Progettare ambienti tecnologici per l`apprendimento - Je-LKS
Transcript
Progettare ambienti tecnologici per l`apprendimento - Je-LKS
Applications Progettare ambienti tecnologici per l’apprendimento attraverso un percorso di ricerca e sviluppo Pascal Leroux Laboratoire d’Informatique de l’Université du Maine (LIUM) [email protected] Parole chiave: technology enhanced learning, robotica educativa (RE), CSCL, apprendimento cooperativo. Abstract Questo lavoro presenta un percorso di ricerca e sviluppo utilizzato nel quadro della progettazione di ambienti tecnologici per l’apprendimento. La sua particolarità consiste nel fatto che si fonda su uno studio delle teorie (e.g., teorie dell’apprendimento collaborativo) e delle pratiche (e.g. pedagogia del progetto) dell’apprendimento nell’ottica di elaborare dei modelli utilizzabili per la progettazione di ambienti d’apprendimento e strumenti per gli insegnanti. Il ciclo progettuale include delle sperimentazioni di prototipi in ambiente ecologico. L’idea è di pervenire ad una loro industrializzazione sotto forma di prodotti diffusi in campo educativo e professionale in vista di ritorni sul lungo termine. Questo percorso è stato applicato a più riprese nei nostri lavori di ricerca. Presenteremo qui più specificamente un esempio nell’e-learning: un ambiente di supporto alla realizzazione di progetti cooperativi a distanza. Je-LKS Journal of e-Learning and Knowledge Society — Vol. 4, n. 2, giugno 2008 (pp.77 - 88) Je-LKS — Applications - Vol. 4, n. 2, giugno 2008 1 Introduzione Lo sviluppo di qualsiasi ambiente tecnologico d’apprendimento sottintende una intenzionalità pedagogica che può essere verificata solo in seguito ad un confronto obiettivo con dei discenti. Ciò impone di avvalersi di ambienti tecnologici flessibili per effettuare delle sperimentazioni che non siano fuorviate dal cattivo funzionamento dell’applicazione. Oltre alle necessità legate alla sperimentazione, un interesse di maggiore rilievo nella realizzazione di veri e propri prodotti è quello di ottenere sul lungo termine dei ritorni adeguati rispetto agli usi di questi applicativi in contesti formativi: non c’è niente di meglio a questo scopo che utilizzare ambienti tecnologici d’apprendimento «nella vita reale». I ritorni rispetto agli usi in simili contesti non possono che apportare conoscenze preziose per la progettazione e lo sviluppo di dispositivi per l’apprendimento a tutta la comunità. Non bisogna però interpretare i nostri propositi come esclusivamente guidati dalla necessità di dedicarsi solo a ricerche che conducano alla realizzazione di prodotti industrializzabili. La nostra preoccupazione è quella di conciliare, da una parte, i bisogni della ricerca e della sperimentazione di prototipi per far avanzare le idee, i modelli e, dall’altra parte, i bisogni espressi sul campo. E’ su queste basi che si fonda il percorso di progettazione di ambienti tecnologici d’apprendimento qui di seguito illustrato. 2 Percorso di ricerca e sviluppo per la progettazione di ambienti tecnologici d’apprendimento Presentiamo qui il nostro percorso di ricerca (cfr. Fig. 1) perché è stato proprio esso a guidare l’insieme dei lavori che abbiamo condotto nel contesto della progettazione di un ambiente tecnologico per la formazione. Questo percorso s’ispira in primo luogo ai lavori di Nonnon (1993), che ha sviluppato un modello per la ricerca tecnologica in educazione la cui singolarità risiede in particolare nel modo in cui viene avviato il processo di ricerca. Esso viene affrontato secondo due approcci: da un lato, come un problema da risolvere, dall’altro come un’idea interessante da esplorare. L’interesse di questo modello è che non rende il processo di ricerca e sviluppo dipendente in modo sistematico da prodotti derivati da altre ricerche; è questo che gli consente di conservare il suo aspetto «creativo». Nella pagina a fianco Fig. 1 Modello del percorso di progettazione di un ambiente tecnologico d’apprendimento (ATA) – L’esempio di SPLACH 78 Pascal Leroux - Progettare ambienti tecnologici per l’apprendimento attraverso un percorso di ricerca e sviluppo 79 Je-LKS — Applications - Vol. 4, n. 2, giugno 2008 Il principio d’innesco a cui ci siamo attenuti è quello di muovere da uno o più problemi da risolvere. Nel campo degli ambienti tecnologici per l’apprendimento, i problemi sorgono sia a partire da un’analisi degli usi delle applicazioni o dei prototipi precedentemente progettati, sia da problematiche generali tipiche della formazione come per esempio il controllo o il coinvolgimento dei discenti nelle attività collaborative a distanza. Il secondo punto da chiarire riguarda il contesto d’uso di un ambiente tecnologico d’apprendimento. A questo scopo sono utili i lavori di Dubourg et al. (1995), secondo cui occorre rendere espliciti i seguenti fattori: dispositivo di insegnamento, risorse umane, risorse materiali e loro uso, modalità comunicative tra gli agenti umani e artificiali, tipo di controllo. Se il problema da risolvere è legato ad un apprendimento, è allora auspicabile conoscere i saperi e i saper fare da raggiungere attraverso l’uso dell’ambiente tecnologico. Nel migliore dei casi, il progettista potrà disporre di un’analisi, in termini didattici e cognitivi (conoscenze in gioco, target, insegnamento usuale, difficoltà degli allievi), dell’apprendimento auspicato (Dubourg et al. 1995). Quest’analisi può essere più o meno ricca e completa in funzione degli obiettivi d’apprendimento. Un quarto elemento da considerare in fase d’avvio riguarda l’insieme delle teorie e delle pratiche d’apprendimento (o altre teorie/pratiche disponibili) che faranno da supporto nella progettazione dell’ambiente e faciliteranno in seguito la sua validazione in termini teorici e di funzionalità. A partire dal problema posto, dal contesto d’uso, da un’eventuale analisi didattica e dagli studi teorici e applicativi, il lavoro consiste nella scelta della teoria o della pratica che fornirà le basi per la progettazione dell’ambiente. Una volta operata questa scelta, dovrà essere condotto uno studio approfondito di questa teoria o pratica. Il fine è di ricavarne una rappresentazione informale o formalizzata in grado di contribuire alla definizione delle specifiche dell’applicativo e del suo sviluppo. Questa rappresentazione può assumere diversi formati che possono andare da una descrizione informale della teoria o della pratica (e.g. la descrizione delle fasi di una pratica) ad un modello computazionale programmabile direttamente sulla macchina. Grazie allo studio precedente e al contesto d’uso, è allora possibile elaborare un modello descrittivo della situazione d’apprendimento. Questo modello descrive, eventualmente con l’aiuto di uno schema, l’organizzazione e la configurazione della situazione d’apprendimento (posizione degli insegnanti e degli studenti, lavoro di gruppo o individuale, lavoro in aula o a distanza, ecc.) come pure le interazioni tipiche (aiuto, cooperazione, navigazione in una applicazione, ecc.) tra gli agenti umani e gli applicativi. Questo modello deve facilitare e guidare il progettista in tutte 80 Pascal Leroux - Progettare ambienti tecnologici per l’apprendimento attraverso un percorso di ricerca e sviluppo le fasi del processo di progettazione, dalle specificazioni all’analisi delle sperimentazioni. Questo tipo di modello serve dunque non solamente a progettare, ma anche ad interpretare ciò che accade tipicamente nel corso delle interazioni. Una volta definita la rappresentazione della teoria o della pratica e il modello della situazione d’apprendimento, il processo di progettazione si ricollega al ciclo classico di progettazione iterativa tipico della progettazione informatica, di cui noi abbiamo specificato alcune fasi. Le fasi di specificazione e sviluppo riguardano solo il software e le risorse d’apprendimento associate (materiali, documenti, ecc.). Prevediamo delle sperimentazioni in ambito ecologico. L’analisi dell’uso dell’ambiente tecnologico può portare a rivedere le specifiche del software, ma anche a modificare 1) la scelta della teoria o della pratica d’apprendimento e la sua rappresentazione e 2) il modello della situazione d’apprendimento. Un elemento di originalità del nostro percorso sta nell’esito dello sviluppo dell’applicazione, che nelle nostre previsioni dovrebbe tradursi in un prodotto erogabile su larga scala. Ciò non significa necessariamente che il processo iterativo di ricerca e sviluppo sia terminato, ma che è stata realizzata una versione dell’ambiente tecnologico sufficientemente stabile da poter essere diffusa consentendo così delle sperimentazioni in situazioni formative ordinarie. Abbiamo messo in atto questo percorso di progettazione nella gran parte dei nostri lavori; esso rappresenta pertanto l’essenza stessa del nostro percorso di ricerca. Nel paragrafo successivo, descriveremo un esempio di questo percorso nel contesto della progettazione di un ambiente collaborativo a distanza basato sulla pedagogia del progetto. 3 Un caso applicativo: l’ambiente tecnologico d’apprendimento Splach Le ricerche qui presentate si situano nel campo del Computer-Supported Collaborative Learning (CSCL). Tra gli ambienti di supporto per lo sviluppo di progetti distribuiti (ossia sviluppati a distanza), troviamo quelli che offrono risorse e strumenti tecnologici per produrre e comunicare, ma senza cercare di guidare la gestione del progetto. Possiamo anche includere in questa categoria le piattaforme di teleformazione esistenti che integrano degli strumenti (forum, messaggistica, condivisione di documenti, agende) più o meno sofisticati con la funzione di supportare il lavoro collaborativo tra gli studenti. Altri ambienti includono una strutturazione del percorso. Ciò che si può ricavare da questi ambienti di supporto allo sviluppo di progetti a distanza è che essi funzionano secondo una strutturazione limitata delle attività e l’uso di strumenti di comunicazione standard. L’allestimento di questi sistemi e il loro buon andamento dipendono essenzialmente 81 Je-LKS — Applications - Vol. 4, n. 2, giugno 2008 dalla volontà dei responsabili della formazione, dal controllo dei tutor e, infine, dall’impegno e dalle attitudini degli studenti al lavoro di squadra. La nostra ipotesi di ricerca si basa pertanto sulla pretesa che le attività collaborative tra gli studenti devono essere sostenute e strutturate attraverso il dispositivo tecnologico-formativo. Questo sostegno e questa strutturazione devono contribuire ad alimentare l’interazione tra gli studenti lungo tutto il corso del progetto, e a facilitare il lavoro dell’insegnante nell’animazione, nel controllo ed eventualmente nella valutazione delle attività. I nostri studi sui progetti distribuiti si collocano quindi sulla strada della strutturazione delle attività e del lavoro di gruppo e sull’elaborazione di strumenti innovativi per ambienti di supporto alla realizzazione di progetti, come auspicato dalla ricerca. 3.1 Il percorso di ricerca e sviluppo in azione Per svolgere al meglio queste ricerche, abbiamo attuato il percorso di ricerca e sviluppo descritto nella sezione precedente. Illustriamo di seguito il percorso esemplificato (Fig. 2) in questo contesto come pure i modelli e gli strumenti sviluppati. Per riflettere sul problema del coinvolgimento degli studenti nelle attività collaborative a distanza, siamo partiti dalle pratiche pedagogiche (progetti) che avevamo elaborato in robotica pedagogica (Leroux & Vivet, 2000). Per questo lavoro, ci siamo anche appoggiati su uno studio approfondito delle teorie e delle pratiche dell’apprendimento collaborativo. Sulla base di queste analisi, abbiamo deliberatamente scelto la pedagogia del progetto come fondamento dell’approccio pedagogico soggiacente alle attività collaborative a distanza. Abbiamo allora elaborato il modello del doppio spazio cooperativo per la situazione d’apprendimento. A partire da uno studio della pratica della pedagogia del progetto nel contesto della distanza, abbiamo definito un modello di progetto distribuito. Questo modello, il modello della situazione d’apprendimento e le competenze implicate nel lavoro di gruppo, ci hanno permesso di definire le specificazioni necessarie per realizzare un ambiente di supporto ai progetti distribuiti. Da queste specificazioni è nato l’applicativo Splach1 che è stato sperimentato in due contesti diversi: un concorso di robotica per studenti delle scuole medie in Francia e un corso di programmazione per studenti della Tele-università del Québec. 1 Splach è un acronimo che sta per Support d’une pédagogie de Projet pour l’Apprentissage Collectif Humain, ossia Supporto ad una pedagogia del Progetto per l’Apprendimento Collaborativo Umano (ndt). 82 Pascal Leroux - Progettare ambienti tecnologici per l’apprendimento attraverso un percorso di ricerca e sviluppo 3.2 Modello del doppio spazio di cooperazione in un contesto di formazione a distanza Il lavoro è consistito, sostanzialmente, nel progettare un modello di situazione d’apprendimento nel quale delle macchine sono in grado di gestire le attività prescritte dall’insegnante e di cooperare con i discenti nel quadro delle loro attività. L’attività è stata organizzata in modo tale da consentire all’insegnante di seguire più gruppi operanti in laboratori distribuiti. Sul piano teorico, questo ci ha portato a considerare il problema della cooperazione tra gruppi di discenti, insegnante e ambienti tecnologici per l’apprendimento. La soluzione proposta consiste nel modellizzare la situazione d’apprendimento come uno spazio di cooperazione globale all’interno del quale l’insegnante interagisce con spazi di cooperazione locale (cfr. Fig. 2). Fig. 2 Modello della situazione d’apprendimento nei progetti distribuiti In uno spazio di cooperazione locale, i discenti cooperano tra loro nello svolgimento delle attività proposte dall’ambiente tecnologico. Questo gruppo interagisce con l’ambiente tecnologico secondo le modalità specifiche di ciascuna delle attività prescritte (e.g. navigazione di un hypermedia, programmazione di azioni, cooperazione alla realizzazione di un compito). Il software gestisce la presentazione delle attività, ottimizza il lavoro collaborativo del gruppo supportandolo e avvisa eventualmente l’insegnante in caso di problemi. Può essere anche previsto, in uno spazio di cooperazione locale, l’uso di supporti 83 Je-LKS — Applications - Vol. 4, n. 2, giugno 2008 didattici sotto forma di artefatti reali (e.g. dei micro-robot preassemblati) o di un micromondo materiale (e.g. dei mattoni per costruire dei micro-robot). In questo caso, i discenti sono indotti a manipolare degli artefatti reali, a costruirli e l’applicativo può controllare i loro movimenti, se sono guidati dal computer. Nello spazio della cooperazione globale, l’agente centrale è l’insegnante che allestisce e poi controlla, da un punto di vista globale, le attività in ciascuno degli spazi di cooperazione locale. Egli offre anche il suo aiuto, se occorre, ai discenti a livello locale. L’attività di controllo è facilitata dal fatto che l’insieme delle interazioni che avvengono tra gli agenti umani ed informatici passano attraverso la rete e possono così essere tracciati. 3.3 Modello di progetto distribuito La gestione del progetto e il coinvolgimento degli allievi sono spesso condizionati dall’impegno stesso degli allievi e dell’insegnante. Si tratta allora di creare le condizioni per facilitare tale impegno e lo sviluppo del progetto. A questo scopo proponiamo di modellizzare le attività di un progetto distribuito sulla base di un modello organizzativo dell’attività umana e di un modello generale di progetto (George & Leroux, 2001). L’organizzazione umana si struttura attorno ad un capo progetto, ruolo svolto da un insegnante, e ad una squadra. Il compito del capo progetto è di definire il progetto, formare la squadra, monitorare l’evoluzione del lavoro e supportare gli studenti. Dando all’insegnante il ruolo di capo progetto, gli si consente indirettamente di seguire il progetto. Per squadra intendiamo un insieme di tre soggetti apprendenti che si trovano a distanza e che sono coinvolti nello stesso progetto. Utilizziamo il termine soggetto apprendente perché può trattarsi sia di un unico individuo che di un gruppo di individui. Il nostro obiettivo nella strutturazione delle attività di progetto è quello di offrire un quadro metodologico di lavoro per gli studenti che faciliti la realizzazione dei progetti. Gli individui devono compiere uno sforzo consapevole e costante per coordinare il loro linguaggio e le loro attività, condividendo al tempo stesso le loro conoscenze; di qui l’interesse a strutturare il compito in modo da assicurare coordinamento, coerenza e ritmo alle attività progettuali. Proponiamo di modellizzare lo sviluppo di un progetto distribuito articolandolo in più fasi, ciascuna delle quali comporta un momento di lavoro asincrono seguito da un momento di attività sincrona (cfr. Fig 3). Nel momento asincrono, ogni membro della squadra svolge un compito specifico e redige un documento individuale; in quello sincrono, viene svolto un compito di squadra e viene redatto un documento in forma collaborativa. Tale documento servirà in seguito da base al lavoro asincrono per la fase successiva. Ovviamente, i discenti possono, dopo l’attività sincrona svolta in squadra, ritornare individualmente su quella fase. 84 Pascal Leroux - Progettare ambienti tecnologici per l’apprendimento attraverso un percorso di ricerca e sviluppo Fig. 3 Le fasi di un progetto distribuito Una volta stabilite le fasi, il capo progetto definisce un piano di lavoro e lo negozia successivamente con la squadra. In ogni caso, il passaggio da una fase all’altra viene deciso e autorizzato solo dal capo progetto. Questo tipo di controllo permette un avanzamento in parallelo dei lavori dei gruppi, il rispetto rigoroso di quanto pianificato e un lavoro di squadra consapevole e strutturato che dovrebbe condurre la squadra a conseguire coesione sociale e una produzione comune corrispondente agli impegni prefissati. 3. 4 L’applicazione Splach E’ su queste basi, ossia sul modello della situazione d’apprendimento e della strutturazione dei progetti distribuiti, che l’applicativo Splach è stato sviluppato. Esso comprende (George e Leroux, 2001): 85 Je-LKS — Applications - Vol. 4, n. 2, giugno 2008 • uno strumento di documentazione per redigere dei resoconti nel corso del progetto a partire da documenti preimpostati forniti dal capo progetto. Questo strumento permette anche di consultare i documenti della squadra, quelli personali e quelli dei colleghi; • uno strumento di pianificazione che consente agli studenti di coordinarsi mostrando tutte le fasi e la pianificazione dei tempi; • uno strumento per incontri sincroni con tre funzioni essenziali: consentire la condivisione e la redazione collaborativa di documenti, supportare la conversazione e assicurare una sensazione reciproca di presenza (cfr. Fig. 4); • strumenti di comunicazione asincrona (posta elettronica e forum di discussione); • strumenti specifici del dominio di conoscenza in questione. Fig. 4 L’interfaccia di Splach durante un incontro sincrono. 3.5 Sperimentazione di Splach Splach è stato sperimentato in due contesti molto diversi. Una prima sperimentazione è stata realizzata in Francia con quindici allievi della scuola media inferiore (13-14 anni) nel campo dell’insegnamento dell’informatica. L’obiettivo dei progetti era di costruire dei robot per partecipare ad un concorso di robotica. La sperimentazione è durata tre mesi e gli studenti 86 Pascal Leroux - Progettare ambienti tecnologici per l’apprendimento attraverso un percorso di ricerca e sviluppo hanno utilizzato Splach per circa due/tre ore alla settimana. In fase finale è stato necessario svolgere un’attività collaborativa in presenza allo scopo di integrare i sottosistemi realizzati dalle varie squadre e pervenire ad un unico robot per il concorso. La seconda sperimentazione si è svolta presso la Tele-università del Québec. Sei studenti che seguivano dei corsi di programmazione a distanza hanno formato due gruppi per circa sei settimane (novembre/dicembre 2000) con più di sessanta ore di connessione al sever. Gli studenti lavoravano poi a casa, svolgendo consegne di carattere applicativo che coincidevano con quelle dei loro corsi. Il progetto si articolava in quattro fasi: analisi, progettazione, programmazione e integrazione. L’obiettivo generale era quello di far lavorare gli studenti alla realizzazione di un programma in modalità collaborativa, rendendo cioè responsabile ogni studente dello sviluppo di certe funzioni del programma. Un tutor della Tele-università ha svolto il ruolo di capo progetto per guidare le squadre. Le sperimentazioni si sono svolte con studenti che all’inizio non si conoscevano. I risultati delle sperimentazioni mostrano che si sono coinvolti, hanno interagito regolarmente e hanno effettivamente collaborato, in particolare grazie a Splach: l’obiettivo iniziale dei progetti è stato raggiunto. Questi elementi sembrano confermare le nostre ipotesi di ricerca. Prima di tutto, la creazione delle condizioni per una vera attività collaborativa (in questo caso, di carattere progettuale) ha fatto sì che si sviluppassero interazioni significative tra i discenti. In secondo luogo, il supporto dell’ambiente tecnologico e la strutturazione delle attività collaborative hanno sollecitato i discenti ad interagire. 4 Conclusione Il percorso di ricerca e sviluppo, qui presentato, si basa su problematiche emerse sul campo, su una modellizzazione della situazione d’apprendimento e sulle teorie e pratiche d’apprendimento ad essa sottese; al tempo stesso esso si fonda sulla sperimentazione in ambito ecologico e sull’interesse di pervenire allo sviluppo di un prodotto. Crediamo che questo percorso possa servire da base sia per l’attuazione di un percorso di ricerca sugli ambienti tecnologici d’apprendimento sia per lo sviluppo di applicazioni educative in una logica più industriale. Tale percorso costituisce, a nostro avviso, un contributo alle ricerche nel campo dell’ingegneria degli ambienti tecnologici d’apprendimento, a partire dalla messa in atto di una teoria o pratica dell’apprendimento. 87 Je-LKS — Applications - Vol. 4, n. 2, giugno 2008 BIBLIOGRAFIA Dubourg X., Delozanne D., Grugeon B. (1995), Situations of interaction in learning environment: the system REPERES, in: ICCE’95, 396-403, Singapour. George S., Leroux P. (2001), Project-Based Learning as a Basis for a CSCL Environment: an Example in Educational Robotics, in: Dillenbourg P., Eurelings A. and Hakkarainen K. (eds.), European Perspectives on Computer-Supported Collaborative Learning. 269-276, Maastricht. Leroux P., Vivet M. (2000), Micro-robots Based Learning Environments for Continued Education in SMEs, The Journal of Interactive Learning Research, 11(3/4), 435465. Nonnon P. (1993), Proposition d’un modèle de recherche-développement technologique en éducation, in: Denis B., Baron G.-L. (eds.), Regards sur la robotique pédagogique, Actes du 4ème Colloque International sur la Robotique Pédagogique, 147-154, Liège. 88