voglio fare la wedding planner cap 1

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voglio fare la wedding planner cap 1
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A chi ama il proprio mestiere.
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“L'unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai.
Se non hai ancora trovato ciò che fa per te, continua a cercare, non fermarti, come capita per le faccende di cuore, saprai di averlo trovato non appena ce l'avrai davanti.
E, come le grandi storie d'amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni.
Quindi continua a cercare finché non lo troverai.
Non accontentarti.
Sii affamato. Sii folle.”
Steve Jobs
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CAPITOLO 1
Se è un sogno non svegliatemi!
Ce l’ho fatta finalmente! Dopo tanto duro lavoro sono riuscita a fare
centro! E adesso sembra davvero che sia giunto il momento di raccogliere tutto ciò che di buono ho seminato. Sicuramente vorranno cominciare a darmi un ruolo più importante, o magari nominarmi responsabile della rubrica cinema, o giornalista dell’anno, o…
Sì, sì, lo so, forse sto correndo un po’ troppo.
Però, il messaggio che mi ha mandato Alessandro, il direttore di
VIP’s, era sufficientemente chiaro da farmi ben sperare. Anzi, ora che
ci ripenso, non lascia adito a dubbi: sarà finalmente la svolta della mia
vita.
Così, mentre a bordo della mia Panda d’antiquariato mi districo nel
traffico di Firenze, la mia splendida e caotica città, non sto più nella
pelle dalla gioia.
Non vedo l’ora di raggiungere la redazione di VIP’s che, com’è facilmente intuibile, è una rivista di gossip.
Fin da quando sono entrata, ho sempre desiderato lavorare nella rubrica cinema. Ho manifestato più volte la mia preferenza, ma chi la gestisce non ha mai avuto bisogno di collaboratori e l’idea di cedermi il
suo posto non l’ha mai nemmeno sfiorata… Chissà come mai! A breve, però, andrà in maternità e il parto gemellare che l’aspetta la terrà
lontana dal lavoro per un po’. Ci sarà bisogno di qualcuno che la sostituisca e io credo davvero che questa volta Alessandro affiderà a me
l’incarico soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti.
Lo spero davvero!
Sono solo l’ultima arrivata nella grande famiglia di VIP’s e come tale
all’inizio mi sono stati affidati quasi sempre incarichi minori; anzi, a
dire il vero, posso tranquillamente affermare di essere stata una sorta di
tappabuchi professionista con un contratto di collaborazione, retribuita
con un infimo una tantum a pezzo. Nonostante tutto, sono riuscita a ritagliarmi uno spazio mio, almeno sul web. E anche se continuo a guadagnare una miseria, almeno mi diverto, ho libertà d’azione, e Trilly, il
mio pseudonimo giornalistico, si sta facendo piano piano conoscere.
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Non solo, infatti, gli articoli del blog che tengo sul sito della rivista
ultimamente hanno sempre più seguito, ma l’ultimo, quello sul matrimonio più prevedibile del secolo (il solito calciatore con la classica
valletta), ha sorpreso persino me, arrivando a totalizzare oltre centomila visualizzazione e un’infinità di condivisioni su Facebook, Twitter,
aSmallWorld. Sono sicura che sia per questo che Alessandro vuole
parlarmi. È davvero il momento che attendevo. Certo, non abbandonerei il mio seguitissimo blog proprio adesso che funziona ma, se finalmente mi affidassero la rubrica cinema, sai che soddisfazione?
Avrei finalmente una mansione specifica, una di quelle che puoi indicare con orgoglio su un biglietto da visita.
Tra l’altro, senza voler fare i venali, significherebbe anche un piccolo
aumento di stipendio.
Senza contare che mia madre la smetterebbe di tormentarmi perché
mi cerchi un lavoro ‘serio’. Fare la giornalista in una rivista di gossip
non è infatti quello che aveva progettato per me, unica figlia su cui
concentrare tutte le sue ambizioni di genitore e donna modello.
Avendomi praticamente obbligato a laurearmi in legge, si aspettava
che facessi l’avvocato, un mestiere autorevole e di prestigio e secondo
lei alla mia, ma soprattutto alla sua, altezza. E invece ho deluso le sue
aspettative e, per una che è convinta che X-Factor sia una marca di cosmetici, avere una figlia che vive scrivendo pettegolezzi su persone a
lei perfettamente sconosciute è una cosa inaccettabile.
Ovviamente mi sarebbe piaciuto renderla orgogliosa di me e per un
po’ ho provato a seguire i suoi sogni mettendo da parte i miei; sono però bastati pochi mesi di praticantato presso uno studio legale a farmi
capire che non potevo vivere la vita di un’altra persona, anche se si
trattava di mia madre. E da allora i nostri rapporti si sono fatti un po’
più complicati.
Adesso, però, se tutto dovesse andare bene come sto sperando, potrebbe convincersi che il lavoro che ho scelto vale quanto quello che ho
abbandonato, se non di più, visto che mi riempie di soddisfazioni e non
di frustrazioni. Mi piace davvero il lavoro di giornalista e vorrei tanto
diventare una professionista affermata.
C’è un altro motivo per cui potrei essere felicissima di questa novità:
finalmente potrò comprare casa insieme al mio fidanzato. Non ho resi8
stito e gli ho già inviato un sms per avvisarlo: stasera preparati a festeggiare!
Per pura combinazione la settimana scorsa abbiamo visto un grazioso
trilocale al Poggetto che farebbe proprio al caso nostro. ‘Un vero affare’ lo ha definito l’agente immobiliare che ce lo ha mostrato. Ed è vero, dal momento che a dirlo è stato un mio vecchio compagno di scuola, con cui ho un tacito accordo di essere informata circa le occasioni
del mercato; in cambio io gli faccio avere le foto autografate dei vip
che via via riesco a procurarmi, quasi sempre tramite i miei colleghi
più affermati. Nei mesi ho scartato diverse proposte, ma questa… Questa aveva proprio tutto quello che avevo sempre sognato in una casa
mia. Anche il prezzo era abbastanza accessibile. Peccato però che a
causa del mio precario lavoro non sia stato possibile contrarre il mutuo
e con il solo stipendio di Omar non ci davano quanto ci sarebbe potuto
servire. È incredibile come le banche se ne infischino dei sogni altrui.
E la delusione è stata tale da togliermi il sonno per due intere notti.
Adesso però le cose cambieranno e quell’impiegato della banca, che
ha rifiutato il prestito arricciando non a torto il naso davanti alla mia
ultima dichiarazione dei redditi, dovrà tornare sui suoi passi.
Sfortunatamente l’appartamento sarà libero solo tra un anno. Però
questo mi consentirà di non piantare in asso Elisabetta, o meglio Eli, la
mia migliore amica fin dai tempi del liceo e mia coinquilina da quasi
tre anni a questa parte. Con Eli condivido non solo l’affitto ma anche il
frigorifero, la lavatrice, il ‘silk-épil’ e, dulcis in fundo, tutti gli alti e i
bassi quotidiani.
Siamo andate a vivere insieme subito dopo la laurea quando, entrambe in cerca di libertà ma con pochi mezzi economici a disposizione,
riuscimmo a trovare nella zona di Campo di Marte un trilocale decoroso a un affitto ragionevole, ovviamente per Firenze: e così, due camere
da letto, un bagno e una sala con cucina a vista sono diventati la nostra
reggia.
Devo confessare però che se non fosse per il mensile che ancora mi
passano i miei (non molto ma abbastanza da mettermi in una scomoda
posizione di dipendenza) non potrei vivere per conto mio.
Quindi sto pregando in tutte le lingue che conosco che ogni cosa vada
per il verso giusto e, quando varco l’ingresso dell’edificio dove si trova
la sede di VIP’s, sento il cuore che mi batte furiosamente.
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È tantissimo che sognavo un momento così.
Raggiungo il primo piano e con irruenza apro la porta a vetri su cui è
scritto a caratteri cubitali il nome della rivista.
Cercando di darmi un tono, cammino immaginando di calcare un red
carpet. A proposito, quanto belli sono? Quanta emozione si può provare stando al di qua delle transenne, con tutti quei riflettori puntati addosso, con l’aria resa elettrica dalla presenza delle star e dalla attesa
dei fans? Mi hanno sempre affascinato molto e spero nell’immediato
futuro di arrivare a farne indigestione. Da responsabile della rubrica
cinema è certo che non mi perderei una sola premiére. Sarei sempre lì,
in prima fila, pronta a intervistare le star nei modi più originali possibili.
Quando le passo davanti, saluto con più entusiasmo del solito Rebecca, la segretaria, l’unica persona che lavora per il giornale ad avere una
scrivania fissa in questi due vani che compongono la redazione.
L’altra stanza è occupata dall’ufficio del grande (grandissimo, visto
che mi sta per promuovere) direttore.
Rebecca, sbucando da dietro i faldoni di carta che ricoprono il suo
tavolo, accenna un sorriso e mi comunica quasi imbarazzata che ‘Ale’
mi sta aspettando.
Non faccio troppo caso al suo insolito atteggiamento e mi affretto a
bussare alla porta del capo; senza aspettare la risposta, faccio capolino
dentro.
Alessandro, impegnato in una telefonata piuttosto sgradevole a giudicare dall’espressione corrucciata che ha, mi fa cenno di accomodarmi.
Non posso fare a meno di ascoltare la conversazione. Chissà con chi
ce l’ha?
“Ormai ci conosci da anni, sai che non è nel nostro stile… Una professionista come te poi… Certo… Ti assicuro che non si ripeterà!”.
Continua così per altri cinque minuti abbondanti durante i quali sposto lo sguardo altrove fingendo interesse per le numerose foto appese
alle pareti e il cactus ad altezza uomo sotto la finestra, moderno status
symbol del potere, insieme alla poltrona girevole in pelle.
A noi comuni mortali è concesso tutt’al più possedere un comunissimo fico d’india, di quelli discreti e autonomi, nel senso che non necessitano di grandi cure, e che sembra siano in grado di assorbire le onde
elettromagnetiche emesse dal monitor del computer.
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La voce di Alessandro diventa un monotono sottofondo ai miei pensieri e ai miei progetti per il futuro. Fantasticare è più forte di me.
Solo un’ora fa, ignara di ciò che sarebbe accaduto, stavo tranquillamente pranzando con Eli. Poi, annunciata dalla musica dell’ultimo
successo di Madonna è arrivato l’sms in cui venivo convocata urgentemente.
In realtà quel messaggio era rivolto a Trilly. Sembra che qui mi conoscano esclusivamente in questo modo. Forse solo Rebecca conosce
la mia vera identità, ma giusto perché, dovendomi pagare lo stipendio,
non potrebbe intestare il bonifico a un personaggio delle favole. Sono
stata io a presentarmi in questo modo fin dal mio primo colloquio; mi
era sembrato un appellativo sufficientemente magico da essere benaugurale e un modo per farmi notare tra l’infinità di comuni curricula che
giungono sulle scrivanie dei vari dirigenti d’azienda. Ed effettivamente
ha funzionato.
Dopo il messaggio, ho fatto appena in tempo a rendermi presentabile,
che mi sono precipitata fuori dall’appartamento. Ero talmente eccitata
che scendendo le scale non mi sono nemmeno accorta dell’arrivo di un
ragazzo carico di attrezzi da lavoro.
L’ho centrato in pieno e per un attimo ho sudato freddo. Mi ero già
vista ruzzolare giù per le scale, rompermi chissà quale ossa e vanificare
tutte le buone notizie. Invece fortunatamente lui mi ha preso al volo
prima che cadessi.
Quando mi ha confermato di essere venuto per l’appartamento
dell’ultimo piano, gli ho rivolto un sorriso talmente smagliante che
credo mi abbia preso per folle. Sarei stata felice anche in condizioni
normali, oggi a maggior ragione. Sapere che l’idraulico che aspetti da
settimane è finalmente venuto ad aggiustare il guasto allo scaldabagno
è la ciliegina sulla torta di questa meravigliosa giornata.
Così io ed Eli potremo tornare a utilizzare l’acqua senza rischiare il
congelamento ogni volta, cosa davvero poco piacevole in pieno gennaio.
Quando finalmente Alessandro riattacca il telefono, con voli pindarici ed elucubrazioni mentali ho fatto in tempo a immaginare persino il
colore della tenda che appenderò nella cucina della mia nuova casa.
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Il mio capo resta stranamente cupo e con voce neutra comincia a parlare: “Trilly…”. Dimmi! Non tenermi ulteriormente sulle spine. “Sei
licenziata!”.
Sono cosa???
È uno scherzo vero?
Ma sento un brivido corrermi lungo la schiena. È una doccia così
fredda che quelle che mi sto facendo in casa in questi giorni sembrano
nulla al confronto. Mi pietrifica anche il respiro.
Cosa può essere successo?
“Ahahah!” scoppio in una risata. “Sai che per un attimo c’ero cascata!”. Con un sorriso recupero all’istante la funzionalità del volto colpito da paresi facciale fulminante.
“Non sto scherzando!” sentenzia invece lui. “VIP’s non ha più bisogno di te!”.
No, no aspettate, ci deve essere un equivoco… Quale motivo avrebbe
di farlo?
“Non capisco… Io credevo che ti piacesse il mio modo di lavorare…
Pensavo che la rubrica cinema…”.
“La cosa?”.
“Niente, niente… dicevo che il mio articolo ha avuto un successo enorme ed ero convinta che…” comincio a balbettare.
“Il tuo articolo non solo ha offeso la wedding planner più famosa che
abbiamo in Italia, Miriam Corsini, ma ha scatenato le ire di una categoria intera di addetti al settore e messo in difficoltà l’intera rivista. Solo
per gli ottimi rapporti che ho con Miriam, sono riuscito a convincerla a
non querelarci ma non voglio più rischiare di trovarmi un’altra volta in
questa situazione”.
“Ma io non ho offeso nessuno!” mi giustifico incredula.
Per tutta risposta afferra un foglio e comincia a leggere: “La cerimonia, che si è celebrata in una delle locations più esclusive del lago di
Como, è stata organizzata dalla regina indiscussa del wedding planning italiano, Miriam Corsini. Tutti gli invitati al matrimonio hanno
potuto apprezzare il suo stile magico e inconfondibile...”.
“Non vedo cosa ci sia di offensivo in tutto questo!” lo interrompo,
ma lui con un cenno infastidito della mano mi zittisce e prosegue.
“Però, dico io, a che cosa serve avere un Wedding Planner? Ok, Miriam Corsini in questo caso è stata molto brava, ma con quel budget a
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disposizione sono convinta che qualunque coppia di sposi sarebbe in
grado di gestire da sola le proprie nozze! Personalmente non capisco
perché, una donna in particolare, dopo essere riuscita a liberarsi della
invadente presenza di genitori e suoceri, dovrebbe rinunciare alle
proprie idee per affidarsi (pagando) a un professionista del ‘qua si fa
come dico io!’ e privarsi del piacere di esprimere il proprio carattere
distintivo” .
Io sono ammutolita.
Effettivamente, con questo tono, sembrano parole piuttosto pesanti,
ma sono la pura e semplice verità. Ho solo detto quello che pensano in
molti!
Ma lui non ha ancora finito.
“Però è anche vero che chi si affida a un wedding planner avrà il
privilegio d’avere un floral designer e un hair stylist e non un banale
fiorista e un semplice parrucchiere. E volete mettere? Una wedding
cake sarà sicuramente più gustosa di una rustica torta nuziale. Senza
dimenticare il light designer (chiamarlo elettricista sminuirebbe il suo
lavoro!), la cui presenza a un matrimonio è fondamentale quasi quanto
quella del prete o dell’Ufficiale di Stato Civile. Una cosa è certa: la
moda americana detta legge e dopo l’hamburger e il ‘dolcetto o scherzetto’ di Halloween, a risolvere il problema della disoccupazione, arriva anche questa nuova figura professionale lanciata in Italia, pensate bene, da Jennifer Lopez, splendida protagonista del film ‘Prima o
poi mi sposo’. Premesso che di JLo ce n’è una sola e non è disponibile, quanti futuri sposi ricorreranno all’aiuto di un wedding planner?
Per quanto mi concerne io ho già preso la mia personale decisione e
credo che sia già più che palese! E comunque” dice lui concludendo
“se devo proprio dirla tutta, con quel vestito, la sposina era proprio
inguardabile”.
Alessandro quasi urlando sbatte sulla scrivania la stampa del mio
pezzo. “Questo non ti sembra sufficientemente offensivo?”.
“Per diffamare avrei dovuto scrivere cose false… questa è solo la pura verità!” mi difendo io.
“La verità nel nostro campo non esiste. Si scrive solo ciò che i lettori
e i diretti interessati hanno piacere di leggere e non è detto che le due
cose coincidano sempre o che i primi abbiano la precedenza sui secondi. Tu hai insinuato che la figura del wedding planner sia inutile, smi13
nuendo il talento e la professionalità di Miriam e di tutti quelli che fanno quel lavoro”.
“E anche se fosse? Non credo proprio che la Corsini perderà clienti
per colpa di un articolo”.
“Ma magari gli altri, più piccoli, sì!”.
“Ma mi stai facendo un discorso di etica?”. Non riesco più a seguirlo;
prima mi dice che la verità non esiste, poi che avrei dovuto pensare alla
fame nel mondo.
“No”.
“Allora non capisco, visto che il mio articolo ha avuto più di centoventimila visualizzazioni”. Nessuno in VIP’s prima di me era riuscito a
tanto. “Perciò cosa c’importa se la guru del wedding planning si sia
sentita offesa?” obietto.
Parliamoci chiaro, i giornali di gossip non sono certo acquistati perché politicamente corretti.
“Per tua informazione, Miriam Corsini ha una forte influenza nel
mondo del jet set e VIP’s non ha nessun interesse a inimicarsela” precisa acido Alessandro. “Se il tuo articolo fosse passato inosservato non
ci sarebbero stati problemi ma così…”.
“Non ci credo! Mi stai lasciando a spasso perché ho fatto bene il mio
lavoro?”. Tutto questo è paradossale!
“No! Lo faccio perché posso fare a meno di te, Trilly, ma non di Miriam! Sei abbastanza intelligente da capirlo!” conclude con un finto
complimento che riesce solo a ferirmi.
No! Non capisco, però la sentenza di condanna è stata emessa senza
possibilità di ricorrere in appello.
Ed è così che si infrangono i miei sogni! Addio rubrica cinema e casa
nuova. Addio première cinematografiche, addio interviste agli attori
famosi. Non potrò mai scambiare amabilmente quattro chiacchiere con
le mie star preferite. Non potrò mai diventare la miglior giornalista cinematografica e come tale partecipare a feste e party esclusivi. Sarò
per sempre l’inutile e anonima Alice Stella, avvocatessa mancata con
tanti sogni che non è riuscita a realizzare. E a mia madre che mi rinfaccerà ‘Te l’avevo detto’ potrò solo dare ragione.
Non oso pensare alla sua reazione quando verrà a saperlo.
“Se non hai nient’altro da aggiungere, me ne andrei!”.
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Non ho più voglia di prolungare oltre questo attacco devastante alla
mia autostima. Mi alzo completamente svuotata senza neppure la forza
di piangere ed esco dall’ufficio. Mi chiudo la porta alle spalle e per un
istante indugio quasi in stato di trance. È Rebecca a risvegliarmi.
“Mi dispiace!” sussurra la ragazza con voce tremante.
Annuisco evitando il suo sguardo per non rischiare d’intravederci il
bagliore di compassione che si intuisce dal suo tono.
A testa china esco dalla redazione e torno alla mia Panda. Prendo posto e resto seduta immobile, appoggiata all’indietro con gli occhi chiusi
e i pensieri completamente annullati.
Poi dopo un profondo respiro, riprendo coscienza.
Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno; recupero il cellulare dalla borsa e chiamo il mio ragazzo. Non faccio però in tempo a digitare il suo
numero che il telefonino comincia a squillare. Il nome di mia madre
apparso sul display mi getta nello sconforto più totale; è decisamente
l’ultima persona che vorrei sentire in questo momento. Il suo però non
è tempismo inopportuno perché lei è un tormento continuo. Mi chiamerà venti volte al giorno e mai una per dirmi cose carine.
Per evitare di risponderle male, lascio cadere esasperata il telefonino
ancora squillante sul sedile accanto al mio e avvio il motore. La mia
auto però stenta ad accendersi.
Ti prego, non mi tradire anche tu! Non oggi, non potrei sopportarlo.
Lo so che sei vecchia e che avresti tutto il diritto di andare in pensione
ma non è proprio il momento per cambiarti. Dovrai resistere ancora un
po’.
Mi accanisco sulla chiave che giro e rigiro rabbiosamente nel cruscotto. Con un nodo che mi raschia la gola sto quasi per arrendermi,
quando all’improvviso la mia fedelissima Panda emette un confortante
e vitale muggito, quasi avesse compreso la mia disperazione.
Prima che cambi idea, mi immetto veloce nel traffico cittadino.
Percorro il tragitto fino a casa in totale apnea mentale. Le idee si confondono, così come i sentimenti. Ricaccio rabbia, amarezza e delusione; respingo indietro le lacrime che bussano alla soglia degli occhi.
Voglio tornare a casa.
Resisto, ma appena metto piede nel mio appartamento mi lascio andare e inizio a piangere dando sfogo a quel tumulto di emozioni che mi
opprime il petto. Gettando la giacca e la borsa sul divano, chiamo il
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nome di Eli; la cerco invano in camera sua, ben sapendo che a
quest’ora è al lavoro.
Mi dirigo in bagno; lo specchio mi rimanda un’immagine di me
completamente stravolta. Guardarmi accresce la mia angoscia. Mi allontano subito, mi spoglio e mi infilo sotto la doccia, quasi che lavandomi potessi eliminare anche le storture della giornata.
Apro l’acqua e dopo un attimo lancio un urlo disperatamente rabbioso. Quell’idraulico maledetto non ha aggiustato un bel niente e io come
una stupida mi sono appena bagnata anche la testa.
Tutta infreddolita mi affretto a uscire e ad asciugarmi.
Torno in cucina e mi preparo un tè per scaldarmi. Siedo disfatta al tavolo; in assoluta apatia osservo il vapore alzarsi dalla tazza bollente,
stretta fra le mani: come vorrei che anche i miei cupi pensieri scivolassero via insieme a esso.
Resto immobile fino a perdere la percezione del tempo, fino a quando
non sento suonare il campanello. Ancora stordita mi alzo e vado ad aprire.
“Allora, quali novità dobbiamo festeggiare?” domanda sorridente
Daniele, il mio ragazzo, con una bottiglia di spumante in mano.
“Entra Omar!”. Il tono del mio invito è già sufficiente ad annullare il
suo entusiasmo e a metterlo in allarme.
Daniele, da sempre soprannominato ‘Omar’ in onore dell’ex attaccante della Fiorentina Gabriel Omar Batistuta (chissà perché proprio
Omar e non Gabriel, poi?), mi segue dentro l’appartamento e prende
posto accanto a me sul divano.
“Non sarai mica incinta?” chiede preoccupato.
“No, no!” lo smentisco prontamente agitando le mani.
“E allora?” m’interroga un po’ più sollevato.
“Mi hanno licenziata!” balbetto dopo un attimo di esitazione.
“Ah!”. Un monosillabo intriso di delusione che suona quasi come
un’accusa. “Ed è per questo che mi hai fatto portare lo spumante? Per
brindare al nostro futuro e alla casa che non compreremo?” rinfaccia
brusco senza neanche provare a capire cosa sia successo in realtà.
“Credevo di ricevere una promozione e invece avevo frainteso…” mi
difendo sconcertata dalla sua reazione.
In questo momento avrei bisogno di essere confortata, di una spalla
su cui piangere e non certo di recriminazioni.
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“Omar! Sto già abbastanza male senza che ti ci metta anche tu” sbotto a mia volta.
“Va be’, vorrà dire che resterò a vita a vivere da Simo. Sai, speravo
di poter finalmente comprare casa insieme a te e invece...” obietta lui
acido.
Omar infatti, pur di vivere per conto suo, di recente si è trasferito nel
micro-appartamento del suo amico Simone che aveva bisogno di un affittuario per ripagarsi in parte le spese. È una soluzione provvisoria che
adesso, viste le mie novità, si prospetta più lunga del previsto.
“Guarda che non l’ho fatto apposta” ribatto io.
Lui sospira, poi torna da me e finalmente mi abbraccia.
“Scusa!” mi chiede infine, cominciando a coccolarmi.
Omar è fatto così: impulsivo e brontolone, ma mi vuole bene e, anche
se con ritardo sistematico, mi capisce sempre. Difetti e pregi che, dopo
due anni che stiamo insieme, ho imparato a conoscere e ad apprezzare.
Ho incontrato per la prima volta Omar all’università dove frequentava i miei stessi corsi prima di decidere che studiare non era un’attività
che gli si confaceva. Dopo aver svolto alcuni lavori saltuari, adesso fa
l’assicuratore presso una piccola agenzia di Rifredi.
Più che dai suoi occhi scuri o dal capello mosso, sono rimasta affascinata dalla sicurezza e dall’energia che ha sempre dimostrato.
“Vieni a lavorare con me: le competenze non ti mancano e con i tuoi
occhioni da cerbiatta sai quante polizze venderesti?!” propone con il
tono d’aver trovato la soluzione ai nostri problemi.
A volte, però, di sicurezza ne dimostra fin troppa.
“Ti prego non ricominciare con questa storia! Mi basta mia madre
che mi stressa!” mi stacco da lui e mi raggomitolo su me stessa.
Non è la prima volta che Omar prova a convincermi a fare
l’assicuratrice. Subito dopo aver lasciato lo studio legale, era stato così
insistente da indurmi a partecipare a un corso formativo tenuto dal suo
capo. Ne ero scappata ancora prima della conclusione.
Ma nonostante tutto, non desiste. Per lui la mia laurea e i miei lineamenti mediterranei sarebbero sufficienti per fare questo mestiere. Sorvola però sul fatto che dovrei apparire almeno un po’ convincente nel
presentare un’offerta al cliente, cosa di cui non sarei minimamente capace. Polizze infortuni, vita, morte: mi vengono i brividi solo
all’idea…
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No! Io un lavoro che mi piace l’avevo trovato e non rinuncio così facilmente.
“Va be’, ho capito!” si arrende Omar. “Ora però devo proprio andare!” comunica dirigendosi verso la porta.
“Speravo che venissi con me a cena dalla nonna!” mi lamento seguendolo fuori sul pianerottolo.
“Mi dispiace ma sono già d’accordo con Simo per vedere le partite di
coppa!” mi delude lui e, senza darmi la possibilità di replicare, mi dà
un lungo bacio consolatorio prima di precipitarsi lungo le scale.
Ormai mi sono rassegnata a convivere con la sua sfegatata e viscerale
passione per il calcio e in particolare per la Fiorentina. Il suo cuore è
tinto rigorosamente di viola, tanto che a volte ho l’impressione che il
nostro, più che un rapporto di coppia, sia un triangolo amoroso perfettamente alla luce del sole. Mi rimane però il dubbio su quale sia il mio
ruolo: se quello della fidanzata o dell’amante.
“Viola!” urla Omar dalla tromba delle scale.
“Cosa?” replico perplessa.
“Nel caso fosse stata femmina!” chiarisce ridendo.
“Non sono incinta!” rispondo contrariata con un urlo accompagnato
da un gesto scaramantico. “Non sono incinta!” ribadisco sulle difensive
vedendo l’idraulico di stamattina risalire le scale.
Questo annuisce confuso. Mi torna immediatamente in mente la doccia gelata che mi sono fatta e la rabbia ha il sopravvento.
“Complimenti! Proprio un bel lavoro ha fatto!” lo aggredisco bruscamente. “Ora però la mia coinquilina è fuori e io devo uscire, perciò
dovrà tornare in un altro momento. Mi auguro però che non ci farà aspettare un altro mese prima di farsi vivo di nuovo!”.
Mentre richiudo la porta, intravedo la sua espressione allibita. Evidentemente è abituato a trattamenti ben più lusinghieri ma non basta
essere dei bei ragazzi per fare gli idraulici.
E poi ti pare l’orario di presentarsi?
Mamma, che giornata!
Vi prego, svegliatemi e ditemi che è solo un incubo.
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