Traccia scrittura e separazione di Marcella Nusiner
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Traccia scrittura e separazione di Marcella Nusiner
Traccia scrittura e separazione di Marcella Nusiner La costruzione dell’ambiente grafico inteso come traccia, disegno, scrittura, inizia molto presto nella vita del bambino, molto prima delle richieste operative. Alcuni psicoanalisti come J. Lévine ritengono che l’ambiente grafico si strutturi fin dalla nascita: i segni visibili rappresentano il culmine di una elaborazione psichica legata alla relazione del bambino con l’ambiente familiare. Altri psicoanalisti come J. Clerget sostengono che l’ambiente grafico ,e in particolare la scrittura, si preparino fin dalla vita intrauterina, essendo legati al modo in cui il feto muove le mani e alle risposte dell’ambiente familiare a questi movimenti. Il primo segno graficamente visibile è la traccia. La traccia è il segno del passaggio degli animali, è il termine utilizzato per designare una piccolissima quantità di materia, è l’impronta dell’uomo primitivo nei reperti rupestri, la traccia evoca ciò che resta di un passato ed è anche la cicatrice di un avvenimento doloroso o meno. Alla scuola dell’infanzia il bambino a volte si diverte a lasciare l’impronta delle sue mani, coperte di vernice, su un foglio grande. In questa operazione il bambino impegna tutto il suo corpo: è la sua traccia, lo rappresenta, la riconosce tra le altre e la mostra orgoglioso ai genitori quando entrano in classe. E’ una ricerca di identità e di valorizzazione di se’. La traccia è un segno: rappresenta qualcosa per qualcuno La traccia ha un significato: le viene assegnato un nome e se cancellata continuerà ad esistere nel linguaggio verbale Alcuni bambini rifiutano di lasciare una traccia grafica. La traccia è perdita e rinvio all’assenza, alla separazione. Separazione dal proprio corpo nella sua totalità e separazione simbolica dall’ambiente familiare. I bambini che non hanno elaborato un lutto (perdita di una persona cara, o anche un aborto spontaneo della madre), non riescono a lasciare un segno: sono sopravvissuti .. Con che diritto? Perché e per chi lasciare una traccia? Questi bambini di fronte alla perdita non sembrano più essere capaci di simbolizzare, processo indispensabile per poter scrivere. Una traccia o una scrittura sono sempre destinati a qualcuno. Lasciando dei segni io mi rivolgo sempre a qualcuno da cui aspetto una risposta. Freud dice che lo scritto è la lingua dell’assente, tutti noi scriviamo ad una persona che non c’è. Il bambino per poter scrivere deve accettare di essere separato dall’altro e l’altro da lui. Scrivere è “mettere fuori” ciò che abbiamo dentro. Questo implica un distacco tra se stessi e il gesto stesso di scrivere, uno scollamento interno per poter tradurre graficamente il proprio pensiero. Quando il bambino piccolo scrive, tutto il suo corpo partecipa. A volte non riesce a arrestarlo al momento opportuno o a gestire bene alcuni movimenti. Come fa il bambino a usare adeguatamente la mano se il suo corpo è vissuto come un tutt’uno, non separato dal corpo della madre? Nell’atto di scrivere c’è sempre una perdita e un’accettazione o rifiuto di un dono all’altro. Scrivere quindi rinvia allo stadio anale durante il quale si gioca la questione dentro/fuori, in cui il bambino dona o rifiuta le feci a sua madre scoprendo così anche il suo potere sull’ambiente essendo a quell’età un argomento centrale nell’ambiente familiare. Per scrivere devo concentrarmi sulla mia mano, gomito, polso, dita e far di loro un unico strumento portatore della mia espressività accettare la solitudine che la scrittura impone e distanziarmi dal linguaggio orale, I bambini che vogliono scrivere, ma ancora non sanno farlo, tracciano delle linee . Clerget ci dice che la scrittura nasce dalla linea e conduce alla linea: nasce dal gesto di disegnare liberamente, ma poi le lettere, le parole devono rispettare la messa in pagina e lo spazio delle righe: nella riga, tra le righe, sopra la riga. I bambini che non si sentono inseriti in una storia familiare, o non trovano posto tra i fratelli hanno difficoltà a scrivere. La scrittura infatti impone un prima, un dopo, un presente. Il bambino può rifiutare di scrivere il suo cognome, scrivere lettere all’inverso e la grande confusione identitaria in cui si trova, può portarlo a rifiutare le regole necessarie per comunicare attraverso la scrittura. Il bambino che è stato sufficientemente ben accompagnato dai genitori, che si sente sicuro del loro amore che trova in suo spazio in seno alla sua famiglia, sente il bisogno di crescere, di diventare grande di imparare a leggere e a scrivere, abilità che gli aprono nuovi spazi e possibilità’, conferendogli nuovo potere nel mondo e arricchimento personale. In conclusione: la scrittura è traccia, rappresentazione, memoria, inscrizione, mediazione tra piacere e sofferenza, messa in gioco del corpo e suo allontanamento, affermazione di se’ e riconoscimento degli altri, disciplina e libertà, confine e legame di separazione BIBLIOGRAFIA Baranes J.J. (2016) Linguaggio e memoria del corpo in psicoanalisi. Alpes Italia Clarget J. (2014) Corps, image et contact : Une présence à l'intime. Erès Clarget J. (2002) L’énfant e l’écriture. Erès Freud S. Opere Vol. 10. 1924-1929 Il disagio della civiltà. Bollati e Boringhieri Lévine, J. et Moll, J. (2009). Prévenir les souffrances d’école. ESF éditeur