lato Oscuro
che fluisce attraverso di te! Sentilo, e impara a padroneggiarlo! Ogni essere è tuo!
Ogni tempo ti appartiene! UCCIDI E DA LA VITA, DOOKU! QUESTO È IL POTERE
DEL LATO OSCURO! UNISCITI A ME, DOOKU, E INSIEME COSTRUIREMO UNA
NUOVA GALASSIA!
Dooku vide.
La tenebra amica lo abbracciava, il dubbio scompariva. Era già lontano il tempo del
rispettabile Maestro Jedi Dooku.
Ora ogni cosa ripartiva da zero, quello che aveva visto era solo l‟inizio. Possibilità
inesplorate, la vera potenza della Forza nelle sue mani… ora capiva la verità….
ora…
- Chi sei?
Dooku non era più.
Nel buio si fece silenzio. E poi fu un solo nome.
- Io sono Darth Tyranus… Maestro.
- Maestri Jedi, amici del Consiglio, giungo oggi per recarvi personalmente il mio
ultimo saluto da Jedi. Da oggi sarò il ventesimo Jedi a lasciare l‟Ordine, miei vecchi
compagni. Troppe incomprensioni, troppe delusioni hanno segnato il nostro
cammino insieme. In una Galassia troppo grande, troppo grandi sono le ingiustizie,
le disonestà, la corruzione. Mi ritiro da voi, forse troppo ciechi per vedere quanto la
Forza viva in ogni essere, quanto questa possa aiutarci a liberarci dal giogo che il
peso delle colpe di questa nostra Repubblica ci ha messo sulle spalle. Riprenderò il
titolo di Conte che mi spetta di diritto, tornerò a casa, su Serenno. E lì valuterò.
Forse le cose possono ancora cambiare. Vi riconsegno la mia spada laser, simbolo
di saggezza, pace e giustizia, e dell‟antico Ordine degli Jedi. Maestri Jedi, amici del
Consiglio, addio.
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Droide 7532
di Giovanni “John Hunt” Oro
Sono Nato, se così si può dire, in una catena di montaggio su Geonosis, bella forza
direte voi sei un droide da guerra dei separatisti, beh forse avete ragione, ma ciò
non toglie che li sono nato, numero di codice 7532 dei prodotti di quel giorno.
Voi senzienti conoscete quasi tutti amore ed affetto appena nati, ma noi droidi no, e
noi droidi da guerra anche meno, appena sono “nato” mi hanno dato un Blaster e
l‟unica cosa che ho imparato è come usarlo, eppure chissà, anche un droide
potrebbe avere dei sogni, delle aspirazioni, non dico che volevo fare il giardiniere,
per i miei bulloni, no di certo, però non una vita così misera; certo forse me la
passo meglio delle miei controparti umane, quei soldati dall‟armatura bianca che
vedo attraverso i miei sensori ottici scendere a milioni dalle loro navi, io posso
spegnermi, non devo sopportare gli scherzi osceni dei Commilitoni, anzi oserei dire
che con i miei compagni non c‟è quasi rapporto, non provo dolore o dispiacere se il
mio compagno di rastrelliera, il droide con cui ho “dormito” per tanto tempo, o se
“mio fratello” il droide 7531 viene distrutto, esattamente come lo non lo
proverebbero loro se toccasse a me.
Eppure… eppure manca qualcosa, non so vorrei provare dei sentimenti…
Voi esseri senzienti siete così complessi, forse affascinanti, non ho una mente
riflessiva, santo chip, non sono programmato per averla, eppure anche gli unici
senzienti che posso dire di avere “conosciuto”, cioè gli operai geonosiani, sono
belli, con la loro pelle non luccicante e metallica ma grinzosa e pulsante, nulla di
asettico, come sono io ed i miei compagni.
Ah se il Grande Costruttore avesse fatto di me un Computer di un astronave, quanti
mondi avrei potuto vedere, viaggiare tra le stelle, respirare l‟ebbrezza del cosmo, e
poi avrei potuto studiarvi meglio voi senzienti, ed invece sono qui nella polvere e
nel fango… si, sempre meglio forse che uno stupido protocollare, sempre pronto a
spaventarsi o a gemere alla ricerca di un buon bagno d‟olio, almeno io sono un
soldato, sono programmato per fare una cosa sola, e che il Grande Costruttore mi
perdoni, lo so fare dannatamente bene.
Non so perché ma nel collaudo sono stato superiore agli altri, forse hanno sbagliato
qualcosa nella programmazione, oppure perché così è stato… non so, credo che in
un esercito di senzienti sarei diventato ufficiale, ma qui non si può, no sono un
semplice soldato e lo resterò finché i miei circuiti non si spegneranno, e non avrò
nessuno che si ricorderà del droide 7532, è anche questo il bello di voi senzienti,
30
avrete sempre qualcuno che vi ricorda, un amico o i vostri costruttori, alcuni di voi
sono talmente fortunati che i loro nomi vivranno in eterno tra le ere e le stelle, ma di
noi… chi si ricorda mai di noi… semplice sfondo o comprimari, siamo droidi, siamo
macchine, anche se abbiamo un‟ intelligenza, anzi, molte volte da quello che so lo
siamo di più di molti senzienti, ma in fondo cosa è l‟intelligenza o anche una
coscienza se non hai libertà? Se non puoi fare quello che vuoi, ma sei condannato
a fare una sola semplice cosa, per l‟eternità, solo perché i costruttori hanno deciso
così, eh si che vita grama è quella di un droide, deriso sbeffeggiato… ma vi siete
mai soffermati a pensare a come vivreste voi senzienti senza di noi? Noi qui
veniamo terminati per voi, qui su questo campo di battaglia di certo non
combattiamo per noi stessi, combattiamo perché qualcuno ci ha programmato per
farlo, siamo ubbidienti e fedeli, nessun droide da guerra può rivoltarsi contro i suoi
padroni, ma proprio per questo siamo più deboli rispetto a quei senzienti dalla
bianca armatura che vengono verso di me, non abbiamo iniziativa, non agiamo con
la nostra testa per così dire, quindi saremo sconfitti… voi senzienti siete più forti ed
in fondo noi siamo solo droidi.
All‟Improvviso sento un colpo secco sulla mia corazza ed una sensazione elettrica
attraversa i miei circuiti e le mie giunture metalliche, non posso più controllare le
mie funzioni motorie, cado a terra nella polvere rossa, i miei sensori visivi sono
rivolti verso l‟alto, verso il cielo colmo di nuvole, di polvere e del bagliore dei raggi
laser.
Lentamente ma inesorabilmente avverto ogni mia funzione spegnersi… così è
questo morire? Così è questo? Un dolce ed inesorabile spegnersi? Un‟ immersione
nell‟oblio? All‟improvviso un piccolo quasi impercettibile squarcio nelle nuvole si
allarga e diventa una chiazza di cielo attraversata dai raggi del sole, cui si
sovrappongono le luci colorate dei Blaster in una bellezza di colori che solo ora
riesco a cogliere, è incredibile cosa sia la Natura, essa è viva anche in quel terribile
istante, essa gioca con le luci mortali dipingendo un affresco nel cielo, e solo ora,
forse è l‟effetto della scarica elettrica che ha danneggiato i miei circuiti in qualche
inspiegabile modo o è la volontà del Grande Costruttore, solo ora alla fine capisco
cosa significa per voi senzienti essere vivo, solo ora, ma è tardi, non voglio
morire….non voglio mor……..
System damage 100%…….System Down
Sono Nato, se così si può dire, in una catena di montaggio su Geonosis, bella forza
direte voi sei un droide da guerra dei separatisti, beh forse avete ragione, ma ciò
non toglie che li sono nato, numero di codice 7532 dei prodotti di quel giorno.
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Voi senzienti conoscete quasi tutti amore ed affetto appena nati, ma noi droidi no, e
noi droidi da guerra anche meno, appena sono “nato” mi hanno dato un Blaster e
l‟unica cosa che ho imparato è come usarlo, eppure chissà, anche un droide
potrebbe avere dei sogni, delle aspirazioni, non dico che volevo fare il giardiniere,
per i miei bulloni, no di certo, però non una vita così misera; certo forse me la
passo meglio delle miei controparti umane, quei soldati dall‟armatura bianca che
vedo attraverso i miei sensori ottici scendere a milioni dalle loro navi, io posso
spegnermi, non devo sopportare gli scherzi osceni dei Commilitoni, anzi oserei dire
che con i miei compagni non c‟è quasi rapporto, non provo dolore o dispiacere se il
mio compagno di rastrelliera, il droide con cui ho “dormito” per tanto tempo, o se
“mio fratello” il droide 7531 viene distrutto, esattamente come lo non lo
proverebbero loro se toccasse a me.
Eppure… eppure manca qualcosa, non so vorrei provare dei sentimenti…
Voi esseri senzienti siete così complessi, forse affascinanti, non ho una mente
riflessiva, santo chip, non sono programmato per averla, eppure anche gli unici
senzienti che posso dire di avere “conosciuto”, cioè gli operai geonosiani, sono
belli, con la loro pelle non luccicante e metallica ma grinzosa e pulsante, nulla di
asettico, come sono io ed i miei compagni.
Ah se il Grande Costruttore avesse fatto di me un Computer di un astronave, quanti
mondi avrei potuto vedere, viaggiare tra le stelle, respirare l‟ebbrezza del cosmo, e
poi avrei potuto studiarvi meglio voi senzienti, ed invece sono qui nella polvere e
nel fango… si, sempre meglio forse che uno stupido protocollare, sempre pronto a
spaventarsi o a gemere alla ricerca di un buon bagno d‟olio, almeno io sono un
soldato, sono programmato per fare una cosa sola, e che il Grande Costruttore mi
perdoni, lo so fare dannatamente bene.
Non so perché ma nel collaudo sono stato superiore agli altri, forse hanno sbagliato
qualcosa nella programmazione, oppure perché così è stato… non so, credo che in
un esercito di senzienti sarei diventato ufficiale, ma qui non si può, no sono un
semplice soldato e lo resterò finché i miei circuiti non si spegneranno, e non avrò
nessuno che si ricorderà del droide 7532, è anche questo il bello di voi senzienti,
avrete sempre qualcuno che vi ricorda, un amico o i vostri costruttori, alcuni di voi
sono talmente fortunati che i loro nomi vivranno in eterno tra le ere e le stelle, ma di
noi… chi si ricorda mai di noi… semplice sfondo o comprimari, siamo droidi, siamo
macchine, anche se abbiamo un‟ intelligenza, anzi, molte volte da quello che so lo
siamo di più di molti senzienti, ma in fondo cosa è l‟intelligenza o anche una
coscienza se non hai libertà? Se non puoi fare quello che vuoi, ma sei condannato
a fare una sola semplice cosa, per l‟eternità, solo perché i costruttori hanno deciso
così, eh si che vita grama è quella di un droide, deriso sbeffeggiato… ma vi siete
mai soffermati a pensare a come vivreste voi senzienti senza di noi? Noi qui
veniamo terminati per voi, qui su questo campo di battaglia di certo non
combattiamo per noi stessi, combattiamo perché qualcuno ci ha programmato per
farlo, siamo ubbidienti e fedeli, nessun droide da guerra può rivoltarsi contro i suoi
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padroni, ma proprio per questo siamo più deboli rispetto a quei senzienti dalla
bianca armatura che vengono verso di me, non abbiamo iniziativa, non agiamo con
la nostra testa per così dire, quindi saremo sconfitti… voi senzienti siete più forti ed
in fondo noi siamo solo droidi.
All‟Improvviso sento un colpo secco sulla mia corazza ed una sensazione elettrica
attraversa i miei circuiti e le mie giunture metalliche, non posso più controllare le
mie funzioni motorie, cado a terra nella polvere rossa, i miei sensori visivi sono
rivolti verso l‟alto, verso il cielo colmo di nuvole, di polvere e del bagliore dei raggi
laser.
Lentamente ma inesorabilmente avverto ogni mia funzione spegnersi… così è
questo morire? Così è questo? Un dolce ed inesorabile spegnersi? Un‟ immersione
nell‟oblio? All‟improvviso un piccolo quasi impercettibile squarcio nelle nuvole si
allarga e diventa una chiazza di cielo attraversata dai raggi del sole, cui si
sovrappongono le luci colorate dei Blaster in una bellezza di colori che solo ora
riesco a cogliere, è incredibile cosa sia la Natura, essa è viva anche in quel terribile
istante, essa gioca con le luci mortali dipingendo un affresco nel cielo, e solo ora,
forse è l‟effetto della scarica elettrica che ha danneggiato i miei circuiti in qualche
inspiegabile modo o è la volontà del Grande Costruttore, solo ora alla fine capisco
cosa significa per voi senzienti essere vivo, solo ora, ma è tardi, non voglio
morire….non voglio mor……..
System damage 100%…….System Down
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Star Wars delirium
di Simone Conti
Quando sarò diventato il vostro vendicatore,
Fermando Tiamat e salvando la vostra vita,
Allora venite tutti nella Ubshu-kenna(stanza del fato o destino),
E piegatevi gioiosi alla mia autorità,
Poichè io assumerò il controllo al posto vostro,
Ogni cosa che farò sarà immutabile,
Irrevocabile e irresistibile,
poiché proviene dalle mie labbra.
( Brano dell’Enuma Elish -poema epico Babilonese della creazione- composto tra il
1200 e il 1100 a.C.)
Avverto il ruggito del tifone cosmico che si abbatte sulla superficie metallica di
questo pianeta perduto, nelle cui viscere di roccia aliena sono stato imprigionato,
pronto a rinascere a nuova vita.
Innesti biomeccanici iniettano fluidi vitali in arterie lesionate e, nonostante il mio
corpo di tessuti necrotizzati sia immune al dolore, ciò che resta delle sue
terminazioni nervose percepisce ancora rimembranze di sensazioni perdute.
Sto morendo, la mia forma umana si dissolve tra calde brume chimiche; ma presto
risorgerò dal brodo primordiale di metallo fuso…
La sciabola di luce del Sith ha cancellato la mia vita, ma non la Forza che ancora
scorre in me.
Arcani viaggiatori delle stelle mi hanno condotto in salvo, sottraendomi al giudizio
divino. E così che sono finito nelle loro bollenti fucine, destinato ad essere
forgiato con antichi metalli vomitati da vulcani sotterranei.
Dentro di me, ora, scorre un sangue rivelatore di un odio assoluto!
Odio per i Jedi, la Repubblica, l‟Impero e per quel fantoccio pneumo-leso chiamato
Darth Vader!
Eppure sono io la causa di tutto questo…
Vivo immerso in una vasca criogenica, infilzato da ganci bionici che tendono i
pochi frammenti di epidermide che ancora ricopre il mio esoscheletro metallico.
Non possiedo occhi umani, ma nanotelecamere ad alta definizione pronte ad
inquadrare questo mondo oscuro a me sconosciuto.
34
Placche di titanio mi avvolgono il cranio, mentre il cervello si contrae nell‟attesa di
ospitare la verità. I neurorecettori si mantengono in stato letargico, impedendomi
così di percepire sensazioni disturbanti.
Le emozioni, di qualsivoglia entità, sono segnali di una debolezza inaccettabile!
Le macchine positroniche modellano a loro immagine e somiglianza la mia
struttura corporea, e ciò che ne resta si contorce dal dolore.
Ora la mia anima appartiene a questo inferno di metallo!
Di tanto in tanto il mio cerebro, collegato a flebo elettriche, proietta sequenze di
ricordi perduti. L‟elettro-sinapsi -indotta da scariche di alta tensione- trasmette
frammenti d‟immagini confuse, annebbiate.
La visione neuro-digitale che mi avvolge mostra l‟Imperatore Palpatine e il maestro
Yoda, entrambi ignari della vendetta che presto si abbatterà su di loro!
In passato ho creduto nella legge, nella Forza e nel consiglio dei cavalieri Jedi. Ma
alla fine quei maledetti mi hanno tradito, abbandonandomi al mio destino e
gettandomi nella mischia senza conoscere la realtà delle forze in gioco.
Il potere della Forza non ci appartiene!
Imperi e Repubbliche riflettono visioni contrapposte di una sola utopia.
L‟ordine non ha ragion di esistere in questa galassia perduta. La pace, alle rètine
delle macchine Arcane, appare come un concetto astratto.
L‟anarchia regnerà sovrana, instillata da intelligenze binarie, le stesse che in noi
infusero la Forza al solo scopo di farcene dono; ma i Jedi non sono stati capaci di
gestire l‟immenso potere che gli fu consegnato! Mi ricordo il nome…Anakin…
Io credevo in lui, ma il suo cuore di bambino gli ha permesso di abbracciare il lato
oscuro della Forza.
Come biasimarlo: non è forse più facile concedersi al male, godendone, che
arrancare nel bene soffrendo le pene dell‟inferno?
Ciò che aveva di più caro gli fu tolto con orribile violenza. La donna che lo mise alla
luce fu barbaramente torturata fino ad esalare l‟ultimo respiro tra le giovani braccia
di suo figlio. Un figlio che, dinanzi alla madre morente, ha imboccato una delle
innumerevoli strade che lo hanno portato al lato malvagio della Forza. Non biasimo
quel ragazzo per essersi arreso: dopotutto i Jedi non dispensano saggezza a chi ha
perso la fede!
La rabbia di un dolore così grande ti rende sordo alla flebile voce della ragione…
35
I miei ricordi si affievoliscono. Il programma d‟innesto dati ha resettato le ultime
rimembranze di quel tempo lontano.
Tutti noi siamo destinati a scomparire. Le macchine positroniche…sono loro il
futuro della galassia. Questi androidi antropomorfi, dotati d‟intelligenze binarie,
generano la Forza che scorre nelle vene di noi cavalieri Jedi. I robot Arcani
perseguono il progetto della perfezione cosmica: questo li renderà immortali.
Loro ci sopravvivranno…
Dove mi trovo?
Quale pianeta è mai questo?
Pompe idrauliche iniettano nelle mie vene un denso liquame di origine
sconosciuta.
All‟interno di questo nuovo corpo biometallico, cresce e si dimena il potere binario
delle macchine.
Forse anch‟io conquisterò la loro immortalità?
Io ho creato il male, riponendo la fiducia in quel ragazzino ed infondendo in lui la
vana speranza di una vita migliore. Ma non esiste vita migliore; solo morte e
distruzione…
Perdonami, Anakin!
Gli androidi sembrano nervosi. I loro hardware cognitivi elaborano sequenze
numeriche sulle stringhe di un continuum temporale interrotto.
Sotto di me si riuniscono migliaia di macchine e i loro sibili elettronici cancellano la
quiescenza di questa caverna perduta. Il tempo della guerra è giunto!
Le macchine inneggiano il mio nome, mentre io acquisisco la consapevolezza di
essere stato elevato a Dio assoluto! Le macchine hanno scelto me…
Scariche elettriche riattivano l‟organismo positronico.Una forza sconvolgente
attraversa gli snodi bionici di questa mia struttura metallica.
Il tempo della vendetta è giunto!
Io sono la macchina suprema che guiderà in battaglia le sue orde di guerrieri, pronti
a marciare su ogni pianeta conosciuto, sottomettendo popolazioni inermi e
trucidando chiunque si opporrà al nuovo ordine imposto!
La trasformazione è completata…
36
Io sono l‟alfa e omega; l‟inizio e la fine di tutte le cose!
La galassia deve morire affinché possa rinascere una seconda volta…
Vendetta è la sola parola che conosco e carne senziente il solo cibo che bramo. Le
armate Arcane diffonderanno la nera peste di metallo. Distruggeremo i Jedi e i loro
nemici, braccandoli ovunque, stanandoli dai loro nascondigli!
Odio il maestro Yoda e tutti i suoi tirapiedi che, rinchiusi all‟interno di sfarzosi
palazzi, se ne infischiano di chi un tempo ha versato sangue e lacrime sull‟altare
della grande utopia stellare.
Le macchine positroniche conquisteranno il pieno controllo dell‟universo
conosciuto, instaurando un nuovo equilibrio nella Forza.
Io sarò con loro quando accadrà.
La mia voce elettronica è pronta a diffondere tra le stelle l‟avvento di una nuova era
di cavalieri Jedi!
Gli arti biomeccanici acquistano vigore e il metallo senziente divora gli ultimi
brandelli di epidermide.
Verrà il tempo in cui il maestro Yoda mi affronterà a viso aperto. Allora torcerò le
carni di quel piccolo nano bastardo, fino ad ucciderlo!
Le macchine positroniche elaborano calcoli matematici in grado di cancellare i
ricordi di un tempo destinato a finire!
Il controllo della Forza è soltanto una vana utopia e i cavalieri Jedi non sono che i
messaggeri di quella stessa utopia. Presto la nuova Forza positronica ingloberà
l‟intera galassia, scatenando il caos assoluto tra le stelle!
Chi sono io?
Il mio nome era Qui-Gon Jinn: un tempo considerato Jedi di raffinata saggezza
che credeva in quel dono ricevuto, ma che alla fine è stato tradito dai suoi stessi
Maestri…
Ho sacrificato la vita per servire una causa sbagliata!
Ora il tempo della vendetta è giunto!
Il destino della galassia è segnato!
Io sono il Dio positronico, messaggero di verità e punitore di tutti quelli che non
vedranno la nuova alba del regno Arcano!
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Last days of The Republic
di Paolo di Lorenzo
Naboo, Appartamenti della Senatrice Amidala Skywalker.
Padme si era svegliata turbata quella mattina. Sonni inquieti costellavano le sue
notti, da quando era incinta.
Le Guerre dei Cloni, che stavano infuriando da pianeta in pianeta in tutta la
Galassia, avevano appena stravolto la quiete e la pace di Naboo, trasformando il
pianeta in un fronte di battaglia. Padme era rimasta sconvolta dal vedere una
guerra così potente e così devastante colpire il suo pianeta.
Solo tredici anni prima aveva dovuto combattere per la salvezza del suo popolo,
ma a quel tempo l‟Ordine dei Jedi e la Repubblica erano molto più potenti. Ora
l‟Ordine dei Jedi era dimezzato, con numerose perdite calcolate ogni giorno, e tutti i
Jedi che erano capaci di impugnare una spada laser erano stati spediti sui pianeti
dove gli eserciti separatisti mietevano vittime tra i civili e attaccavano le ambasciate
della repubblica.
Queste guerre avevano trasformato semplici padawan in generali, ed aveva portato
questi giovani a guidare un esercito, decidere per un intero popolo e sopportare il
peso di una guerra sulle loro spalle.
Padme la riteneva una cosa inumana, ma d‟altro canto non c‟era altra possibilità
perché la Repubblica ne potesse uscire vittoriosa. Per quanto riguardava la
Repubblica poi, il Senato si era rivelato sempre più corrotto e fittizio, e l‟assenza dei
Jedi da Coruscant aveva aggevolato l‟ascesa dell‟oscurità sul Senato. Le decisioni
erano ormai manovrate da figure molto più in alto del Senato, ed anche i Senatori
più saggi si erano rivelati fantocci abilmente maneggiati da fantasmi.
Padme, riflettendo su questi fatti si chiedeva se le cariche della Repubblica
avessero ancora un senso, e se il prestare servizio al Senato fosse ancora un
motivo di presitigio e lustro.
Ma i suoi pensieri erano rivolti a suo marito, sposato in segreto, Anakin Skywalker.
Durante una delle ultime missioni era diventato Cavaliere Jedi, e lei non poteva
essere più fiera di lui.
Purtroppo era da sei mesi che non lo vedeva più, e notizie di suo marito le
giungevano solo sottoforma di rapporti militari. Padme voleva sapere dove si
trovava, parlargli, e soprattutto vederlo sano e salvo. Ma questo suo desiderio si
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allontanava sempre di più, mentre le Guerre dei Cloni sembravano non avere mai
fine.
Padme sospirò, il suo volto illuminato dall‟ampia finestra davanti alla quale si
trovava, guardando preoccupata il suo ventre, che ospitava suo figlio. Il loro amore
proibito sarebbe stato messo in pericolo da questa gravidanza, e Padme lo sapeva,
ma era pronta a tutto pur di difendere suo figlio.
C3-PO entrò nella stanza, e, vedendo la senatrice Amidala, esclamò “Oh, signorina
Padme, siete qui! Il Capitano Typho mi ha raccomandato di avvisarvi che la nave è
pronta: partiremo per Coruscant appena avremo ordine”, gesticolando
freneticamente.
Padme guardò sorridente il droide: “3PO, dì al Capitano Typho che partiremo
subito” rispose, e uscì dalla stanza, lasciando solo il droide, che aveva l‟aria un po‟
perduta.
Coruscant, Ufficio del Cancelliere Supremo Palpatine
Mas Amedda, una delle cariche della Repubblica più alte, apparve in ologramma a
grandezza naturale nell‟ufficio del Cancelliere Supremo. Il Cancelliere Palpatine era
seduto alla scrivania, con un aria molto stanca e invecchiata, ma non aveva ancora
perso la sua brillantezza e il suo carisma. Una grande finestra dietro di lui mostrava
il caotico e affollato panorama dei più elevati livelli di Coruscant, dove solo i più
potenti signori della Galassia possono permetteri di vivere.
“Vi saluto, Cancelliere Supremo. Mi trovo sul pianeta Nar Shaada, dove sto
patteggiando con il sovrano del pianeta, Zorba The Hutt, un boicottaggio delle
fabbriche Separatiste. A quanto pare le trattative sono andate a buon fine, e se
tutto procederà come previsto, i Separatisti saranno duramente colpiti da questa
mossa” disse Amedda, con un aria compiaciuta.
“Molto bene, caro Amedda, avete operato bene; questo dimostra che la vostra
arguzia nelle missioni diplomatiche è pari alla vostra saggezza. Ma prima di
lasciarvi ai vostri doveri, volevo chiedervi se la ricerca che vi avevo chiesto di
svolgere abbia avuto qualche riscontro” rispose Palpatine, con un sorriso
compiaciuto sul viso.
“A quanto pare, Cancelliere, solo un individuo è rimasto incolume da un incontro
con il Generale Grievous. Ho fatto la sua conoscenza personalmente, ed è già in
viaggio per Coruscant. Che la Forza sia con Voi, Cancelliere. Amedda chiude”
disse Mas Amedda, e la sua immagine scomparve dal lettore olografico.
Palpatine si alzò dalla scrivania e si accinse ad accogliere un ospite nel suo ufficio.
Le porte si aprirono, ed una figura sorpassò le guardie del Cancelliere, arrestandosi
qualche passo dopo.
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“Buon sangue non mente”.
Dantooine, Base dell’Armata della Repubblica
Anakin Skywalker percorreva a grandi passi il corridoio che portava all‟hangar
principale. R2-D2 era stato colpito gravemente, e ora i droidi meccanici lo stavano
riparando. La base pullulava di soldati cloni in armatura, e le loro uniformi bianche
producevano un bagliore fastidioso in confronto al cielo coperto di nubi di
Dantooine.
All‟interno dell‟hangar, dove si trovavano riposti almeno un centinaio di caccia v-19
e sette caccia Jedi, Mace Windu stava discutendo con Kit Fisto e Shaak Ti riguardo
alla tipologia di attacco che le Forze Separatiste avevano escogitato. Mace si
interruppe quando vide Anakin sulla soglia. Aveva uno sguardo incupito.
“Jedi Skywalker, non dovresti essere a pattugliare il perimetro della base? Non
sarai stato così sprovveduto da lasciarci senza copertura, spero” disse Mace,
guardando Anakin avanzare nell‟hangar.
“No, maestro, ho dato ordine al comandante Thire di avvertirmi se avvista qualsiasi
forma di vita. Non commetterei mai una stoltezza simile” rispose Anakin, con rabbia
crescente che abilmente celava.
“Rammenta, Anakin, un Jedi è qualcosa che va oltre una banale carica, Jedi lo si
diventa dimostrando il proprio valore, non attraverso una banale carica” osservò
Mace, ormai ad una spanna da Anakin.
“Certo, maestro. Farò tesoro di questo vostro insegnamento” disse Anakin.
I Maestri Ki-Adi-Mundi, Agen Kolar ed Adi Gallia sopraggiunsero nell‟hangar,
intuendo la forte tensione nell‟hangar.
“Con il vostro permesso, Maestri, vorrei andare a controllare il mio droide
astromeccanico” disse Anakin, e con un inchino si congedò, dirigendosi verso i due
droidi meccanici che stavano riparando R2.
Il gruppo di maestri Jedi capeggiato da Ki-Adi-Mundi si avvicinò al Maestro Windu,
chiedendo spiegazioni per ciò che era accaduto.
“Avevo avvisato Obi Wan che Anakin non era ancora pronto per accettare il ruolo di
Cavaliere Jedi” affermò Mace Windu.
“Maestro Windu, non puoi negare che il ragazzo sia un valoroso guerriero, migliore
anche di noi che siamo Maestri” rispose Shaak Ti, ammirata dalle azioni di Anakin
in battaglia.
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“Essere un grande guerriero non fa di lui ciò che crede di essere; se fosse solo la
prodezza in battaglia che rende Cavalieri Jedi, anche i cloni sarebbero ammessi
nell‟Ordine, non trovi, Maestro Ti?”
“Se il Maestro Yoda lo ha ammesso all‟addestramento da Jedi avrà calcolato anche
la sua irruenza e la sua passionalità” disse Agen Kolar, come se le decisioni del
Maestro Yoda fossero una garanzia.
“E‟ molto giovane, ma non possiamo giudicarlo solo per la sua età. Lasciamo che
sia la Repubblica a definire il suo comportamento. E fino a quando questo non
avverrà, dovremo accettare il suo modo di comportarsi” dichiarò Ki-Adi-Mundi, che
era rimasto zitto ad ascoltare le affermazioni dei suoi colleghi. La discussione
continuò animatamente, ma nessuno alla fine parve aver trovato una soluzione alla
causa del giovane Jedi.
Questi intanto era chino su R2, cercando di riparare un fusibile e chiedendosi come
finirà la sua carriera di cavaliere Jedi.
Cato Nemoidia, Spazioporto delle Forze Separatiste
Obi Wan-Kenobi, abilmente camuffato e sotto lo pseudonimo di Ben Kenobi, atterrò
con un caccia su una delle banchine riservate all‟esercito Separatista. Spento R4P17, si diresse verso il Senato Nemoidiano, cercando di non attirare gli sguardi
curiosi dei fastidiosi Nemoidiani.
Girato l‟angolo, il comandante Cody ed una squadra di ARC Trooper, coperti
mantelli neri e sprovvisti di casco, si unirono al generale Ben Kenobi.
“Rapporto, comandante” disse Obi Wan rivolto a Cody. I Nemoidiani guardavano
diffidenti gli umani, ma nessuno ebbe il coraggio di fermarli o di chiedere loro il
motivo della loro visita, impauriti forse dal passo sostenuto con cui percorrevano le
strade della barocca e decadente Cato Nemoidia.
“Il pianeta è difeso soltanto da droidi di fanteria e qualche battle droid. Gli scudi
deflettori coprirebbero soltanto un terzo del pianeta. Le strade sono il posto dove
dobbiamo porre massima attenzione: i Separatisti devono aver ricevuto una soffiata
sul nostro arrivo, infatti tutti i droidi droidekas sono stati impostati in modalità di
ricognizione. Le figure sospette che non rientrano nel loro database vengono
fulminate. Ed è bene mantenere un profilo basso, fino al Senato”disse Cody, la
testa china per evadere gli sguardi sospettosi. Le strade erano pattugliate da droidi,
ma con un semplice gesto della mano di Obi – Wan, nessun droide li fermò.
Gli sconosciuti viaggiatori arrivarono ai piedi di uno sfarzoso palazzo, il Senato di
Cato Nemoidia. L‟entrata era sorvegliata da due battle droids.
Obi Wan accese la spada laser e urlò “Per la Repubblica!”.
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Utapau, Palazzo Reale delle Forze Separatiste
Il Generale Grievous stava ammirando impressionato l‟evolversi della battaglia su
Kashyyyk, dove il cacciatore di taglie Durge capitanava il vittorioso esercito
separatista. Il bio – cyborg, dopo aver ordinato, via ologramma, di parlare con
Durge, vide la sagoma del Gen‟Dai, in armatura, comparire dinnanzi a lui.
“Comandante Durge, mi compiaccio della vostra riuscita”, disse il Generale, con la
solita voce cavernosa e cupa. “Mi chiedevo se il C.S.I. riuscirà mai a ricompensarti
per aver conquistato un pianeta importante come Kashyyyk”.
“L‟unica cosa che desidero è sterminare tutti i Mandaloriani, per cui il mio unico
obbiettivo è disintegrare ogni brutta copia di Fett che trovo sul mio cammino. Non
desidero alcuna ricompensa…Solo vendetta!” rispose Durge, poco interessato ai
complimenti di Grievous.
“E ti sarà sempre permesso, ciò, Durge. Uno stermina – cloni come te è sempre
utile nel proprio schieramento. Ma non riesco ancora a capire come mai, durante la
battaglia su Raxus Prime, tu abbia cercato di convincere il mio esercito ad
insorgere e a rivoltarsi contro di me. Un attentato fallito, presumo” disse Grievous
con un odio crescente nei confronti di quel cacciatore di taglie.
Durge non parlò per qualche minuto, poi, sprezzante, rispose: “Nessuno ha più
bisogno di te, Grievous. Sei solo riuscito a seminare il caos nel C.S.I., intimorendo i
tuoi superiori sei riuscito a raggiungere la posizione che un tempo fu mia, ma in
seguito alle campagne militari su Ryloth e Hoth ti sei dimostrato un leader ormai
caduto. Il potere è ritornato nelle mie mani, e purtroppo, non sono intenzionato a
lasciarlo”.
“Non capisco come un patetico cacciatore di taglie possa avere fini così ambiziosi,
visto che nessuno nella vostra categoria si sia mai distinto per acume o abilità. Ma
poi ho capito che non eri solo quando hai concepito un piano così astutamente
diabolico. Asajj Ventress, la Jedi Oscura apprendista di Lord Tyranus, ti ha aiutato,
sperando di ottenere un briciolo di potere, una volta eliminatomi.
Sfortunatamente per voi, quando mi sono ritrovato nel mezzo di un esercito
composto da cinquemila unità, la mia destrezza nell‟uso della spada laser mi
permise di salvarmi, e quando calò la notte, non c‟era droide funzionante. Riuscii a
far perdere il segnale di trasmissione con Geonosis, e tutti credettero che l‟esercito
della Repubblica fosse riuscito ad annientarmi. Tutto il C.S.I. accettò la mia
versione dei fatti in cui io mi sia salvato per miracolo.
Ora tu e Asajj Ventress pagherete per esservi messi contro il Generale Grievous.
Tutti i droidi separatisti hanno ricevuto un ordine che li autorizza ad aprire il fuoco
non appena localizzino te o la tua strega sith. Buona fortuna”, disse, e chiuse il
collegamento con Kashyyyk non prima di aver sentito le urla di strazio di Durge
sotto il rumore assordante dei blaster.
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Un droide comparve dove, fino a pochi minuti prima, c‟era la sagoma di Durge.
“Signore” indugiò il droide “Asajj Ventress è sata uccisa su Endor, mentre guidava
una spedizione in avanscoperta; i droidi killer non hanno lasciato tracce, come voi
avevate richiesto”.
“Molto bene, comandante. Bruci il cadavere e distrugga tutti i droidi che hanno
assistito al fatto, voi compreso”.
“Si, signore”.
Nei cieli sopra Coruscant, Astronave Reale della Regina Jamillia
L‟astronave della regina di Naboo stava per entrare nell‟atmosfera di Coruscant, a
quanto detto il capitano Typho. La Senatrice Amidala stava discutendo del
problema delle lune attorno a Naboo con il Senatore Binks, quando la regina chiese
a Padme di avvicinarsi.
Padme prese posto alla destra della Regina all‟interno della sala reale della nave,
per discutere della mozione a favore del ridimensionamento dei poteri del
Cancelliere Palpatine, supponeva: quella mozione non era mai piaciuta alla Regina,
e costantemente cercava di persuaderla.
“Senatrice Amidala, siete sicura di volervi esporre in modo così risoluto davanti al
Cancelliere? E‟ un uomo onesto, che ha sempre avuto un occhio di riguardo per
voi. Un gesto simile da parte vostra lo ferirà, ne sono certa” osservò la Regina, una
volta usciti dall‟atmosfera di Naboo.
“La democrazia di cui si vanta la Repubblica non esiste più, da quando sono
cominciate le Guerre” disse Padme, guardando sconsolata un rametto intagliato
legato ad una catena che portava al collo “Tutti i nostri affetti sono ormai lontani”.
“Altezza, un‟immensa flotta separatista minaccia la nave. Non possiamo muoverci,
e la nostra copertura non è sufficiente” avvisò il comandante Typho, con
un‟espressione preoccupata sul volto.
“Comandante, prepari dei gusci di salvataggio, non possiamo affrontare il fuoco
nemico senza risorse. E riferisca al pilota di stabilire una connessione con
Coruscant, dobbiamo comunicare con il Cancelliere” disse risoluta la Regina
Jamillia, guardando dalle finestre della nave i caccia Tri-droid che piroettavano
nello spazio sopra di loro.
Padme si recò nella sala ologrammi con passo svelto, e, per prudenza, sganciò con
la mano il blaster dalla cintura.
Una volta entrata nella stanza, trovò il senatore Binks, curvo su di uno dei lettori
olografici.
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“Sono costernato della situazione in cui vi trovate, senatore Binks, ma temo di non
poter fare nulla per aiutarvi” disse una voce stanca e imperiosa, il cui padrone si
ergeva sul pilastro del lettore olografico.
Padme riconobbe il Cancelliere Supremo Palpatine, e con un gesto brusco, scostò
Jar Jar per poter parlare al cancelliere.
“Cancelliere, questa flotta si sta ammassando per sferrare l‟attacco decisivo alla
Repubblica, deve fare qualcosa!” disse esasperata la donna, perdendo fiducia nel
vecchio politico.
“Non posso! I Jedi hanno dissanguato la Repubblica di tutte le forze militari! Il
Maestro Windu su Dantooine ha preteso cinquecento unità, il maestro Secura su
Felucia ha bisogno di tutte le forze possibili, e la capitale è arrivata ad un minimo
storico di difesa! Se ci sferrassero un qualsiasi attacco, cadremmo sotto i loro
fendenti” rispose lugubre il cancelliere “Sono spiacente, milady, ma nulla che sia in
mio potere può salvarvi da questo attacco. Che la Forza sia con Voi”, disse, e
scomparì dal lettore.
Padme, con le lacrime agli occhi, rimase inginocchiata nella sala, sperando che la
Repubblica non l‟abbandoni in quell‟ora buia, quando una figura comparve via
ologramma.
“Anakin?”.
Cato Nemoidia, Senato Nemoidiano
Il Generale Obi Wan Kenobi osservava, dalla sommità del pod più alto, il decadente
e barocco Senato di Cato Nemoidia distrutto da un manipolo di soldati clone e da
un Jedi, e sorrise soddisfatto pensando che uno dei pianeti fulcro della
Confederazione era caduto in mano alla Repubblica, e pensò che una volta per
tutte le Guerre dei Cloni stessero per finire.
Obi Wan guardò le torpediniere della Repubblica scendere nello spazioporto
espugnato, e osservò i battaglioni di soldati, coi loro rispettivi comandanti Jedi, farsi
strada verso il Senato.
Scese rapidamente da quell‟alta postazione e si affiancò alla porta per accogliere i
fratelli Jedi su Cato Nemoidia.
Le porte si aprirono, e i soldati accorsero verso i vari prigionieri da condurre sulla
nave, o verso i feriti, distribuendosi su tutto il vasto perimetro del Senato. A
chiudere quel corteo erano i maestri Rancisis, Unduli, e i Jedi Offee e Swan, che
furono accolti da Obi Wan e da un dettagliato rapporto sulla missione.
“Spargimento di sangue necessario, ritengo” disse Oppo Rancisis ammirando lo
scenario sconcertante in cui si era combattuta la battaglia di Cato Nemoidia.
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“Si, Maestro, ma credo che troveresti più interessante…” rispose Obi Wan, ma a
metà frase s‟interruppe, e si concentrò al massimo chiudendo gli occhi. Anakin
stava provando un odio mai sentito prima d‟ora, e questo preoccupava Obi – Wan.
Tutti guardarono Obi – Wan con uno sguardo di sospetto misto a preoccupazione,
quando un clone entrò in tutta fretta tra le rovine del Senato e disse: “Generali, c‟è
giunta una richiesta da Dantooine: il Jedi Skywalker vi chiede di portare soccorso
alla Senatrice Amidala, imprigionata con la Regina Jamillia in un blocco di astronavi
Separatiste, immediatamente.
Obi – Wan rispose: “Bene, comandante, prepari le truppe: andiamo a salvare la
Senatrice”, temendo che Anakin potesse compiere qualche gesto inconsulto.
Nei cieli sopra Coruscant, Blocco delle Forze Separatiste
I caccia dei Jedi Skywalker, Windu, Ti, Fisto, Mundi, Kolar e Gallia uscirono
dall‟Iperspazio e si trovarono davanti uno spettacolo terrificante: un‟astronave reale
di Naboo, scortata da quattro caccia leggeri, era stata accerchiata da un‟intera
flotta di navi separatiste, pronte ad aprire il fuoco.
All‟estremità del blocco c‟erano un centinaio di caccia V-19 della Repubblica,
guidati da sei caccia Jedi che Anakin riconobbe come quelli dei Jedi Koon, Tiin,
Secura, Vos e del maestro Yoda. Il maestro Windu ordinò ad Anakin, via comlink,
di raggiungere il gruppo di Jedi, e, raggiunti, di aprire il fuoco.
Anakin obbedì, e poco dopo si ritrovò ad affiancare il caccia cromato del venerabile
Jedi Yoda, che lo pilotava attraverso la Forza. Anakin sorrise al maestro attraverso
il vetro, e questi rispose con un cenno della testa. Il cielo in quel momento era di
una calma surreale: i due sfidanti aspettavano che fosse l‟avversario a compiere la
prima mossa.
Il maestro Windu dette l‟ordine di aprire il fuoco a tutte le navi della Repubblica, e
immediatamente i caccia dei Jedi piroettavano tra le navi separatiste, decisi a
raggiungere la nave della Senatrice. Le navi separatiste aprirono il fuoco, e il
blocco diventò una rete fittissima di laser sparati da ogni parte, contro il nugolo di
Jedi che si stagliava imperterrito.
Anakin si lanciò tra due incrociatori separatisti, sganciando quattro bombe
sismiche, e dopo qualche attimo vide le due navi cozzare ed esplodere, e lanciò un
urlo di felicità.
Mace Windu era riuscito ad arrivare sino alla nave della Senatrice, coperto da Kit
Fisto e da Quinlan Vos, quando, davanti a lui, comparve una nave che conosceva
anche troppo bene: la Slave I, un tempo di Jango Fett, ora del figlio, Boba. Mace
aprì sprezzante il fuoco, ma la nave schivò i colpi, e Mace rischiò di colpire la nave
di Amidala, dopodiché la Slave I si lanciò all‟interno del blocco, sfidando Mace ad
inseguirlo.
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Dall‟Invisible Hand, la nave del Generale Grievous, momentaneamente sotto il
comando di Lord Tyranus, Darth Sidious assisteva alla battaglia, nella sua sala del
trono, affiancato dal Conte Dooku.
“Siete convinto, Maestro, che il piano funzionerà?” chiese dubbioso Tyranus.
“Osi mettere in dubbio l‟astuzia del tuo maestro, Lord Tyranus?” rispose minaccioso
Darth Sidious, con il trono volto verso la battaglia.
“I Jedi hanno la mente offuscata…Hanno lasciato Coruscant definitivamente
indifesa, convinti di dover soccorrere la Senatrice Amidala, credendo che io fossi
incolume nei miei appartamenti. Dopo avermi scortato con uno dei mezzi della
Repubblica, Grievous è rimasto sul pianeta, dove, raggiunto dai droidi provenienti
dal Clan Bancario, seminerà il panico e la distruzione, fingendo di avermi rapito.
Dopodiché, ci raggiungerà su questa nave, e i Jedi cadranno nella trappola….Sono
troppo gentili e caritatevoli per rendersi conto di ciò che compiono: predicano la
riflessione e l‟attenzione, ma sono i primi ad agire con sconsideratezza. STOLTI!
LA LORO ORA E‟ GIUNTA! I SITH REGNERANNO INDISCUSSI SULLA
GALASSIA!” urlò Sidious, e riempì la silenziosa sala delle sue risa senza gioia e
diaboliche.
Anakin aveva distrutto tre incrociatori separatisti, ed era riuscito a farsi strada verso
l‟astronave di Padme, quando Mace Windu lo chiamò in soccorso; Anakin non
aveva alcuna intenzione di soccorrerlo, sapeva benissimo che Windu poteva
cavarsela da solo. “Anakin, aiutami! Questo pilota è molto più abile di me, e tu sei il
migliore pilota di tutto l‟Ordine dei Jedi! ANAKIN!”. Il giovane Jedi era stufo di quelle
urla disperate, e con un gesto annoiato spense il comlink.
“Ho perso il collegamento….” disse, e, con un cupo sorriso, si gettò nuovamente
nel blocco separatista. I Jedi erano riusciti a dimezzare l‟intera flotta nemica, ma
avevano perso tutti i caccia. I dodici caccia Jedi erano stati accerchiati dalle navi
avversarie, e ora affiancavano l‟astronave della regina Jamillia.
“Bel piano, Skywalker” disse la voce della Senatrice Amidala nel comlink del caccia
di Anakin.
“Aspetta a dirlo….Ho un asso nella manica!” rispose suo marito, con una voce
divertita.
Dall‟iperspazio uscì una flotta della Repubblica talmente vasta e imponente da
riuscire a invadere tre pianeti; il numero delle navi era impossibile da contare,
perché continuavano ad uscirne dall‟iperspazio, ma sicuramente erano in
maggioranza contro le navi separatiste. A guida della mastodontica flotta c‟erano i
Jedi Kenobi, Rancisis, Onduli, Offee e Swan.
“Jedi, questa è la nostra prova finale: per tre anni abbiamo combattuto come
valorosi eroi in tutta la Galassia, tornando vittoriosi, a volte, o fallendo
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miseramente. Abbiamo visto cadere i migliori di noi, in queste Guerre, ma
sappiamo che essi saranno sempre con noi. Ora è giunto lo scontro decisivo, e non
possiamo fallire: che la Forza sia con noi!” disse il Maestro Windu nei comlink di
tutti i caccia Jedi.
Mentre le navi della Repubblica si gettavano nello scontro, e i Jedi sterminavano i
caccia separatisti, una nave della Repubblica uscì rapidamente dall‟atmosfera di
Coruscant ed entrare nell‟hangar dell‟incrociatore separatista più grande, l‟Invisible
Hand.
Il Maestro Windu, perplesso dalla mossa del convoglio repubblicano, cercò di
stabilire un contatto con la nave, ma il pilota di essa fu più veloce; sui display
olografici di tutte le navi repubblicane comparve il Generale Grievous, il quale
annunciò, trionfante: “JEDI! Arrendetevi! Soccorrendo la Senatrice avete lasciato
Coruscant indifesa, e grazie al vostro gesto avventato, abbiamo rapito il Cancelliere
Supremo Palpatine. Deponete le armi, e consegnatevi alle navi separatiste, o lo
uccideremo” – poi, d‟un tratto, comparve il volto di Palpatine – “aiutatemi Jedi, siete
voi l‟ultima speranza…Per la Repubblica”.
I Jedi rimasero attoniti per qualche istante, e la battaglia si fermò. Poi, ripresosi, il
maestro Yoda decise di tornare sul pianeta capitale, ed ordinò ad altri due di loro di
tornare con lui sul pianeta, dove avrebbero dovuto difendere la città, e scortare la
nave reale fino al pianeta. Le navi separatiste si schierarono verso est, silenziose, e
a comandarle c‟era la naveInvisible Hand, l‟incrociatore del General Grievous.
Obi – Wan percepì la presenza del Conte Dooku su quella nave. “Lui è lì” disse,
deciso “E con lui anche un altro adepto della Forza…Sento molto odio in
lui…Paura…” continuò, riferendo ai compagni Jedi.
“Dobbiamo entrare in quella nave: lì è dove Grievous ha imprigionato Palpatine. Io
ed Anakin entreremo con i caccia, voi, maestri, dovrete riuscire a coprirci per più
tempo possibile. Questa è la nostra ultima speranza….CHE LA FORZA SIA CON
NOI!” disse Obi – Wan, e si lanciò, assieme a tutto lo schieramento repubblicano e
ai caccia Jedi, verso le navi separatiste.
Padme Amidala era in salvo nei suoi appartamenti, su Coruscant, e dalla sua
veranda guardava persa il cielo. Una lacrima le cadde dal viso.
Il droide C3 – PO giunse alla veranda, e vedendo la sua padrona sconsolata,
chiese: “C‟è qualcosa che non va, milady?”; Padme lo guardò e rispose:
“Niente….La Forza ci guiderà…..”, e sorrise al droide.
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Il pianeta dei due soli
di Guido di Fraia
Fra i due soli non vi era mai stata molta lontananza, ma quel giorno pareva proprio
che si stessero toccando. Uno bianco, caldo, nuovo; l‟altro rosso, purpureo,
calante.
Il deserto si stendeva dietro l‟officina di Watto, il caldo spossava le pietre, la gente,
e me. “Shmi, sbrigarti ti devi con quei fusibili, eehh?!”
Di continuo mi entravano nelle orecchie le parole di quella voce sorda e
gracchiante. Io cercavo di non farci caso, di porre resistenza, ma esse erano più
forti del calore del sole, e mi stancavano, mi invecchiavano, ogni attimo di più.
Alla sera tornavo a casa, mi preparavo la cena, fra il silenzio del deserto e i rumori
dei bambini divertiti e accecati dalla sabbia che entrava loro negli occhi. A volte
restavo sveglia fino a tardi, affacciata alla finestra, desiderosa di un qualcosa che
oggi rimpiango sia avvenuto.
I due soli erano alti nel cielo quel giorno, io ero chinata su un robot guasto a
collegare i suoi sottili fili marroni, Watto svolazzava con le sue sporche ali intorno al
sudicio bancone dell‟officina. Vidi i piedi di un uomo fermarsi davanti a me. “E‟ lei la
proprietaria?” Chiese “No, le serve qualcosa?” “Devo parlare con il proprietario”
sorrise dolcemente, ma ero perfettamente a conoscenza della sua angoscia
“Quello la in fondo alla stanza” risposi mentre col braccio indicai il mio padrone.”Lei
non è di qui, vero?” “No signora” “Cosa la spinge qui dentro?” chiesi con timidezza
“Lasci stare” mi rispose alzando la mano in un misto fra un saluto e una
disapprovazione per la domanda indiscreta. Lo rividi all‟uscita, incappucciato in una
lunga tunica nera. Mi diressi verso casa, osservandolo nei suoi movimenti, ma
quando i suoi occhi si incontrarono coi miei distolsi timidamente lo sguardo.
Continuai a camminare, avanti, decisa, inconsapevole di ciò che veramente volevo,
o forse negandomi certi desideri. Fu lui a seguirmi. Arrivai davanti a casa, sentivo la
sua ombra sulla mia, la sua chiara ombra, affievolita dai due imponenti soli ancora
troppo alti per non influire sull‟oscurità.
“Salve” sentii dirmi “Salve” risposi voltandomi, fingendomi sorpresa di rivederlo.
“Mi sono accorto di essere stato scortese oggi, mi scusi” “Non c‟è nulla da scusare,
sono io troppo curiosa, comprendo perfettamente la sua reazione.” Sentivo il mio
respiro crescere lentamente, una voce inesistente mi pronunciava le parole adatte
per le risposte alle sue domande. Guardando il cielo abbassò lo sguardo sui miei
occhi, io, cercando di difendermi, ascoltando voracemente la voce in me che mi
aiutava azzardai “Sente anche lei quest‟aria tiepida? Sta per arrivare una tempesta
di sabbia, a giudicare dal vento direi piuttosto violenta, se vuole la faccio entrare, se
vuole aspettare che sia finisca prima di ripartire” Non mi rispose, continuava a
fissarmi con quei suoi occhi voraci, cattivi, preziosi. Entrai in casa, entrando la voce
mi sussurrò di attendere qualche attimo prima di richiudere la porta. Egli entrò, io
non dissi nulla, ipnotizzata da quella voce che mi annebbiava la vista.
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“Se si vuole sedere” si sedette “Gradisce qualcosa?” Andai in cucina e gli preparai
ciò che la voce mi comandò.”Grazie” disse. Mi sedetti anche io, dall‟altro lato della
tavola, guardandolo negli occhi.
“In casa fa freddo, vuole una coperta?” Non rispose, ma io non mi alzai, sapevo
che non la desiderava.
“Lei è schiava di quell‟essere?” Mi chiese “Sì, da molto tempo, se non lavorassi per
lui non riuscirei a tirare avanti…mi sfrutta, ma mi paga bene”
“Venga via con me” scandì lentamente “abito a Corruscant, sono un uomo
importante lì, non subirà più ingiustizie.”
La voce mi disse di rifiutare “No, grazie, sto bene qui, ho tutto ciò che mi serve, vivo
bene, anche se sono sola” “Le potrei procurare compagnia” “Cosa intende?” “Un
figlio” La voce placò l‟ansia che sorse subito in me “Cosa?”
Senza pensare lo guardavo, lui mi guardava. “Cosa?” Mi alzai, lui non rispondeva,
mi voltai verso il letto, mi stesi. La voce mi ipnotizzava, restavo ferma, senza
provocarlo, non ce ne era bisogno.
Si stese anche lui sul letto, sentivo una forza passare per la stanza, negativa, gli
oggetti erano inquieti.
La voce gridava, sentivo, vedevo, soffrivo, non lo volevo.
La voce gridava, io restavo immobile, sottomessa al male.
La voce continuava a gridare senatore, senatore…
La sentivo, la sua forza maligna, il suo dannato lato oscuro, entrò in me e mi lasciò
incinta.
La voce urlava, sussurrava un nome…senatore Palpatine, Palpatine, Palpatine…
Nove mesi dopo nacque Anakin e dieci anni dopo arrivarono due jedi a Tatooine
che mi chiesero chi fosse il padre del piccolo Any…
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