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24 ottobre 2013 in questo numero Tecniche Modellistiche Eliche Autocostruite Cultura Navale Costruzione di Cannoni Cultura Navale Il Calafataggio Museo di Capo Lilibeo Attrezzature modellistiche Macchina Commettitrice Le Pagine Disegnate Incavigliare le Caviglie Editoriale Andrea Moia (Ordigno) Sommario In questo numero 2Editoriale 4 Tecniche Modellistiche Eliche autocostruite 6 Cultura Navale Costruzione di cannoni 11 Cultura Navale Il Calafataggio 15 Museo di Capo Lilibeo Attrezzature modellistiche Macchina Commettitrice 20 Pagine Disegnate Incavigliare le Caviglie 22 Questionario Redazione Andrea Vassallo Antonio Uboldi Germano Oss Luciano Bragonzi Marco Topa Roberto Venturin Rodolfo Mattavelli Grafica ed impaginazione : Adriano Antonini Capo Redazione : Andrea Moia Responsabile : Presidente AMN Roberto Venturin Contatti Redazione di VM [email protected] Associazione AMN Magellano Via Paravisi, 1 20092 Cinisello Balsamo (Milano) C.F. 94598450156 [email protected] Foto in copertina “Sovrana dei Mari” modello di Murgante Francesco 2 Bentornati a tutti! Dopo un "salto" di numero, eccomi ancora qui a redarre questo editoriale per la nostra Rivista VM. Devo dire che un po' mi mancava... ormai mi sono affezionato a comunicare le mie impressioni e le mie sensazioni a tutti gli Amici modellisti! In effetti oggi, in questa "era digitale", la comunicazione è tutto! Per noi figli di Gutenberg non è facile assimilare tutte le innovazioni che la società odierna ci propina e ci continua a proporre. Siamo sempre un po' restii nel muoverci in questo ambiente; però bisogna dargli atto che la Comunicazione si è evoluta ed oggi permette di raggruppare e raggiungere masse di persone con un semplice "click", cosa impensabile fino a pochi anni fa. Come sapete Magellano ha cercato, con le sue poche forze a disposizione, di sfruttare questo tipo di nuova comunicazione, cercando di essere vicina il più possibile ad ogni Amico modellista e ad ogni persona interessata a questo fantastico hobby. Pian piano, ha messo a disposizione un portale sul quale vengono proposti i nostri articoli e la nostra Rivista, vengono pubblicate foto dei modellisti, vengono date notizie dal mondo modellistico, vengono messe a disposizioni delle aree di discussione come il forum o come la semplice mail. Questo portale ormai costituisce un vero e proprio "scrigno d'oro" colmo di informazioni, di sapienza, di conoscenza, di comunicazione, che pochi altri al mondo possono presentare. Tutti possono accedere, tutti possono leggere, tutti possono consultare via web le Vostre idee, le Vostre sensazioni, le Vostre tecniche.Tutto questo è Comunicazione, ed oggi è la cosa più importante: notizia proprio di questa mattina è la retrocessione al terzo posto del marchio Coca-Cola nella graduatoria globale dei marchi simbolo della società! Al primo posto troviamo ora Apple, al secondo Google, al quarto IBM ed al quinto Microsoft! Coca-Cola è sempre stato il marchio presente ovunque, in qualsiasi territorio, in qualsiasi situazione (al tempo della guerra fredda, in Russia si beveva comunque già la coca-cola!). Un simbolo della potenza americana, ma anche un simbolo di unione dei popoli e di comunicazione globale. Oggi, questo simbolo, è stato scavalcato dalle più grandi aziende al mondo, nate e cresciute nell'era digitale; o meglio sono proprio quelle aziende che hanno creato ed inventato questa era. E noi ci siamo dentro e dobbiamo convivere con essa e cercare di sfruttarla al massimo per non lasciarci schiacciare dalla sua velocità e dai suoi contenuti che, come è stato dimostrato con questa classifica, oggi sono Reali e non più virtuali come si pensava fino a poco tempo fa. Magellano, come il più piccolo granello di sabbia esistente al mondo, vuole continuare su questa strada, cercando di sfruttare al massimo le soluzioni che riusciamo ad avere a disposizione. Questa estate si è tenuta l'assemblea annuale dei Soci dell'Asso- In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Editoriale ciazione (purtroppo in ritardo e con un sacco di piccoli disguidi e problemi...), anche questa è comunicazione, anche questa è condivisione di informazioni, anche questo è una latro modo per stare insieme anche se lontani! È stata un'assemblea molto pacata, dove è stata presentata la documentazione necessaria per le votazioni del bilancio e delle varie proposte all'ordine del giorno. L'affluenza è stata ai minimi storici, forse, ma era anche dovuto al periodo in cui si è svolta. Purtroppo ognuno di noi ha anche altri impegni e pur sforzandosi al massimo di dare il più possibile all'Associazione, a volte capita che non ci stiamo più dentro ed andiamo in defaiance! Niente paura! Capita a tutti e capiterà magari ancora: la cosa importante è comunque essere insieme cercando di condividere e divulgare i principi di questo fantastico hobby che è il Modellismo Navale. Siccome l'Associazione Magellano è comunque una "figlia di Gutenberg", e le radici non vanno Mai rinnegate, finalmente siamo riusciti a pubblicare il secondo libro dedicato al modellismo. Un'opera veramente "superiore" nei contenuti, nelle foto e nella stesura, rispetto a quelle che si trovano normalmente in commercio: "LA VELA QUADRA" di Sergio Bellabarba con i disegni di Giorgio Osculati. Alcuni componenti dello Staff e della Redazione di Magellano hanno redatto questo libro fantastico, che alla fine è risultato un vero e proprio trattato sulla Vela Quadra, accompagnato dall'inserimento di disegni specifici di grande elevatura, di un glossa- rio specifico dei termini utilizzati all'interno del libro e da note dello stesso autore veramente introvabili. È da molto tempo che vi preannunciavo l'evento, ma poi era sempre stato rimandato per vari motivi tecnici/organizzativi (ripeto che le persone che lo hanno seguito oltre alla famiglia avevano anche dell'altro da fare...). Ma ora sono veramente fiero di potervi annunciare l'uscita e la messa a disposizione del libro a chiunque ne volesse una copia. L'Associazione Magellano ha deciso che, ai Soci regolarmente iscritti nel 2012, l'opera gli verrà regalata e recapitata gratuitamente a casa, come contributo comunicativo per il loro supporto nell'Associazione. Per tutti gli altri che saranno interessati all'acquisto del volume, verranno pubblicati a breve sul portale, il costo e le modalità di acquisto. Tutti noi dello Staff siamo veramente orgogliosi del lavoro fatto per questo interessantissimo volume, specialmente perché siamo riusciti a proporre un volume che tratta un tema molto specifico e non sempre di facile acquisizione, in termini abbastanza semplici ed abbordabili da tutti. ... Non abbiamo utilizzato l'era digitale questa volta, proprio per il gusto di essere figli di Gutenberg ! Sfogliare comunque un libro cartaceo, interessante, crediamo sia ancora una delle più belle cose che possa offrire questo mondo, e speriamo vivamente di poter continuare ad averne la possibilità ancora per molto tempo. Sarebbe stato molto più facile metterlo a disposizione in formato digitale... nel classico formato PDF... in modo da poterlo leggere tramite i nostri smartphone o i nostri computer. Ma volete mettere la differenza di leccarsi leggermente la punta delle dita per girare ogni pagina, e sentire nello stesso tempo il sapore della carta e lo scrosciare della carta! bhe per me è ancora una emozione insormontabile! D'altronde, il fatto di essere ancora con i piedi per terra (diciamo), lo abbiamo dimostrato anche all'ultima esposizione del Model Expo di Novegro, tenutasi proprio il fine settimana scorso: L'esposizione di modelli Reali di alcuni nostri Amici modellisti, suoi nostri tavoli da esposizione, ha portato un grande afflusso di gente curiosa, interessata; parecchie famiglie (specialmente padri e nonni) che mostravano ai loro figli/nipoti i nostri modelli in legno, dicendo "... guarda che bello! Hai visto cosa si riesce a fare con le mani!..." Sono frasi queste che fanno pensare e fanno aprire il cuore di ognuno di noi: è sempre bello poter creare dal nulla un modello di qualsiasi cosa realmente esistita o meno; come è sempre bello poter condividere con gli altri la nostra gioia ed il nostro orgoglio nel mostrarlo tramite la tecnologia. Un abbraccione a tutti! Andrea Moia In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 3 Tecniche modellistiche Eliche Autocostruite Duilio Curradi Eliche autocostruite Ecco come ho realizzato le eliche nella misura che serviva per un mio modello Il Tug Supply Camogli Due montava due eliche che non riuscivo a trovare in commercio. Erano eliche a tre pale di 2,5 metri di diametro che, nella scala del modello, si riducevano ad un diametro di 25 mm. Le ho trovate da 20 e da 30 mm, oppure da 25 ma solo destrorse (a me ne serviva una destrorsa ed una sinistrorsa). Ecco la ragione per la quale ho deciso di costruirle da me. Foto 1 Nella "Foto 1" si vedono due eliche in plastica, rispettivamente da 30 e da 20 mm e, al centro, quella da 25 da me realizzata. varie parti dell'elica per la saldatura. Si compone di una tavoletta al centro della quale c'è un incasso del diametro dell'elica (ottenuto facilmente sovrapponendo due strati di compensato). Alla base dell'incasso ci sono tre tagli, a 120 gradi, nei quali si vanno ad incastrare i tre piccoli supporti che si vedono in basso nella "Foto 3". Questi supporti devono sostenere le pale e, potendo essere ruotati di 180°, consentono di montare sia eliche destrorse che Foto 3 sinistrorse. Al centro c'è un piccolo elemento di compensato, opportunamente sagomato, che serve per sostenere una barretta filettata sulla quale sarà avvitata, provvisoriamente, la parte centrale, filettata, dell'elica. Poi ho realizzato le pale dell'elica ritagliandole da lamierino di ottone da 0,5 mm di spessore. La tecnica è la solita: disegno, possibilmente con il computer, su etichetta adesiva da applicare alla lamiera, fissaggio del pezzo di lamiera ad una tavoletta di compensato e poi ritaglio con il seghetto da traforo Foto 4 elettrico. "Foto 4" Le pale dell'elica si vanno poi ad incastrare in una piccola boccola da ricavare da un tubetto di ottone nel quale sono stati praticati tre tagli "Foto 5". Foto 2 Innanzi tutto ho costruito una dima "Foto 2" in compensato destinata a mantenere in posizione le 4 Foto 5 In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Foto 6 Tecniche modellistiche Eliche Autocostruite L'angolazione è regolata in funzione del passo che deve avere l'elica. Naturalmente l'angolo del taglio è invertito a seconda del senso di rotazione dell'elica "Foto 6". Foto 7 Foto 8 Un componente importante è la boccoletta filettata, al centro dell'elica, nella quale si deve avvitare l'asse. Ho risolto questo problema semplicemente distruggendo le eliche di plastica e recuperando la loro boccola filettata. Per gli assi ho utilizzato tiranti di acciaio da 2 mm con una estremità filettata. Sono facilmente reperibili nei negozi di modellismo perché usati come tiranti, soprattutto negli aereo- modelli. Nella "Foto 7" si vedono in posizione la boccoletta centrale filettata, la boccola con gli intagli e le tre pale. A questo punto non resta che procedere alla saldatura. Io ho saldato a stagno usando un po' di pasta per saldare. Lasciando che il saldatore scaldi bene le parti, lo stagno penetra facilmente negli spazi bloccando il tutto "Foto 8". Un passaggio importante consiste nella finitura. Prima con la lima, poi con la carta abrasiva sempre più fine, bisogna eliminare lo stagno in eccesso e sagomare bene le pale e l'ogiva. Poi, con un paio di pinzette, e molta attenzione, bisogna correggere la posizione delle pale e l'angolatura (il passo). Io avvito nell'elica un pezzetto di asta filettata da 2 mm e, inseritala nel trapano fissato orizzontalmente (non posseggo un tornio), la faccio ruotare in modo da facilitare il lavoro e ottenere il diametro corretto. Nella "Foto 9" si vedono le eliche installate sul "Camogli Due". Foto 9 In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 5 Cultura Navale Costruzione di cannoni Giovanni Santi Mazzini Costruzione di cannoni, mortai ed obici Preparare buoni cannoni di bronzo era un'impresa industriale di tale difficoltà, che ogni nazione coltivava i propri fonditori quasi con maggior cura dei carpentieri navali. Per noi, uomini del 20° secolo, può apparire semplice, provvisti come siamo .., crogiuoli, frese, alesatori...tutti elettrici. Vediamo invece la realtà del secolo 17°-18°. Fino al 1715 la difficoltà principale era costituita dalla normalizzazione della canna (alesaggio) dopo la fusione: si usava sospendere la canna verticalmente, e quindi si faceva girare una grossa fresa, verticale anch'essa, all'interno della canna per tentare di toglierne le irregolarità. A parte il fatto che la «fresa» altro non era che un cilindro di legno ricoperto di fil di ferro, oppure di puntoni di viti, bastava che i due assi non coincidessero perfettamente, e la canna assumeva un nuovo asse (ben noto luogo geometrico dei punti del cilindro).del 1715, finalmente intervenne la tradizionale precisione tecnica svizzera, nella persona di Johann Maritz, il quale propose l'alesaggio orizzontale. Pose anzitutto un blocco di pietra (parallelo pipedo) del peso di circa 1500 Kg, recante per una metà la fresa, fissa, e sull'altra metà un asse rotante, sulla stessa linea della fresa. Su quest'ultimo veniva posto il cannone, fatto girare, e spinto contro la fresa: se il sistema era stato ben costruito era impossibile commettere errori. Successive modifiche vennero apportate dai Verbruggen, fonditori olandesi al servizio prima della Francia e poi della Gran Bretagna. Il principio della fusione è identico per tutte le arti, ma, mentre per quelle plastiche è possibile una produzione in serie grazie al sistema dei tasselli su modello di cera, per l'artiglieria, duecento anni fa, ciò non era possibile: ogni cannone era un'opera unica. La prima operazione consisteva della preparazione del modello (forma). Un cilindro di legno veniva posto su di una «scatola», in modo che potesse ruotare sul proprio asse, ed avvolto con una 6 corda; lo spessore totale ottenuto corrispondeva grosso modo al calibro desiderato. Quindi si applicava argilla mista a sabbia a strati successivi, fino ad ottenere il noto profilo, aiutandosi per questo con una sagoma recante le rientranze delle cinture e degli astragali. La culatta e la bocca venivano preparati a parte ed applicati successivamente. Sulla superficie ben liscia erano poi applicati i delfini (maniglioni) e le marche della fonderia e dell'Ammiragliato, nonché l'anno di fabbricazione e il peso del cannone. Per ultimi venivano applicati gli orecchioni: ciò si faceva con somma cura, perché il loro asse non doveva intersecare quello della canna, ma esserne perfettamente ortogonale; essi non erano che due cilindri di legno piantati nell'argilla. A questo punto, tutta la superficie, dopo che la massa d'argilla era bene essicata, veniva ricoperta di un sottile strato di cera, liscio ed uniforme. Secondo tempo: al di sopra della cera si riapplica argilla, strato su strato, fino ad ottenere un tronco di cono, a sua volta ricoperto da assi di legno compresse da cerchioni (come un tino). Quindi un'ulteriore fase di essicamento. Terzo tempo: con quanta cautela possibile l'anima di legno viene sfilata, battendone e torcendone le estremità, quindi si svolge la corda e si demolisce l'argilla interna, si sfilano gli orecchioni, infine si scalda la forma per sciogliere la cera superficiale, delle decorazioni e dei delfini. L'ultima necessaria operazione è la carbonizzazione dell'interno allo scopo di chiudere le porosità dell'argilla. Prima della colata, viene applicato lo stampo della culatta (solo nei cannoni, mentre obici e mortai ne sono provvisti dall'inizio) e della bocca. I grossi mortai venivano lavorati in modo simile, ma verticalmente, come le campane. La preparazione della culatta partiva da uno stampo metallico a forma di campana, riempito di argilla, la quale riceveva a sua volta l'impronta del codone. (L'argilla veniva poi sfilata dallo stampo e tornita sulla bocca con una scanalatura adattabile ad una identica e negativa del modello della canna. Una volta ben asciutta, le due parti venivano unite in un'unica armatura per la colata: nella fossa al di In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Cultura Navale Costruzione di cannoni sotto della fornace lo stampo della canna veniva calato verticalmente su quello della culatta, quindi tutti gli stampi (6 per colata) venivano interrati con terra ben asciutta e continuamente compressa. Nel frattempo la fornace veniva accesa ed alimentata con legno di pino e bronzo, arricchito con altro rame puro (il bronzo è una lega di rame e stagno, in proporzioni variabili di 70% e 30%). La provenienza del bronzo era varia, essendo utilizzato metallo appositamente prodotto, cannoni catturati al nemico, residui di tornitura. La fusione distese per la demolizione della forma di terracotta, e quindi sottoposte alla foratura. Prima di far ciò, veniva segato il cilindro eccedente la bocca. Se si pensa che il cilindro di un mortaio poteva avere un diametro di 90cm, e che occorreva il lavoro di due squadre di 4 uomini per 13 ore, risulta evidente quale disastro doveva rappresentare la perdita di una nave di 100 cannoni. Se la segatura iniziale ci appare oggi assurda, incredibile può sembrarci la successiva operazione di foratura della canna. Personalmente non riesco ad immaginare ragioni che Caravella portoghese del sec. XVI (modello del Dr. Giovanni Santi - Mazzini). Notare lo sperone ed il grappino del bompresso. veniva mantenuta per 14-16 ore per purificare il metallo da residui indesiderati (flottazione), quindi si aprivano gli ugelli di colata, e da quel momento iniziava per i fonditori un periodo di 24 ore di più che ansiosa attesa. Infatti, una volta riempite di bron¬zo, le forme prendevano irreversibilmente pregi e difetti. Eppure, i momenti più sgradevoli dovevano ancora venire con il raffreddamento della terra con acqua: il vapore tossico svolto costituiva le premesse per una vera malattia professionale per gli operai addetti a questa operazione. Tolta la terra dalla fossa, le forme, ora pesanti fino a 7 tonnellate, venivano levate con grossi paranchi e impedissero l'introduzione nella forma prima della colata di un cilindro di argilla, sospeso al centro della canna. Ciò avrebbe evitato un lavoro estenuante di 24 ore (per un 24 lb) e anche oltre per un mortaio. La composizione del bronzo per artiglieria differiva da quello statuario per una prevalenza del rame sullo stagno per 9:1: la temperatura di fusione era compresa fra 850° e 1040°. Nonostante tutta la cura impiegata nel purificare la lega e nel colarla, potevano residuare numerosi difetti di riempimento; a questi veniva posto rimedio inserendovi viti e chiodi (in un cannone «autopsiato» In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 7 Cultura Navale Costruzione di cannoni alcuni anni fa se ne repertarono 1301). Dai fonditori passiamo ora ai falegnami specializzati nella costruzione delle carrette (o affusti). Il cannone terrestre doveva sopperire ad una funzione fondamentale: il trasporto. Infatti, i parchi d'artiglieria potevano essere suddivisi in stanziali (difesa di piazzeforti) e da campagna, perciò necessariamente dì uso tattico; questi ultimi, più dei primi dovevano essere agevolmente trainati da cavalli unitamente al carriaggio della polvere e delle palle. Perciò erano dotati di grandi ruote e di affusti leggeri, nonché di un sistema di fissaggio al suolo. È evidente che questi problemi non sussistevano sui ponti di una nave, anche se era richiesto un minimo di mobilità per spostare i pezzi da un portello all'altro e sopratutto per far si che il rinculo non strappasse via le tavole del ponte; inoltre era impensabile che la bocca da fuoco fosse orientabile obbligatoriamente con lo spostamento della nave. Eppure tale assurdità sopravvisse sulle galere fino alla meta del 18° secolo. queste splendide e fetide prigioni naviganti già inutili all'apparire dei primi vascelli all'inizio del '600, portavano a prua una batteria eterogenea di cinque pezzi (1 corsiero, 2 moiane. 2 bastardi) passibili di alzo ma non brandeggiabili. Potevano perciò sparare soltanto in caccia, prima dell'eventuale speronamento e successivo abbordaggio. Parrebbe che la lezione di Caio Duilio sia stata più seducente dell'episodio del «Le Bon». Sulle navi alla pari con i tempi, invece, le cose seguirono un corso più logico, visto che fu adottato un carriaggio abbastanza leggero, mobile e stabile. L'affusto-tipo consiste di una suola di legno trapezoidale (abolita dagli Inglesi per ridurre il peso) appoggiata su due assi muniti di ruote di piccolo diametro. Sui bordi della suola si inchiavardano due guance, identiche, munite di ferrature per la braca, ed incise con un semicerchio sul bordo superiore per ricevere gli orecchioni (o perni). Sul davanti, la carretta è chiusa da una tavola, anch'essa superiormente tagliata a semicerchio per sostenere la volata, (calastrello) La parte posteriore è dotata di un cuneo (conio di mira) che, 8 spostato longitudinalmente, permette l'alzo. Il pezzo completo godeva di una certa stabilità, grazie al bolzone che lo teneva spinto contro la fiancata (piano inclinato), ma in caso di mare grosso costituiva un pericolo in quanto poteva alterare di continuo la stabilità della nave, per cui veniva strettamente imbracato con paranchi di ritenuta. Un affusto completamente diverso richiedevano i mortai. Questi tozzi cannoni erano concepiti per sparare grandi proiettili a distanza ravvicinata e a caduta quasi verticale; erano perciò l'ideale per demolire l'interno delle fortificazioni dal mare. Le navi che ne erano dotate erano appositamente costruite o modificate per tale uso, in quanto era necessario un certo spazio libero da alberi, vele e manovre, nonché di un ponte tanto solido da sopportarne il tortissimo rinculo. Inoltre l'affusto era una piattaforma girevole: finalmente, il brandeggio. E veramente strano che questo semplice accorgimento fosse poi così scarsamente sviluppato. escluso Chapman, fino alla costruzione del Merrimack. durante la guerra di secessione americana: da allora però il brandeggio su un asse divenne corrente fino alla tappa successiva (1876: Duilio di B. Brin). Prima di passare alle tecniche di munizionamento e delle polveri, devo ricordare che ho fin qui parlato di pezzi in bronzo, ma non tutti i pezzi erano tali: ne furono costruiti in rame, in ghisa, in ferro e perfino in legno. I primi erano troppo malleabili per resistere allo scoppio: quelli in ferro soggetti alla ruggine e per quelli in legno ...si doveva pur provare. No? I pezzi in ghisa, invece, meno costosi e più leggeri, entrarono nell'uso e poco a poco sostituirono quelli di nobile bronzo, finché l'acciaio (una ghisa migliorata) sostituì ogni altra lega. La polvere da sparo (p. nera, p. pirica) era anticamente dosata in 75% di salnitro (potassio nitrato), 12,5% carbone e 12,5% zolfo, ma tu successivamente migliorata nella «formula inglese»: 75% salnitro, 15% carbone, 10% zolfo. Come ho detto, fino alla nitro-cellulosa di Veille (1884) e alla balistite di Nobel (1888), non vi fu altro a disposi- In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Cultura Navale Costruzione di cannoni zione, per cui si agì sull'altro componente dello sparo, il proiettile. Questo era nato come palla di pietra, s'era trasformato in piombo e in ferro, e siccome il danno era limitato, tutto sommato, a un grosso buco e a qualche arto amputato, si pensò di farne due metà incatenate fra loro(gli «angeli») in modo da strappare legno e corda, e più carne. La palla venne anche infuocata prima di essere introdotta, per provocare incendi, oppure riempita di schegge o panettoni (carica a mitraglia), o anche di polvere con una spoletta. Gli angeli non ebbero fortuna perché la catena si spezzava quasi sempre prima di raggiungere il bersaglio,e furono sostituiti dalle palle ramate, due emisfere unite da una sbarra. La palla con spoletta, invece, che ancora all'inizio dell'800 non dava buoni risultati, ha avuto la fortuna che tutti conosciamo. Il funzionamento del cannone esigeva uomini, materiali e metodi efficaci e precisi. Già il fatto di rinculare e di dover essere rimesso in posizione richiedeva una squadra affiatata di serventi. Partendo da questo momento, vediamo un uomo con lo scovolo e il cavastracci (una lunga scopa cilindrica e un lungo cavatappi) pulire la canna e togliere eventuali residui di stoppa e di tela, quindi introdurre il cartoccio della polvere (predosata secondo il calibro e conservata in cilindri stagni dipinti di rosso, alcuni tipi contenenti anche pallettoni), premerla con il calcatore, introdurre il boccone (stoppa), calcare, introdurre la palla e poi un altro boccone, e ancora calcare. I serventi alano i paranchi laterali, avvicinando il pezzo alla fiancata, dopodiché li allentano perché non vengano strappati dal rinculo (il pezzo verrà trattenuto dalla braca, grosso cavo assicurato a perni passanti nella fiancata assicurato nel suo punto medio al bottone oppure passante nei fori delle guance).A questo punto il capopezzo, dopo aver preso la mira e aggiustato l'alzo con il conio, introduce un lungo ago nel focone per rompere il cartoccio e far fuoriuscire la polvere, versa il polverino (p.n. più fine) sul campo del focone e dentro di questo, e le da fuoco con il buttafuoco. Dopo lo sparo ricomincia il ciclo. Le palle erano conservate in parte in cassoni vicino ai pezzi e in parte nella stiva, mentre le cariche di polvere, ciascuna marcata con le libbre del relativo cannone, erano immagazzinate nella camera delle polveri (Santabarbara), generalmente a poppa, in custodia al capocannoniere. Relativamente al peso della palla, i pezzi si dividevano in 4, 6, 8, 12, 18, 24, 36 libbre, ma si arrivò anche alle 42 e perfino alle 66 libbre («royal cannon», del peso di 8000 libbre - 3629kg (?)). Però, nei combattimenti ravvicinati l'artiglieria normale poteva essere meno efficace che alla distanza, per cui fu introdotta nel 1779 una nuova arma, la carronada. Era una via di mezzo fra l'obice e il mortaio, in quanto aveva una canna corta e robusta, un notevole calibro e quindi una grossa palla; la gittata era limitata, ma gli effetti erano notevoli, potendo sfruttare la maggior potenza a breve distanza. Uscita dalla Carron Iron Founding & Shipping Company, in Scozia, si diffuse velocemente in tutta Europa, fino al punto che le navi minori non erano armate che di carronade. Nei tipi più evoluti, esse possedevano un alzo a vite e un brandeggio permesso da un perno anteriore e due ruote posteriori. Poiché la carronada rappresenta il momento di transizione fra l'artiglieria antica e quella immediatamente anteriore alla moderna retrocarica, sarà bene parlare anche dei calibri minori, prima della loro sostituzione con le mitragliatrici. Al momento dell'arrembaggio, tutt'altro che infrequente, dai corrimano del cassero partivano micidiali scariche di mitraglia dalle spingarde, piccole colubrine montate su forcelle come i vecchi archibugi; oppure palle da 1 libbra dai petrieri, poco dissimili dalle spingarde, più pesanti e a bocca tronca, mentre le prime potevano averla svasata per ottenere una rosa più larga. Spingarde e petrieri sopravvissero da soli alla miriade di piccoli pezzi costruiti nel corso di cinquecento anni: tutti gli altri, diversi fra loro più nel nome che nella sostanza, si può dire che siano confluiti nei due citati. Falconetti, Smeriglia, Ribadocchini, Cerbottani, Saltamartini, Tarabusti, Crepanti... In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 9 Cultura Navale Costruzione di cannoni Anche i grossi calibri, dotati di nomi zoologici, subirono un analogo ridimensionamento, finendo per essere standardizzati nel nome e nel peso della palla. Nomi come Basilisco (sparava palle da 13Kg), Serpentina, COLUBRINA, Cacciacornacchia, Aspide, Pernice, Pellicano, Sagretto, Falcone, dimostrano che la fantasia militare dell'epoca non aveva ancora bene afferrato l'importanza strategica dell'artiglieria. Infatti, in mancanza di proiettili dirompenti, si pensava che l'efficacia di un pezzo risiedesse nel nome («Margherita la pazza», «Maometta») come 10 deterrente, nel peso, e nelle dimensioni della palla, alcune delle quali ci si vuole far credere pesanti fino a 427 kg. Possiamo accettare un peso di 16,4 tonn. per una bombarda, ma non mi sembra credibile una palla di mezza tonnellata lanciata da 60 Kg di polvere; anche se fosse stato vero, l'effetto non poteva che essere terroristico (come effettivamente pare lo fosse a Costantinopoli assediata). Anche in questo caso, la lezione del passato fu bene assorbita in questo secolo, precisamente dai Krupp (la «Grossa Berta»). In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Cultura Navale Il Calafataggio Andrea Moia (Ordigno) Il Calafataggio Mentre ero in vacanza ad Ustica, una mattina mi è capitato di vedere sulla spiaggetta del porto, un signore che stava facendo manutenzione al sua barchetta (un tipico gozzo del luogo). Avendo ancora tempo prima dell’inizio delle mie immersioni giornaliere mi sono avvicinato per curiosare cosa stesse effettivamente facendo. Bhe, con mio sommo stupore stava calafatando lo scafo! Era la prima volta che vedevo “dal vero” esercitare questa nobile arte, e mi sono soffermato alcuni minuti per osservare il duro lavoro che stava eseguendo. Non ho voluto disturbarlo più di tanto per non “rovinare” quel momento e per non alterare la sua concentrazione (conoscendo anche il carattere degli isolani Usticesi che non vogliono essere troppo al centro dell’attenzione…) e quindi mi sono messo in disparte ad osservare il grande lavoro. Arrivato a casa ho voluto approfondire andandomi a leggere qualche cosa in internet… e ho voluto approfittarne per rendere pubbliche le conoscenze su questa Arte che ormai sta scomparendo. Come sempre, le notizie qui riportate sono recuperate da vari siti e riviste in internet Per definizione il Calafataggio è “l’operazione atta a rendere stagno uno scafo in legno, riempiendo ogni fessura tra i comenti del fasciame”. In effetti quello che stava eseguendo l’Usticese era rendere impermeabile lo scafo di legno del suo gozzo, introducendo con forza stoppa catramata negli interstizi tra le varie tavole, alcune veramente mal messe, che formano il fasciame. Il mestiere del Calafato Alla voce "Calafato" il dizionario riporta "operaio specializzato nel calafatare" cioè nello stoppare e incatramare le fessure di una nave, per renderla impermeabile all'acqua. Questo mestiere che oggi sta scomparendo, costituiva per molti abitanti liguri (ad esempio), fino a quaranta anni fa una delle principali occupazioni assieme a quella del maestro d'ascia. Il mestiere del Calafato era faticoso e pieno di pericoli sia a causa dei materiali usati in questo lavoro (pece bollente e rame che attirava i fulmini) sia per la scomoda posizione, i forti e In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 11 Cultura Navale Il Calafataggio va immerso nella pece bollente e si premeva nei "comenti" a lavoro finito. Dopo la pece si inchiodavano delle pezze di feltro e su queste si sovrapponevano dei fogli di rame fissati con chiodini. (un lavoraccio gente!!) continui rumori che portavano alla sordità, le martellate sulle dita e i calli nelle mani. Ho trovato articoli in internet in cui si dice che le donne di Campiglia raccoglievano fasci di stipa e li portavano ai cantieri. Gli operai facevano una specie di barella e sopra vi mettevano gli sterpi a bruciare quindi li portavano sotto la barca, già calafatata, per annerire il legno. Successivamente mettevano la pece bollente usando un bastone che aveva sulla punta una pelle di capra: "la lanaà", che non brucia- 12 Gli strumenti Uno degli strumenti più originali del Calafato è il maglio, una specie di martello di leccio o rovere, a due tese. Era fatto a mano ed ognuno aveva il proprio perché si doveva adattare alla forza e alla lunghezza delle braccia di chi lo usava. Ogni Calafato desiderava che il suo maglio avesse il "ciocco" più sonoro e il contraccolpo più valido di quello del suo compagno di lavoro. Oltre il maglio il Calafato aveva un corredo di attrezzi tra cui una PARELLA, quattro ferri con numero diverso di canale, il CAVASTOPPA, il raschino. Gli attrezzi venivano conservati in una cassetta che si chiamava marmotta. Questa cassetta misurava circa 43 cm di altezza, 24 cm di larghezza e 17cm di profondità. Da un'apertura a mezzaluna su un lato sì estrae- In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Cultura Navale Il Calafataggio vano i ferri del mestiere: dal ferri per pigiare le stoppe, alla stoppe, al maglio, al mazzuolo per picchiare sui ferri, ai pezzi di sughero per tappi e al grembiule per proteggere i pantaloni nel "filare - la stoppa catramata. La marmotta era praticissima perché serviva anche come sgabello di varie altezze a seconda della posizione in cui si metteva in piedi, di costa, di piatto). Il verbo "calafatare" deriva dal latino "cala facere" che significa fare calore per ripulire superfici incrostate da ripristinare; questa operazione veniva fatta sulle carene delle navi per impermeabilizzarle. Infatti il fasciame immerso (opera viva) veniva impeciato con bitume per proteggerlo e stagnarlo; periodicamente, per rinnovarlo o per eseguire riparazioni, doveva essere esportata la pece precedentemente applicata con il calore, cioè con il fuoco. Successivamente alla bruciatura, si eseguiva la chiusura stagna delle commensure delle tavole con stoppa cacciata dentro a forza, ed in seguito la carena veniva ricoperta con pece calda stesa con rudimentali pennelli, costruiti con pelli dl pecora legate ad un bastone ed immersi nelle pece calda liquefatta in un paiolo sopra un braciere. Le attrezzature per fare calore erano: fascine dl stipa da ardere, le fraschiere (gabbie di ferro per contenere fascine ardenti che tenute vicino alla carene, bruciavano la vecchia impeciatura), un tripiede per il fuoco, una caldaia per le pece, un ramaiolo per raccoglierla dalla caldaia ed un imbuto per impecire le commensature delle tavole dl ponte, lanate (cioè quella specie di pennelli fatti di pelle dl pecora). Nei cantieri e negli arsenali i calafati erano maestranze tenute in grande considerazione. Per la qualifica di stagnatore di vie d'acqua, il calafato, insieme al carpentiere, veniva imbarcato in numero vario sulle navi, soprattutto su quelle da guerra per intervenire prontamente a chiudere le falle provocate dalle palle di cannone dei cannoni nemici. Nelle navi durante il combattimento il calafato era sempre pronto a chiudere eventuali vie d' acqua, con lastre dl piombo, uova di struzzo e simili. Le uova di struzzo erano grossi tappi in legno a forma conica usati per chiudere i fori nel fasciame provocati dalle palle di cannone. Il calafataggio veniva eseguito nel seguente modo: dati i forti spessori delle tavole di fasciame le commessure venivano allargate per alcuni metri con lo scalpello posto perpendicolarmente alle tavole, poi con un raschino ad uncino chiamato "maguglio" veniva asportata la vecchia calafatura, se esisteva. Successivamente a colpi di maglio sul fuoco si filava la stoppa catramata per ridurla al giusto diametro e si inseriva la stessa nella fessura con i ferri a palella molto acuti per spingerla il più possibile in profondità. La stoppa era spinta nel cemento non totalmente ma a segmenti l'uno di seguito all'altro in rapida successione di colpi di maglio ben assestati sulla testa del ferro. Preparati così alcuni metri si ripassava sempre con palella e spingere tutta la stoppe ed a premerla; a volte con le profondità della commensura era necessaria anche una seconda passata di stoppa. Finita l'operazione con le palelle, la stoppa doveva essere compattata all’interno con ferri dal taglio largo chiamati "calca stoppa". Questi ferri portavano nel taglio una rigatura e canale, semplice doppia o tripla secondo le larghezza della commensura. Anche questo lavoro di pressatura avveniva a colpi di maglio e quando la quantità della stoppe era molta e resistente doveva essere eseguita con un ferro calca stoppa simile ad un 'accetta senza taglio con manico In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 13 Cultura Navale Il Calafataggio chiamato "paterosso" battuto con una mazza di ferro da 3 chilogrammi. Uno degli strumenti più originali del calafataggio è il maglio. E’ una specie di martello interamente in legno con possibilità dl colpire sia da una parte che dall'altra; in prossimità della bocca per colpire vi è un anello in farro che evita le spaccature del legno. Le dimensioni sono 33 cm dl larghezza circa con un manico di 38 cm, il peso è di un chilogrammo. In genere veniva costruito dal calafato stesso, per equilibrarlo alle sue possibilità. ll rumore provocato dal martello creava sordità e spesso stress nervoso; i calafati, perciò, erano detti "sordi e maleducati". Generalmente il calafato praticava solo quest'arte ma non era 14 raro incontrare maestri d'ascia che sapessero esercitar egregiamente anche il mestiere del calafato. Questi erano gli operai più ricercati. Dopo aver letto queste informazioni in internet… mi è ritornato in mente il signore che sulla spiaggetta di Ustica eseguiva queste difficili e faticose operazioni al suo gozzo… Spero vivamente che quel signore sia riuscito a tramandare il suo mestiere a suo figlio o a suo nipote… ma specialmente spero vivamente che sia riuscito a tramandare il suo Amore per il mare e la propria imbarcazione… perché solo così si riuscirà a preservare il mondo sempre più affascinante del mare e di quello che ci fa imparare… In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Museo di Capo Lilibeo Sul lungomare, in prossimità di Capo Boeo, sorge il Baglio Anselmi, ex stabilimento vinicolo risalente alla metà del secolo scorso, nel quale ha sede il Museo archeologico. Il baglio è costituito da corpi di fabbrica aperti su di un ampio cortile interno. Gli spazi espositivi del museo sono quelli dei due grandi magazzini del baglio, dove venivano stivate le botti. Nel cortile interno è visibile un saggio di scavo che ha portato alla luce una tomba, una fornace e strutture murarie che documentano la notevole frequentazione dell'area sin dal IV sec. a.C.. Museo Archeologico "Nave Punica" - Baglio Anselmi Via Capo Lilibeo Marsala (TP) Lungomare Boeo - Tel. 0923 952535 Aperto tutti i giorni dalle 09.00 alle 18.00 Ingresso: adulti € 4.00 - da 18 a 25 anni € 2.00 - gratis under 18 e over 65 Fonte: http://www.marsalaturismo.com/index.php?mn=1:31:0:0 In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 15 Attrezzature Modellistiche Gaetano Bracale Macchina Commettitrice Come realizzare il cordame per i nostri modelli navali costruendo una macchina commettitrice. Il modellismo navale ci regala anche il piacere di commettere in scala il cordame da utilizzare per l'attrezzatura del nostro modello. Che sia un'imbarcazione tipica, un brigantino o un grande vascello, i diametri delle manovre: dormienti o correnti, sono abbastanza vari da farci decidere di costruire una piccola macchina commettitrice. L'idea di base; gli elementi principali: masuola e parte mobi- mobile: un sistema di serraggio rapido dei trefoli e la sostituzione delle ruote con cilindri gommati. Per capire il senso del funzionamento del congegno bisogna spendere qualche parola per illustrare brevemente come in realtà era anticamente costituito e costruito un cavo per uso marittimo. E' superfluo ricordare che nella navigazione antica si usavano manovre fatte di fibra vegetale, in particolare di canapa. Pianta di origine asiatica che puo raggiungere un'altezza anche di 5 m veniva attraverso una serie di processi ridotta in filacce. Le filacce non adatte venivano scartate (stoppa), mentre le più lunghe e di migliore qualità venivano le; il principio di funzionamento senza l'uso della pigna; nascono dalla passione e dalle varie esperienze che i modellisti-fai-da-te hanno profuso per la realizzazione dei cavi per le manovre dei modelli. Ognuno, chi più chi meno, ha umilmente donato il proprio contributo, per lo più attraverso il web, al fine del miglioramento del congegno. Anch'io associandomi a questi ultimi voglio qui illustrare il mio progetto di commettitrice premettendo che gli elementi di novità che propongo sono per la masuola: la posizione dei ganci di torcitura e lo spostamento della ruota motrice. Per la parte pettinate per rendere le fibre parallele poi spedite in corderia. La corderia era il lunghissimo opificio per la fabbricazione delle corde che situato solitamente in prossimità dei porti o degli arsenali si avvaleva di maestranze esperte e uomini di fatica che con l'ausilio macchine semplici, sudore e muscoli riuscivano a filare, commettere e incatramare quella canapa trasformandola in robuste corde marinaresche, e senza la quale non ci sarebbe stata la storia delle grandi traversate a vela che conosciamo oggi. Nel modellismo navale antico l'interesse per il cordame si limita a solo due tipologie 16 In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Attrezzature Modellistiche di cavi: "piani" a tre o quattro trefoli e "torticci" a tre o quattro cordoni. La sostanziale differenza dei due tipi consiste nel numero di elementi impiegati e nella torcitura finale. Infatti l'ultimo verso di avvolgimento immediatamente visibile guar- dando un cavo è la caratteristica che lo classifica. Il destro chiamato anche antiorario oppure a 'Z' caratterizza i 'cavi piani'. L'avvolgimento sinistro invece, chiamato anche orario oppure a 'S', contraddistingue i 'cavi torticci'. Gli elementi manufatti direttamente dalla canapa e costituenti il cavo finito sono: la striscia, costituita da una quantità di semplici fibre di canapa sistemate parallele con le estremità sovrapposte in disposizione sfalsata. il trefolo che non è altro che la striscia ritorta su se stessa nel senso della lunghezza con avvolgimento a 'Z'. il legnuolo, si ottiene dall'unione di tre trefoli che singolarmente commessi a destra subiranno insieme la commettitura sinistrorsa. Tre legnuoli unitamente commessi a destra 'Z' formano il cavo piano che prende il nome di 'cordone' se verrà a sua volta usato quale elemento per la fattura di un cavo torticcio. Tre o quattro cordoni unitamente commessi a 'S' formano un cavo torticcio. La forza di torsione indotta ai trefoli tramite l'avvolgimento 'Z' tenderebbe a rientrare una volta staccati dalla macchina, ma la contrapposizione della torsione contraria 'S' fa in modo che essi restino strettamente uniti. Questa è la commettitura. Ho disegnato lo schema che segue per rendere la spiegazione più immediata. Voglio inoltre specificare che orario/antiorario, destrorso/sinistrorso si intendono i versi di rotazione dei ganci della masuola e del disco rotante visti mettendosi dietro alle rispettive macchine. In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 17 Attrezzature Modellistiche LA PARTE MECCANICA La prima cosa a cui ho messo mano è stata la ricerca degli ingranaggi, è più complicato di quanto sembra, poi su segnalazione di un modellista sono riuscito a reperirli presso un negozio on-line di materiale elettronico. Le informazioni essenziali che dobbiamo conoscere circa le ruote dentate, per l'acquisto prima e per la messa in opera dopo, sono due: il modulo e il diametro della circonferenza primitiva. Il diametro primitivo appartiene alla circonferenza ideale che è sempre tangente con la circonferenza primitiva della ruota accoppiata. Nel nostro caso, è importante in quanto ci dà l'esatto interasse delle ruote che dobbiamo montare. Infatti la distanza dei centri delle ruote accoppiate è pari alla somma dei raggi primitivi. Considerando poi che il diametro primitivo passa circa all'altezza di metà dente, ci rendiamo anche conto più o meno del massimo ingombro della ruota. Il modulo invece è un numero che indica il rapporto tra il diametro primitivo e il numero dei denti della ruota. Importante sapere che per ingranare correttamente due o più ruote dentate devono possedere lo stesso modulo. Quindi resta una grandezza fondamentale quando procederemo all'acquisto. La seconda cosa è stato l'acquisto di due avvitatori, la scelta l'ho fatta considerando la facile reperibilità dello stesso modello - scartando subito i cinesini- e un costo abbastanza contenuto. La preferenza è caduta su un modello delle Black & Decker AS600 che oltre alla qualità garantita dal marchio l'ho trovato ad un prezzo decisamente accessibile. La priorità di assicurarmi gli ingranaggi e i due avvitatori si è resa necessaria perchè solo partendo da essi sono riuscito a disegnare tutti gli elementi della macchina producendo le due tavole di progetto che trovi da scaricare nella sezione Download. IL FUNZIONAMENTO Realizzare in canapa i cavi nella scala di costruzione del modello resta un'operazione, almeno per 18 me, alquanto difficile. La prima ragione è quella che non saprei creare i trefoli direttamente dalle fibre, Ccotone da uncinetto Cotone forte da guantaio Comune spago da pacchi In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 Attrezzature Modellistiche Cavo piano da cotone alimentare da salsiccia Cavo torticcio da cotone alimentare da salsiccia la seconda ragione è che la canapa mi sembra un po' troppo grossolana per rappresentare il cordame in miniatura. Il ripiego, usuale, è quello di servirsi del comune cotone da cucito e da uncinetto. In commercio si trovano diverse misure di filati ritorti quasi sempre a 'Z'. Questi, con la dovuta valutazione del diametro e del grado di torcitura, si prestano a quattro diverse soluzioni: 1) usare il filato a 'Z' come trefolo. A rigor di logica non sarebbe corretto in quanto come ho già detto il trefolo non è altro che la striscia ritorta; però per i diametri molto piccoli, arbitrariamente ne possiamo ricavare dei legnuoli più robusti. Come facciamo: si continua per un po' a torcere in destra con i ganci della masuola, poi si avvia il disco rotante in sinistra. 2) usare il filato a 'Z' come legnuolo. Per prima cosa bisogna invertire il verso di commettitura, questo si può farlo facendo girare i ganci della masuola in senso orario. La rotazione azzererà la torsione a 'Z' e la invertirà ad 'S' nel suo girare. Tutta questa operazione sarà fatta nel confezionare un cavo piano. 3) usare il filato a 'Z' come cavo piano. Non c'è nessuna operazione di commettitura da fare. Si usa, sic et sempliciter, il filato così com'è. 4) usare il filato a 'Z' come cordone. Una volta posizionati i tre fili (cordoni) tra la masuola e la parte mobile si da' un poco di rotazione destra ai ganci della masuola. Dopodichè si aziona il disco rotante facendolo girare in senso orario fino ad ottenere un cavo torticcio ('S'). Fermare la masuola quando il grado di torsione dei legnuoli è sufficiente; fermare il disco rotante quando si ritiene opportuno che la commettitura a 'S' o a 'Z' sia finita; dosare la zavorra della parte mobile; non sono a mio avviso, assolutamente standard da seguire. Difatti tutto è legato alla qualità del filato, alla lunghezza e al diametro degli stessi, al numero di giri dei motori e così via. Bisogna quindi che ognuno, divertendosi, trovi i giusti parametri che soddisfino le esigenze proprie e del modello che sta costruendo. Altra scelta personale se partire dal trefolo o dal legnuolo. La cosa più complicata da fare è la misurazione dei diametri sia per i filati nonché per i cavi commessi. Il sistema di misurazione più usato e, a mio avviso, il più valido è quello di usare un rettangolo di cartoncino pesante o di compensato e avvolgervi intorno parallelamente al lato corto tanti giri accostati ma non compressi di fili. Una volta misurato in mm lo spazio occupato e poi diviso per il numero delle spire, si ottiene con una buona approssimazione il diametro del singolo filo. Vien da se che più spire si fanno maggiore è la precisione della misura. Detto questo posso passare ad illustrare: come ho costruito la masuola come ho costruito la parte mobile In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 19 Le Pagine Disegnate Incavigliare le Caviglie Luciano Bragonzi (Lubra) Incavigliare le Caviglie Eseguire le legature non è sempre facile e veloce, specialmente dove bisogna mettere mano e/o dita in mezzo ad un groviglio di fili! Una di queste fasi è sicuramente il bloccare le scotte delle manovre delle vele. Quello che vi propongo oggi è un sistema molto semplice che vi permetterà di velocizzare le operazioni, il tutto ovviamente facilitato da due attrezzi semplici e banali a costo zero! Quello che ci serve è una molletta di legno per stendere i panni, che ruberemo alla moglie di nascosto :-), ed alla quale faremo una semplice modifica, ed un tubicino flessibile (potrebbe essere ad esempio la guaina di un fili elettrico) del misura che si può adattare a quella della testa delle nostre caviglie, come riportato nel disegno seguente: Taglieremo l'estremità della molletta e vi faremo un foro del diametro di un tubicino flessibile, che dovrà essere posizionato in seguito sulla testa della caviglia: 20 In viaggio con Magellano n. XXII - Aprile 2013 Le Pagine Disegnate Incavigliare le Caviglie Con una pinza adatta, avvolgiamo il cavo come da disegno seguente, alla nostra caviglia: Lo blocchiamo con due dita, o con la pinzetta; rotoliamo la scotta, con pollice e indice, nel verso che la obbliga a creare un'asola (come indicato nel secondo disegno). Con l'attrezzo creato, infiliamo il tubicino all'interno di questa asola e appoggiamo il tubicino alla testa della caviglia (vedi terzo disegno) Lasciamo la pinzetta che tratteneva la scotta e tendiamo il capo in uscita dall'asola verso il basso, andando a stringere il più possibile. La scotta ora è bloccata e non necessita di punti di colla, in quanto il nodo formatosi è quello realmente utilizzato per bloccare la stessa manovra. In viaggio con Magellano n. XXIV - Ottobre 2013 21 QUESTIONARIO GRADIMENTO RIVISTA Egregio Lettore/Socio, la Redazione ha redatto il seguente questionario al fine di valutare insieme eventuali aspetti migliorativi della rivista “VM”, con l’intento pratico di instaurare una sempre più dinamica e interattiva forma di partecipazione del lettore alla realizzazione di una pubblicazione di modellismo fatta da modellisti, concepita non solo come mezzo di diffusione di notizie ma anche idonea a soddisfare curiosità, interessi ed esigenze pratiche legate al modellismo, all’architettura, alla storia, alla cultura navale o comunque inerente la vita di mare. Sei invitato a dare il tuo contributo compilando il questionario ed inviarlo con le modalità illustrate sotto. Ogni tua osservazione, suggerimento o commento saranno indispensabili per il miglioramento e la sopravvivenza della nostra rivista. Grazie per la cortese collaborazione. Indicare nella seguente tabella con un valore da 1 a 5 (dove 1 sta per non interessato e 5 per molto interessato) a quali argomenti saresti maggiormente interessato oppure che vorresti approfondire maggiormente. Apporre una “X” nelle caselle apposite. A quale tipo di Modellismo sei interessato o vorresti che fosse approfondito? Modellismo Navale Statico in legno Modellismo Navale Statico in plastica Modellismo Navale Dinamico Modellismo Navale Scatole Kit Modellismo Navale Statico autocostruito partendo da disegni e progetti Modellismo Navale Statico in Ammiragliato Modellismo Navale – Realizzazione di Particolari Modellismo Navale – Navi in Bottiglia A quale lettura tecnica e culturale sei interessato o vorresti approfondire? Architettura Navale Antica Architettura Navale Moderna Archeologia Navale Storia e Cultura navale in genere Approfondimenti storici sui nostri modelli A quali tipologie di articoli di modellismo sei interessato o vorresti approfondire? 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