I drammi della speleologia!

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I drammi della speleologia!
I DRAMMI DELLA SPELEOLOGIA!
DI GIANLUCA PADOVAN
I DRAMMI DELLA SPELEOLOGIA!
Amenità varie e perdite di tempo. Non leggete, se di cuore tenero, non divulgate,
perché non ne vale la pena.
Il tutto est vergato da me medesimo sottoscritto, di solito a seguito d’abbondanti
libagioni, strizzoni intestinali, impennate emorroidiche et tempeste gassose (quelle di
culo, beninteso).
Gianluca Padovan
Post Scriptum:
«… se tutti si scrivesse di merda, si avrebbe meno tempo per cagare in testa al
prossimo!»
Post Post Scriptum:
Nomi, Cognomi, Vezzeggiativi, fatti, luoghi et amenità varie, sono TUTTI,
assolutamente, di invenzione o d’onirica ispirazione. Desolatissimo qualora
qualcheduno ravvisi verosimiglianze con fatti realmente accaduti. Ce ne si scusa
anticipatamente con abbondante aspersione di carburo esausto sul capo. Se poi
qualcuno abbia a ché dire, si comporti in modo corretto e tutt’altro che rapace, o
stolto, favorendo (e non già impedendo) il lieto e versicolore sviluppo della
Speleologia. Quella con la Esse maiuScola. Così non si ravviserà alcunché!!!
INDICE
I. I DRAMMI DELLA SPELEOLOGIA
1. I drammi della speleologia: il botto bilaterale
2. I drammi della Speleologia: il sito funesto
3. I drammi della Speleologia: il dramma scampato con scoreggia ambidestra
4. I drammi della Speleologia: il flato dotto
5. I drammi della Speleologia: la merda pavida
6. I drammi della Speleologia: il botto da primato
7. I drammi della Speleologia: la scoreggia risolutiva
8. I drammi della Speleologia: la pacata arte del peto
9. I drammi della Speleologia: lezioni insidiose
10. I drammi della Speleologia: la cagata vendicativa
11. I drammi della Speleologia: merda si, ma scampata morte certa
12. I drammi della Speleologia: la scoreggia titanica
13. I drammi della Speleologia: moto d’orgoglio e flato vibrante
14. I drammi della Speleologia: il duro sapore della merda
15. I drammi della Speleologia: oltre il muro del suono
16. I drammi della Speleologia: il rutto mesto
17. I drammi della Speleologia: caccole al vento
18. I drammi della Speleologia: il peto stanco
19. I drammi della Speleologia: il casco sapido
20. I drammi della Speleologia: soffi di gloria
21. I drammi della Speleologia: l’incontinenza tenue
22. I drammi della Speleologia: skizzi e strizzoni turistici
23. I drammi della Speleologia: la sciolta da grotta
24. I drammi della Speleologia: peti a vuoto
25. I drammi della Speleologia: il peto solingo
26. I drammi della Speleologia: il rilascio stolto e rumoroso
27. I drammi della Speleologia: il petone dissenziente
28. I drammi della Speleologia: la carica di scoregge
29. I drammi della Speleologia: la lingua pendula
30. I drammi della Speleologia: l’indole ad angolo retto
31. I drammi della Speleologia: il fiato sospeso
32. I drammi della Speleologia: l’ora del peto
33. I drammi della Speleologia: il botto magico
34. I drammi della Speleologia: il rilascio da incontinenza
35. I drammi della Speleologia: Il flato tenue et viscerale
36. I drammi della Speleologia: Il peto pavido e infingardo
II. SATIRA & FANGO
37. I drammi della Speleologia: i peti commissariati
38. I drammi della Speleologia: il tafanario abbandonato
39. I drammi della Speleologia: riflettori sul micropeto
40. I drammi della Speleologia: le scoregge sbandieranti
41. I drammi della Speleologia: bon ton & scoreggion
42. I drammi della Speleologia: l’ottundimento verbale
43. I drammi della Speleologia: spazzatura e megapeti
III. FUORIPROGRAMMMMA!
44. I drammi della Speleologia: i peti trivellati
45. I drammi della Speleologia: il peto sociopoliticoculturale
46. I drammi della Speleologia: il peto in cattedra
47. I drammi della Speleologia: l’abbassamento dinamico della scoreggia
48. I drammi della Speleologia: la stoltaggine supponente
49. I drammi della Speleologia: prepuzi al vento
50. I drammi della Speleologia: il fischio del culo
51. I drammi della Speleologia: lo scatizzolamerda dabbene
52. I drammi della Speleologia: la scoperta duodenale
53. I drammi della Speleologia: il peto amichevole
IV. CLISTERI!
54. I drammi della Speleologia: il peto funambolico
55. I drammi della Speleologia: clisteri a raffica
56. I drammi della Speleologia: il peto trasmesso
57. I drammi della Speleologia: tripodi proni
58. I drammi della Speleologia: peti da clisteri
59. I drammi della Speleologia: il peto tenebroso
V. EREZIONI!
60. I drammi della Speleologia: il peto-pendulo
61. I drammi della Speleologia: il peto me medesimo
62. I drammi della Speleologia: ectoparassiti alla rincorsa
63. I drammi della Speleologia: i peti soggiogati
64. I drammi della Speleologia: peti allo sbaraglio
65. I drammi della Speleologia: gli argomentatori di nerchie altrui
66. I drammi della Speleologia: erezioni plaudite
VI. 2012: L’ANNO DELL’APOCABISSO!
67. I drammi della Speleologia: scoregge radioattive
68. I drammi della Speleologia: peti di gola
69. I drammi della Speleologia: chiavate anamorfiche
VII. SUPERCAZZI E MICROPETI
70. I drammi della Speleologia: corregge nel web
71. I drammi della Speleologia: superpeti e microcazzi
72. I drammi della Speleologia: linee di penZiero del peto sincero
73. I drammi della Speleologia: la ratificazione della scoreggia
74. I drammi della Speleologia: il peto che dileggia
PARTE PRIMA
I drammi della speleologia
Devoto lettore del Vernacoliere e fine estimatore dei frizzi e lazzi dell’esimio maestro
di satira Federico Sardelli, mi appresto a trarre ispirazione da quest’ultimo nel
maldestro tentativo d’emularlo nella sua mai abbastanza incensata serie catartica et
apologetica: «Alunno Paglianti: I Drammi della Scuola».
Consegno pertanto ai Posteri al fine di monito et insegnamento a piccini e vecchi
speleo: «I drammi della Speleologia!».
In questo anno decimo del secolo ventunesimo (così parrebbe), mi accingo all’opera
nel Segno del Falco.
1. I drammi della speleologia: il botto bilaterale
Prevedendo di stare in grotta 24 horette filate nel tentativo d’imboccare l’agognata
prosecuzione dell’antro comunemente noto, nel ristretto ambiente speleo, come
“bucodiculoinesorabile”, acquistate cibarie et libagioni pari a quelle che normalmente
se ne andrebbero per un pantagruelico cenone capodannesco, per tema di patire
seppur vaghi languori di stomaco.
Ma fin qui nulla di male, se non fosse che il maltempo vi blocca ai piedi del sentiero
praticamente ancora a bordo della vettura, inducendovi ad attendere lo spiovere
dando fondo al commestibile che per essere assunto necessita dell’accompagnamento
di una intera bottiglia di grappa al dimetilpropano.
Finalmente giunti all’agognata grotta pedemontana, ubriachi fradici, per dare prova di
saldezza ai tapinacci compagni di ventura vi esibite con eleganza in uno scorrutto, in
verità nel maldestro tentativo di liberarvi subitaneamente dai vapori che ottenebrano e
gonfiano.
In realtà la scoreggia prorompe in un incontrollato e incontrollabile magma merdaceo
devastando il sottobosco, mentre il rutto si rivela essere, in tutta la sua tragica realtà,
una apocalittica vomitata da 100 megatoni che riempie il già fetido antro.
2. I drammi della Speleologia: il sito funesto
Invece di prestare fede all’oroscopo stampato a caratteri gotici nella rivista di
quartiere decidete di santificare la domenica in grotta e non già dormendo come
suggeritovi.
Mediando la situazione scegliete una grotta poco impegnativa per vedere di allargare
con gli arditi compagni di ribotta una fessura che a vostro dire soffia aria e quindi
lascia aperta la possibilità di portare l’esplorazione dei miserabili 15 metri (lasciando
la bindella lasca) al tripudjo di un chilometro e passa con lago terminale delle
dimensioni di una piscina olimpionica.
Lo stinco di maiale con cipolle e senape gustati a colazione assieme a una pagnotta ai
15 cereali inzuppata nel latte tiepido, donano i loro effetti proprio nel mentre prendete
a picconate la fessura, che inaspettatamente dopo pochi colpi, assestati con inusitata
perizia, si allarga investendovi con un bel getto continuo di aria diaccia marmata a 2°
costanti sopra lo zero assoluto.
L'eccitazione e il gelo si combinano dando vita al composto sulfureo che alberga
nell'intestino crasso e all'ennesima picconata lo sforzo vi giunge fatale lasciando che
lo sfintére libero da controllo consenta all'onda di sessa di allagare all'istante
mutande, sottotuta, tuta e stivali spandendo all'intorno miasmi pari a quelli fuoriusciti
dalle fogne di Calcutta dopo l'alluvione.
I compagni, vuoi per sfuggire al sito funesto, vuoi per adémpiere al Dovere
Speleologico, approfittano della vostra corsa all'esterno intesa a levarvi la merda di
dosso, per trombarvi l’onore di varcare per primo la soglia dell'inesplorato ignoto e
ascrivendo così, seduta stante, i loro nomi e non già il vostro all'albo d'oro delle
scoperte ipogee.
3. I drammi della Speleologia: il dramma scampato con scoreggia ambidestra
L’estivo Campo Speleologico vi accoglie tra le sue braccia cariche degli scontatissimi
disagi, quest’anno vieppiù acüiti dalla totale mancanza d’acqua, fattore che -per altropasserà quasi totalmente inosservato data la vostra propensione agli alcolici e alla non
applicazione delle più elementari norme igieniche.
Ma già la prima sera una sorpresona vi attende accanto al fuoco da campo,
fumosissimo e allestito alla bellemeglio entro una dolina, sotto forma di piacevole
figliola in felpa e bermudoni militari perfettamente stirati e con la riga diritta, fatto
che da solo sarebbe bastante al mettervi sul chivalà!!?!
La trota, pardon, la fanciulla prende sussiegosamente parte alla chiassosa cena che,
essendo la prima e quindi l’inauguratrice del Campo, si trasforma rapidamente in una
pantagruelica ribotta che nei successivi giorni costringerà tutti gli speleo ad un
severissimo razionamento viveri e facendo assumere ai successivi deschi, bestemmie
a parte, un’aurea di francescano rigore.
Essendo il Maligno in perenne agguato, ecco che il vostro vacuo sguardo è catturato
dagli occhi di colei che vi fissano con marcato interesse. Si, voi, proprio voi,
ciambracone impenitente, tra tutti siete il prescelto e l’istinto di conservazione viene
subitaneamente tacitato dal bramito d’alce che sale dal vostro bassoventre.
È d’uopo testé chiarire che perniciosi e distorti giochi psicologici (?) hanno indotto
consapevolmente-inconsapevolmente la sirena ad approcciarsi alla Scienza
Speleologica in virtù dell’urgenza di trovare un compagno da condurre su di una retta
via, pari ad un alberato viale di cipressi d’antica memoria, utilizzabile a breve pure
come dispensatore di seme.
I giochi sono presto fatti tra i commenti salaci ancorché volgari degli astanti, i quali
vi fanno inconsciamente presagire di dovervi defilare quanto prima con la
benincontrata se la volete degnamente impalmare. Ma, e il benigno e tapinaccio “ma”
c’è sempre, venite proditoriamente anticipati dall’innesco di una coinvolgente e
sapiente diatriba sul sesso degli angeli speleologici alimentata da Wisky al benzene
della più squallida sottomarca. Poi la gara a chi scoreggia più forte completa e
conchiude il dramma (o la catarsi).
La luce del mattino vi scopre riverso nella vostra vuota tenda, vuota si della di lei
figura, ma piena d’odore di merda e di vomito.
Come giusto epilogo la femmina ha brancato un altro maschio, che ovviamente
saluterà il campo speleo come sua ultima impresa non solo da speleologo, ma pure da
uomo libero.
4. I drammi della Speleologia: il flato dotto
A completamento dei vostri studï humanistici scientemente v’adoprate per entrare a
far parte del locale Gruppo Speleologico dove vive, relitto d’altri tempi e in odierno
regime di democrazia (?), un sistema feudale da X secolo.
Da tapino portasacche vi cimentate nell’ascesa sociale con farisaico zelo,
accattivandovi la simpatia degli astanti in quanto sapete intonare la marsigliese col
culo e modulare a rutti il mamelico inno.
La superiorità intellettuale vi condurrà quindi a divenire il capo supremo e indiscusso
instaurando a vostra volta un modello di poleis greca, in chiave speleologica, retta da
perfetto tyrannus.
5. I drammi della Speleologia: la merda pavida
Trippone supponente quale siete, dopo esservi cimentato in ogni tipo di attività
ludico-sportiva, dalle arti marziali sino-vietnamite al domino, vi approcciate alla
Disciplina Speleologica.
L’arrogante baldanza delle prime uscite in grotta vi regala il livore persin dei più miti
e il trofeo Pezzodimerda del Corso Speleo XXIV. In parole povere state sui coglioni a
tutti e non v’è modo di farvi sparire.
Ma alla prima esplorazione il fato si palesa volendo l’intera squadra di punta
impegnata col vostro peso morto in una esplorazione durissima che vi ottenebra le già
scarse facoltà percettive.
La sconsideratezza dell’incedere vi accompagna all’esibizione di uno spettacolare
inciampo con tuffo olimpico in un motoso specchio d’acqua, in cui caga una colonia
di 24 milioni di pipistrelli.
L’evento è salutato da un corale «schiantamerdoso!» coreograficamente completato
d’apotropaici gesti; sortendo inspiegabilmente vivo guadagnate l’esterno in barella tra
insulti e sputi furtivi.
Affatto colti nell’orgoglio decidete d’aver provato anche questa orientandovi ad altro,
ma trascinandovi appresso un pernicioso strascico il quale dà luogo nelle anse
duodenali a un bel precipitato di merda che all’istante va a premere sullo sfintère
contratto anche alla sola vista d’una cantina buja.
6. I drammi della Speleologia: il botto da primato
La vostra amata fidanzata v’ha piantato con un magistrale calcio nel culo
andandosene col nuovo ganzo.
Lo struggente evento, nel quale vi ostinate a non voler cogliere l’incommensurabile
affetto del quale gli Dei v’omaggiano (tapinaccio ingrato!), vi riconduce all’attività
speleologica anzitempo disertata per volere della jena.
A festeggio della rentrée gli amici del vecchio -in ogni senso- Gruppo Speleologico
organizzano una monumentale cena sociale intitolandola “Il Ritorno del Becco” e per
il seguente giorno l’uscita in una delle più belle e poco impegnative grotte della
regione appellandola “Il Becco Colpisce Ancora”, senza minimamente supporre la
possanza profetica di tali parole.
All’alba delle 7.30, ovvero a ribotta testè consumata, lo speleoparco-ubriachi si
fionda alla vòlta della Grotta delle Meraviglie, ove giace un salone ricco di stalattiti,
stalagmiti, tripudi d’aragoniti e cristalli, che un bel pozzo da 50 metri di profondità
preserva dai soliti intrusi bastardi martellatori et asportatori di concrezioni.
Al centro del Salone dei Cristalli vi sbracate esausti a smaltire l’alcool attorniato dai
fedeli compagni che, avendo colto nei vostri lucciconi lo spettro della sbronza triste,
humanamente s’impegnano a lenirla con frasi del tipo: «c’hai avuto più culo che
anima …», «tenevi più corna d’un autoarticolato carico di alci…», «ripigliati e non
rompere i coglioni …», «beviti questa invece di berti il cervello …». Agguantate così
l’offerta Birratuttoschiuma e ne vuotate d’un fiato il contenuto. L’effetto non si fa
attendere e vi esibite in un titanico rutto cacofonico che, oltre a farvi cagare addosso
per effetto del contraccolpo, provoca l’immediata polverizzazione delle aragoniti e il
cedimento strutturale della volta.
Martedì sera, canonica riunione del Gruppo Speleo, il vostro ingresso è salutato a
calci nel culo e insulti dal Presidente, ma pure dagli sguardi deferentemente ammirati
dei restanti in virtù dell’epico e ineguagliabile rutto che oltre ad ottenere
internazionale notorietà in ambito speleo verrà ascritto al Guinnes dei Primati.
7. I drammi della Speleologia: la scoreggia risolutiva
Come da costume vi presentate alla speleologica assemblea annuale, pur sapendo di
gettare alle ortiche il vostro tempo, ma “vi tocca”.
L’accelerato corso di zen all’uopo seguito il mese precedente dà i suoi frutti e
mantenete una calma olimpica innanzi agli sproloqui del presidente (notare la pi
minuscola), palesando un bel sorriso ebete in risposta alla sua arrogante
maleducazione.
La concentrazione vi è però fatale e ignorate i ruggiti da Tigre del Bengala
provenienti dalle vostre anse coliche dove -oramai inevitabilmente- il lattementa della
colazione si è combinato con cipolle di Tropea e seppioline all’aglio della cena,
dando luogo alla formazione di metano e vapori arsenicali.
Da copione, il presidente prosegue nell’ottundere le vostre deboli menti con i soliti
grafici e le solite torte affettate e colorate gabellandole per serie ripartizioni del
capitale sociale. È questa la vera spoletta che v’innesca gl’incruditi gas venefici
facendoli proiettare all’esterno con botto da pneumatico di trattore e chiudendo
anzitempo l’ignobile farsa salutata dal fuggi fuggi generale.
8. I drammi della Speleologia: la pacata arte del peto
Se vi guardate allo specchio e mestamente non trovate alcunché d’interessante da
vedere, è forse per via del peso che vi trascinate appresso, ben sintetizzato nel
soprannome che vi hanno appioppato fin dal primo giorno in grotta: Uga.
Al secolo Ugolini Dante e da qui “Uga”, ma non per i detrattori che lo vogliono
mutüato da “Uganda” in virtù delle vostre fattezze da gorilla e supposto anello
mancante della catena di darwiniana ipotesi, nel tempo capite che -per la veritàscoraggiate persin le femmine più brutte e affamate. Siete inoltre inesauribile fonte di
gas che spandete a rotta di collo senza preoccuparvi di chi avete accanto.
Ma la ruota gira e la femmina che vi par quella giusta piomba nel Gruppo Speleo
come fulmine a ciel sereno: brutta come solo lei sa essere e sudicia come solo voi
sapete essere, dal momento che puzzate da far schifo a un bisonte anche dopo esservi
lavato (?).
Purtroppo, o per fortuna, lei che s’era momentaneamente di voi invaghita ripiega sul
vostro compare d’esplorazioni, elemento dai gangli cerebrali spianati dalle canne, a
causa dei vostri reiterati peti con frenata nelle mutande che le hanno reso l’uscita in
grotta un vero inferno dantesco.
Il tempo passa facendovi apprezzare quel che siete e guardandovi indietro vedete
l’antico compagno oramai lobotomizzato che alla festa di addio al celibato vi ha
venduto la sua attrezzatura speleo (poteva regalarvela, il taccagno).
La morale appresa è ch’è meglio esser solo quel che siete e con l’agio di dar vento al
culo quando volete, piuttosto d’esser ridotto a catoblepica materia da un tarpone in
gonnella che vi vieta non solo di pensare ma pur di scoreggiare.
9. I drammi della Speleologia: lezioni insidiose
La primavera è oramai alle porte e ancora vi trovate coinvolti nell’ennesimo corso di
Speleologia da tenere alla consueta massa inerte collezionista di tessere et attestati di
partecipazione.
Conscio dell’inutilità dello sforzo di trarre saldamente nel Gruppo Speleo qualche
ottuso ansioso di fare il galeotto del sottosuolo nei fine settimana deputati all’ozioso
riposo, vi beccate il fuoco di fila di rampogne dai compagni che vi rammentano come
il danaro così sottratto servirà all’acquisto di nuove corde che l’eroica attività di
Gruppo consegnerà ai posteri praticamente intonse.
Epigoni di ben altri calibri speleologici, in virtù d’un libercolo redatto ad uso e
consumo dei novelli esploratori del buio tenete, coram populo, la prima lezione. Con
scarsa baldanza alle ore 21.00 siete pronti nell’aula per spiegare “Che cos’è la
Speleologia” ai corsisti riuniti, consci del fatto che entro il quarto minutino saranno
tutti accoccolati tra le braccia di Morfeo.
Meno consci siete invece dell’effetto pernicioso dei quattro panini würstel e krauti,
che combinati ad altrettanti camparini con sottaceti precedentemente ingollati a mo’
d’aperitivo, stanno ribollendo nel tino di succhi gastrici del vostro impianto
stomacale.
Cercate così d’alleviare la terribile pressione dei gas di scarico rilasciando pian
pianino al fine di non farvi sgamare una collanina di microscoregge con un sapiente
gioco d’addominali e contrazioni sfintèriche.
Agitandovi fuori misura (per creare corrente d’aria), innanzi alla lavagna che riempite
di disegnini esplicativi, non capite che all’ultima nata si è furbescamente accodato un
concentrato di merda vaporizzata e veleno di soli 5 centimetri cubi che, giunto
all’esterno centuplica il proprio volume spandendosi alla velocità del suono (quello
del vostro botto), facendovi guadagnare la quiete del corridòio tra gl’insulti dei
risvegliati astanti.
10. I drammi della Speleologia: la cagata vendicativa
Pieno della vostra burbanza berciate ai quattro venti la scoperta d’una nuova grotta
che, in virtù d’accurati calcoli sapientemente argomentati, uniti alla consultazione del
vostro oroscopo stampato a chiare lettere sul Vernacoliere, decretate trattarsi d’un
ciclopico abisso.
La scoperta vi è costata 11 (dico undici!!) fine settimana filati spaccando rocce e
spostando macigni, come al bagno penale scontato nella precedente vita, ma alla fine
è giunto il tripudio di vedere una bella ma strettissima condottina a collo d’oca che si
getta in una stanzettina da cui parte insondabile un pozzo.
Tornato all’agognata con i compagni del Gruppo Speleo carichi d’attrezzatura e corde
come scherpa senegalesi, capite che qualcuno vi ha preceduto: una bella e nuova
corda speleo attaccata ai chiodi a espansione fa bella mostra di sé.
Anche tra gli speleo non vi sono tutte perle di santità e in taluni alberga lo spirito
dell’abigeo che in tal momento storico, in assenza di cavalli da predare, si palesa
piratando le altrui scoperte senza dover affaticare un muscolo.
Bestemmie e scoramento vengono tacitati dal vostro moto d’orgoglio e dalle calate
braghe sorte il Castigo di Dio sotto forma di getto liquamoso dei più fetidi che si
spalma untuoso, come fauvismo pittorico (dalla cui violenza espressiva coloristica si
discosta per il solo uso del giallomarrone-letamaio e del nero-bitume), a dipingere
interamente le pareti della condottina glabra e riversando il colato nella stanzetta; i
compagni, manco a dirlo, seguono l’esempio.
I pirati usciranno sì coperti di gloria, ma pure impestati dalla vostra merda.
11. I drammi della Speleologia: merda si, ma scampata morte certa
Siete moderatamente depresso e soffrite d’inconfessati sensi d’inferiorità acuiti dalla
statura che s’approssima a quella di un gipeto. Siete diligente studente ma vagamente
duro di comprendonio e il vostro professore vi pone l’alternativa di leccargli
appassionatamente il culo o di leccargli appassionatamente il culo e di omaggiargli
preziosi e utili dati per le sue cancherose pubblicazioni scientifiche sul sesso delle
rocce carbonatiche.
Al solito operate la scelta sbagliata e v’iscrivete a un Corso di Speleologia che
superate senza lode e senza infamia.
Malvisto da subito, possibilità di carriera (?) zero, femmine poche e dai caratteri
disparati, ma accomunate da un bel sorriso alla rotwailer, ve ne state inizialmente in
un cantone. Simpaticamente sfacciata e di larghe vedute è invece con voi la moglie di
uno speleo inanimato si, ma scompostamente devastato da tic nervosi.
La nave-scuola vi fa conoscere le gioie dei buchi e al contempo v’impratichite
nell’uso della corda statica, senza scordare di portare campioni di rocce prelevate
sempre più in profondità dalla vostra crescente perizia e dalla vieppiù marcata
infingardaggine nel celarle entro le altrui sacche evitando così la fatica del trasporto.
Ma il Dio degli Speleologi mette la pulce nell’orecchio al ticchettoso cerebropatico
che un fatal dì attende la vostra risalita, su di una cengia a perpendicolo con la tuta e
lo zeccoso pile calati. Uno sproposito di merda vi coglie in piena faccia e nel mentre
eseguite un magistrale cambioattrezzi, per ridiscendere e portarvi fuori tiro, una
fumante pisciata v’investe i contrastanti sentimenti che divengono uno solo (terrore)
all’udire tali parole: «… questo è per le pietre che hai bastardamente infilato nella
mia sacca, poi quando t’agguanto ti spappolo il pisello così impari a fare il furbo con
mia moglie!».
Dopo forzata permanenza sotterranea di 64 ore in cui vi cibate d’acari e acqua
fangosa, nell’attesa che lo scomposto venga ricondotto a più miti consigli, sparite
dall’ambiente speleologico per rintanarvi in università a mendicare un’occupazione
come scovolatore di cessi.
12. I drammi della Speleologia: la scoreggia titanica
Rincasate. L’esplorazione ha dato i suoi frutti e la grotta, che si palesava essere
l’ennesimo tafanario, si è rivelata uno splendido abisso graziosamente apparecchiato
da Mamma Natura con piccole ma concrezionatissime salette. E continua!
Siete stanco e soddisfatto, infangato ma felice, con baffi neri disegnati dal carburo
sotto le nari e fin giù agli angoli della bocca, ma pur sempre rinvigorito nell’animo a
dispetto dell’età non più giovine.
La porta si apre e vi accoglie la bella ghigna di vostro figlio, che con aria
commiserante vi squadra da capo a piedi esclamando: «Non vorrei mai essere come
te!».
Sospirate, ma come potete dargli contro, dal momento che (pare) è sangue del vostro
sangue e per sovrammercato palesa pure belle et efebiche movenze da sculacciabuchi
impenitente. Ognuno ha la propria croce e sopportando la vostra con titanica pazienza
vi chinate, più del dovuto, per posare a terra sacca e zaino allentandogli così sul muso
una roboante scoreggia da spettinargli persin il ciuffo da guappo di cartone.
13. I drammi della Speleologia: moto d’orgoglio e flato vibrante
C’è la festa di laurea, ma non è la vostra. L’inesorabile metodicità della vostra
fidanzata, più giovane di voi di cinque begli annetti, si è confezionata un bel Dott.
davanti al cognome.
Voi languite e con la mano destra sfogliate i libri di testo intanto che la sinistra
seguita a grattarsi i coglioni.
L’evento si svolge come da copione, allegramente pacato, compuntamente festaiolo,
con lei che condiscendentemente vi guarda razziare il buffet ma facendo gli occhiacci
se allungate la zampaccia verso gli alcolici. Ma sia quel che sia, la decisione è presa:
domenica andrete in grotta!
Spingete in profondità la carcassa stracciando la tuta, passate dove nessuno aveva mai
osato, trascinate i compagni sempre più nel profondo superando teorie di freatici,
profusione di pozzi, fino all’esaurimento delle corde ma non dell’entusiasmo.
Lunedì, puntuale come l’esattore delle tasse, lei vi redarguisce esigendo immediata
giustificazione alla scellerata perdita di tempo. Con ancora gli occhi nella grotta che
prosegue raspate nella labile memoria per sortirvene con la parafrasi di un pezzo forte
del Barone Rampante di Calvino: «(...) perché dall’alto dei pozzi piscio più
lontano!». Senza -peraltro- mancare di sottolinearla con un bel peto sordo e
prolungato.
Le cinque dita stampate sulla vostra ghigna vi concederanno l’agio di riflettere sul
senso della vita.
14. I drammi della Speleologia: il duro sapore della merda
Vilipesi dalle calvizie, frustrato da una pachidermica panza, vi rammentate di quando
cinquanta (50!!) kilogrammetti fa conducevate degna e ancorché gloriosa attività
speleologica.
Con moto d’orgoglio vi mettete in ferrea dieta a base di anacardi e zucchine, andando
a rifarvi un piede grottesco in cantina dove apparecchiate una miserrima
pseudopalestra attaccando chiodi a pareti e soffitto e rinvii alle rastrelliere delle
bottiglie, tra le rampogne di quello squalotigre di vostra moglie coadiuvata
nell’adempimento delle proprie funzioni dal barracuda della suocera.
Il ritorno all’agognato Gruppo Speleo, con ben quattro (4??) kilettoni persi
nell’improbo sforzo, è salutato con malcelata sopportazione dai vostri vecchi
compagni il cui tempo trascorso ha vieppiù reso facce di cazzo.
Non a torto pensano a come faranno a barellare fuori il trippone pesomorto che in
realtà siete diventato, alla prima grotta in cui vorrete ricimentarvi. Col magone e il
cuore infranto si risolvono così a dirvi sul muso che se avete scelto di suicidarvi la
grotta è il posto meno indicato perché gliela insozzereste di merda!
15. I drammi della Speleologia: oltre il muro del suono
La sanissima pratica speleologica ha dato vita a figli minori che l’educazione
impartitavi sui moli del porto non v’impedisce di chiamare bastardi.
Indotti delle magre figure collezionate in attività, e complici della vostra stolida
dabbenaggine, i galantuomini si ricavano un posto dirigenziale all’interno del Gruppo
tiranneggiando gli speleo migliori e blandendo l’accozzaglia di fancazzisti che
(haimè) in ogni ambito alberga.
Non paghi dello strapotere (?) acquisito cercano di recuperare immeritata gloria
consegnando ai posteri scritti di scienza speleologica plagiando i risultati che voi
ottenete sul campo e assurgendosi, per sovrammercato, a Curatori del Catasto. In
parole povere raggranellano i vostri dati e poi se li pubblicano, rimarcando come sia
comunemente noto che il Catasto possa divenire motivo, o leitmotiv, di logorroiche e
vergognose diatribe.
Ma, si sa, anche il supposto Cristo dopo aver porto l’altra guancia s’è rimboccato le
maniche rispondendo a tono.
A campagna speleologica estiva conclusa, dove avete dato il meglio di voi stessi, il
caino v’agguanta alla prima riunione in sede esigendo la gabella, ovvero la consegna
dei rilievi delle grotte esplorate con dati annessi e connessi.
Stavolta non dovete giostrarvi in movimentazioni addominali e contrazioni
sfintèriche per miscelare nelle anse intestinali il nitrato di potassio, costituito
dall’accoppiata spinaci-cipolle, e la glicerina, degnamente rappresentata dai bianchi
di spagna con le cotiche: la sola vista dell’infame ha già provveduto a innescare quel
che si rivelerà essere paragonabile ad un bel “mach 1” (l’abbattimento del muro del
suono, tapinacci che altro non siete!) con lacerazione delle mutande.
Tuono ed emissione del diabolico composto grisou-salnitro-merda azzerano il
gaglioffo facendolo goffamente svenire e chiudendo, seppur solo momentaneamente,
la perniciosa partita.
16. I drammi della Speleologia: il rutto mesto
Oramai sono quindici ore che state procedendo e dopo più di cento metri in un
budello colmo di fango liquido la grotta si apre in tutta la sua inesplorata maestosità.
La squadra di punta, di cui voi fate parte, ha prelevato dal campobase,
precedentemente allestito a settecento metri di profondità, tutto l’occorrente in cordechiodi-moschettoni per raggiungere e superare il muro dei meno mille (no, dico, mica
cazzi: - 1000 metri di profondità). E secondo i calcoli fatti li avete superati (!)
consegnando così agli onori speleologici i vostri nomi di sconosciuti tapinacci.
Ad uno ad uno vi calate nell’insondabile salone che con il suo gigantesco buio vi
accoglie per porvi un bel quesito: in quale recondito punto la grotta prosegue?
Dopo due ore di vane ancorché sfiancanti ricerche, guazzando nell’argilla o
arrampicandovi sopra ciclopici massi di crollo un barlume di speranza lo accendete
voi, scoprendo un rivo d’acqua sgattaiolante in una strettoja che tira un’aria bestiale.
Vi ci tuffate con baldanza, strisciate, vi togliete persino il casco per meglio passare,
ma un paio si rocciosi spuntoni si ergono a sentinelle. Ingaggiate una lotta a colpi di
martello e prima uno e poi l’altro li abbattete. Distendendovi a pancia in sotto
allungate le mani per passare attraverso questo buco di froidiana e quanto mai insulsa
memoria, ma i polpasterlli incontrano qualcosa di molle, di liscio, di
terrificantemente molle e liscio che non associate ad alcunché di noto esistente nei
recessi della Terra.
Brividi vi percorrono diacci, ma ritoccate ancora, premete… quasi le dita
affondano….
«E finiscila! Chétati un bel momento ch’è tutta notte che ti rimesti nel letto! Te
l’avevo detto di non esagerare con le cotiche di maiale…. e bere meno….».
Di colpo siete desto (?) ed era il culo di quel cetaceo di vostra moglie che stavate
sondando nel sogno. Con un rutto che sa di fenolo vi girate sull’altro cantone per
riprendere sonno e, perché no?, pure il resto dell’onirica impresa.
17. I drammi della Speleologia: caccole al vento
Nel tempo va vieppiù affermandosi la cosiddetta Speleologia in Cavità Artificiali, che
taluni tapinacci s’ostinano ad appellare Speleologia Urbana, quasi fosse una
Speleologia più civile di quella praticata dagli speleologi classici, ovvero quelli che
hanno frequentato l’omonimo liceo. Piiiirla!
Uno dei veri motori di tale novella disciplina siete voi, di cui si conosce assai
pochino, prima dell’esordio.
Avete, innanzitutto, cercato di laurearvi con la centratissima tesi: «Esegesi giuridica
sulle controversie generate dal mal funzionamento delle gronde nel Castello di
Vergate sul Membro in periodo giolittiano: l’incidenza delle perdite dell’acqua
meteorica sui motivi della mancata coltivazione degli orti interni».
In realtà poi vi rende conto d’esservi iscritto a Economia e Commercio. Con mossa
dinamica vi vendete, cioè, vi riqualificate e gettate in pasto alle folle l’esuberante tesi
di laurea: «Il mattone come forma d’investimento dal basso medioevo al Piano
Marshall», pregiandovi inoltre dello studio: «La minzione nell’orto di casa in periodo
giolittiano, extrema ratio innanzi ai fenomeni siccitosi: come salvare la propria
lattuga».
Vi specializzate al contempo nell’arte oratoria seguendo con ferrea volontà dei corsi
speciali al Dopolavoro Ferroviario di Badile Nellano, facendovi la fama di aspiratore
rapido di camparini e anacardi. Presso il circolo culturale “Ribotta & Storta Dura”
apprendete l’importanza di acquisire una solida cultura storica, da abbinare
all’innegabile loquela. Acquistate coram populo il Naso Rubizzo, trofeo ambitissimo
presso l’Associazione Alcolisti e passate con successo (??) il corso di speleologia al
locale Gruppo Grotte Varano.
L’esplorazione dei sotterranei del Bar da Topo vi apre l’ineffabile orizzonte offerto
dalle cavità artificiali, manifestando la spiccata predisposizione per quelle
incidentalmente soggette al riutilizzo come cantina.
Riavvicinatovi al castello di Badile Nellano, tralasciando gli orti e con maggiore
cognizione di causa, vi esprimete nel seguente trattato: «Il pentolare non serve a
cucinare. Studi sull’artiglieria nevrobalistica in dotazione al Castello in periodo
visconteo». È la catarsi!
Oltre all’indiscussa abilità nell’estrarre fichi dal naso vi fate conoscere per le ricerche
dell’altrui materiale nel campo delle opere ipogee, gabellandolo poi per vostro.
Ovviamente ogni carica è per voi, compresa quella di una milionata di calci nel culo
da recuperare al prossimo Congresso.
18. I drammi della Speleologia: il peto stanco
La frase «Si vede subito quando un acquedotto ipogeo è romano!» persegue
maleolèntemente a girellare nella testa nel mentre vi trovate all’interno di un
lunghissimo cunicolo forse un dì passato deputato al trasporto del prezioso liquido
(non il vino, tapinacci, ma l’acqua).
Siete difatti transitato dall’esplorazione delle grotte al percorrimento e,
incidentalmente, anche allo studio delle cavità artificiali per sopraggiunti limiti d’età,
calli, panza e quant’altro. Con veramente poca convinzione cercate nelle pareti del
condotto qualche segno del fato, come ad esempio la scritta “S.P.Q.R. LCIX” o
quant’altro che vi indichi, se non la data dello scavo, almeno la paternità del
budellone che lo ha commissionato. Percorrete con lo sguardo carico di mestizia
teorie d’organi genitali variamente riprodotti, sequele di date accompagnate da nomi
spesso indecifrabili e denotanti marcata ignoranza, manciate di segnacci
imperscrutabili, tracciati col carbone, la matita, graffiti, il tutto senza soluzione di
causa.
Annusate l’aria che non rimanda il buono e sapido odore del calcare bagnato, ma
bensì sentore d’orina rafferma, e inaspettatamente il vostro disadorno pensiero è colto
da un lampo bastante a riattivare la manciata di neuroni ancora in servizio: le parti
basse delle pareti sono uniformemente ricoperte da un crostone calcareo, quasi come
in certi freatici divenuti pian piano fossili. Realizzato che indubbiamente si tratta
d’acquedotto, un bel fallo cubitale datato 1812 vi scodella prontamente un bel
termine ante quem per la collocazione del manufatto in un orizzonte cronologico.
Fotografate il tutto, fate spallucce e cacciate dalla mente il pensiero di eseguire un
rilievo, da pavesare al prossimo convegno, con un sonoro peto sibilante. Sirena che i
compagni interpretano come lo scoccare della pausa pranzo. E stancamente
guadagnate l’uscita.
19. I drammi della Speleologia: il casco sapido
La loja, detta volgarmente “croppa”, è quell’intimo prodotto che il corpo genera e il
non essere avvezzo all’uso del sapone lascia poi depositare sulla di voi esterna
superficie e su quanto con essa giunge a contatto.
Il preambolo lungo, ma doveroso, esplica il motivo per il quale la corsista svenne. La
tapinaccia aveva dimenticato il casco a casa, pertanto da bravo istruttore le avete
prestato il vostro, utilizzando cavallerescamente voi quello di riserva, un po’
malandato.
La bandana posta tra capello satinato e sospensorio evita sì un pochino lo schifo del
contatto con muffe e croppame crostoso, ma non il diffondersi del tanfo. Dopo i primi
30 minutini il dramma si compie e l’ostinata si affloscia a terra come goldone usato.
Il fato vuole così un distratto in meno nella speleologica casata e una riprova in più
del fatto che siete sozzi come bastoni da pollaio!
20. I drammi della Speleologia: soffi di gloria
All’annuale Incontro Speleo avete assistito alla proiezione del filmato “Ingrigna!”,
rimanendone esaltati per il sapore di vera attività esplorativa. Vi siete detti che anche
voi dovete produrre qualcosa di analogo. In sede del Gruppo Speleo cominciate, da
sagaci imbonitori (?), a condire con parole mielate l’importanza di lasciare alla Storia
Speleologica un filmato che immortali le gesta del vostro Gruppo. Ed è presto fatto!
In men che non si dica, ovvero nell’arco dei sei mesetti successivi, si parla di
esplorare e filmare abissi, congiungere grotte e trasformarle in ‘complessi’, effettuare
disostruzioni da fare impallidire qualsivoglia scavo minerario, superare sifoni dove
nessuno ha mai osato immergersi. Quest’ultimo punto, data la perniciosa induzione a
scaricare composti di nervino-grisù e caccasprai nel prendere seppur vaga frescura al
pancino (e non solo in tal frangente), lo abbandonate per una più sapiente operazione
di svuotamento del sifone applicando il noto principio dei vasi comunicanti: vaso del
vino – vaso del vostro stomaco – vaso da notte – cesso (vaso del).
Al settimo mese eccovi sul campo della decisione: via tutte le grotte al di sopra dei
1.000 metri di quota; via tutte le grotte distanti dal posteggio più di 100 metri; via
tutte le grotte dove voi non passate per problemi non solo di panza, ma pure dati da
quel vago sentore claustrofobico che vi fa cagare addosso all’infilare anche un sol
piedino nella strettoja.
Il nono mese vi vede prontamente all’azione in una grotta semituristica si, ma
attualmente abbandonata. Prima d’entrarvi per l’effettuazione delle riprese utilmente
v’infangate, tanto per gabellare impressioni d’ardimento; unico neo sarà dato dallo
Scemo del Gruppo arditamente inzaccheratosi in un sugoso letamaio. Riprendete tutto
evitando sagacemente le scale in cemento e fate esibire i bradipi in virtuosismi
esplorativi da gatti di marmo.
Ed ecco dopo 365 giorni il vostro momento di gloria e di catarsi all’ennesimo
Incontro Speleo, con la proiezione del filmato “INGROPPA!”, stoltissimo errore
commesso nel titolare il film, finito di montare la notte precedente. Risa, sputi, frizzi,
lazzi, peti e rutti vi accolgono e così vi accompagneranno per lunghi annetti ancora.
21. I drammi della Speleologia: l’incontinenza tenue.
Vi siete laureati con 100 e lode in Ingegneria dei Materiali!!! Vi sarebbe piaciuto, eh,
tapinacci? In realtà i vostri polimerici sforzi hanno fruttato un bel 90 tondo tondo con
spettacolare calcio nel culo datovi dal prof che temeva di avervi a pensione in facoltà,
visti i nove (no, dico, 9) annetti blandamente spesi per una laurea breve. E comunque,
finalmente, ci siete riusciti: da oggi siete un disoccupato!
Ma l’ozio non vi è incline e piuttosto che trapanare noccioline et anacardi annaffiati
da camparini tornate al vostro Amore. Non a quello che v’ha piantato dandovi
dell’inetto spalletonde, ma alla Speleologia. Con la foga d’un Tigrotto della Malesia,
tenuto troppo a lungo a languire sul praho di Sandokan per via della bonaccia, trovate
la grotta dei vostri sogni, che scende tra pozzi, cascate, selve di gigantesche
stalagmiti, piogge di stalattiti imponenti. Rincasato dall’ennesima punta esplorativa vi
attende la lettera d’assunzione richiamante all’ordine et al dovere e vi pisciate
silenziosamente addosso per l’emozione. Sgobberete anche il sabato in giaccacravatta e addio sogni di gloria. Penserete a carriera mutuo LISING moglie figli; il
resto continuate pure a sognarvelo.
22. I drammi della Speleologia: skizzi e strizzoni turistici.
Quando vi parlano di grotte turistiche vi viene da vomitare. Però pure voi, tapinaccio
che altro non siete, vi siete recato con moglie, figli e panza in gita nella grottona resa
turistica. E avete rimembrato, con augmentato humor acqueo negli occhi cisposi,
quando impavidamente conducevate degnissima attività speleologica nella squadra di
punta del vostro (rimpianto) Gruppo Speleo.
In ogni caso, oramai fuori da qualsivoglia contesa, perplessità o presa di posizione
speleologica, ritenete che si stia esagerando nel depauperare ad ogni costo i beni che
Mamma Natura ci ha creato. E, per sovrammercato, siete fastidiosamente indignati
per via che le opere di vera devastazione siano operate non tanto a fini culturali (???),
ma per far “girare i soldi” (!!!). Nel tempo avete pure notato che i promotori delle
nefandezze erano personaggi che si gabellavano per speleo, quando in realtà le grotte
le conoscevano dalle proiezioni di diapo.
Ecco perché le parole del vecchio presidente del Gruppo, a favore della
turisticizzazione delle grotte, unitamente alla visione della sua bella faccia di palta, vi
hanno sempre fatto kagare a spruzzo!
23. I drammi della Speleologia: la sciolta da grotta.
Il vostro pensiero speleo è talmente contorto che nemmeno voi stesso ne venite a
capo. Si narra che abbiate condotto, per un ristretto periodïno di tempo, una proficua
(?) attività speleologica, poi sospesa quando l’uso della corda singola soppiantò le
scalette. Annetto più annetto meno si parla oramai di 55 secoli (o anni) fa. E siete
ancora tra i coglioni!
Qualche maligno gerontospeleo sussurra che il vostro sol pensarvi appeso ad uno
spago vi faceva venire la sciolta e in azione spasmodicamente vi aggrappavate, persin
coi denti, alla cordaccia infangata.
Lo spasmo s’è ripercosso nel vostro essere intrinseco alimentando la ferma intenzione
di rimanere comunque nell’ambito speleologico, ma dando corpo a un galoppante
desiderio di potere (???), frutto di fuorvianti e stolti pensieri froidiani.
Il posticino al sole ve lo siete inventato divenendo un “curatore catastale”, quasi che
tale “catasto” soffrisse di chissà quale petecchiale malanno. Blandendo la massa di
tapinacci insulsi che fa codazzo montate in cattedra, pontificate, tramate ed esigete.
Col tempo avete stipato il vostro armadio di carta e rilievi, tenuti gelosamente sotto
chiave. Complimenti! Bella carriera! Ma rimanete e rimarrete un povero tapino con le
braghe piene di quella merda che sa di codardo. Un plauso, comunque, alla vostra
costanza, ancor più caloroso se, finalmente, vi caverete di culo.
24. I drammi della Speleologia: peti a vuoto.
Vi state facendo due conti. Il carissimo amico (???) che vi siete tirati nel Gruppo
Speleo nella speranza di fargli virare il colore da verde-grigioputredine a frescorosaculettodibimbo, mediante impegnativa, sanissima et proficua attività ludico-sportiva,
si è in realtà rivelato un crotalo silvestre a quattro teste.
Dopo due righe di attività speleo, in ogni caso, il suo colorito è sì mutato, ma sol nel
palpeggiare i soldi, ed ora palesa una bella facciona a culo di suino, ma della tonalità
di un bel grigetto-marronedissenterico.
La grama specializzazione in pidocchi di grotta, àmbito nel quale è diventato
(nessuno può sottacerlo) assoluto maestro, non gli consente di cogliere un più
profondo e simpatico senso della vita. Dandoci dentro anima e corpo è riuscito a farsi
finanziare le ricerche da qualche insulso sponsor.
E fin qui, nulla di male ….. Se non fosse che, per i quattro dati pseudoscientifici,
riesce a scremare soldi anche nel Gruppo e nella catoblepica Foederatio, che per uno
strano disegno Divino (che sa di feroce punizione), pende dalle sue pendule labbra.
Oramai ha monopolizzato il mercato e quando si fanno le spedizioni anche all’estero
becca soldi et pretende et ottiene che ogni pidocchio rinvenuto debba essere a lui
consegnato. E non ci sono peti che tengano (pur inaspriti all’uopo con verze, cotiche
e fagiolame sparso), perché il pidocchio è difficilissimo da gassare.
25. I drammi della Speleologia: il peto solingo.
Guidate stancamente alla volta di casa e vi dolgono ossa e ciccia. La giornata è stata
sì dedicata alla speleologia (notate la “s” minuscola), ma haimé non vi dolete
lietamente né per i meandri a denti di sega affettuosamente chiamati “bastardi”, né
per i fangosissimi budelli vezzeggiati con l’appellativo di “merdosi”.
Tali epiteti sono oggi riservati a persone fisiche con le quali vi siete relazionata nel
corso della riunione, tenutasi espressamente in vostro sugosissimo et femminile
honore. E non riuscite a farvene una ragione, nemmeno durante la lunga seduta sul
bianco trono e tantomeno dopo dotta lettura ispiratrice della commentata traduzione
del Vishnu-purâna.
Mesta mesta, nonché abbacchiata, v’infilate a nannina mentre le parole dei figùri
dalle dubbie qualità speleologiche vi risuonano icasticamente nelle orecchie. «Non
avrai altra tessera all’infuori di quella del tuo Gruppo». «Non esplorerai altre aree
carsiche all’infuori di quelle della tua provincia» (abitate in pianura!). «Non avrai
altro catasto all’infuori di questo». «Non pubblicherai i tuoi articoli che sul
Bollettino, che è questo...........!!».
Rilassate le tese membra, nirvanicamente vuotate la mente, siete tutt’uno con il
Mondo, v’immedesimate nel letto e, con una scoreggia tra le più eclatanti gonfiate le
lenzuola e giocate allo zeppelin. Fine estimatrice di “Via col vento” ed emula di
Rossella O’Hara alfine esclamate: «....... domani un’altro peto e si vedrà!».
26. I drammi della Speleologia: il rilascio stolto e rumoroso
Anche stavolta s’approssimano le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali,
nell’eroico Gruppo Speleo.
Con inusitata sagacia et fine diplomazia ponete in atto il progetto di divenire Voi (!!!)
il Presidente del Gruppo, cercando di raggranellare consensi a destra nonché a manca.
Pur essendovi approcciato alla Disciplina Speleologica dopodomani, considerate che
sia giunto il momento di dare una sapiente svolta alla vostra grigia existenza
elevandovi agli onori di una carica presidenziale.
La campagna elettorale è semplice ed efficace, portandovi ad emulare le movenze e i
discorsi dei più rappresentativi politici da televisione. Mielate nelle altrui orecchie
come l’attuale Presidente (notare la P maiuscola) sia oramai vecchiotto, che l’attività
esplorativa sia un po’ calata ed occorra spronare ogni forza nelle attività di punta
etcetera etcetera, ma guardandovi bene, ad esempio, dal partecipare al classico,
canonico et durissimo campo speleo annuale.
Il vecchio, nonché scafato Presidente attuale, vi lascia benevolmente fare,
considerando che i giovani debbano partecipare a pieno titolo all’attività sociale. I
giovani si!, ma non gli stolti.
Scatta il giorno fatidico: ore 21.00 si aprono le danze.
Alla canonica e per voi fatidica domanda di prammatica: «..... chi si vuole candidare
come Presidente??!?», rosso in viso e con voce rotta dall’emozione prorompete in
uno strangolato «IO!», sventolando la manaccia.
Attimo di suspance, sguardi in tralice e poi una fragorosa risata degli astanti fa
apparire il vostro faccione simile ad un caleidoscopio che ruota vorticosamente.
Il datato Direttore Tecnico (D.D.T.) uscente vi squadra sardonicamente ed esclama:
«Vai dalla mamma a ciucciare il latte!». Inspirate gonfiando il torace come novello
godzilla, pronto alla pugna e con fragore di tuono vi cagate miseramente addosso.
Tutto si conclude col ritorno a casa, dalla mamma, a farvi lavare mutande e pantaloni,
accarezzando l’idea di ritesserarvi al circolino delle bocce.
27. I drammi della Speleologia: il petone dissenziente
Il vostro Gruppo Speleo è stato convocato, con tanto di letterona protocollata, dalla
O.R.S.O. (Organizzazione Regionale Speleologica Organizzata). E dovevate pur
aspettarvelo, tapinacci che non siete altro!
Avete fatto tutto di testa vostra organizzando il “Congresso di Speleologia
Esplorativa”. Questo, e non si può sottacere, per controbattere il precedente
congresso, organizzato cum magna pompa dall’O.R.S.O., su “Attività di Scienza
Speleologica”. Congresso, per altro, riuscitissimo e dove hanno brillato contributi
quali: “Idrogeologia e microcarsismo a Catenate Sulpene”, “Note edotte a carattere
mineralogico et petrografico et morfogenetico sulla Grotta Fischioni C.C. (Col
Culo)”, “Conseguenze epistemologiche dello scarico del cesso in grotta”.
Ma la Speleologia, per voi insulsi, è ben altro, visto e considerato che in grotta
innanzitutto ci andate.
In folta, variopinta ed eterogenea rappresentanza del vostro Gruppo siete quindi chi
assisi, chi in piedi contro il muro, ma tutti attorno al tavolone presidenziale, in fine
legno di noce, unitamente ai soloni dell’O.R.S.O. E vi state beccando una cospicua
lavata di capo!
Tra voi vi è pure il classico elemento un poco autistico, guadagnatosi il soprannome
di “Macumba” per le sue bizzarrìe. Costui, nel bel mezzo dello shampoo al vetriolo,
repentinamente si discosta dal muro, spicca uno scimmiesco salto atterrando in
perfetto stile Iuri Keki al centro del tavolone. Prima che chiunque possa dire anche
solo “minkia” cala i pantaloni in pile e mostrando il culo peloso al Presidente
dell’O.R.S.O. sfiamma all’esterno un roboante et oleosissimo peto cubitale di ben 32
secondi (!!!).
Ovviamente siete buttati fuori dall’O.R.S.O., nonché dalla Prestigiosa Sede, alla
velocità d’un tappo da champagne. Ma vi siete tolti una non comune soddisfazione.
Per inciso, il Macumba, la cui espressione è sempre stata vagamente cupa ancorché
torva, ha da allora un beato sorriso da puttino michelangiolesco, perennemente
mantenuto persin nelle strettoje più bastarde e nelle punte più estreme.
28. I drammi della Speleologia: la carica di scoregge
I vostri 4 annetti (o secoli) di specchiatissima attività o carriera speleologica vi fanno
oggi poggiare il bel deretanone su di una sgangherata sdraio all’esclusivo lido di
Vangalano ai Bagni.
In realtà occupate un posto di prestïgio (o di prestigiatore) nel campo della cosiddetta
Speleologia Urbana (ovvero educata allo sviluppo di un profondo senso cïvico) e,
nello specifico, della vendita dei dati catastali a terzi, oppure anche a quarti, purché
paganti sull’unghia.
I magheggi, da consumatissimo prestigiatore (o prestidigitatore), sono ancorpiù
sorprendenti se si considera il non trascurabile particolare che le uniche schede
catastali compilate ammodino siano quelle delle cantine e dei garage dello stabile in
cui dimorate (abusivamente).
Rimanete quindi basiti et indignati quando i soliti quattro pulciosi speleologi dalle
tute perennemente infangate rispondono alla perentoria richiesta di nuovi (ovvero
unici) dati per il Vostro catasto, gabellato come “pubblico”, con l’intonazione della
Marcia Trionfale dell’Aida a rutti e scoregge. Il tutto è accompagnato (perché
sottacerlo??!!) da apotropaici ancorché inequivocabili gesti.
29. I drammi della Speleologia: la lingua pendula
Con il cervello spianato dalle troppe canne avete comunque portato avanti attività
speleologica di un certo rilievo per circa un lustro (o lustrino).
Da quel che di voi stesso scrivete pare che la speleologia l’abbiate inventata voi e
solo voi portata al massimo livello. Ma, purtroppo, si sa, lo stolto tende sempre a
gonfiare a suon di scoregge il proprio paio di pantaloni lisi nonché vuoti (soprattutto
sul davanti e appena sopra il cavallo).
Come da pronostico vi siete fidanzato e in men che non si dica avete chiuso la
carriera esplorativa al campo estivo, che vi ha visto presente per circa 36 orette
scarse, per poi sparire sulla scia della belluina fidanzata che minacciava fuoco e
fiamme se la facevate dormire ancora in una pulciosa tenda al romantico concerto
delle scoregge notturne degli Speleo del vostro Gruppo.
Vi siete comunque ricavato (accidenti, pure voi!!!) un posticino a scrivere di
speleologia (notare la esse minuscola) su di una rivista a dir poco pretenziosa, che
pare essere l’organo di un regime assolutista. Tanto la vostra lingua, digià marrone,
non ne soffrirà ulteriormente o, meglio, per null’affatto!
30. I drammi della Speleologia: l’indole ad angolo retto
Se la lingua italiana rimane per voi un qualcosa di misterioso e al contempo un poco
affascinante mezzo di comunicazione, l’interpretazione dei disegnini esplicativi
acclusi agli attrezzi speleologici ha fatto di voi un qualcuno (o qualcosa) che in grotta
ci va. Laudi sperticate, seppure con qualche necessario et inevitabile sforzo!!
Ma il pernicioso e bieco sgambetto del fato vi ha elevato a qualche incaricuccio
regionale (in quanto siete incline alla supinaggine), concedendovi agio di farvi
conoscere anche a livello nazionale e andando così, in primo luogo, a rappresentare al
peggio la vostra regione. Il guaio (per voi) è che la protervia sbocciata è stata presto
stroncata dalla bella figuretta da babbeo fatta innanzi ad un pezzo grosso della
speleologia (notare la s minuscola), in quanto invece di parlare, pur biascicando,
avete vergognosamente balbettato il discorso diligentemente preparatovi a casina.
Ma questo non sarà ancora bastante a farvi tornare solo ed esclusivamente alla
discesa e risalita dei pozzi, come pratica ludico-sportiva con cui espiare il disastroso
evento che vi ha visti catapultati su questa Terra, che d’idioti (così pare) ne aveva già
abbastanza. A conti fatti mi sa che vi avremo, ancora per un pezzo, tra i coglioni.
31. I drammi della Speleologia: il fiato sospeso
Forte del vostro Terribile Alito che piega i pali, da due decenni o forse quattro
conducete con somma abnegazione il Vostro Gruppo Speleologico tra gite sociali e
abissi insondabili. E da voi mai sondati.
Gratificato da un magazzino speleo pressoché perfetto, anche in virtù del fatto che il
90% del materiale è nuovo nonché intonso, procedete imperterrito
nell’autocelebrazione della vostra attività preferita. La quale, per qual motivo
sottacerlo?, ogni tanto vi dona l’agio di sottrarvi allo scudiscio casalingo.
I vostri principali, ancorché unici, “speleotemi” preferiti sono l’organizzazione del
Banchetto (tavolo con sopra cianfrusaglia) al Canonico Raduno Annuale di
Speleologia, il Banchetto Speleologico alla festa del patrono del paese, il Banchetto
dell’Ardimento Speleo alla Sagra dell’Alborella, etc. etc.
In secondo luogo siete il sapiente et indiscusso Promotore della Cena Sociale
Speleologica di Fine Anno, Promotore della Cena Sociale Speleologica d’Inizio
Anno, della Cena di Fine Corso Speleo, senza per altro scordare la catartica Cena
Sociale Particolare che ogni anno mandato in Terra dagli Dei vede novelle seggiole
vuote al ristorante “Da Topo Prezzofisso”. Segno, questo, che anche stavolta i
migliori del vostro gruppo se ne sono andati altrove.
32. I drammi della Speleologia: l’ora del peto
Il fatto di segnare le horette di attività svolte nel grattarvi i peli del culo ha fatto di voi
uno speleologo finito. Non nel senso di compiuto, bensì di giunto a fondo corsa. Ma,
nel vostro ispecifico kaso, come speleo non siete mai partito. Ad ogni buon conto,
non indugiamo oltre.
Capita che in un Gruppo Speleo vi sia un quadernetto, o registrone, dove i tapinacci
segnano l’attività svolta nonché le ore. Ore passate a grattarsi il pipi in sede, a
proiettare le diapositive alla festa del circolino delle bocce, a falciare l’erba nel prato
del presidente, ma pure quelle passate nell’attività speleologica nuda et cruda.
Tutto ciò, a fine anno solare, verrà conteggiato dal vostro esimio et irreprensibile
presidente (notare la pi minuscola) per vedere chi ha raggiunto il quorum ed
ottenendo così il diritto d’essere definito “socio attivo”, di pagare una quota
maggiorata e di votare all’assemblea dei sorci, pardon, dei soci.
Tutto ciò può non essere male, se non vi fosse la dura lex del giorno composto da 24
ore, che pertanto non avvalla l’attività che voi stolto puzzone spione avete svolto in 6
giorni di campo speleo: 148 ore. Passi il fatto che non avete chiuso occhio, ma non si
può chiudere alcunchè facendo il giusto conto del tempo. Complimenti. Era meglio, a
conti fatti, se ve ne rimanevate al bar a lustrare il banco coi gomiti, perché di stolti, in
Speleologia, ve n’è digià abbastanza.
33. I drammi della Speleologia: il botto magico
Non riuscite a sopportare l’idea di avere dei concorrenti nel campo della cosiddetta
Speleologia in Cavità Artificiali. Ad essere fiscali ciò non è corretto. Difatti il
vocabolario recita, alla voce “concorrente”: «chi insieme ad altri aspira a un
concorso, a una gara, etc.». Con ciò s’intenderebbe che anche voi partecipate, ma vi
sbagliate, almeno stando a guardare la vostra attrezzatura speleo, giacente nella fetida
cantina, paludata in una pluridecennale ragnatelona polverosissima. Il suggerimento è
di lavarla ben bene e venderla al mercatino del modernariato, tanto è seminuova!
Essendo un fine estimatore (oltre che millantatore) dei classici della letteratura
esoterica, quali “Il Mago di Arcella”, “Nosferatu il principe della notte” (???), “Mago
Zurlì e lo Zecchino d’Oro”, “Gli insegnamenti del mago Telerompo” (per altro
versatissimo in magia nera o semplicemente malelavata), vi risolvete ad eliminare in
modo subdolo i supposti tapini che a detta vostra vi farebbero ombra.
Tremebondo scendete nella vostra cantina, in quanto avete paura del bujo e dei locali
sotterranei, e apparecchiate il tutto per una bella fattura stregonesca. Accendete il
Becco Bunsen sotto la cucurbita (ovvero la caldaia, ignorantissimi!) avendo avuto
l’accortezza di privarla di capitello e condensatore, e vi gettate il geotritone sotto
spirito, pisoliti sminuzzate, fango di grotta e le immancabili ali di pipistrello (quello
di plastica comperato dai cinesi). Intanto recitate al contrario l’intero libro del sommo
Badino: “Tecniche di grotta”.
Il tocco da maestro è dato dall’aggiunta di grappa autoprodotta e guano. Ma, haimè,
la scatola metallica presa era quella della polvere da sparo e non già della merda
secca ed un bel botto vi sfiamma sulla faccia, innescando una fulminea reazione a
catena nell’intestino crasso e dando luogo ad un secondo botto che proiettato
all’esterno devasta mutande e pantaloni.
Lo scoppio non ha comunque provocato alterazioni alla vostra fisionomia facciale,
che rimane quella di un deretano preso a calci.
Tutto sommato era meglio se continuavate a distillarvi quella porcheria che
pretendete di chiamare grappa, sderenandovi allegramente il fegato senza rompere i
colioni (si, colioni) al prossimo.
34. I drammi della Speleologia: il rilascio da incontinenza
L’avere scambiato la grotta per una immane vulva e l’attività speleologica per
l’opportunità d’irretire le giovin fanciulle in un ambito che, detto per inciso, rimane
scarsissimo di tali presenze, è stato per voi assai deleterio nel tempo.
La pensione lavorativa, unita alla pensione del batacchio, hanno fatto di voi un
personaggio acido, scontento et invidïoso. La baldanza da guappo di cartone
sciupafemmine è oramai sbiadita, lasciando il passo a reumi et acciacchi vari, nonché
alla nomèa di “viscido lumacone”.
Trascinandovi nel gorgo del gerontocomio, anziché in una calda e serena atmosfera di
Gruppo Grotte permeato da sòdale fratellanza (o sorellanza, se vi fossero femmine),
v’incancrenite ancor più nei confronti di chi in grotta, seppure saltuariamente, ancora
ci va.
Invece di spendere le ultime metaforiche cartucce in qualche grotticella poco
impegnativa e magari pure tiepida, vi cagate silenziosamente addosso a causa
dell’incontinenza sì, ma pur dei calci nel culo che i conoscenti oramai vi danno
quando aprite quella malevola boccuccia, magari nell’intento d’infilarvi nel loro letto
(bastardo che altro non siete!). Possiamo solo dirvi: “merda vi colga!”.
35. I drammi della Speleologia: il flato tenue et viscerale
L’esservi inventato una metodologia d’indagine nelle cavità artificiali senza
conoscere una sola lettera dell’alfabeto speleologico ha fatto di voi un personaggio
senza dubbio curioso.
L’avere impostato, invece, la vostra pseudo associazione come un pattuglione delle
Giovani Marmotte di disneyana et fumettistica memoria, con voi a capo in qualità di
Gran Mogol, ha fatto sorridere molti: si, ma pure per poco.
Permeato dalla sacra missione di svelare i segreti della Terra, avete chinato il capo
per intrufolarvi in qualche recesso di cantina abbandonata persin dai ratti e cacciando
per primi gli altri in qualche pozzetto nel cortile di casa. Già, perché l’avere appreso
che per primi si getta il cuore oltre l’ostacolo, se si vuole essere promotori nonché
d’esempio, ha duramente cozzato contro la vostra più recondita e granitica indole da
imbrattamutande. L’esporvi per primo in qualsivoglia cimento, dall’aprire una busta
lasciatavi dal postino, al calarvi sottoterra, vi provoca quel flato tenue et viscerale che
sa di vigliacco.
Bravo come acher, a quanto millantate, avete un sito che trasuda di ardimento da
circolino delle bocce. Bene, continuate così, perché almeno voi non avete velleità di
speleologiche imprese in terra straniera e tantomeno ambite a riempire pagine di
cronaca speleologica, fors’anche perché nello scrivere siete pari a un animale da
cortile.
36. I drammi della Speleologia: il peto pavido e infingardo
Il gioco del fato, o della vita stessa, vi ha condotto nell’essere una perfetta nullità a
trovarvi una inaspettata chance tra le mani.
Avete avuto il privilegio di mettere piede nel vasto e variegato campo delle Cavità
Artificiali, nonché di quelle Naturali, perché condottovi per mano da uno dei massimi
conoscitori della città sotterranea per eccellenza. Ma, aimè, la spiccatissima attitudine
ad essere uno zero tondo tondo vi ha dato agio di riempire la nuova et fiammante tuta
speleo non tanto d’ardimento, ma bensì delle vostre sozze loffe a tradimento con
sgommata nelle mutande.
Se per un po’ il galantuomo che ha visto in voi del buono vi ha fatto capire soprattutto
con l’esempio che per poter conoscere e divenire “esperto” occorre faticare non poco
e dotarsi d’onestà d’intenti et spirito d’abnegazione, è dovuto poi fermarsi innanzi
all’evidenza che da un senzaonore non si cava uno speleo.
Da nano quale siete avete maldestramente tentato di montargli sulle spalle per
palesarvi comunque come la classica scoreggia vestita in un paio di braghe sdrusce e
padellate, vendendovi come esperto conoscitore delle opere ipogee soprattutto nelle
taverne di malaffare. Il lato positivo di questo gettare la maschera è stato il vedere
quali altre più o meno sospettate/insospettate mezze figure si siano attaccate a voi
come la limatura di ferro si addensa sulla calamita.
Parimenti allo stronzo di cane sul marciapiede anche voi per un po’ troneggerete, ma
il tempo, la pioggia e la ramazza del netturbino cancelleranno ogni puzza al vostro
riguardo.
PARTE SECONDA
Satira & Fango
Da una popolazione speleo così mediterranea e ridanciana, pronta al frizzo nonché al
lazzo, avrei immaginato che nel tempo si sarebbe sviluppata una speleosatira a 360°.
E invece su tale versante la vedo un po’ bigia... la Speleologia Italiana, s’intende.
Lungi dal voler rimediare, da somaro tiratardi quale sono, rincaro la dose. Un tempo
imperversavo tra Lazio e Toscana sempre con il Vernacoliere (noto mensile di satira
labronica) in tasca, sognando di emulare il maestro Sardelli, che ha lasciato alla storia
un fulgido esempio di satira breve ma efficace nelle Storie del Paglianti: «I DRAMMI
DELLA SCUOLA»! Tra una cavità artificiale e l’altra mi sganasciavo dalle risate
leggendo tali capolavori di satira e sconce storielle livornesi. Ogni tanto provavo a
declamarli pure a quei polentoni del mio gruppo, ma con scarso effetto pirotecnico. E
un giorno, baciato non dico dove dalle muse, cominciai a scrivere pur’io, seppur
maldestramente, qualche pezzetto di satira nel risibile tentativo d’emulare
l’inarrivabile Federico Maria Sardelli.
Ora mi appresto a rincarar la dose di quisquilie su fattarelli o fattacci o drammi della
Speleologia oppur anche di quella con la esse minuscola. Fate Vobis.
In questo anno undecimo del secolo ventunesimo (così si sussurra), mi accingo
all’opera nel Segno del Falco.
37. I drammi della Speleologia: i peti commissariati
Siete l’orgoglioso et inarrivabile Primo Cittadino di un meraviglioso antico borgo
italiano e lo amministrate con sagacia et lungimiranza. Recentemente siete stato
contattato da un branco di pulciosi speleologi che, bontà loro, si sono innamorati
delle vostre quattro pietre consunte al punto da offrirvi gratuitamente la loro
collaborazione.
Si sarebbe trattato, per farla stringata, di esplorare, fotografare, rilevare e studiare
tutte le cavità artificiali esistenti sotto il paesello, nonché le favoleggiate grotte
naturali antropizzate situate nelle immediate circostanze. Ciò avrebbe consentito una
maggiore comprensione (diciamo pure “la comprensione” e basta) della vostra storia
locale, nonché allargato gli orizzonti dei villici zotici, magari dando un impulso
all’asfittico turismo.
Supponente spalletonde quale siete, ma forte di una bella tessera di partito in tasca,
avete sprezzantemente rifiutato l’offerta degli speleo in virtù del fatto che siete troppo
occupato ad organizzare la pantagruelica “Saga della Polenta al Capitone
Mentecatto”, pardon, Mantecato, unitamente alle libagioni di contorno. L’autocisterna
di vino al metanolo, da voi ordinata appositamente per far più lieti e ottusi gli elettori,
sortisce l’effetto di regalare alla piazza del paese una bella dolina di sprofondamento.
Il carico etilico, gravando sui sottostanti et inesplorati ipogei, sfonda tutto e piomba
dabbasso con un bel botto, dando a voi di rimbalzo un bel saccone di guai.
Complimenti, bella carriera! Il meno che potrà capitarvi sarà il commissariamento del
vostro infausto borgo oramai abbandonato persin dalle tàccole.
38. I drammi della Speleologia: il tafanario abbandonato
S’aveva, alfin, tappato con tondini metallici e cemento, per tema che qualche
tapinaccio vi scivolasse dentro, quel grottino sul sentiero perché altro non era che il
classico «bucodiculoinesorabile». Ma prima si era, a onor del vero, estratto un metro
cubo di paltone per capire di che si stava trattando. Purtroppo, nella trista realtà dei
fatti, l’unica aria che ci tirava era quelle delle nostre renze.
Voi, birbantello somaraccio, una volta passato all’altro gruppo speleo (perché da noi
si faceva attività!) avete subito spifferato di codesto tafanario (pari a quello della
moglie vostra) per farvi bello e servire su di un piatto d’alpacca quello che avete
gabellato come porta d’accesso a un complesso carsico d’inimmaginabile bellezza.
Non capendo una fava nè di geologia nè tantomeno di carsismo, ad anni di distanza
siete tutti ancora lì che scavate il tafanario nel riuscitissimo intento di farvi venire
l’ernia nell’estrarre carrettate di detriti morenici misti a merda di capra e terra, nel
conturbante sogno di farlo diventare “grotta!!”.
39. I drammi della Speleologia: riflettori sul micropeto
L’ostinazione con la quale vi ostinate (venia per il bisticcio di parolette) a cercar di
capire che cosa facciano gli Speleologi i quali vi hanno porto il benservito, ovvero
v’hanno allontanato con un magistrale et ben’assestato calcio nel culo, ha
dell’esemplare pertinacia.
Si, siete un bell’esempietto di cretino che non sa come giocarsi il proprio tempo
libero e allora approfitta di quello altrui per condurre la televisione privata di turno a
girare lì, proprio lì dove quel qualcheduno sta curiosando in abiti prettamente speleo.
Microfono appuntato al bavero della vostra tuta la quale, detto per inciso, nonostante
abbia dei begli annetti non è per nulla lisa o stropicciata, segno tangibile
dell’ardimento da imbrattamutande pallemosce, vi sentite novello Arne Saknussem
sotto i riflettori della gloria (quella con la gi “Arial corpo 2”). Ma basterà non
accendere il “teletramortitore”, ovvero la televisione, per non vedervi mai più. Questo
darà agio persin ai più duri di comprendonio di cogliere come voi siate meno di
un’ombra, quindi anche meno di un peto.
40 I drammi della Speleologia: le scoregge sbandieranti
Tristemente mi tocca assistere (anche) in seno alle speleologia agli attacchi dei «soliti
quattro stolti» nei confronti di chiunque esprima un pensiero differente dal copione
speleopolitico oramai asseverato nel corso di trent’anni. A furia di ripetere la solita
litanìa petulante, falsa et infingarda, le figurette da guappi di cartone l’hanno fatta
assurgere a verità speleologica intergalattica. Forti di avere in mano gli organi di
diffusione del pensiero, mai stato proprio, ma soffiatogli nella scatola cranica
sicuramente orfana di materia cerebrale dal solito burattinaio di turno, sempre più
spudoratamente impazzano.
Dopo aver assistito all’ennesimo attacco epistolare nonché telematico, nel mentre
digerivo le cotiche di maiale generosamente accompagnate dai Bianchi di Spagna
annegati nelle Cipolle di Tropea, un rutto terrificante mi è salito dal bassoventre
squarciando lo schermo del computer. Pensando che non tutti i mali vengono per
nuocere, mi sono risolto a non assistere alle quotidiane piaggerie, dedicando più
proficuamente il mio tempo alla preparazione delle attività speleo.
Queste scoregge che sbandierano un qualcosa di non proprio non meritano nemmeno
l’odore che esse stesse provocano. Chiudiamo le finestre e lasciamole fuori: si
esauriranno come ogni cagata di vacca si sfarina sul prato baciato dal sole generoso.
41. I drammi della Speleologia: bon ton & scoreggion
Che qualcuno s’inventi lo scoop per portarsi a casa il pane quotidiano non mi lascia
stupito: con la crisi vera o presunta che galoppa a beneficio degli usurai mondiali (le
banche) di poveracci ce n’è sempre di più e sempre più fatica fanno a togliersi la
paglia dal culo. Ma costoro, oltre a inventare e pubblicare amenità coatte, utilizzano
dati non propri senza citarne la fonte. Anche questo non mi stupisce in quanto la
summenzionata crisi non genera solo poveracci, ma pure individui che, non per colpa
loro, ignorano l’educazione e l’esistenza di quel codice che si chiama deontologico.
La miseria materiale e spirituale è terribile!
Ciò che in realtà mi lascia perplesso sono le persone che si accostano e si
accompagnano a questi individui: si tratta di fantasmi che si nutrono della luce
riflessa da chi, nel bene o nel male, almeno fa qualche cosa. Tali persone li
sostengono, li applaudono, gli danno credito: questo è il vero punto dolente dello
stato di cose in cui in Italia si diguazza.
Nell’ambito delle humane vicende speleologiche può capitare che il profano
tapinaccio di turno gabelli lucciole per lanterne, ma tanto non ha mai adoperato la
classica fatica per calarsi di sotto e portare alla luce del sole un risultato concreto,
ovvero il classico dato scientificamente corretto. Non è invece ammissibile che voi,
diplopode decerebrato (la cui cavità più ampia che avete esplorato -perché sottacerloè il vostro naso per estrarvi i fichi), cerchiate d’emulare il tapinaccio nel maldestro
tentativo di grattare consensi nell’ambito speleo, sperando che la crisi energetica
abbia anche qui colpito duramente e la bufala sia presa per stracchino di qualità. Siete
e resterete una scoreggia rumorosa per il solo tempo dell’emissione, destinata a
passare inosservata grazie al bon ton di chi, haimè, vi sopporta come inevitabile sasso
nella scarpa in questa camminata chiamata vita.
42. I drammi della Speleologia: l’ottundimento verbale
La molla della lingua in acciaio svedese temperato ha fatto di voi un personaggio
necessariamente noto non solo nel ristretto, polveroso e declassato àmbito
speleologico. Difatti, al vostro sopraggiungere, s’innesca il fuggi fuggi generale pari
all’avanzata del ghepardo allo zoo, ma fuori della gabbia.
Se la vostra lingua fosse pure prensile e adatta al maneggio (o al linguaggio) di
bloccanti ovviamente speleologici, sareste un drago della Speleologia nella risalita su
corda singola.
Peccato per il tempo e l’energia calorica adoperati nella movimentazione del muscolo
al solo fine di stordire il vostro prossimo con le roboanti attività di cui siete
ovviamente l’eccelso protagonista. Stringi stringi (perché passarlo sotto silenzio?),
anche in tale fulgido caso, le distese sconfinate di parole sono inversamente
proporzionali ai risultati tangibili procurati con il sano et profumato sudore della
fronte nonché delle ascelle.
43. I drammi della Speleologia: spazzatura e megapeti
L’esserci riempiti i centri abitativi nonché ricreativi et produttivi di spazzatura è il
chiaro indice di una amministrazione inefficiente.
... amministrazione (notare la “a” minuscola) che noi, stolti gabellati, paghiamo e non
poco. Tacendo da bravi muli-cavalli di orwelliana memoria.
Di contro, e non lo si può negare, la colpa è anche della nostra sagace flemma nel
pensare che è meglio vivere “comodi” et nella merda, piuttosto che impegnarsi
civicamente e stare meglio. Ma veniamo ai fatti.
Cercando nirvanicamente il pieno nel vuoto e il diritto nel curvo, ci viene
brillantemente in mano una simpatica soluzione, derivata dalla nostra inefficace
ancorché inefficiente attività ludico-sportiva nel sottosuolo (gabellata per
Speleologia), la quale darà pure agio alle nostre tasche di riempirsi di pecunia. Tanto,
asini digià lo siamo, occorre solo dimostrarlo ai quattro venti!
Se sopra di spazzatura è pieno, sotto è invece pieno di “vuoti”, nel senso che
inferiormente ad ogni città, bene o male, vi sono inusati e inusitati spazi sotterranei.
Oltre a ricavarvi spettacolari posteggi per auto vi si possono apparecchiare i geniali
“refugium peccatorum” dei nostri inevasi rifiuti. Basta solo calarsi nelle cosiddette
viscere della città, cercare tali vuoti, rilevarli, catastarli e sottoporre il materiale così
racimolato al personaggino giusto di turno, gargantualmente assiso sulla poltrona
politica di comando.
Semmai ciò dovesse accadere, questo starebbe a comprovare il virulento pensiero che
il buco del culo più grande fa lo stronzo più grosso. A buon intenditor... poche palle!
PARTE TERZA
Fuoriprogramma!
Come se non bastassero la Prima e la Seconda, ecco la Terza Parte. Se pensavate che
le precedenti storielle o cronachelle fossero sciocche, stolte, grevi ancorché volgari...
attenzione, nulla sono confronto questo: «Fuoriprogrammmma!». Quadriemme sul
tema Speleologia (con esse Maiuscola!) & Drammi Sociopoliticoculturali.
La tenue variazione rispetto alle mie precedenti idiozie è dovuta alla colta (?) lettura
di un caposaldo della letteratura contemporanea: «Datemi del cemento e vi ci
annegherò col mondo», del mefistofelico autore Politica Mafia.
[dove Politica è il nome e Mafia è il cognome o, se più vi piace, lo stato di fatto...
tapinacci!]
In questo anno undecimo del secolo ventunesimo (così si balbetta), mi accingo
all’opera nel Segno del Falco.
44. I drammi della Speleologia: i peti trivellati
Quando si parla di «Grandi Opere» assisto a una levata di scudi in ambito
speleologico e poco più oltre. Le «Grandi Opere», ve lo dice la stessa parola,
tapinacci insulsi!, sono Opere Grandi che fanno grandi. Il fatto che la Speleologia
italiana (la «i» doverosamente minuscola) non comprenda la possanza di realizzare
faraoniche cave, autostrade tutte nodi et svincoli, passanti ferroviari sempre più
ficcanti nel territorio e gallerie a dir poco spaziali, è legata a svariati nonché variegati
fattori, da cui ne emerge, però, uno sostanziale. Lo Speleologo Italiano (la «I»
doverosamente maiuscola) è un neandertaliano. O, meglio, in lui sobbollono quei
caratteri propri o ancestrali della razza neandertaliana, definita brutta, insulsa e
cavernicola, nonché sparita una manciata di millenni fa sicuramente in modo
misterioso a bella posta per fare felici i nostri studiosi che ci gabellano con amenità
coatte pagate, perché sottacerlo, salatissime dai contribuenti. Ma torniamo al punto, o
meglio allo scavo.
Se le Alpi Apuane sono belle, la divina mano dell’Uomo può renderle ancora più
belle! Che dire della profusione di cave che quotidianamente sbancano dell’insulso
marmo per donare un domani, a noi fini estimatori, nonché pindarici esegeti della
novella scienza denominata «Speleologia in Cavità Artificiali», degli ottimi vuoti da
rilevare e su cui ponderare?
In effetti, perché sottacerlo, talvolta mi domando come mai la totalità dell’umana
gente non si dedichi all’indagine di quella carrettata di buchi più o meno
maleodoranti e più o meno spisciazzati dai rari frequentatori di turno, che
inopinatamente caratterizzano la nostra storia e costellano il nostro sottosuolo. Ma
veniamo al dunque!
Forare una montagna è l’affermazione della nostra divinità in quanto fatti a Sua
immagine e somiglianza. Da appena uno scalino sotto Dio, dobbiamo quindi
dimostrargli che il «Dio Denaro» è in grado di fare qualunque cosa e di lasciarla ai
posteri, a testimonianza di un atto civile e socialmente inutile. Già, perché a fare
«semplici opere» (notare le iniziali tassativamente minuscole) sono capaci tutti. Ma
solo se si è capaci di realizzare «Grandi Opere Inutili», soprattutto ed essenzialmente
a detrimento di un patrimonio naturale che è di tutti, si è qualcuno.
Lo Speleoneandertaliano si secca e si dispera se gli si sderena con mine e talpe il
monte e con esso la grotta, i sotterranei del castello e il semplice boschetto dove
s’inguatta a trombare la corsista nel dopogrotta oppur a sfinirsi di seghe se gli è
andata male.
Ma lo Speleoneandertaliano dovrebbe anche capire che questo è il Progresso con la Pi
maiuscola. Progresso della mafia in senso lato e in senso, haimé, stretto, in uno stato
di fatto (e non in uno stato nazionale che non esiste più da decenni) democratico e
coatto. Tenere in ordine un bosco non rende e poi è uno sfarinamento di zebedei. Fare
una bella galleriona carrozzabile o un trenino superveloce per consentire a un bidone
di vernice oppure a un divano fatto con il cascame di viaggiare a 300 kilometrini orari
è una vera conquista. Conquista di una bella fettona di denaro sottratto alle tasche
degli imbecilli contribuenti che, a detta della stessa parola, contribuiscono a disfare e
insozzare il panorama in cui vivono. Se uno degli aspetti del cosiddetto stato
democratico è che all’urna ci vanno tutti, il rovescio della medaglia è che quei pochi
ascesi a rango semidivino ci sfilano il portafoglio, imperano al servizio del
signoraggio della moneta e sono il «vialibera» per le peggio porcherie ai danni anche
della nostra salute.
Lo Speleoneandertaliano dovrebbe poi capire che in Italia (mi sento patriota e la «I»
stavolta la vergo grande) non è più una questione di partiti e di colori, ma di un solo
partito e di un solo colore, quello dell’oro o, se preferite, quello del denaro.
Continuate ad andare sotto terra, a protestare se vi rendono turistica la megagrotta e
piangere sul liquame versato in cavità: sarete sempre meno di zero perché non avete
capito che l’importante è apparire. Apparire con il macchinone, imbarcare quindi un
sacco di grana, cagare impunemente in testa al vostro prossimo. Fatevi due conti e,
quando andate in grotta, scoreggiate meno... che i pipistrelli potrebbero aversene a
male.
45. I drammi della Speleologia: il peto sociopoliticoculturale
L’aver composto la metafisica esegesi del novello tomo dell’opera omnia «Sortilegi
& Florilegi», il cui autore è il discusso ancorché incensato o vilipeso Mago Maipago,
vi ha donato trenta secondini di notorietà dandovi l’agio di montarvi la testa.
Notorietà raccattata persin, mi duole dirlo, in ambito speleologico, ma giusto giusto
tra quelle quattro o cinque, ma magari anche sei mezze figurette che ogni tanto vi
accompagnano in cantina quando spillate caraffate di quel metanolo colorato di rosso
che v’ostinate a gabellare per vino. Ma veniamo ai fatti.
In alcune foto trovate su internet ravvisate la presenza dei primi culti cristiani
testimoniati da «glifi» (oppur triglifi?) che a detta (solo) vostra sono scolpiti in un
acquedotto ipogeo del Piemonte e non (solo) nelle catacombe di romana memoria. La
comparata lettura del «De laude novae militiae» et dell’intera collezione del
«Lando», chiaramente in vostro possesso, vi forniscono poi l’ermeneutica prova
dell’esattezza della Vostra illuminazione (o illuminatezza). Ma questo non sarebbe
bastante a creare la notiziona del terzo millennio e vi aggiungete pure le impronte
lasciate a seguito delle persecuzioni agli Albigesi, la crociata contro i Catari e, tanto
per donare al beota lettore l’orgasmo misterico, persin le tracce della caccia ai
Templari.
Accecato dalla vostra stessa burbanza, programmate una temeraria escursione alla
volta dell’acquedotto, che a quota duemila metri sovrasta la Valle di Susa. Ma avete
fatto i conti senza l’oste, nel senso che la serata d’arrivo e di raccoglimento catartico
all’hotel, in vista dell’impresa che in tre durissime e lunghissime orette di marcia
dovrebbero portarvi all’imbocco dell’ipogeo situato sotto la Cima Quattro Denti, si
trasforma in una ribotta pantagruelica. Dopo aver passato il fine settimana a vomitare
anche il buco del culo nella vicina stalla (l’albergatore vi ha cacciati a malepedate), vi
risolvete a riaccendere internet e a riguardarvi la teoria di bassorilievi fotografati
all’interno del condotto, ma senza leggerne con attenzione le didascalie, le quali vi
avrebbero edotto sull’inquadramento nell’orizzonte cronologico. Essendo dei primi
del XVI (Sedicesimo) secolo (praticamente dopo l’anno zero e non prima,
stoltissimo!) la pregevole opera idraulica, che si sviluppa scalpellata a manina per
circa quattrocento metri nella nuda roccia, non può avere ospitato né i presunti
primigeni cristiani sfuggiti al Circo, né il povero e chiacchierato Giacomo di Molay e
tantomeno le raffigurazioni in bassorilievo del Bafometto, ravvisate nei volti
anch’essi scalpellati sulle pareti dell’opera.
Se non altro, le vostre solipsistiche elucubrazioni, vòlte alla conferma delle
azzeccatissime teorie, accompagnate dalla frenetica compilazione di chilometrici
appunti vergati sul retro della carta argentata riciclata a Natale, daranno l’agio a
vostra moglie di farsi trombare allegra et indisturbata dal postino (che non la bussa
solo due volte).
46. I drammi della Speleologia: il peto in cattedra
Avete chiamato un gruppetto di ciambraconi impenitenti e tapinamente dediti allo
studio delle cavità artificiali affinché vi dicessero se, effettivamente, esiste la luna in
fondo ai pozzi venuti alla luce nel corso degli scavi archeologici. E così gli
speleologi, un fausto giorno, giungono sullo “scavo” armati di tutto punto per quanto
– perché sottacerlo – apparentemente “male in arnese”.
Alla domanda «qual’è il terreno geologico» avete prontamente risposto «tufo!»
facendo capire subito agli strani figuri con chi stavano trattando. E, difatti, trattavasi
nientepopòdimeno che di calcare! Il resto ha fatto solo imbestialire voi, in quanto
rutti e scoregge non sono stati risparmiati in alcun angolo del sottosuolo della
eccezionale nonché venerata, ancorché ambita et semplicissimamente unica area
archeologica... Vostra! (???) Ma quando avete cercato furbescamente di sottrarre ai
presunti ottusi i dati scientifici frutto delle loro indagini, invece di pubblicarglieli coi
loro nomi (seguiti da quello del Gruppo Speleo d’appartenenza) come giusto e
ancorché come concordato, avete ricevuto una bella palata di merda sul muso. Che a
distanza di vari lustri o lustrini ancora puzza.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio (benché qui si stia parlando di un peto). Gli
Speleologi perdono la calma, ma non il loro lavoro e così vi apprestate, nell’indole
abigea, a riceverne una seconda. Di sugosa palata di merda, ovviamente!
47. I drammi della Speleologia: l’abbassamento dinamico della scoreggia
L’indiscussa vostra conoscenza dell’indole umana vi ha portati a considerare che se a
un coglione incapace e supponente, invece di dargli una carica di calci nel culo e
cacciarlo dal Gruppo Speleo, gli date una bella carica, ovvero un posto di prestigio (e
non di prestigiatore, perché quello è vostro) ne otterrete un servo fedele che
supinamente seguirà ogni vostra direttiva.
Questo permetterà a voi di fare il puparo, lasciando al pupo, o pupazzo, il compito di
fare manbassa delle opere d’ingegno che ogni tanto, ma sempre meno, qualcuno del
Gruppo Speleo mette in campo.
Nessuno si accorgerà che, pian piano, ma neanche poi tanto, il vostro gruppo subirà
un bell’abbassamento di tono, a benefizio del cialtrone che da dietro le quinte vi
comanda, vi spreme e pure vi sbeffeggia. Complimenti, non c’è che dire, bella
carriera!
48. I drammi della Speleologia: la stoltaggine supponente
Abbiamo affidato a voi, con mani tese e nell’anelito della più chiara e spassionata
comunicazione, i frutti dei nostri studi, delle nostre esplorazioni e delle nostre fatiche
speleologiche. Ma, accidenti, pure stavolta noi non abbiamo capito in che razza di
mondo viviamo.
In realtà a voi non solo interessa guadagnare sulle nostre fatiche, trattandoci come dei
semideficienti perché crediamo nell’importanza della cultura e della sua diffusione,
ma vi siete pure approfittate della nostra dabbenaggine. Tiranneggiati dalla vostra
redazione che lavora in modo decisamente approssimativo ci siamo dovuti scontrare
con la più palese intenzione di applicare sempre e comunque l’adagio “poca spesa,
tanta resa”, nel senso che a parte la stampa che farebbe cagare a spruzzo qualsiasi
persona dotata di buongusto, badate solo a spedire fuori il prodotto stampato con la
minore perdita di tempo, a discapito della più chiara e scontata precisione. Eppure
siete pagate per lavorare e seriamente, nonché, ma forse non è nemmeno il caso di
dirlo, onestamente.
E, onestamente, noi si penserà, per il futuro, di darvi da stampare una bella pizza di
merda fresca di vacca sulla vostra facciona a culo di suino piuttosto che passarvi
un’altra opera d’ingegno speleologico.
49. I drammi della Speleologia: prepuzi al vento
Come lupi affamati sulla pista dell’alce vi siete lanciati nel sottosuolo della vostra
città esplorandone quasi ogni recesso. Il “quasi” è la porta innanzi alla quale persin il
più magro et ardimentoso ha gettato la spugna! Avete scattato talmente tante foto da
parere i giapponesi finalmente in gita dopo aver passato 44 annetti filati (persin la
domenica pomeriggio) nella fabbrica di transistor. Le biblioteche e gli archivi li avete
affrontati come Janez de Gomera si lancia all’assalto al fianco del Sandokan di
salgariana memoria e cercate di documentare il tutto per poter offrire alla cittadinanza
vostra una signora mostra degna delle sue origini vetuste.
Il vostro Progetto (si noti la Pi maiuscola), consegnato a chi di dovere, manco a dirlo
giace ora nel fondo di un cassetto che pare la cassaforte per tenerci la polvere dei
secoli, eppure, guarda guarda, qualcosa si muove. Una simpaticherrima
organizzazione vi contatta perché sta organizzando una mostra sul sottosuolo della
città, ma necessita di due cose fondamentali: 1. le vostre foto; 2. la vostra opera
d’ingegno scritta. Ovviamente, manco a dirlo, in quanto sono “Organizzatori”
(stigrancazzi, direbbe un toscano!), il tutto dev’essere a titolo speleologicamente
gratuito. Loro, intanto, non mollano nemmeno un peto se non dietro congruo
compenso.
Con il vostro solito sorriso da ebeti vi recate alla riunione per presentarvi et definire il
tutto, vestiti ammodino e pure pettinati (si, quei quatto peli grigi che avete sulla
crozza). Vi mettete in fila lungo il lato del tavolone in mogano massiccio e all’atto
pratico, quando vi si chiede (e gratuitamente) il materiale, scattate sull’attenti e dalle
patte prontamente al vento estraete e sbattete sul legno presidenziale le vostre fave
lunghe e dure esclamando: «E oltre alle nerchie, se volete, vi mostriamo una fettina
del nostro culo e cachiamo a spruzzo nell’ascensore!», quindi concludete degnamente
la partita con un peto da guinnes dei primati emesso dal vostro beneamato presidente
dell’Associazione Speleologica.
50. I drammi della Speleologia: il fischio del culo
Se da un lato siete tosti nello seminare le corde in ogni grotta che vi viene a tiro,
lasciandole poi lì a beneficio di ghiri, diplopodi ed acari, dall’altro siete spettacolari
organizzatori di corsi (già, perché le corde costano, e non poco!).
Imbandite quindi corsi d’introduzione alla speleologia (esse rigorosamente
minuscola), corsi di speleologia vera e propria, corsi di apprendimento della
speleologia, corsi sui ripassi speleologici del dopocorso, e via così.
Ed ogni gabellato corsista sborsa una cospicua cifretta di denaro per poter diguazzare
liberamente nella mota, farsi imbragare e calare nei peggiori buchi del culo
apparecchiati dal Calcare appositamente per fargli scontare duramente la permanenza
acritica sulla Madre Terra. Ad ogni corso ecco una valigiata di euro finire nelle casse
del gruppo speleo per comperare nuove corde... e via che il ciclo pernicioso riprende!
Peccato che, pur d’imbarcare fino all’ultima monetina, siete disposti a fare il corso e
poi a tesserare tutti, ma proprio tutti, persino i tripponi, quelli dalla silhouette pari ad
un pallone da spiaggia con le caviglie.
Se i chiodi degli armi non cederanno e se le corde terranno, dovrete solo preoccuparvi
di fare fischiare col culo chi s’incastra, nella speranza che si sgonfi e non vi tocchi
utilizzare il piede di porco e la vasellina per stasarlo dalla strettoja.
51. I drammi della Speleologia: lo scatizzolamerda dabbene
Il sorriso dabbene stampato sulla faccia rubizza vi fa unanimamente considerare un
personaggio simpatico ancorché curioso. Limitato dallo scudiscio casalingo
nell’attività speleologica di punta, condotta e conchiusa nelle parti liminali delle
poche grotte che voi avete calcato facendo la punta al lapis per tracciare uno sghembo
rilievo speditivo, ha fatto di voi un elemento insoddisfatto.
Tale fattaccio, o fatterello, ovvero la vostra personale insoddisfazione, ora si
accompagna pure alla sottaciuta e ben mascherata indole insoddisfacente.
Desiderando pure voi dire la vostra in un ambito, diciamolo pure, tranquillo, serafico,
magari accomodante e ultimamente un po’ comodo, imperversate con le vostre news.
Sospetto giornalista, o cronachista, o necrologista mancato, pensate di illuminare la
supposta non conoscenza mediante notizione e notiziari. Belle e lodevoli iniziative
purtroppo lese da vizi di forma quali, ad esempio, la vostra propensione ad avere
quanto più a lungo possibile la lingua asfaltata di merda.
Chissà perché, pure voi (!), soffrite della sindrome «pacca sulla spalla», ovvero quella
malattia che induce taluni a ricevere una affettuosa (ancorché spesso falsa)
approvazione da colui che, a torto o a ragione, è definito il potente di turno mediante
riconoscimento verbale o, per l’appunto, con la classica «pacca» data a mano aperta
sulla spalla. E, se la pacca non è la sua, v’accontentate e gioite di quella che possono
elargire i suoi accoliti sottoposti.
A conti fatti siete un altro dei tanti peti che sotto l’Arco di Trionfo della Speleologia
con la Esse Maiuscola cerca una giustificazione all’aria che respira e alle scoregge
che maleolentemente molla.
52. I drammi della Speleologia: la scoperta duodenale
Versatissimi nella speleoallergia, state sommergendo il mondo speleologico mondiale
(solo a detta vostra) con le vostre personalissime elucubrazïoni riguardanti le altrui
esplorazioni nonché mediante le vostre più brillanti intuizïoni sulle altrui scoperte.
...Ammantandovi costì di parte dell’aureo mantello che giustamente spetta, invece, a
chi attività esplorativa e divulgativa la fa.
Per i tapinastri che non lo sapessero, oppur non lo supponessero, la speleoallergia è
quella sottaciuta branca della Speleologia che accomuna coloro i quali si cagano in
braghe alla sola idea di andare sotto terra, ma soggiacciono al tristo desiderio di
essere accettati nell’ardimentoso et variopinto Olimpo Speleologico.
Pertanto, come enunciato in ouverture, i pidocchi cercano così di farsi passare per
audaci pensatori et scopritori delle verità arcimboldiche e delle oniriche
elucubrazioni, ma il risultato è che talvolta surclassano le vere e proprie sane
esplorazioni e le autentiche scoperte, riscuotendo larga audience o odiens. E il motivo
semplice, ancorché perennemente taciuto, è che nel mondo alberga larga schiera di
essenze vitali le quali sono alle prime armi con il panorama materiale (la teoria della
nascita, morte e reincarnazione di buddistica dottrina) e risultano, o possono risultare,
assolutamente dei coglioni agli occhi dei profani.
Ma tali venditori di flatulenze a tradimento li si accetta senza remore in quanto la loro
ferma et asseverata funzione sociale è di attirare seco scoregge loro pari,
generalmente rappresentate da elementi per lo più insospettati et insospettabili,
chiarendo così, all’Olimpo Speleologico, quali siano gli stolti da cui tenersi alla larga.
53. I drammi della Speleologia: il peto amichevole
Col sorriso accattivante e colto, nonché con l’occhio da triglia, sapete ingraziarvi il
prossimo e pure tacchinare qualsiasi femmina che passi a vostro tiro. Ma, fino a qui,
nulla di male. Cio’ che funziona meno bene è il vostro fare da amicone con cui
girellate tra Nord e Sud Italia per recuperare informazioni riguardanti sia grotte, sia
cavità artificiali: poi vi ci fiondate fregandovene se già qualcuno (e per l’esattezza
quello che vi ha un po’ ingenuamente fornito l’informazione) ci sta conducendo
l’attività. In pratica cercate d’inculargli lavoro e gloria.
Ma più il tempo passa più rimanete solo, perché anche i più duri di comprendonio vi
hanno scaricato e la notorietà non solo vi accompagna, ma pure vi precede.
Nonostante il sole che prendete, tra un tentativo e l’altro di fregare il vostro prossimo
speleo, rimanete con un colorito verdognolo, ovvero il tipico colore dell’invidioso.
Oramai non ci resta che tenerci alla larga dalla vostra trista e sempre più spiacevole
figura, come si fa con chi scoreggia a tradimento ad ogni piè sospinto.
PARTE QUARTE
Clisteri!
In un momento storico dove lo sciocchino imperversa e in un contesto sociale in cui
s’impone l’idiota televisivo, bovinamente et con poco impegno mi accingo a vergare
(ma con fare madrigalesco) questa quarta serie che s’intitola: «CLISTERI!».
Sul finir dell’anno undecimo del secolo ventunesimo (così si ciangotta) mi accingo
all’opera nel Segno Zodiacale dell’Asse da Stiro, ascendente Canovaccio.
54. I drammi della Speleologia: il peto funambolico
Un Comune Italiano vanta nel proprio territorio, zero più, zero meno, all’incirca un
milione di cavità tra naturali et artificiali. E questa è una simpatica cuccagna per
qualsivoglia galeotto del sottosuolo che desideri cimentarsi nella loro ricerca nonché
nello studio.
Ora, funambolico vento di stomaco, dovete testé spiegare agli astanti per quale
accademico o incontinente motivo vi recate dal Primo Cittadino (il Sindaco! tapinacci
che non lo sapete) chiedendo con perentoria protervia di accedere nonché
documentare esattamente quelle quattro cavità che colleghi vostri stanno digià
studiando.
Le restanti 999.996 non vi bastano? No, volete proprio proprio quelle quattro
occupate. Direi che l’inequivocabile arbitro speleologico, ovvero il «Dio delle Grotte
che Chiudono Subito» abbia fatto bene ad appellarvi senza possibilità d’appello:
«Inequivocabile Stronzo»!
55. I drammi della Speleologia: clisteri a raffica
Nel mentre in cui ci si accinge a commentare o criticare una trasmissione che ha la
pretesa di raccontare anche solo una parvenza di speleologia (notare le esse
tristemente minuscola) noi ci si pone al suo livello. Quantomeno perché, alla fin fine,
il nostro tempo davanti allo schermo ve lo abbiamo impiegato. Poniamo, per
ispiegare l’arcano concetto, un sapido ancorché volgarotto et maleazzeccato esempio.
Se il letamaio è potenzialmente un humus su cui o da cui possono fiorire multiformi
aspetti di questa vita (vedasi l’ammonimento contenuto in una canzone di Fabrizio
De André su che ci nasce sul letamaio e che ci nasce sui diamanti), è altresì vero che
la merda puzza e lercia chi vi diguazza. E poi, in un mare di merda, mai v’ho trovato
grotte o cavità artificiali e tantomeno un fiorire di cultura o d’afflati esplorativi. La
merda è merda e se non siete in grado di portare in profondità l’esplorazione di una
grotta o scrivere i risultati scientifici ricavati dallo studio del tafanario ipogeo che
avete sotto casa, almeno non fatevi abbindolare e inscatolare il cervello davanti allo
televisivo schermo, il quale sol vi propina Clisteri!
56. I drammi della Speleologia: il peto trasmesso
Spingere sé stessi e, naturalmente, tutto il vostro Gruppo Speleologico
nell’esplorazione di una cavità è cosa meritoria. S’infrange in primis il lassismo
quotidiano subdolamente indotto con ogni mezzo dai cosiddetti «media». Ma non
solo. Pensando con la propria testa si dichiara apertamente la propria degna
appartenenza alla specie «Homo» e non a quella della specie «Colione». Si comprova
a sé stessi et agli altri che questa Madre Terra è meravigliosa, offre un sacco di
possibilità esplorative e pertanto pure numerose consequenziali possibilità meditative.
Se poi, qualcheduno, sceglie altre vie, non dobbiamo dolercene o rammaricarcene.
Difatti, a ben vedere, nonché a conti fatti, colui o coloro i quali sceglieranno la via dei
clisteri in realtà nulla hanno a che fare non solamente con la Speleologia e con la sana
pratica speleologica d’esplorazione e documentazione, ma pure con un sacco di altre
cosette e ben più importanti. Ergo, non se ne discuta oltre.
La trasmissione dei clisteri, da culo a culo, potrà solo che generare spruzzi di liquami
e nulla più. Unico avvertimento: teniamoli il più distante possibile dal nostro àmbito.
Questo semplicemente et semplicisticamente perché emanano cattivo odore.
57. I drammi della Speleologia: tripodi proni
In un mondo che sempre più si conchiude in sé stesso lasciando poco o punto spazio
alla fantasia et alla follia esplorativa per il gusto di conoscere et di trasmettere
l’acquisita conoscenza, vi cimentate nell’ardua impresa di condurre attività
speleologica seria et professionalmente scientifica.
Purtroppo nel vostro percorso incocciate in taluni tapinelli i quali non comprendono
che ciò che conta è ciò che in realtà siamo e non ciò che tentiamo di dare a vedere.
Ma in tale frangente nulla vi è di male: su questa Terra, piaccia o non piaccia, ognuno
fa il proprio giuoco. O, meglio, la propria strada o il proprio percorso di
apprendimento, se così più vi piace.
L’importante, tosto di soppiatto si sussurra, è non insozzare la propria ghigna
accettando di comparire davanti alla telecamera per dire castronate a pappagallo
attratti dalla fugace prospettiva di un frammento di notorietà, duratura quanto le loffe
(meglio conosciute come scoregge) che mollate a tradimento al cinema.
L’importante, così si osa mormorare, è non ridursi ad essere prone tripode: gambe
divaricate, schiena curva e una mano a terra, ben salda. Con la mano rimasta libera si
divarica poi la pellaccia dell’orifizio per dare agio a farvi infilare un goloso serial di
clisteri!
58. I drammi della Speleologia: peti da clisteri
Difettandovi il congruo numero di neuroni funzionanti per potervi ascrivere nella
classe delle persone intelligenti dovete comunque trovare una consona collocazione
in questa societas feroce nonché spietata. Essendo pure dotato di una non comune
voglia di fare un bel nulla, vi risolvete a rubacchiare qui e là ideuzze per mettere in
piedi un programma televisivo che possa condurvi un briciolo di notorietà e pure
quattro soldi nelle tasche.
Punto cruciale: trovare attori a basso costo e location (posti dove girare il vostro
filmatodelcazzo) in cui ambientare il vostro programma che argutamente appellate
«Clisteri!». Il dio degli stupidi, purtroppo sempre presente su questa Terramadre, vi
fornisce una bella accoppiata vincente, ovvero stupidi che possiedono le chiavi di
qualche luogo sotterraneo (ad esempio la cantina di casa loro) o comunque il barlume
d’idea di dove trovare una cavità dove orinarvi in santa pace, e lo strumento vincente
per le ardite esplorazioni: la torcia elettrica a manovella del nonno.
A filmato girato con pochissima spesa ve ne potete tornare in istudio a montarlo e
confezionare l’ennesima teleidiozia per ottundere et instupidire gli ascoltatori, mentre
i tristi figuri che vi hanno accompagnato sotto, facendovi anche da figuranti, potranno
conchiudere utilmente la giornata (o l’intero finesettimana) standosene ancora là sotto
a buttarselo vicendevolmente nel baugigi.
59. I drammi della Speleologia: il peto tenebroso
Con tutta la scienza (notare la esse minuscola) che dite di avere masticato per anni
riuscite discretamente in una sola cosa (oltre a dare fiato al culo, ovviamente).
Riuscite gustosamente a scendere nelle cripte (e solo in quelle), filmandone persin gli
angoli più reconditi. Il motivo è semplice: di cripte ce n’è dovunque e generalmente
sono dotate di scalini per accedervi comodamente.
Con l’ennesima calata nel luogo destinato alle cose morte, come le nostre carcasse
quando saranno oramai vuote della scintilla o afflato vitale, vi guadagnerete la stima
di un guappo di cartone che si spaccia per consumato cineasta. Che dire di più?
Cercate così di gabellare il prossimo con esplorazioni da teatrino delle marionette,
spacciate per imprese epocali et con risvolti scientifici e sociali. In pratica lo buttate,
metaforicamente parlando o scrivendo, nell’orifizio di chi, prono davanti al
diotelevisione, vi segue e pende dalle vostre pendule e tumide labbra.
L’eccelso Dante Alighieri creerà per voi il girone dei Clisteri! Là purgherete il
contrappasso e come cialtronescamente in vita avete cercato di buggerare il prossimo
vostro, così da trapassato sarete buggerato con bei clisteroni a raffica diretti al vostro
culetto da chiosatore di cazzi a pagamento.
PARTE QUINTA
Erezioni!
Da bravo tapinaccio sboccato e impenitente quale in realtà io sono, invece di vergare
cose forse sagge, o, meglio, invece di tacere perché il silenzio è d’oro, m’accingo a
scriver ancora di peni e peti e di giganteschi didietri. Non me ne si voglia e nemmeno
mi s’applauda perché la puzza vergata con la penna laudi e battimani non merita.
Ad ogni buon conto eccovi la Quinta Serie per festeggiare degnamente! Cosa? Ditelo
un po’ voi, perché questa serie s’intitola: «Erezioni!».
Ma poi, o anche meglio adesso, ovvero subito, che due soli pensieri vi sorgano
prepotenti: leggermi mai più e spegnere definitivamente la tivvù.
Sul finir di questo anno undecimo del secolo ventunesimo (così si conclama), mi
accingo all’opera nel Segno Zodiacale della Grotta che Chiude Subito, ascendente
Taverna. Ma prima da Voi accomiatarmi, lancio nel buio siderale il mio
ringraziamento a Fulvio Salvi, che con le parole sue non sol m’ispira, ma pure mi
conforta con il pubblicarmi tanti scritti che, in realtà, dovrebbe gettare nel secchione
(è il bidone della spazzatura! Analfabetelli!). Troppo buono! Grazie.
60. I drammi della Speleologia: il peto-pendulo
Seppure l’indiscusso nonché indiscutibile arbitro speleologico (o, se preferite, Arbitro
Speleologico), ovvero il «Dio delle Grotte che Chiudono Subito», ve l’avesse fatto
comprendere con chiari fatti, voi non gli avete ovviamente dato per benino retta. E
quindi avete accettato la collaborazione offertavi dal cazzone (elemento bipede con la
testa nelle mutande), in un’operazione dal chiaro sapore speleologico et sociale.
Ovviamente perché siete un Signore (notare la Esse di Speleologia chiaramente
maiuscola).
Ma ancor non vi capacitate di quanto possa essere priva di qualsivoglia onore la
parola di un inequivocabile peto vestito et pendulo, il quale, perché sottacerlo, si
spaccia per speleologo (notare le esse minuscolissima) e magari, sigh!, in gioventù
pure lo è stato. Ad ogni buon conto l’unica cosa che oggidì potrebbe fare non sono
giammai le esplorazioni in grotta, ma bensì le scale a piedi.
In pratica vi siete reso conto che il tapinuncolo non solo non sa sostenere con dignità
l’impegno con voi preso, ma, accidenti!, pure voi vi siete scordato che tale
tapinerrimo non è in grado di sostenere neppure il proprio cazzo quando piscia. Ma
non v’angustiate più di tanto, perché la sorte lo ha già punito duramente facendolo
crescere come emorroide infiammata in un paio di mutande sdrusce e lise, ma
terribilmente strette e solitarie.
61. I drammi della Speleologia: il peto me medesimo
Aduso a vergare versi sconci ancorché gratuitamente volgari, un dì vi chiedete come
mai la dolce et sana pratica speleologica non vi doni più alcuno spunto per scodellare
le vostre logorree in rima mai baciata sul dioweb.
Conseguentemente cominciate a volgervi attorno con lo sguardo accorgendovi, aimè
fin troppo tardi, che questa palla terracquea, la quale a detta solo vostra avete
raramente et timidamente esplorato nei fine settimana deputati all’ozïo, offre anche
altro.
Dedicandovi alfin alla ricerca di una connessione tra il sistema lessicalistico e la
fellatio nirvanica ve ne uscite finalmente dall’ambito speleologico dove, perché
sottacerlo (??), avevate drammaticamente et esaustivamente rotto i coglioni!
62. I drammi della Speleologia: ectoparassiti alla rincorsa
Siccome ogni specie ha i suoi parassiti, mi volgo attorno cercando nelle
manifestazioni di Mamma Natura un qualche cosa d’ispirazione, in questo volger
d’anno che pare porti solo che danno, per comprendere lo stato attuale delle humane
cose.
Se i nicteribidi sono una famiglia d’insetti ditteri brachiceri con la vocazione da
ectoparassiti dei pipistrelli, m’accorgo che pure le simpatiche bestiole in questo tristo
mondo soffrono, ovvero i pipistrelli. I nicteribidi sono privi di ali, magari pure di
quella fantasia di base che avrebbe, chissà (?), permesso loro d’incarnarsi nel
pipistrello e non nell’insettaccio dagli occhi ridotti o assenti e con il bell’apparato
boccale perforante e succhiatore. Noi siamo come pipistrelli: se non stiamo attenti a
dove ci appoggiamo siamo preda delle lunghe zampe provviste d’uncini dei
nicteribidi e poi, a scollarceli di dosso, non bastano le scoregge prodotte dalla
fermentazione delle verze mescolate ai cavolini di Bruxelles conditi con aglio e
menta (quest’ultima serve a rischiarare la gola del buco del culo). Noi siamo come
pipistrelli disadatti in questa nuova èra di democratica follia: ci votiamo al
parassitaggio, invece di cacciare a pedate nel culo i nicteribidi che tanto in grotta mai
ci vanno e, forse, mai ci sono andati. E non ci andranno mai!
63. I drammi della Speleologia: i peti soggiogati
L’humana travisazïone delle cosette che voglia o non voglia compongono le
piacevoli-spiacevoli quotidianeità di codesta pallamondo ha contagiato anche il
nostro ristretto microcosmo demodè.
Il fatidico momento delle elezioni in seno al vostro Gruppo Speleologico ha
risvegliato le più abbondanti salivazioni nelle cavità orali di coloro i quali desiderano
dire ad alta voce la propria, credendo -così- di contare qualcosa. E, guardate bene,
tranne pochi e rari casi i quali non fanno che confermare la stolida ma inamovibile
regola, chi desidera la fettona di potere e chi si accontenta pure della fettina, sono
elementi tra i più disparati, ma che in comune hanno una lunga (e talvolta totale)
assenza dall’attività speleologica. Ma perché non ce li caviamo di culo? Verrebbe da
esclamare. Ma per il semplice motivo che così mantenendoli danno a noi agio di
gonfiare le guance pendule parlandone male e di mollare pure qualche bella scoreggia
al loro indirizzo. Basterà?
64. I drammi della Speleologia: peti allo sbaraglio
L’Università di Catenate sul Glande s’è alfine dotata di una cattedra di petologia
ipogea e a voi non pare vero di potervici iscrivere seppure, perché sottacerlo, con
grande sacrificio economico. Già, i tempi per lo studio sono oramai da scordare, visto
che le banche stanno strozzinando il popolo.
Lasciate dunque l’arguto studio di anacardi e cetriolini degni compari di birrette e
canparyni nonché altri miscugli etilici sderenafegato, per tuffarvi nel tripudio della
cultura. Il fatto di avere appreso che in talune rocce laviche si forma qualcosa che
assomiglia alla grotta, ma che in realtà non è calcare che si lascia modellare
dall’acqua, vi eleva sugli astanti. La successiva organizzazione di un gruppo
chiacchierante di grotte sarà per voi la catarsi in quanto, data la consumata abilità
nell’estrarvi i fichi dal naso, potete aspirare alla carica di Gran Capo, in chiave
“pellerossa”. Gli annali della Storia ricorderanno voi e la vostra cricca come fini
estimatori d’un qualcosa che se avesse beneficiato meno delle vostre attenzioni si
sarebbe -senza dubbio- sviluppato più sereno e al meglio di sé stesso.
65. I drammi della Speleologia: gli argomentatori di nerchie altrui
Mi chiedo come sia possibile avere pupari che adescano pingoni pieni di piscio e li
erigono alle più alte cariche della vita suburbana. E a maggior ragione m’interrogo
sul come mai vi siano piscioni che con l’ambito del suburbano e del sottoproletariato
speleologico non abbiano mai avuto alcunché a che fare, eppure vi albergano alla
grande. Per sovrammercato, dal punto di vista della speleopolitica, si danno un
grande daffare. E c’è pure una discreta schiera di ottusangoli che li plaude.
In pratica, sia pupari sia piscioni, l’unica cosa che in vita loro hanno esplorato sono le
proprie cavità nasali al fine d’estrarvi spettacolari fichi da spalmare a tradimento
sotto le poltroncine del cinemino di periferia intanto che cercavano d’argomentare le
nerchie altrui invece di seguire la sdruscia trama della pellicolaccia proiettata. E, fin
qui, nulla di male.
Vorrei però sapere come tali pindarici peti habbiano acquisito conoscenza del
variegato àmbito speleologico. Forse che ne hanno sentito discorrere i genitori? forse
che da piccini si provavano di nascosto l’imbragatura del padre esibendosi poi allo
specchio con la nerchia di fuori? Ad ogni buon conto anche questi, assisi tra le
poltrone impellate dell’alta borghesia speleologica (quella che non s’insozza, rompe i
coglioni e fa la voce grossa), difficilmente ce li caveremo di torno.
66. I drammi della Speleologia: erezioni plaudite
Tutto questo fervore, o fervorino, attorno alle elezioni presidenziali in un ristretto
ancorché sottonotatissimo àmbito come quello dei quattro pulciosi che si spacciano
per speleologi riunendosi alla bell’e meglio nello scantinato di un bar di provincia,
all’insegna dell’associazione speleologica, non è affatto giustificato o giustificabile.
Ma, si sa, ognuno butta alle ortiche il proprio tempo come meglio ritiene più
opportuno. D’altro canto il pregio della cosiddetta democrazia è proprio questo.
Certamente, non si puote sottacere come l’energia di tanti sconsiderati che vanno
sottoterra possa essere raccolta a beneficio di chi sotto va solo in cantina a prendere il
vino e, pertanto, aspira ad una carica di presidente (notare la gnomesca pi) o, meglio
ancora di viro probo, meglio noto come probiviro.
Alla fine della minestra il solito giochetto è quello di assurgersi a collettori di
informazioni. Di qualunque genere esse siano, tali informazioni, innanzitutto non
costano alcunché. Ma chi sa come fare a rimestare nel torbido sa anche come farle
fruttare, anche e soprattutto per mantenere attiva una rete di conoscenze che portano
soldi e, soprattutto, lavoro lucroso in università.
Rimane quindi comprensibile l’erezione dell’illustre-sconosciuto ogni qualvolta
riceve gratuitamente pacchi di dati, carte et informative prodotte per lui a costo zero
dai pitecantropi coglioni i quali si sentono così elevati nella scala evolutiva
(perdonate il bisticcetto di parole) da una bella pacca sulla spalla a mo’ di
ringraziamento. E nulla più.
PARTE SESTA
2012: l’Anno dell’Apocabisso!
Seppur mi ripromisi di darci un taglio, ancora ritrovo me medesimo con la piuma in
mano a parlare di Drammi et buchi vari, nemmen io fossi maldestra et sgraziata copia
di un Aretin che scrisse versi in punta di stiletto e senza togliersi il cappello. Ogni
cosa, però, cela un motivo e palesarvelo io voglio: di quest’anno si parla male da
quando si principiò il Millennio e per scongiurare il fato forse avverso scrivo e mi
ritiro in un abisso... di noia e di dispetto. Ad ogni buon conto eccovi il Titolo della
Serie Sesta (per la verità assai breve, ma greve), per festeggiare degnamente la
speleologia che si-vota-a-che-ma-ditelo-un-po’-voi.
67. I drammi della Speleologia: scoregge radioattive
Tutt’altro che attento alle problematiche ambientali nazionali, intanto che cambiate
l’olio alla vostra vetusta vettura scaricandolo (l’olio esausto, s’intende, oltreché il
canarino pur’esso sfinito) direttamente nella dolina dietro l’angolo di casa, tenete la
radio accesa a palla. Apprendete così che in Val di Susa è ancora bagarre.
È mai possibile, vi domandate tra un peto e l’altro, che codesti valligiani non possano
farsi indebitamente espropriare i terreni, manganellare e gassare standosene in
silenzio? Così facendo, ovvero schiamazzando, incrinano la quïete nazionale. Costì
facendo non solo danno fastidio all’italiota, ma turbano la solida democrazia. Orbene,
facciamo un bell’inciso o, se vi piace, una bella incisione: agguantate il vocabolario
di latino (quello sdruscio e unto di panfocaccia del liceo da cui vi hanno buttato fuori
a calci) e leggete: «demo: portar via, togliere, sottrarre, levare [da: Conte G.B. et alii,
Il Dizionario della Lingua Latina, Le Monnier, Milano 2001, p. 294]». In pratica,
questi valligiani, minano la forma di governo che sottrae illegalmente al popolo
quello che pare e piace a chi governa, meglio se non eletto dal popolo. Ma
soprassediamo su tali questioni scomodissime e incompatibili con la finale di Coppa.
In fin dei conti la novella galleriona valsusina sarà tra duecento o trecento oppur
quattrocento annetti (mese più o mese meno) uno splendido capolavoro di cavità
artificiale da fotografare, rilevare e presentare a qualche bel congresso, o convegno se
più vi piace, tapinerrimi. Quindi, diamine, porgiamo le terga (... ma fatelo per primi
voi) e lasciamo che la Grande Opera Inutile si compia. Nel frattempo, già che vi
sovviene, non avete ben capito dove lassù stiano scaricando lo sfrido (ovvero il
materiale di risulta prodotto dallo scavo della galleria) ricco di amianto. Già,
l’amianto, quel mineralino birbante che fa bene ai polmoni e fors’anche ai bronchi.
Ma dove stanno poi scaricando anche l’altra roccia, quella incontrata dopo l’amianto,
che è, a detta dei soliti facinorosi, radioattiva? Già, pare che gli operai possano
usufruire di una bella schermografia gratuita et prolungata ogni qualvolta picconino
lassotto. Ad ogni buon conto, radioattivo o non radioattivo, amianto o non amianto,
dove scaricano tutto quanto? Direttamente nella dolina dietro casa vostra, OH
BECCHI!!!
68. I drammi della Speleologia: peti di gola
Dopo lunghe riflessioni presiedute e scandite dallo sciacquone, tosto vi tirate in piedi
mosso dal sacro fuoco della ribellione. In realtà il binomio matematico
(incresciosissimo!) rappresentato da emorroidi a mo’ di melarance et il cagotto (noto
ai meno sboccati come diarrea) vi ha infiammato, ma non certo l’animo. Quello
chetamente dorme.
Il pensamento è stato indotto da una chiacchierata telefonica, la quale ha rimembrato
a voi quella sonora scoreggia vestita che ancora, oggidì, alberga nel vostro àmbito
ludico-sportivo. Da sgangherato ridanciano plaudente alle battute del Capo, passò al
ruolo di professore (notare la pi gnomesca) in follicolazione cavernosa. E quel che vi
rode il culo, pardon le emorroidi, è sapere che grazie alle statali tasse lo si mantiene
egregiamente. Per il resto lui, con le sue sentenze semidotte, può andare a farselo
buttare nel chiaroscuro. Tanto, dove andate voi, non rischiate certo d’incontrarlo!
69. I drammi della Speleologia: chiavate anamorfiche
Se attenti alle umane nonché quotidiane cose vi accorgerete della curiosa ripetitività
di talune azioni che, a seconda dell’umidità dell’aria, voi appellate con il nome di
«chiavate» oppur di «inculate». Anamorficamente parlando, la Grande Opera Stradale
oppur Ferroviaria (ma giammai Idroviaria), meglio se in galleria, è oggidì
paragonabile (me lo si conceda) alla compressione entro il normale orifizio carnoso
di un campo orizzontale assai più ampio del normale. Sorge birbante il quesito: ma se
le stradone e le autostradone lombarde sono servite per nascondervi al di sotto
immondizia e materiale più o meno tossico, dentro la galleria nella Valle di Susa che
ci nascondono? L’ennesimo bunker militare per armi nucleari? Vedasi, in ogni caso,
Tipologia N°6: cavità artificiali ad uso militare.
Viene da sé che il cosiddetto frizzone o bruciorediculoinesorabile spinga,
metaforicamente parlando, a manifestare una qualche indisposizione al sistema. Ciò
di cui, invece, non si tiene conto, è il puro giubilo che s’espanderà, o trapelerà, oppur
esfiltrerà da ogni buco et fessura nell’attimo catartico della congiunzione tra due
gallerie. Vedasi, ad esempio, quella della TAV da parte francese e quella, in
mediterraneo ritardo, da parte italiana. Che dire ai presenti, nonché ai posteri, della
giunzione di una Grande Opera Inutile nel cuore di un sistema roccioso ricco di
cancheroso amianto et di inarrestabile minerale radioattivo? Che dire, in primis ai
posteri, per qual motivo le schermografie sotterranee ricevute passando da una parte
all’altra delle valli non fossero né prescritte dalla mutua né tantomeno rimborsate?
Personalmente, mi si perdoni l’arretratezza, il giorno che dovrò transitare da uno stato
all’altro della materia lo farò a piedi!
PARTE SETTIMA
Supercazzi e Micropeti
Sul conchiudersi dell’anno decimoquarto del secolo ventunesimo mi accingo
all’opera, nel Segno Zodiacale del Somarodaweb, ascendente Oloturia (ovvero il
“cazzo di mare”, o tapinacci!).
Sempre devoto e prono innanzi al Maestro del Vernacoliere, ovvero l’Inarrivabile
Sardelli, mi tolgo tanto di cappello innanzi a ognuno e un peto mollo prima d’alzare i
tacchi.
So che non avrei dovuto, stante la rigorosa promessa fatta a me medesimo (?), ma le
synpathie poetiche et birbantelle mi hanno indotto a vergare nuovamente odorose
scemenze, nella certezza che non di sola kultura si prospera. Anzi.
Sarà vero?
Mi pregio quindi, dal basso della mia cantina dai tarlati ripiani, di vergare et inviare
tosto al paziente e sagace Fulvio-NUg una novella puntata della catartica et
caterattica serie dei Drammi! (della speleologia, con la esse corpo 4, ben inteso!).
70. I drammi della Speleologia: corregge nel web
Nello sfogliare libri, libercoli et trattatelli di architettura, al fin di gettare alle ortiche
il mio libero tempo terrestre, ho trovato una parola: «correggia». Ho quindi dato
corrente al computer accedendo al dioweb per trovare corrispondenza e scioglimento,
ma ho colto solo la moda del momento, il tormentone della stagione, dall’autunno
all’estate, il leitmotiv speleologico o speleoprosaico del millennio: la divisione.
Quand’ecco, illuminato sulla via della Stoppani (grotticella lombarda) ho capito
essere tali tiramenti semplici «corregge» da web. Per quale insondabile e
apparentemente insanabile motivo raramente trovo scritto che il tal gruppo e il
talaltro si trovano sottobraccio per fare esplorazione? Oppure, casomai, perché non
leggo «... nel mentre che andiamo in grotta ad esplorare e a rilevare... perché non
parliamo di Speleologia e poi ne scriviamo?». Non ho letto di secessionisti che tutti
assieme, cantando Dixie, esplorano un mirabolante grottone e conseguono i primati
europei di profondità, sviluppo, tiraggio dell’aria ed emissioni di vapori arsenicali dal
culo.
Già diviso, l’ambiente speleologico interplanetario è come la vecchia terrina della
nonna: scivolata di mano al puparo di turno si è schianta sulle mattonelle andando in
una bella miriade di frantumi. Voglio ben sperare che da ogni frammento (o
frantumo) nasca una spinta realmente speleologica: più sono gli speleologi degni di
fregiarsi di una esse maiuscola, meno il puparo di turno sarà capace di riagguantarli
tutti sotto la sua lunga mano.
In fin della favoletta: non tutti i mali vengono per nuocere e abbiate il coraggio di
osare e non sol di correggiare.
71. I drammi della Speleologia: superpeti e microcazzi
Dotati di una sagacia non comune, all’accorgervi che in giardino vostro erano arrivate
quatte quatte le talpe a sderenarvi dal basso le ortensie, vi colse la catartica et
enthusyasmanthe ideona di studiare i labyrintici et ipogeici percorsi, scavati ben
benino dalle bestiole.
Munitivi d’apparecchiatura sofisticatissima (acquistata dal rottamajo sotto casa “da
Topo”) vi dedicate anima et corpore all’inusuale, ma nuova, indagine.
Tra un colpo di piccone e uno di zappa vi accorgete (hoibò) che non solo le talpine
d’assalto scavano cavità, ma pure anche altri synpatici animaletti vi si dedicano.
Colti da Darviniana e Linneica (?) foga, posate gl’instrumenti dell’indago molesthya
e vi mettete tosto, stilo, calamajo e pergamena di porco (quella conciata dal culo) in
nmano, a stilare una thypologica rassegna delle stesse, ovvero delle «Cavità
Artificiali delli Animali Subterranei».
Al Primo Congresso del vostro Dopolavoro dei Consumatori d’Anacardi presentate la
sientyfica indagine con petto gonfio di orgoglio et sommo gaudio.
Sommo gaudio colto prontamente dagli astanti che, tra un bianchino e l’altro, si
sganasciano a dir poco sguaiatamente, con ampie pacche su spalle e cosce.
Risultatone: un’ernja strozzata, ma systemata a tempo, e due anch’essi in hospitale
ma per slogatura della mandibola. Dal gran ridere, ovviamente.
Complimentoni, bella carriera.
72. I drammi della Speleologia: linee di penZiero del peto sincero
In questo momento di bizantino disimpegno, dove studi e cultura vanno a braccetto
con pensiero unico e usura, ci si stupisce giustamente che qualcheduno non si allinei,
ovvero non allinei la tacca di mira, cioè la linea del culo, con la canna dell’arma,
ovvero all’uccello padulo.
Anche in campo speleologico (notare la esse minuscolerrima) il non allineamento al
catartico momento produce levata di scudi… ma prontamente fatta oggetto di frizzi e
lazzi.
Alla conclusion dei fatti, oh birbantelli, se non vi omologate, sono sempre e
comunque cazzi che voi recuperate. Ma dice il saggio: «Basta scansarsi!».
Si decida adunque, nella speleologica atmosfera, se respirare col naso perché leccate
il culo, oppur se respirare col culo perché tenete alta la testa et il naso all’aria.
Ma si può fare anche di meglio!
Orsù, tapini tutti, me compreso, s’indossi la sdruscia e polverosa tuta et il casco
pataccato, per compiere il galeotto impegno della calata controtendenza e riportare
alfin un risultato che non sia una semplice “presenza”.
73. I drammi della Speleologia: la ratificazione della scoreggia
Birichini siamo alquanto e dei nostri peti ne facciamo vanto.
Davanti ad un calice di vino, nel dopogrotta o nel dopobuco artificiale, noi ci
raccontiamo e ci divertiamo di noi stessi, delle nostre piccole imprese, del nostro
tempo terrestre dipanato nel volerci bene, nell’esserci amici e nel rider degli stronzi
che vorrebbero gabellarci per “inimici”.
Poveretti!
Essi siedono sulle cadreghe del baraccone, fatte passare per olimpiche poltrone, ed
agli astanti dispensano sapienza, condita con marchiani errori, certi che i culimosci
mai avranno l’ardire a contraddire loro.
La stoffa non ce l’hanno, perché al ridere e al giocare noi brindiamo… e non ci
omologhiamo!
74. I drammi della Speleologia: il peto che dileggia
Il peto che dileggia non è una scoreggia. Da una parte all’altra ci si tira addosso palta.
Ma nell’essenza del reale rimane fermo, inequivocabile e sostanziale, il peto che
palleggia su e giù come scoreggia, tra le teste dei dotti soloni somaroni che,
apparecchiatisi la scrivania a mo’ di pulpito ancestrale, ci dispensano il lor pensiero e
la loro “scienza”, manco fossero emissione o creazione di “Verità Assoluta”, in
ottemperanza con l’omologazione attuale.
Alla sostanza della storia grassa, io me ne frego e, tolta di dosso la corazza del
sussiegoso et speleologico impegno, chino lievemente il culo… e poi scoreggio!