La gestione forestale nel parco Gola della Rossa e di

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La gestione forestale nel parco Gola della Rossa e di
LA GESTIONE FORESTALE NEL PARCO GOLA DELLA ROSSA E DI FRASASSI
Il Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi (istituito con legge della Regione
Marche n° 57/97) si estende su 10.026 ha nel settore occidentale della Provincia di Ancona.
La morfologia del territorio è prevalentemente collinare e montuosa, con quote che
variano tra i 200 e i 1093 m; i boschi rappresentano circa il 70% della superficie dell'area
protetta e sono in massima parte di proprietà privata (con un elevata parcellizzazione
catastale); di minore estensione le foreste di proprietà demaniale regionale e quelle
intestate alle cosiddette "comunanze agrarie", enti civici che mantengono in vita una
tradizionale forma di proprietà e gestione collettiva dei terreni.
Le associazioni vegetazionali presenti appartengono in prevalenza alle serie del carpino
nero (Ostrya carpinifolia), della roverella (Quercus pubescens), del cerro (Quercus cerris) ed in
misura minore (limitata alle quote più alte) alla serie montana del faggio (Fagus sylvatica).
Gli ambienti rupestri delle due gole calcaree della Rossa e di Frasassi sono caratterizzati
dalla vegetazione tipica della macchia mediterranea, con ridotte estensioni di boschi a
prevalenza di leccio (Quercus ilex). Lungo il corso dei due fiumi Esino e Sentino e dei
numerosi torrenti la vegetazione azonale ripariale è a tratti ben strutturata, ma più spesso
sacrificata dalla pressione dei coltivi, che limitano anche l'originaria serie planiziale
dell'olmo (Symphytobulbosi - Ulmetum minoris) e favoriscono l'insediamento di specie
esotiche e infestanti (Robinia pseudacacia, Ailanthus altissima). La presenza di estesi
rimboschimenti di conifere a prevalenza di pino nero (Pinus nigra) è legata alle azioni
legislative ed alle politiche occupazionali messe in atto a partire dal secondo dopoguerra
per contrastare lo stato di estremo depauperamento delle risorse boschive e dissesto
idrogeologico che in quel momento storico caratterizzava le aree montane, nelle Marche
come in altre regioni. Per quanto esposti a critiche nel merito della scelta di specie resinose
e non autoctone, a questi interventi va riconosciuto il merito di aver ricreato in tempi brevi
una copertura vegetale ed il substrato necessario al reinsediamento della vegetazione
autoctona, di cui negli ultimi 60 anni si è verificato il progressivo recupero, nonchè la
naturale espansione e ricolonizzazione verso i territori abbandonati dal pascolo e
dall'agricoltura.
Le linee di indirizzo del Parco Gola della Rossa e di Frasassi per quanto riguarda la
gestione forestale sono riassunte nell'art. 33 del vigente Piano del Parco, approvato nel
giugno 2007, e nell'art. 25 del Regolamento del Parco.
Il Piano prevede, tra le altre cose, anche il mantenimento del tradizionale governo a ceduo,
considerato efficace nel mantenere cenosi dense e nel favorire la stabilità idrogeologica dei
versanti, secondo le tecniche silvicolturali e le norme stabilite dalle vigenti Prescrizioni di
Massima e di Polizia Forestale per la Regione Marche (D.G.R. n° 2585/01) e dalla Legge
Forestale Regionale (L.R. n° 6/05). Il Piano promuove quindi la gestione forestale
sostenibile dei cedui a regime e la diffusione dei cedui a sterzo e composti quale forma
alternativa di trattamento del ceduo dove le specie e la stazione lo permettano; interventi
di conversione ad alto fusto sono previsti in particolari situazioni per i cedui invecchiati,
mentre l'avviamento ad alto fusto è riservato di norma alle faggete del piano montano. Nei
soli boschi di leccio, riconosciuti come cenosi di ridotta estensione e di elevata naturalità,
sono preclusi i tagli a favore dell'evoluzione spontanea. La conservazione della
necromassa forestale è favorita con la previsione del rilascio di alberi e rami morti
all'interno del bosco, nonchè di almeno una pianta ad invecchiamento indefinito per ogni
ettaro da assoggettare al taglio.
Il vigente Regolamento del Parco, all'art. 25 c.3, subordina ogni taglio boschivo a
sopralluogo tecnico preventivo e al rilascio di specifica autorizzazione del Parco, con
facoltà di autorizzare il taglio per superfici inferiori a quelle richieste o opporre motivato
diniego alla richiesta, qualora ricorrano particolari esigenze di salvaguardia del paesaggio
o delle biocenosi.
La tutela integrale con esclusione di ogni intervento di sfruttamento è limitata ai boschi di
leccio e alle formazioni boschive legate alle rupi calcaree che coincidono con le sottozone
A1 del Parco.
Il Regolamento del Parco, entrato in vigore all’inizio del 2008, rimanda ad un "Piano
particolareggiato di gestione" le previsioni specifiche riguardanti le forme di governo e le
turnazioni per le diverse tipologie boschive; purtroppo tale piano non è ancora stato
redatto, e questo fatto impedisce a tutt'oggi (a 12 anni dall'istituzione dell'area protetta) di
attuare quella programmazione pluriennale e strutturata degli interventi che sarebbe
necessaria per una migliore conservazione del patrimonio boschivo. Il rischio conseguente
è che possano prevalere gli interessi economici dei numerosi privati proprietari, che, come
si è detto, detengono la maggior parte del patrimonio boschivo. Le difficoltà gestionali
legate alla proprietà privata ed alla sua estrema parcellizzazione sono solo in parte
compensate dalla ridotta estensione dei tagli, che di norma sono inferiori ad 1 ha per
ciascun richiedente. Di fatto, la progressiva riduzione dei fondi assegnati ai parchi da Stato
e Regione, unita al senso di precarietà amministrativa determinatosi per i parchi regionali
con le recenti previsioni di legge (DDL Calderoli), non favoriscono certo il reperimento di
fondi per incentivi o compensazioni del mancato reddito a sostegno di una gestione
forestale meno improntata a logiche di puro sfruttamento, né la redazione di piani di
gestione a lungo termine delle risorse naturali che i parchi dovrebbero essere chiamati ad
amministrare.