Documenti per la Salute 2
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Documenti per la Salute 2 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Atti del Seminario Diagnosi e trattamento dei neovasi sottoretinici GIUNTA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO AZIENDA PROVINCIALE PER I SERVIZI SANITARI Trento 1999 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 ã copyright Giunta della Provincia Autonoma di Trento, 1999 Collana Documenti per la Salute - 2 Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria Via Gilli, 4 38100 Trento tel. 0461/494037, fax 0461/494073 e-mail: [email protected] Atti del seminario realizzato a Trento il 24 maggio 1997 dall'Azienda provinciale per i Servizi Sanitari, Unità Operativa Oculistica dell'Ospedale di Trento con il patrocinio di: Presidente del Senato della Repubblica Giunta della Provincia Autonoma di Trento A cura di: Mauro De Concini Paolo Conci Coordinamento editoriale: Vittorio Curzel Editing: Giovanna Forti Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 L'aumento della durata media della vita ha portato negli ultimi decenni all'incremento di patologie oculari invalidanti una volta meno frequenti. Fra le cause principali di cecità nelle nazioni occidentali, come l'Italia, oggi prevale la maculopatia così detta senile. Considerata la maggior causa di cecità legale oltre i 65 anni, questa malattia retinica è oggetto di studio e di ricerca in tutti gli ambienti scientifici internazionali. Nonostante le migliorate conoscenze, i progressi della farmacologia e i perfezionamenti apportati nei metodi di diagnosi e di controllo clinico, non esiste a tutt'oggi una cura risolutiva della maculopatia e della neovascolarizzazione sottoretinica. La prevalenza della cecità legale che oggi è stimata in ambito nazionale allo 0,2%, obbliga l'amministrazione sanitaria a potenziare tutti gli strumenti specialistici utili nella diagnosi precoce delle malattie oculari. Divulgare sempre più la cultura della prevenzione della cecità e della riabilitazione visiva in tutti gli ambienti della vita sociale, vuole essere inoltre un impegno concreto dell'Amministrazione provinciale soprattutto nei confronti dei soggetti ipovedenti che oggi rappresentano un fenomeno sempre più ampio. La collaborazione con i medici nel promuovere le attività di prevenzione, cura e riabilitazione nonchè il miglioramento continuo della qualità e la verifica dei risultati e il costante aggiornamento tecnico, sono il risultato di una concezione nuova della medicina contemporanea che intende la malattia non solo come fatto individuale ma anche come fenomeno sociale. Questa pubblicazione, arricchendo con le conoscenze più attuali l'operatore sanitario, vuole dare un contributo concreto alla cura ed alla prevenzione di quella che oggi costituisce la principale causa di minorazione visiva dell'età evolutiva. dott. Mario Magnani Assessore provinciale alle politiche sociali e alla salute Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Indice 9 11 Presentazione Introduzione 13 Cap. 1, G. Virgili, P. Lanzetta, U. Menchini I neovasi sottoretinici: diagnosi e monitoraggio 21 Cap. 2, P. Lanzetta, S. Crovato, G. Virgili Angiografia con verde di indocianina: attuali indicazioni 35 41 55 61 Cap. 3, P. Steindler, E. Milan Studio elettrofunzionale nei neovasi sottoretinici: attuali orientamenti Cap. 4, A. Pece La miopia elevata o degenerativa Cap. 5, F. Bandello, C. Incorvaia, G. Mingrone Degenerazione maculare legata all'età: indicazioni al trattamento laser Cap. 6, U. Menchini, G. Virgili, P. Lanzetta I neovasi sottoretinici: trattamento laser 73 Cap. 7, G. Paolo, A. Crestani Utilità della microperimetria nella valutazione preoperatoria delle membrane sottoretiniche 83 Cap. 8, V. De Molfetta, F. Bottoni La chirurgia maculare delle membrane neovascolari sottoretiniche subfoveali 99 Cap. 9, A. Crestani Complicanze della chirurgia delle membrane sottoretiniche 107 Cap. 10, P. Lanzetta, S. Crovato, G. Vergili Nuove frontiere terapeutiche nella degenerazione maculare senile 121 Cap. 11, M. Broggini Riabilitazione visiva e sviluppo della fissazione eccentrica Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Presentazione Negli ultimi decenni anche la medicina, complice il progresso tecnologico, ha iniziato una lenta trasformazione da arte empirica a scienza; gli effetti di tale trasformazione sono ben tangibili nel mondo industrializzato, dove la durata media della vita è in costante aumento. In contrapposizione a questo aspetto positivo, però, si è assistito all'incremento di patologie una volta relativamente infrequenti e che oggi, invece, costituiscono uno dei problemi medici di più difficile gestione. Uno di questi, la degenerazione maculare legata all'età, è la maggior causa di cecità legale al di sopra dei 65 anni. Si può ben comprendere come ciò comporti, oltre ad un cospicuo costo economico, anche un drammatico risvolto umano, dal momento che la menomazione visiva determina in pratica l'impossibilità della lettura, tanto più grave in persone che hanno spesso in essa una valida compagnia. Purtroppo a tutt'oggi le possibilità terapeutiche della moderna medicina hanno grossi limiti, tando che siamo praticamente impotenti nelle degenerazioni cosiddette atrofiche e possiamo curare con qualche risultato apprezzabile solo il 10% circa delle forme edematose. I recenti miglioramenti diagnostici apportati dall'angiografia con il verde di indocianina, l'introduzione di nuove sorgenti laser e di nuove tecniche di chirurgia retino vitreale, hanno solo migliorato leggermente le nostre capacità, di certo non al punto da costituire una soluzione soddisfacente dei problemi che quotidianamente incontriamo. Fortunatamente qualcosa di nuovo sta comparendo all'orizzonte: la terapia fotodinamica muove finalmente i primi passi concreti dopo tante promesse non mantenute. La possibilità di chiudere selettivamente i vasi neoformati salvaguardando le strutture sane circostanti, costituisce una propsettiva affascinante sia per il paziente, sia perchè no, per l'operatore. Altre novità stanno per apparire all'orizzonte: gli inibitori del fattore neovascolare endoteliale, la terapia genica, il trapianto di retina autologa, tanto per nominare le più affascinanti. Questo volume costituisce il sunto delle nostre capacità attuali. Prof. Ugo Menchini Direttore Clinica Oculistica Università di Udine 9 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 10 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Introduzione L'oftalmologia, scienza medica molto antica, ha subito negli ultimi decenni una grande trasformazione grazie alle importanti acquisizioni scientifiche e tecniche che oggi la contraddistinguono. Il prolungamento della vita media tuttavia ha modificato l'entità e l'incidenza di molte malattie oculari invalidanti. Sempre più sono i pazienti che dopo i 65 anni presentano un grave handicap visivo non risolvibile con le più moderne terapie e tecniche operatorie. Scopo della pubblicazione è quello di presentare i rusultati delle ricerche scientifiche internazionali più attuali: dai nuovi sistemi diagnostici retinici alle più efficaci molecole farmacologiche, dalle nuove sorgenti laser alle più sofisticate tecniche di chirurgia vitreo-retinica. L'opportunità di raccogliere in un testo esperienze qualificate in ambito nazionale ed internazionale, come quelle del prof. Vito de Molfetta e del prof. Ugo Menchini, rendono questo lavoro strumento utile ed attuale per migliorare le conoscenze sulla neovascolarizzazione sottoretinica e sulla maculopatia dell'età evolutiva. La pubblicazione avrà raggiunto il suo scopo se riuscirà inoltre ad arricchire ed aggiornare lo specialista di base chiamato ad un confronto quotidiano con la malattia. Prof. Mauro De Concini Primario Oculistica Ospedale di Trento Dott. Paolo Conci Resp. Servizio Laser Terapia Divisione Oculistica Ospedale di Trento 11 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 12 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CCAPITOLO APITOLO 11 I neovasi sottoretinici: diagnosi e monitoraggio G IANNI VIRGILI, P AOLO LANZETTA, UGO MENCHINI La neovascolarizzazione sottoretinica o coroideale (CNV) in corso di degenerazione maculare legata alletà (AMD) è responsabile del 50% dei casi di cecità civile nelle società industrializzate(1). Al di sotto di 50 anni, la miopia è la più frequente causa di CNV, seguita dalle forme idiopatiche, la pseudoistoplasmosi e la coroidopatia multifocale, le strie angioidi ed altre cause più rare(2). La diversa eziopatogenesi della CNV condiziona solamente in piccola parte le metodiche di diagnosi e monitoraggio della malattia. Le angiografie a fuorescenza (FAG) e con verde di indocianina (ICGA) ed il trattamento laser sono tecniche diagnostiche e terapeutiche fondamentali in tutti i casi. Al contrario, la storia naturale e la risposta al trattamento differiscono a seconda della eziologia, essendo la AMD tanto la forma più diffusa quanto tra quelle a prognosi peggiore. Alcune osservazioni sulla sintomatologia legata alla malattia e sulle modalità del follow-up possono essere utili a completare i capitoli che verranno sviluppati di seguito, quali quelli riguardanti langiografia oculare e la fotocoagulazione. Sintomatologia associata alla CNV Una sensazione di annebbiamento o di riduzione del visus, la distorsione dellimmagine, la percezione di uno scotoma sono i sintomi più frequentemente accusati dai pazienti in cui insorge una CNV (3-5). Le metamorfopsie sono associate alla presenza del fluido sottoretinico ed alledema retinico, con conseguente dislocazione e distorsione dei fotorecettori. Grey et al.(6) hanno osservato che la durata dei sintomi è inversamente proporzionale alla trattabilità della lesione, che in questo studio veniva intesa come margine della CNV ad almeno 100 micron dal centro della FAZ. Il 53% delle CNV i cui sintomi si erano manifestati da un mese erano trattabili, mentre lo era il 15% delle lesioni sintomatiche da più di 4 13 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 1 mesi e l1% delle lesioni sintomatiche da almeno un anno. Questo dato è ovviamente in relazione alla velocità di accrescimento della lesione e alla invasione della fovea. Klein et al.(7) hanno verificato che il 53% delle CNV si dirige verso la fovea con una velocità compresa tra 0 e 74 micron al giorno, con una media di 18 micron. Non è possibile prevedere con certezza le capacità di accrescimento della lesione; tuttavia, le membrane più grandi tendono a crescere a velocità maggiore. Il paziente che venga colpito per la prima volta dalla malattia non è in genere a conoscenza del significato dei sintomi che percepisce. Questo fatto può indurre ad una attesa che riduce le possibilità di trattamento fotocoagulativo. Per questo motivo è opportuno informare i pazienti con lesioni retiniche a rischio, scoperte casualmente durante visite di routine, della necessità di una valutazione precoce in caso di comparsa dei sintomi descritti. Si tratta in particolare di pazienti anziani con soft drusen o iperpigmentazione, o di soggetti miopi con rotture della membrana di Bruch in regione maculare. In presenza di una CNV evoluta, in genere bilaterale, è frequente la comparsa di sintomi quali le fotopsie e le allucinazioni visive(8); queste ultime possono assumere laspetto di forme geometriche (triangoli, quadrati, ecc.) o di fiori, volti, ed altre figure complesse che inducono a volte il paziente a consultare un neurologo o uno psichiatra. Questi sintomi sono in genere correlati alla cronicità del processo e ad un deficit visivo grave. Aspetti biomicroscopici La neovascolarizzazione coroideale è raramente visibile direttamente con loftalmoscopia(9). Nella AMD essa si può a volte apprezzare come unarea di decolorazione grigiastra sottoretinica, spesso contornata da emorragiole che provengono dallarcata anastomotica periferica. Un anello di iperpigmentazione può talora delimitare i confini della lesione. Una fine alterazione dellepitelio pigmentato associata a sollevamento retinico sovrastante può essere il segno di una lesione occulta. La componente vascolare della CNV può essere visualizzata direttamente, in particolare nelle lesioni classiche. In questo caso si apprezza un gettone sottoretinico rossastro o brunastro (fig. 1), mentre per lesioni di grandi dimensioni è possibile a volte osservare i vasi neoformati che corrispondono ai tronchi afferente ed efferente o alle loro ramificazioni. Più comunemente la lesione può essere sospettata per i segni indiretti. Il più importante di essi è il sollevamento sieroso retinico; il suo rilievo è fondamentale tanto nel porre il sospetto clinico di CNV, quanto nel monitoraggio dopo la fotocoagulazione; infatti, la sua presenza induce a 14 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 1 considerare con attenzione qualsiasi iperfluorescenza localizzata in corrispondenza dellarea trattata ricercando una eventuale diffusione di colorante o segni biomicroscopici diretti della presenza della CNV. Altri segni indiretti associati alla CNV sono: le emorragie profonde, che contornano spesso la lesione, provenendo dalla arcata vascolare periferica; gli essudati duri, disposti in genere al margine del sollevamento neuroepiteliale; ledema maculare cistoide; gli shunt retino-coroideali; la fibrosi sottoretinica, nei casi più avanzati. Il distacco dellepitelio pigmentato (DEP) è un importante segno di sospetto della presenza di una CNV. Molti classici segni fluorangiografici di vascolarizzazione del DEP possono essere osservati anche biomicroscopicamente: incisura del margine del DEP che contenga una piccola area rilevata sottoretinica; coesistenza di un sollevamento neuroepiteliale; presenza di una componente solida e meno rilevata del DEP, oltre ad una porzione sierosa più rilevata; emorragie od essudati duri; contenuto proteico torbido del DEP; shunt retinocoroideali. Monitoraggio dei pazienti dopo il trattamento laser La frequenza delle recidive dopo il trattamento laser della CNV induce a seguire questi pazienti in maniera ravvicinata nei primi 3-6 mesi, periodo a maggior rischio di recidiva(10-12). La scaletta da noi utilizzata per il follow up prevede controlli angiografici a 7-15-30-50 giorni, quindi mensilmente sino al sesto mese. I controlli clinici possono servire a ridurre la frequenza degli esami angiografici quando si sia formata una cicatrice atrofica in corrispondenza della lesione. È fondamentale che il paziente venga invitato al monitoraggio delle metamorfopsie, istruendolo a ripresentarsi per un controllo clinico qualora esse ricompaiano o aumentino. La persistenza o laumento delle metamorfopsie, come pure la persistenza di un sollevamento neuroepiteliale maculare, deve anche indurre ad un atteggiamento più aggressivo nei confronti di ogni possibile recidiva. Nonostante lutilizzo del test di Amsler sia ormai consolidato(3, 13, 14), alcune osservazioni più recenti hanno evidenziato una scarsa riproducibilità del test stesso(15-17). Lutilizzo di griglie modificate (threshold Amsler grid, illuminated Amsler grid) potrebbe aumentare lefficacia preventiva del test stesso(18-21). 15 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 1 Fig. 1. Aspetto in retinografia a luce aneritra di una piccola neovascolarizzazione iuxtafoveale superiore (in alto a sinistra); la lesione appare come un gettone rotondeggiante brunastro e presenta una emorragiola al margine superiore. In fluorangiografia (in alto a destra) questa piccola CNV classica si presenta precocemente iperfluorescente, circondata da un alone ipofluorescente; essa diffonde il colorante nelle fasi tardive (in basso a sinistra). Le fasi precoci della angiografia con ICG mostrano un alone ipofluorescente legato ad effetto schermo in corrispondenza della CNV (in basso a destra). 16 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 1 Locchio controlaterale nella AMD Il Macular Photocoagulation Study Group ha recentemente pubblicato i risultati di una analisi sul rischio di insorgenza della CNV nellocchio controlaterale di pazienti affetti da AMD essudativa trattata con fotocoagulazione(22). Il rischio è mediamente del 25% in 5 anni, ma può variare dal 7 all80% a seconda della presenza dei seguenti fattori di rischio: una o più drusen di dimensioni maggiori a 63 micron in sede maculare (rischio relativo (RR)=1.5); almeno 5 drusen di dimensioni maggiori a 63 micron in sede maculare (RR=2.1); iperpigmentazione focale in sede maculare (RR=2.0); ipertensione arteriosa (RR=1.7). La presenza di soft drusen e di iperpigmentazione è risultata il principale fattore di rischio anche in altri studi(23-25). Nel caso il primo occhio presenti una CNV occulta e venga colpito anche locchio controlaterale, questultimo sviluppa a sua volta una CNV occulta dello stesso tipo (ossia con o senza DEP) nel 80-90%(26). La conoscenza di questi dati è importante per la formulazione della prognosi e per seguire con maggiore attenzione i pazienti che presentino un rischio più elevato. È opportuno istruire questi pazienti a monitorare la visione nellocchio controlaterale, utilizzando anche il test di Amsler per il rilievo precoce di metamorfopsie o comparsa di scotomi e consentire una diagnosi precoce nel caso di una insorgenza della malattia. 17 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 1 BIBLIOGRAFIA 1. B IRD AC, What is the future of research in age-related macular disease? , Arch Ophthalmol 1997; 115:1311-3. 2. C OHEN SY, L AROCHE A, L EGUEN Y, S OUBRANE G, C OSCAS GJ, Etiology of choroidal neovascularization in young patients, Ophthalmology 1996; 103:1241-4. 3. FINE AM, E LMAN MJ, E BERT JE, PRESTIS PA, S TARR JAS, F INE SL, Earliest symptoms caused by neovascular membranes in the macula, Arch Ophthalmol 1986; 105:513-514. 4. RAPIZZI E, LANZETTA P, GUARIGLIA C, VIRGILI G, MENCHINI U, Sintomi precoci nella degenerazione maculare legata alletà complicata da neovascolarizzazione coroidale in un campione di popolazione del distretto di Udine, 76° Congresso Società Oftalmologica Italiana, Roma 21-23 novembre 1996. Abstract Book, 55. 5. L ANZETTA P, V IRGILI G, M ALARA C, M ENCHINI U, Metamorfopsie e fosfeni, Bollettino di Oculistica 1997; anno 76(2):95-100. 6. G REY RHB, B IRD AC, C HISHOLM IH, Senile disciform macular degeneration: features indicating suitability for photocoagulation, Br J Ophthalmol 1979; 63:85 9. 7. KLEIN ML, LORIZZO PA, WATZKE RC, Growth features of choroidal neovascular membranes in age-related macular degeneration, Ophthalmology 1989; 96:1416 21. 8. B R O W N GC, M U R PHY RP, Visual symptoms associated with choroidal neovascularization. Photopsias and the Charles-Bonnet Syndrome, Arch Ophthalmol 1992; 110:1251-6. 9. 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Al contrario la fluoroangiografia non è altrettanto efficace nel visualizzare la circolazione coroideale (4). Infatti la scarsa trasmissione della fluorescenza attraverso mezzi diottrici opachi, lo schermo costituito dallepitelio pigmentato retinico e manifestazioni patologiche, quali emorragie ed essudati, unitamente alla rapida fuoriuscita del tracciante attraverso la coriocapillare, limitano lutilità di tale esame nel caso si vogliano studiare i vari coroideali normali o patologici. Il verde di indocianina è un derivato idrosolubile della tricarbocianina che gode di diversi vantaggi rispetto alla fuoresceina per quanto riguarda la visualizzazione angiografica della coroide. Uno di questi è costituito dallassorbanza ed emissione nel vicino infrarosso. I picchi di eccitazione ed emissione nel sangue sono infatti rispettivamente a 805 e 835 nm. Tali lunghezze donda permettono di superare la barriera costituita dallepitelio pigmentato retinico, eventuali emorragie o essudati ed opacità dei mezzi diottrici(5-8). Infatti lepitelio pigmentato retinico e la coroide assorbono tra il 50 e il 75% della radiazione nello spettro blu-verde (circa 500 nm) e solo il 21-38% nello spettro dellinfrarosso (circa 800 nm)(9). Il verde di indocianina, inoltre, si lega per il 98% alle proteine plasmatiche, rendendo trascurabile la propria diffusione attraverso lendotelio fenestrato della coriocapillare. Questa proprietà permette una migliore definizione dei vasi coroideali rispetto alla fluorangiografia. Indicazioni Studi multicentrici sulla degenerazione maculare legata alletà hanno 21 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 dimostrato lefficacia della fotocoagulazione laser nella terapia della neovascolarizzazione coroideale (CNV) classica o ben definita. Purtroppo la maggior parte dei pazienti affetti da questa forma di maculopatia presenta una neovascolarizzazione occulta o mal definita secondo quanto stabilito dagli standard fluoroangiografici. Freund et al.(10) hanno dimostrato che solo il 13% dei pazienti affetti da neovasi sottoretinici in corso di degenerazione maculare legata alletà ha una lesione trattabile in base alle informazioni dettate dalla fluoroangiografia (fig. 1). Tenendo conto delle frequenti recidive dopo il trattamento laser, si ritiene che il 93% dei pazienti affetti da neovasi senili non rientri nei criteri fluoroangiografici di trattabilità o non risponda al trattamento laser. Molti pazienti non trattabili con la fotocoagulazione presentano forme di neovascolarizzazione particolarmente estese, molti altri sono affetti semplicemente da forme occulte. Una migliore visualizzazione della membrana neovascolare potrebbe consentire un trattamento più efficace. Per tale motivo langiografia con il verde di indocianina, che permette una migliore visualizzazione dei vasi coroideali, va considerata la metodica di elezione per lo studio delle neovascolarizzazioni coroideali di tipo occulto o mal definito(11, 12) (fig. 2). Secondo Yannuzzi et al. (11) le neovascolarizzazioni coroideali occulte possono essere riclassificate come classiche o ben definite nel 39% dei casi grazie alle ulteriori informazioni fornite dallangiografia con verde di indocianina. Langiografia con verde di indocianina è particolarmente utile nella identificazione di CNV occulte associate ad ampi distacchi dellepitelio pigmentato (DEP) sierosi. In base a criteri fluoroangiografici la presenza di una CNV in un DEP vascolarizzato è caratterizzata da una iperfluorescenza graduale ed irregolare legata allaccumulo di fluorosceina nello spazio sottoepiteliale. Al contrario un DEP sieroso si caratterizza per una iperfluorescenza intensa, precoce, rapida ed omogenea con un accumulo tardivo del colorante. Con langiografia al verde di indocianina la localizzazione di una CNV occulta è generalmente molto più agevole. Il colorante, di norma, non diffonde nello spazio sottoepiteliale cosicché la CNV appare come unarea iperfluorescente. Liperfluorescenza, associata eventualmente a diffusione, è a carico esclusivamente della CNV. 22 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 2 Fig. 1. La fluoroangiografia evidenzia chiaramente la presenza di una CNV iuxtafoveale di tipo classico. Tale lesione è spesso identificabile con maggiore difficoltà con langiografia al verde di indocianina. Per tale motivo lesecuzione dellangiografia al verde di indocianina va riservata ai casi di CNV occulta. 23 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 Fig. 2. La fluoroangiografia evidenzia la presenza di unarea con iperfluorescenza mal definita ed irregolare associata ad alcuni pin points. Tale quadro corrisponde alla definizione di CNV occulta. Langiografia al verde di indocianina rende evidente nelle fasi iniziali e tardive la presenza di una ampia placca neovascolare comprendente la regione foveale. 24 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 2 Lindocianina probabilmente interagisce con le pareti endoteliali della CNV e fuoriesce molto lentamente attraverso le fenestrazioni dei vasi anormali per riversarsi nello spazio sottoepiteliale adiacente alla CNV. Uno dei vantaggi indiscutibili della angiografia con verde di indocianina è costituito dunque dalla possibilità di discriminare tra DEP sierosi o vascolarizzanti, poiché i neovsi sono iperfluorescenti a differenza dello spazio sieroso (fig.3). Una ulteriore applicazione della angiografia con verde di indocianina è costituita dai casi di epitelio pigmentato vascolarizzato che sono caratterizzati, secondo la classificazione del Macular Photocoagulation Study(13), da una diffusione tardiva di fluoresceina da fonte non determinata (fig. 4). Langiografia con verde di indocianina offre importanti informazioni anche in caso di un quadro di epitelio pigmentato vascolarizzato mascherato da fluido sieroemorragico o sottili laccature ematiche. Una migliore identificazione della CNV con langiografia al verde di indocianina dovrebbe contribuire a migliorare lefficacia del trattamento laser e a ridurre il tasso di recidiva della CNV. Per tale motivo sono in corso alcuni studi atti a verificare lutilità del trattamento laser eseguito sulla base della angiografia con verde di indocianina(14, 15) (figg. 5, 6). Langiografia con verde di indocianina trova indicazione anche nellidentificazione delle recidive di CNV. Yannuzzi et al(11) hanno descritto come langiografia con verde di indocianina sia in grado di delineare chiaramente e con maggiore sensibilità le recidive di CNV anche in assenza di segni clinici e fluoroangiografici di neovascolarizzazione. Tale riscontro è particolarmente utile nel caso di DEP sieroemorragici. Per quanto riguarda i tipi di CNV evidenziabili con langiografia con verde di indocianina, Guyer et al.(16) hanno recentemente descritto tre tipi di lesione in una serie di 1000 occhi consecutivi affetti da CNV occulta alla angiografia con fluoresceina. Nel 29% dei casi la CNV era di tipo focale, nel 61% la CNV corrispondeva ad una placca e nell8% la lesione era di tipo misto. La CNV focale è caratterizzata da unarea iperfluorescente di dimensione inferiore ad unarea papillare, a localizzazione generalmente extrafoveale (fig. 7). In relazione a tali caratteristiche la lesione è potenzialmente aggredibile con un trattamento guidato dalla angiografia con verde di indocianina. 25 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 Fig. 3. La retinografia con luce aneritra mostra laccumulo di essudati ai bordi di un distacco dellepitelio pigmentato. In angiografia con fluoresceina si evidenziano una ampia area con iperfluorescenza irregolare ed un hot spot al suo interno. Langiografia con verde di indocianina mostra chiaramente lestensione del distacco dellepitelio pigmentato con unarea di iperfluorescenza corrispondente allhot spot visibile in fluorangiografia ed alla lesione neovascolare. 26 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 2 Fig. 4. La fase tardiva della fluoroangiografia evidenzia in sede maculare unarea iperfluorescente mal definita non associata a distacco dellepitelio pigmentato. Langiografia con verde di indocianina delinea chiaramente lestensione di una membrana neovascolare subfoveale. 27 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 Fig. 5. Langiografia con verde di indocianina rende evidente la presenza di una neovascolarizzazione coroideale focale. 28 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 2 Fig. 6. Ad un mese dal trattamento si nota una chiazza ipofluorescente nella sede della fotocoagulazione, a testimonianza della avvenuta occlusione del neovaso . Il trattamento e la valutazione della sua efficacia sono stati condotti sulla base delle informazioni fornite dallangiografia con verde di indocianina. 29 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 Fig. 7. Una CNV di tipo focale è ben identificabile grazie alla angiografia con verde di indocianina. 30 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 2 La CNV a placca è definibile come unarea iperfluorescente, solitamente subfoveale, di ampiezza maggiore di unarea papillare (fig. 8). La placca è ben definita in meno della metà dei casi mentre la restante parte è mal definita. Il trattamento laser è generalmente sconsigliato in questo tipo di CNV. La storia naturale della CNV a placca è caratterizzata da una progressiva crescita con un decremento della acuità visiva variabile a seconda degli autori(11, 17). Le lesioni miste possono essere suddivise in tre ulteriori sottogruppi in relazione alla sede della CNV focale, che può essere localizzata al margine, al di sopra o lontano dalla placca. Il trattamento laser in questi casi, se eseguito, deve essere mirato solo alle lesioni focali nel tentativo di ottenerne locclusione(15). Dai risultati preliminari la storia naturale delle lesioni focali localizzate al di sopra di placche neovascolari sembra essere migliore rispetto allevoluzione di lesioni focali al margine della placca o di placche non associate a lesioni focali(16). In conclusione langiografia con il verde di indocianina permette una migliore identificazione della vascolarizzazione coroideale normale e patologica e può offrire ulteriori informazioni sulla fisiopatologia delle membrane neovascolari coroideali. Luso sistematico dellangiografia con verde di indocianina ha recentemente permesso una utile classificazione delle CNV (16). Il campo di applicazione principale di questa metodica è costituito dalle CNV occulte, specialmente se associate a DEP e dalla identificazione di recidive dopo il trattamento laser. Luso della angiografia con verde di indocianina sarà probabilmente utile nella valutazione della storia naturale delle lesioni neovascolari e del ruolo potenziale della fotocoagulazione laser guidata da questo esame nei vari tipi di CNV. 31 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 Fig. 8. Langiografia con verde di indocianina permette la localizzazione di una ampia placca neovascolare, ben visibile nelle fasi tardive dellesame. 32 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 2 BIBLIOGRAFIA 1. SCHATZ HS, BURTON T, YANNUZZI LA, RABB MF, Interpretation of Fundus Fluorescein Angiography, St. Louis: CV Mosby, 1978. 2. Y ANNUZZI LA (ed..), Laser Photocoagulation of the Macula,. Philadelphia: JB Lippincott, 1989. 3. N O V O T N Y HR, A L V IS DC, Method of photographing fluorescence in circulating blood in the human retina, Circulation (NY) 1961; 24:82. 4. 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Y ANNUZZI LA, S LAKTER JS, SORENSON JA, et al. Digital indocyanine green videoangiography and choroidal neovascularization, Retina 1992; 12:191-223. 12. GUYER DR, YANNUZZI LA, SLAKTER JS, et al, Digital indocyanine green videoangiography of occult choroidal neovascularization, Ophthalmology 1994; 101:1727-37. 13. M ACULAR P HOTOCOAGULATION S TUDY G ROUP , Subfoveal neovascular lesions in AMD: guidelines for evaluation and treatment, Arch Ophthalmol 1991; 109:1242-58. 14. S LAKTER JS, Y ANNUZZI LA, S ORENSON JA, et al, A pilot study of indocyanine green videoangiography guided laser photocoagulation treatment 33 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 2 of occult choroidal neovascularization, Arch Ophthalmol 1994; 112:465-72. 15. G U Y E R DR, Y A N N U Z Z I LA, S L A K T E R JA, S O R E N S O N JA, et al, Classification of choroidal neovascularization by digital indocyanine green videoangiography, Ophthalmology 1996; 103:2054-60. 16. BOLOGNESI G, BRANCATO R, PECE A, INTROINI U, TRABUCCHI G, AVANZA P, J ANSEN A, C ALORI G, Indocyanine green angiography (ICGA) follow-up of plaque choroidal neovascularization in age-related macular degeneration, Invest Ophthalmol Vis Sci 1997; 38 (suppl 4):92. 34 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CCAPITOLO APITOLO 333 Studio elettrofunzionale nei neovasi sottoretinici: attuali orientamenti PIERO STEINDLER, ELISABETH MILAN La difficoltà di ottenere una risposta elettrica focale in un punto ben determinato della retina, è apparsa evidente fin dalle prime esperienze di elettrofisiologia oculare. Infatti lelettroretinogramma a pieno campo registra una risposta di massa e risulta alterato solo quando una cospicua parte della retina (non meno del 20%) viene alterata da un processo patologico. Questo problema è particolarmente sentito a livello della macula. Infatti il numero dei coni nella macula centrale rappresenta solo il 7-9% della intera popolazione retinica e a livello della foveola i coni sono solo 1.5% del numero totale di coni. La possibilità di separare la risposta fotopica (dei coni) da quella scotopica (dei bastoncelli) risale al 1958 quando Adrian descrisse lelettroretinogramma dinamico. Tuttavia la possibilità di ottenre una risposta elettrica dai soli coni non significava aver ottenuto una risposta a livello maculare, perché i coni extrafoveolari sono enormemente più numerosi di quelli foveolari. Varie tecniche altamente sofisticate sono state sviluppate al fine di registrare stimoli focali allinterno della macula. Ognuna di esse ha dovuto misurarsi con i due problemi fondamentali di questo tipo di registrazioni: quello delle basse ampiezze e quello della stry light. Molti ricercatori hanno tentato di risolvere questi problemi creando attorno allo stimolo, un campo che saturava le zone di retina perimaculari non interessate allanalisi. Sandberg e Ariel (1977) sono riusciti ad ottenere una risposta elettroretinografica focale da pochi siti retinici selezionati mediante luso di un oftalmoscopio stimolatore manuale. Tuttavia lesiguo numero di siti stimolati, non ha consentito lelaborazione di una mappa. La semeiotica elettrica della macula si è avvalsa tuttavia di altre metodiche indirette: i potenziali visivi evocati, rappresentano una risposta corticale legata quasi esclusivamente alla funzione centrale della retina, lelettroretinogramma a pattern rappresenta una risposta delle cellule ganglionari che sono particolarmente dense a livello della retina centrale. Infine una alterazione dellEOG è patognomonica di alcune alterazioni maculari che coinvolgono la funzione del dipolo oculare (Malattia di Best, epiteliopatia a placche). 35 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 3 Tuttavia fino a pochi anni or sono, la diagnostica elettrofisiologica maculare si è limitata a tracciati di valore semeiologico certamente non paragonabile ad altre forme di diagnostica oculare come la fluorangiografia. Daltra parte risulterebbe estremamente utile, soprattutto per il chirurgo retinico, poter conoscere la situazione funzionale del neuroepitelio. Solo in tempi recentissimi, grazie allaumentata potenza e velocità dei computer, si è diffusa anche nella diagnostica elettrofisiologica la tecnica del Mapping. Questa metodica, introdotta nel 1994 da Grall e coll., si è diffusa soprattutto in elettroencefalografia. La tecnica del mapping elettrofisiologico, elaborata da Erich Sutter e realizzata nel VERIS rappresenta la vera novità nellelettrofisiologia della macula. Il Veris (Visual Evoked Response Imaging System) è un sistema completamente nuovo che si basa sulla registrazione dellattività elettrica simultaneamente da locazioni retiniche multiple usando la stessa procedura di un singolo elettroretinogramma focale, solo da un altissimo numero di siti diversi contemporaneamente. Esso consente una valutazione obiettiva e non invasiva di funzioni locali allinterno della retina, creando un sorta di topografia funzionale. Vengono usati tre elettrodi: uno attivo costituito da una lente a contatto sulla cornea, uno di riferimento sulla fronte e una terra su un lobo auricolare. Questo apparecchio si basa su un metodo di correlazione crociata per estrarre e combinare le risposte elettrofisiologiche da ciascuna locazione retinica stimolata. Il paziente siede e fissa un bersaglio collocato centralmente. Lo stimolo è strutturato ed è costituito da un reticolo di esagoni (61, 103, 241) oguno dei quali si alterna dal bianco al nero secondo una sequenza randomizzata. Gli esagoni hanno dimensioni crescenti con il grado di eccentricità in modo da avere una più elevata risoluzione spaziale nellarea centrale dove sono più densi gli elementi retinici. La registrazione dura un minimo di 4 minuti per occhio, durante i quali vengono registrati circa 10.000 tracciati dalle varie locazioni retiniche. Su tali tracciati vengono eseguite le correlazioni. Lelaborazione avviene secondo un calcolo algoritmico detto FTW (Fast Walsh Trasform) che è una procedura matematica notevolmente più rapida dellanalisi di Fourier. Dopo lelaborazione del segnale, il software consente tre possibili rappresentazioni delle risposte allERG multifocale: - Tracce singole su siti retinici multipoli (fig. 1). - Mappe a colori: ad ogni risposta focale è assegnato un colore che sfuma dal rosso al blu in rapporto al decremento di densità della risposta (fig. 2). - Mappe tridimensionali (fig. 3). 36 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 3 La zona studiata corrisponde ad un campo visivo che si estende approssimativamente 50° orizzontalmente e 40° verticalmente. Il Veris si è dimostrato particolarmente utile nella valutazione di alcune patologie come - la degenerazione maculare correlata alletà - le degenerazioni tapetoretiniche - le retinopatie tossiche. Studi preliminari hanno evidenziato un notevole interesse di questa tecnica nella valutazione del danno glaucomatoso. Nella Divisione Oculistica di Camposampiero, abbiamo avuto loccasione di poter usare il Veris per alcuni mesi. In particolare abbiamo avuto la possibilità di mettere a confronto in pazienti affetti da membrane sottoretiniche in sede maculare, esami molto diversi come la perimetria computerizzata elaborata con lanalisi Peridata, la fluorangiografia ottenuta con il sistema IMAGEnet e lindagine bioelettrica condotta con il VERIS. Con questo protocollo abbiamo esaminato 12 pazienti di età compresa fra 55 e 78 anni. Tutti i pazienti erano affetti da membrane sottoretiniche in sede maculare. Dato lestremo polimorfismo delle lesioni non è stato possibile eseguire una correlazione statisticamente significativa fra i vari esami, tuttavia è apparso in tutti i casi evidente che la presenza della membrana sottoretinica comporta una riduzione localizzata nella stessa sede dellattività bioelettrica della retina. Tale riduzione, che interessa prevalentemente londa b, si verifica verosimilmente a livello dellepitelio pigmentato, ma soprattutto dei fotorecettori di cui è probabilmente unespressione importante del danno anatomico. Vari studi anatomopatologici ormai classici (Klein 1951), hanno dimostrato che i fotorecettori subiscono in presenza di neovasi sottoretinici, una serie di modificazioni di tipo degenerativo, secondarie alle alterazioni dellepitelio pigmentato e della sua membrana basale. Gli esami bioelettrici tradizionali non hanno un particolare valore semeiologico nel caso di membrane sottoretiniche in sede maculare o foveolare. Infatti sia i PEV pattern che i PERG danno informazioni di funzionalità talmente generiche e aspecifiche che non possono essere utilizzate per alcuna decisione terapeutica. Solo metodiche elettrofisiologiche che comportino una rappresentazione mappale possono aiutare il clinico in una valutazione dellestensione e soprattutto dellentità del danno a livello dei fotorecettori. La correlazione fra il difetto riscontrabile con la fluorangiografia e lelaborazione bioelettrica che appare dal VERIS, non sempre risulta evidente. Infatti questultimo rappresenta il difetto funzionale dellepitelio pigmentato e dei fotorecettori, che non corrisponde obbligatoriamente al danno anatomico messo in evidenza dalla fluorangiografia. 37 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 3 In questo senso il VERIS rappresenta un passo avanti di enorme importanza. Resta tuttavia il problema di una precisa interpretazione del tracciato, che può venire soltanto dal confronto e dalla correlazione con listologia o in vivo con altre tecniche codificate come la FAG, lICG, la perimetria computerizzata e la microperimetria. Fig. 1. Tracce singole su siti retinici multipli 38 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 3 Fig. 2. Mappe a colori Fig. 3. Mappe tridimensionali 39 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 3 BIBLIOGRAFIA 1. B EARSE MA, S UTTER E, Imaging localized retinal dysfunction with the multifocal electroreginogram, Journal of the Optic Society of America 1996; 13 (3): 634-640. 2. CABANIS EA, LImagerie en Ophthalmologie, Ed. Masson 1996. 3. COSCAN G, Degenerescences Maculaires Acquises Liees a lAge et neovaisseaux sous-retiniens, Ed. Masson 1991. 4. F ISHMANN GA. S OKOL S, Electrophysiologic Testing in Disorders of the Retina, Optic Nerve, and Visual Pathways, Monografie american Academy of Ophthalmology 1990. 5. H E C K E N L I V E L Y J.R, A R D E N G, Principles and Practice of Clinical Electrophysiology of Vision, Mosby 1992. 6. SUTTER E, T RANG D, The Field Topography of ERG Components in Man. The photopic Luminance Response, Vision Res. 1992; 32(3):433-446. 40 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CCAPITOLO APITOLO 444 La miopia elevata o degenerativa ALFREDO PECE . La miopia viene considerata elevata o degenerativa quando è superiore a -6 diottrie con una lunghezza assiale superiore a 26 mm. La prevalenza della miopia elevata negli U.S.A. è circa il 2%, miopia elevata che rappresenta il 30% della popolazione miope. Differente appare la prevalenza in base alle caratteristiche geografiche. In Europa è più frequente in Spagna, mentre a Taiwan il 75% della popolazione è miope e nelle scuole addirittura il 25% degli studenti ha una miopia elevata. La miopia è direttamente correlata con il livello di istruzione essendo nettamente superiore tra gli studenti e gli impiegati rispetto ai lavoratori manuali. La prevalenza della miopia elevata sembra più importante nelle donne che negli uomini con una proporzione di 1.5-2/1, e presenta sostanziali differenze razziali ed etniche. E noto che la miopia è rara negli esquimesi, negli indiani americani: ha una minore prevalenza nella razza negra rispetto alla bianca ed è più elevata tra gli orientali e gli ebrei. La miopia elevata negli U.S.A. rappresenta la settima causa di cecità nei soggetti sopra i 20 anni mentre in Giappone è la quinta; in Europa vi sono dati differenti variando da prima a settima causa di cecità. La fisiopatologia della miopia è ancora ampiamente sconosciuta. Tutte le teorie indicano come nella miopia ci sia un tratto sicuramente ereditario e come fattori ambientali ed ormonali abbiano un ruolo fondamentale. Le lesioni corioretiniche sono secondarie alleccessivo allungamento assiale con conseguente stiramento dei tessuti oculari. Nellipotesi eredo degenerativa le alterazioni corioretiniche sono considerate secondarie ad un processo geneticamente determinato, associato alle variazioni anatomiche sclerali, ma indipendenti da esse. La miopia degenerativa è ereditata con carattere autosomico recessivo con espressività del gene miopico scarsa. Le modalità di determinazione genica della miopia avvengono secondo una teoria ectodermica o mesodermica. Anatomicamente tutte le strutture appaiono assottigliate (la sclera, la coroide, la membrana di Bruch, la retina, lepitelio pigmentato). In alcune zone lepitelio pigmentato ed i fotorecettori sono completamente sostituiti da cellule di Muller. Un aspetto della maculopatia miopica è la macchia di Foerster-Fuchs nei 41 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 4 suoi diversi stadi evolutivi. La sua frequenza varia dal 3.2% al 10% dei miopi elevati con frequenza doppia nelle donne rispetto agli uomini. Istologicamente la macchia di Fuchs è una cicatrice fibrovascolare disciforme con iperplasia dellepitelio pigmentato e della sua membrana basale, secondaria alla formazione di una neovascolarizzazione sottoretinica. Aspetti clinici I segni clinici della miopia patologica sono essenzialmente lo stafiloma miopico, il crescente e le alterazioni papillari, le lesioni corioretiniche atrofiche sino alle complicanze maculari. Tralasceremo in questa disamina le alterazioni della periferia retinica. Lo stafiloma è una ectasia evolutiva del globo oculare che interessa la sclera, la coroide e la retina. La prevalenza dello stafiloma è strettamente correlata alla refrazione ed alla lunghezza assiale e può variare dal 16% al 95% secondo diversi Autori, e inoltre la sua presenza è significativamente correlata con latrofia corioretinica. Sono stati illustrati 5 tipi di stafilomi, a seconda del coinvolgimento di diverse aree retiniche (polo posteriore, macula, peripapillare, nasale, inferiore). Il crescente miopico, detto anche falce o cono miopico, rappresenta una area peripapillare di atrofia dellepitelio pigmentato retinico determinata dallo spostamento del margine del complesso membrana di Bruch coriocapillare-epitelio pigmentato rispetto alla disco ottico. La sua prevalenza aumenta con la lunghezza assiale, riscontrandosi nel 100% degli occhi di 28.5mm. La alterazioni corioretiniche del polo posteriore sono prevalentemente le rotture della membrana di Bruch o lacquer cracks e le atrofie dellepitelio pigmentato retinico. Le lacquer cracks sono delle erosioni lineari biancastre , uniche o multiple, solitamente orizzontali. Queste linee di frattura sono conseguenza della distensione del polo posteriore e della membrana di Bruch sino alla sua rottura. Talora sono asintomatiche ma spesso si accompagnano ad emorragie sottoretiniche spesso caratteristiche (coin lesions), focali, talora plurime, rotonde, profonde ed a contorni ben definiti; riassorbendosi possono creare notevoli problemi funzionali quando sono centrali. Le lacquer cracks sono importanti dal punto di vista prognostico perchè se da un lato possono essere associate ad emorragie innocue da un altro frequentemente si complicano con una neovascolarizzazione sottoretinica. Isolate o associate alle lacquer cracks si possono osservare aree di atrofia dellepitelio pigmentato retinico, biancastre, rotondeggianti uniche o multiple, interessanti in maniera più o meno estesa il polo posteriore. Si riscontrano spesso in pazienti giovani e la lunghezza assiale è da considerarsi 11,5 42 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 4 La neovascolarizzazione sottoretinica Lemorragia secondaria ad una lacquer crack (evento questo che avviene nel 90%) si riassorbe spontaneamente in 4-6 settimane con prognosi funzionale per lo più favorevole. Nel caso invece sia presente una neovascolarizzazione sottoretinica (CNV) la prognosi appare riservata e in questo caso deve essere valutata la necessità di intervenire con una terapia laser. La neovascolarizzazione sottoretinica maculare si manifesta nel 5-10% degli occhi affetti da miopia patologica ed il rischio massimo dellinsorgenza di una CNV è tra i 40 ed i 50 anni. La CNV è bilaterale secondo unincidenza che varia tra il 12% ed il 41%. Linsorgenza di una CNV è correlata alla lunghezza assiale; la neovascolarizzazione sottoretinica insorge più precocemente in occhi con miopia più elevata, con una maggiore incidenza nelle donne. I segni clinici della comparsa della CNV sono talora drammatici e la diminuzione dellacuità visiva è abitualmente associata a metamorfopsie, micropsie e discromatopsie. La diagnosi biomicroscopica è spesso agevole. Infatti il complesso neovascolare appare come una chiazza grigio-verdastra associata a fenomeni emorragici più o meno estesi. Talora invece il loro riconoscimento può risultare difficoltoso soprattutto inizialmente quando non sono presenti emorragie e il distacco sieroso retinico, di per sè sempre piuttosto modesto, non è ben visibile. Levoluzione spontanea della CNV avviene con lorganizzazione della emorragia con proliferazione delle cellule dellepitelio pigmentato e fibrosi finale. Negli anni la lesione diventa più piana con margini indistiniti, si depigmenta e frequentemente viene circondata da un alone atrofico (macchia di Fuchs). La fluorangiografia, talora associata ad un angiografia con verde indocianina, rappresenta lesame di elezione per verificare la presenza di una CNV, identificarne la sede e lestensione e lesatta distanza dalla regione maculare. Aspetti angiografici Alla fluorangiografia (FAG) la CNV si presenta sin dalle fasi angiografiche arteriose come una zona di iperfluorescenza che aumenta di intensità nelle fasi più tardive (fig.1). La lesione neovascolare miopica è spesso pigmentata e pertanto appare talora ben definita nella retinografia a luce rossa od a colori. Avila ha per primo descritto due tipi di lesioni neovascolari: - CNV con scarsa o nulla diffusione di colorante - CNV con marcata diffusione del colorante durante le diverse fasi angiografiche, oltre i confini identificati nelle fasi precoci. 43 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 4 Questi due tipi di CNV secondo lAutore presenterebbero una diversa evoluzione: quelle con scarsa diffusione (93% dei casi) darebbero origine ad una cicatrice atrofica con relativa conservazione del visus, le seconde, considerate aggressive, invece presenterebbero nell80% dei casi una vasta cicatrice fibro-gliale essudativa con distacco sieroso retinico. A parere nostro queste considerazioni contrastano con quella che è la pratica e lesperienza clinica dove la maggioranza delle lesioni neovascolari evolve in senso negativo comportando unimportante diminuzione funzionale. Langiografia con verde indocianina (ICG), così come ha già dimostrato la sua utilità in molte affezioni, viene talora eseguita nella degenerazione maculare miopica (fig.2-3). LICG ha permesso una migliore valutazione delle aree di atrofia dellepitelio pigmentato e delle rotture della membrana di Bruch. Queste appaiono come linee ipofluorescenti, scure pertanto, per lassenza della vascolarizzazione coroideale e solitamente sono meglio visibili rispetto alla FAG. La neovascolarizzazzione sottoretinica allICG ha invece un aspetto fluorangiografico diverso. Abbiamo infatti evidenziato 4 diversi gruppi di CNV. Il I Tipo, riscontrato nel 35% dei casi comprende CNV fluorescenti nelle fasi iniziali circondate da un alone ipofluorescente e mal visibili nelle fasi tardive; nel II Tipo, evidente nel 34%, le CNV sono meglio visibili nelle fasi tardive; il III Tipo, 15%, comprende CNV evidenti solo nelle fasi tardive; il IV Tipo,16%, presenta lesioni neovascolari poco o per nulla visibili nelle fasi angiografiche sia iniziali che tardive. In tre occhi in cui la FAG non è stata in grado di visualizzare una CNV, lICG ha consentito di evidenziare una neovascolarizzazione sottoretinica. In conclusione possiamo affermare che la CNV è meglio evidenziata dalla fluorangiografia e pertanto il ruolo dellICG è relativo. Questesame ha comunque consentito di evidenziare diversi tipi di CNV e bisognerà valutare nel tempo se anche il comportamento clinico sarà diverso. LICG rimane comunque un esame importante in caso di CNV occultate da emorragie o non ben visibili alla fluorangiografia retinica. 44 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 4 Fig. 1. Fasi angiografiche di una neovascolarizzazione sottoretinica miopica. Sin dalle fasi iniziali (alto, sin) è ben visibile la CNV che tende ad aumentare, diffondendo il colorante nella fasi tardive (basso, dx). 45 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 4 Fig. 2. La fluorangiografia (alto) evidenzia una CNV su una rottura della m: di Bruch. Langiografia con indocianina (basso) mette in evidenza alcune striature ipofluorescenti (rotture della m. di Bruch) e una area di iperfluorescenza ben visibile nelle fasi tardive (CNV) 46 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 4 Fig. 3. La fluorangiografia (alto, sin) rileva una neovascolarizzazione ellittica a margini ben delineati con alcune rotture della m. di Bruch. Lindocianina evidenzia sin dalle fasi iniziali la CNV come una area ipofluorescente che non si modifica durante lesame. Le rotture della m. di Bruch appaiono meglio visibili allindocianina rispetto alla fluorangiografia 47 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 4 Evoluzione naturale E esperienza comune come la CNV in corso di miopia degenerativa possa talora avere unevoluzione lenta e con una funzionalità visiva più che discreta al termine della sua evoluzione. E comunque vero come questi quadri clinici sicuramente non rappresentano la norma e possono fuorviare lo specialista non troppo esperto nella patologia maculare. Inoltre un fattore di giudizio importante non è solo la quantità ma anche la qualità del visus e ben conosciamo come sia preferibile un visus più scadente ma con immagini le più vicine alla realtà ad acuità visive migliori ma improntate a scarsa definizione e soprattutto a metamorfopsie notevolmente invalidanti. Comunque riguardo allevoluzione naturale della CNV miopica già Fuchs notò che dopo il brusco peggioramento visivo iniziale si poteva avere un miglioramento attribuibile alla riduzione dei fenomeni essudativi e allinstaurarsi della fissazione eccentrica. Col passare del tempo tuttavia osservò un allargamento dello scotoma dovuto alla comparsa dellalone atrofico peri-lesionale coinvolgente il nuovo punto di fissazione, con diminuzione del visus sino alla cecità legale. Fried e coll. seguirono 36 occhi per un periodo di 5 anni: al termine del follow-up notarono un peggioramento dellacuità visiva nel 37% dei casi, la stabilizzazione nel 28% ed il miglioramento nel 35%. In questo lavoro però il 33% dei casi non aveva una diagnosi fluorangiografica della neovascolarizzazione sottoretinica. Avila e coll. seguirono 70 occhi miopi con CNV maculare per un periodo medio di 40.9 mesi: il 46% dei casi risultò peggiorato, il 34% invariato ed il 20% migliorato. Fleury e De Laey studiarono 12 occhi con follow-up compreso tra 2 e 96 mesi. Al termine dellosservazione il 50% dei casi risultò peggiorato, il 33% invariato ed il 17% migliorato. Il 58% dei casi aveva unacuità visiva <1/10.Nel 1981 Hotchkiss e Fine osservarono 27 casi per un periodo medio di 25.5 mesi. Il peggioramento dellacuità visiva fu osservato nel 52% dei casi, la stabilizzazione nel 33% ed il miglioramento nel 15%. Tuttavia tale studio non è rappresentativo della storia naturale della malattia in quanto il 22% degli occhi considerati era stato sottoposto a fotocoagulazione laser. Infine Hampton e coll. dimostrarono come nel 71% degli occhi miopi con CNV fluorangiograficamente documentata e mai sottoposti a fotocoagulazione laser, la prognosi funzionale al termine del follow-up fosse cattiva; nel 27% dei casi lacuità visiva risultava invariata, nel 2% migliorata mentre negli altri casi era peggiorata. Il 60% dei casi presentava al termine dello studio unacuità visiva <1/10. Nella nostra esperienza levoluzione naturale della neovascolarizzazione sottoretinica nella miopia degenerativa è sfavorevole: dopo un follow-up medio di 32 mesi, il 65% dei casi ha presentato un peggioramento dellacuità visiva,mentre il 35% è risultato invariato. 48 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 4 La Terapia Non esiste allo stato attuale una terapia medica della degenerazione maculare miopica. Lunica terapia possibile, quando è presente una CNV, è la fotocoagulazione laser. Avila e coll seguirono 14 occhi sottoposti a fotocoagulazione laser: dopo un anno l86% dei casi presentava unacuità visiva migliorata od invariata. Al termine del follow-up (m.30 mesi) tuttavia il 57% degli occhi trattati risultava peggiorato. Hotchkiss e Fine riscontrarono nel 50% dei loro casi una stabilizzazione od un miglioramento dellacuità visiva. Noi abbiamo recentemente pubblicato la nostra esperienza di trattamento laser a lungo follow-up che qui riassumerò. Sono stati seguiti in modo prospettico 133 occhi per lungo periodo ( tutti gli occhi a 12 mesi ed a scalare sino a 47 occhi a 60 mesi) con CNV extrafoveale trattata in modo diretto.Lacuità visiva pretrattamento era 0.36, post laser era di 0.33 a 5 anni. Le recidive neovascolari sono state il 58%, trattabili nel 74%. Al termine del follow-up il 75% degli occhi aveva ottenuto la completa distruzione della CNV. La fotocoagulazione laser della CNV è pertanto efficace e appare duratura nel tempo (Fig.4-5). Il trattamento è tuttavia difficile e deve esser fatto da esperti.Il primo problema è lesatta identificazione della regione foveale che appare scarsamente riconoscibile per ragioni anatomiche ed anche la retinografia a luce blu atta ad identificare la xantofilla maculare è poco utile. Inoltre è spesso presente una differente localizzazione anatomica della fovea. Infine le peculiarità della retina-coroide del miope (più sottile, più fragile, scarsamente pigmentata) con una certa facilità nelle emorragie post laser indicano la necessità di una notevole esperienza in questa particolare fotocoagulazione. Da sempre si discute su quale sia il laser di scelta. Negli ultimi anni nuovi laser hanno consentito il trattamento di complessi neovascolari situati a breve distanza dalla foveola grazie alla loro azione altamente selettiva che consente di minimizzare i danni a carico delle strutture retiniche sovrastanti e circostanti. Abbandonato infatti largon blu per i danni a carico degli strati retinici interni, numerosi sono i laser oggi utizzati. A tuttoggi tutti gli studi randomizzati non hanno individuato un laser migliore. A parere nostro i laser da utizzare sono il monocromatico verde a 514 nm sino al krypton rosso a 640 nm ed anche il recente diodo nellinfrarosso ha dato risultati incoraggianti. Una decisione può essere presa in base alle condizioni dei mezzi diottrici, alla presenza di emorragie retiniche e al tipo di pigmentazione della membrana da trattare. 49 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 4 Fig. 4. Fluorangiografia di una neovascolarizzazione sottoretinica contornata da un ampia emorragia sottoretinica. Dopo sei mesi dal trattamento laser si osserva una cicatrice ben consolidata senza neovasi. 50 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 4 Fig. 5. In alto la fluorangiografia evidenzia una recidiva neovascolare sul bordo foveale dellarea trattata. A distanza di ulteriori sei mesi dal ritrattamento non si osservano recidive. 51 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 4 Complicazioni Le complicanze del trattamento laser nella nostra esperienza sono state di minima rilevanza se si eccettua il progressivo allargamento della cicatrice laser (96%) Laumento della cicatrice post laser è pertanto la regola. Dopo un anno di follow-up nella nostra esperienza lallargamento medio della cicatrice è stato del 103% con un incremento statisticamente significativo nei primi sei mesi. Lentità del fenomeno non appare influenzata dalla lunghezza assiale, dal tipo di laser impiegato e dalletà del paziente. Inoltre lacuità visiva è rimasta invariata senza variazioni statisticamente significative. Infine in questo studio è stato evidenziato come la direzione di propagazione della cicatrice sia prevedibile in base al settore di maggiore sviluppo del crescente miopico. In conclusione possiamo affermare che il laser appare oggi il trattamento di scelta della CNV miopica. Purtroppo circa il 60% delle CNV appare foveale alla prima visita e pertanto non trattabile. Inoltre occorre intervenire precocemente così come nelle altre maculopatie eseguendo in tempi rapidi una fluorangiografia e, quando necessario, una angiografia con lindocianina. Come abbiamo visto non è tanto importante il tipo di laser (il laser monocromatico verde, oggi il più diffuso a livello clinico, va benissimo) quanto una robusta esperienza nel trattamento della regione maculare. Ovviamente il trattamento laser è un intervento demolitivo e sicuramente sarebbe preferibile riuscire a determinare i meccanismi eziopatogenetici dellinsorgenza della CNV e poter intervenire in modo selettivo e preventivo. A tale scopo le terapie mediche prese sino ad ora in considerazione non hanno dimostrato lefficacia sperata. Altri farmaci sono attualmente allo studio. Anche la terapia chirurgica non ha dato i risultati auspicati. Infatti dopo i primi tentativi di escissione della membrana neovascolare tale terapia non viene praticamente più praticata nella miopia degenerativa per gli scarsi risultati funzionali, lelevato numero di recidive e le gravi complicanze. In generale la terapia chirurgica viene attualmente effettuata solo in casi particolari e selezionati in corso di presunta istoplasmosi oculare giovanile. Particolare interesse viene dato alla terapia fotodinamica. Questa terapia in fase di sperimentazione clinica consiste nelliniezione di una sostanza fotosensibile con ritenzione selettiva di questa nei tessuti altamente vascolarizzati come la CNV. Successivamente tale lesione viene irradiata con una luce laser monocromatica a bassa intensità ad una lunghezza donda simile alla banda di assorbimento del colorante. In questo caso si avrebbe una distruzione selettiva della CNV per una reazione citotossica locale provocata da un processo reattivo fotochimico. 52 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 4 BIBLIOGRAFIA 1. AVILA MP,WEITER JJ, J ALKH AE, T REMPE CL, PRUETT RC, SCHEPENS CL, Natural history of choroidal neovascularization in degenerative myopia, Ophthalmology 1984; 91:1573-1581. 2. BRANCATO R, MENCHINI U, PECE A, B ANDELLO F, Clinical Applications of the tunable dye laser, Laser in Ophthalmology 1986; 1:115 3. BRANCATO R, MENCHINI U, PECE A, CAPOFERRI C, AVANZA P, RADRIZZANI E, Dye laser photocoagulation of macular neovascularization in pathological myopia. A randomized study of three different wavelengths, International Ophthalmology 1988; 11:235-238 4. B RANCATO R, P ECE A, A VANZA P, Le alterazioni maculari nella miopia degenerativa, Boll Oculistica 1989,Suppl Pag.3-15 5. 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YANNUZZI LA, SLAKTER JS, SORENSON JA, GUYER DR, ORLOCK D.A. , Digital indocyanine green videoangiography and choroidal neovascularization, Retina 1992; 12:191-223 54 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CCAPITOLO APITOLO 555 Degenerazione maculare legata alletà: indicazioni al trattamento laser F RANCESCO BANDELLO, CARLO INCORVAIA, GIUSEPPE MINGRONE Allo scopo di fornire dati utili per la gestione dei pazienti affetti da degenerazione maculare legata alletà, gli autori riportano alcuni dei risultati emersi dai più importanti studi condotti sullargomento, durante gli ultimi anni. Vengono riportati gli schemi classificativi più diffusi ed i risultati ottenuti con il trattamento laser. Limpiego routinario delle informazioni disponibili oggi sullargomento devessere considerato indispensabile allo scopo di garantire ai pazienti la migliore assistenza possibile. Scopo La maggioranza dei dati attualmente disponibili sulla storia naturale e sul trattamento laser della degenerazione maculare legata alletà (DMLE) deriva da studi multicentrici condotti negli U.S.A.. Qui di seguito vengono presentati, molto sinteticamente, alcuni tra questi dati. Lo scopo è fornire alloftalmologo indicazioni utili sia per una gestione diretta del paziente affetto da DMLE sia, più semplicemente, per saperlo indirizzare, con indicazioni corrette, verso gli specialisti che di tale patologia si interessano in modo specifico. Solo una buona conoscenza di tali indicazioni da parte di tutti gli oftalmologi infatti può creare i presupposti per ottimizzare i risultati delleventuale trattamento. Definizione Una precisa definizione della DMLE non esiste. Le lesioni che compaiono nel corso della malattia, la cui presenza è considerata essenziale ai fini della diagnosi, sono le seguenti: drusen, rarefazioni di pigmento, accumuli di pigmento, atrofie dellepitelio pigmentato, distacchi del neuroepitelio, neovascolarizzazioni sottoretiniche, fibrosi e cicatrici disciformi. 55 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 5 Epidemiologia La DMLE rappresenta negli U.S.A. la causa più frequente di riduzione dellacutezza visiva nei soggetti di razza bianca con età superiore a 50 anni. Risulta, sempre negli U.S.A., che circa il 2.2% dei pazienti con più di 65 anni presenti unacuratezza visiva infeiore ad 1/10 a causa di una DMLE. Storia naturale Si disnguono due principali forme di DMLE: 1) essudativa; 2) non essudativa. Tale distinzione è basata sulla presenza o meno di una neovascolarizzazione sottoretinica, responsabile di fenomeni essudativi sotto- e/o intra-retinici. Sebbene un significativo abbassamento della vista si possa produrre anche in corso di DMLE non essudativa, la prognosi peggiore è associata alla forma essudativa. La DMLE essudativa a sua volta si distingue in: a) ben definita; b) mal definita (o occulta). Questultima distinzione è basata sulla possibilità o meno di identificare la morfologia della neovascolarizzazione sottoretinica, clinicamente o mediante fluorangiografia retinica. Quando i neovasi risultano schermati, totalmente o in parte, da sangue, essudati, pigmento o qualsiasi altra possibile causa di effetto maschera, essi vengono definiti occulti. Allinterno della DMLE essudativa ben definita è possibile eseguire la seguente ulteriore distinzione, basata sulla sede della neovascolarizzazione sottoretinica rispetto al centro della fovea: - forma extra-foveale, quando la neovascolarizzazione è localizzata a più di 200 micrometri dal centro della fovea; - forma sub-foveale, quando la neovascolarizzazione si estende al disotto del centro foveale; - forma juxta-foveale, quando la posizione della neovascolarizzazione è intermedia tra le due precedenti. Losservazione dei pazienti-controllo, cioè non sottoposti a trattamento laser, inclusi nel Macular Photocoagulation Study, ha consentito di dimostrare che, dopo 3 anni e più, i pazienti con neovasi extra-foveali e con grave abbassamento della vista erano più del 60%. Valutazione retrospettive hanno invece messo in luce che, dopo 2 anni, un grave abbassamento della vista coinvolgeva il 53% degli occhi con neovasi juxta-foveali, e l87% di quelli con neovasi retrofoveali. 56 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 5 Analizzando gli occhi con neovasi mal definiti, è emerso che un grave abbassamento della vista, dopo 2 anni, coinvolgeva il 40% di questi. Per quanto attiene al destino del secondo occhio, è fondamentale valutare con attenzione laspetto delle lesioni predisponenti già presenti. Se nel secondo occhio di un paziente che ha già sviluppato una DMLE essudativa, sono presenti migrazioni pigmentarie e drusen confluenti, la probabilità di subire un grave abbassamento dellacutezza visiva è del 60% dopo 5 anni. Quando sono presenti solo migrazioni pigmentarie o drusen confluenti, il paziente vede ridotto il rischio di sviluppare un grave abbassamento della vista nel secondo occhio al 30% dopo 5 anni. Quando né le migrazioni pigmentarie né le druse confluenti sono presenti, la stessa probabilità è 10% dopo 5 anni. Il rischio delle forme non essudative di trasformarsi in essudative invece è < 1% in 5 anni. La conoscenza di queste categorie a rischio ed il loro riconoscimento hanno importanti risvolti clinici. Loculista dovrà infatti spiegare al paziente, nel modo più chiaro possibile, quali siano i sintomi che potrebbero deporre per il coinvolgimento del secondo occhio e quali accorgimenti seguire per riconoscerli più precocemente possibile. Trattamento laser della DMLE Il Macular Photocoagulation Study, studio multicentrico condotto negli U.S.A., ha dimostrato che il trattamento Argon-laser condotto nei casi di DMLE con neovasi extrafoveali, ben definiti, migliora la prognosi visiva. In questo studio gli occhi con neovasi ben definiti, extrafoveali, sono sati assegnati con metodo random, al trattamento Argon-laser o allosservazione. Sebbene sia gli occhi trattati che quelli non trattati abbiano mostrato un decremento visivo durante il periodo dello studio, tale decremento è risultato significativamente più elevato in quelli assegnati allosservazione. Anche alcuni occhi con neovasi ben definiti juxta-foveali e retrofoveali possono beneficiare del trattamento laser; di ciò però, almeno finora, non è mai stata data dimostrazione su ampie casistiche. Tecnica della fotocoagulazione La tecnica di esecuzione del trattamento è quella ben nota. Si inizia con una fotocoagulazione condotta lungo il perimetro della neovascolarizzazione, avendo cura di coinvolgere una piccola porzione di retina sana circostante. I primi impatti è opportuno vengano indirizzati 57 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 5 sulla porzione di neovascolarizzazione distante dalla fovea. Successivamente tutta la membrana devessere coperta con impatti confluenti, di energia tale da produrre un franco sbiancamento tissutale. Le lunghezze donda ideali sono quelle che garantiscono il maggior risparmio possibile del pigmento xantofillico maculare e che presentano un effetto coagulativo profondo. Per queste ragioni devessere bandito limpiego della componente blu della radiazione emessa dallArgon laser e devono invece essere preferite le lunghezze donda lunghe, come quelle del Krypton laser. Prima ri iniziare il trattamento è doveroso rassicurare il paziente e spiegare limportanza della sua collaborazione nel corso del trattamento. Gli oculisti statunitensi, allo scopo di garantire limmobilità del bulbo oculare, eseguono frequentemente uniniezione retrobulbare di anestetico; tale pratica è meno diffusa nel nostro Paese. Recidive Dopo aver ottenuto, tramite la fotocoagulazione laser, lobliterazione della neovascolarizzazione sottoretinica, in unalta percentuale di casi, può determinarsi la comparsa di una recidiva. Lincidenza delle recidive è strettamente correlata con il tempo trascorso dal trattamento laser. Lanalisi condotta sui pazienti affetti da neovasi sottoretinici ben definiti extra foveali, inclusi nel Macular Photocoagulation Study e sottoposti a trattamento, ha consentito di dimostrare che i primi 12 mesi dopo la fotocoagulazione sono, con riguardo alla comparsa delle recidive, il periodo più critico. In particolare le recidive sono il 10% dopo 1-2 mesi; il 21% dopo 3 mesi; il 24% dopo 6 mesi; il 42% dopo 12 mesi; il 53% dopo 3 anni; il 54% dopo 5 anni. Andamento analogo avrebbero, sempre sulla base dei dati scaturiti dal Macular Photocoagulation Study, le recidive per i neovasi juxta-foveali e retro-foveali. Questi dati devono ovviamente essere tenuti nella massima considerazione quando si stabilisce il calendario dei controlli cui sottoporre il paziente fotocoagulato. Angiografia con verde indocianina La recente introduzione clinica dellangiografia con verde indocianina (ICGA) ha portato nuovi elementi di conoscenza nel campo della DMLE. Molto sommariamente si può affermare che lICGA consente di valutare in dettaglio la coriocapillare che, mediante la tradizionale angiografia con fluoresceina, è impossibile esaminare. 58 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 5 LICGA infatti prevede limpiego di un colorante che, rispetto al fluoresceinato di sodio, possiede un peso molecolare maggiore e viene legato dalle proteine plasmatiche in una percentuale più alta. Ciò consente alle molecole di colorante di iniettare i piccoli vasi della coriocapillare definendone le più fini caratteristiche morfologiche. Inoltre, la lunghezza donda utilizzata nellICGA consente di superare la barriera ottica dellepitelio pigmentato, e quella costituita da edema, essudati, emorragie. Una ricerca condotta da Yannuzzi ha consentito di dimostrare che solo il 15% delle neovascolarizzazioni risulta ben definito grazie alle informazioni ottenibili con la fluorangiografia retinica. In altri termini, l85% delle DMLE essudative è costituito da forme associate a neovasi occulti. Queste forme possono a loro volta essere associate o meno a distacco dellepitelio pigmentato retinico. Ai fini prognostici questultima distinzione riveste una grande importanza poiché il trattamento laser consente percentuali di successo pari al 66% in assenza di DEP, e pari al 43% nei casi associati a DEP. 59 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 5 BIBLIOGRAFIA 1. M A C U L A R P H O T O C O A G U L A T I O N S T U D Y G R O U P , Argon laser photocoagulation for neovascular maculopathy: five-year results from randomized clinical trial,. Arch Ophthalmol 1991; 109:1109-1114. 2. BRESSLER NM, BRESSLER SB, FINE SL, Age-related macular degeneration, Surv Ophthalmol 1988; 32:375-413. 3. G ASS JDM,. Stereoscopic atlas of macular diseases, St Louis: CV Mosby Co, 1987. 4. 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In particolare, la CNV in corso di degenerazione maculare legata alletà (AMD) è responsabile del 50% dei casi di invalidità(1) indipendentemente dalletà ed è la prima cusa di ciò dopo i 50 anni. Al di sotto dei 50 anni la miopia è responsabile del 62% dei casi di CNV(2) , mentre essa è idiopatica nel 17% dei casi ed è in minor misura legata ad altre cause (pseudoistoplasmosi, coroidopatia multifocale, strie angioidi, distrofie retiniche ereditarie, uveiti). La fotocoagulazione laser è tuttora la forma principale di terapia della CNV. Il meccanismo di funzionamento della fotocoagulazione non è ben conosciuto. Sono state chiamate in causa una occlusione trombotica dei neovasi (sia per assorbimento diretto che da parte del calore generato a livello dellepitelio pigmentato retinico - EPR), liperplasia dellEPR circostante la CNV o la liberazione di fattori inibenti la neovascolarizzazione da parte dellEPR stesso(3-7). Il risultato ottenuto è comunque una cicatrizzazione precoce dei vasi anomali con formazione di una atrofia retino-coroideale localizzata che possa arrestare levoluzione della malattia. La lunghezza donda utilizzata per la fotocoagulazione non è rilevante ai fini del successo del trattamento. È stata dimostrata una efficacia comparabile dei laser ad argon e krypton nel trattamento della CNV(8). Il laser a diodo presenta vantaggi sul piano tecnico e di economicità; pur comportando potenze quasi doppie rispetto al laser krypton, il suo utilizzo per il trattamento della CNV è risultato maneggevole ed efficace(9 10) . Le lunghezze donda più elevate (rosso e vicino infrarosso) possono consentire una migliore penetrazione attraverso il sangue ed un maggiore risparmio delle fibre nervose(9-11). Cohen et al.(11) hanno studiato la trasmissione attraverso il sangue di varie lunghezze donda. La fluorescenza della fluoresceina e dellargon verde si trasmette in percentuale inferiore al 5% attraverso cuvettes di sangue con ematocrito al 99% con spessore di 100-sino a 500 mm. La trasmissione attraverso cuvettes di spessore 100-, 200- e 500 mm è pari rispettivamente al 50%, 25% e 6% per lenergia di krypton laser, al 60%, 35% e 12% per un laser diodo ed al 57%, 34%, 4% per la fluorescenza del verde di indocianina. Gli autori concludevano che 61 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 6 se una lesione può essere visualizzata con angiografia con verde di indocianina, come succede in caso di spessore dellemorragia inferiore a 500 mm, essa può essere trattata con un laser krypton o diodo. Reichel et al.(12) hanno evidenziato che langiografia con verde di indocianina ha consentito la localizzazione di una CNV nascosta dal sangue in fluorangiografia nel 60% dei casi. Nel restante 40% dei casi la lesione rimaneva oscurata da uno spesso strato di sangue. Verranno qui di seguito esposti brevemente i risultati dei principali studi sul trattamento laser della CNV, a partire da quelli condotti sulla AMD che ne è la prima causa. Negli ultimi 15 anni, il Macular Photocoagulation Study Group ha verificato e quantificato lefficacia del trattamento fotocoagulativo della CNV(13-15). Gli studi condotti dallMPS sono stati basati sulla fluorangiografia retinica (FAG) e sono quindi per buona parte limitati alla forma classica o ben definita della malattia. Ciò rappresenta un primo limite fondamentale del trattamento laser, visto che solamente il 13% delle lesioni ha margini ben definiti alla FAG(16). Questo limite è stato in parte superato dalla introduzione della angiografia con verde di indocianina (ICGA), che sembra consentire di elevare la percentuale dei casi trattabili di un ulteriore 25%. I risultati della fotocoagulazione ICGAguidata sono tuttora stati verificati solamente sulla base di studi retrospettivi non controllati e sono tuttora discussi per alcune forme di CNV, in particolare se essa è associata a distacco dellepitelio pigmentato (DEP). I risultati del trattamento fotocoagulativo differiscono a seconda della sede e delle caratteristiche della CNV e vengono di seguito riassunti suddividendoli nei seguenti gruppi: 1) CNV classiche extra- o iuxtafoveali (che non coinvolgono il centro della FAZ); 2) CNV subfoveali; 3) recidive subfoveali; 4) fotocoagulazione ICGA-guidata di CNV occulte; 5) altre forme di CNV (non-AMD). CNV classiche extra-o iuxtafoveali Il trattamento di CNV classiche che non coinvolgono il centro della FAZ è la forma meglio conosciuta di fotocoagulazione. LMPS ha condotto due importanti studi su di essa. Nel primo(13,15), il trattamento argon-laser di CNV extrafoveali (margine ad almeno 200 micron dal centro della zona foveale avascolare - FAZ) dimostrò che il rischio relativo di perdere 6 linee di Snellen dopo due anni era di 1.5 per i non-trattati rispetto ai trattati. In particolare, il 56% dei non trattati ed il 38% dei trattati avevano perso almeno 6 linee dopo due anni. Il 54% dei casi trattati ebbe una recidiva della CNV durante lo studio. Il secondo studio(14, 15) riguardava il trattamento krypton-laser della CNV iuxtafoveale (margine tra 0 e 200 micron dal centro della FAZ). In questo caso il rischio relativo di perdere 62 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 6 almeno 6 linee era circa 1.2 per i controlli rispetto ai trattati. Dopo due anni, il 54% dei non trattati ed il 45% dei trattati avevano perso almeno 6 linee. Il 66% dei casi trattati ebbe una recidiva della CNV durante lo studio. La recidiva era foveale e quindi non trattabile nel 26% dei casi in totale. Il 5% dei controlli rispetto al 13% dei trattati aveva una acuità visiva superiore a 0.5 dopo due anni, mentre il 40% dei controlli rispetto al 27% dei trattati aveva una acuità visiva inferiore a 0.05. Tuttavia, gli occhi che non avevano avuto una recidiva potevano mantenere una acuità visiva tra 20/80 e 20/ 100, mentre gli occhi con recidiva avevano una acuità visiva considerevolmente peggiore, compresa tra 20/200 a 20/250 range(15). In questi studi il trattamento fotocoagulativo ebbe una efficacia statisticamente significativa nel ridurre il danno visivo nei pazienti affetti da CNV dovuta ad AMD. I risultati indicano che è altrettanto evidente che il trattamento laser deve essere proposto a questi pazienti, quanto è evidente che i vantaggi saranno assenti per circa metà di essi e saranno eclatanti solo per una percentuale ridotta di casi. È stato quindi osservato che limpatto del trattamento laser sulla malattia è sostanzialmente limitato(1, 16, 17) e che è necessario proseguire la ricerca su altre forme di terapia(1). Ai fini del trattamento fotocoagulativo. la determinazione del coinvolgimento della foveola da parte di una CNV classica che si spinga allinterno della FAZ può non essere semplice. In fluoroangiografia la FAZ può avere una forma irregolare; la sua individuazione può essere resa difficoltosa da una cattiva qualità dellesame o dalla presenza di drusen o alterazioni atrofiche dellEPR. È utile in genere osservare biomicroscopicamente la localizzazione della xantofilla foveale con filtri blu-verdi o blu ed anche invitare il paziente a fissare la mira puntiforme della lampada a fessura o laiming beam del laser (50 micron). Tuttavia, chi utilizza la microperimetria ha esperienza che la fissazione in presenza di una CNV può essere sorprendentemente diversa da quella prevista sulla base delle FAG, in particolare nei miopi, ma questa tecnica è a disposizione di pochi. In ultima analisi, il trattamento di CNV che lambiscono il centro della FAZ è affidato alla esperienza delloperatore ed ha come premessa la comprensione da parte del paziente del decorso naturale della malattia (peggioramento della visione centrale), dei rischi della fotocoagulazione (possibilità di riduzione della acuità visiva) e dei suoi vantaggi (possibilità, ma non garanzia, di stabilizzazione dello scotoma centrale rispetto al decorso naturale). CNV subfoveali Controversa è invece lindicazione al trattamento fotocoagulativo della 63 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 6 CNV che coinvolge il centro della FAZ. Due studi controllati hanno verificato lefficacia della fotocoagulazione diretta della lesione(18-21) e della fotocoagulazione perifoveale(22). I risultati del Subfoveal CNV Study(18-21) hanno supportato la tecnica di fotocoagulazione diretta della CNV. In particolare, occhi con lesioni di dimensioni inferiori o uguali ad 1 MPS disc area ed acuità visiva inferiore a 0.16 ed occhi con dimensioni della lesione comprese tra 1 e 2 MPS disc area e acuità visiva inferiore a 0.1 sono risultati candidati al trattamento in quanto hanno una perdita di acuità visiva significativamente inferiore ai non trattati durante tutto il follow-up. Per lesioni di queste dimensioni, ma acuità visiva superiore i vantaggi erano presenti solamente dopo 12 mesi, mentre erano sostanzialmente peggiori nel primo anno. Le lesioni estese non hanno beneficiato del trattamento. I limiti di questa tecnica di fotocoagulazione consistono nel fatto che la maggioranza degli occhi trattati subisce una riduzione immediata della acuità visiva dovuta al trattamento (3 o 4 linee di Snellen) che ha indotto molti oftalmologi, anche anglosassoni, a rifiutare un rigido adeguamento alle conclusioni fornite dallo studio(23). La fotocoagulazione perifoveale, proposta da Coscas et al. nel 1991, prevede il trattamento della porzione periferica, non foveale di una CNV centrale e della retina non coinvolta immediatamente adiacente(22). Criteri di inclusione di questo studio erano un visus non superiore a 0.2 ed una dimensione della CNV compresa tra 0.5 e 2.5 diametri papillari. Lo studio ha evidenziato come dopo un anno il 24% dei non trattati aveva perso almeno 3 linee contro il 14% dei casi tratatti. Al termine del follow-up, lacuità visiva era invariata o migliorata per il 41% dei casi trattati, ma solamente per il 20.3% dei non trattati, una differenza statisticamente significativa. Il risparmio della fovea consente di evitare in genere una riduzione del visus dovuta al trattamento. La sensibilità residua foveale viene mantenuta per un periodo spesso limitato ad alcuni mesi od anni; in seguito, si sviluppa una fissazione eccentrica al margine superiore-destro della fotocoagulazione in molti casi(24-25). La fotocoagulazione a griglia maculare può essere impiegata per limitare i fenomeni essudativi di ampie CNV maculari subfoveali. Il suo ruolo in CNV classiche non è mai stato definito da studi controllati, mentre lutilizzo in CNV occulte non si è dimostrato utile in uno studio controllato proposto dal Bressler et al.(26). Recidive foveali La presenza di una recidiva subfoveale dopo il trattamento di una CNV che, primitivamente, non coinvolgeva il centro della FAZ ripropone le indicazioni discusse sopra per la fotocoagulazione di una CNV subfoveale. 64 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 6 Il Subfoveal Recurrent CNV Study condotto dallMPS(18, 20) indica che i risultati del trattamento sono migliori che nel caso di lesioni centrali non trattate in precedenza. Anche il gruppo di occhi con visus iniziale compreso tra 0.2 e 0.4 ha avuto risultati comparabili al terzo mese per i due gruppi (trattati e non), nonostante la riduzione iniziale della acuità visiva nei casi sottoposti a fotocoagulazione; in seguito i casi trattati hanno avuto una minore incidenza di grave deficit visivo. Sfortunatamente, lMPS non ha fornito indicazioni più specifiche, a seconda delle dimensioni della lesione e del visus iniziale, come nel caso del Subfoveal CNV Study(21). Presso la nostra clinica, abbiamo adottato una tecnica di fotocoagulazione perifoveale modificata in alcuni casi di una recidiva foveale di CNV(27, 28). La tecnica è stata da noi ribattezzata sbarramento in quanto le lesioni sono spesso di dimensioni inferiori rispetto alle CNV foveali non trattate sottoposte a fotocoagulazione perifoveale, per cui la fotocoagulazione consiste a volte (o in parte) in una banda di 100-200 micron che circonda la lesione ai margini della FAZ (fig. 1). Abbiamo utilizzato tale tecnica in 20 occhi con AMD seguiti mediamente per un anno. Lacuità visiva iniziale era di 0.2 per 12/20 occhi (60%); pertanto molti di questi casi sarebbero stati ad elevato rischio di marcata perdita visiva con trattamento diretto foveale. Al contrario, non vi è stata alcuna riduzione della acuità visiva media immediatamente dopo il trattamento, mentre la riduzione media in linee di Snellen rispetto al valore iniziale era di -2 linee a 3 mesi e di -3 linee al termine del follow-up. Il 50% degli occhi non presentava recidive (intese come presenza di CNV che si estendeva oltre allarea trattata) al termine del follow-up. Questi dati non possono confermare la validità di una tecnica di fotocoagulazione perifoveale nella recidiva subfoveale di CNV, ma indicano che la tecnica non induce una riduzione immediata della acuità visiva, come accade per il trattamento diretto. Lindicazione allo sbarramento deve tenere conto della acuità visiva, delle caratteristiche della lesione e della evoluzione della sintomatologia. Un caso paradigmatico in cui, a nostro parere, può essere indicata la fotocoagulazione con tecnica di sbarramento è una recidiva classica di CNV che coinvolge la fovea spingendosi ai margini od oltre la FAZ, una acuità visiva uguale o inferiore a 0.2 ed un recente peggioramento funzionale. Tuttavia abbiamo trattato anche casi con acuità visiva più elevata o con lesioni occulte (fig. 1). Una adeguata informazione del paziente e la comprensione dei fini e dei limiti della metodica da parte sua sono un momento fondamentale nella decisione di utilizzare questa tecnica fotocoagulativa. Fotocoagulazione ICGA-guidata di CNV occulte Non esistono studi controllati che abbiano verificato e quantificato 65 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 6 lefficacia del trattamento ICGA-guidato di CNV occulte. Una ampia serie di 1000 occhi affetti da CNV occulta studiata con ICGA è stata valutata retrospettivamente da Guyer et al.(16). Semplificando, questo studio ha riscontrato che circa un terzo delle lesioni è focale (dimensioni inferiori ad 1 diametro papillare) mentre due terzi delle lesioni sono a placca (dimensioni superiori ad 1 diametro papillare); delle lesioni a placca, la metà ha margini mal definiti. Una minoranza di casi (8%) è rappresentata da lesioni combinate (a placca o focali). Gli autori hanno osservato che le lesioni focali sono in genere trattabili (non specificando per la verità i criteri adottati per le lesioni subfoveali), mentre le lesioni a placca non lo sono. Questa casistica ha fornito alcune importanti indicazioni. Un successo anatomico (assenza di recidiva) a medio termine è stato ottenuto nel 48% dei casi di CNV non associata a DEP, ma solamente nel 23% dei casi in cui il DEP era presente. Altre osservazioni retrospettive hanno in seguito ipotizzato che il trattamento ICGA-guidato di CNV occulte potrebbe non essere indicato(29) rispetto allevoluzione naturale della malattia. La presenza di shunt retinocoroideali potrebbe essere un fattore che peggiora ulteriormente la prognosi in questi casi(30). Lo studio di Guyer et al.(16) ha inoltre fornito importanti dati sullimpatto della fotocoagulazione laser ICGA-guidata sulla AMD. La trattabilità della CNV in corso di AMD è del 13% utilizzando la sola fluoroangiografia; il 6.5% dei pazienti può avere un beneficio anatomico (50%). Lintroduzione della ICGA ha consentito di incrementare di un ulteriore 25% la quota di pazienti trattabili; il 9% in totale (tenuto conto della ridotta percentuale di successi in presenza di DEP) può attendersi benefici anatomici. Sebbene non ancora ben conosciuto, limpatto della fotocoagulazione ICGA-guidata appare almeno altrettanto rilevante sulla AMD di quello consentito sino ad ora dalla FAG. Gli autori concludono comunque che l84.5% dei pazientic on AMD essudativa non sono trattabili con fotocoagulazione ovvero non hanno alcun beneficio dal trattamento. 66 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 6 Fig. 1. Recidiva foveale di CNV occulta (in alto: fluoroangiografia a sinistra, angiografia con ICG a destra) e 6 mesi dopo la fotocoagulazione con tecnica di sbarramento prima (in basso: fluoroangiografia a sinistra, angiografia con ICG a destra). Pur avendo effettuato una fotocoagulazione al di fuori della FAZ, circondandola, la porzione centrale non trattata della CNV presenta una involuzione con scomparsa dei fenomeni di diffusione (in basso) 67 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 6 Altre forme di CNV (non-AMD) Numerose osservazioni retrospettive ed anche studi controllati condotti dallMPS hanno dimostrato lefficacia del trattamento laser della CNV (classica e non foveale) idiopatica ed associata a pesudoistoplasmosi (POHS)(14, 31, 32). Nella POHS i risultati sono estremamente superiori alla AMD, con un rischio relativo di perdere 6 linee a due anni di ben 3.6 nei non trattati rispetto ai trattati(31). Risultati lievemente inferiori sono stati ottenuti nelle forme idiopatiche(14, 31, 32). Studi retrospettivi indicano lefficacia del trattamento fotocoagulativo della CNV nella miopia degenerativa e nelle strie angioidi(33-36). Nelle strie angioidi la possibilità di recidiva è particolarmente elvata(36). Conclusione Il trattamento fotocoagulativo è tuttora la principale tecnica terapeutica per la CNV, sebbene non sia la più desiderabile. Le indicazioni allimpiego di tale metodica sono state in buona parte chiarite da studi controllati. Lesperienza delloperatore è fondamentale per affrontare i casi con indicazioni incerte, fatto che rende ragionevole riferire alcuni pazienti a centri specializzati. 68 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 6 BIBLIOGRAFIA 1. B IRD AC, What is the future of research in age-related macular disease? , Arch Ophthalmol 1997; 115:1311-3. 2. 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Timberlake e coll. del gruppo di Boston utilizzarono loftalmoscopio a scansione laser (SLO) per eseguire una microperimetria e con questo strumento ha inizio il moderno esame microperimetrico. LSLO permette di effettuare una scansione del fondo oculare con un pennello laser a una risoluzione di 10 micron e di riceverne il riflesso in modo da presentarlo su uno schermo video ricostruendo per punto limmagine con una frequenza di 25 immagini al secondo. Rispetto alloftalmoscopia tradizionale che utilizza tutta lapertura pupillare per la proiezione della luce, solo 0,9 mm della pupilla del paziente, corrispondenti al diametro del raggio laser, sono utilizzati per lilluminazione e la rimanente area è disponibile per la raccolta della luce. Inoltre, i suoi livelli di luce sono minori di 70 microWatt/cm2 contro 100.000 microWatt/cm 2 delloftalmoscopio indiretto e 4.000.000 di microWatt/cm2 del fluorangiografo. Perciò lSLO è uno strumento con un sistema di illuminazione altamente efficiente che reca un minimo disturbo al paziente durante lesame e ciò ovvia al problema dellelevata illuminazione proiettata sul fondo oculare dai primi visuscopi. La microperimetria topografica viene eseguita combinando una sorgente IR di 780 nm per la rilevazione dellimmagine retinica e invisibile al paziente a una sorgente HeNe di 632,8 nm per la proiezione degli stimoli luminosi e per la luminanza del fondo (rosso arancio). Dal momento che si utilizza la stessa sorgente luminosa per lilluminazione dello sfondo e per lo stimolo, è garantito un costante rapporto tra stimolo e sfondo. Il risultato grafico sul monitor consiste alla fine di unimmagine retinica, illuminata con linfrarosso e, perciò, non visualizzata in modo così nitido come in luce 73 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 aneritra, di un dato alfanumerico da A a Z, che è correlato a una scala crescente di valori della sensibilità retinica, di una mira di fissazione e di una mira di repere (fig. 1). Fig. 1 Applicata alla chirurgia delle membrane sottoretiniche, la microperimetria può avere unutilità nella fase preoperatoria e postoperatoria. In fase preoperatoria questa tecnica diagnostica può guidare il chirurgo nella decisione doperare, mediante lo studio della funzionalità retinica lesionale e perilesionale e nella scelta della sede in cui eseguire la retinotomia per lasportazione della mebrana neovascolare sottoretinica. In fase postoperatoria, può essere un valido ausilio per la valutazione retrospettiva del risultato chirurgico, per studiare la dinamica della fissazione e per la riabilitazione del paziente ipovedente. Prendiamo in considerazione la fase preoperatoria. Tra le molte variabili che il chirurgo prende in considerazione al fine di eseguire lintervento chirurgico, come la sede e lestensione della membrana neovascolare, letà del paziente, la storia naturale della malattia, le terapie alternative e le 74 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 possibili complicanze intra e postoperatorie, vi è anche la funzionalità retinica del tessuto sovrastante e circostante la lesione. Nella maggior parte dei casi per esaminare questultimo valore ci si avvale dellacuità visiva, che fornisce solo un parametro vago della funzionalità retinica, poiché non precisa né la sede della fovea funzionale né la sensibilità luminosa delle aree retiniche circostanti la lesione, aree che potrebbero divenire sede di fissazione dopo lintervento chirurgico in seguito allo scotoma da ablazione della membrana neovascolare. La microperimetria, consentendo di stabilire una corrispondenza tra lobiettività del fundus e la sensibilità retinica, appare uno strumento adeguato per supplire alle carenze della sola misurazione del visus. Un modo per ottenere una valutazione funzionale del fondo retinico può consistere nella sovrapposizione del campo visivo, ottenuto con perimetro automatico a una fotografia del fondo oculare. Tuttavia la tecnica sembra meno affidabile in primo luogo per le distorsioni ottiche prodotte dai movimenti di fissazione dellocchio, che il perimetrista non riesce a monitorare. La tecnica con SLO supera questa difficoltà poiché lo stimolo da mappare è osservato direttamente sulla retina e gli spostamenti retinici dello stimolo dipendenti dai movimenti oculari non sono presi in considerazione. In secondo luogo il perimetrista non riesce a vedere le aree di patologia retinica da testare, a esplorarle con lo stimolo e a eseguire una ricerca mirata. Con la tecnica SLO le aree di patologia retinica sono chiaramente visibili e possono aiutare a guidare la ricerca verso le aree scotomatose. Infine con questa metodica si può correlare direttamente il reperto perimetrico alle aree retiniche. Nel nostro Reparto di ogni paziente sottoposto a rimozione chirurgica di membrana sottoretinica subfoveale è stata valutata la sensibilità luminosa differenziale del tessuto retinico sovrastante e circostante la lesione. I parametri che abbiamo utilizzato sono: - luminosità del fondo pari a 10 cd/m2 - mira di fissazione pari a Goldmann III - forma dello stimolo circolare - perimetria statica con tecnica di up and down manuale Mentre nei soggetti normali la sensibilità luminosa differenziale degrada secondo la collina della visione di Torquenheim con leccentricità retinica, nei soggetti da noi esaminati è risultata molto variabile sia a livello della lesione subfoveale che delle aree retiniche circostanti. Probabilmente nellarea della lesione la disorganizzazione dei fotorecettori e lessudazione sotto e intraretinica da parte della membrana rendono ragione della varia e talvolta brusca diversità luminosa di aree retiniche adiacenti (fig. 2). 75 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 Fig. 2 Nellarea perilesionale è verosimilmente ledema intraretinico a determinare una sensibilità luminosa a volte direttamente proporzionale alla distanza dalla fovea. Questo dato può essere utilmente abbinato alla sede e alla stabilità della fissazione. La sede dei nostri casi era sempre situata allinterno dellarea interessata dalla membrana neovascolare subfoveale, a meno che la regione maculare non fosse interessata da uno scotoma assoluto. In questa evenienza la fissazione si collocava per locchio destro naso-superiormente allarea scotomatosa e nellocchio sinistro temporo-superiormente, probabilmente per garantire al soggetto, come riferito da alcuni autori, la capacità di lettura. La stabilità della fissazione è risultata variabile da soggetto a soggetto, in rapporto verosimilmente con la funzionalità retinica. In particolare da alcuni dati in letteratura e dalla nostra esperienza si è riscontrata una fissazione per lo più nellemiretina superiore soprattutto nelle aree adiacenti scotomatose (fig. 4). La valutazione dei due tipi di dati, luno della funzionalità retinica e laltro dello studio della fissazione, può aiutare il chirurgo nella decisione dintervenire. Perciò, nella nostra esperienza un paziente con buona funzionalità luminosa e con stabilità della fissazione ha una prognosi funzionale migliore a un anno di follow up rispetto a un soggetto con scotoma relativo più denso e con una instabilità della fissazione. Per questi soggetti, perciò, il chirurgo potrebbe scegliere un atteggiamento dattesa. 76 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 Fig. 3 Fig. 4 77 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 In alcuni casi, però, quando il paziente, nonostante la discreta funzionalità luminosa differenziale nella sede della fissazione e nonostante la stabilità della fissazione, presentava una marcata metamorfopsia, abbiamo deciso doperare. In questo caso la rimozione chirurgica ha avuto il merito di distruggere un tessuto retinico che, sebbene ancora discretamente funzionante, induceva disturbi sensoriali e di permettere la creazione di una nuova sede di fissazione, più adeguata per le necessità funzionali del paziente. Lo studio microperimetrico preoperatorio è stato da noi indirizzato anche alla valutazione della sede più opportuna in cui eseguire la retinotomia. A tale scopo, oltre allo studio della fissazione, abbiamo valutato in particolare lemiretina superiore del polo posteriore per evidenziare le aree retiniche a maggiore iposensibilità, in modo da limitare gli eventuali danni prodotti allepitelio pigmentato retinico dallaccesso sottoretinico della strumentazione chirurgica. La decisione della sede più opportuna in cui eseguire la retinotomia deriva dalla valutazione sia del dato funzionale perilesionale sia dalla sede della fissazione. Nella figura 5 che illustra un caso di membrana neovascolare sottoretinica in un soggetto affetto da istoplasmosi oculare presunta con neovascolarizzazione subfoveale si osserva come larea iposensibile delinea esattamente la sede più conveniente in cui eseguire la retinotomia. Leventuale scotoma indotto dallintervento chirurgico non diminuirà in questo caso la funzionalità del normale tessuto retinico. Fig. 5 78 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 Infine, consideriamo brevemente lutilità della microperimetria in fase postoperatoria. Oltre che per la valutazione retrospettiva delle manovre chirurgiche eseguite e per studiare la dinamica della fissazione, che è instabile nelle prime settimane dopo lintervento e poi diviene stabile, è da sottolineare la particolare utilità nella riabilitazione funzionale. Vorrei considerare il caso di una ragazza di 27 anni, miope e affetta da neovascolarizzazione sottoretinica, che abbiamo deciso di operare. Dopo lintervento lacuità visiva era aumentata di 2 linee di Snellen, da 1/10 a 3/ 10. Lesame angiografico non evidenziava più liperfluorescenza da diffusione sottoretinica di colorante, ma solo una lieve iperfluorescenza per effetto finestra in seguito allasportazione dellepitelio pigmentato retinico contemporaneamente alla membrana neovascolare. Anche la griglia di Amsler mostrava un miglioramento. Dopo 8 mesi la paziente si ripresenta con un nuovo calo del visus a 1/10 e con una comparsa improvvisa di metamorfopsie. La fluorangiografia evidenziava una recidiva neovascolare nella sede della fissazione (figg. 6-7). Fig. 6 79 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 Fig. 7 Lesame microperimetrico metteva in evidenza unarea scotomatosa densa nella sede della fissazione (fig. 8), la quale, in ogni caso, era stabile e una discreta funzionalità luminosa nelle aree retiniche circostanti (fig. 9). A questo punto, vorrei concludere con una riflessione considerando il caso di questa paziente, che sino ad ora non abbiamo sottoposto a intervento: sarebbe possibile insegnare alla paziente a utilizzare larea funzionalmente più efficiente per aumentare la sua condizione visiva? 80 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 7 Fig. 8 Fig. 9 81 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CCAPITOLO APITOLO 8 8 La chirurgia maculare delle membrane neovascolari sottoretiniche subfoveali V ITO DE MOLFETTA, FERDINANDO BOTTONI I risultati preliminari di questo studio sono stati presentati al meeting annuale dellAssociation for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO), Sarasota, Florida, 1994 e da ultimo pubblicati su Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol, 234 (suppl): S42-S50, 1996. La fotocoagulazione laser delle membrane neovascolari coroideali è efficace nelle lesioni secondarie a degenerazione maculare senile (DMS)(1,2, 3) , istoplasmosi oculare(4, 5) e forme idiopatiche(6,7). Uno studio prospettico di Soubrane e Coll. (8) ha dimostrato una certa efficacia del trattamento fotocoagulativo anche per le membrane neovascolari secondarie a miopia degenerativa. Se la fotocoagulazione laser può comportare un incremento funzionale nel caso di neovascolarizzazioni coroideali a sede extrafoveale e juxtafoveale, lo stesso però non si può affermare per le lesioni subfoveali, almeno per quanto concerne la DMS che è anche lunica patologia dove il trattamento fotocoagulativo foveale è stato prospettato (3, 9). A ciò va aggiunto che la grande maggioranza degli occhi con DMS presenta membrane neovascolari sottoretiniche subfoveali che non soddisfano i criteri di inclusione del Macular Photocoagulation Study o di Coscas(3, 9). In virtù di questi dati e confortati da lavori recenti sullescissione chirurgica delle neovascolarizzazioni coroideali subfoveali nella DMS(10,11,12,13,14), nella presunta istoplasmosi oculare (POHS) (13,14,15) e nella miopia(14,16), abbiamo voluto esaminare i risultati funzionali della chirurgia maculare in una serie di 61 occhi con membrane neovascolari subfoveali (MNVS) idiopatiche, miopiche e correlate a DMS. Materiali e metodi Tra lOttobre 1992 e il Settembre 1994, 94 pazienti con MNVS idiopatiche, miopiche o secondarie a DMS sono stati operati presso il nostro reparto da uno degli Autori (VDM). Tredici occhi sono stati esclusi dallo studio per un follow-up inadeguato; 20 occhi sono stati parimenti esclusi per la mancanza di dati forniti dalloculista referente. Le caratteristiche 83 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 preoperatorie e postoperatorie dei rimanenti 61 occhi sono state immesse in un database ed utilizzati per lanalisi statistica. La localizzazione iniziale (subfoveale) della neovascolarizzazione e le sue caratteristiche fluorangiografiche (occulta o ben definita)(3) sono state registrate. Le tabelle 1-3 riguardano i criteri di inclusione per la DMS, la miopia e le MNVS idiopatiche. Gli occhi con DMS presentavano tutti un visus preoperatorio di 2/10 con lesclusione di un paziente (4/10) che a seguito di metamorfopsie ingravescenti ha espressamente richiesto lasportazione chirurgica. I dati demografici di ciascun gruppo sono riportati in tab. 4. Tab. 1 Criteri dinclusione nella DMS Età > 50 aa con evidenza di DMS bilaterale Abilità di rilasciare consenso informato AV corretta <= 2/10 Neovascolarizzazioni coroideali subfoveali ben definite in fluorangiografia (anche più grandi di 3.5 aree papillari o 2.5 diametri papillari)(3,9) · Neovascolarizzazioni coroideali parzialmente occulte (distacchi vascolari EPR, late leakage of undertemined source, sangue, tessuto connettivale in misura superiore al 25% dellintera lesione)(3) con almeno un margine della membrana ben definito · Nessun trattamento laser precedente · Nessunaltra patologia oculare potenzialmente responsabile di riduzione del visus (cataratta, retinopatia diabetica, occlusioni vascolari retiniche, glaucoma, etc.) · · · · 84 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 Tab. 2 Criteri dinclusione per la miopia degenerativa Ametropia > 6 diottrie Abilità di rilasciare consenso informato Riduzione recente del visus con AV <= 2/10 Neovascolarizzazione coroideale subfoveale ben definita in fluorangiografia · Nessun trattametno laser precedente · Nessunaltra patologia oculare potenzialmente responsabile di riduzione del visus (cataratta, retinopatia diabetica, occlusioni vascolari retiniche, glaucoma, etc.) · · · · Tab. 3 Criteri dinclusione per le MNSV idiopatiche · Età < 50 aa · Non alterazioni dellEPR peripapillare o lesioni corioretiniche focali; assenza di patologie retiniche favorenti linsorgenza di neovascolarizzazioni coroideali · Abilità di rilasciare consenso informato · Riduzione recente del visus con AV <= 3/10 · Neovascolarizzazione coroideale subfoveale ben definita in fluorangiografia · Nessun trattamento laser precedente · Nessunaltra patologia oculare potenzialmente responsabile di riduzione del visus (cataratta, retinopatia diabetica, occlusioni vascolari retiniche, glaucoma, etc.) 85 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 Tab. 4 diottrie n° mediane (range)* patologia idiopatiche 6 DMS 34 miopia 21 / sesso(%) età mediana (range)** AV mediana preop (range) F (50) 49 (15-52) 0.1 (0.1-0.4) / F (59) 73 (56-83) 1/50 (PL-0.4) -13 (-6, -25) F (71) 53 (23-82) 3/50 (CD-0.2) * equivalente sferico; ** anni Come successo funzionale abbiamo definito un incremento di almeno 2 linee di acutezza visiva (AV) allultima visita di controllo. La tecnica chirurgica prevedeva i seguenti tempi: 1) vitrectomia completa con aggancio ed asportazione della jaloide posteriore, 2) retinotomia posizionata di solito temporalmente alla macula, con incisione della retina neurosensoriale (» 200 micron) tramite ago ridotto 20-33 gauge (senza precedente endodiatermia), 3) infusione di BSS nello spazio sottoretinico con la cannula 20-33 gauge (collegata a una siringa da 5 ml), 4) manipolazione della membrana nello spazio sottoretinico con pinza angolata (130°, punta smussa < 30 gauge) e sua asportazione, 5) 5 minuti di emostasi (bottiglia di infusione elevata), 6) scambio aria/fluido per rimuovere il liquido sottoretinico e collassare la retina neurosensoriale, 7) tamponamento con miscela di gas non espansibile (20% SF , 15% C F ) e appropriato 3 8 posizionamento del paziente per 7 giorni. 6La misurazione relativa della membrana neovascolare iniziale e del difetto finale post-chirurgico dellepitelio pigmentato retinico (EPR) è stata ottenuta dalle fluorangiografie preoperatorie e postoperatorie finali di 38 pazienti (4 idiopatici, 18 miopi e 16 con DMS). Le aree sono state misurate utilizzando lapposito software del Topcon IMAGEnet Digital Imaging System (512 o H1024). Larea di superficie viene fornita in mm2. I limiti delle MNVS occulte poterono essere ragionevolmente definiti dalle fasi tardive delle fluorangiografie pre-operatorie. Il software corregge automaticamente i differenti ingrandimenti dei diversi angoli di ripresa (50°, 35°, 20°). Sono state eseguite 3 misurazioni dalla prima ed ultima fluorangiografia di ciascun paziente e calcolate le rispettive medie; leventuale aumento dellarea cicatriziale finale è stato espresso come percentuale relativa alla dimensione iniziale della MNVS. 86 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 Utilizzando questo sistema di misurazione delle MNVS e delle cicatrici atrofiche finali, abbiamo sperimentato coefficienti di variazione rispettivamente di 5.36% e 4.34%. Analisi statistica Escludendo le MNVS idiopatiche per leseguità del numero, abbiamo applicato lanalisi della varianza (ANOVA) multifattoriale ai dati sullAV postoperatoria utilizzando i seguenti fattori: a) patologia (miopia, DMS), b) stato dellEPR, c) presenza/assenza di liquido sottoretinico (distacco del neuroepitelio), d) tipo di MNVS (ben definita, occulta). Lo stato dellEPR è stato valutato sulla fluorangiografia iniziale ed espresso in 4 gradi: 0 - nessuna alterazione 1 - distrofia leggera (non atrofia per MNVS miopiche, drusen per DMS) 2 - atrofia moderata (< 1 disc diameter). 3 - atrofia severa atrophy (> 1 disc diameter). Poiché lAV preoperatoria sembra influenzare lAV finale (14), nellanalisi lAV preoperatoria è stata usata come covariata. Quando la modificazione dellAV è stata esaminata come variabile di risposta allinterno di ciascun gruppo, lAV media (i.e., [acutezza visiva iniziale + acutezza visiva finale]¸2) e la dimensione iniziale della MNVS sono state usate come covariate. Lanalisi della regressione è stata utilizzata nella DMS, miopia e MNVS idiopatiche per vagliare la correlazione tra dimensione della MNVS e difetto chirurgico dellEPR. Risultati I risultati vengono forniti in accordo con le diverse patologie. Membrane neovascolari idiopatiche Il follow-up dei 6 occhi con MNVS idiopatiche varia da 3 a 12 mesi (mediano 11 mesi). Tutte le MNVS erano ben definite in fluorangiografia. LAV preoperatoria vs quella finale è evidenziata in figura 1. LAV è migliorata in 3 occhi e stabilizzata in 1; tutti i 4 occhi presentavano un visus finale >= 3/10. Recidive neovascolari postoperatorie si sono sviluppate nei 2 occhi con scarso recupero funzionale. Il primo dimostrò una recidiva iuxtafoveale che venne fotocoagulata: il visus finale fu 1/50. Nel secondo caso, la recidiva era subfoveale ed il trattamento fotocoagulativo non venne 87 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 proposto: il visus finale fu 5/10. La dimensione preoperatoria media (± deviazione standard) delle 4 MNVS valutate angiograficamente era di 1.55 ± 0.93 mm2 (range 0.74-2.89 mm2).Latrofia postoperatoria media dellEPR si è dimostrata 2.3 volte più grande (236 ± 79%; range, 166-327%) della MNVS iniziale ed era correlata alle dimensioni della membrana (r=0.948). Tra le complicanze chirurgiche, linsorgenza di cataratta in un caso. Fig. 1. Scattergram AV preop. vs AV opostop. nei 6 occhi con MNVS idiopatiche. Degenerazione maculare senile (DMS) Il follow-up dei 34 occhi con DMS è variato tra 2.5 e 19 mesi (mediano, 7 mesi). Ventisette (79%) MNVS erano parzialmente occulte (vedi Tab. 1 per definizioni). Le AV preoperatorie e finali per ciascuno dei 34 occhi sono raffigurate in fig. 2. LAV è migliorata in 7 (21%) occhi ed è stabilizzata in 18 (53%); peraltro, solo 6 (18%) occhi avevano un visus finale >= 1/10. La scarsa variazione tra visus preoperatorio e finale è dimostrata in fig. 3: non ci sono occhi con AV preoperatorio e finale >= 5/10, il 12% delle AV preoperatorie o finali VA è tra 4/10-2/10, e l88% rimangono <= 1/10. 88 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 Fig. 2. Scattergram AV preop. vs AV postop. nei 34 occhi con DMS Fig. 3. Distribuzione degli occhi con DMS secondo specifiche categorie visive preoperatorie e postoperatorie. 89 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 Recidive neovascolari postoperatorie si sono sviluppate in 6 occhi (18%). Tutte le recidive erano ai margini di ampie zone di atrofia dellEPR e giudicate non passibili di trattamento fotocoagulativo. Quattro di questi occhi raggiunsero un AV finale <= 3/50 e 2 un visus finale di 1/10. La dimensione preoperatoria media (± deviazione standard delle 16 MNVS valutate angiograficamente era di 11.72 ± 6.92 mm2 (range 1.95 24.65 mm2). Latrofia postoperatoria media dellEPR si è dimostrata 19.5 volte più grande (1955 ± 1220%; range 522-4049%) della MNVS iniziale ed era scarsamente correlata alle dimensioni della membrana (r=0.58). Di queste 16 membrane, 4 erano ben definite fluorangiograficamente. La loro dimensione media iniziale era di 5.49 ± 5.38 mm2, considerabilmente più piccola della dimensione media iniziale delle rimanenti 12 MNVS parzialmente occulte (13.8 ± 5.93 mm 2 ). Pur tuttavia, latrofia postoperatoria dellEPR nelle 4 MNVS ben definite era ancora 18.1 volte più grande (range 660-4049%) delle dimensioni iniziali della membrana. Complicanze legate allintervento insorsero nel 23% degli occhi (3 distacchi di retina, 5 cataratte). Dei fattori preoperatori considerati per una possibile influenza sullAV finale, solo la dimensione iniziale della MNVS (P=0.025) era associata ad un miglior risultato funzionale (Tab. 5). In generale, gli occhi con DMS avevano una prognosi visiva peggiore (P=0.035) degli occhi miopi. Tab. 5 Fattori pred ittivi variazioni AV in DMS e Miopia fattori preoperatori AV media ¨ dimensioni MNSV à EPR ª liquido sottoretinico tipo di MNSV DMS P* 0.691, ns* 0.025 0.167, ns 0.988, ns 0.549, ns Miopia P 0.026 0.291, ns 0.224, ns 0.370, ns 0.563, ns * livello di significatività F-ratio in ANOVA, ¨AV media: ([acutezza visiva iniziale+acutezza visiva finale]±2), § non significativo, à membrana neovascolare sottoretinica subfoveale, ª epitelio pigmentato retinico 90 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 Miopia elevata Il follow-up dei 21 occhi con miopia elevata è variato tra 2 e 20 mesi (mediano, 10 mesi). Tutte le MNVS erano ben definite. Le AV preoperatorie e finali per ciascuno dei 21 occhi sono raffigurate in fig. 4. LAV è migliorata in 10 (48%) occhi e si è stabilizzata in 8 (38%); globalmente, 13 (62%) occhi avevano un visus finale >= 1/10. La fig. 5 mostra ancora il numero di occhi con una AV finale >= 5/10, tra 4/10-2/ 10 e <= 1/10. Dopo lintervento chirurgico, lAV era ³ 5/10 nel 5% degli occhi, tra 4/10 e 2/10 nel 33%, e di 1/10 nel 62%. Questi dati sono significativamente diversi rispetto alle percentuali preop rispettivamente di 0%, 19% e 81%. Fig. 4. Scattergram AV preop vs AV postop nei 21 occhi con miopia elevata. 91 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 Fig. 5. Distribuzione degli occhi con miopia elevata secondo specifiche categorie visive preoperatorie e postoperatorie. Recidive neovascolari postoperatorie si sono sviluppate in 4 occhi (19%). Nessuno è stato sottoposto a fotocoagulazione laser. Due occhi hanno raggiunto un visus finale di 3/10 e 2 di 3/50. La dimensione preoperatoria media (± deviazione standard) delle 18 MNVS valutate angiograficamente era di 2.22 ± 1.78 mm2 (range 0.44 7.71 mm2). Latrofia postoperatoria media dellEPR si è dimostrata 5.9 volte più grande (594 ± 363%; range 0-1248%) della MNVS iniziale ed era scarsamente correlata alle dimensioni della membrana (r=0.46). Tra le complicanze dellintervento, 2 distacchi di retina (10%) e 4 cataratte (19%). LAV media (P=0.026) è stato lunico fattore significativamente associato ad una prognosi funzionale migliore (Tab. 5). In generale, gli occhi miopi avevano una prognosi visiva migliore (P=0.035) degli occhi con DMS. 92 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 Discussione Il razionale dellapproccio chirurgico dalle neovascolarizzazioni coroideali subfoveali si basa sugli scarsi risultati funzionali ottenuti con la fotocoagulazione laser di queste membrane. I trials clinici pubblicati sino ad oggi sulla fotocoagulazione laser foveale nella DMS riportano risultati funzionali scoraggianti (3,17,18) . Approssimativamente gli occhi trattati perdono 3.5 linee di AV contro le 5 linee dei pazienti non trattati. La differenza media di AV era parimenti scoraggiante, con 20/320 negli occhi trattati e 20/500 negli occhi non trattati(17). Anche trattando piccole lesioni (1.77 mm2) con AV scarsa (<=20/ 125) secondo gli ultimi dettami del Macular Photocoagulation Study (MPS), si ottiene una perdita media di 4 linee di AV(18). La perdita aumenta sino a 6 linee per occhi con lesioni medie (>1.77 <=3.5 mm2)(18) che rappresentano comunque lesioni sempre più piccole di quelle originariamente considerate trattabili(3). La restrizione dei criteri di eligibilità per la fotocoagulazione laser di membrane subfoveali nella DMS pone un altro problema: solo il 13% dei pazienti si presenta con una neovascolarizzazione coroideale classica, passibile di trattamento fotocoagulativo secondo i dettami dellMPS (19); a fronte di quanto esposto, questa percentuale sembra ora decisamente ottimistica. Per quanto attiene alla neovascolarizzazione coroideale subfoveale idiopatica o miopica, non vi sono trials clinici sulla terapia fotocoagulativa foveale comparabili a quelli della DMS. La storia naturale delle membrane idiopatiche riflette quella delle membrane subfoveali nella Presumed Ocular Histoplasmosis Syndrome (POHS): il trattamento laser non sembra offrire alcun vantaggio rispetto allosservazione, con unAV finale media di 20/ 200 20/320 sia negli occhi trattati che non trattati dopo 2 anni di follow up (20). Nella miopia elevata, unevoluzione disciforme può condurre ad unAV finale <= 20/200 nel 60% degli occhi dopo 2 anni(21). Un trattamento in grado di incrementare e non solo prevenire una perdita ulteriore del visus sarebbe auspicabile. Lasportazione chirurgica delle membrane neovascolari subfoveali offre perlomeno un vantaggio teorico rispetto alla fotocoagulazione: risparmia il neuroepitelio soprastante. In realtà, il recupero funzionale nel DMS appare molto scarso, il successo anatomico e funzionale nella POHS e nelle membrane idiopatiche elevato e i dati concernenti la miopia contrastanti (10, 16). I differenti risultati funzionali delle MNVS nella DMS e nel gruppo POHS/idiopatico è stato spiegato sulla base della diversa localizzazione della membrana: al di sotto dellEPR (occulta) nellanziano e anteriore allEPR (classica, ben definita) nel soggetto giovane(14, 22). Questultima situazione anatomica sembra determinare una minor estensione dellatrofia 93 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 pigmentaria post-chirurgica e conseguentemente una migliore prognosi visiva. I nostri dati sono paragonabili a quelli di precedenti lavori sulla chirurgia maculare delle MNVS idiopatiche e nella DMS, ma differiscono positivamente per ciò che concerne la miopia. Le nostre esperienze sulla DMS possono fornire inoltre un ulteriore approfondimento sulla diversità di risultati riscontrati nei pazienti giovani ed anziani. Nella DMS, la selezione dei casi è stata considerata di grande importanza per la prognosi funzionale. Tuttavia, nei lavori sin qui pubblicati, nessuna delle caratteristiche dei pazienti (sesso, età, precedenti fotocoagulazioni, recidive, complicanze chirurgiche(14)) si è rivelata un fattore affidabile di previsione del visus finale. Tra i fattori preoperatori da noi esaminati nella DMS (stato dellEPR, liquido sottoretinico, tipo di MNVS, AV media, dimensione della MNVS) solo la dimensione iniziale della membrana neovascolare aveva un effetto significativo sullAV finale: più piccola la membrana, migliore il visus finale. Nella nostra serie di pazienti con DMS, il 79% delle MNVS erano parzialmente occulte e più grandi delle MNVS ben definite rimanenti: dimensione media rispettivamente di 13.80 e 5.49 mm2. Pertanto, un visus finale tra 1/10 e 3/10 in solo 6 occhi (18%) potrebbe essere dovuto ad un bias di selezione. Tuttavia, contro questa ipotesi stanno due dati: 1) la bassa correlazione da noi riscontrata tra dimensione iniziale della membrana neovascolare e atrofia finale dellEPR nonostante lampia variabilità di dimensioni delle membrane; 2) la rimozione di membrane ben definite ha determinato unarea atrofica 18 volte più grande della membrana originaria, un valore paragonabile allingrandimento medio globale di 19 volte riscontrato nella DMS. Dunque, membrane ben definite, relativamente piccole possono esistere in difetti postoperatori dellEPR molto più rilevanti nella DMS che nei casi miopici o idiopatici. Negli occhi senili molti fattori come lispessimento dello strato collageno interno della membrana di Burch, la stratificazione sub-epiteliale di depositi focali e diffusi e le alterazioni della membrana basale dellEPR conducono ad una perdita della normale adesione dellEPR alla membrana di Bruch. Il processo neovascolare è libero di crescere in questo anomalo piano di clivaggio e solidamente stabilisce una qualche forma di attacco alla membrana basale dellEPR anteriormente ed allo strato collageno interno della membrana di Bruch posteriormente(22). Sia che la membrana raggiunga o meno lo spazio sottoretinico (ben definita ed occulta), la sua rimozione chirurgica può determinare uno slaminamento di aree epiteliali anche distanti dalla membrana proprio in virtù di questa ridotta adesione con la sottostante membrana di Bruch. Il movimento di interi fogli di EPR durante lasportazione della membrana è stato un riscontro relativamente 94 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 frequente nei nostri pazienti con DMS e del tutto assente in quelli con MNVS idiopatiche o miopiche. Poiché i componenti cellulari ed extracellulari delle MNVS sono simili indipendentemente dalla patologia di base (23), la differente situazione anatomica a livello del complesso EPR-membrana di Bruch-coriocapillare può aver contribuito al miglior risultato funazionale del gruppo miope rispetto a quello senile (P=0.03). Ladesione dellEPR alla membrana di Bruch non è diffusamente alterata nella miopia degenerativa; ciò trova un riscontro clinico nellassenza di distacchi dellEPR, nel tipo di MNVS (solitamente ben definita o nello spazio sotto-retinico) e nelle dimensioni dellarea atrofica finale epiteliale rilevate nei nostri casi miopi. Contrariamente alle MNVS ben definite della DMS, latrofia finale era solo 5.9 volte (media) più grande della membrana originale. Tutte le membrane neovascolari erano piccole (media 2.2 mm 2), questo potrebbe spiegare la bassa correlazione tra la dimensione iniziale della cicatrice e la dimensione finale dellatrofia. Lunico fattore con un effetto statisticamente significativo sullAV finale era lAV iniziale (P=0.026). Questo è plausibile se si considera che, contrariamente a quanto avviene nella DMS, lo stato funzionale iniziale dei fotorecettori viene alterato in minor misura dalla distruzione chirurgica dellEPR, a sua volta responsabile del danno neuroepiteliale. Tra i nostri pazienti miopi, dopo lasportazione chirurgica di membrane subfoveali con visus iniziali <= 2/10, 10 occhi (48%) sono migliori e 8 (32%) avevano un visus >=2/10 nonostante il costante sviluppo di cicatrici atrofiche epiteliali. Questi risultati differiscono da quelli di Tjomas et al.(14); in quello studio però la numerosità era inferiore e diversa era anche lAV iniziale (20/80 vs 20/250 nel nostro caso). Le MNVS idiopatiche solitamente insorgono a seguito di un danno focale. Lanatomia dei tessuti circostanti è solo minimamente alterata ed il processo neovascolare cresce allinterno dello spazio sottoretinico (22). Non è dunque sorprendente ritrovare il miglior risultato funzionale di questo studio nella piccola serie di MNVS idiopatiche. Qeusto gruppo aveva anche unatrofia pigmentaria finale solo 2.3 volte (media) più grande della MNVS originale, latrofia più piccola del nostro studio. Larea atrofica era correlata alla dimensione della MNVS ma, data lesiguità del gruppo, questo dato necessita di ulteriori conferme. La chirurgia vitreoretinica non è scevra di rischi. In questo studio sono stati riscontrati durante il follow-up 5 distacchi di retina (8%) e 10 cataratte (16%). Poiché questo è uno studio retrospettivo, e come tale soggetto alle limitazioni proprie di questo disegno come lassenza di gruppi di controllo, non è nostra intenzione suggerire unapplicazione specifica di questo approccio terapeutico per il trattamento delle MNVS. 95 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 8 Pensiamo tuttavia che vi sia suffciente informazione clinica circa la sicurezza e la possibile efficacia di questa chirurgia per giustificare un trial clinico. La neovascolarizzazione coroideale subfoveale è un problema clinico importante, larruolamento di pazienti eligibili è possibile e cè un rationale scientifico per lapproccio chirurgico. Un trial clinico pilota randomizzato, controllato, prospettivo è in fieri(14) ma valuterà solo occhi con DMS, POHS e MNVS idiopatiche. Dal nostro studio sembra che la miopia degenerativa possa beneficiare anche più della DMS dallasportazione chirurgica delle membrane subfoveali; suggeriamo linclusione di questa patologia in trials clinici futuri. 96 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 8 BIBLIOGRAFIA 1. M A C U L A R P H O T O C O A G U L A T I O N S T U D Y G R O U P , Argon laser photocoagulation for senile macular degeneration. Results of a randomized clinical trial, Arch Ophthalmol 1982; 100:912-18. 2. M A C U L A R P H O T O C O A G U L A T I O N S T U D Y G R O U P , Krypton laser photocoagulation for neovascular lesions of age related macular degeneration. Results of a randomized clinical trial, Arch Ophthalmol 1990; 108:816-24. 3. M ACULAR P HOTOCOAGULATION S TUDY GROUP , Laser photocoagulation of subfoveal neovascular lesions in age related macular degeneration. Results of a randomized clinical trial, Arch Ophthalmol 1991; 109:1220-30. 4. 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Tra le complicanze intraoperatorie ci limiteremo solo ad accennare quelle più comuni durante i vari stadi che caratterizzano la vitrectomia centrale o subtotale, come lerrata sede delle sclerotomie e il danno lenticolare, per approfondire quelle che più specificamente possono intervenire durante la chirurgia delle membrane sottoretiniche. La sede delle sclerotomie può essere troppo posteriore o troppo anteriore rispetto allora serrata con danni rispettivamente alla retina periferica o al corpo ciliare. I primi, se non diagnosticati intraoperatoriamente sono causa di distacchi regmatogeni, i secondi possono provocare un sanguinamento in camera vitrea durante lintervento o nel periodo postoperatorio un emovitreo recidivante, che aumenta il rischio di pucker maculare e di vitreretinopatia proliferativa (1). Il danno lenticolare può essere provocato da un contatto diretto degli strumenti chirurgici con la capsula posteriore, insorge in circa lo 0,5% dei casi(2), anche se alcuni Autori hanno riportato unincidenza dell1-2% (3), generalmente si sviluppa nelle prime settimane dalla vitrectomia (4) e si verifica in particolare quando si escide la porzione retrolenticolare e/o anteroperiferica del gel vitreale. Tuttavia sembra che solo lesioni superiori a 3 mm. a carico dellepitelio capsulare pregiudichino il mantenimento della trasparenza lenticolare sino a indurre unopacità tale da compromettere il visus(5). Si può evitare questo contatto facendo attenzione quando si lavora vicino alla lente, utilizzando la retroilluminazione mentre si escinde il vitreo anteriore. Dopo aver eseguito la vitrectomia centrale inizia lasportazione della ialoide posteriore, che noi eseguiamo in tutto il polo posteriore sino alle arcate vascolare con un manipolo abboccato ad una punta in silicone e 99 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 9 collegato ad una suzione attiva >= a 150 mmHg. Se lasciata attaccata alla retina, la ialoide posteriore può fornire una superficie per la successiva proliferazione cellulare o contribuire ad una trazione tangenziale. La necessità di utilizzare per la sua asportazione una suzione elevata deriva dalla tenace adesione tra la membrana basale delle cellule di Mueller e le fibrille vitreali, soprattutto al margine della papilla ottica e lungo alcuni vasi venosi periferici di maggior calibro, in cui attraverso i difetti della membrana limitante interna le cellule gliali fungono da ponte tra il vitreo e la retina interna. Una suzione elevata, soprattutto se in presenza di una trazione vitreomaculare dovuta ad unanomala adesione tra il vitreo corticale e la fovea periferica, può produrre dei danni superficiali ai vasi retinici o delle lacerazioni del neuroepitelio. Allasportazione della ialoide posteriore segue la retinotomia, la cui sede può essere scelta dopo una valutazione microperimetrica della funzionalità retinica. Le complicazioni in seguito a questatto chirurgico comprendono: lemorragia retinica o coroideale, lallargamento della retinotomia, la neovascolarizzazione sottoretinica e difetti del campo visivo. Lemorragia retinica in genere è di modeste dimensioni e proviene dai capillari intraretinici a livello dello strato delle fibre ganglionari e dello strato nucleare interno e eventualmente, se la retinotomia è eseguita in area peripapillare, dello strato radiale peripapillare. Lemorragia coroideale è più cospicua ed è provocata da unincauta manovra chirurgica a livello coroideale. Lemorragia intraoperatoria viene controllata alzando la boccia dinfusione temporaneamente per aumentare la pressione endobulbare. È importante ottenere una completa emostasi per evitare le emorragie recidivanti nel prosieguo dellintervento e nel periodo postoperatorio. Lallargamento della retinotomia è unevenienza possibile quando la retinotomia è stata eseguita troppo lontana dalla membrana neovascolare, per cui lintroduzione degli strumenti chirurgici in sede sottoretinica esercita una trazione perpendicolare allasse maggiore del taglio. La retina neurosensoarile, non essendo dotata di elasticità, si lacera nella sede di minore resistenza con danno allo strato delle fibre nervose, danno che conduce ad un deficit campimetrico, più ampio rispetto allestensione della neovascolarizzazione sottoretinica. Un altro evento che può comportare un allargamento della retinotomia è lestrazione della membrana neovascolare, che può essere tanto ampia, soprattutto quando è connessa strettamente allepitelio pigmentato retinico nelle membrane neovascolari senili, da richiedere un ampliamento del taglio retinico. È, infine, da segnalare linsorgenza di neovascolarizzazione nel postoperatorio nella sede della retinotomia, evento raro, ma possibile probabilmente per il danno distrettuale allepitelio pigmentato e alla sottostante coroide. A volte può essere necessario, dopo la retinotomia, provocare un piccolo distacco di neuroepitelio per poter meglio accedere allo spazio sottoretinico. 100 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 9 In questo caso, mentre loperatore pone un ago di 30 gauge nella retinotomia, lassistente spinge delicatamente lo stantuffo di una siringa abboccata allago. Uneccessiva forza sullo stantuffo può provocare un brusco aumento della pressione nello spazio sottoretinico con lacerazioni del neuroepitelio. Una volta creato un buon accesso sottoretinico, una spatola ha il compito di sganciare il corpo della membrana neovascolare dalla sua o dalle sue connessioni vascolari con la coroide. Bruschi movimenti tangenziali possono creare rotture retiniche e bruschi movimenti verticali emorragie coroideali. Lemorragia coroideale avviene anche per la lacerazione dei peduncoli nutritivi della membrana neovascolare, per cui è consigliabile in questo stadio indurre nel paziente una marcata ipotensione sistemica, accompagnata da un notevole aumento della pressione endoculare. Il tutto può comportare, se protratto per parecchio tempo, una subocclusione dellarteria centrale della retina che, tuttavia, solo in soggetti vasculopatici potrebbe causare danni retinici, poiché studi sulle scimmie hanno dimostrato che sono necessari più di 90 minuti di occlusione arteriosa per produrre danni retinici permanenti e atrofia ottica(6). Una volta dislocata, la membrana viene afferrata con delle pinze ed estratta dalla retinotomia. Il momento dellestrazione può coincidere con un sanguinamento coroideale, se qualche attacco vascolare non è stato reciso dal corpo della membrana neovascolare. Questa evenienza intercorre quasi sempre nei soggetti miopi. In una paziente da noi operata, il sanguinamento è stato talmente massivo in sede sottoretinica che, non essendo stato possibile la sua completa estrazione al momento dellintervento, ha determinato per leffetto tossico dei prodotti di degradazione dellemoglobina nei confronti dellepitelio pigmentato retinico, un ampio scotoma assoluto nel periodo postoperatorio, molto maggiore rispetto allestensione della membrana neovascolare. In ogni caso, adottando opportuni accorgimenti intraoperatori, le emorragie sono autolimitanti, non richiedono una rimozione e in molti casi si risolvono nei giorni successivi allintervento. Il momento dellestrazione coincide anche con lasportazione dellepitelio pigmentato retinico, in una percentuale varia in base alle diverse patologie che danno origine alla neovascolarizzazione sottoretinica. Nelle miopie lasportazione dellepitelio pigmentato è in media del 600% rispetto alle dimensioni della membrana neovascolare (7), valore che si può riscontrare nellasportazione delle neovascolarizzazioni in corso di POHS, di coroidite puntata interna, di strie angioidi e di coroidite serpiginosa. Nelle membrane neovascolari in corso di degenerazione maculare senile lasportazione è di molto superiore, per il fatto che i neovasi attraversano lepitelio pigmentato retinico, per cui la loro asportazione strappa anche il monostrato cellulare pigmentato. Lepitelio pigmentato è importante per lintegrità della coriocapillare, la 101 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 9 quale non viene asportata durante lintervento(8), ma subisce in mancanza dellepitelio pigmentato retinico unatrofia progressiva nel post-operatorio. Le complicazioni nel periodo postoperatorio connesse a questo tipo di intervento sono la cataratta(9), il distacco retinico(10), lipertono endoculare, la recidiva neovascoalre, il pucker maculare e deficit campimetrici(11). La cataratta è la complicazione postoperatoria più frequente e può essere sottocapsulare posteriore o nucleare. È per lo più dovuta oltre che a un danno meccanico diretto intraoperatorio, anche al protratto tempo dellintervento (fattori eziologici potrebbero essere la luce non filtrata del microscopio operatorio o quella delle fibre ottiche riflessa dal fundus), alla composizione dei liquidi per infusione(12, 13) (esperimenti sui ratti hanno dimostrato che lesposizione del cristallino a soluzioni arricchite con glucosio possono determinare un imbrunimento non enzimatico delle proteine lenticolari) e al contatto dei gas tamponanti con la capsula posteriore(14) (lopacità è correlata al grado di espansibilità e al tempo di permanenza del gas in camera vitrea, maggiore è il volume occupato e maggiore è la durata più facilmente può insorgere opacità del cristallino). Il distacco retinico ha una percentuale bassa di insorgenza, nessun caso secondo Berger(15) (0/33), 5% (2/58) secondo Thomas(16), 9% (2/21) secondo De Molfetta, 3% (1/29) secondo Sheider, rispetto al distacco di retina recidivante, pari al 9-25%. Le rotture sono localizzate in periferia o al polo posteriore, rispettivamente lungo il margine posteriore della base vitreale, subito dietro la sclerotomia o nellarea di lavoro. Locchio sottoposto a tale tipo di intervento può presentare un ipertono nel periodo postoperatorio immediato o tardivo per diversi meccanismi: eritroclastico (se vi è stato sanguinamento intraoperatorio), infiammatorio, da mezzi di tamponamento e da soluzioni irriganti. Nella sua insorgenza hanno importanza preesistenti condizioni glaucomatose o luso postoepratorio di corticosteroidi in soggetti predisposti. La recidiva neovascolare è la complicanza più frequente, 30% per lAMD dopo 8 mesi di follow-up e 37% per la POHS dopo 5 mesi di follow-up secondo Thomas et al., 19% nelle miopie dopo 10 mesi secondo De Molfetta, 16% per lAMD e 13% per la POHS dopo 4 mesi. È probabile che con un follow-up più lungo i tassi cumulativi della recidiva neovascolare si elevino. Questi dati devono, in ogni caso essere confrontati, con quelli riportati dal Macular Photocoagulation Study Group, in base al quale il 52% degli occhi con degenerazione maculare senile e il 28% degli occhi con POHS trattati con argon laser per membrane extrafoveali sono andati incontro ad una recidiva neovascolare dopo 24 mesi dal trattamento (17) e questa percentuale era maggiore nel gruppo trattato con krypton laser(18). Per quanto riguarda il trattamento laser subfoveale, la recidiva si sviluppò nel 24% dei casi dopo 6 settimane dal trattamento e nel 32% dopo 3 anni(19). 102 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 9 Si riporta, inoltre, leventualità, come documentato da Thomas in un 7% di pazienti operati per neovascolarizzazione sottoretinica, dello sviluppo nel periodo postoperatorio di una membrana epiretinica con una lieve distorsione della retina neurosensoriale. Si segnala, infine, la possibilità di difetti al campo visivo come sono stati recentemente riscontrati in uno studio di Boldt dopo vitrectomia per foro maculare. In questo lavoro i difetti del campo visivo hanno unincidenza del 7% e sono localizzati nel quadrante infero-nasale. La causa più probabile secondo Boldt è unocclusione dellarteria retinica supero-temporale, come sembrerebbe dimostrato dalla diminuzione focale o generalizzata dal suo calibro. Come in ogni intervento chirurgico endobulbare, si ricorda, infine, che nella valutazione delle complicanze devono essere inclusi i rischi derivanti al paziente dallanestesia generale e leventualità di un endoftalmite, che, sebbene molto rara per le migliorate condizioni di asepsi durante lintervento e per lefficace profilassi anti-infettiva postoperatoria, costituisce un elevato rischio di perdita non solo funzionale, ma anche anatomica del bulbo. 103 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 9 BIBLIOGRAFIA 1. TOLENTINO FI, SCHEPENS CL, FREEMAN HM, Massive preretinal retraction. A biomicroscpic study, Arch Ophthalmol 1967; 78:16. 2. OYAKAWA RT, SCHACHAT AP, M ICHELS RG, RICE T.A, Complications of vitreous surgery for diabetic retinopathy. I. Intraoperative complications, Ophthalmology 1983; 90:517. 3. F AULBORN J, C ONWAY BP, MACHEMER R, Surgical complications of pars plana vitreous surgery, Ophthalmology 1978; 85:116. 4. 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Epidemiologia - Prevalenza Nel Framingham Eye Study(2), in un campione di 2631 pazienti con età pari o superiore a 52 anni, la prevalenza della AMD in uno o entrambi gli occhi è risultata del 5.7%. Tale studio, adottando tra i criteri diagnostici una acuità visiva uguale o minore a 20/30, tende a sottostimare la prevalenza delle forme iniziali di AMD, che consentono comunque una buona acuità visiva. La prevalenza della malattia riflette il principale fattore di rischio cioè letà; infatti nella fascia di età 52-64 anni la prevalenza è dell1.6%, mentre cresce fino all11% nei soggetti di età comrpesa tra 65 e 74 anni e al 27.9% in quelli con più di 75 anni. Il Beaver Dam Eye Study (4) riporta una prevalenza maggiore sia nella fascia detà tra i 65 e i 74 anni (19.4%), sia in quella superiore ai 75 anni (36.8%). In uno studio olandese del 1994, il Rotterdam Study(5), la forma atrofica o essudativa dellAMD è presente nell1.7% della popolazione totale. La prevalenza della forma atrofica varia dallo 0.1% in soggetti dai 55 ai 64 anni, al 3.7% in quelli con età maggiore di 85 anni; la prevalenza della forma essudativa invece varia dallo 0.1% al 7.4% negli stessi gruppi detà. Non è stata rilevata nessuna differenza legata al sesso dei pazienti considerati. Suscita particolare interesse il fatto che in questo studio, così come nel Beaver Dam Eye Study, la prevalenza della forma neovascolare di AMD sia circa il doppio rispetto alla forma atrofica. Il Blue Mountains Eye Study(6) ha studiato la prevalenza dellAMD in Australia. La prevalenza generale era pari all1.94%. Nella fascia detà compresa tra i 75 e 84 anni la malattia aveva una prevalenza del 5.4%. 107 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 10 Pur considerando che il confronto tra i vari studi risulta difficile a causa della variabilità di definizione e classificazione della malattia e dei differenti metodi di documentazione fotografica, sembra di poter considerare che la AMD sia meno comune nella popolazione Europea ed Australiana rispetto a quella degli Stati Uniti. Nel Case Control Study di Hyman (7), l88% degli occhi con un visus pari o inferiore a 20/200 era affetto da AMD neovascolare, mentre nel restante 12% era presente la forma atrofica. Incidenza Il Beaver Dam Study(6) ha stimato lincidenza della malattia in un periodo di 5 anni in soggetti con unetà compresa tra i 43 e gli 86 anni allepoca del primo controllo. Lincidenza di AMD precoce, cioè presenza di soft drusen e/o anomalie dellEPR, era pari all8.3%. LAMD tardiva (essudativa o geografica) invece aveva unincidenza dello 0.9% che variava tra lo 0% in soggetti con età inferiore ai 55 anni ed il 5.6% in quelli al di sopra dei 75 anni. Dai dati riportati in questo studio è risultata particolarmente evidente lassociazione positiva tra età e insorgenza dellAMD. Infatti i soggetti con età maggiore di 75 anni avevano un rischio di 11.9 volte superiore di sviluppare una AMD essudativa o geografica rispetto ai soggetti di età inferiore. Tra i fattori di rischio, oltre alletà, va annoverata la presenza di drusen molli, confluenti, accompagnate da anomalie dellEPR. Prevenzione Attualmente non esiste alcuna terapia disponibile per il trattamento della AMD atrofica; purtroppo lunica arma terapeutica rivelatasi realmente efficace, la fotocoagulazione mediante laser, si può applicare solamente ad alcune forme selezionate di AMD neovascolare. Il Macular Photocoagulation Study ha stimato che tale gruppo selezionato sia pari a circa il 20% dei casi di AMD essudativa; inoltre il 50% circa dei casi trattati va incontro a recidive(8-11). Date queste premesse, è evidente che gli sforzi della ricerca scientifica debbano essere convogliati oltre che verso la scoperta di nuove forme terapeutiche, anche verso lottimizzazione della prevenzione. Il ruolo della luce solare e degli ultravioletti Alcuni studiosi(12, 13) hanno ipotizzato che la luce, ed in particolare i raggi ultravioletti, possono avere un ruolo non marginale nella patogenesi 108 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 10 dellAMD. La luce potrebbe generare forme attive di ossigeno nella retina esterna e/o nella coroide, probabilmente tramite la fotoattivazione di precursori dellemoglobina, le protoporfirine; i radicali di ossigeno causerebbero quindi, attraverso la perossidazione dei lipidi di membrana dei segmenti esterni dei fotorecettori, un progressivo danno degenerativo. Il Chesapeake Bay Waterman Study (14) non ha evidenziato alcuna correlazione tra lesposizione cronica agli ultravioletti e qualche forma di AMD. Al contrario, il Waterman Study (15) ha dimostrato in modo significativo una maggiore esposizione alla luce blu ed allo spettro visibile, durante i 20 anni precedenti lo studio, negli individui affetti da AMD geografica o essudativa. Secondo il Beaver Dam Eye Study (16) esisterebbe una scarsa associazione tra lesposizione alla luce solare estiva e le forme più avanzate di AMD. LEye Disease Case Control Study(17) non ha rilevato alcuna correlazione tra lesposizione alla luce solare e la forma neovascolare di AMD. I dati raccolti sono dunque contrastanti e non permettono una univoca definizione del ruolo causale della luce solare e degli ultravioletti sulla AMD. Il ruolo dei fattori antiossidanti Tra i fattori di rischio della AMD vanno annoverati il fumo, lipercolesterolemia, lipertensione, le malattie cardiovascolari (7, 17-20). In base allipotesi che la luce, inducendo la formazione di radicali liberi, possa produrre le alterazioni coroideali e retiniche alla base dellAMD, si è teorizzato il ruolo terapeutico e preventivo di fattori antiossidanti. Questi sono perlopiù rappresentati dalla vitamina C, E, dal betacarotene e dal glutatione. Lassociazione con oligoelementi quali zinco e selenio, sembrerebbe potenziare lazione di tali fattori protettivi. Secondo il Baltimore Longitudinal Study on Aging (21), elevati livelli plasmatici di antiossidanti corrispondevano ad una minore frequenza di AMD. Nel Beaver Dam Eye Study(22) lassunzione di dosi supplementari di vitamina C, nei 10 anni precedenti allo studio, corrispondeva ad una diminuita frequenza di segni di AMD. NellEye Disorder Case Control Study(23) è stata rilevata una relazione inversa tra le sostanze antiossidanti e la presenza di AMD con neovascolarizzazione coroideale. Newsome et al(24), in uno studio clinico prospettico randomizzato, hanno valutato il ruolo della supplementazione orale con zinco nella prevenzione della progressione della AMD. I soggetti trattati con zinco hanno manifestato un calo visivo in misura minore rispetto a quelli trattati con placebo. In conclusione, il razionale della supplementazione con oligoelementi e vitamine deriva da una ipotesi patogenetica che riconosce nei meccanismi 109 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 10 ossidativi una delle cause della AMD. Comunque è ancora fonte di discussione lutilità di una strategia preventiva basata su tali sostanze, soprattutto considerando la scarsità di informazioni riguardo gli effetti collaterali a lungo termine. La fotocoagulazione laser delle drusen Nel 1973 Gass (25) notò la scomparsa delle drusen circostanti le aree fotocoagulate per la presenza di una membrana sottoretinica. Weitzig (26) approfondì questo tipo di osservazione studiando retrospettivamente la scomparsa di sfot drusen dopo trattamento a griglia con laser krypton e argon. Nel 91 Singelman(27) riportò un caso in cui si ebbe la scomparsa oltre che delle drusen subfoveali trattate mediante laser, anche di quelle vicine, non sottoposte a trattamento fotocoagulativo. Figueroa(28) nel 94 ha condotto uno studio prospettico su un campione di 20 pazienti che presentavano soft drusen coinvolgenti la fovea. È stata quindi seguita levoluzione delle drusen dopo lapplicazione in sede temporale di un trattamento con argon verde; ne è risultata la scomparsa sia delle drusen fotocoagulate, sia di quelle situate a distanza degli spot laser e nellarea nasale. Recentemente Bressler et al.(29) hanno evidenziato che la fotocoagulazione laser delle drusen non è associata ad alcun effetto collaterale rilevante. Il meccanismo(28, 30) con cui il laser induce la regressione delle drusen non è ancora chiaro. Il trattamento diretto delle drusen potrebbe accelerarne la rimozione da parte dei fagociti e, distruggendo nel contempo lepitelio pigmentato retinico degenerato, si avrebbe un minore accumulo di detriti cellulari. Inoltre, è stato ipotizzato che i depositi lipidici localizzati nella membrana di Bruch impediscano il trasporto del materiale stesso allesterno della retina; il laser, alterando le caratteristiche chimiche di questi depositi, ne permetterebbe il riassorbimento. In questo ambito, Frennesson e Nilsson(31) hanno recentemente riportato un successo sia anatomico che clinico. Infatti, in un gruppo di 19 occhi, il trattamento con argon verde ha consentito, a 12 mesi di follow-up, un decremento significativo dellarea media delle soft drusen evidenziabile sia allangiografmma che alla semplice fotografia a colori del fundus. Allosservazione dellangiogramma la percentuale di decremento dellarea media negli occhi trattati variava da un minimo del 7.15% ad un massimo del 19.22% (p<0.001), mentre allosservazione della fotografia a colori variava dal 2.93% al 7.87% (p=0.00013). Inoltre è stata mantenuta unacuità visiva media ed una sensibilità al contrasto dei colori maggiore rispetto al gruppo di controllo. 110 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 10 I loro risultati rafforzano maggiormente lidea di poter adottare tale terapia come profilassi della forma essudativa dellAMD. La fotocoagulazione della neovascolarizzazione coroideale con laser a diodo La fotocoagulazione della CNV con argon laser fu introdotta nei primi anni 70 (32-34); si notò che lirradiazione della regione maculare con luce blu-verde (488 nm) danneggiava le fibre nervose in quanto assorbita dal pigmento xantofillico. Questo inconveniente spinse gli studiosi a introdurre nelluso abituale lunghezze donda maggiori (argon verde, 514 nm, krypton rosso, 647 nm). Recentemente diversi studi (35,36) multicentrici hanno definitivamente dimostrato che il trattamento con argon o krypton laser riduce lincidenza di un severo calo visivo con pari efficacia. Da qualche tempo è stato introdotto un laser semiconduttore a diodo che emette nel vicino infrarosso a 805-810 nm. Questo fotocoagulatore ha diversi vantaggi di ordine operativo, tra cui le dimensioni ridotte, una efficiente conversione elettro-ottica (superiore al 50%), lassenza di impianti di raffreddamento e la lunga durata con ridotti costi di manutenzione. Le caratteristiche biofisiche delle lunghezze donda sopracitate includono la buona trasmissione attraverso i mezzi diottrici, un assorbimento da parte del pigmento foveale pressoché nullo, e un assorbimento da parte dellepitelio pigmentato retinico e coroideale sensibilmente inferiore rispetto al krypton e allargon laser(37). Lanzetta et al.(38, 39), hanno valutato lefficacia del trattamento diretto o perifoveale del laser diodo in 42 occhi affetti da CNV subfoveale (11 occhi), juxtafoveale o extrafoveale (31 occhi). Si è registrato nel 28.6% dei casi un miglioramento della acuità visiva e nel 40.5% una sua stabilizzazione; nelle CNV classiche iuxta o extrafoveali il visus è migliorato nel 33,3% dei casi ed è rimasto stabile nel 45,8%. Le potenze utilizzate (400-800 nm) sono risultate in media tre volte più elevate rispetto a quelle comunemente utilizzate con il krypton laser. Il trattamento laser diretto della neovascolarizzazione subfoveale Un problema ancora irrisolto riguarda il trattamento delle membrane neovascolari a localizzazione subfoveale; il Macular Photocoagulation Study (40) ha ridefinito e limitato le indicazioni al trattamento laser di membrane a localizzazione foveale; i risultati più favorevoli con la fotocoagulazione diretta della neovascolarizzazione foveale si possono ottenere nel caso di membrane di piccola dimensione (<1 diametro 111 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 10 papillare) associate a bassa acuità visiva (<20/200) o moderata acuità visiva (20/125-20/160) o nel caso di membrane di media grandezza (1-2 diametri papillari) con bassa acuità visiva (<20/200). Questi risultati sono stati ottenuti da un trial clinico del 94 che ha voluto esaminare il risultato, in termini di acuità visiva finale, del trattamento fotocoagulativo in CNV subfoveali. La peggiore prognosi visiva post-trattamento è riservata alle membrane estese e con buona acuità visiva(40). Recentemente uno studio giapponese (41) ha analizzato i fattori influenzanti lacuità visiva post-laser di questo tipo di CNV. La prognosi visiva finale migliore (>=20/200) si verifica quando la membrana dista non più di 1/3 di diametro papillare dal centro della fovea e quando la sensibilità retinica al punto di fissazione sia almeno di 10 dB. Il trattamento laser perifoveale Lo scopo del trattamento perifoveale è bloccare la proliferazione della membrana neovascolare senza però distruggere i fotorecettori foveali. Lefficacia del trattamento viene ascritta non tanto alla distruzione della membrana neovascolare quanto al fatto che il trattamento possa indurre il riassorbimento del liquido sottoretinico. Un contributo importante nellintroduzione di questa alternativa terapeutica è stato il trial clinico condotto nel 91 da Coscas et al(42). I criteri di inclusione erano caratterizzati dalla presenza di una CNV subfoveale di dimensioni comprese tra 0.5 e 2.5 diametri papillari, senza alcun segno di involuzione fibrosa e con unacuità visiva compresa tra 20/ 100 e 20/1000. La metodica del trattamento prevedeva lapplicazione di spot di 200 mm attorno alle arcate neovascoalri periferiche di una membrana classica o ai margini di un DEP vascolarizzato, risparmiando sempre la fovea, individuata esaminando le fasi precoci del fluoroangiogramma. Ad almeno 1 anno di follow-up è risultato che lacuità visiva è migliorata o rimasta inalterata nel 41.4% degli occhi trattati contro il 20.3% del gruppo di controllo; inoltre lacuità visiva ottenuta mediante ausili ipovisivi si è conservata nel 73.5% degli occhi trattati contro il 47.4% degli occhi non trattati. Lesito funzionale di tale trattamento consiste in uno scotoma che permette comunque lo sviluppo di una fissazione eccentrica. Abbiamo valutato lefficacia del trattamento laser perifoveale in 34 occhi trattati con laser krypton o diodo e con un follow-up superiore ad un anno(43). I risultati possono essere suddivisi in due gruppi. Un primo gruppo in cui lacuità visiva iniziale, superiore a 0.15, si è mantenuta stabile o è migliorata ed un secondo gruppo in cui lacuità visiva iniziale, inferiore a 0.1, è peggiorata dopo il trattamento laser. Lestensione iniziale della membrana non ha influito sugli esiti del trattamento. È presumibile quindi 112 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 10 che il trattamento laser perifoveale, al fine di ottenere risultati soddisfacenti, sia indicato in pazienti con una acuità visiva residua superiore a 1-2/10. Il trattamento chirurgico Thomas (44) nel 91 ha proposto come alternativa terapeutica al laser lescissione chirurgica delle membrane sottoretiniche a localizzazione subfoveale. Egli ottenne ottimi risultati funzionali in due occhi affetti da neovascolarizzazione coroideale in corso di pseudoistoplasmosi. Nel 93 Coscas(45) verificò lefficacia di tale approccio terapeutico su 102 pazienti affetti sia da AMD che da istoplasmosi; i risultati funzionali migliori si ebbero nei pazienti che presentavano una neovascolarizzazione coroideale in corso di istoplasmosi (il 44% degli occhi contro il 33% degli occhi in corso di AMD). In un anno di follow-up questi risultati vennero però gravati da recidive della neovascolarizzazione nel 27% dei casi, nell11% dei casi dallinsorgenza di pucker maculare e nel 5.6% dei casi dallinsorgenza di distacco retinico. Più recentemente Thomas(46) ha dimostrato, in base ad una revisione della casistica, che la rimozione chirurgica delle membrane in corso di AMD raramente conduce a risultati funzionali soddisfacenti. Gass(47) ha valutato lopportunità di procedere alla escissione chirurgica della membrana in base alle caratteristiche biomicroscopiche ed istopatologiche della neovascolarizzazione. Egli ha distinto due tipi principali di neovascolarizzazione: il tipo 1 si localizza al di sotto dellepitelio pigmentato, mentre il tipo 2 si localizza al di sotto della neuroretina e viene spesso inglobato in una sorta di duplicazione dellepitelio pigmentato. Il tipo 1 si ritrova più frequentemente nei pazienti affetti da AMD e la sua escissione chirurgica ha dato finora scarsi risultati funzionali. Le membrane di tipo 2 sono caratteristiche di pazienti affetti da pseudoistoplasmosi, da miopia ed in giovane età. Alcuni Autori (48) hanno recentemente ipotizzato che numerosi altri fattori possano influenzare lesito postoperatorio. Tra questi le condizioni preoperatorie dellepitelio pigmentato e lo stato della coriocapillare. Di una certa utilità, per una migliore e più precisa localizzazione della membrana, sarebbe poter correlare i dati forniti dalla biomicroscopia, dalla fluorangiografia e dalla angiografia con verde di indocianina(40, 50). Allesame biomicroscopico la localizzazione al di sotto del neuroepitelio della neovascolarizzazione è segnalata dal riscontro di un alone grigio-brunastro, a margini ben definiti. Secondo lacuni Autori (49, 50) la angiografia con fluoresceina risulta sicuramente più utile rispetto alla angiografia con verde di indocianina nel determinare se una membrana è prevalentemente di tipo 1 o di tipo 2. 113 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 10 Il ruolo dellinterferone La farmacoterapia della membrana sottoretinica rappresenta un approccio alternativo nel caso di sede subfoveale. Il razionale per limpiego dellinterferone alfa sta nella sua attività antiangiogenica, essendo in grado di inibire in vitro la proliferazione e la migrazione delle cellule endoteliali(51) ed in vivo langiogenesi indotta dai linfociti(52); inoltre nella scimmia si è dimostrato capace di far regredire liridopatia proliferante (53). La terapia antiangiogenica sistemica offrirebbe diversi potenziali vantaggi rispetto alla fotocoagulazione laser nella terapia della neovascolarizzazione coroideale. Essa eviterebbe il danno retinico laser-indotto, e renderebbe possibile il trattamento di neovascolarizzazioni occulte o scarsamente definite angiograficamente. Inoltre costituirebbe un provvedimento terapeutico per prevenire la recidiva o ridurne il rischio di insorgenza. Nel 1991 Fung(54) ha descritto per primo lefficacia dellinterferone alfa nel trattamento di alcune membrane coroideali in corso di AMD. Nel 94 Chan(55) ha documentato una minima regressione probabilmente spontanea, della neovascolarizzazione e un riscontro di un alto numero di effetti collaterali imputabili alla tossicità del farmaco. Dei 24 pazienti considerati, il 100% di essi ha infatti accusato una sintomatologia similinfluenzale, con febbre, astenia, anoressia, mialgie; il 79.2% ha riportato complicazioni neurologiche (cefalea, disturbi del sonno, irritabilità), il 54.2% nausea e vomito; in alcuni casi infine si sono verificate complicanze cardiopolmonari che hanno reso necessaria la sospensione del farmaco. Precedentemente inoltre era stata descritta una retinopatia indotta dallinterferone caratterizzata da un quadro ischemico con essudati molli, non-perfusione capillare, occlusione arteriolare ed emorragie (56, 57). I risultati riportati dal Pharmacological Therapy for Macular Degeneration Study Group(58) sembrerebbero togliere ogni speranza di un futuro utilizzo su larga scala dellinterferone. Attualmente sono in corso di valutazione un certo numero di agenti dotati di attività antiangiogenica che potrebbero essere efficaci nellindurre la regressione della neovascolarizzazione coroideale. Tra questi ricordiamo il triamcinolone acetato(59), laccutane(60) e la talidomide(61). La radioterapia Nel 1993 Chakravarthy (62), ha dimostrato che basse dosi di radiazioni possono indurre la regressione di membrane subfoveali, senza determinare significativi deficit della visione centrale. Anche nel caso della radioterapia 114 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 10 la neovascolarizzazione coroideale viene considerata alla stregua di un processo proliferativo endooculare. Numerosi altri studi sono stati eseguiti negli ultimi tempi per valutare lefficacia di questo tipo di approccio terapeutico. Marcut et al.(63) hanno riportato una stabilizzazione del visus nel 50% dei pazienti che presentavano una recidiva della CNV, senza notare alcun effetto avverso dovuto al trattamento con radiazioni a basso dosaggio. I risultati più recenti in corso di AMD hanno dimostrato una scarsa efficacia a breve termine (65) tanto da scoraggiare ulteriori valutazioni riguardo lapplicazione della radioterapia in corso di AMD La terapia fotodinamica Questo tipo di possibilità teraeputica rappresenta a tuttoggi una delle proposte più interessanti (66). Essa sfrutta la capacità di alcuni coloranti fotochimici, quali i derivati della benzoporfirina(67), letiopurina(68), i derivati clorinici(69), di accumularsi allinterno dei tessuti neovascolari che vengono successivamente irradiati mediante laser a bassa potenza. Tale trattamento produce una occlusione vascolare selettiva con un meccanismo non di tipo termico ma su base ossidativa; il vantaggio offerto da tale terapia è quindi duplice: da un lato il peculiare meccanismo dazione consente un risparmio delle fibre nervose e dei fotorecettori siti nellambito dellarea trattata, dallaltro lapproccio altamente selettivo permette un notevole risparmio di retina sana, circostante la neovascolarizzazione. I risultati finora ottenuti hanno evidenziato come la terapia fotodinamica sia efficace nellindurre locclusione della membrana neovascolare senza importanti danni a carico della retina. Purtroppo locclusione è solamente temporanea nella maggior parte dei casi poiché la neovascolarizzazione va incontro a recidive a causa di una riperfusione dopo 1-2 mesi dal trattamento. È attualmente in corso di studio lefficacia di trattamenti ripetuti con tale metodica. 115 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 10 BIBLIOGRAFIA 1. 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In conseguenza, i soggetti con prestazione visiva ridotta, si confrontano più drammaticamente, rispetto al passato, con le loro disabilità visive che talora possono provocare gravi handicaps. Si definisce ipovedente colui che è affetto da disabilità della funzione visiva anche dopo un trattamento medico-chirurgico e/o una correzione della refrazione standard e possiede unacuità visiva inferiore a 0.3 o un campo visivo inferiore a 60° dal punto di fissazione, ma che utulizza o che potenzialmente è in grado di far uso del residuo visivo per la programmazione e lesecuzione di un determinato compito. Questi individui presentano nella vita pratica gravi difficoltà nella lettura, nella scrittura, nel lavoro manuale fine, nel riconoscere la fisionomia delle persone. Il soggetto ipovedente presenta quindi un livello di capacità visiva insufficiente per svolgere attività quotidiane, lavorative o di svago che sono abituali per individui della medesima età, sesso e stato socio-culturale. Attualmente il numero dei soggetti ipovedenti è in costante aumento sia per il miglioramento delle cure mediche, chirurgiche o parachirurgiche di patologie che prima portavano a cecità, sia per il progressivo aumento della vita media della popolazione. Lipovisione è una condizione che colpisce più di una persona su 200 nella popolazione dei paesi industrializzati. Si è valutato che in Europa esistano 11 milioni di ipovedenti in aggiunta ad un milione di non vedenti. Oggi la degenerazione maculare correlata alletà è la prima causa di ipovisione nei paesi industrializzati. Secondo il Beaver Deam Eye Study l1.6% della popolazione ne sarebbe colpita prima dei 55 anni ed il 27.9% dopo i 55 anni. 121 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 11 Complessivamente la degenerazione maculare correlata alletà colpisce il 39.3% degli ipovedenti, seguita dalla miopia degenerativa 9% e dalla retinopatia diabetica 8.6% dei casi (Tabella 1). Tab. 1. Prevalenza % cause ipovisione-età Patologia Età Degenerazione Maculare Senile Degenerazione Miopica Retinopatia Diabetica Cheratopatia Glaucoma Coroidite Distrofia Maculare Cataratta Atrofia Ottica Vasculopatie Maculopatia Ereditaria Albinismo 6 - 20 1,7 3,4 1,7 5,1 8,5 22,2 15,3 6,7 13,5 21 - 65 66 - 95 6 - 95 9,7 14,0 13,9 8,8 4,5 6,9 12,4 1,8 7,3 4,2 4,2 - 63,7 6,8 6,1 4,1 6,7 3,5 1,2 3,3 4,9 - 39,3 9,0 8,6 5,8 5,6 4,9 4,7 4,6 4,0 3,8 2,1 1,3 I pazienti ipovedenti possono appartenere a seconda della propria minorazione visiva ad uno o più di questi quattro gruppi fondamentali. - Soggetti con scotomi centrali con perdita della funzione foveale. - Soggetti con gravi difficoltà nel controllo del movimento degli occhi. - Soggetti con perdita della visione periferica, ma con visione centrale parzialmente conservata. - Soggetti con ambliopia secondaria a difetti refrattivi e a retinopatia diabetica. Anatomicamente la fovea è unarea retinica con diametro di circa 5° (o di circa 1500 micron); la zona più centrale con diametro di 1,2°-1,7° è la foveola in cui i recettori sono esclusivamente coni. Il soggetto con scotoma centrale per poter ottenere funzioni visive tipiche della fovea danneggiata deve utilizzare unarea retinica sana eccentrica. Il sistema visivo può programmare movimenti oculari in rapporto alla fovea non funzionante ma questa non può più svolgere le prestazioni visive. Gran parte dei pazienti ipovedenti possono essere validamente aiutati nella loro vita quotidiana con un trattamento di riabilitazione visiva. Dopo accurate indagini clinico-funzionali, necessarie per accertare la stabilità della patologia oculare e lentità del residuo visivo funzionale, 122 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 11 comprendenti la misurazione dellacuità visiva da lontano e da vicino, lo studio del campo visivo, la sensibilità al contrasto, la fluorangiografia retinica, è possibile progettare un trattamento di riabilitazione visiva tenendo conto delle problematiche e delle necessità del paziente ipovedente per consentire mediante ausili visivi e specifici esercizi, la riacquisizione di alcune funzioni primarie, come ad esempio la lettura e la scrittura, permettendo così il superamento di alcune disabilità ed incrementando la comunicazione e la progettualità dellindividuo. Con il termine di Localizzazione Retinica Preferenziale (LRP) viene indicata la localizzazione e lestensione di quelle aree retiniche eccentriche che vengono utilizzate in sostituzione della fovea non funzionante. Nei pazienti con scotoma centrale le prestazioni visive sono eseguite orientando locchio in modo tale che le immagini cadano sulla LRP. Dato che la retina, al di fuori della macula, presenta un numero minore di coni, la percezione dellimmagine è necessariamente ridotta. Per compensare ciò si deve ingrandire limmagine che cade sulla retina sana in misura proporzionale alla sua distanza dalla fovea lesionata. La nuova pseudofovea dipende dalle dimensioni dello scotoma. È importante situare limmagine, tramite la fissazione eccentrica, subito fuori dallo scotoma, per evitare ingrandimenti inutili e minimizzare langolo di visione eccentrica considerando che per ottenre una buona capacità di lettura lestensione orizzontale della LRP deve essere sufficiente ad accogliere un minimo di 4-6 lettere contemporaneamente. Più limmagine è lontana dalla fovea, maggiore è lingrandimento necessario e quindi più corta sarà la distanza di lettura. Il problema se fissare sopra o sotto il testo, dipende dalla natura dello scotoma. Per ottenere con successo la fissazione eccentrica, lindividuo da riabilitare deve conoscere bene il proprio campo visivo e capire il procedimento da seguire, deve sapere quanti gradi al di sopra o al di sotto del testo deve guardare. Ciò si calcola con la seguente formula: tan d° = X / RD dove d° sono i gradi di decentramento rispetto alla fovea a cui deve essere focalizzata limmagine sulla retina. X è la distanza tra il testo ed il punto al di sopra o al di sotto locchio deve fissare per evitare lo scotoma. RD è la distanza di lettura, determinata dal reciproco potere diottrico delle lenti usate dal paziente. Con questi dati è possibile creare specifici esercizi in grado di consentire, con un adeguato addestramento svolto da operatori qualificati, un efficace ed automatico utilizzo della Localizzazione Retinica Preferenziale prescelta. Il paziente deve imparare contemporaneamente a muovere il testo ed a fissare locchio migliore nella posizione più corretta mediante laiuto della 123 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 11 accomodazione e/o di una lente ipercorrettiva e quindi conoscere la profondità di campo e la distanza di lettura leggendo nelle più idonee condizioni di postura ed illuminazione. I campi temporale e nasale della retina, non vengono usati normalmente perché la stampa scorre orizzontalmente ed un campo di fissazione deve essere il più ampio possibile sul piano orizzontale, per offrire le migliori condizioni di lettura. Durante lanalisi visiva negli individui normovedenti gli occhi si muovono f requentemente compiendo una esplorazione sistematica dei diversi stimoli provenienti dallambiente. I movimenti oculari portano gli stimoli visivi dal campo periferico (retina periferica) al campo centrale (fovea), in modo da mantenere la fissazione foveale. Questa acquisizione e assicurazione delle immagini visive alla fovea, e la loro stabilizzazione in questa area visiva, costituiscono le funzioni fondamentali dei movimenti oculari: - movimenti lenti di ricerca ed esplorazione dello spazio visivo, di inseguimento; - movimenti di convergenza e divergenza che, insieme alla accomodazione, permettono la percezione del senso di profondità dello spazio; - movimenti di origine vestibolare; - movimenti rapidi o saccadici. I movimenti oculari rapidi e lenti dipendono dal sottosistema di versione che comanda tutti i movimenti coniugati, i movimenti oculari di vergenza dipendono dal loro sottosistema che comanda i movimenti disconiugati. I movimenti saccadici sono movimenti rapidi versionali (coniugati), e sono sotto il controllo sia della volontà che dei riflessi. Lo stimolo visivo per i FEM (Fast Eye Movement o saccades) è lo spostamento del bersaglio (oggetto), percepito a livello retinico. La comparsa improvvisa di un oggetto nel campo visivo periferico o un rumore eccentrico possono provocare una saccade riflessa, diretta verso lo stimolo. La lettura è una prestazione molto complessa fondata essenzialmente su due componenti: la strumentalità visiva (sia sensoriale sia motoria) ed i processi cognitivi. Questo processo complesso richiede una risoluzione visuale del testo, immagini retiniche stabili, movimenti saccadici accurati, codificazione delle parole, accesso lessicale e memoria a breve e lungo termine. Durante la lettura ordinaria i movimenti degli occhi sono ristretti a veloci saccadi orizzontali lungo la linea del testo, separate da lunghe pause di fissazione. In genere avvengono quattro fissazioni al secondo (il tempo di fissazione varia da 200 a 400 msec). La velocità dei movimenti oculari è elevatissima, circa 200° al secondo, pari ad un tempo di 10 msec. tra una fissazione e laltra durante la lettura. 124 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 C APITOLO 11 Lestensione della saccade occupa uno spazio che va circa da 5 a 15 lettere. Le fissazioni occupano il 90% del tempo di lettura, il restante 10% è occupato dai movimenti oculari. La visione utile avviene durante le fissazioni. Durante la lettura lo sguardo si sposta a scatti successivi lungo le righe, senza che determinate lettere vengano consapevolmente osservate. Dopo ogni fissazione si susseguono saccadi in modo che lettere e parole successive arrivino sulla foveola. Il numero di fissazioni per un lettore esperto è ridotto rispetto al normale, poiché molte parole sono completate mnemonicamente. In numerosi studi condotti su pazienti con scotoma centrale si è evidenziata una riduzione della stabilità di fissazione proporzionale alle dimensioni dello scotoma ed un aumento di saccadi irregolari ad alta frequenza, saccadi ipermetriche, ipometriche, movimenti nistagmoidi e la frequente necessità di movimenti correttivi degli occhi. Durante la lettura, quando si hanno difficoltà di interpretazione si hanno inoltre movimenti detti di regressione che ci portano a rileggere il significato del testo che stiamo leggendo. Attraverso il trattamento riabilitativo è possibile ottenere il controllo volontario dei movimenti oculari consentendo ai soggetti che hanno perso la funzione foveale di ottenre una buona capacità di lettura. Utilizzando adeguatamente la fissazione paracentrale, riducendo la frequenza di fissazioni per ciascuna parola ed impiegando il campo di fissazione eccentrica più ampio per abbracciare un maggior numero di lettere contemporaneamente sarà possibile ottenere una riduzione dei movimenti di regressione ed una adeguata velocità di lettura con una buona comprensione del testo letto. 125 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 CAPITOLO 11 BIBLIOGRAFIA 1. B A C K M A N O, I N D E K, Riabilitazione Visiva del Paziente Ipovedente, Fabiano Editore, 1997. 2. B A C K M A N O, Seminario Teoria e Pratica nella Riabilitazione Visiva dellIpovedente, Milano 21-22 Marzo 1997. 3. WHO, Management of low vision in children. Programme for the Prevention of Blindness, WHO Geneva, Switzerland, 1993. 4. B ARRAGA N, COLLINS M, Develpment of efficiency in visual functioning, Journal of Visual Impairment and Blindness; 73:121-126. 5. 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F LETCHER D, S CHUCHARD R, A S.L.O. preferred retinal locus scorring system compared to reading speed and accuracy, Invest Ophthal Vis Sci 1993; 34:787. 126 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2 Gli Autori Cap. 1, Ugo Menchini, Gianni Virgili, Paolo Lanzetta, Clinica Oculistica Università degli Studi di Udine Cap. 2, Paolo Lanzetta, Sabrina Crovato, Gianni Virgili, Clinica Oculistica Università degli Studi di Udine Cap. 3, Piero Steindler, Elisabeth Milan, Divisione Oculistica - Ospedale Civile Camposampiero (Padova) Cap. 4, Alfredo Pece, Istituto Scientifico S.Raffaele - Roma Cap. 5, Francesco Bandello, Carlo Incorvaia, Giuseppe Mingrone, Clinica Oculistica Università degli Studi di Udine Cap. 6, Ugo Menchini, Gianni Virgili, Paolo Lanzetta, Clinica Oculistica Università degli Studi di Udine Cap. 7, Gabriele Paolo, Armando Crestani, Divisione Oculistica Ospedale di Schio (Vicenza) Cap. 8, Vito De Molfetta, Ferdinando Bottoni, Dipartimento di Oftalmologia, Ospedale San Gerardo, Istituto di Scienze Biomediche, Università di Milano, Monza Cap. 9, Armando Crestani, Ospedale Civile di Schio (Vicenza) Cap. 10, Paolo Lanzetta, Sabrina Crovato, Gianni Virgili, Clinica Osulistica, Università degli Studi di Udine Cap.11, Mario Broggini, Servizio di Riabilitazione Visiva per Ipovedenti Divisione Oftalmica - Ospedale di Circolo di Varese 127 Provincia Autonoma di Trento -Documenti per la salute n. 2