Pdf Opera - Penne Matte
Transcript
Pdf Opera - Penne Matte
AMMALIATRICE di Valentina Capaldi La sirena scivolava lieve sotto l’acqua torbida del fiume. A volte spuntava accanto alla barchetta a remi di Didix e procedeva appaiata a lui, sparendo là dove la corrente più forte la sommergeva. A volte nuotava in profondità e Didix non la vedeva per ore, finché, in preda al terrore di averla persa, si metteva a chiamarla con grida che spaventavano le papere tra i canneti. Per fortuna la sirena riemergeva sempre e lo guardava con un’espressione incuriosita da sopra il pelo dell’acqua, come se non comprendesse il motivo di tutta quell’agitazione. Didix tornava sollevato a sedersi nella barca, mentre il canto dolce della creatura riprendeva a scorrere nella sua mente. La sirena aveva la pelle di un grigio che riluceva di azzurro, come quella di alcuni uomini che Didix aveva visto morire nel ghiaccio durante una vita che a stento ricordava di aver vissuto. Ora solo la sirena aveva importanza. In effetti, Didix si stupiva di aver mai potuto dare importanza a qualcos’altro che non fosse lei. Gli occhi della sirena erano enormi dischi neri contornati di celeste. La coda, che Didix aveva visto guizzare qualche volta fuori dall’acqua, era ricoperta da scaglie verde scuro. Ai lati del collo la creatura aveva tagli netti, le branchie che le premettevano di respirare sott’acqua, ma il viso era quello di una giovane donna. Del resto, si diceva che le sirene fossero nate dall’amore di un’umana per il Dio del fiume. Lei e Didix stavano andando verso il mare aperto, dove per un po’ la sirena avrebbe potuto nascondersi dagli uomini che le davano la caccia. Didix non ricordava chi fossero; sapeva solo che lei era spaventata e che l’avessero uccisa lui non avrebbe sopportato il dolore. Le sponde del fiume erano un intrico di vegetazione. Delicate rose palustri e stupefacenti gigli ragno facevano da contrappunto ai cedri, che tuffavano in acqua le radici simili a vecchie sottane. A volte Didix e la sirena si riposavano in vere e proprie foreste fatte di acque stagnanti, alberi che prosperavano dal fiume, grossi rospi marroni e sciami d’insetti. Altre volte tra i biodi lungo le sponde comparivano bambini scalzi con cappelli di paglia, i figli dei braccianti. Interrompevano i loro giochi per additare il fiume e gridare “Rōwai rowena!”, il termine nella loro lingua per indicare la sirena. Didix sapeva che ne avevano paura, anche se non riusciva a ricordarne il motivo. Lei era così bella e il suo canto così dolce… com e si poteva averne paura? Se solo si fossero lasciati andare a lei come aveva fatto lui, avrebbero capito che la sirena non era pericolosa, ma solo una delicata e indifesa creatura. Sulla sponda del fiume comparve una vecchia con la pelle scura e rugosa come un albero antico, che gli fece cenno di avvicinarsi. Didix si guardò attorno e si accorse che la sirena aera scomparsa. La vecchia doveva averla spaventata. Manovrò con i remi finché la barca non toccò la sabbia del fondale. La donna indossava un abito scuro da cameriera, con un grembiule bianco e una cuffia sui capelli crespi. Portava occhiali tondi che si adagiavano mollemente sulle guance cascanti. «Che cosa vuoi da me, vecchia?» le domandò Didix. «Sono solo curiosa, uomo. Perché uno come te viaggia con una creatura del fiume?» «Uno come me?» ripeté Didix. Non comprendeva il senso della domanda. Che cos’era lui di speciale, se non l’unica speranza di salvezza per la sirena? La vecchia si tirò su i lembi della gonna con le mani e si avvicinò alla barca sino ad affondare gli stivaletti nel fango. «Uno come te, uomo,» ribadì, indicando gli abiti che Didix indossava. Lui si guardò perplesso, rendendosi conto che non ricordava affatto com’era vestito. Scoprì di portare stivali neri, pantaloni neri e una giacca anch’essa nera, su cui era cucito un simbolo rosso che ricordava vagamente un bersaglio. Che cos’erano quegli abiti? «Non capisco,» disse. La vecchia scosse la testa, un’espressione desolata negli occhi. «Temo che per te sia già troppo tardi,» affermò. «Non posso fare altro che augurarti buona fortuna.» Inquieto, Didix riprese i remi e portò di nuovo la barca al centro del fiume. Solo quando la corrente lo condusse abbastanza distante dalla donna cominciò a tranquillizzarsi, e nel momento in cui la sirena spuntò di nuovo dall’acqua smise di pensare a quell’incontro. Prima di arrivare al mare il fiume si apriva in un ampio delta, lungo diverse miglia, in cui l’acqua scorreva tra isole d’erba. La sirena cominciò all’improvviso ad avere più fretta, come se qualcosa la rendesse nervosa. Nuotava davanti alla barca e Didix sentiva il suo canto nella mente che lo incitava a sbrigarsi. Solo quando imboccarono un canale e si trovarono davanti il barcone dei loro nemici Didix capì che la sirena aveva intuito il pericolo. Il barcone caricava molti uomini vestiti di nero e diversi macchinari per lanciare grossi arpioni. La sirena scomparve sott’acqua e Didix udì il suo canto diventare un grido di paura e di rabbia quando le armi le furono scagliate contro. Tutto il fiume sembrò ribollire per la violenza di quell’attacco e un’onda spinse indietro la barchetta di Didix, facendola ondeggiare tanto che per un momento lui temette che si sarebbe rovesciata. Per fortuna non accadde e, non appena il rollio cessò, Didix prese a remare furiosamente con l’intento di passare di lato al barcone. «Fermati!» gli gridarono gli uomini in nero. «Andate via! Lasciatela stare!» urlò lui senza smettere di pagaiare. «Fermati!» insistettero gli uomini. «Tu sei uno di noi! Non lo ricordi?» Didix strinse i denti e si concentrò sul tratto di fiume libero a lato del barcone. Che cosa stavano dicendo quei pazzi? Lui non era come loro, lui voleva salvare la sirena, non ucciderla. Imboccò la via d’acqua e la corrente lo aiutò a superare in fretta i nemici. Dietro di lui le grida divennero più alte, ma Didix non vi badò perché la sirena ricomparve accanto alla barca, una scia luminosa nel fiume. L’uomo si sentì felice come non lo era mai stato. Il pericolo era passato e lei sarebbe potuta arrivare sana e salva al mare. Il barcone non li inseguì. Quando arrivarono alla spiaggia un sole rosso stava tramontando sul mare. Didix tirò in secco la barca, abbandonò gli stivali e prese a camminare scalzo sulla sabbia calda. La sirena era tra le onde e guizzava di gioia e libertà. Didix udiva ancora il suo canto nella mente. Era come un dolce invito a seguirla. Si ritrovò in mare senza sapere come vi fosse arrivato, con l’acqua che gli lambiva il petto. Era notte e faceva molto freddo. Che sto facendo?, si domandò Didix. Si rese conto che la sua mente era obnubilata. Come era arrivato in mezzo al mare di notte e completamente vestito? Qualcosa lo afferrò, facendogli perdere l’equilibrio e spingendolo sott’acqua. Didix annaspò per la sorpresa e lottò per riemergere, ma mani ghiacciate lo tennero sul fondo e qualcosa di molto forte si avvinghiò alle sue gambe. Una sirena!, intuì Didix. Fu in quel momento che si ricordò chi era, che il suo lavoro era dare la caccia a quelle creature infernali. Fu attraversato da uno spasmo di puro terrore. Spalancò la bocca per gridare e l’acqua gli riempì i polmoni.