progetto integrato per la gestione delle risorse acquatiche e la

Transcript

progetto integrato per la gestione delle risorse acquatiche e la
PROGETTO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE RISORSE ACQUATICHE E LA
FORMAZIONE DEGLI OPERATORI NELLA FASCIA COSTIERA ORIENTALE DELLA
PROVINCIA DI PALERMO - LA RACCOLTA DATI
Inquadramento geografico e ambientale
La fascia costiera interessata dal progetto ricade nella Sicilia nord-occidentale da Capo Zafferano a
ovest fino alla foce del fiume Pollina ad est,, nel territorio della provincia di Palermo ed include il
Golfo di Termini Imprese, delimitato ad ovest da Capo Zafferano e ad est dal promontorio formato
dalla rocca di Cefalù. Tale area è compresa nella Carta Nautica n. 15, edita dall'Istituto Idrografico
della Marina alla scala 1:100.000 in Proiezione di Mercatore.
Si tratta di un territorio densamente popolato, in cui sono presenti tutti gli aspetti
dell’antropizzazione, risalente a moltissimi secoli fa: dai centri abitati costieri, all’edilizia
residenziale e di villeggiatura, dai complessi turistici a quelli industriali, da una fiorente agricoltura
ad una elevata attività di pesca, se si considera che al suo interno comprende marinerie di stampo
semi-industriale come Porticello (secondo porto siciliano per TSL), e prettamente artigianali come
Termini Imerese, S. Nicola l’Arena e Cefalù.
La fascia costiera
Il settore orientale della provincia di Palermo è esteso per circa 80 km di sviluppo costiero.
Geograficamente è possibile distinguere 3 unità fisiografiche delimitate grosso modo dai bacini
idrografici esistenti:
- la prima unità comprende la parte occidentale del Golfo di Termini Imerese, fino al Monte S.
Calogero. In questa zona la costa è alta, rocciosa e caratterizzata dalla presenza di un grosso scoglio
a poca distanza dalla costa, detto “lo Scarpone” per la sua forma.
Si aprono sulla costa due piccoli borghi marinari, S. Elia e S. Nicolicchia, con le caratteristiche
case a strapiombo sul mare e le profonde insenature, dove si riparano le barche dei pescatori
artigianali locali.
L'adiacente porto di Porticello a Santa Flavia è invece uno dei più grossi centri pescherecci della
Sicilia ed ospita una flotta costituita da centinaia di unità anche di grosso tonnellaggio. Costituito da
un molo foraneo e da un molo sottoflutto, si prolunga in un litorale che inizialmente si presenta
roccioso e riceve lo scarico di S. Flavia e prosegue poi in località Olivella, con una spiaggetta
protetta ad est da un paio di scogliere frangiflutti. Le abitazioni di villeggiatura e gli alberghi si
infittiscono sempre più procedendo verso il promontorio di Solanto, sede di un’antica tonnara, e
l'accesso da terra è impedito dalle recinzioni e dai cancelli delle costruzioni.
In località Fondachello, antistante l’abitato di Casteldaccia, il litorale è protetto da una serie di
barriere frangiflutti che creano situazioni di ristagno delle acque nel periodo estivo, anche a causa
della presenza di scarichi fognari non trattati.
Da qui inizia una stretta spiaggia ghiaioso-sabbiosa che soltanto all'altezza di Altavilla Milicia si
presenta rimpinguata dagli apporti dei torrenti Milicia, utilizzato anche come collettore fognario, e
San Michele. In questa zona il litorale e il mare antistante si presentano molto degradati e in stato di
completo abbandono.
Presso Torre Colonna sorge il complesso turistico-balneare dello "Sporting Club" ed il litorale
alterna calette ghiaiose chiuse da piccoli speroni rocciosi a tratti di costa bassa e rocciosa fino
all’imponente promontorio di Capo Grosso, sovrastato dalla torre Normanna con alle spalle
l’omonimo villaggio turistico.
La parte occidentale e centrale di quest'area è costituita dalle dorsali dei Monti di Trabia e del
Monte San Calogero di Termini Imerese, che rappresentano il raccordo naturale tra i Monti di
Palermo e le Madonie. Fra la dorsale montuosa e il mare si trovano terreni plio-pleistocenici,
rappresentati da sabbie argillose più o meno cementate, da sedimenti alluvionali terrazzati dal mare
pleistocenico e da detriti provenienti dai rilievi calcarei e calcareo-dolomitici: la presenza di terrazzi
indica sollevamenti notevoli avvenuti nel corso del Pleistocene.
Superato Capo Grosso la linea di costa alterna tratti rocciosi e spiaggette ciottolose e ghiaose, fino a
San Nicola l'Arena, frazione balneare del comune di Trabia, dotata di un porto ben organizzato e
protetto dalle mareggiate, utilizzato sia dai pescatori locali sia da diportisti: si tratta indubbiamente
del migliore porto turistico presente lungo la costa palermitana.
Sede di una delle più antiche tonnare siciliane, ormai dismessa, S. Nicola ha visto crescere negli
ultimi decenni le dimensioni del suo porto, inizialmente destinato alla pesca artigianale, per poi
trasformarsi nell'attuale approdo turistico.
Superata S. Nicola fino a Trabia il litorale è pressoché rettilineo e occupato da spiagge sabbioghiaiose alternate a piccoli tratti rocciosi, protetti in alcuni tratti da barriere frangiflutti: l’intera
fascia costiera è occupata da seconde case, costruite a pochi metri dal mare.
All’altezza del paese di Trabia la costa è protetta da una serie di barriere frangiflutti parallele alla
costa, utilizzate per il riparo di piccole imbarcazioni da diporto e da pochi pescatori locali,
soprattutto nel periodo estivo. Lungo questa costa si trovano rimarchevoli testimonianze del
passato, legate al mare, come la Tonnara di Trabia, oggi trasformata in albergo di lusso, e
l’adiacente Castello Lanza, appartenuto ai principi di Trabia, situato su un costone roccioso a picco
sul mare.
Oltrepassata Trabia la linea di costa si fa più frastagliata, con alternanza di tratti ciottolosi e punte
rocciose più o meno prominenti; dopo la località denominata “Pietra Piatta” si arriva in pochi
chilometri alla rupe di Termini Imerese: su questo tratto di litorale, occupato prevalentemente da
spiagge ciottolose, si apre la foce del fiume S. Leonardo, recentemente sbarrato da una diga poco a
monte, e che quindi non porta quasi più acqua e sedimenti al mare, con la conseguenza che la lunga
spiaggia è attualmente in regressione.
La città di Termini Imerese, sorta su una rupe calcarea alle falde del Monte S. Calogero (1.326
s.l.m.), è uno dei più grandi centri abitati della Sicilia settentrionale: il suo porto, ampliato nel dopo
guerra, oltre ad ospitare una nutrita marineria prevalentemente artigianale, ha caratteristiche
commerciali e industriali, tanto che è utilizzato in alternativa al porto di Palermo per lo sbarco di
navi mercantili;
- la seconda unità interessa la parte orientale del territorio di Termini Imerese e arriva fino a Capo
Plaia. La fascia costiera orientale è ormai completamente stravolta da un susseguirsi di barriere
frangiflutti che cingono l’intera area delle falde del monte S. Calogero, erette a protezione della
strada a scorrimento veloce che collega la città con la limitrofa area industriale: all’interno di queste
barriere si sono creati spazi acquei poco profondi, in alcuni dei quali sono ormeggiate piccole
imbarcazioni da diporto.
Il settore centrale dell’area ha inizio con la lunga piana costiera, formata dalle alluvioni dei fiumi
Torto e Imera settentrionale, che sfociano in questa zona. I due fiumi drenano il territorio delle
Madonie occidentali e dei monti di Termini, apportando al mare ingenti quantitativi di sedimenti,
soprattutto nel periodo invernale, nonostante le opere di regimazione e cementificazione degli alvei
realizzate nel dopoguerra.
Il litorale immediatamente adiacente la foce del Fiume Torto è occupato dagli impianti della
centrale termoelettrica dell’E.N.E.L., dotata anche di un lungo pontile per lo sbarco di prodotti
petroliferi, che si protende in mare per oltre due chilometri. A circa cinquecento metri da riva è
situato, lungo lo stesso pontile, l'impianto di presa dell'acqua utilizzata per il raffreddamento della
centrale; facilmente visibile a poca distanza dalla costa è il refluo delle acque calde immesse in
mare, lo scarico delle acque bianche e quello fognario dell'impianto E.N.E.L.. Ovviamente
l’insediamento della centrale ha avuto un notevole impatto sull’intera zona: la spiaggia è deturpata
anche da discariche di materiali incoerenti e da numerose barriere frangiflutti che si susseguono
lungo il litorale. Nella zona sono presenti inoltre numerosi insediamenti industriali, fra i quali si
segnalano per importanza lo stabilimento della FIAT e alcune fabbriche conserviere.
Il tratto di spiaggia compreso tra le foci del fiume Torto e dell'Imera orla una pianura costiera nota
come Piana di Buonfornello, dove vengono tuttora coltivati in abbondanza agrumi ed ulivi e colture
orticole come il carciofo.
Le condizioni in cui versa il litorale non migliorano affatto: gli edifici e gli impianti in fase di
demolizione della grandiosa e mai funzionante "Chimica del Mediterraneo" dominano il paesaggio;
un pontile, più breve del precedente, si protende inutilmente in mare preceduto a ponente da diverse
barriere di massi frangiflutti e fiancheggiato a levante da un grosso scarico fognario e da discariche
di materiali vari che insistono sulla costa fino a poca distanza dalla foce del fiume Imera. Il
pessimo stato del litorale e del mare non scoraggia, durante la stagione estiva, la balneazione
proprio nell'area del vecchio pontile.
Oltrepassata la foce del fiume Imera la spiaggia tende lentamente a riacquistare un aspetto più
naturale, mentre l'entroterra continua a presentarsi intensamente coltivato.
L’intensa urbanizzazione degli ultimi anni, soprattutto nei territori di Buonfornello (Termini
Imerese), Lascari e Campofelice di Roccella, sta purtroppo cancellando gli ultimi tratti naturali
della fascia costiera, e con essi i complessi dunali, ormai ridotti a pochi lembi. Complessi vegetati,
anche se molto degradati, si ritrovano alle foci dei pochi torrenti come il Piletto e il Roccella. Con la
bella spiaggia di "Salinelle", in territorio di Lascari, la piana di Termini si esaurisce in prossimità
dello sperone roccioso di Capo Plaia;
- la terza unità inizia a Capo Plaja, arriva a Capo Raisigerbi e termina alla foce del fiume Pollina,
confine orientale della Provincia di Palermo. Capo Plaja costituisce il primo contrafforte roccioso
della costa di Cefalù: rappresenta una delle propaggini a mare della catena delle Madonne. I
substrati geologici, in questa zona costiera, sono prevalentemente quarzarenitici del Trias superiore
- Miocene inferiore, denominati Flysch numidico, quindi molto diversi dai substrati calcareodolomitici e calcarenitici che dominano nel versante occidentale della provincia di Palermo.
Da Capo Plaia comincia un litorale molto movimentato, che alterna falesie, cale, spiaggette e
promontori rocciosi, orlati da scogli e faraglioni; oltre Capo S. Lucia si estende poi la spiaggia di
Cefalù che termina nel vecchio porticciolo situato prima della Rocca.
Molto suggestive sono in questa zona la Baia dei Sette Emiri e Cala Mazzaforno, prima di Punta S.
Lucia, difficilmente accessibili da terra. In questa zona, oltre a numerosi impianti alberghieri, si
trova il Castello Ortolani di Bordonaro, oggi sede di rappresentanza del Comune di Cefalù.
La spiaggia di Cefalù, lunga circa 2 km e di natura prevalentemente sabbiosa, è quasi tutta destinata
alla libera balneazione e circa a metà della sua lunghezza riceve un piccolo corso d’acqua a
carattere stagionale. Essa termina in corrispondenza del centro storico di Cefalù su cui si apre il
porto vecchio, riparato da un molo frangiflutti.
Cefalù sorge alle pendici dell’omonima Rocca, che rappresenta una discontinuità geologica, rispetto
alle caratteristiche della zona: è infatti un baluardo calcareo appartenente ai cosiddetti “Calcari di
Cefalù”, di età Giurassico superiore – Cretaceo medio. Si tratta di calcari recifali di colore grigiobluastro a grana fine a Rudiste, Gasteropodi e Coralli marini.
Il litorale è interamente roccioso e calcareo, sormontato dalle carateristiche abitazioni del centro
storico di Cefalù.
Alle falde della Rocca troviamo il porto nuovo di Presidiana, al cui interno sfocia l'omonima
sorgente; all'esterno del molo foraneo si trova lo scarico fognario del paese e le strutture
dell'impianto di depurazione. Il porto, dotato di pontili mobili e banchine, racchiude una spiaggia
poggiata al promontorio di Torre Kalura, dove si trova l'omonimo albergo.
Oltrepassata la Kalura la costa è ancora prevalentemente rocciosa e interessata dalla presenza di
grandi massi crollati; in questo tratto è stato realizzato un grosso intervento di riempimento del
materiale cavato dalle gallerie dell’autostrada Palermo – Messina all’interno di una barriera
artificiale, che surrettiziamente è stato fatto passare per un’azione di protezione della costa
dall’erosione marina. Ciò ha portato all’avanzamento della linea di costa di alcune centinaia di
metri in un tratto di circa 1 km, con lo snaturamento dei luoghi originari.
Il litorale che segue, esteso per circa 10 km, è un continuo intervallarsi di coste rocciose e spiagge
ciottolose e ghiaiose, fra le quali si ricordano la spiaggia di S. Ambrogio e quella di Finale di
Pollina, sul versante occidentale di Capo Raisigerbi.
Il territorio costiero è composto prevalentemente da terreni appartenenti al dominio Numidico e
costituiti da un’alternanza di peliti brune e di quarzareniti grigio-rossastre in banchi.
In questa zona sia la statale 113 che la ferrovia costeggiano il mare, e ciò ha indotto la edificazione
di poderose barriere fatte di muraglioni e di massi frangiflutto sulla spiaggia, a difesa delle opere
pubbliche.
Nel complesso si tratta di un litorale non molto antropizzato, grazie anche alla accentuata pendenza
dei contrafforti madoniti, che qui arrivano fino al mare.
Nella zona di Capo Raisigerbi, unico promontorio degno di rilievo nella zona, troviamo anche
alcune testimonianze del passato come la torre Conca ad ovest e la Torre del Marchese, inglobata
nell’abitato di Finale di Pollina.
La provincia di Palermo termina quasi in corrispondenza con la foce del Fiume Pollina, che drena
una porzione delle Madonie di circa 335 km2; il tratto finale del Pollina è ormai interamente
cementificato, come del resto lo è purtroppo la gran parte dei fiumi siciliani.
La costa in questa zona ridiventa bassa e occupata da ciottoli fluviali, per una lunghezza di circa
700 m. Parallelamente alla costa sono state realizzate cinque barriere frangiflutti emerse, che
smorzano l’azione erosiva del mare e contribuiscono al ripascimento della spiaggia.
Lungo la foce del Fiume Pollina, inserita all’interno di un S.I.C., sono ben rappresentati aspetti di
boscaglie ed arbusteti ripariali a dominanza di Tamarix africana: la foce è inoltre un punto di
ritrovo per uccelli migratori.
Lineamenti bionomici
Il Golfo di Termini Imerese può essere suddiviso, dal punto di vista bionomico, in due settori,
occidentale e orientale, il cui punto di demarcazione è situato grosso modo in corrispondenza del
porto di Termini Imerese. La zona occidentale del golfo rappresenta, dal punto di vista geomorfologico, la prosecuzione del litorale nord-occidentale siciliano, caratterizzato da monti calcarei
e piane calcarenitiche con tratti sabbiosi soprattutto nelle baie e insenature. La zona orientale,
invece, è di diversa natura geologica, prevalentemente flyschioide e quarzarenitica, rappresentando
le propaggini in mare della catena delle Madonie, eccezion fatta per il promontorio calcareo di
Cefalù.
A partire da Capo Zafferano la linea di costa presenta un'alternanza di tratti alti e rocciosi e piccole
calette sabbio-ghiaiose nella parte più occidentale del golfo, fino quasi all'abitato di Casteldaccia;
da qui in poi il litorale si fa più pianeggiante con ampi tratti occupati da spiagge più o meno estese e
basse scogliere di natura calcarenitica; unico promontorio degno di nota è Capo Grosso. Dopo
Termini Imerese incomincia l'omonima piana che è bordata da una spiaggia ininterrotta fino a Capo
Plaia; oltre questa zona la costa è prevalentemente rocciosa, soprattutto sulle punte (Mazzaforno,
Capo S. Lucia), ma interrotta da ampi tratti sabbiosi (ICRAM, 1994).
Le batimetriche seguono abbastanza fedelmente la linea di costa, allontanandosene molto
soprattutto nella parte centrale ed orientale del Golfo: i -100 m si ritrovano a oltre 10 km dalla
costa.
Le biocenosi bentoniche che si insediano lungo la fascia costiera in questione si presentano
abbastanza diversificate nella parte occidentale, mentre sono molto più monotone nella parte centroorientale, a causa della morfologia costiera e della composizione dei fondali
La carta delle biocenosi è stata elaborata georeferenziando ed inserendo in G.I.S. le cartografie
provenienti dai ICRAM, 1994 e CEOM, 2002.
Da Capo Zafferano fino a Porticello la costa è nel complesso alta e rocciosa inframmezzata da
piccole baie ghiaiose: sul solco di battente si insedia il marciapiede a Vermeti (Dendropoma
petraeum), formazione tipica di questi ambienti nella Sicilia occidentale (CHEMELLO et al., 1990),
bordato dalla cintura a Cystoseira amentacea v. stricta, cui segue in profondità una breve fascia
occupata da popolamenti ad alghe fotofile e chiazze di Posidonia oceanica prevalentemente su
roccia.
Poco al largo il fondale risale fino a circa -9 m con la cosiddetta secca della Chianca che ospita
popolamenti fotofili e prosegue in profondità con facies sciafile del precoralligeno (Flabellia
petiolata, Codium bursa, Peyssonnelia spp.) e del Coralligeno senza bioconcrezionamenti,
caratterizzato dalla presenza di Gorgonie bianche (Eunicella spp.).
Sotto i -40 m incomincia il fondale mobile, inizialmente caratterizzato da sabbie grossolane e in
seguito detritiche (biocenosi DC), con segni di infangamento. Segue la biocenosi dei Fanghi
Terrigeni Costieri (VTC) con Turritella communis molto frequente. Di fronte Porticello il fondale
emerge con lo scoglio della Formica che presenta pareti verticali fino al circalitorale: preponderanti
anche qui sono i popolamenti afferenti al Coralligeno senza bioconcrezionamenti.
Caratteristici sono gli affioramenti rocciosi profondi, che ospitano biocenosi Coralligene con
preponderanza di Briozoi, Poriferi e Antozoi coloniali, e che rappresentano delle zone di pesca
molto importanti per le marinerie artigianali locali.
Nelle baie di S. Elia e Porticello gli elevati livelli di inquinamento organico causano lo sviluppo sui
bassi fondali di facies nitrofile caratterizzate da Ulva rigida ed Enteromorpha spp..
Oltrepassato il porto di Porticello, sito molto inquinato da scarichi fognari ed occupato in larga parte
da prati a Caulerpa prolifera, la fascia costiera è caratterizzata inizialmente da fondali rocciosi su
cui si insediano per lo più facies nitrofile o fotofile di moda calma con prevalenza di Cystoseira
compressa, Corallina elongata e Colpomenia sinuosa, mentre a seguire i fondali sono occupati da
un'ampia prateria di Posidonia oceanica, sviluppantesi su sabbia e matte e che arriva a circa -20 m:
sono presenti fra i rizomi numerosi individui di Pinna nobilis.
Oltre questa fascia troviamo subito substrati infangati con predominanza della biocenosi VTC con i
Molluschi Turritella communis, Abra nitida, e il Polichete Sternaspis scutata; questa biocenosi è
una costante in tutto il Golfo di Termini Imerese a partire dai -20, -30 m di profondità, in alcuni
tratti preceduta da fasce di transizione caratterizzate dal Polichete Ditrupa arietina.
In corrispondenza della Punta di Solanto e oltre, fino all'abitato di Casteldaccia, il substrato è
prevalentemente roccioso e per lo più colonizzato da specie appartenenti alla Biocenosi ad Alghe
fotofile (AF) e dalla prateria di Posidonia oceanica. Inizia qui una spiaggia sabbio-ghiaiosa mista a
rocce che, con qualche interruzione, arriva fino a Capo Grosso.
Capo Grosso è un promontorio roccioso abbastanza alto, che prosegue in mare per alcune decine di
metri fino a circa -10 m di profondità; il litorale è bordato da un potente marciapiede a Vermeti
(Dendropoma petrauem) a cui segue in profondità una fascia ad Alghe fotofile mista a macchie di
Posidonia oceanica, non molto estese. La roccia si interrompe su una spianata sabbiosa su cui
prevale la biocenosi SFBC con Donax semistriatus, Chamelea gallina, Nassarius mutabilis e N.
pygmaeus, ed interessata da densi prati di Cymodocea nodosa fino a circa -20 m. Più oltre troviamo
la biocenosi VTC.
Da qui fino ad oltre l'abitato di Trabia il litorale è basso e prevalentemente occupato da spiagge
sabbiose e ghiaiose, anche se non mancano tratti rocciosi; il porticciolo di S. Nicola l'Arena e
alcune opere di protezione del litorale sono intervenuti, insieme alla massiccia urbanizzazione della
fascia demaniale, a modificare pesantemente questo tratto di litorale dove non mancano ovviamente
gli scarichi fognari, anche se per lo più convogliati in condotte sottomarine.
Nonostante ciò in questo tratto resiste ancora una rigogliosa prateria di Posidonia oceanica,
prevalentemente impiantata su roccia calcarenitica, che arriva praticamente a terra (CALVO et al.,
1995); la presenza di estesi tratti di “recif-barriere” di Posidonia, con l'ammortizzamento notevole
del moto ondoso, ha consentito l'edificazione di interi condomini a due passi dal mare, così come
avvenuto nel Golfo di Carini (PA) (TOCCACELI & ALESSI, 1989; TOCCACELI, 1990).
Oltre il limite inferiore della prateria, a partire da 20-25 metri di profondità fino a circa -60 metri
sussistono ancora le strutture sommerse (ancoraggi, blocchi in pietra, ecc) dell'antica tonnara di S.
Nicola, che ha funzionato fino a circa 30 anni fa; tali strutture costituiscono un valido deterrente per
la pesca a strascico.
A profondità di circa 22-25 metri si assiste alla brusca transizione fra la prateria di Posidonia
oceanica e il substrato mobile infangato, che avviene in presenza di un'"orlata", ossia di una linea di
paleo-costa attualmente colonizzata da un rigoglioso popolamento pre-coralligeno caratterizzato da
organismi bio-costruttori (alghe calcaree, briozoi, spugne, ecc.). L'orlata è una zona molto
interessante per la piccola pesca costiera in quanto accoglie numerosi contingenti di specie
economicamente importanti, come cernie, sparidi e aragoste.
Interessante è in questa zona è il cosiddetto “orlo di Caccamo”, uno stretto rialzo roccioso parallelo
alla linea di costa lungo circa 700 m, situato ad una profondità di circa -25 metri di profondità a
circa 2 km al largo del litorale est di Trabia: si tratta probabilmente della prosecuzione dell’orlata
descritta in precedenza ed è completamente ricoperto da una prateria di Posidonia oceanica su
roccia e matte molto infangata, con alla base numerose cavità e anfratti che ospitano popolamenti
ittici molto importanti per la presenza di saraghi e cernie.
Dopo Trabia la prateria mostra larghi spiazzi di sabbia su cui si afferma la biocenosi SFBC e si
esaurisce completamente in corrispondenza della località “Pietra Piatta”; su sabbia si sviluppa anche
qui la facies a Cymodocea nodosa, che anzi in questa zona prima del porto di Termini Imerese trova
il massimo sviluppo.
Oltrepassata la foce del S. Leonardo (il cui corso è bloccato poco a monte dalla costruzione della
diga Rosamarina) il litorale è prevalentemente sabbioso e la spiaggia continua fino alla diga foranea
del porto di Termini Imerese. L'area portuale è interessata da fenomeni di insabbiamento che
costringono a continui lavori di dragaggio; ne consegue un perenne stravolgimento dei fondali che
sono quindi per lo più colonizzati da specie opportuniste e resistenti all'inquinamento.
Superata l'area prettamente portuale, il litorale roccioso è pesantemente stravolto dalla costruzione
di una fila di imponenti barriere frangiflutti, erette a protezione della strada costiera e della ferrovia;
al loro interno trovano riparo numerose imbarcazioni da pesca e da diporto mentre i bassi fondali
sono colonizzati da un popolamento di tipo pseudo-lagunare con prevalenza di Caulerpa prolifera,
Cymodocea nodosa, Zostera noltii e Halophila stipulacea, fanerogama marina originaria del Mar
Rosso che è stata segnalata più volte in Sicilia orientale e alle isole Eolie (ACUNTO et al., 1996a-b;
ALONGI et al, 1993; CANCEMI et al, 1994): questa è la prima segnalazione per la Sicilia
occidentale, segno che l'areale di distribuzione si sta espandendo.
Queste barriere sono praticamente attaccate alla serie di opere marittime a servizio e a protezione
della successiva area industriale, comprendente la grande centrale ENEL “Tifeo”, e vari altri
stabilimenti fra cui spicca l'imponente struttura della “Chimica del Mediterraneo”, del resto mai
entrata in funzione. Si ritrovano quindi, a distanza ravvicinata, tre pontili d'attracco per navi
mercantili, uno scarico per le acque di raffreddamento della centrale termoelettrica e numerose
barriere frangiflutti, nonchè la foce interamente cementificata del Fiume Torto. I manufatti sono
colonizzati prevalentemente da popolamenti nitrofili (Ulvales), mentre sui piloni dei pontili si
ritrovano interessanti concrezionamenti a dominanza di Briozoi (Schizoporella spp. e
Schizobrachiella spp.) e dense mitilaie (Mytilus galloprovincialis).
All'altezza dello svincolo di Buonfornello si trova la foce di uno dei più grandi corsi d'acqua della
Sicilia settentrionale, il Fiume Imera settentrionale, che drena un ampio bacino comprendente le
Madonie occidentali. Con le piene invernali il fiume scarica nel Tirreno ingentissimi quantitativi di
sedimenti che vanno ad alimentare le spiagge e i fondali della fascia costiera orientale del Golfo di
Termini Imerese. Questa zona è infatti interamente occupata da una lunga spiaggia i cui prospicienti
fondali sono caratterizzati da biocenosi di substrato mobile (SFHN, SFBC, DC e VTC) con gli
organismi caratteristici già citati in precedenza; da segnalare anche qui la presenza di estese facies a
Cymodocea nodosa fino a quasi -20 m di profondità.
L'area costiera antistante la foce di questi fiumi è una importante nursery per numerose specie
pregiate (LOPIANO et al., 1992) e l'attività di pesca è molto intensa, soprattutto nei mesi invernali
quando è periodo di "neonata" di sardina.
A Capo Plaia si interrompe la spiaggia e incomincia una costa mediamente alta e rocciosa che però
non prosegue che per pochi metri sott'acqua. In quest'ambiente non troviamo il marciapiede a
Vermeti che caratterizzava il Mesolitorale inferiore e la Frangia infralitorale delle coste calcaree
della Sicilia occidentale, ma una breve cornicetta a Lythophyllum lichenoides seguito sulla Frangia
dalla cintura a Cystoseira amentacea v. stricta e presenze di Rissoella verrucolosa, alga Rodoficea
caratteristica di ambienti non calcarei. Sul fondo si ritrova una stretta fascia a Posidonia oceanica
su roccia e quindi il substrato mobile occupato dalla biocenosi SFBC, con facies a Cymodocea
nodosa.
Questa situazione si protrae fino al promontorio di Cefalù, “enclave” di natura calcarea dove
ritroviamo un piccolo marciapiede a Vermeti. Sulla Frangia si insediano specie appartenenti
all'associazione Pterocladio-Ulvetum e Cystoseira compressa, a testimonianza dell'instabilità
ecologica e della parziale compromissione dell'ambiente costiero, causato dagli scarichi del centro
abitato. Sui brevi fondali rocciosi con cui si prosegue la Rocca in mare ritroviamo la biocenosi ad
Alghe fotofile e la prateria di Posidonia oceanica, sempre su roccia; più al largo si insedia la
sequenza di biocenosi già segnalata in precedenza.
A seguire i fondali che vanno da Cefalù fino a Capo Raisigerbi ricalcano la situazione già descritta
per il litorale precedente (Capo Plaja), con prevalenza di fondi mobili, occupati da sabbie e
sedimenti infangati, mentre i substrati rocciosi sono confinati in prossimità del litorale, con
presenza della biocenosi AF (Alghe fotofile)
In corrispondenza della punta è presente una prateria di Posidonia oceanica di estensione limitata,
su matte e sabbia.
Lineamenti geomorfologici
La fascia costiera e l’entroterra del Golfo di Termini Imerese mostrano un insieme di unità
stratigrafico-strutturali di età mesozoico-paleogenica, sovrapposte geometricamente da nord verso
sud.
La parte occidentale e centrale di quest'area è costituita dalle dorsali dei Monti di Trabia e del
Monte San Calogero di Termini Imerese, che rappresentano il raccordo naturale tra i Monti di
Palermo e le Madonie (ABATE et al., 1988).
La parte compresa tra Termini Imerese e Capo Plaia ha un andamento pressoché rettilineo. Lungo
questo tratto l'affioramento principale è rappresentato dai terrazzi marini pleistocenici della Piana di
Buonfornello che danno luogo a coste basse, sabbioso-ghiaiose e ciottolose (AMORE et al., 1997).
Procedendo da Capo Plaia verso Cefalù la costa si fa alta e rocciosa con limitate spiagge presenti
nelle calette. Questa zona è caratterizzata dall'affioramento delle arenarie quarzose del “Flysch
Numidico”.
In quest'area i terreni affioranti permettono di riconoscere:
a) successioni mesozoico-paleogeniche con caratteri di bacino e di piattaforma carbonatica,
appartenenti al dominio paleogeografico imerese rappresentati da successioni calcaree e
calcareo-dolomitiche triassiche;
b) terreni appartenenti ai domini più interni (Sicilidi), rappresentati da coltri alloctone di “Argille
Variegate” contenenti blocchi più o meno estesi di calcilutiti biancastre riconducibili alla facies
tipica di “Polizzi” e di arenarie quarzose simili a quelle del “Flysch Numidico”;
c) terreni della formazione Terravecchia, costituiti prevalentemente da sabbie, marne arenacee,
arenarie, argille e talvolta potenti intercalazioni conglomeratiche a ciottolame quarzarenitico
derivato dal “Flysch Numidico”;
d) terreni della serie gessoso solfifera, chiusi al top dalle marne biancastre a Globigerinidi (Trubi);
e) terreni plio-pleistocenici, rappresentati da sabbie argillose più o meno cementate, da sedimenti
alluvionali terrazzati dal mare pleistocenico e da detriti provenienti dai rilievi calcarei e
calcareo-dolomitici nonchè dai terreni plio-pleistocenici medesimi.
I principali corsi d'acqua che sboccano in questo tratto di costa sono da ovest verso est: il Torrente
Milicia, il Fiume San Leonardo, il Fiume Torto e il Fiume Grande (Imera).
Si tratta di corsi d'acqua che presentano i loro alvei particolarmente incassati, e con le loro vallate
che si addentrano all'interno dell'isola, costituiscono delle importanti vie di comunicazione per
l’entroterra siciliano.
Il fiume S. Leonardo è attualmente sbarrato dalla diga Rosamarina, inaugurata nel 1990: da allora il
S. Leonardo è praticamente asciutto nel suo tratto terminale e la spiaggia presso la foce è in netta
erosione.
Lungo la fascia costiera ed in corrispondenza dei letti e fianchi dei fiumi Torto ed Imera, si hanno
notevoli spessori dei depositi alluvionali sabbiosi, argillosi e ciottolosi. Tali depositi raggiungono il
massimo spessore in corrispondenza di detti fiumi, dove possono superare i 50 metri.
Di grande interesse morfotettonico sono i numerosi terrazzi pleistocenici della fascia costiera
termitana, che indicano sollevamenti notevoli avvenuti nel corso del Pleistocene.
La piattaforma continentale del Golfo di Termini Imerese è abbastanza estesa, da un massimo di 13
km nel settore centrale del golfo ad un minimo di 3.5 - 4 km in corrispondenza delle estremità
occidentale e orientale del golfo. Il bordo è posto a circa 150 m di profondità.
La piattaforma continentale risulta formata da una piana che degrada lentamente verso il largo con
pendenze inferiori ad un grado; tranne nel settore occidentale dove l'affioramento del substrato
roccioso dei Monti di Palermo, fagliato ed eroso dal mare, produce alcune falesie sommerse di
notevole interesse naturalistico e ittico.
Gli affioramenti rocciosi sono scarsi e limitati al settore centro-occidentale. In questi affioramenti
rocciosi è presente il coralligeno, mentre nell’infralitorale la colonizzazione del substrato è a carico
della prateria di Posidonia oceanica, che si impianta direttamente su roccia.
Quest'area è caratterizzata da un forte apporto di sedimenti terrigeni provenienti dai numerosi corsi
d'acqua che vi sfociano.
Le facies sedimentarie si succedono regolarmente dalla costa verso il largo e sono costituite da:
ciottoli, ghiaie e sabbie litorali, trasportati a mare dai numerosi corsi d'acqua, presi in carico dalla
corrente litorale e distribuiti nelle spiagge emerse e sommerse; sabbie da medie a fini fino a circa –
25, -30 m di profondità; segue la fascia di sabbie pelitiche e peliti sabbiose; oltre questa fascia è
presente una facies pelitica con percentuali variabili di sabbie.
I porti di pesca
Porticello
Il porto di Porticello, sito nel comune di Santa Flavia, è costituito da un molo foraneo, un molo
sottoflutto, tre banchine, ed è frequentato soprattutto da imbarcazioni pescherecce, anche di altre
marinerie. Il porto offre un buon riparo dal moto ondoso, è dotato di una stazione di rifornimento di
carburante in banchina, e al suo interno sono presenti numerosi cantieri per la costruzione e la
riparazione di barche. E' inoltre presente uno scalo di alaggio per grosse imbarcazioni, oltre le 100
tonnellate. All'interno del porto sono inoltre presenti: la struttura del Mercato Ittico, ancora non
aperto, diverse celle frigorifere e macchine del ghiaccio.
Porto di Porticello
S. Nicola l'Arena - Trabia
Il Porto di S. Nicola, frazione di Trabia, con i suoi due moli paralleli offre un ottimo riparo sia alle
imbarcazioni da pesca che a quelle da diporto. Quest'ultime sono infatti molto numerose, soprattutto
nel periodo estivo, tanto che si è resa necessaria l’installazione di numerosi pontili galleggianti.
Il porto è fornito di servizi, luce, acqua e carburante in banchina, anche se le barche da pesca vanno
a rifornirsi di gasolio a Porticello. Solo una piccola parte del porto è riservato alla pesca, un pontile
galleggiante e una banchina cementata. Inoltre, soprattutto nel periodo estivo, alcune imbarcazioni
trovano riparo lungo l’arenile, riparato dalle barriere frangiflutto, presente in corrispondenza del
centro abitato di Trabia.
Porto di S. Nicola l'Arena - Trabia
Termini Imerese
Il porto di Termini Imerese è senz’altro la struttura più grossa presente nell’area, dopo che il
vecchio porto è stato notevolmente ampliato. Dispone di un lungo molo foraneo e un molo
sottoflutto che offrono ampio riparo alle imbarcazioni. Il porto è prevalentemente mercantile e viene
utilizzato per il movimento merci della attigua zona industriale. La porzione destinata all’ormeggio
delle imbarcazioni da pesca risulta quindi insufficiente al numero dei natanti, che trovano riparo
solo su un molo protetto dai massi frangiflutti. In banchina è presente una stazione di rifornimento
di carburante, mentre sull’arenile interno al porto sono presenti alcuni cantieri navali, dotati anche
di un bacino di alaggio per imbarcazioni sino a 60 tonnellate. Nell’area portuale è inoltre presente
una fabbrica del ghiaccio.
Il
porto di Termini Imerese.
Cefalù
Cefalù dispone di due approdi, lo Scalo Vecchio a ponente, e Presidiana a levante della Rocca. Il
primo è ormai poco utilizzato e serve poche imbarcazioni da pesca, soprattutto in estate; il secondo
invece è pienamente operativo. Presidiana offre un buon ridosso per il moto ondoso del III e IV
quadrante, mentre sono di traversia il Grecale e il Levante. Il porto è protetto da una diga foranea a
tre bracci, orientata ad E. Il bacino portuale comprende due pontili:uno in cemento armato a forma
di T con due pennelli interni da entrambi i lati; l’altro, in ferro, dove attraccano gli aliscafi.
La parte più interna del porto è adibita alla pesca, sia in banchina che alla fonda.
Il
porto
di
Cefalù.
La flotta di pesca e le marinerie
Esistono nell'area quattro marinerie di antica tradizione: Porticello, S. Nicola l'Arena, Termini
Imerese e Cefalù.
I dati sulla flotta da pesca professionale nell'area sono stati ricavati dai Registri delle Navi Minori e
Galleggianti presso gli uffici marittimi di Porticello, Termini Imerese e Cefalù (aggiornati al 2006).
La marineria più importante è senza dubbio quella di Porticello, che fra l'altro è la seconda in Sicilia
dopo Mazara del Vallo, con 267 imbarcazioni operative, seguita da Termini Imerese con 73, da
Cefalù con 60 e da S. Nicola l'Arena con 24 barche.
La suddivisione in classi di stazza lorda rivela che la stragrande maggioranza delle imbarcazioni è
inferiore alle 10 TSL, connotando quindi l'area a spiccata vocazione artigianale: a Porticello e, in
minor misura, a Termini Imerese, sono tuttavia presenti un discreto numero di grosse imbarcazioni
(> 10 TSL) che praticano prevalentemente la pesca a strascico, grazie all'estensione dei fondali
strascicabili nel Golfo.
AREA DI STUDIO
Numerosità naviglio
60
Porticello
73
Trabia - S. Nicola
Termini Imerese
Cefalù
267
24
Numerosità del naviglio da pesca nell’area..
NAVIGLIO AREA DI STUDIO
Classi di TSL
140
120
100
Porticello
80
Trabia - S. Nicola
60
Termini Imerese
Cefalù
40
20
0
0-3
3-10
10-50
50-100
Composizione del naviglio da pesca nell'area per classi di TSL.
Porticello
NAVIGLIO AREA DI STUDIO
Classi di KW
Trabia - S. Nicola
Termini Imerese
Cefalù
70
60
50
40
30
20
10
Composizione del naviglio da pesca nell'area per classi di KW.
> 300
120 - 300
60 - 120
30 - 60
15 - 30
2 - 15
removeliche
0
I sistemi di pesca
I metodi di pesca maggiormente in uso nella zona interessata sono quelli adatti per il prelievo delle
prede su fondali rocciosi e sui posidonieti, vale a dire le reti da posta e i palangari di fondo, ma ben
sviluppata è anche la pesca ai pelagici col cianciolo e i palangari derivanti, mentre l’utilizzo delle
reti derivanti, un tempo caratteristico in tutte le marinerie della zona, attraversa attualmente un
periodo di grande incertezza normativa, a seguito del bando delle spadare e delle forti limitazioni
all’uso della ferrettara.
E’ possibile operare una suddivisione in base al tipo di rete utilizzato:
Reti da posta fissa
Reti a circuizione
Reti derivanti
Reti da traino
Palangresi o palangari
Lenze
Reti da posta fissa
Tremaglio: è l’attrezzo più comune della piccola pesca locale ed è quello di riferimento per la
maggior parte dei rilevamenti sul campo, ed è usato soprattutto per le specie bentoniche,
principalmente triglie, scorfani; polpi, ecc..
Incastellata: si tratta di una composizione fra un tremaglio, situato sotto e una rete da imbrocco,
posta sopra al primo, allo scopo di insidiare anche branchi di pesce pelagico, è nota localmente con
il nome di "impardata".
Imbrocco: fra questi attrezzi sono soprattutto in uso:
Ricciolara o "schitta": si tratta di una rete superficiale, in monofilo, che viene usata soprattutto in
settembre e sotto costa, esclusivamente per la cattura di giovanili di ricciola (100-150 grammi); può
essere usata come derivante.
Palamitara; usata raramente al largo per la cattura dei Tombarelli o Bisi (Auxis rochei). Dato il loro
scarso pregio, questo tipo di pesca è in disuso, e la rete viene soprattutto calata sotto costa da una
decina di barche per la cattura dei Palamiti (Sarda sarda).
Reti a circuizione
Cianciolo: con o senza chiusura del sacco, viene calato soprattutto vicino la costa per la cattura dei
branchi di Menole (Spicara maena), degli “asineddi” (S. smaris) e della “vopa” o boga (Boops
boops). In questo caso il cianciolo, detto anche "raustina", finisce con l’essere un attrezzo radente di
particolare efficacia, al quale viene imputata una larga parte dei danni alle risorse demersali,
paragonabili a quelli della sciabica.
Nei mesi che vanno da agosto a novembre un particolare tipo di cianciolo viene usato per la pesca
dei cosiddetti "pesci d'ombra", Lampughe e Pesci pilota (Coryphaena hyppurus e Naucrates ductor)
ma anche Ricciole (Seriola dumerili) con la tecnica del "cannizzo", ossia la collocazione di alcune
foglie di palma (Phoenix canariensis) al largo e in superficie, attaccata con un grosso filo di nylon
ad una "mazzara" in cemento posta sul fondo; questo tipo di pesca ha un rilevante impatto
ambientale a causa del nylon che viene disperso in mare e della forte attrazione su queste specie che
difficilmente ormai entrano sottocosta.
Tartana o “tartarone”
È una rete a circuizione a maglie finissime impiegata soprattutto per la pesca dei giovanili delle
Spicare, intese sotto il termine di “maccarruneddu”, del cicerello (Gymnamnodites cicirellus) e del
novellame di sarda ed acciuga. Il suo uso è stagionale: nel periodo tardo invernale moltissime
barche usano la tartana come una sciabica per la cattura del novellame, il cui prezzo spunta valori
molto elevati, grazie all'apprezzamento da parte dei palermitani. Il suo impiego è improprio (è in
realtà una rete da traino) in quanto viene strascicato sul fondo su substrato sabbioso e sotto costa.
Reti derivanti
Ferrettara
La pesca al Pesce spada (Xiphias gladius) con la rete spadara vedeva la marineria di Porticello come
una delle più importanti nel basso Tirreno: la sua messa al bando ha creato una forte crisi che
ancora non si è risolta. Molti equipaggi utilizzano da allora la "piccola derivante" o ferrettara, lunga
circa 2-3 km, spesso associata ai palangari derivanti, con cui si catturano grandi e medi pelagici, fra
cui, oltre il Pesce spada, il Tonno rosso e altri Tunnidi.
Reti da traino
Strascico a divergenti
Lo strascico a divergenti viene utilizzato nelle marinerie di Termini Imerese e soprattutto a
Porticello: le barche che lo esercitano sono abbastanza abitudinarie, nel senso che generalmente
pescano sempre nelle stesse zone e negli stessi strati batimetrici, a seconda della stazza lorda. La
maggior parte delle barche a strascico, inoltre, nel periodo estivo esercitavano la "spadara", quindi
erano polivalenti, ma oggi, con la messa al bando di questo attrezzo, questa pratica è ormai
decaduta. Ne deriva quindi che la pressione dello strascico sulla fascia costiera è notevolmente
aumentata d'inverno diverse barche si trasferiscono nel litorale meridionale della Sicilia per la pesca
del "bianchetto", generando aspri conflitti, soprattutto con la marineria di Sciacca, oppure si
spostano nel messinese, alle foci delle fiumare.
Palangresi o palangari
Palangari da fondo
Innescati con sarde, pezzi di polpo o oloturia, è un attrezzo abbastanza leggero ed è rivolto alla
cattura di pesce bianco come il Sarago (Diplodus spp.) l'Occhiata (Oblada melanura), l'Orata
(Sparus aurata), il Pagro (Sparus pagrus) e il Dentice (Dentex dentex); una variante più “pesante” è
utilizzata, soprattutto a Porticello ma anche nelle altre marinerie, su alti fondali soprattutto per la
cattura del Pesce Castagna (Brama rayi), il Merluzzo (Merluccius merluccius) e la Spatola
(Lepidopus caudatus).
Palangari derivanti
Dopo la messa la bando della rete spadara, diverse imbarcazioni, principalmente della marineria di
Porticello, si sono riconvertite alla pesca col palangaro derivante per il Pesce spada (Xiphias
gladius), che cattura anche Tonni rossi (Thunnus thynnus) e Alalunga (Thunnus alalunga).
Lenze
In estate vengono usate da moltissime imbarcazioni le lenze da fondo soprattutto per la cattura del
Totano (Todarodes sagittatus), utilizzando il cosiddetto “antrato” e il “siluro”, con il quale si
attirano i cefalopodi più in superficie.
Le lenze a traina sono invece poco impiegate dai professionisti, ma molto utilizzate dai diportisti
estivi che insidiano soprattutto Ricciole e Lampughe.
Alla luce delle superiori considerazioni è evidente la vocazione artigianale dei sistemi di pesca in
uso nelle marinerie della zona, peraltro testimoniata da 2 indicatori significativi:
-
l’estrema polivalenza delle attività di pesca: quasi tutte le barche utilizzano più sistemi e
attrezzi di pesca nei diversi periodi dell’anno, adattando le strategie di pesca all'etologia ed
all'ecologia delle prede.
-
la multispecificità delle catture della pesca, a testimonianza dell’elevata diversità biologica dei
popolamenti ittici.
In un quadro riassuntivo, i sistemi di pesca in uso, suddivisi per marineria e reperiti consultando
l’Archivio delle licenze di pesca in Capitaneria di Porto (dati 2006), sono i seguenti.
Attrezzi Palang
Lenz Circuizion Ferrettar Strascic Arpion Sciabic Traino
da posta ari
e
e
a
o
e
a
molluschi
Porticello
233
210
155
113
68
73
8
1
1
68
Travia
24
14
16
1
0
0
0
0
0
4
65
52
39
32
13
11
3
0
0
17
58
23
19
29
11
2
0
0
0
11
380
299
229
175
92
86
11
1
1
100
Porticello
NAVIGLIO AREA DI STUDIO
Licenze di pesca
Trabia
Termini Imerese
Cefalù
250
200
150
100
50
ol
lu
sc
hi
m
Sc
ia
bi
ca
Tr
ai
no
Ar
pi
on
e
St
ra
sc
ic
o
Fe
rre
tt a
ra
ui
zi
on
e
0
C
irc
studio
di
Le
nz
e
Area
i
Cefalù
Pa
la
ng
ar
Imprese
At
tre
zz
ip
os
ta
Termini
%