Giancarlo Ossola - 13 Ott. 2010
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Giancarlo Ossola - 13 Ott. 2010
tt ee m m pp ee rr ee tt ee m m pp ee rr ee Interni del secolo breve mostra personale di Giancarlo Ossola a cura di Piero Del Giudice Testo critico in catalogo di Piero Del Giudice Progetto grafico di Dorino Iemmi Allestimento di Adriana Grippiolo Fotografie delle opere di Andrea Angelucci e Dorino Iemmi La fotografia in b/n del giovane Giancarlo Ossola è di Enrico Cattaneo GALLERIA-STUDIO OSTRAKON Via Pastrengo 15/Via Moscova 66 tel. 3312565640, [email protected] Orari: da Martedì a Sabato dalle 15 30 alle 19 30 GIANCARLO OSSOLA INTERNI DEL SECOLO BREVE a cura di Piero Del Giudice Conobbi il maestro Ossola nel 1972. Lo scambio fra di noi è stato sempre a senso unico. Da lui a me. Che traevo dal rapporto benefici di formazione al costo sopportabile di qualche sbeffeggio, a volte amabile a volte caustico, per certi miei giudizi disinvolti nel campo dell'arte. Anche le mete delle vacanze, quelle che abbiamo fatto insieme, erano stabilite da lui. "Chi ti ha portato qui?" usava dire. E ancora oggi, dopo decenni di carriera estranea: cosa mi ha indotto a fare il gallerista se non l'agire di quella lontana inoculazione, che mi ha portato peraltro a visitare gallerie e musei d'arte ovunque mi trovassi nel mondo. Sono perciò felice e grato di potere presentare una retrospettiva del Maestro, nonché mio speciale istitutore, con una mostra di opere rappresentative del suo percorso di pittore, dagli anni '50 ad oggi. E con ciò non estinguo il debito, ma lo accresco. Dorino Iemmi 5 Ossola, interni del secolo breve La parabola artistica di Giancarlo Ossola inizia con una sostanziale adesione all'informale europeo mediato dai protagonisti della pittura di materia norditaliana. La sua adesione non può che essere adesione di linguaggio, adozione di una tecnica, investimento emotivo e secondo tradizione, anarchico e assertivo della autonomia dell'arte, illusorio e utopico, in una materia che "germina da sé". Per Costantino Guenzi - fratello maggiore e alter ego degli anni della sua formazione - scrive di "automatismo dell'azione pittorica" desiderandola per sé. Riflettendo nel tempo l'informale sarà stato a bilancio: "…un tuffo nelle pulsioni profonde, un rinnovamento degli schemi figurativi accademici, ma anche la perdita di un mondo figurale. L'informale ha saputo cogliere l'impazienza, la rapidità della percezione propria della vita moderna e con la libertà tecnica ci ha lasciato anche una fiducia nelle espressioni spontanee dell'inconscio. La difficoltà di percepire il reale, oltre le apparenze illusorie, viene superata, a caldo, da un impiego più istintuale della materia e dalla fede di un gesto dettato dal flusso interno…la materia dà risultati straordinari, le macchie che tracci sono un mondo autonomo, un paesaggio e possono essere portate a sistema, a esperienza totale." Fragile epigono dell'informale storico e intenso protagonista della stagione neomaterica in Lombardia, Ossola è consapevole che la simulazione della e la comparazione con la materia organica - messe in atto sulla tela dalla generazione dei padri con l'invaso e il cretto delle paste cromatiche - hanno perso le spinte originali, le ragioni sorgive e insorgenti. La stratificazione di materia germinante nel quadro, la materia originaria, il natura-naturans delle poetiche di Francesco Arcangeli per la generazione degli "ultimi naturalisti" [Morlotti, Moreni, le hautes pâtes di Chighine e le messi di Giunni], non trovano più sostegno e supporto perché - nell'arco di una generazione e al cuore del secolo - è avvenuta una gigantesca mutazione sociale e culturale. I luoghi dell'informale sono vuoti, un processo di enclosure of commons - di espropriazioni e recinzioni di territori liberi interni ed esterni - ha scardinato i territori, le campagne sono state svuotate, le cascine e i campi abbandonati, disdette e sanmartini con povere suppellettili, nuove recinzioni, voragini e vuoti, architetture dell'abbandono e del buio, lo sfasciume del panorama percepibile sconvolto, la scena e la vita circostante da rurale si è fatta metropolitana, il tempo circolare delle stagioni esiliato, nella città fordista "si costruisce e rappezza, fino a togliere tra le case anche l'ultimo pollice di terra libera ancora suscettibile di essere utilizzata". Scompare così - di giorno in giorno e nei giorni mutando la stessa luce nell'ora - il grande retroterra contadino, il serbatoio di natura. I padri pittori - scrittori come Gadda, poeti come Bertolucci, narratori come Fenoglio - ne avevano fatto una risorsa e una alternativa alla scena storica, una sostanziale riserva quando la generazione aveva affrontato la caduta delle grandi speranze nell'immediato dopoguerra. Si 6 interrompe - epocale cesura mediana del secolo quella circolazione dal primigenio a noi che Ossola asserisce "…attraverso la linea delle cellule germinali siamo collegati alle forme viventi più remote…" e il poeta canta "…La forza che attraverso la verde miccia sospinge il fiore/ Sospinge anche la mia verde età; quella che le radici degli alberi dissecca/ E' la mia distruttrice…" (Dylan Thomas). Tuttavia per Ossola il linguaggio internazionale dell'espressionismo astratto, la densità dell'informale materico non sono solo le tracce, i resti di un paradiso perduto, la nostalgia di un remoto contadino [del Paese e del mondo], ma concorrono in una comunicazione che rende possibile la rappresentazione di un tempo presente tumultuoso e plurale. Questo passaggio - la trasformazione continua della materia e del segno sulla tela - fondano l'originalità del suo esordio negli anni Sessanta e consolidano la sua fisionomia e originalità negli anni Settanta. Il gesto dettato dagli automatismi psichici che si produce in continuità e ripetizione del segno, il fermento che insiste nella pasta della materia e ramifica e si espande, pulsano quasi in sincronia, all'unisono, con la complessità metropolitana. La città è ganglo, complesso vitale, ne hanno parlato le tele di Tobey che seguono le linee dell'underground come ramificazione pulsante e vitale, gli stessi intrecci e le linee vegetali di Wols, ne parlano - decenni dopo - le tele di Ossola delle periferie e delle città. Sono città queste d'Europa le cui strutture, i cui varchi, sono ferite e aporie per distruzioni della guerra e olocausti, su di esse, sulle loro macerie del confronto bellico mondiale, è passato poi il rullo della mutazione industriale di metà secolo. Le tele informali della Milano di Ossola articolano strutture che sono quasi una citazione delle esplicite tele e serie illustrative per Londra bombardata di Sutherland. Movenze sutherlandiane di Ossola per le architetture di una città desolata, torsioni dei ferri nei blocchi di cemento armato, voragini pendule. L'artista ne scrive così: "…frammenti iconici disastrati e sconquassati che si articolano in una rete pararazionale (la città appunto) su cui si impigliano resti volanti di materia naturale che reca tracce della violenza subita…". Ma subito i notturni urbani palpitano di luci, di filamenti luminosi, i conflitti di materie ai confini della città costituiscono un racconto, aprono pluralità e possibilità, il secolo racconta l'antinomia cittàcampagna e il pittore cerca di condensarla, di renderla allegorica con alte e dense paste cromatiche attraversate dalla vitalità del segno, abitate da un pullulare di cose e movimenti percepiti, da tracce e memorie, distruzioni e presenze vitali, magma e racconti possibili, la città bombardata e la città nuova, l'esilio dalla natura e il teatro nuovo di esistenze possibili, il limite trovato all'action painting del soggetto ai suoi dettati ai suoi automatismi, la città dunque, la scena urbana come spazio del racconto, il luogo dove le cronache accendono il movimento collettivo della Storia. Si alzano - al limite della tela e dentro cupole gigantesche, nella luce compressa tra natura e artificio, nella notte metropolitana - i panorami e i piani lunghi dei fermenti materici urbani e delle strutture urbane evidenti in quadri caposaldo come Evocazione 7 1975, Città 1977, Fuga dalla città 1977 [catalogo pag 29]. Le città sono i luoghi dove si svolge un racconto, interni dunque, recinzioni e contenitori per un'epica collettiva. Città e Storia come grandi interni. Il secolo è allora l'enorme cisterna della Storia, la tela lo schermo, l'ambito e la proiezione fantastica e narrativa di avvenimenti e storie, movimenti e drammi. Negli anni Settanta, da subito, sotto e dalle hautes pâtes dell'esperienza informale emergono strutture e architetture, prospettive di interni, resti e pulviscoli, fantasime e animazioni, un naufragio delle icone e una emersione delle cose, sedimentazioni e resti, bisbigli e sciamare. Si aprono a noi gli interni della città. Periferie urbane, cinture urbane, boite e spazi confinari, architetture-metafore della marginalità, luoghi rifiutati, ambiti di vicende collettive che non hanno voce, di una storia collettiva che attende un riscatto. Confluiranno sulla tela nei grandi cicli dalla metà degli anni Settanta e per tutto il mirabile decennio degli anni Ottanta interni, depositi, ai margini del territorio, fonderie, fabbriche, prospettive industriali in disuso. Attraversando con il pittore i suoi interni, condotti per prospettive e successione di spazi, attraversiamo gli interni del secolo, il secolo breve. E quelli del secolo sono interni kafkiani, negli angoli bisbigliano quelle presenze informi che sono gli "aiutanti" di Kafka, aiutanti inutili come Arthur e Jeremias ne Il castello - "sistemati per terra in un angolo, su due vestiti smessi da donna" - come quelli che soccorrono in concreto e inutilmente lo scrittore malato terminale. "Creature inette ed incompiute, dall'esistenza crepuscolare, la loro natura è incerta e fluttuante, vivono ai margini, respinti o sottomessi" [G. Roccheggiani]. Ne dirà Ossola (1981): "Gli spazi marginali sono un superstite luogo "pittorico"…questi luoghi marginali sono serbatoi di una realtà declassata e di una umanità latente in gestazione per un futuro risveglio. Strati di immagini e di oggetti, sedimentati nell'angolo del cortile, calati in una luce da cavedio, che delimita e protegge questo breve limbo." Interni di violenza consumata e di tortura, di coazione e sfinimento il punto più alto della confrontazione di Ossola con il Lissandrino, antenato d'elezione. In mostra l'alta drammaticità dell'olio su tela Interno 1983 [catalogo pag 31] e, non esposto, la felicità narrativa della tecnica mista su carta Interno 1980 (vedi iconcina in calce a pag 12). Di che interni si tratta, di quali città? Ossola con una qualità e un furore che non ha in quegli anni rivali, con una sequenza febbrile di opere dipinge quasi inseguendoli - gli interni di una città industriale, interni di lavoro ora disabitati, in cui si accumulano le tracce e le bave delle esistenze che li hanno abitati costrette, sono spazi di un collettivo coatto, ghetti operai, luoghi di concentrazione di destini e di corpi, opifici e baracche di lager. Non presiede al secolo breve e all'immaginario che si alza - proiezione e narrazione - del secolo stesso la prospettiva seriale della fabbrica dell'operaio massa e dei quartieri operai? "Quanto più in massa sono centralizzati i mezzi di produzione, tanto maggiore è il corrispondente ammucchiarsi degli operai nello stesso spazio, che quindi quanto più è rapida l'accumulazione capitalistica, tanto più misere 8 sono le condizioni d'abitazione degli operai" la città di Manchester in Engels a metà Ottocento. Interni di Milano, di Manchester nella prima industrializzazione, di Bhopal nel Madya Pradesh [uomini e donne come nel genocidio per pesticidi della Union Carbide], interni di Treblinka. Ma quella di Ossola non è una pittura di realtà come fu nella irruzione dirompente dei pittori del "realismo esistenziale", nei poemi dei poeti della nuova narrazione urbana come Elio Pagliarani de La ragazza Carla [a loro rivolge negli scritti doverosi omaggi di stima - loro (Banchieri, Guerreschi, Vaglieri, Romagnoni, Ceretti) che hanno percorso dure vie ed esperienze artistiche da cui non può prescindere la pittura di racconto, la narrazione della realtà sulla tela. A loro, questi nobili fratelli maggiori che hanno tenuto aperto il varco di una figurazione critica e antidogmatica, portatori di un nuovo sguardo, pittori delle periferie e degli interni, di fatiscenze e indigenze, coree e fosse, anfratti suburbani e spazi marginali, confini della città, zone e recinzioni operaie]. Ma Ossola, non è per una pittura di realtà apertis verbis. Che realtà sarebbe questa della serie drammatica di tele di soli interni? Di soli ateliers? Piuttosto che al dispiegamento narrativo dei realisti esistenziali, Ossola sta in rapporto con la vicenda anteriore di Franco Francese - qui in mostra quasi un d'aprés del ciclo degli Imbarchi nella piccola tela Bagno turco 1987 [catalogo pag 37] -, Ossola risolve il suo rapporto con la realtà con soluzioni analoghe a quelle che Francese si dà nella sua solitaria vicenda artistica. Vi è nelle sue tele - ma ormai sinistra, inconciliabile, sulfurea - eco del gigantesco mantice collettivo della città operaia che vibra e avvolge le grandi tele di Francese e una estrema resurrezione della pittura come "arte della fisicità" analoga agli assunti del novarese - "la pittura è arte della fisicità; ridà consistenza fisica e rende visibile ciò che si vela nel magma caotico delle apparizioni" (Diario, 1976). Vi è in Ossola una soluzione emblematica delle evidenze del tempo e del secolo così come nell'antecedente. Le Malinconie, gli Imbarchi, gli Atelier di Franco Francese sono emblemi del nostro tempo, proiezioni sullo schermo del secolo - figure alte sopra di noi, dentro architetture e prospettive di un teatro ultimo, di strada e disadorno, in piedi sulle assi della scena e del patibolo. Gli interni di Ossola sono allora i luoghi deputati del secolo, le evidenze, le architetture archetipiche del secolo breve, le scansioni emblematiche della storia del XX° secolo, gli interni del secolo breve. I luoghi-teatro di vicende collettive accadute, vi hanno agito corpi e conflitti, speranze e il loro esilio. Sono le cisterne della Storia. Non segnano forse il secolo, come stigma, non ne sigillano gli spazi, l'universo concentrazionario della fabbrica fordista e quello seriale del lager lager, iperbole della fabbrica (arbeit macht frei)? Queste le installazioni del secolo: montagne di occhiali, montagne di scarpe, montagne di capelli, valige del viaggio in mucchi - di cartone e di pelle -, vestiti a mucchi dell'ultima spoliazione prima dell'addio negli androni sulla soglia dei luoghi della transustanziazione nelle camera a gas? "…a 9 terra volano pezze da rammendo accuratamente riposte, matasse di filo, mutande da bambino, camiciole, lenzuola, pullover, forbicine, rasoi e pennelli da barba, fasci di lettere, fotografie, ditali, boccette di profumo, specchi, cuffiette, scarpe, stivali per i giorni più freddi ricavati da vecchie coperte imbottite, scarpe da donne, pizzi, pigiami, panetti di burro, caffè, vasetti di cacao, abiti da preghiera, candelabri, libri, gallette, violini, cubetti di legno…" Vasilij Grossman L'inferno di Treblinka; "…il binario si svuotò, gli uomini vestiti di blu spazzarono dall'asfalto stracci, pezzi di bende, una caloscia strappata che qualcuno aveva buttato, un cubetto di legno caduto a un bambino e poi chiusero fragorosamente le porte del treno merci…"; "…le panche di legno di assi spesse e ruvide con i numeri verniciati a olio si perdevano nella semioscurità. In mezzo alla stanza e sino alla parete di fronte all'ingresso correva un tramezzo basso, da una parte si spogliavano gli uomini dall'altra donne e bambini…calze, calzini e pezze da piedi andavano infilati nelle scarpe e ognuno doveva tenere a mente il numero della fila e il posto…" Vasilij Grossman, Vita e destino. Sono questi gli interni? Dei molti esegeti di Ossola nessuno affronta la narrazione degli abitanti degli interni. Lo fa in esergo Gianni Testori, in una memorabile pagina del Corriere della sera (2. 11. 1983) in occasione della personale alla Galleria 32 di Milano : "…il "luogo deputato" alla sua pittura. Tale luogo è, nulla più, ma anche nulla meno, che il "lazzaretto" di ieri e di oggi. C'è aria, murmure, colore, spazio e dolore di penitenza, in questi desolati "interni-esterni" di Ossola. Quasi che dai secoli delle famose, laceranti pesti carliane e federiciane, dai secoli cioè di quello che il Borromeo nel suo "Memoriale ai milanesi" aveva chiamato "esterminio", il tempo sia mutato solo per cambiare (ma cambiare, poi, di molto?) l'apparenze di quei luoghi di segregazione, d'agonia e di morte. Negli "interni-esterni" di Ossola che kafkianamente s'infilano l'uno nell'altro, in una sinistra grigia, sulfurea prospettiva senza esiti e fine, l'uomo è scomparso, gli appestati o sono stati - ben più atrocemente di quel che si faceva ai tempi di Frà Cristoforo - tutti inceneriti e, dunque, ridotti a polvere; o, uno a uno, hanno lasciato il terribile immondezzaio dell'habitat umano, sapendo cosa mai li avrebbe attesi…certo è difficile non sentire e non vedere le orme di tutti i viventi che, inceneriti o ammassati altrove come cose o oggetti, hanno strisciato su questi muri grigi, gialli, bavosi, unti…La terra in questi quadri è prossimissima a quella dei cimiteri; e così, la sterminata, vuota misura delle prospettive, come se seguissimo file interminabili di colombari, sulle cui lastre i nomi dei defunti siano stati cancellati. La società rivuole le fosse comuni?..." Testori volge al suo repertorio l'ermeneutica e l'intuizione. E "inceneriti", "fosse comune" reinviano a quei topoi del secolo, alle Treblinke della nostra Storia. Interni certo di sofferenza, forse di tortura, laboratori, sotterranei di luce del lavoro e dello sfruttamento, dei processi di proletarizzaione e della fatica. Ma non si sente il bisogno di evocare quaresime e mantra penitenziali. Sono molto semplicemente luoghi 10 della condizione operaia e della Storia della condizione operaia: "…si ricercavano soprattutto le dita piccole e agili. Subito sorse l'abitudine di procurarsi apprendisti (!) dalle diverse workhouses delle parrocchie, da Londra, Birmingham e altrove. Molte e molte migliaia di queste creaturine derelitte, dai sette ai tredici o quattordici anni, vennero così spedite al nord. Era costume che il padrone (cioè il ladro di ragazzi) vestisse e nutrisse i suoi apprendisti e li alloggiasse in una casa degli apprendisti vicino alla fabbrica. Venivano nominati dei guardiani per sorvegliare il loro lavoro. Era interesse di questi aguzzini di far sgobbare i ragazzi fino all'estremo, perchè la loro paga era in proporzione della quantità di prodotto che si poteva estorcere al ragazzo. La conseguenza di ciò fu naturalmente la crudeltà... In molti distretti industriali queste creature innocenti e prive d'amici, consegnate al padrone della fabbrica, venivano sottoposte alle torture più strazianti. Venivano affaticati a morte con gli eccessi di lavoro, frustati, incatenati e torturati coi più squisiti raffinamenti di crudeltà... I profitti dei fabbricanti erano enormi"; "…Lo sfondo è formato da vecchi stabilimenti industriali simili a caserme. Sulla riva destra, più pianeggiante, vi è una lunga serie di case e di fabbriche; già la seconda casa è diroccata, senza tetto, piena di macerie, e la terza è così bassa che il piano inferiore è inabitabile e quindi è sprovvisto di finestre e di porte. Lo sfondo è costituito qui dal cimitero dei poveri, dalle stazioni delle ferrovie di Liverpool e di Leeds, e dietro ad esse è la casa di correzione, la "Bastiglia della legge sui poveri" di Manchester, che come una cittadella guarda minacciosa dall'alto di una collina, dietro alte mura e merli, verso il quartiere operaio…(Friedrich Engels La classe operaia in Inghilterra). Ondate di uomini e di donne passate negli interni e di Ossola e lì consunte chiedono piuttosto riscatto e giustizia se non vendetta. A più di un secolo la condizione di lavoro e di abitazione per interi strati sociali non è molto cambiata, la scena è gonfia per le crescenti marginalità, affollata da vite precarie, uomini e donne senza diritti, lavoratori immigrati, fantasmi, in funzione di esercito di riserva - "Pauper ubique jacet ". Così vero è questo passo che i luoghi successivi messi a fuoco dal pittore - li fotografa e li dipinge - sono interni espliciti di fabbrica. In mostra Il mistero della fabbrica 2001 e Breda 13 del 2003 [catalogo pagg 44]. Grandi tele in cui il tempo è sospeso, le tracce di ciò di cui questi spazi sono stati teatro sono meno evidenti, meno espressive. Né thriller, né suspense, ciò che doveva accadere è accaduto, l'azione si è consumata non rimane che pulviscolo e resti, stracci e carte sollevate da refoli. Nessuna attesa, nessuna dimensione prospettica. Nel tempo sospeso non vi è conflitto né agire, non i è Storia. Sono tele della fine della Storia, di un fermo immagine che insisterà per tutto il tempo immaginabile. La fotografia per gli sfocati e le dissolvenze, il cinema hanno abitato qui. Cinema perché una pluralità di avvenimenti-movimenti è stata registrata, è accaduta, ne è saturo lo spazio e questa saturazione è dovuta alla diffusione della luce, al retino pulviscolare su cui si appoggia la luce da cavedio e che costituisce la materia 11 immateriale degli interni, l'animazione, le animule, le fantasime degli interni. E sempre più nulla vi accade - nella mostra, per scansioni evidenti, da Stanza 1995 a Luce tempo sedimento 2005 [catalogo pag 42] - come su uno schermo televisivo quando la comunicazione animata è interrotta. Il pulviscolo che galleggia nello spazio - nel tempo sospeso - veicola una luce incerta da cavedio sempre più innaturale. Luce livida, seppia, fotogramma virato al livido, azzurri filtrati degli interni. Così la luce di Yitzhak Katzenelson ne Il canto per il popolo ebraico massacrato il poema commissionato dai resistenti del ghetto di Varsavia e sopravvissuto in bottiglie sepolte all'autore scomparso ad Auschwitz polvere una lenta polluzione del nulla, un fallout, una ricaduta radioattiva, si deposita lentamente su un mondo non più animato. Piero Del Giudice ["…Non invocare il cielo: non ti sente. Né ti sente la terra, questo mucchio di letame./ Non invocare il sole: non si supplica una lampada…Oh se potessi/ Spengerlo come una lampada in questa tana di assassini!/ Popolo mio, tu del sole sei stato per me ben più radiosa luce!..."]. Forse dal suo secolo l'Europa, certo, non si risolleverà più. Finita ogni centralità e ogni proposta, finito il suo tempo e la sua Storia. Senza antenati, senza nozze, senza discendenti. Bettola, tana, boita, reparto di fabbrica, linea e nastro della produzione fordista, ghetto e block, capannone industriale e quartieri operai, la pena e la lotta, la condizione servile e il riscatto, sono esiliati dalla tela in una diaspora del mondo, nella immaterialità dei nuovi domini, delle microfisiche del potere, nella dilatazione globale del mondo. E in queste ultime tele, nelle stratificazioni di Interno, 1980, tecnica mista su carta, 25x32cm 12 d i s e gonl i Interno, 1955, olio su tela, 50x70 cm 14 Filippo con la tuta azzurra,1955/56, olio su tela, 70x50 cm 15 Figura, 1956/57, olio su tela, 105x55 cm 16 Natura morta, 1958, olio su tela, 50x70 cm 17 Figura, 1960, olio su tela, 70x50 cm 18 Interno-Esterno, 1963, olio su tela, 70x100 cm 19 Interno-Esterno, 1963, olio su tela, 80x100 cm 20 Interno-Esterno, 1963, olio su tela, 80x100 cm 21 Paesaggio, 1964, olio su tela, 110x130 cm 22 Apparizione del fungo gigante, 1967, olio su tela, 40x40 cm 23 Fumetto, 1967, olio su tavola, Ø 26 cm 24 Germoglio che sostiene un recipiente passionale, 1969, olio su tela, 100x100 cm la,100x150 cm 25 Notturno verde, 1973, olio su tela, 50x50 cm 26 Evocazione, 1975, olio su tela, 130x120 cm 27 Città, 1977, olio su tela,115x94 cm 28 Fuga dalla città, 1977, olio su tela, 150x150 cm 29 Hinterland, 1979/80, olio su tela, 150x145 30 Interno,1983, olio su tela, 80x100 cm 31 Distanza dagli oggetti, 1987, olio su tela, 200x150 cm 32 Stanza, 1995, olio su tela, 70x100 cm 33 Studio di figura, 1999, olio su tela, 50x35 cm 34 Il mistero della fabbrica, 2001, olio su tela, 150x200cm 35 Nomadi, 2001, olio su tela, 35x45 cm 36 Bagno turco, 2001, olio su tela, 35x25 cm 37 Riflessi, 2002, olio su tela,100x140 cm 38 Luce radente, 2002, olio su tela,100x150 cm 39 Stanza, 2003, olio su tela, 100x120 cm 40 Domicilio provvisorio, 2003/2004, olio su tela, 120x170 cm 41 Luce-Tempo-Sedimenti, 2005, olio su tela,100x130 cm 42 Pausa trasloco, 2005, olio su tela, 100x100 cm 43 Breda 13, 2006, olio su tela,100x80 cm 44 tt ee m m pp ee rr ee Memoria epica, 1975/81, tecnica mista su carta, 38x36 cm 46 Reliquie, 2004, tempera su carta a mano, 70x50 cm 47 Specchio, 1991, tempera su carta a mano, 70x50 cm 48 Specchio, 1987/88, tempera su carta, 77x57 cm 49 tt ee m m pp ee rr ee disegni Polittico con la storia del lichene tutta disegnata a mano, 1968, china su carta, 48x35 cm 52 Proietto la mia ombra, 1968, carbone e grafite su carta, 48x35 cm 53 Sequenza poetica, 1968, china su carta, 48x35 cm 54 Senza titolo, 1970, china su carta, 35x48 cm 55 Senza titolo, 1970, china su carta, 48x35 cm 56 Senza titolo, 1971, china su carta, 35x48 cm 57 Senza titolo, 1973, china su carta, 48x35 cm 58 Senza titolo, 1973, china su carta, 48x35 cm 59 tat eep m p appreearrteei m Biografia Gli Ossola sono originari di Castello Cabiaglio (Varese). Il capostipite Leonello, padre di Giancarlo, nasce nel 1888, si trasferisce a Milano nei primi anni del secolo e qui frequenta la scuola di Arti e Mestieri della Umanitaria. Chiamato alle armi nella prima guerra mondiale, viene ferito gravemente. Al ritorno dal fronte intraprende la professione di disegnatore e pittore, decoratore e affrescatore. Sposa, a metà degli anni Venti, Virginia Anessi di Cocquio Sant'Andrea paese e comunità vicino a Cabiaglio. Andranno ad abitare a Milano, in Corso Como, 10. In corso Como nascono la primogenita Giulia nel 1928 - poi in Storti (anche lei artigiana creativa, produce manufatti in stoffa e altri materiali) - e Giancarlo nel 1935. 1940-1950 Già da bambino - alle elementari - dimostra una precoce attitudine al disegno, ma la parabola degli studi è un percorso ad ostacoli nelle difficoltà e nei drammi della guerra. Negli anni del conflitto mondiale (1940-45) il capoluogo lombardo è pressochè quotidianamente bombardato, la famiglia decide allora di dividersi. Il padre rimane in città per lavoro, Virginia, la madre, con i figli Giulia e Giancarlo, si rifugia per lunghi periodi in campagna, nella casa di famiglia di Castello Cabiaglio. Il quadro Città del 1958 (72x80) evoca un bombardamento notturno su Milano del 1942. "Ho aperto la finestra e vedevo i bagliori degli incendi sulla città" dice il pittore. Nel quadro opera fortemente espressiva e libera, una svolta nel lavoro del giovane artista - dalle finestre spalancate sulla facciata di un isolato di corso Como, le persone si sbracciano impaurite (in una, Giancarlo a sette anni), le mura delle case hanno le tracce maculate del tempo, sull'insegna sghimbescia: "Vini", un tram passa, sullo sfondo i bagliori degli incendi. Forti virgolettature di origine espressionista tracciano i nervi scoperti di una tela che urla. Finita la guerra la famiglia si ricongiunge, a Milano in corso Como. Giancarlo riprende le scuole, termina le medie al Parini e poi - di giorno lavorerà - affronta la fatica di studi serali duplici: quelli di ragioneria sempre al Parini - nelle aule 62 dove di giorno gli studenti del liceo - e dal 1949 al 1954 i corsi serali dell'Accademia di Brera e della scuola comunale di pittura del Castello. Frequenta l'oratorio della Santa Maria Incoronata in corso Garibaldi, qui - crisi mistiche a parte accumula una discreta cultura religiosa con alla base i testi biblici. Passa dal disegno alla pittura. E' ancora ragazzo ma è figlio d'arte, i primi rudimenti gli vengono dal padre, lui ha un talento straordinario. 1950-1960 I temi delle prime tele sono di realtà contadina nei luoghi di origine dei genitori - Prealpi varesine schizzi dal vero, nature morte e ritratti di personaggi del posto. La vocazione di Ossola a "figurare le cose e le persone" diventerà più problematica con le prime influenze culturali di peso (Morandi, De Pisis). Il viaggio a Parigi del 1959 gli apre la conoscenza ai pittori del postimpressionismo, sua matrice europea. Il padre, invalido di guerra, muore nel 1951. Giancarlo così, a soli 16 anni, inizia a lavorare come commesso in via Maroncelli alla società metallurgica Africa orientale: un grossista che esporta nelle ex-colonie italiane casalinghi e utensili. Si diploma in ragioneria e per otto lunghi anni lavora negli uffici e agli sportelli della Banca Lombarda di Depositi e Prestiti, sia nella sede centrale di via Silvio Pellico, sia nella agenzia 8, in via Mac Mahon. Lavora e dipinge, divide la sua giornata tra il "pane e le rose". Dopo gli otto anni di banca fa l'operatore turistico in Val Brembana a Foppolo. C'è un curioso servizio fotografico su un fascicolo del gennaio 1964 del settimanale Le ore - testata con velleità per allora scandalistiche. La didascalia - sotto grande foto di prestante giovane Ossola in tenuta da montagna vicino a una bella ragazza bruna, in piedi nella neve - recita " il rag. Ossola e la signorina Lodigiani [forse della famiglia proprietaria dell'impresa omonima]…la conca di Foppolo dominata dalla presenza di Cupido". "Mi occupavo di alberghi, impianti-sci, relazioni con la clientela e turismo - dice - avevo un ufficio a Milano in via Mac Mahon, una villetta con un piccolo giardino. Lì svolgevo - oltre a quello di operatore turistico - un lavoro di antiquariato. Trattavo mobili d'epoca che recuperavo in baite sperdute e facevo restaurare." E' il periodo in cui conosce e frequenta Giorgio Gaber, Celentano ("Celentano mi ha insegnato a ballare il twist e il rock and roll") e Ombretta Colli, cioè la nouvelle vague della canzone di impegno milanese. Si frequentano in una trattoria di via Procaccini con pittori e critici d'arte come Mario De Micheli. 1960-1970 La ricerca artistica va avanti e il pittore raccoglie i primi consensi. Guarda al "realismo esistenziale", all'espressionismo tedesco, e ben presto all'informale. Esordisce come appartenente al movimento neomaterico. Adotta come linguaggio l'informale storico, dipinge i primi interni-esterni, 63 sullo sfondo - convulsa di materie e segni - una città tra distruzioni e progetto. Il progetto sta in un presente urbano in grande movimento, ricco dei nuovi fermenti della ricostruzione e della vitalità di rapporti innescati dall'imminenza del cosidetto "boom" economico. Nel 1960 riceve il premio per la pittura giovane da una giuria in cui Eva Tea e Giorgio Kaisserlian uno dei teorici del realismo esistenziale. Nel 1961 la sua prima personale al Salone Annunciata di Milano in via Manzoni, lo presenta Mario De Micheli. Nel 1963 gli viene assegnato il 1° premio San Fedele, è presente alla rassegna con alcuni "interni-esterni". Si susseguono da allora i cicli e i temi che costituiscono l'architettura del suo progetto artistico e della sua complessiva opera: "interniesterni", "fumetti", "memorie epiche", "interni", "depositi", "atelier", "ai margini" etc. 1970-1980 La casa di corso Como dove abita e dipinge non basta più, ma non è una questione solo di spazio: "Volevo essere libero" dice "Volevo un contatto diretto con la natura". Nasce così la decisione di allestire lo studio di Castellazzo di Bollate, una vecchia cascina - la storica "Cascina Sessa" quattro stanze su due piani, a fianco di Villa Arconati. Ci rimarrà sino al 1989. Il suo bacino figurale è costituito dalla città - le periferie - e la campagna, con una crescente attenzione e attrazione per gli interni urbani di lavoro, laboratori, fabbriche, mense operaie, depositi dismessi. Qui inizia anche il suo rapporto - sempre più preciso - con la fotografia. Per camminamenti e divieti violati va quotidianiamente in fabbriche abbandonate, nei luoghi del lavoro chiusi dalle mutazioni e dalle crisi e ne fotografa gli interni e le strutture abbandonate. Ci sono industrie che gli commissionano cicli di interni, ci sono luoghi di pena - come l'exmanicomio di Genova - dove Ossola chiede di poter lavorare e si insedia per tele seriali e ossessive. Negli anni Settanta incontra Maria Camurati, insegnante di lettere, emiliana di origine, milanese di adozione. Nasce un sodalizio affettivo e intellettuale. Con lei abita in via Goldoni per un lungo periodo di anni felici, con Maria fa della casa di vacanze a Mesenzana di Luino - sulle colline immediate al lago Maggiore - un luogo di incontro. Lo frequenta l'intellighentia artistica e letteraria laghista-luinese, tra i tanti Dante Isella e Piero Chiara, entrambi esegeti in varie occasioni della sua opera. Dagli anni Settanta è scrittore di pagine di riflessione artistica, per una non frammentaria storia e cronaca della pittura contemporanea, nonché di osservazioni sulla società e i costumi del tempo. E' recensore sistematico di varie mostre dell'area lombarda ed europea per le pagine di cultura de l'Umanità - sul quotidiano del partito socialdemocratico ha una propria rubrica e contemporaneamente per i programmi culturali 64 della radio della Svizzera Italiana. 1989 In novembre Maria muore, travolta dalle dinamiche di un incidente stradale, in via Fatebenefratelli. Ossola si stabilisce in un nuovo ampio spazio - di lavoro e abitazione - in via Pastrengo, nel cuore della sua città, all'Isola - il quartiere più eccentrico e autonomo rispetto all'anomìa della metropoli. 1990-2000 L'attenzione dei critici d'arte, le numerose mostre, le crescenti collocazioni di sue opere in collezioni private, lo hanno convinto da tempo a dedicarsi unicamente alla pittura. La sistemazione all'Isola, corona la sua autonomia e rende possibile la continuazione di un lavoro sempre più febbrile su tele anche di notevoli dimensioni. Con il trasferimento in via Pastrengo, abbandona lo studio in campagna di Castellazzo, non prima tuttavia di avere chiuso il ciclo di dipinti su villa Arconati, uno dei suoi topos. Dedica agli interni della residenza Arconati un biennio di lavoro:1987-1988. Nelle tele del ciclo agiscono in modo esplicito le fascinazioni sempre subite - per il barocco e le sue evanescenze. La sequenza di tele dipinte alla vigilia del definitivo smantellamento della residenza signorile di campagna è percorsa da una ricorrente riflessione sulla caducità della Storia e del potere, e da una singolare ironia. E' esaustivo del ciclo - per immagini e riproduzioni - il volume con scritti di Cesare De Seta e Giancarlo Dell'Acqua, Giancarlo Ossola e Villa Arconati di Castellazzo (Fabbri editore, Milano 1989). Nel procedere del lavoro si fanno evidenti i rimandi, i debiti e le affinità elettive con esperienze antecedenti e contemporanee della storia dell'arte. Da sempre ricorre nel suo lavoro la memoria di alcuni maestri del '700 e del '600. Sulla sua tela si fanno quasi corporee, fisiche, le presenze - tra rococò e drammatica denuncia, tra pittura di segno e contenuti eversivi - della materia, dei temi, della drammaticità e del movimento dell'opera del genovese Alessandro Magnasco il "Lissandrino". Oppure incombe il disfacimento-rinnovamento molecolare dell'amato Hercules Seghers (Haarlem, 1589 - L'Aia, 1638) per la "sua visionaria, molecolare parcellizzazione cosmica di involucri grafici in disfacimento". Per il Novecento e i contempranei, si confronta con i pittori tra realtà e natura, figurazione e informale, da Bacon a Sutherland, da Wols a Giacometti. E alle sue incursioni dentro la città cupolare - gli interni-esterni - fanno da controcanto gli interni di atelier, i luoghi della solitudine della pittura, in cui l'artista misura l'efficacia degli strumenti di rappresentazione della realtà nella loro evidente povertà dei mezzi - la tela, lo spazio del quadro, il foglio, le materie cromatiche, i pennelli - al confronto con il più vasto senso delle cose e della esistenza, in balìa dei percorsi storici tra eclissi e resurrezioni. Nell'ultimo quarto del secolo e per oltre due decenni - dalla fine degli anni Settanta alla vigilia del millennio - Giancarlo Ossola ha il periodo 65 creativo e di lavoro più fecondo e di respiro, più ambizioso e radicale. Una grandezza anche del gesto, della immagine e della materia, che si riflettono sull'intera vicenda artistica del secolo e che si protraggono - per seduzioni e sperimentazioni figurali - nel nuovo millennio. E' il ciclo degli interni, depositi, atelier, volta a volta dalla critica definiti "lazzaretti" (Testori), "ciclo dei vinti" (Pontiggia), "compound dello sfruttamento e dello sterminio" (Del Giudice). 2000-2010 Alla drammatica pennellata degli interni di ghetto e di luoghi di lavoro e di pena, seguono - in una stesura meno concitata, sempre più nitida e fotografica - composizioni di interni asemantici e astorici, del tempo sospeso, dove la presenza umana è esiliata da stagione immemorabile, per un avvenuto big-bang di enormi proporzioni. Giancarlo Ossola vive e lavora a Milano 66 MOSTRE PERSONALI 1961 Milano, Salone Annunciata (presentazione Mario De Micheli) 1963 Milano, Galleria del Mulino (autopresentazione) 1967 Milano, Salone Annunciata (autopresentazione) 1968 Chiasso, Galleria Mosaico (scritti di Fabrizio Dentice e Giancarlo Ossola) 1969 Milano, Galleria di via Morone 6 1971 Milano, Galleria Bergamini (scritti di Roberto Tassi e Giancarlo Ossola) 1972 Parma, Galleria Correggio (scritti di Roberto Tassi, Renzo Beltrame, Giancarlo Ossola) 1973 Napoli, Galleria il Diagramma 32 (scritti di Fabrizio Dentice e Vittorio Fagone) 1974 Milano, Galleria Bergamini (scritti di Gianfranco Bruno e Giancarlo Ossola) Omegna, Galleria Spriano (presentazione Renzo Beltrame) Alessandria, Galleria D4 (presentazione Renzo Beltrame e Gianfranco Bruno) Bari, Galleria Campanile (presentazione Renzo Beltrame e Gianfranco Bruno) Messina, Galleria Cappolino (scritti di Gianfranco Bruno e Giancarlo Ossola) 1978 Milano Galleria Bergamini (scritti di Gianfranco Bruno e Giancarlo Ossola) Alessandria, Galleria D4 1979 Bologna, Artefiera 1980 Mendrisio, Galleria L'Immagine (autopresentazione) Cremona, Galleria Il Triangolo (presentazione Elda Fezzi) Roma, Banca Popolare di Milano Lucca, Galleria Guerrieri (presentazione Piercarlo Santini) 1981 Busto Arsizio, Galleria Palmieri (scritti di Giorgio Mascherpa e Giancarlo Ossola) 1982 Piacenza, Galleria L'Angolo (presentazione Elda Fezzi) Gallarate, Civica Galleria d'Arte Moderna (presentazione Silvio Zanella e antologia critica) 1982-1983 Parma, Galleria La Bottega 1975 Parma, Galleria Correggio (autopresentazione) 1976 Chiasso, Galleria Mosaico (scritti di Giuseppe Curonici, Roberto Tassi, Giancarlo Ossola) 1983 Milano, Galleria 32 (presentazione Dante Isella, con uno scritto di Giancarlo Ossola) Parma, Studio Arte Nazzari Cesena, La Permanente 67 1984 Piacenza, Galleria L'Angolo Vicenza, Galleria F. Ponte 1985 Busto Arsizio, Galleria Palmieri (scritti di Floriano De Santi, Dante Isella, Vittorio Sereni) Milano, Banca Popolare di Milano Milano, Studio R.P. D'Ars Messina, Galleria Astrolabio (presentazione di Riccardo Barletta) Milano, Fiera Internazionale d'Arte Contemporanea Luino, Civico Istituto di Cultura (scritti di Piero Chiara e Stefano Crespi) 1985-1986 Lissone, Galleria Radice 1986 Brescia, Galleria Lo Spazio Salerno, Galleria Il Catalogo Milano, Galleria 32 (presentazione Elena Pontiggia, scritti di Stefano Crespi e Giancarlo Ossola) Milano, Studio d'Arte Grafica Mendrisio, Galleria L'Immagine (presentazione Marina De Stasio) Parma, Studio Arte Nazzari 1987 Novara, Galleria Sorrenti (presentazione Marco Rosci) Varese, Musei Civici di Villa Mirabello (scritti di Silvano Colombo e Marco Rosci) Treviglio, Galleria Q3 1988 Lugano, Galleria Palladio (presentazione Francesco Porzio) Bari, Artefiera Piacenza, Galleria Il Cenacolo 1989 Cavriago, Civica Sala Mostre, Mostra antologica 1983/88 (conversazione con Sandro Parmiggiani e antologia critica) Genova, Centro d'Arte La Maddalena (presentazione Germano Beringheli) Milano, Galleria Appiani Arte, Galleria 32, Studio d'Arte Grafica, Ossola e Villa Arconati, (testi di Cesare De Seta e Gian Alberto Dell'Acqua) (Fabbri editore) 1990 Brescia, AAB Associazione Artisti Bresciani, mostra antologica Biella, Galleria Mercurio Piacenza, Galleria Il Cenacolo Piacenza, Galleria Denise Fiorani Siracusa, Galleria La Nave Castellazzo di Bollate, Villa Arconati Taranto, Circolo Culturale ILVA, mostra antologica Torino, Torinoarte, Ia Biennale d'Arte Moderna e Contemporanea 1991 Pordenone, Galleria Gigoletti Novara, Galleria Sorrenti Firenze, 6° SIAC, Palazzo Affari 68 Genova, Centro d'Arte La Maddalena (presentazione Alberico Sala) 1992 Chiavari, Galleria Cristina Busi Milano, Università Bocconi Baia Domizia (Latina), Centro d'Arte Baia Domizia Busto Arsizio, Galleria Palmieri (presentazione Marco Rosci) 1993 Sesto San Giovanni, Galleria dell'Auditorium, Cassa Rurale e Artigiana, Immagine del Territorio (presentazione Marina De Stasio) Conegliano, Palazzo Sarcinelli, Galleria Comunale d'Arte Moderna, Opere 1971-1993 (testi di Elena Pontiggia, Marco Goldin e Giancarlo Ossola) (Marini editore) Messina, Galleria Il Sagittario (presentazione di Lucio Barbera) Latina, Galleria del Corso Livorno, Galleria Rotini Ischia, Castello Aragonese 1994 Bologna, Artefiera Piacenza, Galleria Il Cenacolo Milano, Galleria Appiani Arte 32 (presentazione Antonello Negri) Milano, Studio d'Arte Grafica (presentazione Marina De Stasio) Piacenza, Studio Centenari, Tempere 1974-1993, (testo Marina De Stasio) (Studio Centenari editore) 1995 Milano, Miart '95, (1° premio per lo stand) (allestimento Galleria Appiani Arte 32) Milano, Spazio Linati, " Due Percorsi " 1996 Bologna, Artefiera, sala personale con la Galleria Appiani Arte 32 Chiavari, Galleria Cristina Busi, Ossola-Sturla Montecchio Emila, Galleria La Rotonda Mantova, Arianna Sartori Arte, Opere Recenti Sondrio, Palazzo Sertoli, Galleria del Credito Valtellinese, Interni 1977-1996 (presentazione Giovanni Raboni, scritti di Giancarlo Ossola, antologia critica) 1997 Genova, Centro d'Arte La Maddalena Bologna, Galleria delle Arti, Dipinti e tempere 1979-1997 (presentazione Giovanni Raboni) Ferrara, Galleria Tortora, Dipinti e Tempere Volterra, Logge dei Priori, Comune di Volterra e Associazione Caleidoscopio, Opere 1980-1997 (presentazione Nicola Micieli) Albissola Mare, Circolo Culturale Giorgio Monelli Camaiore, Villa Borbone Le Pianore, Comune e Associazione Caleidoscopio, Opere 1980-1997 (presentazione Nicola Micieli) 1998 Ascona, Museo Epper, Visioni del notturno (presentazione Claudio Cerritelli) Milano, Galleria Appiani Arte 32, Atelier (testo di 69 di Rolando Bellini) (Skira editore) Piacenza, Studio Centenari, Olî, tempere, disegni 1971-1979 (testo di Stefano Crespi) (Studio Centenari editore) 1999 Varese, Liceo Artistico, Incontri (presentazione Marina De Stasio) 2000 Saronno, Galleria Il Chiostro, Opere 1997-2000 (testo di Giancarlo Ossola) Pizzighettone, Museo Civico, Centro Culturale Comunale, Opere 1955-2000 (testo Francesco Pagliari) 2001 Piacenza, Studio Centenari, Disegni 1970-1979 (testo Flaminio Gualdoni) (Studio Centenari editore) Castello Cabiaglio, Oratorio di San Carlo, Cicli della materia, Opere 1997-2001, a cura del gruppo Ronchelli (presentazione Elena Pontiggia) 2002 Vigevano, Galleria Ducale, Opere 1995-2002 Milano, Galleria Cappelletti, Opere scelte 2004 Milano, Galleria Artetadino 6, Opere recenti, (presentazione Gianni Cavazzini) Milano, Galleria Agorárte, Fabbriche, stanze e interni di luce (presentazione Claudio Cerritelli, con una intervista a Giancarlo Ossola di Simona Vigo) 2005 Montecchio Emilia, Galleria La Rotonda, Giancarlo Ossola Dipinti Teramo, Studio d'Arte Forlenza, Campi d'Attenzione (presentazione Maria Cristina Ricciardi) Milano, Studio d'Arte del Lauro, Giancarlo Ossola, Settanta (presentazione e conversazione con il pittore di Alberto Pellegatta) Chieti, Palazzo dei Veneziani, Il mistero della fabbrica (presentazione Maria Cristina Ricciardi) 2007 Palermo, Galleria d'Arte Trentasette, Giancarlo Ossola oli e tempere (presentazione di Sergio Troisi) Maccagno, Civico Museo Parisi Valle, Opere 2000-2007 (testi di Stefano Crespi e Claudio Rizzi) 2010 Milano Spazio Tadini, Ossola (testo di Luca Pietro Nicoletti) (Pagine di pittura e scrittura edizioni) Milano Ostrakon di via Pastrengo e Moscova, galleria e studio Ossola, interni del secolo breve (presentazione Piero Del Giudice) MOSTRE COLLETTIVE partecipa tra le altre alle esposizioni collettive: Milano, Biennali della Permanente; Roma, XIa Quadriennale; "L'Opera Dipinta" Parma, CSAC dell'Università e Milano, Rotonda della Besana (a cura di Arturo Carlo Quintavalle) (1982); "Il 70 Segno della Pittura e della Scultura" Milano, Permanente (1983); "Artisti e Scrittori" Milano, Rotonda della Besana (1984); "Geografie oltre l'Informale" Milano, Permanente (a cura di Marina De Stasio, Elena Pontiggia e Claudio Cerritelli) (1987); "Artisti Italiani" Mosca, Kiev, Tblisi (1988-1989); "Dieci Pittori a Milano" Parma, CSAC dell'Università (a cura di Arturo Carlo Quintavalle) (1989); "Pittura a Milano dal 1945 al 1990" Milano, Permanente (a cura di Giorgio Seveso e Luisa Somaini) (1992); "Tassi e i pittori, da Fattori a Burri" Conegliano Veneto, Palazzo Sarcinelli (a cura di Marco Goldin) (1998); "Immagine d'impegno - Impegno d'immagine" Roma, ex-Mattatoio (a cura di Domenico Guzzi) (2000); "Dal Premio alla Pinacoteca" Lissone, Galleria d'Arte Contemporanea (a cura di Flaminio Gualdoni e Claudio Rizzi) (2001); "Pittura in Lombardia nel XX Secolo" Vigevano, Castello Sforzesco (a cura di Raffaele De Grada) (2001); "Per Amore - 15 anni di scelte a Palazzo Sarcinelli" Conegliano Veneto (a cura di Marco Goldin) (2002) ; "L'Incanto della pittura" Mantova, Casa del Mantegna (a cura di Claudio Cerritelli) (2004); "Acquisizioni 2007" Maccagno, Civico Museo di Maccagno (2007) ; "Arte oggi a Varese" e "Come eravamo. Anni '70. Linguaggi e protagonisti dell'Arte in Lombardia" Maccagno, Civico Museo (2008); "Giancarlo Ossola - Antonio Pedretti. Antitesi e simbiosi" Sabbioneta, Palazzo Ducale (2009) Mario De Micheli, Raffaele De Grada, Marco Valsecchi, Luigi Carluccio, Fabrizio Dentice, Roberto Tassi, Gianfranco Bruno, Elda Fezzi, Arturo Carlo Quintavalle, Stefano Crespi, Giorgio Seveso, Giovanni Testori, Marina De Stasio, Elena Pontiggia, Dante Isella, Cesare De Seta, Gian Alberto Dell'Acqua, Umberto Eco, Marco Goldin, Vittorio Sereni, Marco Rosci, Giovanni Raboni, Rolando Bellini, Alberto Pellegatta, Luca Pietro Nicoletti, Piero Del Giudice. In preparazione nei tipi delle edizioni ADVPagine d'arte di Lugano - a cura di Alberto Pellegatta - il libro degli scritti di Giancarlo Ossola sull'arte e sugli artisti contemporanei BIBLIOGRAFIA IN BREVE su di lui tra gli altri hanno scritto: 71 finito di stampare Ottobre 2010