N°15 – 1 Agosto - Pro Civitate Christiana

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N°15 – 1 Agosto - Pro Civitate Christiana
Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.
dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 2, DCB Perugia
Rocca
1 agosto 2006
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e 2,00
sommario
periodico quindicinale
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Centralità del lavoro
La lotta all’evasione fiscale
Medioriente: Il vaso di Pandora
Il più forte non è sempre il vincitore
NUMERO
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Liberalizzazioni: Il gioco del Nimby
Esame di Stato: A che e a chi serve? La vita è un blog
Teologia cristiana del pluralismo religioso
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nella società
della conoscenza
TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE
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ISSN 0391 – 108X
18/07/06, 15.44
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Ci scrivono i lettori
Anna Portoghese
Primi Piani Attualità
Valentina Balit
Notizie dalla scienza
Vignette
Il meglio della quindicina
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Raniero La Valle
Resistenza e pace
Gli altri cattolici
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Maurizio Salvi
Medioriente
Il vaso di Pandora
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Filippo Gentiloni
Politica estera
La quadratura del cerchio
54
Roberta Carlini
Liberalizzazioni
Il grande gioco del Nimby
56
Vincenzo Andraous
Sbarre e dintorni
Fuori per sempre?
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Romolo Menighetti
Oltre la cronaca
La patata bollente
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Fiorella Farinelli
Esame di Stato
A che e a chi serve?
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Giancarlo Ferrero
Evasione fiscale
Una lotta da cominciare?
Romolo Menighetti
Parole chiave
Liberalizzazione
Giannino Piana
Etica politica economia
Centralità del lavoro
Pietro Greco
Ricerca tecnoscientifica e sviluppo
L’Italia e l’Europa nella società della conoscenza
Oliviero Motta
Terre di vetro
Giustizia
Claudio Cagnazzo
Società
Palingenesi da Coppa
Giuliano Della Pergola
Società
Il più forte non è sempre il vincitore
Stefano Cazzato
Lezione spezzata
I voti sono fantasmi
Rosella De Leonibus
Cose da grandi
La vita è un blog
Marco Gallizioli
Culture e religioni raccontate
Diari di guerra da Ramallah
Giuseppe Moscati
Maestri del nostro tempo
Pëtr Alekseevic Kropotkin
La via anarchica alla morale
^
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ANNO
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Rivista
della
Pro Civitate Christiana
Assisi
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Carlo Molari
Teologia
Teologia cristiana del pluralismo religioso
Rosanna Virgili
La voce del dissenso
Sodomia e ipocrisia
Adriana Zarri
Controcorrente
Vacanze multiformi
Giacomo Gambetti
Cinema
Chi vincerà?
Accesso negato
Roberto Carusi
Teatro
Un calcio al teatro
Mariano Apa
Arte
p. Tarcisio Generali
Michele De Luca
Mostre
Omaggio a Picasso
Alberto Pellegrino
Musica
Trazzeri dei Mancuso
Giovanni Ruggeri
Siti Internet
Frontiere d’informazione
Libri
Carlo Timio
Rocca schede
Paesi in primo piano
Somalia
Nello Giostra
Fraternità
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l’articolo
SOCIETÀ
palingenesi
da coppa
U
finanziari. Con i cosiddetti «compagni del
quartierino» ad esempio o con qualche
magagna persino nella cooperazione. Un
paese stanco di rispecchiarsi nello specchio deformante di una infinita illegalità.
magica Coppa
La coppa dunque a ripulire con il liquido
del titolo mondiale i panni sporchi della
nostra triste storia, recente e non. Ed in
questo senso paradossalmente si può dire
che poco tempo fa gli italiani già avevano
gridato il loro disagio in modo diverso,
ma, secondo noi, con i medesimi intenti,
attraverso il referendum sulla riforma costituzionale. E non sembri assurdo, perché nel caso del referendum avevamo
chiaramente detto che il vivere civile garantito dalla legge fondamentale non può
essere insidiato; che di fronte alla violenza di un mondo di corruzione quegli articoli vergati nel dopoguerra sono l’unica
garanzia perché sia salvaguardata l’unità
del paese e quindi la possibilità per i deboli di non essere travolti da una modernità talora durissima. La Costituzione repubblicana come baluardo e simbolo di
un popolo stanco forse dell’immagine data
di se stesso e la Coppa del mondo come
simbolo di riscatto ulteriore proprio da
questa immagine. Un filo rosso virtuoso
lega dunque il voto di giugno con il mondiale di luglio. Ci si è mobilitati nel calcio
certo per la vittoria in sé e per il gusto
della festa collettiva, ma anche per rimarcare il fatto che siamo noi, figli dello Stivale, capaci di vincere senza trucchi e senza inganni, facendo leva solo sulle nostre
capacità tecniche e agonistiche, così come
ci si era mobilitati per difendere quelle
leggi che appunto la nostra specificità difendono e alimentano. Se è così, se siamo
alla ricerca di una simbologia sottratta
alle contraddizioni del mondo. Se la Costituzione custodisce perfettamente i nostri valori e la Coppa sintetizza felicemente il nostro amore per lo sport nazionale
che deve restare incorrotto, allora inevitabilmente dopo la loro felice difesa dovrebbe venire il momento di dare continuità ai
festosi moti popolari. Di costruire o di ricostruire, dunque. Dovrebbe venire il momento per la classe politica di aggiornare
sapientemente la Legge fondamentale dello Stato, senza personalismi di sorta, seguendo semplicemente in qualche modo
il dettato degli italiani. Che hanno posto
margini e limiti entro cui lavorare. Così
come dovrebbe essere il momento per noi
stessi di provare a onorarla quella Costituzione non solo sollevandoci giustamente
alla sua possibile manomissione, ma cercando, nei limiti di una dialettica aperta,
di seguirne le tracce.
coppa amara
E dunque niente razzismo, come ben c’è
scritto nella nostra Tavola. Niente sopraffazione del più debole, bambino, donna
anziano o diverso che sia. Niente trucchi
o inganni nello studio, nel lavoro, persino nel gioco; ovvero niente concorsi fasulli o favori dati e ricevuti inopinatamente. Uguaglianza dei diritti e dei doveri. C’è
scritto nella nostra Carta della libertà, che
abbiamo appena difeso. Dovrebbe infine
essere venuto il momento per il popolo
tifoso di rinunciare alla faziosità del comportamento e delle idee. Di riconoscere a
chi tifa per un’altra squadra l’attestato di
avversario e non di nemico. Di farsi responsabile, dopo la vittoria ai mondiali e
dopo le condanne dei falsificatori del football italiano, della tutela di uno sport
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che macina passioni come nessun altro e
per questo è insidiato ogni giorno da montagne di interessi poco chiari. Sarebbe
insomma opportuno dare seguito alle recenti spinte virtuose con una consapevole rivisitazione di noi stessi e delle nostre
complicità nel logoramento della Legge e
nel tracollo morale del nostro sport più
amato. Temiamo però che il nostro resti
un pio desiderio. Che la classe politica non
troverà un accordo seppur minimo per
rendere più agile la Costituzione conservandola integra. Temiamo che gli italiani
non si porranno neppure lontanamente il
problema che quella stessa Costituzione
va difesa non solo nelle urne, ma semplicemente nei comportamenti quotidiani.
Temiamo che la classe dirigente del calcio sia già all’opera per auto-assolversi e
scaricare sul presunto moralismo di qualcuno le proprie gigantesche colpe. E difatti c’è da rilevare come non uno dei presidenti incriminati abbia confessato l’evidenza, richiamando magari i tifosi a ripartire insieme dopo gli errori commessi. Tutti innocenti di fronte a dei giudici
malvagi. Come pensano anche molti tifosi sempre pronti a vedere complotti dappertutto. «Soli contro tutti» è il loro triste e tristo motto. Non resta perciò che
sperare come sempre in qualche uomo di
buona volontà, che resista alle pressioni
e porti avanti la necessaria purificazione.
Perché comunque alle urne ci siamo andati e milioni di italiani hanno festeggiato il mondiale con uno spirito patriottico
rinnovato, foriero di voglia di ripartire
quantomeno con più serietà. Non può essere stato solo il solito arruffamento di
sentimenti tutto italiano. Non può e non
deve. Almeno questa volta.
ROCCA 1 AGOSTO 2006
ROCCA 1 AGOSTO 2006
Claudio
Cagnazzo
na coppa per sognare. E per ricominciare. La Coppa dei mondiali di calcio come un Santo
Graal dai molteplici effetti benefici. Effluvi di positività azzurra.
Fiumi di gente per la celebrazione di una vittoria. Che neanche dopo la
Liberazione, direbbe l’anziano portinaio
sotto casa. Fenomeno da godere, certo,
ma anche da discutere. Filosofi, sociologi, economisti e opinionisti di varia estrazione, tutti persi dietro l’interpretazione
dell’evento. Un popolo aggredisce la crisi
economica spargendosi festante per strada. Oppure, in perenne crisi d’identità da
globalizzazione selvaggia, inalbera il gonfalone bianco-rosso-verde e grida la propria appartenenza vittoriosa contro gli
odiati cugini transalpini e i mai amati tedeschi. Oppure semplicemente c’è voglia
di far festa. Gli eterni fescennini italiani.
Il mai sopito spirito festaiolo dell’italica
stirpe, direbbe qualche ostile straniero.
Forse, ma non solo questo, però. Ci deve
essere altro in quel mare di bandiere, nelle invocazioni agli eroici soldati da campo. In quel virtuoso-vizioso richiamo alla
patria trionfante. C’è difatti il desiderio
di simboli puri. C’è la voglia che una Nazionale di calcio rappresenti le nostre virtù. Senza ombre. C’è che, dopo scandali
vari, si rappresenti il Bene attraverso la
maglia azzurra. C’è che un popolo, stanco di maneggi, ladrocini, ipocrisie, desidera finalmente risentire l’odore fresco e
perfetto dell’aria pulita. Insomma la coppa del mondo come simbolo del riscatto
di un paese troppo spesso costretto a vergognarsi per gli scandali continui di una
classe dirigente o presunta tale, mai all’altezza del compito. E non solo nel calcio, con una sorta di cupola a controllare
tutto e tutti, ma anche con gli scandali
Claudio Cagnazzo
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18/07/06, 15.44