I drammi della speleologia!
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I drammi della speleologia!
I DRAMMI DELLA SPELEOLOGIA! DI GIANLUCA PADOVAN I DRAMMI DELLA SPELEOLOGIA! Amenità varie e perdite di tempo. Non leggete, se di cuore tenero, non divulgate, perché non ne vale la pena. Il tutto est vergato da me medesimo sottoscritto, di solito a seguito d’abbondanti libagioni, strizzoni intestinali, impennate emorroidiche et tempeste gassose (quelle di culo, beninteso). Gianluca Padovan Post Scriptum: «… se tutti si scrivesse di merda, si avrebbe meno tempo per cagare in testa al prossimo!» Post Post Scriptum: Nomi, Cognomi, Vezzeggiativi, fatti, luoghi et amenità varie, sono TUTTI, assolutamente, di invenzione o d’onirica ispirazione. Desolatissimo qualora qualcheduno ravvisi verosimiglianze con fatti realmente accaduti. Ce ne si scusa anticipatamente con abbondante aspersione di carburo esausto sul capo. Se poi qualcuno abbia a ché dire, si comporti in modo corretto e tutt’altro che rapace, o stolto, favorendo (e non già impedendo) il lieto e versicolore sviluppo della Speleologia. Quella con la Esse maiuScola. Così non si ravviserà alcunché!!! INDICE I. I DRAMMI DELLA SPELEOLOGIA 1. I drammi della speleologia: il botto bilaterale 2. I drammi della Speleologia: il sito funesto 3. I drammi della Speleologia: il dramma scampato con scoreggia ambidestra 4. I drammi della Speleologia: il flato dotto 5. I drammi della Speleologia: la merda pavida 6. I drammi della Speleologia: il botto da primato 7. I drammi della Speleologia: la scoreggia risolutiva 8. I drammi della Speleologia: la pacata arte del peto 9. I drammi della Speleologia: lezioni insidiose 10. I drammi della Speleologia: la cagata vendicativa 11. I drammi della Speleologia: merda si, ma scampata morte certa 12. I drammi della Speleologia: la scoreggia titanica 13. I drammi della Speleologia: moto d’orgoglio e flato vibrante 14. I drammi della Speleologia: il duro sapore della merda 15. I drammi della Speleologia: oltre il muro del suono 16. I drammi della Speleologia: il rutto mesto 17. I drammi della Speleologia: caccole al vento 18. I drammi della Speleologia: il peto stanco 19. I drammi della Speleologia: il casco sapido 20. I drammi della Speleologia: soffi di gloria 21. I drammi della Speleologia: l’incontinenza tenue 22. I drammi della Speleologia: skizzi e strizzoni turistici 23. I drammi della Speleologia: la sciolta da grotta 24. I drammi della Speleologia: peti a vuoto 25. I drammi della Speleologia: il peto solingo 26. I drammi della Speleologia: il rilascio stolto e rumoroso 27. I drammi della Speleologia: il petone dissenziente 28. I drammi della Speleologia: la carica di scoregge 29. I drammi della Speleologia: la lingua pendula 30. I drammi della Speleologia: l’indole ad angolo retto 31. I drammi della Speleologia: il fiato sospeso 32. I drammi della Speleologia: l’ora del peto 33. I drammi della Speleologia: il botto magico 34. I drammi della Speleologia: il rilascio da incontinenza 35. I drammi della Speleologia: Il flato tenue et viscerale 36. I drammi della Speleologia: Il peto pavido e infingardo II. SATIRA & FANGO 37. I drammi della Speleologia: i peti commissariati 38. I drammi della Speleologia: il tafanario abbandonato 39. I drammi della Speleologia: riflettori sul micropeto 40. I drammi della Speleologia: le scoregge sbandieranti 41. I drammi della Speleologia: bon ton & scoreggion 42. I drammi della Speleologia: l’ottundimento verbale 43. I drammi della Speleologia: spazzatura e megapeti III. FUORIPROGRAMMMMA! 44. I drammi della Speleologia: i peti trivellati 45. I drammi della Speleologia: il peto sociopoliticoculturale 46. I drammi della Speleologia: il peto in cattedra 47. I drammi della Speleologia: l’abbassamento dinamico della scoreggia 48. I drammi della Speleologia: la stoltaggine supponente 49. I drammi della Speleologia: prepuzi al vento 50. I drammi della Speleologia: il fischio del culo 51. I drammi della Speleologia: lo scatizzolamerda dabbene 52. I drammi della Speleologia: la scoperta duodenale 53. I drammi della Speleologia: il peto amichevole IV. CLISTERI! 54. I drammi della Speleologia: il peto funambolico 55. I drammi della Speleologia: clisteri a raffica 56. I drammi della Speleologia: il peto trasmesso 57. I drammi della Speleologia: tripodi proni 58. I drammi della Speleologia: peti da clisteri 59. I drammi della Speleologia: il peto tenebroso V. EREZIONI! 60. I drammi della Speleologia: il peto-pendulo 61. I drammi della Speleologia: il peto me medesimo 62. I drammi della Speleologia: ectoparassiti alla rincorsa 63. I drammi della Speleologia: i peti soggiogati 64. I drammi della Speleologia: peti allo sbaraglio 65. I drammi della Speleologia: gli argomentatori di nerchie altrui 66. I drammi della Speleologia: erezioni plaudite VI. 2012: L’ANNO DELL’APOCABISSO! 67. I drammi della Speleologia: scoregge radioattive 68. I drammi della Speleologia: peti di gola 69. I drammi della Speleologia: chiavate anamorfiche VII. SUPERCAZZI E MICROPETI 70. I drammi della Speleologia: corregge nel web 71. I drammi della Speleologia: superpeti e microcazzi 72. I drammi della Speleologia: linee di penZiero del peto sincero 73. I drammi della Speleologia: la ratificazione della scoreggia 74. I drammi della Speleologia: il peto che dileggia PARTE PRIMA I drammi della speleologia Devoto lettore del Vernacoliere e fine estimatore dei frizzi e lazzi dell’esimio maestro di satira Federico Sardelli, mi appresto a trarre ispirazione da quest’ultimo nel maldestro tentativo d’emularlo nella sua mai abbastanza incensata serie catartica et apologetica: «Alunno Paglianti: I Drammi della Scuola». Consegno pertanto ai Posteri al fine di monito et insegnamento a piccini e vecchi speleo: «I drammi della Speleologia!». In questo anno decimo del secolo ventunesimo (così parrebbe), mi accingo all’opera nel Segno del Falco. 1. I drammi della speleologia: il botto bilaterale Prevedendo di stare in grotta 24 horette filate nel tentativo d’imboccare l’agognata prosecuzione dell’antro comunemente noto, nel ristretto ambiente speleo, come “bucodiculoinesorabile”, acquistate cibarie et libagioni pari a quelle che normalmente se ne andrebbero per un pantagruelico cenone capodannesco, per tema di patire seppur vaghi languori di stomaco. Ma fin qui nulla di male, se non fosse che il maltempo vi blocca ai piedi del sentiero praticamente ancora a bordo della vettura, inducendovi ad attendere lo spiovere dando fondo al commestibile che per essere assunto necessita dell’accompagnamento di una intera bottiglia di grappa al dimetilpropano. Finalmente giunti all’agognata grotta pedemontana, ubriachi fradici, per dare prova di saldezza ai tapinacci compagni di ventura vi esibite con eleganza in uno scorrutto, in verità nel maldestro tentativo di liberarvi subitaneamente dai vapori che ottenebrano e gonfiano. In realtà la scoreggia prorompe in un incontrollato e incontrollabile magma merdaceo devastando il sottobosco, mentre il rutto si rivela essere, in tutta la sua tragica realtà, una apocalittica vomitata da 100 megatoni che riempie il già fetido antro. 2. I drammi della Speleologia: il sito funesto Invece di prestare fede all’oroscopo stampato a caratteri gotici nella rivista di quartiere decidete di santificare la domenica in grotta e non già dormendo come suggeritovi. Mediando la situazione scegliete una grotta poco impegnativa per vedere di allargare con gli arditi compagni di ribotta una fessura che a vostro dire soffia aria e quindi lascia aperta la possibilità di portare l’esplorazione dei miserabili 15 metri (lasciando la bindella lasca) al tripudjo di un chilometro e passa con lago terminale delle dimensioni di una piscina olimpionica. Lo stinco di maiale con cipolle e senape gustati a colazione assieme a una pagnotta ai 15 cereali inzuppata nel latte tiepido, donano i loro effetti proprio nel mentre prendete a picconate la fessura, che inaspettatamente dopo pochi colpi, assestati con inusitata perizia, si allarga investendovi con un bel getto continuo di aria diaccia marmata a 2° costanti sopra lo zero assoluto. L'eccitazione e il gelo si combinano dando vita al composto sulfureo che alberga nell'intestino crasso e all'ennesima picconata lo sforzo vi giunge fatale lasciando che lo sfintére libero da controllo consenta all'onda di sessa di allagare all'istante mutande, sottotuta, tuta e stivali spandendo all'intorno miasmi pari a quelli fuoriusciti dalle fogne di Calcutta dopo l'alluvione. I compagni, vuoi per sfuggire al sito funesto, vuoi per adémpiere al Dovere Speleologico, approfittano della vostra corsa all'esterno intesa a levarvi la merda di dosso, per trombarvi l’onore di varcare per primo la soglia dell'inesplorato ignoto e ascrivendo così, seduta stante, i loro nomi e non già il vostro all'albo d'oro delle scoperte ipogee. 3. I drammi della Speleologia: il dramma scampato con scoreggia ambidestra L’estivo Campo Speleologico vi accoglie tra le sue braccia cariche degli scontatissimi disagi, quest’anno vieppiù acüiti dalla totale mancanza d’acqua, fattore che -per altropasserà quasi totalmente inosservato data la vostra propensione agli alcolici e alla non applicazione delle più elementari norme igieniche. Ma già la prima sera una sorpresona vi attende accanto al fuoco da campo, fumosissimo e allestito alla bellemeglio entro una dolina, sotto forma di piacevole figliola in felpa e bermudoni militari perfettamente stirati e con la riga diritta, fatto che da solo sarebbe bastante al mettervi sul chivalà!!?! La trota, pardon, la fanciulla prende sussiegosamente parte alla chiassosa cena che, essendo la prima e quindi l’inauguratrice del Campo, si trasforma rapidamente in una pantagruelica ribotta che nei successivi giorni costringerà tutti gli speleo ad un severissimo razionamento viveri e facendo assumere ai successivi deschi, bestemmie a parte, un’aurea di francescano rigore. Essendo il Maligno in perenne agguato, ecco che il vostro vacuo sguardo è catturato dagli occhi di colei che vi fissano con marcato interesse. Si, voi, proprio voi, ciambracone impenitente, tra tutti siete il prescelto e l’istinto di conservazione viene subitaneamente tacitato dal bramito d’alce che sale dal vostro bassoventre. È d’uopo testé chiarire che perniciosi e distorti giochi psicologici (?) hanno indotto consapevolmente-inconsapevolmente la sirena ad approcciarsi alla Scienza Speleologica in virtù dell’urgenza di trovare un compagno da condurre su di una retta via, pari ad un alberato viale di cipressi d’antica memoria, utilizzabile a breve pure come dispensatore di seme. I giochi sono presto fatti tra i commenti salaci ancorché volgari degli astanti, i quali vi fanno inconsciamente presagire di dovervi defilare quanto prima con la benincontrata se la volete degnamente impalmare. Ma, e il benigno e tapinaccio “ma” c’è sempre, venite proditoriamente anticipati dall’innesco di una coinvolgente e sapiente diatriba sul sesso degli angeli speleologici alimentata da Wisky al benzene della più squallida sottomarca. Poi la gara a chi scoreggia più forte completa e conchiude il dramma (o la catarsi). La luce del mattino vi scopre riverso nella vostra vuota tenda, vuota si della di lei figura, ma piena d’odore di merda e di vomito. Come giusto epilogo la femmina ha brancato un altro maschio, che ovviamente saluterà il campo speleo come sua ultima impresa non solo da speleologo, ma pure da uomo libero. 4. I drammi della Speleologia: il flato dotto A completamento dei vostri studï humanistici scientemente v’adoprate per entrare a far parte del locale Gruppo Speleologico dove vive, relitto d’altri tempi e in odierno regime di democrazia (?), un sistema feudale da X secolo. Da tapino portasacche vi cimentate nell’ascesa sociale con farisaico zelo, accattivandovi la simpatia degli astanti in quanto sapete intonare la marsigliese col culo e modulare a rutti il mamelico inno. La superiorità intellettuale vi condurrà quindi a divenire il capo supremo e indiscusso instaurando a vostra volta un modello di poleis greca, in chiave speleologica, retta da perfetto tyrannus. 5. I drammi della Speleologia: la merda pavida Trippone supponente quale siete, dopo esservi cimentato in ogni tipo di attività ludico-sportiva, dalle arti marziali sino-vietnamite al domino, vi approcciate alla Disciplina Speleologica. L’arrogante baldanza delle prime uscite in grotta vi regala il livore persin dei più miti e il trofeo Pezzodimerda del Corso Speleo XXIV. In parole povere state sui coglioni a tutti e non v’è modo di farvi sparire. Ma alla prima esplorazione il fato si palesa volendo l’intera squadra di punta impegnata col vostro peso morto in una esplorazione durissima che vi ottenebra le già scarse facoltà percettive. La sconsideratezza dell’incedere vi accompagna all’esibizione di uno spettacolare inciampo con tuffo olimpico in un motoso specchio d’acqua, in cui caga una colonia di 24 milioni di pipistrelli. L’evento è salutato da un corale «schiantamerdoso!» coreograficamente completato d’apotropaici gesti; sortendo inspiegabilmente vivo guadagnate l’esterno in barella tra insulti e sputi furtivi. Affatto colti nell’orgoglio decidete d’aver provato anche questa orientandovi ad altro, ma trascinandovi appresso un pernicioso strascico il quale dà luogo nelle anse duodenali a un bel precipitato di merda che all’istante va a premere sullo sfintère contratto anche alla sola vista d’una cantina buja. 6. I drammi della Speleologia: il botto da primato La vostra amata fidanzata v’ha piantato con un magistrale calcio nel culo andandosene col nuovo ganzo. Lo struggente evento, nel quale vi ostinate a non voler cogliere l’incommensurabile affetto del quale gli Dei v’omaggiano (tapinaccio ingrato!), vi riconduce all’attività speleologica anzitempo disertata per volere della jena. A festeggio della rentrée gli amici del vecchio -in ogni senso- Gruppo Speleologico organizzano una monumentale cena sociale intitolandola “Il Ritorno del Becco” e per il seguente giorno l’uscita in una delle più belle e poco impegnative grotte della regione appellandola “Il Becco Colpisce Ancora”, senza minimamente supporre la possanza profetica di tali parole. All’alba delle 7.30, ovvero a ribotta testè consumata, lo speleoparco-ubriachi si fionda alla vòlta della Grotta delle Meraviglie, ove giace un salone ricco di stalattiti, stalagmiti, tripudi d’aragoniti e cristalli, che un bel pozzo da 50 metri di profondità preserva dai soliti intrusi bastardi martellatori et asportatori di concrezioni. Al centro del Salone dei Cristalli vi sbracate esausti a smaltire l’alcool attorniato dai fedeli compagni che, avendo colto nei vostri lucciconi lo spettro della sbronza triste, humanamente s’impegnano a lenirla con frasi del tipo: «c’hai avuto più culo che anima …», «tenevi più corna d’un autoarticolato carico di alci…», «ripigliati e non rompere i coglioni …», «beviti questa invece di berti il cervello …». Agguantate così l’offerta Birratuttoschiuma e ne vuotate d’un fiato il contenuto. L’effetto non si fa attendere e vi esibite in un titanico rutto cacofonico che, oltre a farvi cagare addosso per effetto del contraccolpo, provoca l’immediata polverizzazione delle aragoniti e il cedimento strutturale della volta. Martedì sera, canonica riunione del Gruppo Speleo, il vostro ingresso è salutato a calci nel culo e insulti dal Presidente, ma pure dagli sguardi deferentemente ammirati dei restanti in virtù dell’epico e ineguagliabile rutto che oltre ad ottenere internazionale notorietà in ambito speleo verrà ascritto al Guinnes dei Primati. 7. I drammi della Speleologia: la scoreggia risolutiva Come da costume vi presentate alla speleologica assemblea annuale, pur sapendo di gettare alle ortiche il vostro tempo, ma “vi tocca”. L’accelerato corso di zen all’uopo seguito il mese precedente dà i suoi frutti e mantenete una calma olimpica innanzi agli sproloqui del presidente (notare la pi minuscola), palesando un bel sorriso ebete in risposta alla sua arrogante maleducazione. La concentrazione vi è però fatale e ignorate i ruggiti da Tigre del Bengala provenienti dalle vostre anse coliche dove -oramai inevitabilmente- il lattementa della colazione si è combinato con cipolle di Tropea e seppioline all’aglio della cena, dando luogo alla formazione di metano e vapori arsenicali. Da copione, il presidente prosegue nell’ottundere le vostre deboli menti con i soliti grafici e le solite torte affettate e colorate gabellandole per serie ripartizioni del capitale sociale. È questa la vera spoletta che v’innesca gl’incruditi gas venefici facendoli proiettare all’esterno con botto da pneumatico di trattore e chiudendo anzitempo l’ignobile farsa salutata dal fuggi fuggi generale. 8. I drammi della Speleologia: la pacata arte del peto Se vi guardate allo specchio e mestamente non trovate alcunché d’interessante da vedere, è forse per via del peso che vi trascinate appresso, ben sintetizzato nel soprannome che vi hanno appioppato fin dal primo giorno in grotta: Uga. Al secolo Ugolini Dante e da qui “Uga”, ma non per i detrattori che lo vogliono mutüato da “Uganda” in virtù delle vostre fattezze da gorilla e supposto anello mancante della catena di darwiniana ipotesi, nel tempo capite che -per la veritàscoraggiate persin le femmine più brutte e affamate. Siete inoltre inesauribile fonte di gas che spandete a rotta di collo senza preoccuparvi di chi avete accanto. Ma la ruota gira e la femmina che vi par quella giusta piomba nel Gruppo Speleo come fulmine a ciel sereno: brutta come solo lei sa essere e sudicia come solo voi sapete essere, dal momento che puzzate da far schifo a un bisonte anche dopo esservi lavato (?). Purtroppo, o per fortuna, lei che s’era momentaneamente di voi invaghita ripiega sul vostro compare d’esplorazioni, elemento dai gangli cerebrali spianati dalle canne, a causa dei vostri reiterati peti con frenata nelle mutande che le hanno reso l’uscita in grotta un vero inferno dantesco. Il tempo passa facendovi apprezzare quel che siete e guardandovi indietro vedete l’antico compagno oramai lobotomizzato che alla festa di addio al celibato vi ha venduto la sua attrezzatura speleo (poteva regalarvela, il taccagno). La morale appresa è ch’è meglio esser solo quel che siete e con l’agio di dar vento al culo quando volete, piuttosto d’esser ridotto a catoblepica materia da un tarpone in gonnella che vi vieta non solo di pensare ma pur di scoreggiare. 9. I drammi della Speleologia: lezioni insidiose La primavera è oramai alle porte e ancora vi trovate coinvolti nell’ennesimo corso di Speleologia da tenere alla consueta massa inerte collezionista di tessere et attestati di partecipazione. Conscio dell’inutilità dello sforzo di trarre saldamente nel Gruppo Speleo qualche ottuso ansioso di fare il galeotto del sottosuolo nei fine settimana deputati all’ozioso riposo, vi beccate il fuoco di fila di rampogne dai compagni che vi rammentano come il danaro così sottratto servirà all’acquisto di nuove corde che l’eroica attività di Gruppo consegnerà ai posteri praticamente intonse. Epigoni di ben altri calibri speleologici, in virtù d’un libercolo redatto ad uso e consumo dei novelli esploratori del buio tenete, coram populo, la prima lezione. Con scarsa baldanza alle ore 21.00 siete pronti nell’aula per spiegare “Che cos’è la Speleologia” ai corsisti riuniti, consci del fatto che entro il quarto minutino saranno tutti accoccolati tra le braccia di Morfeo. Meno consci siete invece dell’effetto pernicioso dei quattro panini würstel e krauti, che combinati ad altrettanti camparini con sottaceti precedentemente ingollati a mo’ d’aperitivo, stanno ribollendo nel tino di succhi gastrici del vostro impianto stomacale. Cercate così d’alleviare la terribile pressione dei gas di scarico rilasciando pian pianino al fine di non farvi sgamare una collanina di microscoregge con un sapiente gioco d’addominali e contrazioni sfintèriche. Agitandovi fuori misura (per creare corrente d’aria), innanzi alla lavagna che riempite di disegnini esplicativi, non capite che all’ultima nata si è furbescamente accodato un concentrato di merda vaporizzata e veleno di soli 5 centimetri cubi che, giunto all’esterno centuplica il proprio volume spandendosi alla velocità del suono (quello del vostro botto), facendovi guadagnare la quiete del corridòio tra gl’insulti dei risvegliati astanti. 10. I drammi della Speleologia: la cagata vendicativa Pieno della vostra burbanza berciate ai quattro venti la scoperta d’una nuova grotta che, in virtù d’accurati calcoli sapientemente argomentati, uniti alla consultazione del vostro oroscopo stampato a chiare lettere sul Vernacoliere, decretate trattarsi d’un ciclopico abisso. La scoperta vi è costata 11 (dico undici!!) fine settimana filati spaccando rocce e spostando macigni, come al bagno penale scontato nella precedente vita, ma alla fine è giunto il tripudio di vedere una bella ma strettissima condottina a collo d’oca che si getta in una stanzettina da cui parte insondabile un pozzo. Tornato all’agognata con i compagni del Gruppo Speleo carichi d’attrezzatura e corde come scherpa senegalesi, capite che qualcuno vi ha preceduto: una bella e nuova corda speleo attaccata ai chiodi a espansione fa bella mostra di sé. Anche tra gli speleo non vi sono tutte perle di santità e in taluni alberga lo spirito dell’abigeo che in tal momento storico, in assenza di cavalli da predare, si palesa piratando le altrui scoperte senza dover affaticare un muscolo. Bestemmie e scoramento vengono tacitati dal vostro moto d’orgoglio e dalle calate braghe sorte il Castigo di Dio sotto forma di getto liquamoso dei più fetidi che si spalma untuoso, come fauvismo pittorico (dalla cui violenza espressiva coloristica si discosta per il solo uso del giallomarrone-letamaio e del nero-bitume), a dipingere interamente le pareti della condottina glabra e riversando il colato nella stanzetta; i compagni, manco a dirlo, seguono l’esempio. I pirati usciranno sì coperti di gloria, ma pure impestati dalla vostra merda. 11. I drammi della Speleologia: merda si, ma scampata morte certa Siete moderatamente depresso e soffrite d’inconfessati sensi d’inferiorità acuiti dalla statura che s’approssima a quella di un gipeto. Siete diligente studente ma vagamente duro di comprendonio e il vostro professore vi pone l’alternativa di leccargli appassionatamente il culo o di leccargli appassionatamente il culo e di omaggiargli preziosi e utili dati per le sue cancherose pubblicazioni scientifiche sul sesso delle rocce carbonatiche. Al solito operate la scelta sbagliata e v’iscrivete a un Corso di Speleologia che superate senza lode e senza infamia. Malvisto da subito, possibilità di carriera (?) zero, femmine poche e dai caratteri disparati, ma accomunate da un bel sorriso alla rotwailer, ve ne state inizialmente in un cantone. Simpaticamente sfacciata e di larghe vedute è invece con voi la moglie di uno speleo inanimato si, ma scompostamente devastato da tic nervosi. La nave-scuola vi fa conoscere le gioie dei buchi e al contempo v’impratichite nell’uso della corda statica, senza scordare di portare campioni di rocce prelevate sempre più in profondità dalla vostra crescente perizia e dalla vieppiù marcata infingardaggine nel celarle entro le altrui sacche evitando così la fatica del trasporto. Ma il Dio degli Speleologi mette la pulce nell’orecchio al ticchettoso cerebropatico che un fatal dì attende la vostra risalita, su di una cengia a perpendicolo con la tuta e lo zeccoso pile calati. Uno sproposito di merda vi coglie in piena faccia e nel mentre eseguite un magistrale cambioattrezzi, per ridiscendere e portarvi fuori tiro, una fumante pisciata v’investe i contrastanti sentimenti che divengono uno solo (terrore) all’udire tali parole: «… questo è per le pietre che hai bastardamente infilato nella mia sacca, poi quando t’agguanto ti spappolo il pisello così impari a fare il furbo con mia moglie!». Dopo forzata permanenza sotterranea di 64 ore in cui vi cibate d’acari e acqua fangosa, nell’attesa che lo scomposto venga ricondotto a più miti consigli, sparite dall’ambiente speleologico per rintanarvi in università a mendicare un’occupazione come scovolatore di cessi. 12. I drammi della Speleologia: la scoreggia titanica Rincasate. L’esplorazione ha dato i suoi frutti e la grotta, che si palesava essere l’ennesimo tafanario, si è rivelata uno splendido abisso graziosamente apparecchiato da Mamma Natura con piccole ma concrezionatissime salette. E continua! Siete stanco e soddisfatto, infangato ma felice, con baffi neri disegnati dal carburo sotto le nari e fin giù agli angoli della bocca, ma pur sempre rinvigorito nell’animo a dispetto dell’età non più giovine. La porta si apre e vi accoglie la bella ghigna di vostro figlio, che con aria commiserante vi squadra da capo a piedi esclamando: «Non vorrei mai essere come te!». Sospirate, ma come potete dargli contro, dal momento che (pare) è sangue del vostro sangue e per sovrammercato palesa pure belle et efebiche movenze da sculacciabuchi impenitente. Ognuno ha la propria croce e sopportando la vostra con titanica pazienza vi chinate, più del dovuto, per posare a terra sacca e zaino allentandogli così sul muso una roboante scoreggia da spettinargli persin il ciuffo da guappo di cartone. 13. I drammi della Speleologia: moto d’orgoglio e flato vibrante C’è la festa di laurea, ma non è la vostra. L’inesorabile metodicità della vostra fidanzata, più giovane di voi di cinque begli annetti, si è confezionata un bel Dott. davanti al cognome. Voi languite e con la mano destra sfogliate i libri di testo intanto che la sinistra seguita a grattarsi i coglioni. L’evento si svolge come da copione, allegramente pacato, compuntamente festaiolo, con lei che condiscendentemente vi guarda razziare il buffet ma facendo gli occhiacci se allungate la zampaccia verso gli alcolici. Ma sia quel che sia, la decisione è presa: domenica andrete in grotta! Spingete in profondità la carcassa stracciando la tuta, passate dove nessuno aveva mai osato, trascinate i compagni sempre più nel profondo superando teorie di freatici, profusione di pozzi, fino all’esaurimento delle corde ma non dell’entusiasmo. Lunedì, puntuale come l’esattore delle tasse, lei vi redarguisce esigendo immediata giustificazione alla scellerata perdita di tempo. Con ancora gli occhi nella grotta che prosegue raspate nella labile memoria per sortirvene con la parafrasi di un pezzo forte del Barone Rampante di Calvino: «(...) perché dall’alto dei pozzi piscio più lontano!». Senza -peraltro- mancare di sottolinearla con un bel peto sordo e prolungato. Le cinque dita stampate sulla vostra ghigna vi concederanno l’agio di riflettere sul senso della vita. 14. I drammi della Speleologia: il duro sapore della merda Vilipesi dalle calvizie, frustrato da una pachidermica panza, vi rammentate di quando cinquanta (50!!) kilogrammetti fa conducevate degna e ancorché gloriosa attività speleologica. Con moto d’orgoglio vi mettete in ferrea dieta a base di anacardi e zucchine, andando a rifarvi un piede grottesco in cantina dove apparecchiate una miserrima pseudopalestra attaccando chiodi a pareti e soffitto e rinvii alle rastrelliere delle bottiglie, tra le rampogne di quello squalotigre di vostra moglie coadiuvata nell’adempimento delle proprie funzioni dal barracuda della suocera. Il ritorno all’agognato Gruppo Speleo, con ben quattro (4??) kilettoni persi nell’improbo sforzo, è salutato con malcelata sopportazione dai vostri vecchi compagni il cui tempo trascorso ha vieppiù reso facce di cazzo. Non a torto pensano a come faranno a barellare fuori il trippone pesomorto che in realtà siete diventato, alla prima grotta in cui vorrete ricimentarvi. Col magone e il cuore infranto si risolvono così a dirvi sul muso che se avete scelto di suicidarvi la grotta è il posto meno indicato perché gliela insozzereste di merda! 15. I drammi della Speleologia: oltre il muro del suono La sanissima pratica speleologica ha dato vita a figli minori che l’educazione impartitavi sui moli del porto non v’impedisce di chiamare bastardi. Indotti delle magre figure collezionate in attività, e complici della vostra stolida dabbenaggine, i galantuomini si ricavano un posto dirigenziale all’interno del Gruppo tiranneggiando gli speleo migliori e blandendo l’accozzaglia di fancazzisti che (haimè) in ogni ambito alberga. Non paghi dello strapotere (?) acquisito cercano di recuperare immeritata gloria consegnando ai posteri scritti di scienza speleologica plagiando i risultati che voi ottenete sul campo e assurgendosi, per sovrammercato, a Curatori del Catasto. In parole povere raggranellano i vostri dati e poi se li pubblicano, rimarcando come sia comunemente noto che il Catasto possa divenire motivo, o leitmotiv, di logorroiche e vergognose diatribe. Ma, si sa, anche il supposto Cristo dopo aver porto l’altra guancia s’è rimboccato le maniche rispondendo a tono. A campagna speleologica estiva conclusa, dove avete dato il meglio di voi stessi, il caino v’agguanta alla prima riunione in sede esigendo la gabella, ovvero la consegna dei rilievi delle grotte esplorate con dati annessi e connessi. Stavolta non dovete giostrarvi in movimentazioni addominali e contrazioni sfintèriche per miscelare nelle anse intestinali il nitrato di potassio, costituito dall’accoppiata spinaci-cipolle, e la glicerina, degnamente rappresentata dai bianchi di spagna con le cotiche: la sola vista dell’infame ha già provveduto a innescare quel che si rivelerà essere paragonabile ad un bel “mach 1” (l’abbattimento del muro del suono, tapinacci che altro non siete!) con lacerazione delle mutande. Tuono ed emissione del diabolico composto grisou-salnitro-merda azzerano il gaglioffo facendolo goffamente svenire e chiudendo, seppur solo momentaneamente, la perniciosa partita. 16. I drammi della Speleologia: il rutto mesto Oramai sono quindici ore che state procedendo e dopo più di cento metri in un budello colmo di fango liquido la grotta si apre in tutta la sua inesplorata maestosità. La squadra di punta, di cui voi fate parte, ha prelevato dal campobase, precedentemente allestito a settecento metri di profondità, tutto l’occorrente in cordechiodi-moschettoni per raggiungere e superare il muro dei meno mille (no, dico, mica cazzi: - 1000 metri di profondità). E secondo i calcoli fatti li avete superati (!) consegnando così agli onori speleologici i vostri nomi di sconosciuti tapinacci. Ad uno ad uno vi calate nell’insondabile salone che con il suo gigantesco buio vi accoglie per porvi un bel quesito: in quale recondito punto la grotta prosegue? Dopo due ore di vane ancorché sfiancanti ricerche, guazzando nell’argilla o arrampicandovi sopra ciclopici massi di crollo un barlume di speranza lo accendete voi, scoprendo un rivo d’acqua sgattaiolante in una strettoja che tira un’aria bestiale. Vi ci tuffate con baldanza, strisciate, vi togliete persino il casco per meglio passare, ma un paio si rocciosi spuntoni si ergono a sentinelle. Ingaggiate una lotta a colpi di martello e prima uno e poi l’altro li abbattete. Distendendovi a pancia in sotto allungate le mani per passare attraverso questo buco di froidiana e quanto mai insulsa memoria, ma i polpasterlli incontrano qualcosa di molle, di liscio, di terrificantemente molle e liscio che non associate ad alcunché di noto esistente nei recessi della Terra. Brividi vi percorrono diacci, ma ritoccate ancora, premete… quasi le dita affondano…. «E finiscila! Chétati un bel momento ch’è tutta notte che ti rimesti nel letto! Te l’avevo detto di non esagerare con le cotiche di maiale…. e bere meno….». Di colpo siete desto (?) ed era il culo di quel cetaceo di vostra moglie che stavate sondando nel sogno. Con un rutto che sa di fenolo vi girate sull’altro cantone per riprendere sonno e, perché no?, pure il resto dell’onirica impresa. 17. I drammi della Speleologia: caccole al vento Nel tempo va vieppiù affermandosi la cosiddetta Speleologia in Cavità Artificiali, che taluni tapinacci s’ostinano ad appellare Speleologia Urbana, quasi fosse una Speleologia più civile di quella praticata dagli speleologi classici, ovvero quelli che hanno frequentato l’omonimo liceo. Piiiirla! Uno dei veri motori di tale novella disciplina siete voi, di cui si conosce assai pochino, prima dell’esordio. Avete, innanzitutto, cercato di laurearvi con la centratissima tesi: «Esegesi giuridica sulle controversie generate dal mal funzionamento delle gronde nel Castello di Vergate sul Membro in periodo giolittiano: l’incidenza delle perdite dell’acqua meteorica sui motivi della mancata coltivazione degli orti interni». In realtà poi vi rende conto d’esservi iscritto a Economia e Commercio. Con mossa dinamica vi vendete, cioè, vi riqualificate e gettate in pasto alle folle l’esuberante tesi di laurea: «Il mattone come forma d’investimento dal basso medioevo al Piano Marshall», pregiandovi inoltre dello studio: «La minzione nell’orto di casa in periodo giolittiano, extrema ratio innanzi ai fenomeni siccitosi: come salvare la propria lattuga». Vi specializzate al contempo nell’arte oratoria seguendo con ferrea volontà dei corsi speciali al Dopolavoro Ferroviario di Badile Nellano, facendovi la fama di aspiratore rapido di camparini e anacardi. Presso il circolo culturale “Ribotta & Storta Dura” apprendete l’importanza di acquisire una solida cultura storica, da abbinare all’innegabile loquela. Acquistate coram populo il Naso Rubizzo, trofeo ambitissimo presso l’Associazione Alcolisti e passate con successo (??) il corso di speleologia al locale Gruppo Grotte Varano. L’esplorazione dei sotterranei del Bar da Topo vi apre l’ineffabile orizzonte offerto dalle cavità artificiali, manifestando la spiccata predisposizione per quelle incidentalmente soggette al riutilizzo come cantina. Riavvicinatovi al castello di Badile Nellano, tralasciando gli orti e con maggiore cognizione di causa, vi esprimete nel seguente trattato: «Il pentolare non serve a cucinare. Studi sull’artiglieria nevrobalistica in dotazione al Castello in periodo visconteo». È la catarsi! Oltre all’indiscussa abilità nell’estrarre fichi dal naso vi fate conoscere per le ricerche dell’altrui materiale nel campo delle opere ipogee, gabellandolo poi per vostro. Ovviamente ogni carica è per voi, compresa quella di una milionata di calci nel culo da recuperare al prossimo Congresso. 18. I drammi della Speleologia: il peto stanco La frase «Si vede subito quando un acquedotto ipogeo è romano!» persegue maleolèntemente a girellare nella testa nel mentre vi trovate all’interno di un lunghissimo cunicolo forse un dì passato deputato al trasporto del prezioso liquido (non il vino, tapinacci, ma l’acqua). Siete difatti transitato dall’esplorazione delle grotte al percorrimento e, incidentalmente, anche allo studio delle cavità artificiali per sopraggiunti limiti d’età, calli, panza e quant’altro. Con veramente poca convinzione cercate nelle pareti del condotto qualche segno del fato, come ad esempio la scritta “S.P.Q.R. LCIX” o quant’altro che vi indichi, se non la data dello scavo, almeno la paternità del budellone che lo ha commissionato. Percorrete con lo sguardo carico di mestizia teorie d’organi genitali variamente riprodotti, sequele di date accompagnate da nomi spesso indecifrabili e denotanti marcata ignoranza, manciate di segnacci imperscrutabili, tracciati col carbone, la matita, graffiti, il tutto senza soluzione di causa. Annusate l’aria che non rimanda il buono e sapido odore del calcare bagnato, ma bensì sentore d’orina rafferma, e inaspettatamente il vostro disadorno pensiero è colto da un lampo bastante a riattivare la manciata di neuroni ancora in servizio: le parti basse delle pareti sono uniformemente ricoperte da un crostone calcareo, quasi come in certi freatici divenuti pian piano fossili. Realizzato che indubbiamente si tratta d’acquedotto, un bel fallo cubitale datato 1812 vi scodella prontamente un bel termine ante quem per la collocazione del manufatto in un orizzonte cronologico. Fotografate il tutto, fate spallucce e cacciate dalla mente il pensiero di eseguire un rilievo, da pavesare al prossimo convegno, con un sonoro peto sibilante. Sirena che i compagni interpretano come lo scoccare della pausa pranzo. E stancamente guadagnate l’uscita. 19. I drammi della Speleologia: il casco sapido La loja, detta volgarmente “croppa”, è quell’intimo prodotto che il corpo genera e il non essere avvezzo all’uso del sapone lascia poi depositare sulla di voi esterna superficie e su quanto con essa giunge a contatto. Il preambolo lungo, ma doveroso, esplica il motivo per il quale la corsista svenne. La tapinaccia aveva dimenticato il casco a casa, pertanto da bravo istruttore le avete prestato il vostro, utilizzando cavallerescamente voi quello di riserva, un po’ malandato. La bandana posta tra capello satinato e sospensorio evita sì un pochino lo schifo del contatto con muffe e croppame crostoso, ma non il diffondersi del tanfo. Dopo i primi 30 minutini il dramma si compie e l’ostinata si affloscia a terra come goldone usato. Il fato vuole così un distratto in meno nella speleologica casata e una riprova in più del fatto che siete sozzi come bastoni da pollaio! 20. I drammi della Speleologia: soffi di gloria All’annuale Incontro Speleo avete assistito alla proiezione del filmato “Ingrigna!”, rimanendone esaltati per il sapore di vera attività esplorativa. Vi siete detti che anche voi dovete produrre qualcosa di analogo. In sede del Gruppo Speleo cominciate, da sagaci imbonitori (?), a condire con parole mielate l’importanza di lasciare alla Storia Speleologica un filmato che immortali le gesta del vostro Gruppo. Ed è presto fatto! In men che non si dica, ovvero nell’arco dei sei mesetti successivi, si parla di esplorare e filmare abissi, congiungere grotte e trasformarle in ‘complessi’, effettuare disostruzioni da fare impallidire qualsivoglia scavo minerario, superare sifoni dove nessuno ha mai osato immergersi. Quest’ultimo punto, data la perniciosa induzione a scaricare composti di nervino-grisù e caccasprai nel prendere seppur vaga frescura al pancino (e non solo in tal frangente), lo abbandonate per una più sapiente operazione di svuotamento del sifone applicando il noto principio dei vasi comunicanti: vaso del vino – vaso del vostro stomaco – vaso da notte – cesso (vaso del). Al settimo mese eccovi sul campo della decisione: via tutte le grotte al di sopra dei 1.000 metri di quota; via tutte le grotte distanti dal posteggio più di 100 metri; via tutte le grotte dove voi non passate per problemi non solo di panza, ma pure dati da quel vago sentore claustrofobico che vi fa cagare addosso all’infilare anche un sol piedino nella strettoja. Il nono mese vi vede prontamente all’azione in una grotta semituristica si, ma attualmente abbandonata. Prima d’entrarvi per l’effettuazione delle riprese utilmente v’infangate, tanto per gabellare impressioni d’ardimento; unico neo sarà dato dallo Scemo del Gruppo arditamente inzaccheratosi in un sugoso letamaio. Riprendete tutto evitando sagacemente le scale in cemento e fate esibire i bradipi in virtuosismi esplorativi da gatti di marmo. Ed ecco dopo 365 giorni il vostro momento di gloria e di catarsi all’ennesimo Incontro Speleo, con la proiezione del filmato “INGROPPA!”, stoltissimo errore commesso nel titolare il film, finito di montare la notte precedente. Risa, sputi, frizzi, lazzi, peti e rutti vi accolgono e così vi accompagneranno per lunghi annetti ancora. 21. I drammi della Speleologia: l’incontinenza tenue. Vi siete laureati con 100 e lode in Ingegneria dei Materiali!!! Vi sarebbe piaciuto, eh, tapinacci? In realtà i vostri polimerici sforzi hanno fruttato un bel 90 tondo tondo con spettacolare calcio nel culo datovi dal prof che temeva di avervi a pensione in facoltà, visti i nove (no, dico, 9) annetti blandamente spesi per una laurea breve. E comunque, finalmente, ci siete riusciti: da oggi siete un disoccupato! Ma l’ozio non vi è incline e piuttosto che trapanare noccioline et anacardi annaffiati da camparini tornate al vostro Amore. Non a quello che v’ha piantato dandovi dell’inetto spalletonde, ma alla Speleologia. Con la foga d’un Tigrotto della Malesia, tenuto troppo a lungo a languire sul praho di Sandokan per via della bonaccia, trovate la grotta dei vostri sogni, che scende tra pozzi, cascate, selve di gigantesche stalagmiti, piogge di stalattiti imponenti. Rincasato dall’ennesima punta esplorativa vi attende la lettera d’assunzione richiamante all’ordine et al dovere e vi pisciate silenziosamente addosso per l’emozione. Sgobberete anche il sabato in giaccacravatta e addio sogni di gloria. Penserete a carriera mutuo LISING moglie figli; il resto continuate pure a sognarvelo. 22. I drammi della Speleologia: skizzi e strizzoni turistici. Quando vi parlano di grotte turistiche vi viene da vomitare. Però pure voi, tapinaccio che altro non siete, vi siete recato con moglie, figli e panza in gita nella grottona resa turistica. E avete rimembrato, con augmentato humor acqueo negli occhi cisposi, quando impavidamente conducevate degnissima attività speleologica nella squadra di punta del vostro (rimpianto) Gruppo Speleo. In ogni caso, oramai fuori da qualsivoglia contesa, perplessità o presa di posizione speleologica, ritenete che si stia esagerando nel depauperare ad ogni costo i beni che Mamma Natura ci ha creato. E, per sovrammercato, siete fastidiosamente indignati per via che le opere di vera devastazione siano operate non tanto a fini culturali (???), ma per far “girare i soldi” (!!!). Nel tempo avete pure notato che i promotori delle nefandezze erano personaggi che si gabellavano per speleo, quando in realtà le grotte le conoscevano dalle proiezioni di diapo. Ecco perché le parole del vecchio presidente del Gruppo, a favore della turisticizzazione delle grotte, unitamente alla visione della sua bella faccia di palta, vi hanno sempre fatto kagare a spruzzo! 23. I drammi della Speleologia: la sciolta da grotta. Il vostro pensiero speleo è talmente contorto che nemmeno voi stesso ne venite a capo. Si narra che abbiate condotto, per un ristretto periodïno di tempo, una proficua (?) attività speleologica, poi sospesa quando l’uso della corda singola soppiantò le scalette. Annetto più annetto meno si parla oramai di 55 secoli (o anni) fa. E siete ancora tra i coglioni! Qualche maligno gerontospeleo sussurra che il vostro sol pensarvi appeso ad uno spago vi faceva venire la sciolta e in azione spasmodicamente vi aggrappavate, persin coi denti, alla cordaccia infangata. Lo spasmo s’è ripercosso nel vostro essere intrinseco alimentando la ferma intenzione di rimanere comunque nell’ambito speleologico, ma dando corpo a un galoppante desiderio di potere (???), frutto di fuorvianti e stolti pensieri froidiani. Il posticino al sole ve lo siete inventato divenendo un “curatore catastale”, quasi che tale “catasto” soffrisse di chissà quale petecchiale malanno. Blandendo la massa di tapinacci insulsi che fa codazzo montate in cattedra, pontificate, tramate ed esigete. Col tempo avete stipato il vostro armadio di carta e rilievi, tenuti gelosamente sotto chiave. Complimenti! Bella carriera! Ma rimanete e rimarrete un povero tapino con le braghe piene di quella merda che sa di codardo. Un plauso, comunque, alla vostra costanza, ancor più caloroso se, finalmente, vi caverete di culo. 24. I drammi della Speleologia: peti a vuoto. Vi state facendo due conti. Il carissimo amico (???) che vi siete tirati nel Gruppo Speleo nella speranza di fargli virare il colore da verde-grigioputredine a frescorosaculettodibimbo, mediante impegnativa, sanissima et proficua attività ludico-sportiva, si è in realtà rivelato un crotalo silvestre a quattro teste. Dopo due righe di attività speleo, in ogni caso, il suo colorito è sì mutato, ma sol nel palpeggiare i soldi, ed ora palesa una bella facciona a culo di suino, ma della tonalità di un bel grigetto-marronedissenterico. La grama specializzazione in pidocchi di grotta, àmbito nel quale è diventato (nessuno può sottacerlo) assoluto maestro, non gli consente di cogliere un più profondo e simpatico senso della vita. Dandoci dentro anima e corpo è riuscito a farsi finanziare le ricerche da qualche insulso sponsor. E fin qui, nulla di male ….. Se non fosse che, per i quattro dati pseudoscientifici, riesce a scremare soldi anche nel Gruppo e nella catoblepica Foederatio, che per uno strano disegno Divino (che sa di feroce punizione), pende dalle sue pendule labbra. Oramai ha monopolizzato il mercato e quando si fanno le spedizioni anche all’estero becca soldi et pretende et ottiene che ogni pidocchio rinvenuto debba essere a lui consegnato. E non ci sono peti che tengano (pur inaspriti all’uopo con verze, cotiche e fagiolame sparso), perché il pidocchio è difficilissimo da gassare. 25. I drammi della Speleologia: il peto solingo. Guidate stancamente alla volta di casa e vi dolgono ossa e ciccia. La giornata è stata sì dedicata alla speleologia (notate la “s” minuscola), ma haimé non vi dolete lietamente né per i meandri a denti di sega affettuosamente chiamati “bastardi”, né per i fangosissimi budelli vezzeggiati con l’appellativo di “merdosi”. Tali epiteti sono oggi riservati a persone fisiche con le quali vi siete relazionata nel corso della riunione, tenutasi espressamente in vostro sugosissimo et femminile honore. E non riuscite a farvene una ragione, nemmeno durante la lunga seduta sul bianco trono e tantomeno dopo dotta lettura ispiratrice della commentata traduzione del Vishnu-purâna. Mesta mesta, nonché abbacchiata, v’infilate a nannina mentre le parole dei figùri dalle dubbie qualità speleologiche vi risuonano icasticamente nelle orecchie. «Non avrai altra tessera all’infuori di quella del tuo Gruppo». «Non esplorerai altre aree carsiche all’infuori di quelle della tua provincia» (abitate in pianura!). «Non avrai altro catasto all’infuori di questo». «Non pubblicherai i tuoi articoli che sul Bollettino, che è questo...........!!». Rilassate le tese membra, nirvanicamente vuotate la mente, siete tutt’uno con il Mondo, v’immedesimate nel letto e, con una scoreggia tra le più eclatanti gonfiate le lenzuola e giocate allo zeppelin. Fine estimatrice di “Via col vento” ed emula di Rossella O’Hara alfine esclamate: «....... domani un’altro peto e si vedrà!». 26. I drammi della Speleologia: il rilascio stolto e rumoroso Anche stavolta s’approssimano le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali, nell’eroico Gruppo Speleo. Con inusitata sagacia et fine diplomazia ponete in atto il progetto di divenire Voi (!!!) il Presidente del Gruppo, cercando di raggranellare consensi a destra nonché a manca. Pur essendovi approcciato alla Disciplina Speleologica dopodomani, considerate che sia giunto il momento di dare una sapiente svolta alla vostra grigia existenza elevandovi agli onori di una carica presidenziale. La campagna elettorale è semplice ed efficace, portandovi ad emulare le movenze e i discorsi dei più rappresentativi politici da televisione. Mielate nelle altrui orecchie come l’attuale Presidente (notare la P maiuscola) sia oramai vecchiotto, che l’attività esplorativa sia un po’ calata ed occorra spronare ogni forza nelle attività di punta etcetera etcetera, ma guardandovi bene, ad esempio, dal partecipare al classico, canonico et durissimo campo speleo annuale. Il vecchio, nonché scafato Presidente attuale, vi lascia benevolmente fare, considerando che i giovani debbano partecipare a pieno titolo all’attività sociale. I giovani si!, ma non gli stolti. Scatta il giorno fatidico: ore 21.00 si aprono le danze. Alla canonica e per voi fatidica domanda di prammatica: «..... chi si vuole candidare come Presidente??!?», rosso in viso e con voce rotta dall’emozione prorompete in uno strangolato «IO!», sventolando la manaccia. Attimo di suspance, sguardi in tralice e poi una fragorosa risata degli astanti fa apparire il vostro faccione simile ad un caleidoscopio che ruota vorticosamente. Il datato Direttore Tecnico (D.D.T.) uscente vi squadra sardonicamente ed esclama: «Vai dalla mamma a ciucciare il latte!». Inspirate gonfiando il torace come novello godzilla, pronto alla pugna e con fragore di tuono vi cagate miseramente addosso. Tutto si conclude col ritorno a casa, dalla mamma, a farvi lavare mutande e pantaloni, accarezzando l’idea di ritesserarvi al circolino delle bocce. 27. I drammi della Speleologia: il petone dissenziente Il vostro Gruppo Speleo è stato convocato, con tanto di letterona protocollata, dalla O.R.S.O. (Organizzazione Regionale Speleologica Organizzata). E dovevate pur aspettarvelo, tapinacci che non siete altro! Avete fatto tutto di testa vostra organizzando il “Congresso di Speleologia Esplorativa”. Questo, e non si può sottacere, per controbattere il precedente congresso, organizzato cum magna pompa dall’O.R.S.O., su “Attività di Scienza Speleologica”. Congresso, per altro, riuscitissimo e dove hanno brillato contributi quali: “Idrogeologia e microcarsismo a Catenate Sulpene”, “Note edotte a carattere mineralogico et petrografico et morfogenetico sulla Grotta Fischioni C.C. (Col Culo)”, “Conseguenze epistemologiche dello scarico del cesso in grotta”. Ma la Speleologia, per voi insulsi, è ben altro, visto e considerato che in grotta innanzitutto ci andate. In folta, variopinta ed eterogenea rappresentanza del vostro Gruppo siete quindi chi assisi, chi in piedi contro il muro, ma tutti attorno al tavolone presidenziale, in fine legno di noce, unitamente ai soloni dell’O.R.S.O. E vi state beccando una cospicua lavata di capo! Tra voi vi è pure il classico elemento un poco autistico, guadagnatosi il soprannome di “Macumba” per le sue bizzarrìe. Costui, nel bel mezzo dello shampoo al vetriolo, repentinamente si discosta dal muro, spicca uno scimmiesco salto atterrando in perfetto stile Iuri Keki al centro del tavolone. Prima che chiunque possa dire anche solo “minkia” cala i pantaloni in pile e mostrando il culo peloso al Presidente dell’O.R.S.O. sfiamma all’esterno un roboante et oleosissimo peto cubitale di ben 32 secondi (!!!). Ovviamente siete buttati fuori dall’O.R.S.O., nonché dalla Prestigiosa Sede, alla velocità d’un tappo da champagne. Ma vi siete tolti una non comune soddisfazione. Per inciso, il Macumba, la cui espressione è sempre stata vagamente cupa ancorché torva, ha da allora un beato sorriso da puttino michelangiolesco, perennemente mantenuto persin nelle strettoje più bastarde e nelle punte più estreme. 28. I drammi della Speleologia: la carica di scoregge I vostri 4 annetti (o secoli) di specchiatissima attività o carriera speleologica vi fanno oggi poggiare il bel deretanone su di una sgangherata sdraio all’esclusivo lido di Vangalano ai Bagni. In realtà occupate un posto di prestïgio (o di prestigiatore) nel campo della cosiddetta Speleologia Urbana (ovvero educata allo sviluppo di un profondo senso cïvico) e, nello specifico, della vendita dei dati catastali a terzi, oppure anche a quarti, purché paganti sull’unghia. I magheggi, da consumatissimo prestigiatore (o prestidigitatore), sono ancorpiù sorprendenti se si considera il non trascurabile particolare che le uniche schede catastali compilate ammodino siano quelle delle cantine e dei garage dello stabile in cui dimorate (abusivamente). Rimanete quindi basiti et indignati quando i soliti quattro pulciosi speleologi dalle tute perennemente infangate rispondono alla perentoria richiesta di nuovi (ovvero unici) dati per il Vostro catasto, gabellato come “pubblico”, con l’intonazione della Marcia Trionfale dell’Aida a rutti e scoregge. Il tutto è accompagnato (perché sottacerlo??!!) da apotropaici ancorché inequivocabili gesti. 29. I drammi della Speleologia: la lingua pendula Con il cervello spianato dalle troppe canne avete comunque portato avanti attività speleologica di un certo rilievo per circa un lustro (o lustrino). Da quel che di voi stesso scrivete pare che la speleologia l’abbiate inventata voi e solo voi portata al massimo livello. Ma, purtroppo, si sa, lo stolto tende sempre a gonfiare a suon di scoregge il proprio paio di pantaloni lisi nonché vuoti (soprattutto sul davanti e appena sopra il cavallo). Come da pronostico vi siete fidanzato e in men che non si dica avete chiuso la carriera esplorativa al campo estivo, che vi ha visto presente per circa 36 orette scarse, per poi sparire sulla scia della belluina fidanzata che minacciava fuoco e fiamme se la facevate dormire ancora in una pulciosa tenda al romantico concerto delle scoregge notturne degli Speleo del vostro Gruppo. Vi siete comunque ricavato (accidenti, pure voi!!!) un posticino a scrivere di speleologia (notare la esse minuscola) su di una rivista a dir poco pretenziosa, che pare essere l’organo di un regime assolutista. Tanto la vostra lingua, digià marrone, non ne soffrirà ulteriormente o, meglio, per null’affatto! 30. I drammi della Speleologia: l’indole ad angolo retto Se la lingua italiana rimane per voi un qualcosa di misterioso e al contempo un poco affascinante mezzo di comunicazione, l’interpretazione dei disegnini esplicativi acclusi agli attrezzi speleologici ha fatto di voi un qualcuno (o qualcosa) che in grotta ci va. Laudi sperticate, seppure con qualche necessario et inevitabile sforzo!! Ma il pernicioso e bieco sgambetto del fato vi ha elevato a qualche incaricuccio regionale (in quanto siete incline alla supinaggine), concedendovi agio di farvi conoscere anche a livello nazionale e andando così, in primo luogo, a rappresentare al peggio la vostra regione. Il guaio (per voi) è che la protervia sbocciata è stata presto stroncata dalla bella figuretta da babbeo fatta innanzi ad un pezzo grosso della speleologia (notare la s minuscola), in quanto invece di parlare, pur biascicando, avete vergognosamente balbettato il discorso diligentemente preparatovi a casina. Ma questo non sarà ancora bastante a farvi tornare solo ed esclusivamente alla discesa e risalita dei pozzi, come pratica ludico-sportiva con cui espiare il disastroso evento che vi ha visti catapultati su questa Terra, che d’idioti (così pare) ne aveva già abbastanza. A conti fatti mi sa che vi avremo, ancora per un pezzo, tra i coglioni. 31. I drammi della Speleologia: il fiato sospeso Forte del vostro Terribile Alito che piega i pali, da due decenni o forse quattro conducete con somma abnegazione il Vostro Gruppo Speleologico tra gite sociali e abissi insondabili. E da voi mai sondati. Gratificato da un magazzino speleo pressoché perfetto, anche in virtù del fatto che il 90% del materiale è nuovo nonché intonso, procedete imperterrito nell’autocelebrazione della vostra attività preferita. La quale, per qual motivo sottacerlo?, ogni tanto vi dona l’agio di sottrarvi allo scudiscio casalingo. I vostri principali, ancorché unici, “speleotemi” preferiti sono l’organizzazione del Banchetto (tavolo con sopra cianfrusaglia) al Canonico Raduno Annuale di Speleologia, il Banchetto Speleologico alla festa del patrono del paese, il Banchetto dell’Ardimento Speleo alla Sagra dell’Alborella, etc. etc. In secondo luogo siete il sapiente et indiscusso Promotore della Cena Sociale Speleologica di Fine Anno, Promotore della Cena Sociale Speleologica d’Inizio Anno, della Cena di Fine Corso Speleo, senza per altro scordare la catartica Cena Sociale Particolare che ogni anno mandato in Terra dagli Dei vede novelle seggiole vuote al ristorante “Da Topo Prezzofisso”. Segno, questo, che anche stavolta i migliori del vostro gruppo se ne sono andati altrove. 32. I drammi della Speleologia: l’ora del peto Il fatto di segnare le horette di attività svolte nel grattarvi i peli del culo ha fatto di voi uno speleologo finito. Non nel senso di compiuto, bensì di giunto a fondo corsa. Ma, nel vostro ispecifico kaso, come speleo non siete mai partito. Ad ogni buon conto, non indugiamo oltre. Capita che in un Gruppo Speleo vi sia un quadernetto, o registrone, dove i tapinacci segnano l’attività svolta nonché le ore. Ore passate a grattarsi il pipi in sede, a proiettare le diapositive alla festa del circolino delle bocce, a falciare l’erba nel prato del presidente, ma pure quelle passate nell’attività speleologica nuda et cruda. Tutto ciò, a fine anno solare, verrà conteggiato dal vostro esimio et irreprensibile presidente (notare la pi minuscola) per vedere chi ha raggiunto il quorum ed ottenendo così il diritto d’essere definito “socio attivo”, di pagare una quota maggiorata e di votare all’assemblea dei sorci, pardon, dei soci. Tutto ciò può non essere male, se non vi fosse la dura lex del giorno composto da 24 ore, che pertanto non avvalla l’attività che voi stolto puzzone spione avete svolto in 6 giorni di campo speleo: 148 ore. Passi il fatto che non avete chiuso occhio, ma non si può chiudere alcunchè facendo il giusto conto del tempo. Complimenti. Era meglio, a conti fatti, se ve ne rimanevate al bar a lustrare il banco coi gomiti, perché di stolti, in Speleologia, ve n’è digià abbastanza. 33. I drammi della Speleologia: il botto magico Non riuscite a sopportare l’idea di avere dei concorrenti nel campo della cosiddetta Speleologia in Cavità Artificiali. Ad essere fiscali ciò non è corretto. Difatti il vocabolario recita, alla voce “concorrente”: «chi insieme ad altri aspira a un concorso, a una gara, etc.». Con ciò s’intenderebbe che anche voi partecipate, ma vi sbagliate, almeno stando a guardare la vostra attrezzatura speleo, giacente nella fetida cantina, paludata in una pluridecennale ragnatelona polverosissima. Il suggerimento è di lavarla ben bene e venderla al mercatino del modernariato, tanto è seminuova! Essendo un fine estimatore (oltre che millantatore) dei classici della letteratura esoterica, quali “Il Mago di Arcella”, “Nosferatu il principe della notte” (???), “Mago Zurlì e lo Zecchino d’Oro”, “Gli insegnamenti del mago Telerompo” (per altro versatissimo in magia nera o semplicemente malelavata), vi risolvete ad eliminare in modo subdolo i supposti tapini che a detta vostra vi farebbero ombra. Tremebondo scendete nella vostra cantina, in quanto avete paura del bujo e dei locali sotterranei, e apparecchiate il tutto per una bella fattura stregonesca. Accendete il Becco Bunsen sotto la cucurbita (ovvero la caldaia, ignorantissimi!) avendo avuto l’accortezza di privarla di capitello e condensatore, e vi gettate il geotritone sotto spirito, pisoliti sminuzzate, fango di grotta e le immancabili ali di pipistrello (quello di plastica comperato dai cinesi). Intanto recitate al contrario l’intero libro del sommo Badino: “Tecniche di grotta”. Il tocco da maestro è dato dall’aggiunta di grappa autoprodotta e guano. Ma, haimè, la scatola metallica presa era quella della polvere da sparo e non già della merda secca ed un bel botto vi sfiamma sulla faccia, innescando una fulminea reazione a catena nell’intestino crasso e dando luogo ad un secondo botto che proiettato all’esterno devasta mutande e pantaloni. Lo scoppio non ha comunque provocato alterazioni alla vostra fisionomia facciale, che rimane quella di un deretano preso a calci. Tutto sommato era meglio se continuavate a distillarvi quella porcheria che pretendete di chiamare grappa, sderenandovi allegramente il fegato senza rompere i colioni (si, colioni) al prossimo. 34. I drammi della Speleologia: il rilascio da incontinenza L’avere scambiato la grotta per una immane vulva e l’attività speleologica per l’opportunità d’irretire le giovin fanciulle in un ambito che, detto per inciso, rimane scarsissimo di tali presenze, è stato per voi assai deleterio nel tempo. La pensione lavorativa, unita alla pensione del batacchio, hanno fatto di voi un personaggio acido, scontento et invidïoso. La baldanza da guappo di cartone sciupafemmine è oramai sbiadita, lasciando il passo a reumi et acciacchi vari, nonché alla nomèa di “viscido lumacone”. Trascinandovi nel gorgo del gerontocomio, anziché in una calda e serena atmosfera di Gruppo Grotte permeato da sòdale fratellanza (o sorellanza, se vi fossero femmine), v’incancrenite ancor più nei confronti di chi in grotta, seppure saltuariamente, ancora ci va. Invece di spendere le ultime metaforiche cartucce in qualche grotticella poco impegnativa e magari pure tiepida, vi cagate silenziosamente addosso a causa dell’incontinenza sì, ma pur dei calci nel culo che i conoscenti oramai vi danno quando aprite quella malevola boccuccia, magari nell’intento d’infilarvi nel loro letto (bastardo che altro non siete!). Possiamo solo dirvi: “merda vi colga!”. 35. I drammi della Speleologia: il flato tenue et viscerale L’esservi inventato una metodologia d’indagine nelle cavità artificiali senza conoscere una sola lettera dell’alfabeto speleologico ha fatto di voi un personaggio senza dubbio curioso. L’avere impostato, invece, la vostra pseudo associazione come un pattuglione delle Giovani Marmotte di disneyana et fumettistica memoria, con voi a capo in qualità di Gran Mogol, ha fatto sorridere molti: si, ma pure per poco. Permeato dalla sacra missione di svelare i segreti della Terra, avete chinato il capo per intrufolarvi in qualche recesso di cantina abbandonata persin dai ratti e cacciando per primi gli altri in qualche pozzetto nel cortile di casa. Già, perché l’avere appreso che per primi si getta il cuore oltre l’ostacolo, se si vuole essere promotori nonché d’esempio, ha duramente cozzato contro la vostra più recondita e granitica indole da imbrattamutande. L’esporvi per primo in qualsivoglia cimento, dall’aprire una busta lasciatavi dal postino, al calarvi sottoterra, vi provoca quel flato tenue et viscerale che sa di vigliacco. Bravo come acher, a quanto millantate, avete un sito che trasuda di ardimento da circolino delle bocce. Bene, continuate così, perché almeno voi non avete velleità di speleologiche imprese in terra straniera e tantomeno ambite a riempire pagine di cronaca speleologica, fors’anche perché nello scrivere siete pari a un animale da cortile. 36. I drammi della Speleologia: il peto pavido e infingardo Il gioco del fato, o della vita stessa, vi ha condotto nell’essere una perfetta nullità a trovarvi una inaspettata chance tra le mani. Avete avuto il privilegio di mettere piede nel vasto e variegato campo delle Cavità Artificiali, nonché di quelle Naturali, perché condottovi per mano da uno dei massimi conoscitori della città sotterranea per eccellenza. Ma, aimè, la spiccatissima attitudine ad essere uno zero tondo tondo vi ha dato agio di riempire la nuova et fiammante tuta speleo non tanto d’ardimento, ma bensì delle vostre sozze loffe a tradimento con sgommata nelle mutande. Se per un po’ il galantuomo che ha visto in voi del buono vi ha fatto capire soprattutto con l’esempio che per poter conoscere e divenire “esperto” occorre faticare non poco e dotarsi d’onestà d’intenti et spirito d’abnegazione, è dovuto poi fermarsi innanzi all’evidenza che da un senzaonore non si cava uno speleo. Da nano quale siete avete maldestramente tentato di montargli sulle spalle per palesarvi comunque come la classica scoreggia vestita in un paio di braghe sdrusce e padellate, vendendovi come esperto conoscitore delle opere ipogee soprattutto nelle taverne di malaffare. Il lato positivo di questo gettare la maschera è stato il vedere quali altre più o meno sospettate/insospettate mezze figure si siano attaccate a voi come la limatura di ferro si addensa sulla calamita. Parimenti allo stronzo di cane sul marciapiede anche voi per un po’ troneggerete, ma il tempo, la pioggia e la ramazza del netturbino cancelleranno ogni puzza al vostro riguardo. PARTE SECONDA Satira & Fango Da una popolazione speleo così mediterranea e ridanciana, pronta al frizzo nonché al lazzo, avrei immaginato che nel tempo si sarebbe sviluppata una speleosatira a 360°. E invece su tale versante la vedo un po’ bigia... la Speleologia Italiana, s’intende. Lungi dal voler rimediare, da somaro tiratardi quale sono, rincaro la dose. Un tempo imperversavo tra Lazio e Toscana sempre con il Vernacoliere (noto mensile di satira labronica) in tasca, sognando di emulare il maestro Sardelli, che ha lasciato alla storia un fulgido esempio di satira breve ma efficace nelle Storie del Paglianti: «I DRAMMI DELLA SCUOLA»! Tra una cavità artificiale e l’altra mi sganasciavo dalle risate leggendo tali capolavori di satira e sconce storielle livornesi. Ogni tanto provavo a declamarli pure a quei polentoni del mio gruppo, ma con scarso effetto pirotecnico. E un giorno, baciato non dico dove dalle muse, cominciai a scrivere pur’io, seppur maldestramente, qualche pezzetto di satira nel risibile tentativo d’emulare l’inarrivabile Federico Maria Sardelli. Ora mi appresto a rincarar la dose di quisquilie su fattarelli o fattacci o drammi della Speleologia oppur anche di quella con la esse minuscola. Fate Vobis. In questo anno undecimo del secolo ventunesimo (così si sussurra), mi accingo all’opera nel Segno del Falco. 37. I drammi della Speleologia: i peti commissariati Siete l’orgoglioso et inarrivabile Primo Cittadino di un meraviglioso antico borgo italiano e lo amministrate con sagacia et lungimiranza. Recentemente siete stato contattato da un branco di pulciosi speleologi che, bontà loro, si sono innamorati delle vostre quattro pietre consunte al punto da offrirvi gratuitamente la loro collaborazione. Si sarebbe trattato, per farla stringata, di esplorare, fotografare, rilevare e studiare tutte le cavità artificiali esistenti sotto il paesello, nonché le favoleggiate grotte naturali antropizzate situate nelle immediate circostanze. Ciò avrebbe consentito una maggiore comprensione (diciamo pure “la comprensione” e basta) della vostra storia locale, nonché allargato gli orizzonti dei villici zotici, magari dando un impulso all’asfittico turismo. Supponente spalletonde quale siete, ma forte di una bella tessera di partito in tasca, avete sprezzantemente rifiutato l’offerta degli speleo in virtù del fatto che siete troppo occupato ad organizzare la pantagruelica “Saga della Polenta al Capitone Mentecatto”, pardon, Mantecato, unitamente alle libagioni di contorno. L’autocisterna di vino al metanolo, da voi ordinata appositamente per far più lieti e ottusi gli elettori, sortisce l’effetto di regalare alla piazza del paese una bella dolina di sprofondamento. Il carico etilico, gravando sui sottostanti et inesplorati ipogei, sfonda tutto e piomba dabbasso con un bel botto, dando a voi di rimbalzo un bel saccone di guai. Complimenti, bella carriera! Il meno che potrà capitarvi sarà il commissariamento del vostro infausto borgo oramai abbandonato persin dalle tàccole. 38. I drammi della Speleologia: il tafanario abbandonato S’aveva, alfin, tappato con tondini metallici e cemento, per tema che qualche tapinaccio vi scivolasse dentro, quel grottino sul sentiero perché altro non era che il classico «bucodiculoinesorabile». Ma prima si era, a onor del vero, estratto un metro cubo di paltone per capire di che si stava trattando. Purtroppo, nella trista realtà dei fatti, l’unica aria che ci tirava era quelle delle nostre renze. Voi, birbantello somaraccio, una volta passato all’altro gruppo speleo (perché da noi si faceva attività!) avete subito spifferato di codesto tafanario (pari a quello della moglie vostra) per farvi bello e servire su di un piatto d’alpacca quello che avete gabellato come porta d’accesso a un complesso carsico d’inimmaginabile bellezza. Non capendo una fava nè di geologia nè tantomeno di carsismo, ad anni di distanza siete tutti ancora lì che scavate il tafanario nel riuscitissimo intento di farvi venire l’ernia nell’estrarre carrettate di detriti morenici misti a merda di capra e terra, nel conturbante sogno di farlo diventare “grotta!!”. 39. I drammi della Speleologia: riflettori sul micropeto L’ostinazione con la quale vi ostinate (venia per il bisticcio di parolette) a cercar di capire che cosa facciano gli Speleologi i quali vi hanno porto il benservito, ovvero v’hanno allontanato con un magistrale et ben’assestato calcio nel culo, ha dell’esemplare pertinacia. Si, siete un bell’esempietto di cretino che non sa come giocarsi il proprio tempo libero e allora approfitta di quello altrui per condurre la televisione privata di turno a girare lì, proprio lì dove quel qualcheduno sta curiosando in abiti prettamente speleo. Microfono appuntato al bavero della vostra tuta la quale, detto per inciso, nonostante abbia dei begli annetti non è per nulla lisa o stropicciata, segno tangibile dell’ardimento da imbrattamutande pallemosce, vi sentite novello Arne Saknussem sotto i riflettori della gloria (quella con la gi “Arial corpo 2”). Ma basterà non accendere il “teletramortitore”, ovvero la televisione, per non vedervi mai più. Questo darà agio persin ai più duri di comprendonio di cogliere come voi siate meno di un’ombra, quindi anche meno di un peto. 40 I drammi della Speleologia: le scoregge sbandieranti Tristemente mi tocca assistere (anche) in seno alle speleologia agli attacchi dei «soliti quattro stolti» nei confronti di chiunque esprima un pensiero differente dal copione speleopolitico oramai asseverato nel corso di trent’anni. A furia di ripetere la solita litanìa petulante, falsa et infingarda, le figurette da guappi di cartone l’hanno fatta assurgere a verità speleologica intergalattica. Forti di avere in mano gli organi di diffusione del pensiero, mai stato proprio, ma soffiatogli nella scatola cranica sicuramente orfana di materia cerebrale dal solito burattinaio di turno, sempre più spudoratamente impazzano. Dopo aver assistito all’ennesimo attacco epistolare nonché telematico, nel mentre digerivo le cotiche di maiale generosamente accompagnate dai Bianchi di Spagna annegati nelle Cipolle di Tropea, un rutto terrificante mi è salito dal bassoventre squarciando lo schermo del computer. Pensando che non tutti i mali vengono per nuocere, mi sono risolto a non assistere alle quotidiane piaggerie, dedicando più proficuamente il mio tempo alla preparazione delle attività speleo. Queste scoregge che sbandierano un qualcosa di non proprio non meritano nemmeno l’odore che esse stesse provocano. Chiudiamo le finestre e lasciamole fuori: si esauriranno come ogni cagata di vacca si sfarina sul prato baciato dal sole generoso. 41. I drammi della Speleologia: bon ton & scoreggion Che qualcuno s’inventi lo scoop per portarsi a casa il pane quotidiano non mi lascia stupito: con la crisi vera o presunta che galoppa a beneficio degli usurai mondiali (le banche) di poveracci ce n’è sempre di più e sempre più fatica fanno a togliersi la paglia dal culo. Ma costoro, oltre a inventare e pubblicare amenità coatte, utilizzano dati non propri senza citarne la fonte. Anche questo non mi stupisce in quanto la summenzionata crisi non genera solo poveracci, ma pure individui che, non per colpa loro, ignorano l’educazione e l’esistenza di quel codice che si chiama deontologico. La miseria materiale e spirituale è terribile! Ciò che in realtà mi lascia perplesso sono le persone che si accostano e si accompagnano a questi individui: si tratta di fantasmi che si nutrono della luce riflessa da chi, nel bene o nel male, almeno fa qualche cosa. Tali persone li sostengono, li applaudono, gli danno credito: questo è il vero punto dolente dello stato di cose in cui in Italia si diguazza. Nell’ambito delle humane vicende speleologiche può capitare che il profano tapinaccio di turno gabelli lucciole per lanterne, ma tanto non ha mai adoperato la classica fatica per calarsi di sotto e portare alla luce del sole un risultato concreto, ovvero il classico dato scientificamente corretto. Non è invece ammissibile che voi, diplopode decerebrato (la cui cavità più ampia che avete esplorato -perché sottacerloè il vostro naso per estrarvi i fichi), cerchiate d’emulare il tapinaccio nel maldestro tentativo di grattare consensi nell’ambito speleo, sperando che la crisi energetica abbia anche qui colpito duramente e la bufala sia presa per stracchino di qualità. Siete e resterete una scoreggia rumorosa per il solo tempo dell’emissione, destinata a passare inosservata grazie al bon ton di chi, haimè, vi sopporta come inevitabile sasso nella scarpa in questa camminata chiamata vita. 42. I drammi della Speleologia: l’ottundimento verbale La molla della lingua in acciaio svedese temperato ha fatto di voi un personaggio necessariamente noto non solo nel ristretto, polveroso e declassato àmbito speleologico. Difatti, al vostro sopraggiungere, s’innesca il fuggi fuggi generale pari all’avanzata del ghepardo allo zoo, ma fuori della gabbia. Se la vostra lingua fosse pure prensile e adatta al maneggio (o al linguaggio) di bloccanti ovviamente speleologici, sareste un drago della Speleologia nella risalita su corda singola. Peccato per il tempo e l’energia calorica adoperati nella movimentazione del muscolo al solo fine di stordire il vostro prossimo con le roboanti attività di cui siete ovviamente l’eccelso protagonista. Stringi stringi (perché passarlo sotto silenzio?), anche in tale fulgido caso, le distese sconfinate di parole sono inversamente proporzionali ai risultati tangibili procurati con il sano et profumato sudore della fronte nonché delle ascelle. 43. I drammi della Speleologia: spazzatura e megapeti L’esserci riempiti i centri abitativi nonché ricreativi et produttivi di spazzatura è il chiaro indice di una amministrazione inefficiente. ... amministrazione (notare la “a” minuscola) che noi, stolti gabellati, paghiamo e non poco. Tacendo da bravi muli-cavalli di orwelliana memoria. Di contro, e non lo si può negare, la colpa è anche della nostra sagace flemma nel pensare che è meglio vivere “comodi” et nella merda, piuttosto che impegnarsi civicamente e stare meglio. Ma veniamo ai fatti. Cercando nirvanicamente il pieno nel vuoto e il diritto nel curvo, ci viene brillantemente in mano una simpatica soluzione, derivata dalla nostra inefficace ancorché inefficiente attività ludico-sportiva nel sottosuolo (gabellata per Speleologia), la quale darà pure agio alle nostre tasche di riempirsi di pecunia. Tanto, asini digià lo siamo, occorre solo dimostrarlo ai quattro venti! Se sopra di spazzatura è pieno, sotto è invece pieno di “vuoti”, nel senso che inferiormente ad ogni città, bene o male, vi sono inusati e inusitati spazi sotterranei. Oltre a ricavarvi spettacolari posteggi per auto vi si possono apparecchiare i geniali “refugium peccatorum” dei nostri inevasi rifiuti. Basta solo calarsi nelle cosiddette viscere della città, cercare tali vuoti, rilevarli, catastarli e sottoporre il materiale così racimolato al personaggino giusto di turno, gargantualmente assiso sulla poltrona politica di comando. Semmai ciò dovesse accadere, questo starebbe a comprovare il virulento pensiero che il buco del culo più grande fa lo stronzo più grosso. A buon intenditor... poche palle! PARTE TERZA Fuoriprogramma! Come se non bastassero la Prima e la Seconda, ecco la Terza Parte. Se pensavate che le precedenti storielle o cronachelle fossero sciocche, stolte, grevi ancorché volgari... attenzione, nulla sono confronto questo: «Fuoriprogrammmma!». Quadriemme sul tema Speleologia (con esse Maiuscola!) & Drammi Sociopoliticoculturali. La tenue variazione rispetto alle mie precedenti idiozie è dovuta alla colta (?) lettura di un caposaldo della letteratura contemporanea: «Datemi del cemento e vi ci annegherò col mondo», del mefistofelico autore Politica Mafia. [dove Politica è il nome e Mafia è il cognome o, se più vi piace, lo stato di fatto... tapinacci!] In questo anno undecimo del secolo ventunesimo (così si balbetta), mi accingo all’opera nel Segno del Falco. 44. I drammi della Speleologia: i peti trivellati Quando si parla di «Grandi Opere» assisto a una levata di scudi in ambito speleologico e poco più oltre. Le «Grandi Opere», ve lo dice la stessa parola, tapinacci insulsi!, sono Opere Grandi che fanno grandi. Il fatto che la Speleologia italiana (la «i» doverosamente minuscola) non comprenda la possanza di realizzare faraoniche cave, autostrade tutte nodi et svincoli, passanti ferroviari sempre più ficcanti nel territorio e gallerie a dir poco spaziali, è legata a svariati nonché variegati fattori, da cui ne emerge, però, uno sostanziale. Lo Speleologo Italiano (la «I» doverosamente maiuscola) è un neandertaliano. O, meglio, in lui sobbollono quei caratteri propri o ancestrali della razza neandertaliana, definita brutta, insulsa e cavernicola, nonché sparita una manciata di millenni fa sicuramente in modo misterioso a bella posta per fare felici i nostri studiosi che ci gabellano con amenità coatte pagate, perché sottacerlo, salatissime dai contribuenti. Ma torniamo al punto, o meglio allo scavo. Se le Alpi Apuane sono belle, la divina mano dell’Uomo può renderle ancora più belle! Che dire della profusione di cave che quotidianamente sbancano dell’insulso marmo per donare un domani, a noi fini estimatori, nonché pindarici esegeti della novella scienza denominata «Speleologia in Cavità Artificiali», degli ottimi vuoti da rilevare e su cui ponderare? In effetti, perché sottacerlo, talvolta mi domando come mai la totalità dell’umana gente non si dedichi all’indagine di quella carrettata di buchi più o meno maleodoranti e più o meno spisciazzati dai rari frequentatori di turno, che inopinatamente caratterizzano la nostra storia e costellano il nostro sottosuolo. Ma veniamo al dunque! Forare una montagna è l’affermazione della nostra divinità in quanto fatti a Sua immagine e somiglianza. Da appena uno scalino sotto Dio, dobbiamo quindi dimostrargli che il «Dio Denaro» è in grado di fare qualunque cosa e di lasciarla ai posteri, a testimonianza di un atto civile e socialmente inutile. Già, perché a fare «semplici opere» (notare le iniziali tassativamente minuscole) sono capaci tutti. Ma solo se si è capaci di realizzare «Grandi Opere Inutili», soprattutto ed essenzialmente a detrimento di un patrimonio naturale che è di tutti, si è qualcuno. Lo Speleoneandertaliano si secca e si dispera se gli si sderena con mine e talpe il monte e con esso la grotta, i sotterranei del castello e il semplice boschetto dove s’inguatta a trombare la corsista nel dopogrotta oppur a sfinirsi di seghe se gli è andata male. Ma lo Speleoneandertaliano dovrebbe anche capire che questo è il Progresso con la Pi maiuscola. Progresso della mafia in senso lato e in senso, haimé, stretto, in uno stato di fatto (e non in uno stato nazionale che non esiste più da decenni) democratico e coatto. Tenere in ordine un bosco non rende e poi è uno sfarinamento di zebedei. Fare una bella galleriona carrozzabile o un trenino superveloce per consentire a un bidone di vernice oppure a un divano fatto con il cascame di viaggiare a 300 kilometrini orari è una vera conquista. Conquista di una bella fettona di denaro sottratto alle tasche degli imbecilli contribuenti che, a detta della stessa parola, contribuiscono a disfare e insozzare il panorama in cui vivono. Se uno degli aspetti del cosiddetto stato democratico è che all’urna ci vanno tutti, il rovescio della medaglia è che quei pochi ascesi a rango semidivino ci sfilano il portafoglio, imperano al servizio del signoraggio della moneta e sono il «vialibera» per le peggio porcherie ai danni anche della nostra salute. Lo Speleoneandertaliano dovrebbe poi capire che in Italia (mi sento patriota e la «I» stavolta la vergo grande) non è più una questione di partiti e di colori, ma di un solo partito e di un solo colore, quello dell’oro o, se preferite, quello del denaro. Continuate ad andare sotto terra, a protestare se vi rendono turistica la megagrotta e piangere sul liquame versato in cavità: sarete sempre meno di zero perché non avete capito che l’importante è apparire. Apparire con il macchinone, imbarcare quindi un sacco di grana, cagare impunemente in testa al vostro prossimo. Fatevi due conti e, quando andate in grotta, scoreggiate meno... che i pipistrelli potrebbero aversene a male. 45. I drammi della Speleologia: il peto sociopoliticoculturale L’aver composto la metafisica esegesi del novello tomo dell’opera omnia «Sortilegi & Florilegi», il cui autore è il discusso ancorché incensato o vilipeso Mago Maipago, vi ha donato trenta secondini di notorietà dandovi l’agio di montarvi la testa. Notorietà raccattata persin, mi duole dirlo, in ambito speleologico, ma giusto giusto tra quelle quattro o cinque, ma magari anche sei mezze figurette che ogni tanto vi accompagnano in cantina quando spillate caraffate di quel metanolo colorato di rosso che v’ostinate a gabellare per vino. Ma veniamo ai fatti. In alcune foto trovate su internet ravvisate la presenza dei primi culti cristiani testimoniati da «glifi» (oppur triglifi?) che a detta (solo) vostra sono scolpiti in un acquedotto ipogeo del Piemonte e non (solo) nelle catacombe di romana memoria. La comparata lettura del «De laude novae militiae» et dell’intera collezione del «Lando», chiaramente in vostro possesso, vi forniscono poi l’ermeneutica prova dell’esattezza della Vostra illuminazione (o illuminatezza). Ma questo non sarebbe bastante a creare la notiziona del terzo millennio e vi aggiungete pure le impronte lasciate a seguito delle persecuzioni agli Albigesi, la crociata contro i Catari e, tanto per donare al beota lettore l’orgasmo misterico, persin le tracce della caccia ai Templari. Accecato dalla vostra stessa burbanza, programmate una temeraria escursione alla volta dell’acquedotto, che a quota duemila metri sovrasta la Valle di Susa. Ma avete fatto i conti senza l’oste, nel senso che la serata d’arrivo e di raccoglimento catartico all’hotel, in vista dell’impresa che in tre durissime e lunghissime orette di marcia dovrebbero portarvi all’imbocco dell’ipogeo situato sotto la Cima Quattro Denti, si trasforma in una ribotta pantagruelica. Dopo aver passato il fine settimana a vomitare anche il buco del culo nella vicina stalla (l’albergatore vi ha cacciati a malepedate), vi risolvete a riaccendere internet e a riguardarvi la teoria di bassorilievi fotografati all’interno del condotto, ma senza leggerne con attenzione le didascalie, le quali vi avrebbero edotto sull’inquadramento nell’orizzonte cronologico. Essendo dei primi del XVI (Sedicesimo) secolo (praticamente dopo l’anno zero e non prima, stoltissimo!) la pregevole opera idraulica, che si sviluppa scalpellata a manina per circa quattrocento metri nella nuda roccia, non può avere ospitato né i presunti primigeni cristiani sfuggiti al Circo, né il povero e chiacchierato Giacomo di Molay e tantomeno le raffigurazioni in bassorilievo del Bafometto, ravvisate nei volti anch’essi scalpellati sulle pareti dell’opera. Se non altro, le vostre solipsistiche elucubrazioni, vòlte alla conferma delle azzeccatissime teorie, accompagnate dalla frenetica compilazione di chilometrici appunti vergati sul retro della carta argentata riciclata a Natale, daranno l’agio a vostra moglie di farsi trombare allegra et indisturbata dal postino (che non la bussa solo due volte). 46. I drammi della Speleologia: il peto in cattedra Avete chiamato un gruppetto di ciambraconi impenitenti e tapinamente dediti allo studio delle cavità artificiali affinché vi dicessero se, effettivamente, esiste la luna in fondo ai pozzi venuti alla luce nel corso degli scavi archeologici. E così gli speleologi, un fausto giorno, giungono sullo “scavo” armati di tutto punto per quanto – perché sottacerlo – apparentemente “male in arnese”. Alla domanda «qual’è il terreno geologico» avete prontamente risposto «tufo!» facendo capire subito agli strani figuri con chi stavano trattando. E, difatti, trattavasi nientepopòdimeno che di calcare! Il resto ha fatto solo imbestialire voi, in quanto rutti e scoregge non sono stati risparmiati in alcun angolo del sottosuolo della eccezionale nonché venerata, ancorché ambita et semplicissimamente unica area archeologica... Vostra! (???) Ma quando avete cercato furbescamente di sottrarre ai presunti ottusi i dati scientifici frutto delle loro indagini, invece di pubblicarglieli coi loro nomi (seguiti da quello del Gruppo Speleo d’appartenenza) come giusto e ancorché come concordato, avete ricevuto una bella palata di merda sul muso. Che a distanza di vari lustri o lustrini ancora puzza. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio (benché qui si stia parlando di un peto). Gli Speleologi perdono la calma, ma non il loro lavoro e così vi apprestate, nell’indole abigea, a riceverne una seconda. Di sugosa palata di merda, ovviamente! 47. I drammi della Speleologia: l’abbassamento dinamico della scoreggia L’indiscussa vostra conoscenza dell’indole umana vi ha portati a considerare che se a un coglione incapace e supponente, invece di dargli una carica di calci nel culo e cacciarlo dal Gruppo Speleo, gli date una bella carica, ovvero un posto di prestigio (e non di prestigiatore, perché quello è vostro) ne otterrete un servo fedele che supinamente seguirà ogni vostra direttiva. Questo permetterà a voi di fare il puparo, lasciando al pupo, o pupazzo, il compito di fare manbassa delle opere d’ingegno che ogni tanto, ma sempre meno, qualcuno del Gruppo Speleo mette in campo. Nessuno si accorgerà che, pian piano, ma neanche poi tanto, il vostro gruppo subirà un bell’abbassamento di tono, a benefizio del cialtrone che da dietro le quinte vi comanda, vi spreme e pure vi sbeffeggia. Complimenti, non c’è che dire, bella carriera! 48. I drammi della Speleologia: la stoltaggine supponente Abbiamo affidato a voi, con mani tese e nell’anelito della più chiara e spassionata comunicazione, i frutti dei nostri studi, delle nostre esplorazioni e delle nostre fatiche speleologiche. Ma, accidenti, pure stavolta noi non abbiamo capito in che razza di mondo viviamo. In realtà a voi non solo interessa guadagnare sulle nostre fatiche, trattandoci come dei semideficienti perché crediamo nell’importanza della cultura e della sua diffusione, ma vi siete pure approfittate della nostra dabbenaggine. Tiranneggiati dalla vostra redazione che lavora in modo decisamente approssimativo ci siamo dovuti scontrare con la più palese intenzione di applicare sempre e comunque l’adagio “poca spesa, tanta resa”, nel senso che a parte la stampa che farebbe cagare a spruzzo qualsiasi persona dotata di buongusto, badate solo a spedire fuori il prodotto stampato con la minore perdita di tempo, a discapito della più chiara e scontata precisione. Eppure siete pagate per lavorare e seriamente, nonché, ma forse non è nemmeno il caso di dirlo, onestamente. E, onestamente, noi si penserà, per il futuro, di darvi da stampare una bella pizza di merda fresca di vacca sulla vostra facciona a culo di suino piuttosto che passarvi un’altra opera d’ingegno speleologico. 49. I drammi della Speleologia: prepuzi al vento Come lupi affamati sulla pista dell’alce vi siete lanciati nel sottosuolo della vostra città esplorandone quasi ogni recesso. Il “quasi” è la porta innanzi alla quale persin il più magro et ardimentoso ha gettato la spugna! Avete scattato talmente tante foto da parere i giapponesi finalmente in gita dopo aver passato 44 annetti filati (persin la domenica pomeriggio) nella fabbrica di transistor. Le biblioteche e gli archivi li avete affrontati come Janez de Gomera si lancia all’assalto al fianco del Sandokan di salgariana memoria e cercate di documentare il tutto per poter offrire alla cittadinanza vostra una signora mostra degna delle sue origini vetuste. Il vostro Progetto (si noti la Pi maiuscola), consegnato a chi di dovere, manco a dirlo giace ora nel fondo di un cassetto che pare la cassaforte per tenerci la polvere dei secoli, eppure, guarda guarda, qualcosa si muove. Una simpaticherrima organizzazione vi contatta perché sta organizzando una mostra sul sottosuolo della città, ma necessita di due cose fondamentali: 1. le vostre foto; 2. la vostra opera d’ingegno scritta. Ovviamente, manco a dirlo, in quanto sono “Organizzatori” (stigrancazzi, direbbe un toscano!), il tutto dev’essere a titolo speleologicamente gratuito. Loro, intanto, non mollano nemmeno un peto se non dietro congruo compenso. Con il vostro solito sorriso da ebeti vi recate alla riunione per presentarvi et definire il tutto, vestiti ammodino e pure pettinati (si, quei quatto peli grigi che avete sulla crozza). Vi mettete in fila lungo il lato del tavolone in mogano massiccio e all’atto pratico, quando vi si chiede (e gratuitamente) il materiale, scattate sull’attenti e dalle patte prontamente al vento estraete e sbattete sul legno presidenziale le vostre fave lunghe e dure esclamando: «E oltre alle nerchie, se volete, vi mostriamo una fettina del nostro culo e cachiamo a spruzzo nell’ascensore!», quindi concludete degnamente la partita con un peto da guinnes dei primati emesso dal vostro beneamato presidente dell’Associazione Speleologica. 50. I drammi della Speleologia: il fischio del culo Se da un lato siete tosti nello seminare le corde in ogni grotta che vi viene a tiro, lasciandole poi lì a beneficio di ghiri, diplopodi ed acari, dall’altro siete spettacolari organizzatori di corsi (già, perché le corde costano, e non poco!). Imbandite quindi corsi d’introduzione alla speleologia (esse rigorosamente minuscola), corsi di speleologia vera e propria, corsi di apprendimento della speleologia, corsi sui ripassi speleologici del dopocorso, e via così. Ed ogni gabellato corsista sborsa una cospicua cifretta di denaro per poter diguazzare liberamente nella mota, farsi imbragare e calare nei peggiori buchi del culo apparecchiati dal Calcare appositamente per fargli scontare duramente la permanenza acritica sulla Madre Terra. Ad ogni corso ecco una valigiata di euro finire nelle casse del gruppo speleo per comperare nuove corde... e via che il ciclo pernicioso riprende! Peccato che, pur d’imbarcare fino all’ultima monetina, siete disposti a fare il corso e poi a tesserare tutti, ma proprio tutti, persino i tripponi, quelli dalla silhouette pari ad un pallone da spiaggia con le caviglie. Se i chiodi degli armi non cederanno e se le corde terranno, dovrete solo preoccuparvi di fare fischiare col culo chi s’incastra, nella speranza che si sgonfi e non vi tocchi utilizzare il piede di porco e la vasellina per stasarlo dalla strettoja. 51. I drammi della Speleologia: lo scatizzolamerda dabbene Il sorriso dabbene stampato sulla faccia rubizza vi fa unanimamente considerare un personaggio simpatico ancorché curioso. Limitato dallo scudiscio casalingo nell’attività speleologica di punta, condotta e conchiusa nelle parti liminali delle poche grotte che voi avete calcato facendo la punta al lapis per tracciare uno sghembo rilievo speditivo, ha fatto di voi un elemento insoddisfatto. Tale fattaccio, o fatterello, ovvero la vostra personale insoddisfazione, ora si accompagna pure alla sottaciuta e ben mascherata indole insoddisfacente. Desiderando pure voi dire la vostra in un ambito, diciamolo pure, tranquillo, serafico, magari accomodante e ultimamente un po’ comodo, imperversate con le vostre news. Sospetto giornalista, o cronachista, o necrologista mancato, pensate di illuminare la supposta non conoscenza mediante notizione e notiziari. Belle e lodevoli iniziative purtroppo lese da vizi di forma quali, ad esempio, la vostra propensione ad avere quanto più a lungo possibile la lingua asfaltata di merda. Chissà perché, pure voi (!), soffrite della sindrome «pacca sulla spalla», ovvero quella malattia che induce taluni a ricevere una affettuosa (ancorché spesso falsa) approvazione da colui che, a torto o a ragione, è definito il potente di turno mediante riconoscimento verbale o, per l’appunto, con la classica «pacca» data a mano aperta sulla spalla. E, se la pacca non è la sua, v’accontentate e gioite di quella che possono elargire i suoi accoliti sottoposti. A conti fatti siete un altro dei tanti peti che sotto l’Arco di Trionfo della Speleologia con la Esse Maiuscola cerca una giustificazione all’aria che respira e alle scoregge che maleolentemente molla. 52. I drammi della Speleologia: la scoperta duodenale Versatissimi nella speleoallergia, state sommergendo il mondo speleologico mondiale (solo a detta vostra) con le vostre personalissime elucubrazïoni riguardanti le altrui esplorazioni nonché mediante le vostre più brillanti intuizïoni sulle altrui scoperte. ...Ammantandovi costì di parte dell’aureo mantello che giustamente spetta, invece, a chi attività esplorativa e divulgativa la fa. Per i tapinastri che non lo sapessero, oppur non lo supponessero, la speleoallergia è quella sottaciuta branca della Speleologia che accomuna coloro i quali si cagano in braghe alla sola idea di andare sotto terra, ma soggiacciono al tristo desiderio di essere accettati nell’ardimentoso et variopinto Olimpo Speleologico. Pertanto, come enunciato in ouverture, i pidocchi cercano così di farsi passare per audaci pensatori et scopritori delle verità arcimboldiche e delle oniriche elucubrazioni, ma il risultato è che talvolta surclassano le vere e proprie sane esplorazioni e le autentiche scoperte, riscuotendo larga audience o odiens. E il motivo semplice, ancorché perennemente taciuto, è che nel mondo alberga larga schiera di essenze vitali le quali sono alle prime armi con il panorama materiale (la teoria della nascita, morte e reincarnazione di buddistica dottrina) e risultano, o possono risultare, assolutamente dei coglioni agli occhi dei profani. Ma tali venditori di flatulenze a tradimento li si accetta senza remore in quanto la loro ferma et asseverata funzione sociale è di attirare seco scoregge loro pari, generalmente rappresentate da elementi per lo più insospettati et insospettabili, chiarendo così, all’Olimpo Speleologico, quali siano gli stolti da cui tenersi alla larga. 53. I drammi della Speleologia: il peto amichevole Col sorriso accattivante e colto, nonché con l’occhio da triglia, sapete ingraziarvi il prossimo e pure tacchinare qualsiasi femmina che passi a vostro tiro. Ma, fino a qui, nulla di male. Cio’ che funziona meno bene è il vostro fare da amicone con cui girellate tra Nord e Sud Italia per recuperare informazioni riguardanti sia grotte, sia cavità artificiali: poi vi ci fiondate fregandovene se già qualcuno (e per l’esattezza quello che vi ha un po’ ingenuamente fornito l’informazione) ci sta conducendo l’attività. In pratica cercate d’inculargli lavoro e gloria. Ma più il tempo passa più rimanete solo, perché anche i più duri di comprendonio vi hanno scaricato e la notorietà non solo vi accompagna, ma pure vi precede. Nonostante il sole che prendete, tra un tentativo e l’altro di fregare il vostro prossimo speleo, rimanete con un colorito verdognolo, ovvero il tipico colore dell’invidioso. Oramai non ci resta che tenerci alla larga dalla vostra trista e sempre più spiacevole figura, come si fa con chi scoreggia a tradimento ad ogni piè sospinto. PARTE QUARTE Clisteri! In un momento storico dove lo sciocchino imperversa e in un contesto sociale in cui s’impone l’idiota televisivo, bovinamente et con poco impegno mi accingo a vergare (ma con fare madrigalesco) questa quarta serie che s’intitola: «CLISTERI!». Sul finir dell’anno undecimo del secolo ventunesimo (così si ciangotta) mi accingo all’opera nel Segno Zodiacale dell’Asse da Stiro, ascendente Canovaccio. 54. I drammi della Speleologia: il peto funambolico Un Comune Italiano vanta nel proprio territorio, zero più, zero meno, all’incirca un milione di cavità tra naturali et artificiali. E questa è una simpatica cuccagna per qualsivoglia galeotto del sottosuolo che desideri cimentarsi nella loro ricerca nonché nello studio. Ora, funambolico vento di stomaco, dovete testé spiegare agli astanti per quale accademico o incontinente motivo vi recate dal Primo Cittadino (il Sindaco! tapinacci che non lo sapete) chiedendo con perentoria protervia di accedere nonché documentare esattamente quelle quattro cavità che colleghi vostri stanno digià studiando. Le restanti 999.996 non vi bastano? No, volete proprio proprio quelle quattro occupate. Direi che l’inequivocabile arbitro speleologico, ovvero il «Dio delle Grotte che Chiudono Subito» abbia fatto bene ad appellarvi senza possibilità d’appello: «Inequivocabile Stronzo»! 55. I drammi della Speleologia: clisteri a raffica Nel mentre in cui ci si accinge a commentare o criticare una trasmissione che ha la pretesa di raccontare anche solo una parvenza di speleologia (notare le esse tristemente minuscola) noi ci si pone al suo livello. Quantomeno perché, alla fin fine, il nostro tempo davanti allo schermo ve lo abbiamo impiegato. Poniamo, per ispiegare l’arcano concetto, un sapido ancorché volgarotto et maleazzeccato esempio. Se il letamaio è potenzialmente un humus su cui o da cui possono fiorire multiformi aspetti di questa vita (vedasi l’ammonimento contenuto in una canzone di Fabrizio De André su che ci nasce sul letamaio e che ci nasce sui diamanti), è altresì vero che la merda puzza e lercia chi vi diguazza. E poi, in un mare di merda, mai v’ho trovato grotte o cavità artificiali e tantomeno un fiorire di cultura o d’afflati esplorativi. La merda è merda e se non siete in grado di portare in profondità l’esplorazione di una grotta o scrivere i risultati scientifici ricavati dallo studio del tafanario ipogeo che avete sotto casa, almeno non fatevi abbindolare e inscatolare il cervello davanti allo televisivo schermo, il quale sol vi propina Clisteri! 56. I drammi della Speleologia: il peto trasmesso Spingere sé stessi e, naturalmente, tutto il vostro Gruppo Speleologico nell’esplorazione di una cavità è cosa meritoria. S’infrange in primis il lassismo quotidiano subdolamente indotto con ogni mezzo dai cosiddetti «media». Ma non solo. Pensando con la propria testa si dichiara apertamente la propria degna appartenenza alla specie «Homo» e non a quella della specie «Colione». Si comprova a sé stessi et agli altri che questa Madre Terra è meravigliosa, offre un sacco di possibilità esplorative e pertanto pure numerose consequenziali possibilità meditative. Se poi, qualcheduno, sceglie altre vie, non dobbiamo dolercene o rammaricarcene. Difatti, a ben vedere, nonché a conti fatti, colui o coloro i quali sceglieranno la via dei clisteri in realtà nulla hanno a che fare non solamente con la Speleologia e con la sana pratica speleologica d’esplorazione e documentazione, ma pure con un sacco di altre cosette e ben più importanti. Ergo, non se ne discuta oltre. La trasmissione dei clisteri, da culo a culo, potrà solo che generare spruzzi di liquami e nulla più. Unico avvertimento: teniamoli il più distante possibile dal nostro àmbito. Questo semplicemente et semplicisticamente perché emanano cattivo odore. 57. I drammi della Speleologia: tripodi proni In un mondo che sempre più si conchiude in sé stesso lasciando poco o punto spazio alla fantasia et alla follia esplorativa per il gusto di conoscere et di trasmettere l’acquisita conoscenza, vi cimentate nell’ardua impresa di condurre attività speleologica seria et professionalmente scientifica. Purtroppo nel vostro percorso incocciate in taluni tapinelli i quali non comprendono che ciò che conta è ciò che in realtà siamo e non ciò che tentiamo di dare a vedere. Ma in tale frangente nulla vi è di male: su questa Terra, piaccia o non piaccia, ognuno fa il proprio giuoco. O, meglio, la propria strada o il proprio percorso di apprendimento, se così più vi piace. L’importante, tosto di soppiatto si sussurra, è non insozzare la propria ghigna accettando di comparire davanti alla telecamera per dire castronate a pappagallo attratti dalla fugace prospettiva di un frammento di notorietà, duratura quanto le loffe (meglio conosciute come scoregge) che mollate a tradimento al cinema. L’importante, così si osa mormorare, è non ridursi ad essere prone tripode: gambe divaricate, schiena curva e una mano a terra, ben salda. Con la mano rimasta libera si divarica poi la pellaccia dell’orifizio per dare agio a farvi infilare un goloso serial di clisteri! 58. I drammi della Speleologia: peti da clisteri Difettandovi il congruo numero di neuroni funzionanti per potervi ascrivere nella classe delle persone intelligenti dovete comunque trovare una consona collocazione in questa societas feroce nonché spietata. Essendo pure dotato di una non comune voglia di fare un bel nulla, vi risolvete a rubacchiare qui e là ideuzze per mettere in piedi un programma televisivo che possa condurvi un briciolo di notorietà e pure quattro soldi nelle tasche. Punto cruciale: trovare attori a basso costo e location (posti dove girare il vostro filmatodelcazzo) in cui ambientare il vostro programma che argutamente appellate «Clisteri!». Il dio degli stupidi, purtroppo sempre presente su questa Terramadre, vi fornisce una bella accoppiata vincente, ovvero stupidi che possiedono le chiavi di qualche luogo sotterraneo (ad esempio la cantina di casa loro) o comunque il barlume d’idea di dove trovare una cavità dove orinarvi in santa pace, e lo strumento vincente per le ardite esplorazioni: la torcia elettrica a manovella del nonno. A filmato girato con pochissima spesa ve ne potete tornare in istudio a montarlo e confezionare l’ennesima teleidiozia per ottundere et instupidire gli ascoltatori, mentre i tristi figuri che vi hanno accompagnato sotto, facendovi anche da figuranti, potranno conchiudere utilmente la giornata (o l’intero finesettimana) standosene ancora là sotto a buttarselo vicendevolmente nel baugigi. 59. I drammi della Speleologia: il peto tenebroso Con tutta la scienza (notare la esse minuscola) che dite di avere masticato per anni riuscite discretamente in una sola cosa (oltre a dare fiato al culo, ovviamente). Riuscite gustosamente a scendere nelle cripte (e solo in quelle), filmandone persin gli angoli più reconditi. Il motivo è semplice: di cripte ce n’è dovunque e generalmente sono dotate di scalini per accedervi comodamente. Con l’ennesima calata nel luogo destinato alle cose morte, come le nostre carcasse quando saranno oramai vuote della scintilla o afflato vitale, vi guadagnerete la stima di un guappo di cartone che si spaccia per consumato cineasta. Che dire di più? Cercate così di gabellare il prossimo con esplorazioni da teatrino delle marionette, spacciate per imprese epocali et con risvolti scientifici e sociali. In pratica lo buttate, metaforicamente parlando o scrivendo, nell’orifizio di chi, prono davanti al diotelevisione, vi segue e pende dalle vostre pendule e tumide labbra. L’eccelso Dante Alighieri creerà per voi il girone dei Clisteri! Là purgherete il contrappasso e come cialtronescamente in vita avete cercato di buggerare il prossimo vostro, così da trapassato sarete buggerato con bei clisteroni a raffica diretti al vostro culetto da chiosatore di cazzi a pagamento. PARTE QUINTA Erezioni! Da bravo tapinaccio sboccato e impenitente quale in realtà io sono, invece di vergare cose forse sagge, o, meglio, invece di tacere perché il silenzio è d’oro, m’accingo a scriver ancora di peni e peti e di giganteschi didietri. Non me ne si voglia e nemmeno mi s’applauda perché la puzza vergata con la penna laudi e battimani non merita. Ad ogni buon conto eccovi la Quinta Serie per festeggiare degnamente! Cosa? Ditelo un po’ voi, perché questa serie s’intitola: «Erezioni!». Ma poi, o anche meglio adesso, ovvero subito, che due soli pensieri vi sorgano prepotenti: leggermi mai più e spegnere definitivamente la tivvù. Sul finir di questo anno undecimo del secolo ventunesimo (così si conclama), mi accingo all’opera nel Segno Zodiacale della Grotta che Chiude Subito, ascendente Taverna. Ma prima da Voi accomiatarmi, lancio nel buio siderale il mio ringraziamento a Fulvio Salvi, che con le parole sue non sol m’ispira, ma pure mi conforta con il pubblicarmi tanti scritti che, in realtà, dovrebbe gettare nel secchione (è il bidone della spazzatura! Analfabetelli!). Troppo buono! Grazie. 60. I drammi della Speleologia: il peto-pendulo Seppure l’indiscusso nonché indiscutibile arbitro speleologico (o, se preferite, Arbitro Speleologico), ovvero il «Dio delle Grotte che Chiudono Subito», ve l’avesse fatto comprendere con chiari fatti, voi non gli avete ovviamente dato per benino retta. E quindi avete accettato la collaborazione offertavi dal cazzone (elemento bipede con la testa nelle mutande), in un’operazione dal chiaro sapore speleologico et sociale. Ovviamente perché siete un Signore (notare la Esse di Speleologia chiaramente maiuscola). Ma ancor non vi capacitate di quanto possa essere priva di qualsivoglia onore la parola di un inequivocabile peto vestito et pendulo, il quale, perché sottacerlo, si spaccia per speleologo (notare le esse minuscolissima) e magari, sigh!, in gioventù pure lo è stato. Ad ogni buon conto l’unica cosa che oggidì potrebbe fare non sono giammai le esplorazioni in grotta, ma bensì le scale a piedi. In pratica vi siete reso conto che il tapinuncolo non solo non sa sostenere con dignità l’impegno con voi preso, ma, accidenti!, pure voi vi siete scordato che tale tapinerrimo non è in grado di sostenere neppure il proprio cazzo quando piscia. Ma non v’angustiate più di tanto, perché la sorte lo ha già punito duramente facendolo crescere come emorroide infiammata in un paio di mutande sdrusce e lise, ma terribilmente strette e solitarie. 61. I drammi della Speleologia: il peto me medesimo Aduso a vergare versi sconci ancorché gratuitamente volgari, un dì vi chiedete come mai la dolce et sana pratica speleologica non vi doni più alcuno spunto per scodellare le vostre logorree in rima mai baciata sul dioweb. Conseguentemente cominciate a volgervi attorno con lo sguardo accorgendovi, aimè fin troppo tardi, che questa palla terracquea, la quale a detta solo vostra avete raramente et timidamente esplorato nei fine settimana deputati all’ozïo, offre anche altro. Dedicandovi alfin alla ricerca di una connessione tra il sistema lessicalistico e la fellatio nirvanica ve ne uscite finalmente dall’ambito speleologico dove, perché sottacerlo (??), avevate drammaticamente et esaustivamente rotto i coglioni! 62. I drammi della Speleologia: ectoparassiti alla rincorsa Siccome ogni specie ha i suoi parassiti, mi volgo attorno cercando nelle manifestazioni di Mamma Natura un qualche cosa d’ispirazione, in questo volger d’anno che pare porti solo che danno, per comprendere lo stato attuale delle humane cose. Se i nicteribidi sono una famiglia d’insetti ditteri brachiceri con la vocazione da ectoparassiti dei pipistrelli, m’accorgo che pure le simpatiche bestiole in questo tristo mondo soffrono, ovvero i pipistrelli. I nicteribidi sono privi di ali, magari pure di quella fantasia di base che avrebbe, chissà (?), permesso loro d’incarnarsi nel pipistrello e non nell’insettaccio dagli occhi ridotti o assenti e con il bell’apparato boccale perforante e succhiatore. Noi siamo come pipistrelli: se non stiamo attenti a dove ci appoggiamo siamo preda delle lunghe zampe provviste d’uncini dei nicteribidi e poi, a scollarceli di dosso, non bastano le scoregge prodotte dalla fermentazione delle verze mescolate ai cavolini di Bruxelles conditi con aglio e menta (quest’ultima serve a rischiarare la gola del buco del culo). Noi siamo come pipistrelli disadatti in questa nuova èra di democratica follia: ci votiamo al parassitaggio, invece di cacciare a pedate nel culo i nicteribidi che tanto in grotta mai ci vanno e, forse, mai ci sono andati. E non ci andranno mai! 63. I drammi della Speleologia: i peti soggiogati L’humana travisazïone delle cosette che voglia o non voglia compongono le piacevoli-spiacevoli quotidianeità di codesta pallamondo ha contagiato anche il nostro ristretto microcosmo demodè. Il fatidico momento delle elezioni in seno al vostro Gruppo Speleologico ha risvegliato le più abbondanti salivazioni nelle cavità orali di coloro i quali desiderano dire ad alta voce la propria, credendo -così- di contare qualcosa. E, guardate bene, tranne pochi e rari casi i quali non fanno che confermare la stolida ma inamovibile regola, chi desidera la fettona di potere e chi si accontenta pure della fettina, sono elementi tra i più disparati, ma che in comune hanno una lunga (e talvolta totale) assenza dall’attività speleologica. Ma perché non ce li caviamo di culo? Verrebbe da esclamare. Ma per il semplice motivo che così mantenendoli danno a noi agio di gonfiare le guance pendule parlandone male e di mollare pure qualche bella scoreggia al loro indirizzo. Basterà? 64. I drammi della Speleologia: peti allo sbaraglio L’Università di Catenate sul Glande s’è alfine dotata di una cattedra di petologia ipogea e a voi non pare vero di potervici iscrivere seppure, perché sottacerlo, con grande sacrificio economico. Già, i tempi per lo studio sono oramai da scordare, visto che le banche stanno strozzinando il popolo. Lasciate dunque l’arguto studio di anacardi e cetriolini degni compari di birrette e canparyni nonché altri miscugli etilici sderenafegato, per tuffarvi nel tripudio della cultura. Il fatto di avere appreso che in talune rocce laviche si forma qualcosa che assomiglia alla grotta, ma che in realtà non è calcare che si lascia modellare dall’acqua, vi eleva sugli astanti. La successiva organizzazione di un gruppo chiacchierante di grotte sarà per voi la catarsi in quanto, data la consumata abilità nell’estrarvi i fichi dal naso, potete aspirare alla carica di Gran Capo, in chiave “pellerossa”. Gli annali della Storia ricorderanno voi e la vostra cricca come fini estimatori d’un qualcosa che se avesse beneficiato meno delle vostre attenzioni si sarebbe -senza dubbio- sviluppato più sereno e al meglio di sé stesso. 65. I drammi della Speleologia: gli argomentatori di nerchie altrui Mi chiedo come sia possibile avere pupari che adescano pingoni pieni di piscio e li erigono alle più alte cariche della vita suburbana. E a maggior ragione m’interrogo sul come mai vi siano piscioni che con l’ambito del suburbano e del sottoproletariato speleologico non abbiano mai avuto alcunché a che fare, eppure vi albergano alla grande. Per sovrammercato, dal punto di vista della speleopolitica, si danno un grande daffare. E c’è pure una discreta schiera di ottusangoli che li plaude. In pratica, sia pupari sia piscioni, l’unica cosa che in vita loro hanno esplorato sono le proprie cavità nasali al fine d’estrarvi spettacolari fichi da spalmare a tradimento sotto le poltroncine del cinemino di periferia intanto che cercavano d’argomentare le nerchie altrui invece di seguire la sdruscia trama della pellicolaccia proiettata. E, fin qui, nulla di male. Vorrei però sapere come tali pindarici peti habbiano acquisito conoscenza del variegato àmbito speleologico. Forse che ne hanno sentito discorrere i genitori? forse che da piccini si provavano di nascosto l’imbragatura del padre esibendosi poi allo specchio con la nerchia di fuori? Ad ogni buon conto anche questi, assisi tra le poltrone impellate dell’alta borghesia speleologica (quella che non s’insozza, rompe i coglioni e fa la voce grossa), difficilmente ce li caveremo di torno. 66. I drammi della Speleologia: erezioni plaudite Tutto questo fervore, o fervorino, attorno alle elezioni presidenziali in un ristretto ancorché sottonotatissimo àmbito come quello dei quattro pulciosi che si spacciano per speleologi riunendosi alla bell’e meglio nello scantinato di un bar di provincia, all’insegna dell’associazione speleologica, non è affatto giustificato o giustificabile. Ma, si sa, ognuno butta alle ortiche il proprio tempo come meglio ritiene più opportuno. D’altro canto il pregio della cosiddetta democrazia è proprio questo. Certamente, non si puote sottacere come l’energia di tanti sconsiderati che vanno sottoterra possa essere raccolta a beneficio di chi sotto va solo in cantina a prendere il vino e, pertanto, aspira ad una carica di presidente (notare la gnomesca pi) o, meglio ancora di viro probo, meglio noto come probiviro. Alla fine della minestra il solito giochetto è quello di assurgersi a collettori di informazioni. Di qualunque genere esse siano, tali informazioni, innanzitutto non costano alcunché. Ma chi sa come fare a rimestare nel torbido sa anche come farle fruttare, anche e soprattutto per mantenere attiva una rete di conoscenze che portano soldi e, soprattutto, lavoro lucroso in università. Rimane quindi comprensibile l’erezione dell’illustre-sconosciuto ogni qualvolta riceve gratuitamente pacchi di dati, carte et informative prodotte per lui a costo zero dai pitecantropi coglioni i quali si sentono così elevati nella scala evolutiva (perdonate il bisticcetto di parole) da una bella pacca sulla spalla a mo’ di ringraziamento. E nulla più. PARTE SESTA 2012: l’Anno dell’Apocabisso! Seppur mi ripromisi di darci un taglio, ancora ritrovo me medesimo con la piuma in mano a parlare di Drammi et buchi vari, nemmen io fossi maldestra et sgraziata copia di un Aretin che scrisse versi in punta di stiletto e senza togliersi il cappello. Ogni cosa, però, cela un motivo e palesarvelo io voglio: di quest’anno si parla male da quando si principiò il Millennio e per scongiurare il fato forse avverso scrivo e mi ritiro in un abisso... di noia e di dispetto. Ad ogni buon conto eccovi il Titolo della Serie Sesta (per la verità assai breve, ma greve), per festeggiare degnamente la speleologia che si-vota-a-che-ma-ditelo-un-po’-voi. 67. I drammi della Speleologia: scoregge radioattive Tutt’altro che attento alle problematiche ambientali nazionali, intanto che cambiate l’olio alla vostra vetusta vettura scaricandolo (l’olio esausto, s’intende, oltreché il canarino pur’esso sfinito) direttamente nella dolina dietro l’angolo di casa, tenete la radio accesa a palla. Apprendete così che in Val di Susa è ancora bagarre. È mai possibile, vi domandate tra un peto e l’altro, che codesti valligiani non possano farsi indebitamente espropriare i terreni, manganellare e gassare standosene in silenzio? Così facendo, ovvero schiamazzando, incrinano la quïete nazionale. Costì facendo non solo danno fastidio all’italiota, ma turbano la solida democrazia. Orbene, facciamo un bell’inciso o, se vi piace, una bella incisione: agguantate il vocabolario di latino (quello sdruscio e unto di panfocaccia del liceo da cui vi hanno buttato fuori a calci) e leggete: «demo: portar via, togliere, sottrarre, levare [da: Conte G.B. et alii, Il Dizionario della Lingua Latina, Le Monnier, Milano 2001, p. 294]». In pratica, questi valligiani, minano la forma di governo che sottrae illegalmente al popolo quello che pare e piace a chi governa, meglio se non eletto dal popolo. Ma soprassediamo su tali questioni scomodissime e incompatibili con la finale di Coppa. In fin dei conti la novella galleriona valsusina sarà tra duecento o trecento oppur quattrocento annetti (mese più o mese meno) uno splendido capolavoro di cavità artificiale da fotografare, rilevare e presentare a qualche bel congresso, o convegno se più vi piace, tapinerrimi. Quindi, diamine, porgiamo le terga (... ma fatelo per primi voi) e lasciamo che la Grande Opera Inutile si compia. Nel frattempo, già che vi sovviene, non avete ben capito dove lassù stiano scaricando lo sfrido (ovvero il materiale di risulta prodotto dallo scavo della galleria) ricco di amianto. Già, l’amianto, quel mineralino birbante che fa bene ai polmoni e fors’anche ai bronchi. Ma dove stanno poi scaricando anche l’altra roccia, quella incontrata dopo l’amianto, che è, a detta dei soliti facinorosi, radioattiva? Già, pare che gli operai possano usufruire di una bella schermografia gratuita et prolungata ogni qualvolta picconino lassotto. Ad ogni buon conto, radioattivo o non radioattivo, amianto o non amianto, dove scaricano tutto quanto? Direttamente nella dolina dietro casa vostra, OH BECCHI!!! 68. I drammi della Speleologia: peti di gola Dopo lunghe riflessioni presiedute e scandite dallo sciacquone, tosto vi tirate in piedi mosso dal sacro fuoco della ribellione. In realtà il binomio matematico (incresciosissimo!) rappresentato da emorroidi a mo’ di melarance et il cagotto (noto ai meno sboccati come diarrea) vi ha infiammato, ma non certo l’animo. Quello chetamente dorme. Il pensamento è stato indotto da una chiacchierata telefonica, la quale ha rimembrato a voi quella sonora scoreggia vestita che ancora, oggidì, alberga nel vostro àmbito ludico-sportivo. Da sgangherato ridanciano plaudente alle battute del Capo, passò al ruolo di professore (notare la pi gnomesca) in follicolazione cavernosa. E quel che vi rode il culo, pardon le emorroidi, è sapere che grazie alle statali tasse lo si mantiene egregiamente. Per il resto lui, con le sue sentenze semidotte, può andare a farselo buttare nel chiaroscuro. Tanto, dove andate voi, non rischiate certo d’incontrarlo! 69. I drammi della Speleologia: chiavate anamorfiche Se attenti alle umane nonché quotidiane cose vi accorgerete della curiosa ripetitività di talune azioni che, a seconda dell’umidità dell’aria, voi appellate con il nome di «chiavate» oppur di «inculate». Anamorficamente parlando, la Grande Opera Stradale oppur Ferroviaria (ma giammai Idroviaria), meglio se in galleria, è oggidì paragonabile (me lo si conceda) alla compressione entro il normale orifizio carnoso di un campo orizzontale assai più ampio del normale. Sorge birbante il quesito: ma se le stradone e le autostradone lombarde sono servite per nascondervi al di sotto immondizia e materiale più o meno tossico, dentro la galleria nella Valle di Susa che ci nascondono? L’ennesimo bunker militare per armi nucleari? Vedasi, in ogni caso, Tipologia N°6: cavità artificiali ad uso militare. Viene da sé che il cosiddetto frizzone o bruciorediculoinesorabile spinga, metaforicamente parlando, a manifestare una qualche indisposizione al sistema. Ciò di cui, invece, non si tiene conto, è il puro giubilo che s’espanderà, o trapelerà, oppur esfiltrerà da ogni buco et fessura nell’attimo catartico della congiunzione tra due gallerie. Vedasi, ad esempio, quella della TAV da parte francese e quella, in mediterraneo ritardo, da parte italiana. Che dire ai presenti, nonché ai posteri, della giunzione di una Grande Opera Inutile nel cuore di un sistema roccioso ricco di cancheroso amianto et di inarrestabile minerale radioattivo? Che dire, in primis ai posteri, per qual motivo le schermografie sotterranee ricevute passando da una parte all’altra delle valli non fossero né prescritte dalla mutua né tantomeno rimborsate? Personalmente, mi si perdoni l’arretratezza, il giorno che dovrò transitare da uno stato all’altro della materia lo farò a piedi! PARTE SETTIMA Supercazzi e Micropeti Sul conchiudersi dell’anno decimoquarto del secolo ventunesimo mi accingo all’opera, nel Segno Zodiacale del Somarodaweb, ascendente Oloturia (ovvero il “cazzo di mare”, o tapinacci!). Sempre devoto e prono innanzi al Maestro del Vernacoliere, ovvero l’Inarrivabile Sardelli, mi tolgo tanto di cappello innanzi a ognuno e un peto mollo prima d’alzare i tacchi. So che non avrei dovuto, stante la rigorosa promessa fatta a me medesimo (?), ma le synpathie poetiche et birbantelle mi hanno indotto a vergare nuovamente odorose scemenze, nella certezza che non di sola kultura si prospera. Anzi. Sarà vero? Mi pregio quindi, dal basso della mia cantina dai tarlati ripiani, di vergare et inviare tosto al paziente e sagace Fulvio-NUg una novella puntata della catartica et caterattica serie dei Drammi! (della speleologia, con la esse corpo 4, ben inteso!). 70. I drammi della Speleologia: corregge nel web Nello sfogliare libri, libercoli et trattatelli di architettura, al fin di gettare alle ortiche il mio libero tempo terrestre, ho trovato una parola: «correggia». Ho quindi dato corrente al computer accedendo al dioweb per trovare corrispondenza e scioglimento, ma ho colto solo la moda del momento, il tormentone della stagione, dall’autunno all’estate, il leitmotiv speleologico o speleoprosaico del millennio: la divisione. Quand’ecco, illuminato sulla via della Stoppani (grotticella lombarda) ho capito essere tali tiramenti semplici «corregge» da web. Per quale insondabile e apparentemente insanabile motivo raramente trovo scritto che il tal gruppo e il talaltro si trovano sottobraccio per fare esplorazione? Oppure, casomai, perché non leggo «... nel mentre che andiamo in grotta ad esplorare e a rilevare... perché non parliamo di Speleologia e poi ne scriviamo?». Non ho letto di secessionisti che tutti assieme, cantando Dixie, esplorano un mirabolante grottone e conseguono i primati europei di profondità, sviluppo, tiraggio dell’aria ed emissioni di vapori arsenicali dal culo. Già diviso, l’ambiente speleologico interplanetario è come la vecchia terrina della nonna: scivolata di mano al puparo di turno si è schianta sulle mattonelle andando in una bella miriade di frantumi. Voglio ben sperare che da ogni frammento (o frantumo) nasca una spinta realmente speleologica: più sono gli speleologi degni di fregiarsi di una esse maiuscola, meno il puparo di turno sarà capace di riagguantarli tutti sotto la sua lunga mano. In fin della favoletta: non tutti i mali vengono per nuocere e abbiate il coraggio di osare e non sol di correggiare. 71. I drammi della Speleologia: superpeti e microcazzi Dotati di una sagacia non comune, all’accorgervi che in giardino vostro erano arrivate quatte quatte le talpe a sderenarvi dal basso le ortensie, vi colse la catartica et enthusyasmanthe ideona di studiare i labyrintici et ipogeici percorsi, scavati ben benino dalle bestiole. Munitivi d’apparecchiatura sofisticatissima (acquistata dal rottamajo sotto casa “da Topo”) vi dedicate anima et corpore all’inusuale, ma nuova, indagine. Tra un colpo di piccone e uno di zappa vi accorgete (hoibò) che non solo le talpine d’assalto scavano cavità, ma pure anche altri synpatici animaletti vi si dedicano. Colti da Darviniana e Linneica (?) foga, posate gl’instrumenti dell’indago molesthya e vi mettete tosto, stilo, calamajo e pergamena di porco (quella conciata dal culo) in nmano, a stilare una thypologica rassegna delle stesse, ovvero delle «Cavità Artificiali delli Animali Subterranei». Al Primo Congresso del vostro Dopolavoro dei Consumatori d’Anacardi presentate la sientyfica indagine con petto gonfio di orgoglio et sommo gaudio. Sommo gaudio colto prontamente dagli astanti che, tra un bianchino e l’altro, si sganasciano a dir poco sguaiatamente, con ampie pacche su spalle e cosce. Risultatone: un’ernja strozzata, ma systemata a tempo, e due anch’essi in hospitale ma per slogatura della mandibola. Dal gran ridere, ovviamente. Complimentoni, bella carriera. 72. I drammi della Speleologia: linee di penZiero del peto sincero In questo momento di bizantino disimpegno, dove studi e cultura vanno a braccetto con pensiero unico e usura, ci si stupisce giustamente che qualcheduno non si allinei, ovvero non allinei la tacca di mira, cioè la linea del culo, con la canna dell’arma, ovvero all’uccello padulo. Anche in campo speleologico (notare la esse minuscolerrima) il non allineamento al catartico momento produce levata di scudi… ma prontamente fatta oggetto di frizzi e lazzi. Alla conclusion dei fatti, oh birbantelli, se non vi omologate, sono sempre e comunque cazzi che voi recuperate. Ma dice il saggio: «Basta scansarsi!». Si decida adunque, nella speleologica atmosfera, se respirare col naso perché leccate il culo, oppur se respirare col culo perché tenete alta la testa et il naso all’aria. Ma si può fare anche di meglio! Orsù, tapini tutti, me compreso, s’indossi la sdruscia e polverosa tuta et il casco pataccato, per compiere il galeotto impegno della calata controtendenza e riportare alfin un risultato che non sia una semplice “presenza”. 73. I drammi della Speleologia: la ratificazione della scoreggia Birichini siamo alquanto e dei nostri peti ne facciamo vanto. Davanti ad un calice di vino, nel dopogrotta o nel dopobuco artificiale, noi ci raccontiamo e ci divertiamo di noi stessi, delle nostre piccole imprese, del nostro tempo terrestre dipanato nel volerci bene, nell’esserci amici e nel rider degli stronzi che vorrebbero gabellarci per “inimici”. Poveretti! Essi siedono sulle cadreghe del baraccone, fatte passare per olimpiche poltrone, ed agli astanti dispensano sapienza, condita con marchiani errori, certi che i culimosci mai avranno l’ardire a contraddire loro. La stoffa non ce l’hanno, perché al ridere e al giocare noi brindiamo… e non ci omologhiamo! 74. I drammi della Speleologia: il peto che dileggia Il peto che dileggia non è una scoreggia. Da una parte all’altra ci si tira addosso palta. Ma nell’essenza del reale rimane fermo, inequivocabile e sostanziale, il peto che palleggia su e giù come scoreggia, tra le teste dei dotti soloni somaroni che, apparecchiatisi la scrivania a mo’ di pulpito ancestrale, ci dispensano il lor pensiero e la loro “scienza”, manco fossero emissione o creazione di “Verità Assoluta”, in ottemperanza con l’omologazione attuale. Alla sostanza della storia grassa, io me ne frego e, tolta di dosso la corazza del sussiegoso et speleologico impegno, chino lievemente il culo… e poi scoreggio!