CORSO ENTI NON COMMERCIALI

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CORSO ENTI NON COMMERCIALI
ENTI NON COMMERCIALI
ASPETTI FISCALI E CONTABILI
Tione di Trento
8 novembre 216
Studio dott. Antonino Guella
CARATTERI DISTINTIVI
DELL’ ENTE NON COMMERCIALE
La definizione di ente non commerciale non è di natura
civilistica
L’Ente non commerciale è un soggetto in ambito fiscale
Le coordinate per la sua identificazione sono ricavabili
dal Testo Unico delle Imposte sui redditi (T.U.I.R., art. 73
e art. 149)
Studio dott. Antonino Guella
QUALIFICA FISCALE DI ENTE NON
COMMERCIALE
Art. 73, comma 1, lettera c, del TUIR
Ente che non ha per oggetto esclusivo o principale lo
svolgimento di attività di natura commerciale
Studio dott. Antonino Guella
QUALIFICA FISCALE DI ENTE NON
COMMERCIALE
Ai fini dell’inquadramento fiscale dell’ente, ciò che rileva
è l’attività esercitata.
Se l’oggetto esclusivo o principale è l’esercizio di attività
commerciale, siamo di fronte ad un ente commerciale
(Art. 73, comma 1, lettera b, del TUIR ), in caso
contrario ad un ente non commerciale (Art. 73, comma
1, lettera c, del TUIR)
Studio dott. Antonino Guella
QUALIFICA FISCALE DI ENTE NON
COMMERCIALE
Ai fini della qualificazione dell’ente non
commerciale non assume alcun rilievo
La natura pubblica o privata del soggetto
La rilevanza sociale delle finalità perseguite
L’assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati
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QUALIFICA FISCALE DI ENTE NON
COMMERCIALE
Conclusivamente, si può dire che nella vigente
disciplina, l’ente non commerciale non è
definito in funzione dell’assenza della finalità
lucrativa. L’attenzione è prioritariamente
focalizzata sull’attività che - se commerciale –
rende ininfluente finalità, scopo, non
lucratività.
Studio dott. Antonino Guella
Individuazione dell’attività prevalente
Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per
realizzare direttamente gli scopi primari dell’ente indicati dalla
legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto, vale a dire l’attività
che tipicizza l’ente medesimo.
Studio dott. Antonino Guella
Criteri per l’individuazione dell’oggetto
esclusivo o principale dell’attività
L’oggetto esclusivo o principale
dell’ente residente è determinato in
base alla legge, all’atto costitutivo e
allo statuto
L’oggetto esclusivo o principale
dell’ente residente è determinato
in base all’attività effettivamente
esercitata nel territorio dello Stato
Se questi ultimi esistono in forma
di atto pubblico o di scrittura
privata autenticata o registrata
Se mancano l’atto costitutivo o lo
statuto nella forma di atto
pubblico o di scrittura privata
autenticata o registrata
Studio dott. Antonino Guella
Definizione di attività commerciale
Per esercizio di impresa commerciale si intende l’esercizio
per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle
attività indicate nell’art. 2195 del Codice civile, ossia:





l’attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi;
l’attività intermediaria nella circolazione dei beni;
l’attività di trasporto per terra, o per acqua, o per aria;
l’attività bancaria o assicurativa;
altre attività ausiliarie delle precedenti anche se non organizzate in forma
d’impresa.
Studio dott. Antonino Guella
Definizione di attività commerciale
Si deve anche tenere conto di quanto disposto dall’art. 55,
comma 2, del Tuir, secondo il quale vanno, comunque,
considerate commerciali anche le attività dirette alla
prestazione di servizi che pur non essendo riconducibili in
quelle indicate dall’art. 2195 del c.c. sono organizzate in
forma d'impresa.
Studio dott. Antonino Guella
Un’attività è commerciale quando ricorrono
contemporaneamente le seguenti condizioni:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
è svolta con professionalità;
è abituale ossia posta in essere con regolarità, stabilità sistematicità;
rientra in quelle elencate nell’art.2195 del c.c.;
oppure pur non rientrando in quelle elencate nell’art.2195 del c.c. è organizzata
in forma d’impresa. Tra gli elementi identificativi di organizzazione si possono
indicare l’esistenza di locali, di personale di segreteria, di collaboratori, ecc.;
i beni e i servizi realizzati sono destinati al mercato ovvero ad essere scambiati;
è economica, ossia i corrispettivi che se ne ricavano sono in grado di
remunerare i diversi fattori produttivi impiegati.
Studio dott. Antonino Guella
Se l’attività prevalente dell’ente ossia quella
che consente di realizzare gli scopi primari è
riconducibile in una delle attività indicate
nell’art. 2195 del c.c.
l’ente è qualificato come commerciale
Studio dott. Antonino Guella
Se l’ente in base all’attività concretamente esercitata,
non svolge nessuna delle attività indicate dall’art.2195
del c.c.,
l’ente si qualifica come ente non commerciale
Studio dott. Antonino Guella
Ai fini della verifica della natura tributaria
Il primo esame viene condotto è sullo statuto (criterio
formale/qualitativo)
Accanto a questo criterio c’è quello fattuale/quantitativo
sull’attività di fatto svolta
Studio dott. Antonino Guella
PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
Gli enti non commerciali possono svolgere sia attività istituzionale che attività
commerciale.
L’attività di tipo istituzionale (es. culturale, ambientale, ricreativa, sociale,
assistenziale, di solidarietà, ecc.) deve essere sempre presente.
L’attività di natura commerciale è eventuale e viene esercitata strumentalmente
allo scopo di reperire fondi e comunque non può essere prevalente.
Ai fini della qualificazione fiscale la distinzione tra le due attività, come sopra
indicato, è fondamentale.
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PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
La qualificazione come Ente non commerciale deve essere mantenuta durante
tutta l’esistenza dell’ente stesso.
La norma fondamentale, per verificare in termini sostanziali l'attività prevalente e,
quindi, la natura effettiva dell'ente dichiarata nell'atto costitutivo o nello statuto, è
dettata dal primo comma dell'art. 149 del Tuir che contiene una presunzione legale
di perdita della qualifica di Ente non commerciale, qualora, indipendentemente
dalle previsioni statutarie, l'ente eserciti quale attività principale un'attività
commerciale in base all'art. 55 del Tuir.
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PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
Studio dott. Antonino Guella
PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
La qualifica di ente non commerciale, dichiarata nell’atto costitutivo o nello statuto
va verificata prendendo in esame l’attività effettivamente esercitata e deve essere
mantenuta durante tutta l’esistenza dell’ente stesso.
Svolgimento di attività commerciale per un intero periodo d’imposta
N.B. Si tratta di una presunzione legale valida sia ai fini delle imposte sui redditi sia ai fini
dell’ imposta sul valore aggiunto
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PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
Per quanto riguarda il significato attribuito all'espressione "intero periodo
d'imposta", contenuta nel co.1 dell'art.149, è stato chiarito dall’amministrazione
finanziaria che tale lasso di tempo costituisce soltanto una proiezione temporale di
osservazione dell'attività dell'ente, essendo poi sufficiente, per valutare la
prevalenza dell'attività commerciale, che tale prevalenza sussista per la maggior
parte del periodo d'imposta.
Quindi, in presenza di attività commerciale prevalente per la maggior parte del
periodo d'imposta, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale a decorrere
dall'inizio del medesimo periodo.
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PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
Il comma 2 dell'art.149 indica, inoltre, alcuni parametri che costituiscono "fatti
indice di commercialità",
i quali, è bene precisarlo, non comportano
automaticamente la perdita di qualifica di ente non commerciale, ma sono
particolarmente significativi e inducono a un giudizio complessivo sull'attività
effettivamente esercitata.
Il comma in commento, nella sostanza, non contiene presunzioni assolute di
commercialità, ma traccia un percorso logico, anche se non vincolante quanto alle
conclusioni, per la qualificazione dell'ente non commerciale, individuando
parametri dei quali deve tenersi anche conto (e non solo quindi) unitamente ad
altri elementi di giudizio.
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Parametri di riferimento
•
Prevalenza delle immobilizzazioni (al netto degli ammortamenti)
commerciale rispetto ad altre attività;
•
Prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali, rispetto al valore normale delle
cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali;
•
Prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali
(sovvenzioni, liberalità, quote associative);
•
Prevalenza delle componenti negative inerenti all’attività commerciale rispetto alle restanti
spese.
relative
all’attività
Studio dott. Antonino Guella
PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
Non è sufficiente il verificarsi di una o più delle condizioni stabilite dal co.2
dell'art.149 per poter ritenere avvenuto il mutamento di qualifica, ma sarà
necessario, in ogni caso, un giudizio complesso, che tenga conto anche di ulteriori
elementi, finalizzato a verificare che l'ente abbia effettivamente svolto per l'intero
periodo d'imposta (da intendersi per la maggior parte, come si è detto)
prevalentemente attività commerciale.
Come risulta espressamente dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n.460/97, i
parametri indicati nel co.2 dell'art.149 costituiscono indizi valutabili in concorso
con altri elementi significativi.
Studio dott. Antonino Guella
PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON
COMMERCIALE
Il verificarsi di una o più delle circostanze indicate nel citato co.2 dell'art.149 in
capo a enti la cui attività essenziale sia di natura obiettivamente non commerciale
(ad esempio, partiti politici, associazioni sindacali e di categoria rappresentate nel
CNEL) non può di per sé fare venire meno la qualifica non commerciale dell'ente,
risultante dall'atto costitutivo o dallo statuto, purché l'attività effettivamente
esercitata corrisponda in modo obiettivo a quella espressamente indicata nelle
previsioni statutarie.
Studio dott. Antonino Guella
Conseguenze della perdita della qualifica di ente non commerciale
Cambiamento delle regole di
determinazione del reddito
Assoggettamento ad iva di
tutte le operazioni attive che
rientrano nel campo di applicazione
del tributo.
Studio dott. Antonino Guella
Conseguenze della perdita della qualifica di ente non commerciale
Le conseguenze pratiche possono così sintetizzarsi:
 non esiste più la distinzione tra attività istituzionale e attività commerciale
 tutta l’attività viene attratta nel reddito di impresa, senza più la distinzione tra
redditi fondiari, redditi di capitale, redditi da attività commerciale e redditi diversi
 è obbligatorio iscrivere tutti i beni dell’ente nell’inventario di cui all’art.15 d.P.R.
n.600/73. L’iscrizione deve essere effettuata entro 60 giorni dall’inizio del periodo
d’imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica
 le entrate istituzionali come i contributi e le liberalità (oltre ovviamente le quote
associative e le sovvenzioni) diventano ricavi
 la contabilità è solo ordinaria (non esiste per gli enti commerciali la contabilità
semplificata) e vi confluiscono tutti i fatti amministrativi relativi alla gestione
complessiva
 non sono più applicabili le agevolazioni fiscali previste per gli enti non commerciali
(compreso il regime forfettario di cui alla Legge n. 398/91)
Studio dott. Antonino Guella
Conseguenze della perdita della qualifica di ente non commerciale
L'eventuale perdita della qualifica di Ente non commerciale produce i propri effetti
in via retroattiva, a decorrere dall'inizio dello stesso periodo d'imposta in cui
vengono meno le condizioni che consentono di fruire delle agevolazioni e
comporta l'obbligo di includere tutti i beni dell'ente nell'inventario di cui
all'articolo 15 del DPR 600 del 1973. L'iscrizione nell'inventario deve avvenire
entro 60 giorni dall'inizio del periodo d'imposta in cui si è verificata la perdita della
qualifica di Ente non commerciale.
In ragione del fatto che le valutazioni sugli indicatori che possono determinare la
perdita della qualifica di Ente non commerciale sono fatte, in genere, in prossimità
del termine del periodo d’imposta può risultare problematico adempiere l'obbligo
di iscrivere, entro 60 giorni dall'inizio dell'esercizio, i beni patrimoniali
nell'inventario dell'ente.
Per questo motivo, è stata evidenziata la necessità di operare fin dall'inizio del
periodo di imposta, una valutazione prospettica della propria attività, ai fini della
corretta qualificazione tributaria.
Studio dott. Antonino Guella
L’ATTIVITA’ COMMERCIALE
“DECOMMERCIALIZZATA”
DECOMMERCIALIZZAZIONE “GENERICA”
(ART. 143, comma 1 e ART.148, comma 1 e 2 T.U.I.R.)
DECOMMERCIALIZZAZIONE “SPECIALE”
(ART. 143, comma 3)
Studio dott. Antonino Guella
Disposizione agevolativa
Art. 143, comma 1, del Tuir
Le prestazioni di servizi realizzate dagli Enti non commerciali (ad esempio attività
culturali, ricreative, sociali, assistenziali ecc.) non si considerano commerciali a
condizione che siano presenti i seguenti requisiti:
- le prestazioni sono rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente
- senza specifica organizzazione
- verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.
L’esclusione dalla commercialità riguarda anche i servizi prestati ai non associati.
Studio dott. Antonino Guella
Limitazione della disposizione agevolativa
Sono comunque considerate commerciali anche le attività
dirette alla prestazione di servizi che pur non essendo
riconducibili in quelle indicate dall’art. 2195 del c.c. sono
organizzate in forma d’impresa.
Studio dott. Antonino Guella
Esempio n.1
RICAV I - COSTI - SPECIFICI - COMMERCIALITA’
RICAVI
COSTI
COSTI SPECIFICI
100
COSTI GENERALI
20
RICAVI E CORRISPETTIVI 100
L’ATTIVITA’ E’ NON COMMERCIALE
Studio dott. Antonino Guella
Esempio n.2
RICAV I - COSTI - SPECIFICI - COMMERCIALITA’
RICAVI
COSTI
COSTI SPECIFICI
100
COSTI GENERALI
20
RICAVI E CORRISPETTIVI 101
L’ATTIVITA’ E’ COMMERCIALE
Studio dott. Antonino Guella
Disposizione agevolativa
Art. 143, comma 1, del Tuir
Secondo la disposizione in commento ogni attività consistente in una prestazione
di servizi non compresi nell’art. 2195 del codice civile, se svolta con la copertura
dei soli costi diretti sostenuti e, in presenza delle altre condizioni sopra indicate, è
non commerciale.
Le prestazioni che rientrano nell’agevolazione sono quelle tipiche degli enti non
commerciali, ad esempio, quelle culturali, di ricerca, di studio, ricreative, sociali,
assistenziali, ecc.
Il requisito della conformità alle finalità istituzionali dell'ente risulta dalle
indicazioni statutarie e, naturalmente, da una verifica effettiva dell’attività svolta.
Disposizione agevolativa
Art. 143, comma 1, del Tuir
L’assenza di una specifica organizzazione risulta dalla circostanza che le prestazioni
stesse sono eseguite senza un apposito organigramma di persone destinate allo
svolgimento della prestazione e senza beni e mezzi specificamente dedicati.
Si ritiene, ad esempio, che l’esistenza di una segreteria generale che si occupi di
tutti i compiti istituzionali non configuri una specifica organizzazione.
I corrispettivi conseguiti possono remunerare soltanto i costi sostenuti per la
realizzazione delle prestazioni stesse. È esclusa la possibilità che il corrispettivo
comprenda una quota parte dei costi generali.
Disposizione agevolativa
Art. 143, comma 1, del Tuir
Tale agevolazione va letta in simmetria con le previsioni dell’art. 55, del Tuir sopra
esaminate. Si deve, infatti, sempre tenere conto di quanto disposto dal comma 2,
del citato art. 55, secondo il quale vanno, comunque, considerate commerciali
anche le attività dirette alla prestazione di servizi che pur non essendo
riconducibili in quelle indicate dall’art. 2195 del c.c. sono organizzate in forma
d'impresa.
Ai fini dell’Iva non esiste una analoga disposizione di esclusione dalla
commercialità delle citate prestazioni. Si ritiene, comunque, che le prestazioni in
commento possano non rientrare nel campo di applicazione dell’Iva per mancanza
del presupposto soggettivo in quanto non organizzate in forma di impresa.
Malgrado l’obiettivo di tale previsione agevolativa sia quello di esonerare da inutili
adempimenti contabili e fiscali enti di ridotte dimensioni in assenza di un concreto
interesse in termini di materia imponibile per l’erario, la sua reale applicazione
deve essere il frutto di una attenta verifica.
Studio dott. Antonino Guella
ATTIVITA’ DECOMMERCIALIZZATE
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
FONDI PERVENUTI MEDIANTE RACCOLTE PUBBLICHE IN
CONCOMITANZA DI RICORRENZE
CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI IN REGIME DI CONVENZIONE
O IN REGIME DI ACCERTAMENTO
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Le disposizioni di riferimento sono l’articolo 143, comma 3,
lettera a), Tuir e l’articolo 20 D.P.R. 600/1973
“Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito
degli enti non commerciali………i fondi pervenuti ai predetti
enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate
occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico
valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di
celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Tale disposizione, in pratica, sottrae dall'imposizione, ai fini
delle imposte sui redditi, i fondi pervenuti a seguito di raccolte
pubbliche occasionali anche con scambio/offerta di beni di
modico valore (es. cessioni di piante o frutti) o di servizi a
coloro che fanno le offerte.
È prevista, inoltre:
l’esclusione anche dal campo di applicazione dell‘Iva
l'esenzione da ogni altro tributo, sia erariale che locale.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Le agevolazioni fiscali, tuttavia, sono riconosciute solo se le
raccolte fondi sono caratterizzate dal rispetto di alcuni
elementi.
In particolare:
 deve trattarsi di iniziative occasionali
 la raccolta dei fondi deve avvenire in concomitanza di
celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione
 i beni ceduti per la raccolta dei fondi devono essere di
modico valore.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Gli adempimenti da seguire
Il legislatore ha definito le modalità operative soprattutto in
relazione agli obblighi di rendicontazione.
A tutela della fede pubblica è prevista, peraltro, dall’art. 20 del
DPR n. 600/1973 una rigorosa rendicontazione delle attività di
raccolta dei fondi.
“indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale
economico e finanziario, gli enti non commerciali che
effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro
quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito e
separato rendiconto, tenuto e conservato ai sensi dell’articolo
22, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una
relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate
e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o
campagne di sensibilizzazione”.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
La norma impone di redigere entro una scadenza prefissata il
citato rendiconto ma non prevede alcun obbligo in merito alla
trasmissione all’Agenzia delle Entrate dello stesso. È quindi
sufficiente che il documento venga predisposto entro il
termine stabilito, anche se la colletta si è svolta molti mesi
prima.
Ad esempio, per un ente non commerciale con esercizio
coincidente con l’anno solare che ha svolto l’attività di raccolta
pubblica di fondi in occasione del cinquantesimo anniversario
della propria fondazione, avvenuto nel mese febbraio 2016, il
relativo rendiconto dovrà essere comunque predisposto entro
il 30 aprile 2017 (quattro mesi dopo il termine dell’esercizio).
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Se nel corso dell’anno si organizza più di una raccolta di fondi
si dovranno predisporre tanti rendiconti quante sono stati gli
eventi allestiti nel periodo d’imposta.
Il rendiconto delle raccolte pubbliche di fondi deve essere
separato rispetto al bilancio dell’ente.
Va da sé, però, che le risultanze del rendiconto devono
confluire nel bilancio annuale.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
In linea generale, il rendiconto deve dare la dimostrazione di
come i fondi raccolti siano stati impiegati e realizzare un
collegamento anche con la contabilità generale dell’ente.
In particolare, nella relazione illustrativa devono essere
illustrate anche le modalità attraverso le quali si è tenuta la
raccolta di fondi. Si può, ad esempio, precisare che la colletta
si è realizzata con l’allestimento di uno stand all’interno di una
manifestazione più ampia, al quale hanno presenziato un
certo numero di soci volontari.
Devono quindi essere illustrate le singole voci in entrata e in
uscita che compongono il rendiconto e deve essere
commentato il risultato finale raggiunto, specificando se
l’obbiettivo che ci si era prefissati con la colletta è stato o
meno perseguito.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Con circolare 31 ottobre 2007 n. 59 l'Agenzia delle Entrate ha
ulteriormente precisato alcuni aspetti di merito. In particolare:
 i costi relativi alla raccolta stessa devono essere contenuti
entro limiti ragionevoli e tali da assicurare che una volta
dedotti tali costi, residui una quota percentualmente rilevante
da destinare alle finalità solidaristiche
 la raccolta, in sostanza, non deve essere utilizzata dall'ente
per autofinanziare la propria struttura ma per finanziare i
progetti e l’attività per cui la raccolta stessa è stata attivata.
 i fondi raccolti, in sostanza, non devono essere utilizzati
dall’ente per autofinanziarsi a scapito delle finalità
solidaristiche che il legislatore fiscale ha inteso incentivare.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Alcuni casi specifici
La norma non si applica in tutti quei casi in cui l’ente raccoglie
fondi attraverso una “cassettina” collocata all’ingresso della
propria sede o in altri luoghi (esercizi commerciali, musei
ecc., grazie alla collaborazione dei titolari).
In questo caso, infatti, manca il sinallagma che caratterizza
lo scambio e cioè, l’offerta del bene o del servizio a fronte del
denaro ricevuto. Si tratta, in buona sostanza di vere e proprie
liberalità fin dall’origine, in quanto l’offerta è propiziata
semplicemente da un atto spontaneo.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Alcuni casi specifici
L’art. 143, richiede che l’iniziativa sia svolta in concomitanza
di “celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”.
L’agevolazione è applicabile sicuramente in tutti quei casi in
cui la raccolta di fondi è organizzata in vicinanza delle festività
anche grazie a:
 offerta di piantine, candele, panettoni, colombe pasquali e
così via. In relazione a questa fattispecie nulla vieta che
l’iniziativa sia “diffusa” sul territorio – anche nazionale attraverso “punti offerta” dislocati in qua e in là (ad esempio,
le principali piazze o zone di maggiore affluenza);
 offerta di spettacoli teatrali o di spettacoli sportivi.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Alcuni casi specifici
Anche una lotteria o una tombola possono essere considerate
raccolta pubblica di fondi a seconda però che il premio in
palio sia di valore modico e che l’ente abbia le caratteristiche
richieste dal D.P.R. 430/2001 per poter organizzare una
manifestazione di sorte locale.
Allo stesso modo, anche un’asta di beneficenza rientra nelle
raccolte pubbliche di fondi. Anche in questo caso, però, la
condizione da rispettare è il modico valore dell’oggetto
scambiato.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Alcuni casi specifici
A proposito di “modico valore” è opportuno ricordare come
non sia mai stata definito il criterio per valutare il prezzo del
bene o del servizio scambiato, tale da consentire
l’applicabilità della disposizione sulla raccolta di fondi. La
valutazione è, quindi, necessariamente lasciata al buon senso
e a una quantificazione di uso comune in relazione al valore
del bene/servizio scambiato.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Alcuni casi specifici
Quanti giorni può/deve durare la campagna di
sensibilizzazione affinché si possa continuare ad
applicare l’agevolazione in argomento?
Nessun problema per iniziative “spot” e che in ogni caso si
esauriscono in una giornata.
Non si vede tuttavia perché la disposizione non si possa
riferire a raccolte pubbliche di fondi che si sostanzino in un
periodo di tempo più lungo, necessario proprio a
sensibilizzare i potenziali sostenitori su determinati argomenti
(ad esempio, il mese della salute, la settimana della
collaborazione tra popoli e così via).
La norma non pone limiti di tempo ma come visto, solo al
valore del bene o servizio offerto.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Alcuni casi specifici
Esempio: Associazione che ogni anno partecipa al palio
cittadino e che per allestire la propria squadra organizza
una manifestazione annuale di raccolta pubblica di fondi
con offerta di prodotti o servizi.
In questa fattispecie i dubbi che possono sorgere sono due:
1. è possibile organizzare una raccolta di fondi per
l’autofinanziamento?
2. È possibile organizzare ogni anno sempre la stessa
raccolta pubblica di fondi (non si perde il requisito
dell’occasionalità)?
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Esempio: Associazione che ogni anno partecipa al palio
cittadino e che per allestire la propria squadra organizza
una manifestazione annuale di raccolta pubblica di fondi
con offerta di prodotti o servizi.
In relazione al primo punto, è necessario riferirsi a quanto
precisato dall’Agenzia nella citata circolare n. 59/E/2007.
Come già ricordato è necessario che l’iniziativa sia finalizzata
ad un’attività. Non consente alcuna agevolazione fiscale la
raccolta di fondi dietro offerta di beni o servizi per finanziare
genericamente il funzionamento dell’ente. Nell’esempio sopra
riportato, quindi, non sembra sussistano dubbi circa
l’applicabilità dell’agevolazione, se la raccolta di fondi è
finalizzata alla realizzazione delle finalità istituzionali dell’ente.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Esempio: Associazione che ogni anno partecipa al palio
cittadino e che per allestire la propria squadra organizza
una manifestazione annuale di raccolta pubblica di fondi
con offerta di prodotti o servizi.
In relazione al secondo punto si osserva che il Legislatore
non ha posto alcun limite quantitativo alle raccolte pubbliche
di fondi se non quello espressamente previsto dall’articolo 25,
L. 133/1999 per le iniziative realizzate dalle associazioni
sportive dilettantistiche e le associazioni pro loco che
applicano il regime della L. 398/1991.
Tale limite – di 2 iniziative all’anno- può essere considerato un
elemento di riferimento per tutti gli enti in generale. Non
sembra quindi ci siano preclusioni al fatto di organizzare un
evento all’anno, anche se sempre dello stesso tipo.
Studio dott. Antonino Guella
Proventi da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali
(Art. 25, comma 2, Legge 133/1999)
Per alcuni enti non commerciali di tipo associativo che operano in
determinati contesti e che presentano determinate caratteristiche, il
legislatore ha voluto, entro certi limiti e subordinatamente a ben specifici
obblighi contabili, disporre una “decommercializzazione specifica” dei
proventi realizzati nello svolgimento di attività commerciali connesse
agli scopi istituzionali, tanto ai fini redditi quanto ai fini Iva.
Si tratta di:
 associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI, da
Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, che si
avvalgono dell’opzione di cui alla L. 398/1991 (comma 2, articolo 25, L.
133/1999);
 associazioni proloco (comma 1-bis, articolo 25, L. n.133/1999).
Studio dott. Antonino Guella
Proventi da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali
(Art. 25, comma 2, Legge 133/1999)
Secondo l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 43/E/2000 possono a
titolo esemplificativo annoverarsi fra gli anzidetti proventi quelli derivanti
“da somministrazione di alimenti e bevande, vendita di materiali sportivi,
di gadgets pubblicitari, dalle sponsorizzazioni, dalle cene sociali, dalle
lotterie etc.”.
Studio dott. Antonino Guella
Proventi da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali
(Art. 25, comma 2, Legge 133/1999)
La soglia dei 51.645,69 euro si comporta in modo differente sotto il
profilo dell’esenzione reddituale rispetto a quelle in materia di imposta
sul valore aggiunto:
 dal lato reddituale il limite dei 51.645,69 euro rappresenta una sorta
di “franchigia”, purché ciò avvenga nell’ambito di non più di due eventi;
quindi, in caso di superamento del limite all’interno dei due eventi,
concorreranno alla formazione del reddito solo i proventi eccedenti il
predetto limite;
 dal lato Iva pare, invece, di comprendere come l’unica variabile da
considerare ai fini della definizione del concetto di occasionalità sia
rappresentata da numero massimo degli eventi: in pratica, anche per i
proventi conseguiti oltre il limite dei 51.645,69 euro, sempre nel limite
massimo di due eventi, spetterebbe l’esclusione per carenza dei
presupposti applicativi del tributo.
Studio dott. Antonino Guella
Proventi da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali
(Art. 25, comma 2, Legge 133/1999)
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Un caso particolare: Risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate n. 158/E del 20 maggio 2002
QUESITO
Secondo quanto prospettato dall’istante, il sindaco pro-tempore del Comune
di…………., nel medesimo Comune da diversi anni viene svolta una manifestazione
fieristica e di promozione di prodotti tipici, che si effettua soltanto nelle domeniche del
mese di ottobre, e che è organizzata dal 1997 da un Comitato organizzatore istituito
con delibera del Consiglio comunale.
La Festa è realizzata grazie ai contributi e finanziamenti del Comune, della Provincia
e di altri Enti pubblici nonchè ai contributi che corrispondono i privati partecipanti.
Con i fondi così raccolti, il Comitato provvede alla logistica della manifestazione
utilizzando gli appositi spazi messi a disposizione dall’Amministrazione comunale, ai
servizi di illuminazione; ai servizi di ordine pubblico e di vigilanza; ai servizi igienici;
ad attività culturali e di spettacolo.
Il Comune di…………., rappresentato dal sindaco pro tempore, chiede, pertanto, di
conoscere se il Comitato possa qualificarsi come ente non commerciale e
conseguentemente non essere assoggettato né all’IVA né alle imposte sui redditi.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Un caso particolare: Risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate n. 158/E del 20 maggio 2002
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Le finalità della festa, esplicitate dall’art. 2 del regolamento, sono di promozione
e valorizzazione di prodotti locali, di valorizzazione delle tradizioni locali, di
promozione economica turistica e ambientale.
Dall’art. 3 del regolamento si evince che l’organizzazione della medesima
manifestazione, patrocinata dal Comune, è affidata al Comitato di cui trattasi,
che potrà avvalersi della collaborazione della pro-loco o di altre associazioni
culturali e promozionali presenti nel paese.
L’art.11 del citato regolamento prevede che gli introiti del comitato organizzatore
della festa siano costituiti da “contributi erogati da parte di Aziende Autonome
di Soggiorno e Turismo, Parco …., Enti provinciali e assessorati regionali, da
proventi derivanti da sponsorizzazioni o contributi di privati e, ove necessita con
le disponibilità di bilancio comunale”.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Un caso particolare: Risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate n. 158/E del 20 maggio 2002
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Ciò premesso, considerato che l’oggetto principale del Comitato consiste
nell’organizzare la Mostra Mercato, l’attività essenziale per il raggiungimento
degli scopi primari dell’ente appare configurarsi come un’attività di prestazione
di servizi organizzata in forma d’impresa e come tale riconducibile tra le attività
commerciali di cui all’art. 55 del TUIR.
In proposito è opportuno, altresì, ricordare che il comma 4 dell’art. 148 del TUIR
reca una previsione, di carattere generale, sulla natura commerciale di una
serie di attività, tra cui è espressamente indicata la “gestione di fiere ed
esposizioni a carattere commerciale”.
La stessa previsione è contenuta ai fini IVA nell’articolo 4, comma 4 del DPR 26
ottobre 1972, n. 633.
Da ciò consegue che il Comitato in questione deve essere qualificato come ente
commerciale, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’imposta sul valore
aggiunto.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Un caso particolare: Risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate n. 158/E del 20 maggio 2002
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Non osta, peraltro, a tale conclusione il fatto che la manifestazione si svolga
solo una volta l’anno e per un breve periodo.
Nella fattispecie in esame la Direzione regionale ……….. ha evidenziato che “
se è vero che la manifestazione si svolge soltanto per un breve periodo, è pur
vero che essa è di tale impegno economico (300.000 visitatori a detta della
stessa interpellante) da richiedere, per la gestione della manifestazione
fieristica, una struttura imprenditoriale di dimensioni ragguardevoli”.
Come affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4407 del 10
maggio 1996, infatti, anche lo svolgimento di un unico affare può comportare la
qualifica di ente commerciale, in considerazione della sua rilevanza economica
e della complessità delle operazioni in cui si articola.
Studio dott. Antonino Guella
RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Un caso particolare: Risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate n. 158/E del 20 maggio 2002
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Non sono di ostacolo alla suddetta conclusione le finalità sociali, culturali, di
sviluppo e promozione turistica perseguite dal Comitato stesso tramite
l’organizzazione della festa d’autunno.
Infine, il fatto che gli introiti del Comitato siano costituiti in parte da proventi
derivanti da sponsorizzazioni o contributi dei privati non fa che avvalorare la tesi
della riconducibilità nell’area della commercialità dell’attività svolta dal Comitato.
Come osservato dalla Direzione regionale ………., infatti, “nel caso del
Comitato ………. sembra che i contributi versati dai partecipanti alla
manifestazione non siano altro che il corrispettivo per usufruire delle
infrastrutture, dei servizi e di quant’altro è messo a loro disposizione dal
Comitato per incrementare, in buona sostanza, le loro attività commerciali”.
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CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Un’ulteriore agevolazione è prevista per i contributi corrisposti
agli enti non commerciali da parte enti pubblici per lo
svolgimento di attività in regime di convenzione o di
accreditamento (tale ultimo regime è tipico dell'area sanitaria).
Anche in questa ipotesi l'agevolazione è subordinata alla
presenza di specifiche condizioni:
 deve trattarsi di attività aventi finalità sociali;
 le attività devono essere svolte in conformità alle finalità
istituzionali dell'ente.
Studio dott. Antonino Guella
CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Il termine “contributo”, con riferimento alla Pubblica
Amministrazione, viene spesso utilizzato nel duplice
significato di contributo (liberalità) o di corrispettivo.
La circolare n. 34/E del 21 novembre 2013 dell’Agenzia delle
entrate si è proposta di stabilire i criteri generali per la
definizione giuridica e tributaria delle erogazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni, come:
 contributi
 corrispettivi.
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CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Sotto il profilo fiscale si possono individuare quattro tipologie di contributi:
1)
contributi a fondo perduto: questi fondi vengono generalmente erogati per il
raggiungimento delle finalità istituzionali dell’ente, ritenute dall’ente
erogatore particolarmente meritevoli;
2)
contributi corrispettivi: quando l’ente beneficiario assume una obbligazione
a favore dell’erogante o di un terzo. È il caso fiscalmente più rilevante;
3)
contributi in conto esercizio: previsti dalla legge per lo svolgimento di una
attività sociale che spesso l’ente pubblico delega al privato sociale, il quale,
in un certo senso, agisce per conto dell’ente pubblico. Questi contributi
rappresentano un concorso alle spese di produzione e di gestione;
4)
contributi in conto capitale: per l’acquisto di beni strumentali (ad esempio,
impianti, macchinari, attrezzature).
Studio dott. Antonino Guella
CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Al fine di accertare se i contributi di cui trattasi costituiscano nella
sostanza corrispettivi per prestazioni di servizi, ovvero si configurino
come mere elargizioni di somme di denaro per il perseguimento di
obiettivi di carattere generale, occorre fare riferimento al concreto
assetto degli interessi delle parti. La corretta qualificazione di una
somma come corrispettivo o contributo richiede, inoltre, un’attenta
analisi dell’accordo/provvedimento/delibera che ne prevede
l’erogazione.
Studio dott. Antonino Guella
CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Il contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di
un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando
si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni
corrispettive”. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e
configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le
parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il
contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il
servizio effettuato o per il bene ceduto.
Di contro, l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA è stata
ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non
diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa
come controprestazione
Studio dott. Antonino Guella
CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Studio dott. Antonino Guella
CONTRIBUTI EROGATI DA ENTI PUBBLICI
(Art. 143, comma 3, del Tuir)
Studio dott. Antonino Guella
Gli enti di tipo associativo
•
L’ordinamento legislativo ha da sempre riconosciuto un particolare regime fiscale di favore agli enti non
commerciali che perseguono, in forma associata, finalità di indubbio interesse sociale generale considerate
meritevoli di particolari forme di tutela e di incentivazione.
•
Tale “regime“ di favore consiste nella disciplina dettata ai fini delle imposte dirette dall’art. 148, del Tuir e
ai fini dell’Iva dall’art. 4, del D.P.R. n. 633/72, e prevede che le attività rese all'interno della vita associativa
fruiscono di un trattamento agevolato in presenza delle condizioni espressamente indicate a tal fine dalla
legge.
•
La norma prevede taluni vincoli a fronte dell’attribuzione dei vantaggi fiscali, al fine di evitare l’utilizzo
elusivo della forma giuridica associativa.
Studio dott. Antonino Guella
Gli enti di tipo associativo
Gli enti di tipo associativo agevolati indicati dalla norma sono le associazioni:
•
•
•
•
•
•
•
•
politiche;
sindacali e di categoria;
religiose;
assistenziali;
culturali;
sportive dilettantistiche;
di promozione sociale;
di formazione extra scolastica;
In relazione alle attività rese all’interno della vita associativa fruiscono, in presenza di
determinati requisiti, di un trattamento agevolato consistente nella
decommercializzazione delle attività stesse.
Studio dott. Antonino Guella
Gli enti di tipo associativo
Per l'applicazione delle disposizioni agevolative concesse a favore degli enti di tipo associativo
è
necessario che gli atti costitutivi o gli statuti degli stessi enti siano redatti nella forma dell'atto pubblico o
della scrittura privata autenticata o registrata.
La possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali è, inoltre, subordinata alla presenza, negli atti costitutivi o
negli statuti, delle seguenti clausole, dirette a garantire il perseguimento di finalità ideali e non lucrative
all’interno di una struttura che, assicurando l’effettiva partecipazione degli associati alla vita dell’ente,
risulti realmente democratica.
Studio dott. Antonino Guella
Requisiti statutari richiesti
 divieto di distribuire durante la vita dell'associazione, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione
nonché fondi, riserve o capitale
 obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di scioglimento, ad un'associazione con finalità
analoghe;
 disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività dello
stesso rapporto;
 obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario, la redazione del
bilancio soddisfa tale obbligo;
 eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo, sovranità dell'assemblea dei soci,
associati o partecipanti;
 intrasmissibilità della quota o del contributo associativo, ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte.
Studio dott. Antonino Guella
Gli enti di tipo associativo
Per l’inquadramento di un ente nell'ambito di una delle tipologie associative sopra individuate non è sufficiente
l'autoqualificazione dell'ente stesso (ad es. come associazione culturale, ecc.) sulla base della sola definizione
statutaria ma, risulta fondamentale una valutazione della reale natura dell'ente e dell'attività in concreto
esercitata, alla stregua di obiettivi criteri desumibili dall'insieme delle norme dell'ordinamento.
Occorre precisare che:
gli enti di tipo associativo devono preliminarmente qualificarsi come enti non commerciali sulla base
dell'oggetto principale dell'attività, intesa, come in precedenza evidenziato, quale attività essenziale per
realizzare direttamente gli scopi primari dell'ente. In concreto gli enti di tipo associativo costituiscono un
sottoinsieme degli enti non commerciali;
la disciplina fiscale applicabile agli enti non commerciali in generale è applicabile anche agli enti di tipo
associativo. Le specifiche disposizioni (agevolative) applicabili agli enti di tipo associativo non sono, invece,
applicabili agli enti non commerciali in generale.
Studio dott. Antonino Guella
Regime fiscale degli Enti
associativi
Gli enti di tipo associativo sono assoggettati, in via generale, alla disciplina dell'imposizione diretta propria degli
enti non commerciali: tuttavia, in relazione alle attività rese all'interno della vita associativa fruiscono, in
presenza delle condizioni sopra indicate, di un trattamento agevolato consistente nella decommercializzazione
delle attività stesse.
L'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dagli enti non
commerciali di tipo associativo non assume rilevanza fiscale.
In pratica l’attività resa nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti è decommercializzata sia ai fini delle
imposte dirette che dell’Iva.
L’attività "esterna" degli enti associativi, quella cioè rivolta a terzi esterni che non siano associati o partecipanti,
continua a restare esclusa dalla disciplina in esame e assume rilevanza fiscale
Studio dott. Antonino Guella
Regime fiscale degli Enti
associativi
Art. 148, comma 3, del Tuir:
“ … non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate
verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni
che svolgono la medesima attivitaàe che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di
un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive
organizzazioni nazionali, nonchè le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli
associati.”
Studio dott. Antonino Guella
PRESUPPOSTI PER FRUIRE DELL’AGEVOLAZIONE FISCALE
NATURA DELL’ENTE
Enti di tipo associativo
NATURA DELL’ATTIVITA’
Attività che realizza gli
scopi primari
BENEFICIARI
Iscritti, associati o
partecipanti
dell’ente o di altre
associazioni appartenenti
ad un’unica
organizzazione locale o
nazionale
Studio dott. Antonino Guella
PRESUPPOSTI PER FRUIRE DELL’AGEVOLAZIONE FISCALE
Per ottenere l’agevolazione della non commercialità le attività devono essere svolte in diretta attuazione degli
scopi istituzionali.
Al fine di tale verifica, devono essere adottati criteri obiettivamente riscontrabili.
Le mere indicazioni statutarie con le quali l'ente si autoqualifica devono, infatti, trovare obiettivo riscontro
nella realtà operativa dell'associazione medesima.
L'attività svolta "in diretta attuazione degli scopi istituzionali" non è quella genericamente rientrante fra le
finalità istituzionali dell'ente, in quanto il legislatore subordina l'applicazione del regime di favore alla
circostanza che l'anzidetta attività costituisca il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che
caratterizzano ciascun ente associativo.
Sono escluse dall’agevolazione quelle attività che si pongono come meramente accessorie rispetto all’attività
istituzionale.
Studio dott. Antonino Guella
PRESUPPOSTI PER FRUIRE DELL’AGEVOLAZIONE FISCALE
 Se l’associazione culturale “Casa Russia”, le cui finalità sono quelle di mantenere viva la religione e la cultura
della madre Russia, decide di organizzare un viaggio in Russia al fine di visitare il Museo Panrusso “Alexandr
Pushkin” di San Pietroburgo e altri luoghi di approfondimento storico e culturale, certamente potrà considerare
soddisfatto il (rigido) requisito indicato dalla norma e di conseguenza decommercializzare ai fini reddituali i
proventi ricevuti.
 Se la stessa associazione in commento organizza una crociera sul mediterraneo a favore dei propri soci e
durante la quale, per qualche ora al giorno vengono organizzati incontri sulla letteratura russa alla presenza di
autori e interpreti madrelingua. Appare evidente, in questo caso, che la riconduzione della predetta attività alla
“diretta” attuazione degli scopi istituzionali incontra qualche difficoltà, soprattutto se il corrispettivo richiesto al
socio è comprensivo di tutti i servizi offerti dall’associazione (viaggio e partecipazione agli eventi).
 Al contrario, se la medesima associazione, organizza un torneo di tennis in favore degli associati,
certamente, pur avendo soddisfatto il requisito soggettivo (l’essere un’associazione culturale) e pur trattandosi
di un’attività rivolta esclusivamente nei confronti dei soci, non altrettanto può dirsi che tale attività sia
realizzata in diretta attuazione degli scopi istituzionali dell’associazione medesima. La stessa, pertanto, non
potrà fruire delle agevolazioni previste dalla normativa in commento e dovrò quindi considerare come
“commerciali” i proventi eventualmente ricavati dai soci.
Studio dott. Antonino Guella
In deroga alle agevolazioni sopra indicate, sono sempre
considerate commerciali, in forza di presunzione legale, le
seguenti prestazioni, anche se effettuate nei confronti degli
associati:
•
cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita;
•
•
•
•
•
•
•
•
•
somministrazioni di pasti;
erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito;
prestazioni di servizi portuali e aeroportuali;
gestione di spacci aziendali e di mense;
organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
gestioni di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
pubblicità commerciale;
telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
Studio dott. Antonino Guella
RIEPILOGO PRINCIPALI TIPOLOGIE DI ENTRATE
ATTIVITÀ NON COMMERCIALE
 Quote associative
 Corrispettivi servizi sociali dai soci
 Corrispettivi servizi sociali da
tesserati, associazioni stessa attività e loro
soci, facenti parte di unica organizzazione
locale o nazionale
 Elargizioni a titolo di liberalità erogati da
enti pubblici
 Elargizioni a titolo di liberalità erogate da
privati
 Vendita
giornalino
sociale
ceduto
prevalentemente agli associati
ATTIVITÀ COMMERCIALE









Prestazione di servizi a non soci/associati
Pubblicità e sponsorizzazione
Vendita di beni (es. materiale sportivo)
Organizzazione di attività ed eventi aperti
al pubblico con ingresso a pagamento
Somministrazioni di alimenti e bevande
(bar e ristorante)
Organizzazione di feste e stand
gastronomici
Organizzazione di viaggi e soggiorni
turistici
Cessione diritti di ripresa radio-televisivi
Cessione diritti sulle prestazioni sportive
Studio dott. Antonino Guella
ECCEZIONI ALLA COMMERCIALITÀ
Studio dott. Antonino Guella
ECCEZIONI ALLA COMMERCIALITÀ
Con riferimento all’attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici (commerciale per
presunzione in base alla disposizione contenuta nel co.4 dell’art.148), il successivo co.6 del
citato art.148 ne prevede il ritorno alla non commercialità in caso di svolgimento da parte
di:
1. associazioni di promozione sociale, ricomprese tra gli enti di cui all’art.3, co.6, lett.e)
Legge n.287/91;
2. associazioni politiche, sindacali, di categoria;
3. associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato
patti, accordi o intese;
alle seguenti condizioni:


che i destinatari siano gli iscritti, associati o partecipanti anche di altre associazioni
che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o
statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale e i tesserati delle
rispettive organizzazioni nazionali;
che si tratti di attività strettamente complementari a quella svolta in diretta
attuazione degli scopi istituzionali.
Studio dott. Antonino Guella
ECCEZIONI ALLA COMMERCIALITÀ
Tale ultima condizione, come già evidenziato in precedenza, comporta la necessità di
verificare in concreto che l’attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sia
funzionale alla completa realizzazione degli scopi istituzionali (ad esempio, viaggio e
soggiorno organizzati per gli iscritti o associati di un’associazione politica, in occasione di
un congresso nazionale o meeting internazionale). Con riferimento, quindi, alle sole
categorie di associazioni sopra descritte, i proventi ricavati dall’attività di organizzazione di
viaggi e soggiorni turistici potranno essere decommercializzati sotto il profilo reddituale.
Studio dott. Antonino Guella
Obblighi contabili
Ai fini civilistici non sussiste, relativamente alla attività istituzionale, degli gli enti non commerciali alcuno
specifico obbligo contabile o amministrativo in termini di rendicontazione se non quello previsto dall’art.
20 del Codice civile relativo alla convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio.
L’obbligo risulta limitato esclusivamente al momento conclusivo e finale della gestione dell’esercizio
sociale, mentre nulla è stabilito per le rilevazioni e gli obblighi di contabilità da cui il bilancio possa
scaturire.
L’ente non commerciale dovrà, quindi, redigere un rendiconto economico e finanziario, secondo i criteri
indicati nello statuto o secondo le modalità liberamente scelte dall’ente stesso.
Quanto sopra espresso si riferisce all’ente non commerciale che esercita solo attività istituzionale.
Studio dott. Antonino Guella
Obblighi contabili
Il sistema contabile scelto dipende dalla dimensione dell’associazione stessa.
Gli enti non commerciali di piccole dimensioni che svolgono solo attività istituzionale possono limitarsi a
tenere un rendiconto delle entrate e delle uscite.
Non sono previste in proposito particolari formalità:
o è sufficiente un registro di prima nota o un libro giornale a partita semplice con le voci delle entrate e
delle uscite
o non vi è alcun obbligo di vidimazione.
Studio dott. Antonino Guella
Obblighi contabili
Diversa è la situazione nel caso che l’ente eserciti anche attività commerciale. In tale ipotesi, infatti,
esistono obblighi ben precisi.
Si ricorda che gli enti non commerciali che vogliono usufruire delle agevolazioni di cui all'articolo 148,
comma 8, lett. d), del Tuir, (enti di tipo associativo), devono inserire nel proprio statuto, tra le altre, una
clausola che imponga l'obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e
finanziario relativo all'attività complessiva.
Se il rendiconto non viene approvato si perdono le agevolazioni fiscali
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Obblighi contabili
Gli enti non commerciali non sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili, di cui agli artt. 2214 e ss.
c.c. Tale obbligo, infatti, è previsto solo per le imprese.
Ai fini fiscali (imposte sui redditi e IVA), invece, gli obblighi contabili per gli enti non commerciali scattano
in presenza di esercizio abituale di attività commerciale.
In questo caso le disposizioni di riferimento sono contenute negli artt. 18 e 20 del D.P.R. n. 600/1973, negli
artt. 144 e 148 del Tuir, e nell’art. 19-ter del D.P.R. n. 633/72.
Studio dott. Antonino Guella
Obblighi contabili
In base all'articolo 20, comma 1 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, gli adempimenti previsti dagli articoli
14 (tenuta delle scritture contabili), 15 (redazione dell'inventario e del bilancio), 16 (compilazione del
registro dei beni ammortizzabili) e 18 (tenuta della contabilità semplificata per le imprese minori) del Dpr
600/73 devono essere assolti da parte degli enti non commerciali unicamente con riferimento all'attività
commerciale eventualmente esercitata.
Studio dott. Antonino Guella
Importanza della corretta tenuta
della contabilità
La contabilità è anche strumento per trarre elementi per la qualificazione (commerciale o non
commerciale) dell'ente. Le scritture contabili diverranno, infatti, la base anche per l'applicazione e la
verifica dei parametri di cui all'art. 149 del decreto, concernente la perdita della qualifica di ente non
commerciale.
La previsione statutaria di redazione annuale del bilancio o rendiconto da parte degli enti non commerciali
di tipo associativo è, altresì, presupposto necessario, ancorché non sufficiente, alla decommercializzazione
delle eventuali attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso il pagamento di
corrispettivi specifici nei confronti dei soci, di cui all'articolo 148, comma 3 del Tuir.
Studio dott. Antonino Guella
Contabilità separata
Nell’ipotesi di esercizio abituale di attività commerciale l’art. 144, comma 2, del Tuir impone l’obbligo di
tenere la contabilità separata.
In pratica deve essere attuata la totale separazione tra ambito commerciale e ambito istituzionale
dell'attività svolta.
L'intento di tale disposizione è quello di rendere più trasparente la contabilità commerciale degli enti non
commerciali e di evitare ogni commistione con l'attività istituzionale, anche al fine di individuare più
agevolmente l'oggetto principale dell'ente e la sua reale qualificazione.
Studio dott. Antonino Guella
Contabilità separata
Dall’obbligo di tenuta della contabilità separata si può dedurre che:
o
l’attività istituzionale non ha rilevanza fiscale;
o
le operazioni non riferibili all'attività commerciale non vanno obbligatoriamente contabilizzate ai fini
fiscali;
o
non sono soggetti alle norme di contabilità obbligatoria gli enti non commerciali svolgenti attività
commerciale occasionale;
o
non sono soggetti alle norme di contabilità obbligatoria i proventi di natura fondiaria, i redditi di capitale, i
redditi diversi (art. 67 del Tuir) salvo che tali redditi non siano prodotti nell'ambito di un'attività di
impresa.
Studio dott. Antonino Guella
Separazione contabile
La "separazione contabile" dei fatti amministrativi tra la sfera della attività commerciale e istituzionale può
avvenire pertanto:
mediante l'adozione di due sistemi contabili (attività commerciale e attività istituzionale);
oppure, in seno alle risultanze contabili complessive dell'ente, tramite l'individuazione di appositi conti
sottoconti, evidenzianti la natura della posta contabile sottesa (commerciale, istituzionale o promiscua).
Si ritiene preferibile la seconda impostazione perché presenta l’indubbio vantaggio di rilevare nei registri
obbligatori tutte le operazioni relative all’ente.
Si pensi all’ipotesi della perdita della qualifica di ente non commerciale: in questo caso bisognerebbe procedere
a ricongiungere i due sistemi contabili.
Studio dott. Antonino Guella
Imputazione dei costi promiscui
L’obbligo di separazione della contabilità determina la necessità di imputare distintamente le spese e gli altri
componenti negativi relativi all’attività istituzionale da quelli relativi all'attività commerciale.
I costi promiscui cioè quelli riferibili contemporaneamente sia all'attività commerciale che a quella istituzionale,
ad esempio le utenze (luce, telefono, ecc.) e i materiali di consumo (cancelleria, materiali di pulizia, ecc.)
utilizzati nello svolgimento dell'una e dell'altra attività devono essere ripartiti secondo un criterio ben definito.
Il limite di deducibilità di tali oneri è determinato nella percentuale corrispondente al rapporto tra l'ammontare
dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i
ricavi e proventi. Per gli immobili utilizzati promiscuamente e' deducibile la rendita catastale o il canone di
locazione anche finanziaria per la parte corrispondente al predetto rapporto.
Studio dott. Antonino Guella
Obblighi di separazione contabile ai
fini Iva
Nel momento in cui l’ente non commerciale svolge attività di tipo commerciale a latere di quella primaria
istituzionale scatta l’applicazione di tutte le norme in tema di Iva previste per qualsiasi soggetto d'imposta
tanto in termini di requisiti soggettivi e oggettivi, quanto di adempimenti da osservare.
Ai fini della detrazione dell'imposta, di fondamentale importanza è l'art. 19 ter del D.P.R. n. 633/1972, il
quale prevede la possibilità di detrazione dell'Iva solo sugli acquisti effettuati nell'esercizio dell'attività
commerciale.
Studio dott. Antonino Guella
Condizioni per la detrazione Iva
Perché sia riconosciuto il diritto alla detrazione dell'Iva è indispensabile che l'attività commerciale sia
gestita con contabilità separata rispetto a quella relativa all'attività istituzionale e che sia tenuta
conformemente alle disposizioni previste dall’art. 20 del D.P.R. n. 600/73.
La corretta impostazione dell'impianto contabile assume, pertanto, notevole importanza poiché non sarà
possibile portare in detrazione l'imposta pagata ogni qualvolta l'ente ometta di tenere la contabilità
obbligatoria per legge o per statuto, oppure quando la stessa presenti irregolarità tali da renderla
inattendibile.
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I REGIMI CONTABILI
In base alla normativa vigente i regimi contabili previsti per gli enti non commerciali sono i seguenti:
• il regime supersemplificato;
• il regime di contabilità semplificato;
• il regime della contabilità ordinaria;
• il regime forfetario ex legge n. 398/1991.
L’adozione di uno dei regimi contabili sopra indicati dipende dai volumi di ricavi realizzati.
Va ribadito che le operazioni di natura non commerciale non vanno obbligatoriamente contabilizzate ai fini
fiscali: si pensi ad un ente non commerciale che svolga attività commerciale occasionale.
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Determinazione del reddito complessivo
Il principio base è contenuto nell’art. 143 del Tuir secondo cui il reddito
complessivo degli Enti non commerciali non si determina unitariamente
ma come sommatoria delle singole categorie reddituali:
Redditi fondiari
Redditi di capitale
Redditi di impresa
Redditi diversi
Ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione
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Modalità di determinazione
A differenza di quanto avviene per gli enti e le società
commerciali per i quali comunque provento da qualsiasi fonte
provenga è considerato reddito d’impresa per gli enti non
commerciali per la determinazione dei vari tipi di reddito
occorre fare riferimento alle regole di ciascuna categoria.
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Esclusioni dal reddito complessivo
Resta fuori dall’area impositiva ( sia a livello sostanziale che formale) tutto ciò
che attiene alla cosiddetta area istituzionale.
Sono,inoltre, esclusi da tassazione:
I redditi esenti da imposta
Quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta
sostitutiva.
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