L`epistolario di Umberto Saba. Storia di un`edizione mancata

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L`epistolario di Umberto Saba. Storia di un`edizione mancata
§
PARAGRAFO
RIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI
Paragrafo
Rivista di Letteratura & Immaginari
pubblicazione semestrale
Redazione
FABIO CLETO, DANIELE GIGLIOLI, MERCEDES GONZÁLEZ DE SANDE,
FRANCESCO LO MONACO, FRANCESCA PASQUALI, VALENTINA PISANTY,
LUCA CARLO ROSSI, STEFANO ROSSO, AMELIA VALTOLINA
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Questo numero è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Lettere,
Arti e Multimedialità e del Dottorato di Ricerca in Teoria e Analisi del Testo
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ISBN – 978-88-95184-50-0
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Paragrafo
III (2007)
Sommario
QUESTIONI
§1. FRANCESCO GHELLI, Il potere del consumo fra storia e immaginario. Note in margine a L’impero irresistibile di Victoria de Grazia
7
§2. NUNZIA PALMIERI, L’epistolario di Umberto Saba. Storia di un’edizione mancata
29
§3. MARCO TOMASSINI, Il viaggio dell’eroe. Luther Blissett e le epifanie del molteplice
47
FORME
§4. FRANCESCA CAMURATI, Quando la tradizione è più forte della realtà.
Il modello ariostesco nella Araucana di Alonso de Ercilla
69
§5. GIULIANA ZEPPEGNO, Sergio Toppi illustra Friedrich Dürrenmatt
91
LETTURE
§6. ANTONELLA AMATO, Rilke, Nietzsche, e il Compimento dell’amore
di Musil
119
§7. SUYENNE FORLANI, Per un’analisi del messaggio pubblicitario russo
141
§8. SARA PANAZZA, Zoomorfismi dell’anima. Epifanie di decentramento
in Argo e il suo padrone di Svevo
157
I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO
175
NUMERI ARRETRATI
177
§
2
Nunzia Palmieri
L’epistolario di Umberto Saba
Storia di un’edizione mancata
Quando ci si accosta per la prima volta all’epistolario di un poeta, soprattutto quando si ha a disposizione un materiale ricco, eterogeneo, distribuito lungo un arco cronologico ampio, è inevitabile che le attese siano
alte.1 È così anche nel caso dell’epistolario di Umberto Saba, e il lettore
che abbia avuto occasione di sfogliare le migliaia di pagine che la figlia
Linuccia aveva preparato per un’edizione mai portata a termine non potrà
certo dirsi deluso: la varietà e la rilevanza dei temi trattati, la statura intellettuale dei destinatari, gli eventi storici rievocati attraverso l’esperienza
vissuta, il laboratorio di scrittura, le notizie sulla gestazione dei testi poetici e delle opere in prosa, le prospettive sul mondo degli affetti, lo stile
tenuto in miracoloso equilibrio fra semplicità, esattezza e sapienza profonda della lingua fanno delle lettere di Saba una via privilegiata per accedere al laboratorio dello scrittore e osservare, non in prospettiva aerea, ma
con l’impressione di avanzare cautamente in territori sconosciuti, cinquant’anni di storia culturale italiana.
L’epistolario di Saba, tuttavia, riserva al lettore tentato dal demone della curiosità archeologica un’ulteriore, sconcertante sorpresa: le lettere di
Saba sono state, nell’arco di un quarantennio, il motore di una prodigiosa
macchina paratestuale che ha prodotto migliaia di pagine scritte a margine
per raccogliere, ordinare, commentare, ridurre, preparare, correggere, au1
Desidero ringraziare Luisa Finocchi e Annalisa Cavazzuti della Fondazione Arnoldo e
Alberto Mondadori, Renzo Cremante, direttore del Centro manoscritti di autori moderni
e contemporanei dell’Università di Pavia, Raffaella Acetoso, erede e custode delle carte sabiane, per la gentilezza, la sollecitudine e l’attenzione verso il mio lavoro. Un ringraziamento particolare va a Mario Lavagetto, per la pazienza e la generosità con cui ha messo a
mia disposizione le sue competenze e la sua sensibilità di lettore.
PARAGRAFO III (2007), pp. 29-45
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scultare, respingere, sezionare, riassemblare, licenziare per frammenti quell’organismo gigantesco e apparentemente ingestibile. Le avventure esterne
del testo, tormentate, amare, per alcuni versi romanzesche, oltre a restituire un consistente spaccato di storia dell’editoria italiana, presentano numerosi tratti di interesse non comune.
La vicenda dell’epistolario sabiano ha inizio quando Linuccia, all’indomani dei funerali di suo padre, si impegna in un minuzioso e accanito
lavoro di raccolta delle carte, con l’intenzione di dare alle stampe, entro
un breve periodo di tempo, il materiale di cui veniva progressivamente in
possesso. Sui quotidiani e sulle riviste culturali dell’epoca, già nell’agosto
del 1957, compaiono in calce ai ‘coccodrilli’ brevi annunci o piccoli articoli in cui si invitano tutti coloro che siano in possesso di documenti a
inviarli in Via Due Macelli 97, a Roma, dove Linuccia risiedeva. Un’intervista rilasciata alla fine del 1958 ci informa sullo stato dei lavori:
È passato più di un anno da quando ho cominciato a raccogliere le lettere
di mio Padre, tutto un tempo durante il quale non ho pensato, si può dire, ad altro. Eppure ricordo tanto bene come sia nata l’idea di questa raccolta, di questo lavoro: come sia nato l’Epistolario di Umberto Saba. Era la
sera più brutta. Nel pomeriggio avevo accompagnato mio padre al cimitero. Ero nella mia stanza, e con me c’erano pochi amici, c’era Quarantotti
Gambini. Fu lui che per primo disse: le lettere di Saba sono tanto belle. Io
ne ho molte, ricevute nei tanti anni della nostra amicizia, si potrebbero
raccogliere. L’idea è entrata subito in me, l’ho fatta mia, ed ho cominciato
subito, la sera stessa. Vedevo in quella ricerca un modo di restare intimamente, quotidianamente legata a mio Padre. Oggi ne ho più di duemila.
Duemila lettere e, aveva ragione Quarantotti Gambini, quasi tutte bellissime, e non solo bellissime, ma tali da essere, anche per me, sua figlia, una
sorpresa […]. Ma oggi, che sto per finire questa parte del mio lavoro, quasi mi dispiace. In tutti questi mesi cercando, ricevendo, ricopiando, riordinando le tante lettere scritte da mio Padre, spesso scritte a mano con la sua
meravigliosa calligrafia, mi sentivo sempre in sua compagnia, per mesi attraverso le lettere, ho rivissuto la sua vita con Lui, e vorrei continuare, trovare ancora e non interrompere questo mio ascoltarlo.2
Il proposito espresso con tanto accorato affetto diventa, da quel momento in poi, una sorta di missione: Linuccia scrive centinaia di lettere agli
amici, ai familiari, alle personalità del mondo culturale che avevano avuto
2
Linuccia Saba, “L’epistolario di Saba”, Corriere di Trieste, 8 dicembre 1958.
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rapporti epistolari con il padre, e continua, parallelamente, il lavoro di
copiatura. Sappiamo, soprattutto attraverso il carteggio con Carlo Levi,
che aveva cominciato anche a scrivere delle annotazioni in margine ai testi, delle “schedine”, così le definisce, che avrebbero dovuto chiarire le circostanze esterne, fornire notizie di carattere biografico sui destinatari, fare
da contrappunto ai documenti, costituendo un libro parallelo di memorie familiari. Insieme alle note, si preparavano gli indici, che non si limitavano, nelle intenzioni, a registrare luoghi e date, ma che avrebbero dovuto fornire brevi sintesi di ognuna delle lettere scelte per la pubblicazione. Alla fine del 1958 Linuccia dichiara di avere quasi terminato le ricerche e di augurarsi che l’epistolario possa uscire entro pochi mesi.3 Avrebbe nel frattempo lavorato alla realizzazione di altri due progetti: l’edizione
critica del Canzoniere e la pubblicazione di tutte le prose. Un’edizione
delle prose esce a sua cura nel 1964, da Mondadori, ma non comprende
la totalità dei testi che sono poi stati raccolti nel volume dei Meridiani;4
mancano, ancora oggi, l’edizione critica di tutto il Canzoniere e l’edizione
dell’epistolario completo, tanto che la chiusa dell’intervista rilasciata al
Corriere di Trieste risulta, a posteriori, quasi una triste profezia.
Esistono numerose testimonianze che rivelano quante energie Linuccia abbia dedicato al lavoro di raccolta, copiatura e annotazione delle carte, destinate a uscire in un primo momento presso Einaudi. Il valore altissimo attribuito alla ‘missione’ finisce tuttavia per costituire il principale
ostacolo alla riuscita dell’impresa: Linuccia non vuole infatti rinunciare
alla possibilità di nuove inclusioni, pur rendendosi progressivamente conto di non poter fare affidamento solo sulle sue forze. Tuttavia, nonostante
le difficoltà, nel 1960 i materiali sembrerebbero pronti per la pubblicazione da Einaudi. Nessuno conosce esattamente, a quell’altezza, l’entità
delle carte, né Linuccia può prevedere gli esiti che l’operazione di raccolta
avrebbe avuto. L’archivio della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori
di Milano conserva i documenti del carteggio fra Einaudi e Mondadori
per porre le basi di una coedizione. Nei primi mesi del 1959, i due edito3
“Ora sto per chiudere questo periodo di ricerca, per dare una forma all’epistolario, ma
rimando di giorno in giorno sperando che ancora qualche amico mi mandi le sue lettere,
lettere che come lei sa, appena ricopiate rimando a chi è stato così gentile da darmele. Ma
comunque spero che nella prima metà del prossimo anno l’Epistolario, finito, potrà uscire”. Ibidem.
4
Umberto Saba, Tutte le prose, a cura di Arrigo Stara, con un saggio introduttivo di
Mario Lavagetto, Milano: Mondadori, 2001.
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ri di Saba, rappresentati in quell’occasione da Vittorio Sereni e Luciano
Foà, preparano una bozza di accordo: Einaudi avrebbe avuto le lettere
raccolte da Linuccia entro l’anno successivo, mentre Mondadori si riservava il diritto di pubblicare altri carteggi e di collocare, trascorsi quattro
anni, il materiale già edito nella collezione dei Classici Contemporanei
Italiani. L’edizione Einaudi avrebbe dovuto avere un doppio frontespizio;
le spese di curatela sarebbero state divise fra le due aziende, mentre i diritti sarebbero andati a Einaudi. Nel frattempo, Arnoldo Mondadori chiede
a Linuccia di leggere il carteggio con Nora Baldi, per l’approvazione,
mentre da Einaudi si prepara la raccolta di lettere Saba – Quarantotti
Gambini.5
I due campioni in possesso degli editori consentono già di prevedere il
valore dell’opera completa: si percepisce con evidenza che le lettere sono
interessantissime, nonostante ancora manchino alcune sezioni cruciali,
come le lettere a Palazzeschi, a Moretti, a Sereni, a Arnoldo e Alberto
Mondadori, ancora non disponibili. Il grosso del materiale è costituito,
com’è facile intuire, dalle familiari a Lina e a Linuccia, ma già circolano
voci su un nucleo consistente di lettere a un giovane poeta che Saba considerava come il suo capolavoro.6 Viene sollecitata a più riprese la ricerca
di sezioni mancanti del carteggio, tanto che Linuccia si rivolge ad alcuni
amici, perché si mettano sulle tracce delle carte perdute. Ma quali sono i
“nuclei importantissimi” senza i quali Einaudi non vorrebbe pubblicare e
che Sereni definisce “le lettere che stanno a cuore a tutti noi”?7
5
Gli editori si scambieranno, in seguito, i due carteggi: Umberto Saba - Pier Antonio
Quarantotti Gambini, Il vecchio e il giovane, a cura di Linuccia Saba, Milano: Mondadori,
1965; Umberto Saba, Lettere a un’amica. Settantacinque lettere a Nora Baldi, Torino: Einaudi, 1966.
6
Sono le lettere a Federico Almansi, su cui avremo occasione di soffermarci in seguito.
7
Vittorio Sereni a Linuccia Saba, 5 ottobre 1959 (inedita), Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Archivio storico Ame, sezione Segreteria editoriale autori italiani, fascicolo Saba Linuccia (1); da ora in poi, i fascicoli relativi a questo fondo verranno citati in
forma abbreviata come Ame autori (1) e (2) e gli inediti come (i). I primi tempi dell’amicizia fra Saba e Sereni risalgono al 1939, quando si conobbero in casa di Giansiro Ferrata;
si incontrarono ancora e cominciarono a frequentarsi assiduamente dopo la gurerra,
quando Sereni si stabilì a Milano in Via Scarlatti, a poca distanza da casa Almansi, e intrattennero, da allora, una corrispondenza epistolare di cui si conservano numerose carte.
L’archivio di Pavia conserva 19 lettere di Sereni a Saba, parzialmente pubblicate (Gianfranca Lavezzi, “Lettere di Vittorio Sereni a Umberto Saba, 1946-1953”, Autografo, 4:11,
giugno 1987), mentre il nucleo consistente delle lettere di Saba a Sereni, quasi completamente inedito, è conservato nell’archivio privato di Raffaella Acetoso.
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Per scoprirlo bisogna entrare nell’epistolario di Saba ‘quasi pronto’ per
la pubblicazione, oggi conservato nell’archivio privato di Raffaella Acetoso, unica erede delle carte di Saba, e corredato, seppure in minima parte,
delle ‘schedine’ di Linuccia. Il mistero è svelato da una lettera a Lina,
scritta da Milano il 3 marzo 1946:
Questa notte, malgrado la tua lettera, non ho potuto dormire; ho passata
quasi tutta la notte in cucina, dove ho rilette quasi tutte le vecchie lettere
che scrivevo negli anni terribili a Federico… di quante cose mi sono ricordato, leggendole! C’è in quelle lettere, oltre il resto, tutta la nostra casa
di allora, con te, Linuccia, il cane Fido. Credo che quelle lettere sieno il
mio capolavoro. Ho detto a Federico che, subito dopo la mia morte, egli
dovrebbe pubblicarle; ma non vuole. Sapessi come le tiene; tutte numerate, in tante grandi buste. Purtroppo parte di esse sono andate perdute nel
trambusto; c’è ancora qualche speranza di trovarle ad Albino, ma poca.
Questo mi fa ricordare le lettere che ho lasciate a Carletto; ti prego, se
non l’hai già fatto, di fartele consegnare (devono essere due o tre buste
suggellate). Poi me le porterai a Milano.8
Gli anni terribili, a cui si allude, sono ovviamente gli anni della guerra,
quando, dopo l’8 settembre, Saba, con la moglie e la figlia, si rifugia a Firenze, dove vive uno dei periodi più tragici della sua vita, come ci testimoniano le lettere e i ricordi degli amici che allora lo frequentarono, da
Montale a Ottavio Cecchi, da Carlo Levi a Mario Spinella. Per sfuggire
alle persecuzioni razziali, Saba si era nascosto con la famiglia in una casa
affittata a nome di Spinella, dove visse per qualche tempo con Ottavio
Cecchi,9 poi, dopo l’arresto di Spinella, in una casa “ariosa” in Piazza Pitti, vivendo in estrema povertà e in condizioni di autentica disperazione.
Lo testimonia una lettera sconcertante e crudele alla figlia Linuccia, in
cui Saba chiede un paradossale consenso preventivo al proprio suicidio:
Ora io ho un modo di mettere una fine a questa atrocità del destino. Ed è
un modo (almeno si dice) non doloroso né impressionante per gli altri;
ma disgraziatamente è lento, e non si sa quanto possa tardare la fine. E,
per di più, sono in casa d’altri. Mamma tua è d’accordo a non svegliarmi,
a trovare una scusa per gli altri; ma tu Linuccia? Questo è il punto che mi
8
Umberto Saba a Lina Saba, Milano, 3 marzo 1946, pubblicata, senza le note di Linuccia, in Umberto Saba, La spada d’amore. Lettere scelte (1902-1957), a cura di Aldo
Marcovecchio, con una presentazione di Giovanni Giudici, Milano: Mondadori, 1983,
pp. 150-51.
9
Ottavio Cecchi, L’aspro vino di Saba, Roma: Editori Riuniti, 1988.
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angoscia. Pensa se tu dovessi svegliarmi, se dovessi vivere avanti intossicato
e senza più nemmeno quella speranza, che si concreta in alcune polverine,
che spese una volta, è quasi impossibile, oggi, procurarsele una seconda
volta. Linuccia mia, tu che fino a ieri tante cose hai capito, devi capire anche questa. È inutile dirmi ‘aspetta’ quando il pericolo mi fosse addosso,
non sarei più in tempo a morire. E non sarei, anche per voi due, altro che
un imbarazzo. Forse non accadrà nulla; quello che è certo è che, in questa
maledetta angoscia, io non posso più tirare avanti né mesi né settimane.10
Il consenso, com’era prevedibile, non venne accordato, ma non per questo Saba trovò pace alle angosce di quegli anni, in cui la presenza costante
degli amici fiorentini e la dedizione della moglie Lina e della figlia non gli
impedirono di vivere nel costante pensiero della morte, allontanato con il
ricorso ai sonniferi e alla morfina. Federico Almansi si trovava allora in
Svizzera, come partigiano. Di famiglia ebraica, nel 1938 si era avventurato con Saba e i genitori fino ad Albino, paese natale della madre, in cerca
di un rifugio sicuro, dopo i bombardamenti di Milano del ’43, come testimonia una lunga lettera a Linuccia.11 Sappiamo che nel 1959 Linuccia
si rivolse a Sereni per avere notizie del ragazzo e per chiedergli di intercedere presso il padre, perché si convincesse a consegnare le lettere.12 Benché l’intercessione di Sereni non abbia avuto esito positivo, la coedizione
sembra sul punto di essere consegnata ai lettori: in un articolo del 1961,
uscito in Terzo Programma, Aldo Marcovecchio, collaboratore di Linuccia, annuncia che il ricchissimo epistolario di Umberto Saba vedrà presto
la luce; ne fa un’ampia rassegna corredata di una piccola scelta antologica
e ne sottolinea l’importanza per “un’attendibile ricostruzione biografica di
10
Ivi, pp. 88-89.
Da Umberto Saba a Linuccia Saba, Albino [primi di agosto del 1943], in Umberto Saba, La spada d’amore, cit., pp. 117-19. Nella nota si legge: “Federico Almansi, il giovane che
ebbe una parte di grande rilievo nella vita affettiva del poeta e anche nell’opera […]. S. lo
conobbe a Padova fanciullo (era nato nel ’24), legato com’era da rapporti di amicizia e di affari con il padre di lui, Emanuele Almansi, piemontese, di famiglia ebrea, libraio antiquario.
[…] S. lo iniziò alla poesia, presto divenendo il suo <buon maestro>. Al ragazzo era riservata sorte amara. Nel ’49 si manifestò in lui una irreversibile malattia mentale che lo cancellò
progressivamente dalla vita: una tragedia che non investì soltanto la famiglia Almansi […],
ma dolorosamente S., il quale alluse a questo evento come a un <colpo mortale>. Federico
si è spento nel 1979 a Milano. Le lettere a lui del poeta comprese nell’Epistolario sono
quelle scritte quando il ragazzo era psichicamente compromesso. Tutto il carteggio, invece,
degli anni anteguerra, è risultato introvabile, benché il poeta (secondo la testimonianza della figlia Linuccia) lo custodisse presso di sé fino ai suoi ultimi giorni” (op. cit., p. 308).
12
Linuccia Saba a Vittorio Sereni, Roma, 12 settembre 1959 (i) e 26 settembre 1959
(i), Ame, autori (1).
11
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Saba”: l’arco temporale coperto dalle carte va dal 1902, l’anno delle lettere ad Amedeo Tedeschi, al 1957, l’anno della morte.13 Ma si presentano
sempre nuove difficoltà, nuove richieste di proroga. Nonostante nel dicembre del 1961 il Corriere d’informazione riporti la notizia che l’epistolario di Saba sarebbe uscito entro la fine dell’anno, tutto si ferma: Linuccia
è alle prese con ulteriori acquisizioni, fra le quali figurano certamente le
lettere di Alberto Mondadori, per l’invio delle quali ringrazia il 20 gennaio 1962.14 Giulio Bollati comprensibilmente preme perché le lacune
vengano colmate in tempi ragionevoli: “Mio carissimo”, scrive Linuccia a
Carlo Levi il 21 settembre 1962 da Cortina,
mi sono presa una grossa arrabbiatura con Bollati. Ho ricevuto una sua
lunga lettera nella quale mi dice che sta per partire per Francoforte e che
hanno capito che i gruppi di lettere che mancano dell’Epistolario sono
importantissimi, e quindi di cercarli […] e che non possono stampare
con queste lacune.15
Da qui in avanti, per molto tempo, tutto viene sospeso. Linuccia va a
Trieste per curare uno zio malato e fare visita alla tomba dei genitori, senza interrompere il suo paziente lavoro di annotazione: “Posseggo 32 denti
e 887 care schedine”,16 scrive a Levi nel giugno dell’anno successivo; tuttavia, al momento di chiudere il lavoro, di copiare le note a macchina e di
consegnarle all’editore, ha dei dubbi, teme di non riuscire a sobbarcarsi
un lavoro che si presenta sempre più oneroso, quindi si rivolge a Marcovecchio per avere un aiuto. Ma la collaborazione, invece di accelerare i
tempi di consegna, complica ulteriormente le cose, alimentando equivoci
e reciproche diffidenze.17
Nell’estate del 1963 i medici consigliano a Linuccia e al marito, Lionello Giorni, una vacanza in montagna, per risolvere alcuni problemi di
13
Aldo Marcovecchio, “L’epistolario di Saba”, Terzo programma, 2, 1961, pp. 125-47.
“Grazie infinite. Lei ha capito quanto piacere mi faccia ogni pietra che si aggiunge alla costruzione dell’Epistolario, e come mi abbia rallegrato in questi anni vederlo crescere,
si può dire, ogni giorno. Per fortuna ho fatto in tempo a inserire le lettere che mi ha mandato: sto facendo ancora l’ultima fatica, la toilette tipografica”. Linuccia Saba ad Alberto
Mondadori, Roma, 20 gennaio 1962 (i), Ame, autori (1).
15
Linuccia Saba a Carlo Levi, Cortina d’Ampezzo, 21 settembre 1962, in Carissimo
Puck. Lettere d’amore e di vita (1945-1969), Carlo Mancosu, Roma 1996, pp. 468-69.
16
Linuccia Saba a Carlo Levi, Roma, 28 giugno 1963, ivi, p. 476.
17
Si vedano, a questo proposito, le lettere che risalgono all’agosto del 1963, in ivi, pp.
478 sgg.
14
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salute. I coniugi trascorrono l’estate a Cortina, senza trascurare l’epistolario. Da questo momento, tuttavia, il lavoro subisce un’ulteriore battuta
d’arresto. L’editore mostra oramai grande impazienza, tanto che Linuccia,
per poter disporre di altro tempo, lascia capire a Mondadori che vorrebbe
liberarsi dall’impegno con Einaudi e dare le lettere alla sua casa editrice.
Grazie a un documento del 6 ottobre 1964 siamo minuziosamente informati sulle sorti del progetto a quella data: Marcovecchio si dichiara non
disponibile ad assumersi i ritmi decisamente impegnativi richiesti da Linuccia (“Mi è assolutamente impossibile venire da lei tutti i giorni per alcuni mesi […] dalle 18 alle 22-23”) e prende apertamente le distanze dai
criteri di edizione adottati fino a quel momento: non è necessario “l’orecchio fine” che Linuccia chiede a Levi di adoperare nella lettura di quelle
pagine per cogliere i “veleni” che vi si insinuano (“D’altronde, lei non deve impressionarsi. Lei, ormai, è ben in grado, per il resto del lavoro da
compiere, di camminare con le sue gambe. Specialmente dopo aver dato
all’Epistolario un’impronta tanto profondamente ‘linucciana’, nelle note,
nell’impianto, in tutto. Il mio occhio di ‘pedante’ può anche limitarsi a
talune indispensabili presenze”).18
Dopo la parziale defezione di Marcovecchio, Linuccia scrive a Carlo
Levi una lettera disperata:
Carissimo,
ti mando la lettera che ho ricevuta da Marcovecchio. Da quando l’ho
avuta sono piombata nella disperazione più nera. Mi pare uno spaventoso
incubo […]. Con quella lettera, ricca solo di sotterranei rancori, a me del
tutto inaspettati, ho perso insieme la possibilità di finire l’Epistolario, con
il suo bell’indice analitico, ecc. (e tu sai quello che quel libro vuol dire per
me) ma anche un amico che consideravo un fratello miracolosamente
piovuto dal cielo. Nello è stanco di vedermi piangere.19
I ritardi nella consegna esasperano, dall’altro lato, Einaudi, tanto che Linuccia si rivoge in prima persona ad Alberto Mondadori in cerca di nuove alleanze:
Caro Alberto,
l’Epistolario è davvero alla sua conclusione e mi piange il cuore pensare di
darlo a chi non credo, purtroppo, lo ami. È stato un lavoro enorme, fatto
18
19
Aldo Marcovecchio a Linuccia Saba, Roma, 6 ottobre 1964, ivi, pp. 543-44.
Linuccia Saba a Carlo Levi, Cortina d’Ampezzo, 13 ottobre 1964, ivi, p. 542.
L’EPISTOLARIO DI UMBERTO SABA
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con tanto entusiasmo, vorrei vederlo accettato con altrettanto interesse.
Anche perché ora devo decidere tanti ‘piccoli’ ma importanti particolari,
come la scelta dei documenti fotografici, i fac-simili, e la collocazione
delle note e delle testimonianze.20
Carlo Levi intercede perché le lettere passino a Mondadori, che si offre di
pubblicare subito Il vecchio e il giovane, carteggio con Antonio Quarantotti Gambini. Nel marzo del 1964 vengono inserite nell’epistolario le
lettere a Sereni.21 Nel settembre del ’65 Linuccia riceve da Giulio Bollati
la copia del volume destinato a Mondadori. Il 23 giugno 1966, con una
lettera amichevole e molto franca, Giulio Einaudi fa sapere a Linuccia
che non intende accettare nuove dilazioni, liberando entrambi da ogni
impegno riguardante l’epistolario.22 A un anno di distanza, dopo un’interruzione del lavoro di sei-sette mesi per una caduta (nel giugno ’66) che
le aveva provocato la frattura del femore, Linuccia chiede altro tempo. Alberto, a questo punto, è costretto a dare una sorta di ultimatum, per impedire altre dilazioni. Scrive infatti a Marcovecchio: “Lei saprà che Linuccia mi ha scritto per chiedermi di spostare a metà agosto la consegna del
manoscritto dell’Epistolario. / Ho risposto affermativamente nella convinzione che non saremo costretti ad altri rinvii: non appena l’Epistolario
sarà in mie mani passeremo alle elaborazioni redazionali, così che le fasi
di composizione, impaginazione e stampa possano susseguirsi con regolarità e celerità. / Naturalmente con l’agosto cesseranno i compensi per l’Epistolario”.23 La ‘minaccia’ resterà nei fatti lettera morta: il carteggio testimonia come Alberto Mondadori abbia sempre trattato la questione con
la massima delicatezza e comprensione umana.
Il 25 agosto 1967, in occasione delle celebrazioni per il decennale della morte di Saba, Linuccia scrive di aver finito il lavoro, ma di non poterlo consegnare, perché mancano diverse note e perché alcune lettere vanno
riscritte: “sono tutte cincischiate e illeggibili”.24 Nel gennaio successivo
l’epistolario viene acquisito dalla casa editrice e sottoposto a un consulen20
Linuccia Saba a Alberto Mondadori, Roma, 5 marzo 1965 (i), Ame, autori (1).
Vittorio Sereni a Linuccia Saba: “Cara Linuccia, che cosa succede? Mi chiede di mandarle le lettere di Saba per la revisione, io le rispondo che la revisione posso farla io stesso
se lei mi mada la parte di bozze che mi riguarda (e relative note), mi metto cioè a sua disposizione, e lei non mi dice più niente”, Milano, 12 marzo 1964 (i), Ame, autori (1).
22
Giulio Einaudi a Linuccia Saba, Torino, 23 giugno 1966 (i), Ame, autori (1).
23
Da Alberto Mondadori a Linuccia Saba, Milano 20 giugno 1967 (i), Ame, autori (1).
24
Linuccia Saba a Alberto Mondadori, Roma, 25 agosto 1967 (i), Ame, autori (1).
21
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NUNZIA PALMIERI
te. La lunga e dettagliata relazione, scrupolosamente stilata da Dante Isella e consegnata il 12 febbraio 1968, contiene un parere molto positivo.
Vale la pena riportarne un ampio stralcio per il valore critico, oltre che
documentario, di cui è portatrice.
Si tratta senza dubbio di una delle più ricche raccolte di lettere di uno
scrittore italiano del Novecento: ricchezza in senso del numero, ma anche
e soprattutto del mondo interiore e fantastico di un poeta tra i più significativi del primo mezzo secolo. Col che intendo rilevare subito che l’interesse di queste lettere non sta, come ci si può attendere dagli epistolari
di altri scrittori, nella somma di elementi che un protagonista della civiltà
letteraria offre, sulla base del suo commercio epistolare, alla curiosità o all’interesse di chi abbia l’occhio al tessuto storico di una certa epoca, di
una certa cultura: dalle lettere di Saba si arriva anche a ricostruire intorno
a lui una zolla della cultura letteraria italiana del suo tempo, ma solo indirettamente e nella misura in cui ogni documento privato dice pure
qualcosa degli altri; però le lettere portano soprattutto a Saba, alla conoscenza della sua storia di uomo e di poeta (come la Storia del Canzoniere
ecc.) in quella forma di autobiografismo superiore, nei momenti più intensi, che è la prospettiva particolare di tutta la sua opera, versi compresi,
anzi soprattutto. E a convalidare questa sostanziale identità tra le lettere
dell’uomo e i versi del poeta concorre anche la qualità della prosa, che
dalla poesia di Saba si differenzia soltanto per un meno di canto, ma già
segnata del suo individualissimo accento, nobile e insieme parlata: certo
uno degli esempi di prosa tra i più difficilmente equilibrati tra antico e
nuovo, la prosa di un grande scrittore.
Da queste premesse il parere che sono chiamato a dare non può essere
che di pieno consenso alla pubblicazione integrale dell’epistolario, anche
per la persuasione mia personale, ma non solo mia, che gli epistolari, se si
pubblicano, hanno da essere i più completi possibili. Farei però eccezione
(tralasciandole affatto o trasponendole, in corpo minore, in una sezione
di lettere d’affari) per le lettere scritte da Saba come libraio antiquario.25
Dopo una riunione a Roma con Carlo Levi, Linuccia Saba e Aldo Marcovecchio, il 13 dicembre 1968, Glauco Arneri presenta alla casa editrice
una relazione di una decina di cartelle sui criteri di edizione, sulla collocazione delle note, degli indici, delle testimonianze.26 Fornisce un dettagliato piano dell’opera, che avrebbe dovuto, nelle intenzioni degli eredi,
25
Dante Isella, Le lettere di Umberto Saba, 12 febbraio 1968 (i), Ame, autori (2). Ringrazio l’autore per avere autorizzato la pubblicazione del testo inedito.
26
Sede, 13 dicembre 1968 (i), Ame, autori (2).
L’EPISTOLARIO DI UMBERTO SABA
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essere costituita da tre volumi di un’edizione di lusso, oltre a un volume
di guida alla lettura che contenesse l’indice dei corrispondenti, una cronologia di Saba, un indice delle persone, un indice delle opere, un indice
degli argomenti e dei temi, oltre a un’appendice con alcune testimonianze. In una lettera successiva, Linuccia chiede di inserire materiale fotografico. Valutata l’enorme quantità di documenti (5.500.000 battute, quindi
3 volumi di 900 pagine l’uno tipo Pléiade o 2 volumi di 1400 a testa,
esclusi gli apparati)27 e dopo aver constatato che, al tempo in cui il contratto della coedizione Einaudi era stato stipulato (10 settembre 1959) simili proporzioni non erano prevedibili, Sereni parte per Roma nel febbraio del 1969, e porta in dono Il viaggio in Italia di Guido Piovene nei
Quality Paperbacks, per convincere Linuccia a collocare le lettere del padre, almeno in prima battuta, in quella collana, riservandosi di farne
un’edizione di lusso, magari in forma ridotta, in un secondo momento.
In archivio si conservano due lunghissime, indignate risposte di Carlo Levi e di Linuccia,28 redatte a pochi giorni di distanza e coincidenti, in alcuni passaggi, quasi alla lettera. Scrive Levi:
quell’edizione è un orrore, e, nel nostro caso, anche un errore. A parte
che è stampato male, che ha un formato brutto, che basta sfogliarlo perché si sfasci, che la pagina è illeggibile (anche se resa più ariosa da uno
spazio maggiore) è insensata l’idea di far uscire un’opera, che potrà piacere oppure non piacere, ma che è certamente un’opera importante, inedita, in una collana quasi inesistente, valida solo per libri già sfruttati […].
La proposta è addirittura offensiva.
Sereni risponde a Levi con una lettera altrettanto lunga, ma molto pacata,
in cui spiega le motivazioni della proposta, tenendo conto delle richieste
non sempre coerenti pervenutegli fino a quel momento:
La soluzione Quality Paperback è apparsa a tutti più ragionevole e pratica, proprio in rapporto al vostro desiderio di far scendere nettamente il
prezzo di copertina […]. La collezione di tipo Pléiade è ancora da sperimentare. Non possiamo comprometterne il corso iniziale col grosso rischio rappresentato dai due o tre volumi di un Epistolario, anche se questo viene presentato secondo la tua formula, certamente felice, cioè come
“il più grande romanzo italiano moderno in forma epistolare”. Questa
27
Vittorio Sereni a Sergio Polillo, Milano, 18 aprile 1969 (i), Ame, autori (2).
Carlo Levi a Vittorio Sereni, Roma, 21 febbraio 1969 (i); Linuccia Saba a Vittorio
Sereni, Roma, 27 febbraio 1969 (i), Ame, autori (2).
28
40 /
NUNZIA PALMIERI
può essere una formula critica, da una parte, e una formula pubblicitaria
dall’altra. In mezzo c’è la realtà dell’opera per quello che essa appare a prima vista, e non si può pretendere di vincere la partita di una nuova, impegnativa e rischiosa collezione al primo colpo e proprio con un’opera in
più volumi che deve già vincere una partita difficile per proprio conto.29
Se la soluzione dei Quality è ritenuta improponibile, prosegue Sereni, che
si riduca allora il libro alle proporzioni di 300-350 pagine. Se l’operazione riesce, si procederà alla pubblicazione integrale. Nonostante la proposta possa apparire sconcentante dopo tutto il lavoro fatto, Sereni la vede
come “garanzia di una più lunga vita” dell’opera.
Linuccia non vuole assolutamente accettare soluzioni alternative, così
Sereni esce momentaneamente di scena. Alberto Mondadori si dedicava,
fin dal settembre del 1967, alla casa editrice Il Saggiatore, e la questione
viene quindi trattata da Giorgio Mondadori, che formalizza le richieste già
avanzate in forma amichevole da Sereni: propone un volume di 800 pagine
circa in edizione di lusso da fare subito, poi l’intero epistolario in una successiva edizione, oltre alla pubblicazione delle Poesie nella nuova collana di
classici che allora veniva provvisoriamente definita “Pléiade”. Chiede inoltre agli uffici amministrativi l’esatto conteggio delle spese sostenute dalla
casa editrice fino a quel momento per i lavori di curatela, a beneficio di Linuccia e Marcovecchio, compresi quelli per l’epistolario, e per gli anticipi
sui diritti dell’opera, fin dai tempi della coedizione. A metà aprile, dopo
aver ricevuto il resoconto, che risulta molto oneroso, cerca di riportare tutta la questione, come aveva fatto a suo tempo Einaudi, nei termini di un
rapporto formale fra editore e autore. Il 18 aprile 1969, Linuccia fa sapere
a Sereni di avere affidato i destini delle opere di Saba a Erich Linder.
Titolare dell’Agenzia Letteraria Internazionale che aveva ‘ereditato’ da
Luciano Foà, Linder era considerato, da oltre un decennio, il ‘principe’ degli agenti letterari, avendo al suo attivo un numero notevolissimo di autori
italiani e stranieri di cui curava gli interessi nei rapporti con gli editori.30
Amato e temuto, severo e infaticabile, si era presentato in una Conversazio29
Vittorio Sereni a Carlo Levi, Milano, 4 marzo 1969 (i), Ame, autori (2).
Fra gli autori, circa 8000, amministrati dall’Agenzia Letteraria Internazionale nell’epoca Linder (dal secondo dopoguerra al 1983), figuravano Brecht, Buzzati, Calvino,
Agatha Christie, Dürrenmatt, Eco, Fenoglio, Hammet, Kafka, Joyce, Mann, Marinetti,
Morante, Musil, Nabokov, Joseph Roth, Philp Roth, Salinger, Singer, Sciascia, Steinbeck,
Vittorini. Si veda, a questo proposito, Erich Linder. Autori, editori, librai, lettori, a cura di
Martino Marazzi, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano 2003, p. 62.
30
L’EPISTOLARIO DI UMBERTO SABA
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ne con “La Fiera Letteraria”, come una sorta di Robespierre del mercato
editoriale: alla domanda sulle motivazioni che lo avevano spinto a intraprendere il mestiere dell’agente letteraio aveva risposto: “Perché sono un
puritano. Odio l’ingiustizia, i soprusi. E credo che l’autore sia vittima dell’editore. Il mio scopo è difenderne gli interessi”.31 Ricevuto l’incarico di
occuparsi della questione Saba, Linder chiede un rapporto sulla necessità
di un’edizione ridotta. Sereni affida a Edmondo Airoldi, ex collaboratore
del Saggiatore, l’incarico di rivedere tutto il lavoro e di valutare la possibilità di ridurre i materiali esplicitando i criteri. Si produce l’ennesimo documento:32 Airoldi, senza nascondere le difficoltà, consiglia di tagliare le lettere d’affari, le lettere editoriali, quelle a destinatari ‘minori’, le ripetizioni e
le ridondanze, le lettere di ‘routine’, e segnala, a margine, le numerose ingenuità “di tipo sconcertante” nella redazione delle note. In una lunga lettera,33 Linder contesta punto per punto il rapporto Airoldi, chiede che gli
venga inviata una copia dei materiali e anticipa la sua intenzione di chiedere che l’epistolario venga pubblicato nella sua integrità. Dopo aver vagliato
attentamente le migliaia di pagine e le relazioni prodotte nel corso dell’ultimo anno, Linder delinea lo stato delle cose con straordinaria lucidità e finezza di giudizio, tracciando le linee di un possibile accordo:34 i tagli non
sembrano giustificati se non dalla necessità dell’editore di ridurre le pagine
e nessuno dei criteri proposti da Airoldi è dettato da motivazioni intrinseche; nota come le omissioni avrebbero creato problemi nella comprensione
dei rimandi interni, sottolinea il valore delle lettere che riguardano l’attività
della libreria antiquaria e l’edizione dei testi, considerando come improponibile una riduzione del cinquanta per cento e una revisione completa delle note. I rapporti con Linuccia si sarebbero, peraltro, inevitabilmente deteriorati e avrebbero compromesso il buon esito dell’operazione che stava a
cuore a tutti. Si decide, infine, su consiglio dello stesso Linder, per la pubblicazione integrale in due volumi di tutto il materiale, nella collana di cui
si stava mettendo a punto il progetto,35 creando un’apposita sezione, “I
31
Madamina il catalgo è questo. Conversazione con “La Fiera Letteraria” (14 novembre
1968), in Erich Linder. Autori, editori, librai, lettori, cit., p. 27.
32
Si conserva anche una relazione di Giansiro Ferrata, per il Comitato di Lettura, del
13 maggio 1969 (i), favorevole a una pubblicazione in forma ridotta, e se ne cita una, non
presente in archivio, di Fertonani. Ame, autori (2).
33
Erich Linder a Vittorio Sereni, Milano, 22 settembre 1969 (i), Ame, autori (2).
34
Erich Linder a Vittorio Sereni, Milano, 26 novembre 1969 (i), Ame, autori (2).
35
La collana “I Meridiani”, voluta da Arnolodo Mondadori e affidata, per la direzione e
la cura, a Giansiro Ferrata, Sergio Polillo e Vittorio Sereni, nasce in quell’anno.
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NUNZIA PALMIERI
Meridiani - Epistolari, diari e documenti”, che diventerà poi “I Meridiani Diari, memorie e lettere”, nella quale sarebbero uscite, fra le altre cose, anche le Lettere di Joyce. Si prepara un contratto e si sollecita la chiusura dei
progetti rimasti in sospeso: l’edizione critica del Canzoniere,36 un’antologia
di testi poetici destinata agli Oscar e una silloge per le scuole. Viene dunque consegnata a Linuccia la copia di tutto il materiale37 per l’ultima revisione, da ultimarsi entro l’autunno del 1970. Da questo momento in poi
la corrispondenza si dirada fino quasi ad esaurirsi. Nel 1975 muore Carlo
Levi, all’inizio dell’anno successivo Alberto Mondadori. Nell’ottobre del
1976, Linuccia chiede a Giorgio Mondadori di occuparsi personalmente
delle lettere di Saba.38 Le ragioni ‘del cuore’, la grandezza dell’opera, il rispetto per la memoria di Saba sembrano prendere ancora una volta il sopravvento sulle questioni puramente economiche, se si arriva alla decisione
di dare comunque alle stampe, nonstante il mancato rispetto dei termini
contrattuali, un’edizione così difficile e onerosa, preparandone una parte in
bozze. Le difficoltà, legate soprattutto alle cattive condizioni di salute di
Linuccia, furono tuttavia tali anche a quell’altezza che si dovette rinviare a
tempo indefinito la realizzazione del progetto.39
Dopo la morte di Linuccia, avvenuta nel 1980, si è arrivati a un progressivo smembramento del primitivo organismo in una sequenza di frammenti sparsi, alcuni curati con scrupolo e competenza, altri assemblati con
discutibili criteri di edizione. Le scelte antologiche uscite fino ad oggi coprono grosso modo un quarto del materiale originariamente preparato da
Linuccia, e hanno dunque colmato il vuoto solo parzialmente.40 Fra le rac36
L’edizione critica del Canzoniere 1921 uscirà solo nel 1981, dopo la morte di Linuccia, nelle edizioni della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, a cura di Giordano
Castellani.
37
Da Marco Forti a Linuccia, Saba, Milano, 24 dicembre 1969 (i), Ame, autori (2). Gli
originali restano in casa editrice.
38
Linuccia Saba a Giorgio Mondadori, Roma, 20 ottobre 1975 (i), Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Archivio Storico Ame, Presidenza Giorgio Mondadori, Autori,
Saba, Linuccia.
39
Nel dicembre del 1983, recensendo La spada d’amore, che raccoglie cento lettere selezionate lungo tutto l’arco cronologico coperto dall’epistolario, Giordano Castellani dà ancora una volta come imminente l’edizione, poi più nulla (G. Castellani, “2400 lettere”,
alfabeta, 55, dicembre 1983).
40
Oltre alle raccolte già citate, si possono leggere, in volume: Saba, Svevo e Comisso,
Lettere inedite, a cura di Mario Sutor, Padova: Gruppo di Lettere Moderne (STA, Vicenza), 1968; Umberto Saba, Lettere a un amico vescovo (carteggio con Giovanni Fallani), a cura di Rienzo Colla, Vicenza: La Locusta, s.d. [ma 1980]; Umberto Saba, Atroce paese che
amo. Lettere famigliari (1945-1953), a cura di Gianfranca Lavezzi e Rossana Saccani, Mi-
L’EPISTOLARIO DI UMBERTO SABA
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colte che hanno catalizzato per ragioni evidenti gli interessi degli studiosi
di Saba ci sono i carteggi con Giacomo Debenedetti, con Sandro Penna,
con Giovanni Comisso, con Antonio Quarantotti Gambini, con Ettore
Serra, con Eugenio Montale, con Aldo Palazzeschi e con Carlo Levi.41
Quasi tutte appartenenti agli anni Cinquanta sono le lettere indirizzate a
Nora Baldi e a Giovanni Fallani.42 Più esili, ma non privi di interesse, i
carteggi con Vladimiro Arangio-Ruiz, Alfredo Rizzardi, Giuseppe Guido
Ferrero, Alberto Carocci, Umberto Fracchia e Francesco Meriano.43
Gianfranca Lavezzi e Rosanna Saccani hanno proposto, nel volume
Atroce paese che amo,44 un nucleo consistente di lettere familiari: sessanta
lano: Fabbri-Bompiani-Sonzogno, 1987; Umberto Saba, Lettere sulla psicoanalisi. Carteggio con Joachim Flescher (1946-1949), a cura di Arrigo Stara, Milano: Studio Editoriale,
1991; Umberto Saba, Lettere a Sandro Penna (1929-1940), a cura di Roberto Deidier,
Milano: Rosellina Archinto, 1997; Umberto Saba, Quante rose a nascondere un abisso.
Carteggio con la moglie (1905-1956), a cura di Raffaella Acetoso, introduzione di Antonio
Debenedetti, Lecce: Manni, 2004.
41
Giacomo Debenedetti, “Lettere di Umberto Saba”, Nuovi Argomenti, 41, novembredicembre 1959, pp. 1-32; R. Tordi, “Lettere inedite di Umberto Saba a Giacomo Debenedetti”, in Il diadema di Toth, Roma: Edizioni dell’Ateneo, 1981; Aglaia Paoletti, “Gli anni
del Canzoniere (1922-1924: Lettere a Piero Gobetti, Giacomo Debenedetti, Giovanni Papini)”, Nuova Antologia, 126, 1991, pp. 203-41; Aglaia Paoletti, “La crisi di una generazione nel carteggio di Saba (1925-1926: Lettere inedite a Montale, Debenedetti, Prezzolini,
Ojetti)”, Nuova Antologia, 126, 1991, pp. 394-451; Umberto Saba, Lettere a Sandro Penna,
cit.; Saba, Svevo e Comisso, Lettere inedite, cit.; Umberto Saba e Pier Antonio Quarantotti
Gambini, Il vecchio e il giovane, cit.; E. Serra, “Lettere di Umberto Saba a Ettore Serra e altre lettere di Saba a Serra”, in Il tascapane di Ungaretti. Il mio vero Saba e altri saggi, Roma:
Edizioni di Storia e Letteratura, 1983, pp. 68-101 e 199-207; Maria Antonietta Grignani,
“Lettere di Umberto Saba a Eugenio Montale”, Autografo, 1:3, ottobre 1984, pp. 57-73;
Adele Dei, “Saba a Palazzeschi. Lettere 1911-1934”, Studi italiani, 6:2, luglio-dicembre
1994, pp. 147-67. Una scelta delle lettere a Carlo Levi si trova nel volume di Silvana
Ghiazza, Carlo Levi e Umberto Saba. Storia di un’amicizia, Bari: Dedalo, 2002.
42
Umberto Saba, Lettere a un’amica, cit.; Id., Lettere a un amico vescovo, cit.
43
Antonio Pinchera, “Carteggio Saba-Arangio Ruiz (1948)”, Il Bimestre, 14, maggioagosto 1971, pp. 18-26; Alfredo Rizzardi, “Palinsesti sabiani: alcuni (pre)giudizi di Umberto Saba su poeti stranieri”, Spicilegio Moderno, 8, 1977, pp. 65-86; Elvira Favretti, “Diciannove lettere inedite di U. Saba (carteggio con Giuseppe Guido Ferrero)”, Giornale
Storico della Letteratura Italiana, 94:154, 1977, pp. 428-45; G. Manacorda (a cura di),
Lettere a Solaria (carteggio Umberto Saba-Alberto Carocci), Roma: Editori Riuniti, 1979;
Ernesto Citro, Saba e i contrastati rapporti con la “Fiera” di Fracchia (carteggio inedito con
Umberto Fracchia), Nuova Rivista Europea, 4:19-20, ottobre-dicembre 1980; Francesco
Meriano, Con Saba (1914-1926), in Gloria Manghetti, Carlo Ernesto Meriano e Vanni
Scheiwiller (a cura di), Arte e Vita, con tre carteggi di Umberto Saba, Eugenio Montale,
Gabriele D’Annunzio, Introduzione di Giorgio Luti, Milano: Scheiwiller, 1982.
44
Umberto Saba, Atroce paese che amo, cit.
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NUNZIA PALMIERI
epistole alle ‘Line’, scelte fra le trecentocinquanta unità conservate dal
Centro Manoscritti di Autori Antichi e Moderni di Pavia, in un’edizione
rigorosamente condotta sugli autografi. Non si deve pensare che le familiari siano meno interessanti, sul piano culturale, delle lettere agli scrittori, perché Saba ha considerato prima la moglie, poi, a partire dal secondo
dopoguerra, la figlia (dal ’46 in avanti sua infermiera, segretaria, editor,
correttrice di bozze, addetta stampa) le sue prime lettrici e ‘biografe’. Alle
preoccupazioni per il quotidiano vivere, al racconto dei malanni e dei
guai economici si affiancano, nelle lettere a Lina, progetti di scrittura,
prime stesure di materiali poi corretti e pubblicati con varianti. Attraverso le familiari conosciamo letture, passioni, amicizie: grazie al carteggio
edito da Raffaella Acetoso in Quante rose a nascondere un abisso,45 che include per la prima volta le lettere di Lina a Saba, è possibile ricostruire alcuni frammenti dell’amicizia con Federico Almansi.
Un discorso a parte meritano le Lettere sulla psicoanalisi, a cura di Arrigo Stara,46 che costituiscono una scelta coerente, con una fisionomia riconoscibile e un interesse scientifico indiscusso. Il carteggio con Flescher,
a cui si aggiungono alcune lettere di e a Weiss, permette infatti di ricostruire l’itinerario di avvicinamento alla psicoanalisi e i suoi riflessi nella
scrittura. Com’è noto Saba riponeva grandi speranze nella cura con
Weiss, del quale ebbe subito una stima profonda che conservò per tutta la
vita. Anche se l’analisi non si poté considerare riuscita, Saba affermò in
più occasioni di avere ricavato da quelle sedute, oltre a una riconosciuta
“chiarificazione interna”, uno strumento privilegiato per rileggere la propria storia personale e il lungo percorso poetico, che si aprirà a nuovi spazi espressivi con soluzioni stilistiche inattese:47 Saba parlerà di un “illimpidimento della forma”, sfociato nel miracolo delle nuove poesie, da Parole
ai versi di Uccelli. Quasi un racconto, e affiderà a Freud e a Nietzsche il
ruolo padri elettivi nelle prose delle Scorciatoie.
Possiamo infine provare ad immaginare di mettere idealmente in sequenza, ordinandole cronologicamente, tutte le lettere che fino ad oggi
sono state pubblicate in volume, in rivista o in sedi occasionali: ci troveremo di fronte senza dubbio a una straordinaria raccolta di documenti,
45
Umberto Saba, Quante rose a nascondere un abisso, cit.
Umberto Saba, Lettere sulla psicoanalisi, cit.
47
Per una lettura delle opere di Saba alla luce della psicoanalisi si rimanda a Mario Lavagetto, La gallina di Saba, Torino: Einaudi, 1974 (nuova edizione ampliata, 1989).
46
L’EPISTOLARIO DI UMBERTO SABA
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che tuttavia, per motivi ovvi, non possono restituire la fisionomia di un
corpo nella sua integrità. Lo stesso materiale preparato da Linuccia può
funzionare come bussola per muoversi fra le carte di Saba, ma non potrebbe, di per sé, fornire testi completamente attendibili per una pubblicazione integrale delle lettere. Oltre alle omissioni di cui si è detto, vanno
considerati i tagli a volte minimi a volte consistenti di Linuccia, giustificati dal desiderio di consegnare ai lettori un ritratto del padre privo di
ombre.
Per un autore che ha fatto del rapporto fra poesia e biografia un coefficiente della sua poetica, l’edizione dell’epistolario resta un nodo difficilmente eludibile. Perché il progetto di Linuccia possa essere realizzato non
si può dunque che ripartire da un lavoro preliminare di ricerca, schedatura e trascrizione dei materiali autografi, in attesa di un coraggioso quanto
necessario progetto editoriale.