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ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 91-92 INDICE Editoriale Editorial M. Prearo ……..……………………………………………………………. pag. 93 pag. 95 SCHEDE TECNICHE Acipenseridae: prima parte. Gli storioni italiani Acipenseridae: first part. The Italian sturgeon ITTIOPATOLOGIA Pubblicazione quadrimestrale Rivista ufficiale della Società Italiana di Patologia Ittica Direttore responsabile: Prof.ssa Maria Letizia Fioravanti T. Scanzio, M. Prearo ……………………………………..…..………… Epidemiologia della Necrosi Ematopoietica Infettiva (NEI) e della Setticemia Emorragica Virale (SEV) nei salmonidi in Piemonte Epidemiology of Infectious Hematopoietic Necrosis (IHN) and Viral Haemorrhagic Septicaemia (VHS) in salmonid fish in Piedmont Region M.C. Bona, E. Pavoletti, M. Righetti, P. Arsieni, G. Ru, M. Prearo…….… Responsabile scientifico: Dott. Marino Prearo c/o Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Via Bologna, 148 10154 Torino Tel.: 011-2686251 Fax: 011-2474458 E-mail: [email protected] Comitato scientifico: Prof.ssa Maria Letizia Fioravanti Prof. Francesco Quaglio Prof. Pietro Giorgio Tiscar Segreteria S.I.P.I.: Dott. Marino Prearo Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Via Bologna, 148 – 10154 Torino Tel.: 011-2686251 Fax: 011-2474458 E-mail: [email protected] pag. 119 Diffusione di Marteilia spp. negli allevamenti di Mytilus galloprovincialis siti nel Golfo di la Spezia Distribution of Marteilia spp. on shellfish farms of Mytilus galloprovincialis sites in the La Spezia Gulf (Northern Italy, eastern Ligurian Sea) L. Serracca, I. Rossini, R. Battistini, E. Cencetti, M. Corsi, B. Fabiani, M. Prearo, C. Ercolini …………………………………………...…….…… pag. 131 Farmaci nei mangimi impiegati in acquacoltura: valutazione della sicurezza nell’uso di ossitetraciclina Drugs used in aquaculture feed: safety assessment in the use of oxytetracicline V. Ciccotelli, P. Brizio, A.C. Elia, A.J.M. Dörr, M. Gili, L. Gasco, M. Prearo, M.C. Abete …………………….………………………………... pag. 139 SEMINARIO “GARRA DAY” Risultati del monitoraggio sanitario condotto su Garra rufa (Heckel, 1843) in Italia Results of health monitoring carried out on Garra rufa (Heckel, 1843) in Italy M. Prearo, M. Righetti, P. Arsieni, B. Di Donfrancesco, C. Saragaglia, V. De Vita, G. Amato, E. Pavoletti …...………………………………... Autorizzazione: Tribunale di Udine n° 10 del 27 marzo 1990 Codice ISSN: ISSN 2281-8189 Volume 9, Numero 3 Foto di copertina: Disegni degli storioni italiani, Acipenser sturio, Acipenser naccarii e Huso huso. Disegni di Scanzio T., 2012. 91 pag. 151 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 91-92 Referees: Abete Maria Cesarina Agnetti Francesco Beraldo Paola Bossù Teresa Bozzetta Elena Caffara Monica Ciulli Sara Colorni Angelo D’Amelio Stefano Di Guardo Giovanni Dörr Ambrosius Josef Martin Elia Antonia Concetta Figueras Antonio Fioravanti Maria Letizia Florio Daniela Galeotti Marco Galuppi Roberta Ghittino Claudio Guandalini Emilio Gustinelli Andrea Manfrin Amedeo Marcer Federica Marino Giovanna Mattiucci Simonetta Merella Paolo Mutinelli Franco Prearo Marino Quaglio Francesco Regoli Francesco Romalde Jesus Lopez Rubini Silva Salati Fulvio Scapigliati Giuseppe Tampieri Maria Paola Tiscar Pietro Giorgio Volpatti Donatella Zaghini Anna Zanoni Renato Giulio 92 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 93-94 Editoriale Editorial Marino Prearo Responsabile Scientifico della Rivista ITTIOPATOLOGIA ______________________________ Cari soci, avete sul video l’ultimo numero pubblicato, con non poca fatica, della rivista ITTIOPATOLOGIA nel nuovo formato. Spero sia l’ultima volta che inizio con le solite litanie, che comunque non sembra portino a nessun miglioramento. La situazione della rivista può essere facilmente accomunata alla situazione politica e sociale del nostro Paese: langue in un paradosso temporale e scientifico. Nonostante da più parti plaudano alle nostre iniziative societarie e culturali, elogiando le nostre attività congressuali, la vivacità scientifica e partecipativa dei soci e degli intervenenti, gli argomenti trattati sempre all’avanguardia e la presenza di esperti di altissimo livello, il settore editoriale da noi intrapreso non riesce proprio a decollare. Finalmente, con l’avvento dell’era elettronica anche per la S.I.P.I. forse si prospetta una maggiore fluidità del prodotto editoriale; nonostante gli sforzi innumerevoli che solo guardando questo volume potete già immaginare, siamo riusciti a concludere e chiudere l’anno 2012 con solo pochi mesi di ritardo. Il formato elettronico della rivista porta senza dubbio numerosissimi vantaggi, tra i quali una maggiore facilità di fruizione, un minore costo, ma anche la possibilità di editare volumi a ridotto numero di pagine senza incontrare ostacoli economici di stampa; inoltre, tutti gli articoli potranno essere pubblicati con fotografie a colori senza avere ulteriori aggravi per gli autori. Proprio per venire incontro alle difficoltà della redazione e alle esigenze dei soci e degli eventuali autori, prenderanno corpo diverse nuove sezioni per cercare di dare nuovo impulso alla rivista: un esempio lo possiamo vedere già da questo numero con la nascita della sezione “Schede tecniche”, dove si potrà pubblicare, in accordo con la redazione, delle vere e proprie schede tecniche relative a specie ittiche o a malattie delle specie acquatiche, rendendo il prodotto più facile da consultare rispetto una monografia. La redazione ha ipotizzato alcune altre novità che prossimamente si potranno vedere nei futuri numeri della rivista, ma rimane aperta ad ogni altro suggerimento che i soci vorranno eventualmente inviare. Prendendo in considerazione invece la vita societaria, vi comunico ufficialmente che il prossimo XIX Convegno Nazionale si terrà in Sicilia e più precisamente a Siracusa nel mese di novembre 2013; l’evento, sotto l’egida della Facoltà di Medicina Veterinaria di Messina ed il fattivo aiuto del Prof. Fabio Marino e con il 93 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 93-94 sostegno dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, oltre alle consuete comunicazioni scientifiche, prevedrà dei seminari e workshop e sarà accreditato ECM, per venire ulteriormente incontro alle esigenze dei soci. Come sempre saremmo maggiormente precisi più avanti, inviando a tutti i soci e inserendo sul sito della Società data, luogo e programma. Inoltre, visto il grande successo che si è ottenuto con il Primo Seminario di Istopatologia svolto il maggio scorso a Udine durante il XVIII Convegno Nazionale, il Consiglio Direttivo in collaborazione con il Prof. Galeotti e la Dott.ssa Beraldo, sta cercando di organizzare un secondo seminario per venire incontro alle esigenze dei soci e dei ricercatori italiani operanti nel settore: prossimamente potemmo essere maggiormente precisi e tutte le notizie a tal riguardo verranno segnalate tempestivamente sul sito della Società. Come potete appurare da queste poche frasi, la Società Italiana di Patologia Ittica gode ancora di buona salute nonostante tutte le difficoltà ambientali ed economiche che si vengono a delineare ogni giorno; spero che tutte le iniziative che la Redazione della Rivista, il Consiglio Direttivo e la buona volontà di alcuni soci stanno prendendo forma, incontrino il vostro favore e permettano di far crescere una nuova generazione di “ittiopatologi” o per lo meno di interessati al mondo acquatico. Cordiali saluti Il Responsabile Scientifico di ITTIOPATOLOGIA Marino Prearo 94 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 SCHEDE TECNICHE Acipenseridae: prima parte. Gli storioni italiani Acipenseridae: first part. The italian sturgeons Tommaso Scanzio*, Marino Prearo Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Via Bologna, 148 – 10154 Torino. ______________________________ RIASSUNTO – La presente scheda tecnica è dedicata agli Acipenseridi o storioni, dove vengono riportate le caratteristiche morfologiche e biologiche generali e viene inserita una chiave dicotomica per la classificazione dei generi. Inoltre sono descritte le tre specie segnalate storicamente nei principali corsi d'acqua italiani: Acipenser naccarii (Bonaparte, 1836), Acipenser sturio (Linnaeus, 1758) e Huso huso (Linnaeus, 1758). Per ognuna di queste specie, vengono presentate nozioni generali sulle caratteristiche morfologiche, sull’ecologia e vengono riportate, qualora presenti, le segnalazioni bibliografiche riguardanti le patologie descritte. Lo storione cobice (Acipenser naccarii) costituisce un importante subendemismo del nostro Paese. Per quanto tutelato da norme severe e oggetto di piani di recupero, è sull’orlo dell’estinzione. Viene allevato per la reintroduzione in natura e per la produzione di caviale. Lo storione comune (Acipenser sturio) è un Acipenseride di grandi dimensioni, diffuso, fino all’inizio del secolo scorso, nei mari e nei grandi fiumi europei. Oggi, per cause antropiche, è in gravissimo rischio di estinzione, pertanto è protetto da severe leggi internazionali che ne vietano sia la pesca, sia l’allevamento per scopi commerciali. Lo storione ladano (Huso huso) rappresenta il più grande pesce d’acqua dolce oggi vivente. E’ piscivoro e risale i fiumi più a monte di qualsiasi altra specie europea; è anch’essa una specie sull’orlo dell’estinzione per il sovrasfruttamento degli stock e per le alterazioni ambientali. Dalle uova ovariche di questa specie si produce il “beluga”, che è la varietà di caviale più pregiata e costosa oggi presente in commercio. SUMMARY – The present paper deals with morphological features of Acipenseridae, or sturgeons, providing a dichotomous key for identification of species. Technical profiles of the three Italian sturgeons are also presented, with morphological, ecological, and, when available, pathological information. Adriatic sturgeon (Acipenser naccarii) is an important Italian sub-endemism. Although strictly protected by law, the species is critically endangered of extinction. This sturgeon is bred to reinforce natural stock and to obtain caviar. Atlantic sturgeon (Acipenser sturio) is a large size Acipenserid, once spread along almost all the European coasts. Nowadays, the species is close to extinction, then it is not allowed neither to be fished nor to be bred for commercial purposes within the European Community. Beluga sturgeon (Huso huso) is the largest freshwater fish in the world. It is piscivorous and it goes up rivers to spawn farther than any other European sturgeon. Also this species is endangered, because of overfishing and environmental degradation. From its ovarian eggs is obtained the finest and most expensive caviar. Key words: Italian sturgeon; Acipenseridae; Acipenser naccarii; Acipenser sturio; Huso huso. _____________________________ * Corresponding Author: c/o S.S. Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino, Italy. Tel.: 011-2686295; Fax: 0112474458; E-mail: [email protected]. 95 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 FAMIGLIA ACIPENSERIDAE Gli Acipenseridi, denominati comunemente storioni (Kottelat & Freyhof, 2007), costituiscono una famiglia di pesci caratterizzati da un aspetto decisamente primordiale e da una grande vulnerabilità ecologica. Sono ascritti alla classe dei Pesci Ossei (o Osteitti) (Forneris et al., 1990), appartengono ai Condrostei (Zerunian, 2002) e sono inclusi nell’ordine degli Acipenseriformi. Rappresentano un piccolo gruppo sistematico, diffuso esclusivamente nell’emisfero boreale (Kottelat & Freyhof, 2007; Froese & Pauly, 2012; Hochleithner & Gessner, 2012) e costituito da venticinque specie, riassunte in quattro generi. Per distinguere i generi, si suggerisce la seguente chiave dicotomica, estratta da documenti CITES, 2001: 1a – Muso conico con margini laterali arrotondati; spiracolo presente ………......... 2 1b – Muso a forma di spatola, con margini laterali appuntiti; spiracolo assente …... 3 96 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 2a – Labbro inferiore con quattro lobi; barbigli fimbriati; peduncolo caudale allungato, completamente ricoperto di scudi ossei …….…........................................ 4 2b – Labbro inferiore con due lobi; barbigli non fimbriati; peduncolo caudale corto, ricoperto solo parzialmente da scudi ossei ……......................................................... 5 3a – Grande bocca a forma di mezzaluna, che si apre anteriormente; barbigli a sezione appiattita ……..........................................………………………………….. 6 97 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 3b – Bocca piccola e orizzontale, che si apre verso il basso; barbigli a sezione circolare ………......................................................................................................... 7 4 – Scaphirhynchus spp. – è costituito da tre specie nordamericane, originarie dei fiumi compresi tra il Bacino del Mississippi e il Messico settentrionale: - Scaphirhynchus albus (Forbes & Richardson, 1905); - Scaphirhynchus platorynchus (Rafinesque, 1820); - Scaphirhynchus suttkusi (Williams & Clemmer, 1991). 5 – Pseudoscaphirhynchus spp. – comprende tre specie, endemiche dei grandi fiumi che sfociano nel Mar d’Aral (tra l'Uzbekistan e il Kazakistan): - Pseudoscaphirhynchus fedtschenkoi (Kessler, 1872); - Pseudoscaphirhynchus hermanni (Kessler, 1877); - Pseudoscaphirhynchus kaufmanni (Kessler, 1877). 6 – Huso spp. – è rappresentato da due sole specie: - Huso dauricus (Georgi, 1775), diffuso nel Mare di Okhotsk, nelle Isole di Sakhalin e Hokkaido, nel Bacino del Fiume Amur e in Cina settentrionale; - Huso huso (Linnaeus, 1758), segnalato nei bacini del Mar Mediterraneo, Mar Nero e Mar Caspio. 7 – Acipenser spp. – costituisce il genere più rappresentativo, poiché ad esso sono ascritte diciassette specie, distribuite tra Asia, Europa e Nord America: - Acipenser baerii (Brandt, 1869); - Acipenser brevirostrum (Lesueur, 1818); - Acipenser dabryanus (Duméril, 1869); - Acipenser fulvescens (Rafinesque, 1817); - Acipenser gueldenstaedtii (Brandt, 1833); - Acipenser medirostris (Ayres, 1854); - Acipenser mikadoi (Hilgendorf, 1892); - Acipenser naccarii (Bonaparte, 1836); - Acipenser nudiventris (Lovetsky, 1828); - Acipenser oxyrinchus (Mitchill, 1815); 98 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 - Acipenser persicus (Borodin, 1897); - Acipenser ruthenus (Linnaeus, 1758); - Acipenser schrenckii (Brandt, 1869); - Acipenser sinensis (Gray, 1835); - Acipenser stellatus (Pallas, 1771); - Acipenser sturio (Linnaeus, 1758); - Acipenser transmontanus (Richardson, 1836). Gli storioni sono, solitamente, pesci di grandi dimensioni (Kottelat & Freyhof, 2007). Il loro aspetto è squaliforme, per via del muso appuntito, del profilo superiore concavo, del corpo massiccio e allungato, a sezione pentagonale (Forneris et al., 1990), che si assottiglia progressivamente verso il peduncolo caudale (Grimaldi & Manzoni, 1990), della pinna caudale eterocerca (Nardi, 1985), delle pinne ventrali e dorsale arretrate e della pinna anale pressoché opposta alla dorsale (Forneris et al., 1990). Presentano una struttura scheletrica in cui prevale la componente cartilaginea (Nardi, 1985). Sono caratterizzati da cinque file di scudi ossei, non hanno scaglie e presentano quattro barbigli antistanti la bocca, che è protrattile e infera (Forneris et al., 1990; Kottelat & Freyhof, 2007). Gli scudi ossei sono decisamente prominenti nei soggetti giovani, mentre negli adulti sono solitamente nascosti sotto la pelle (Kottelat & Freyhof, 2007). Il capo è ricoperto dorsalmente da un dermocranio, costituito da placche ossee cutanee (Forneris et al., 1990). Per l’identificazione delle specie, è importante tener conto del fatto che i rapporti dimensionali e le proporzioni tra le diverse componenti anatomiche variano a seconda dell’età degli individui (Hochleithner & Gessner, 2012). La maggior parte degli storioni è anfibiotica gamodroma potamotoca (anadroma) (Forneris et al., 1990; Kottelat & Freyhof, 2007), poiché si alimenta nelle acque marine e si riproduce solitamente su fondali ghiaiosi e ben ossigenati lungo grandi fiumi (Kottelat & Freyhof, 2007). La risalita lungo i corsi d’acqua, per raggiungere le zone di frega, può svolgersi per distanze superiori ai 2.000 km, con una velocità di spostamento anche superiore a 20 km al giorno. In quasi tutte le specie, si possono distinguere diversi stock riproduttivi, che risalgono i fiumi e depongono i gameti in periodi dell’anno differenti. Si suppone che questa differenziazione temporale possa essere funzionale sia ad un’ottimizzazione della disponibilità dei siti per la riproduzione, sia alla successiva crescita dei giovani (Hochleithner & Gessner, 2012). Generalmente, la migrazione verso i siti riproduttivi inizia in tarda estate e diminuisce quando la temperatura dell’acqua scende al di sotto di un certo valore soglia. Molti individui trascorrono l’inverno in acque dolci. Il picco di risalita è all’inizio della primavera (Kottelat & Freyhof, 2007) e la riproduzione avviene con temperature dell’acqua comprese tra 10°C e 20°C (Hochleithner & Gessner, 2012). Dopo la deposizione, le femmine, che nella maggior parte delle specie non si riproducono ogni anno, ritornano immediatamente nelle aree di alimentazione, mentre i maschi si fermano nelle zone di frega per diverse settimane, in attesa di altre femmine (Kottelat & Freyhof, 2007). Le uova misurano mediamente 2-4 mm di diametro e sono prodotte in quantità pari a 6.000-20.000 per kg di peso. La sviluppo 99 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 embrionale e la successiva schiusa avvengono rapidamente, dopo circa 60-240 ore, a seconda della temperatura dell’acqua (Hochleithner & Gessner, 2012). Sia le uova, che gli avannotti, sono molto sensibili a bassi tenori di ossigeno disciolto (Kottelat & Freyhof, 2007). Dopo la schiusa, le larve tendono a rifugiarsi negli interstizi tra i ciottoli del fondo, fino al completo riassorbimento del sacco vitellino, dopodiché cominciano ad alimentarsi. Inizialmente, si nutrono di zooplancton, poi, parallelamente al completamento della metamorfosi dalla forma larvale a quella giovanile, che richiede solitamente 20-30 giorni di tempo, tendono a prediligere fonti trofiche rinvenibili sul fondo, quali oligocheti e chironomidi (Hochleithner & Gessner, 2012). Successivamente, lo spettro alimentare si differenzia a seconda delle specie e dell’età degli individui; la dieta degli storioni può includere vermi, larve d’insetti, crostacei, molluschi e piccoli pesci. Solitamente, i giovani delle specie anadrome migrano al mare già durante la loro prima estate (Kottelat & Freyhof, 2007). Tutte le specie native europee sono in grado di completare l’intero ciclo vitale in acqua dolce. Per cinque specie, delle otto segnalate nel Vecchio Continente, sono state individuate popolazioni, o gruppi di individui, stanziali in acque dolci. Di queste, oggi sopravvivono soltanto una popolazione di Acipenser naccarii e alcune popolazioni di Acipenser ruthenus; per quest’ultima specie, gli esemplari stanziali rappresentano gli ultimi individui presenti in natura, dal momento che le popolazioni anadrome si sono estinte per cause antropiche. In Europa, gli Acipenseridi sono la famiglia di pesci d’acqua dolce maggiormente minacciata dall’uomo, per la pesca eccessiva e per la costruzione di barriere artificiali, come le dighe, che ostacolano le migrazioni di questi animali (Kottelat & Freyhof, 2007). Per quanto sia già stata segnalata da tempo la condizione tragica in cui versano le residue popolazioni europee di storioni, gli sforzi compiuti per salvaguardare gli stock selvatici non hanno ancora avuto esiti incoraggianti (Williot et al., 2002). Si sta così sviluppando, negli ultimi anni, l’allevamento intensivo di alcune specie di storioni, per soddisfare la richiesta del mercato di caviale e carne (Pellegrino & Tortonese, 1982; Parisi & Giaccone, 1989; Williot et al., 2002; Hochleithner & Gessner, 2012). 100 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Acipenser naccarii (Bonaparte, 1836) Acipenser naccarii è un Acipenseride di medie dimensioni, che costituisce un importante sub endemismo del nostro Paese (Zerunian, 2002). Per quanto sia tutelato da norme severe, sembra essere sull’orlo dell’estinzione, per via del numero ormai molto esiguo di esemplari presenti in natura (IUCN, 2012). Denominazione italiana: Nome comune inglese: Nome comune francese: Nome comune spagnolo: Storione cobice (DM 31/01/2008) Adriatic sturgeon Esturgeon de l’Adriatique Esturión del Adriático (IUCN, 2012) Caratteri identificativi: Acipenseride caratterizzato da una fisionomia del tutto simile ad Acipenser sturio, da cui si distingue soltanto per alcune, particolari peculiarità anatomiche, poco esaustive se considerate singolarmente, quali: − muso più breve e tozzo, la cui lunghezza, negli individui adulti, non supera un terzo della lunghezza totale del capo (Forneris et al., 1990); − numero di scudi ossei: 9-21 medio dorsali, 29-42 laterali e 8-11 ventrali (Hochleithner & Gessner, 2012); − labbro inferiore meno evidente (Nardi, 1985); − dimensioni massime inferiori (Forneris et al., 1990, Grimaldi & Manzoni, 1990). Inoltre, il pattern cromosomico dello storione cobice è tetraploide (4n), a differenza di quello di Acipenser sturio, che è diploide (2n) (Hochleithner & Gessner, 2012). A livello di classificazione genetica, pare non siano ancora stati individuati marker di DNA mitocondriale che permettano di distinguere chiaramente questa specie da Acipenser gueldenstaedtii (IUCN, 2012). 101 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Areale di distribuzione: L’areale storico di distribuzione dello storione cobice sembra essere limitato al bacino del Mar Adriatico (Grimaldi & Manzoni, 1990), dalla Grecia al Golfo di Trieste (Berg, 1932; Porcellotti, 2005) e ai maggiori fiumi che vi sfociano. In mare, questa specie è stata segnalata nella laguna veneta (Faber, 1883), lungo le coste croate (Mrakovcic et al., 1995), albanesi (IUCN, 2012) e greche (Economidis, 1973). Nelle acque interne italiane, lo storione cobice è stato individuato in Adige, Bacchiglione, Brenta, Livenza, Piave, Tagliamento, Po e affluenti come Ticino e Adda (Bernini & Nardi, 1990). In particolare, nel fiume Po ne è stata registrata la presenza a monte di Torino (Festa, 1892), fino alla città di Carmagnola (Delmastro, 1982). Vi sono opinioni contrastanti in merito alla presenza di questa specie in Spagna (Almaça & Elvira, 2000; Béguer et al., 2007; IUCN, 2012). Una popolazione di storione cobice prettamente dulciacquicola permane tutt’ora nel tratto di fiume Po a monte dello sbarramento artificiale di Isola Serafini (PC) (Nardi, 1985; Hochleithner & Gessner, 2012). Ecologia: - Habitat: lo storione cobice è un pesce anadromo, che si accresce in mare e risale i fiumi per riprodursi. Pare sia in grado di generare popolazioni che completano l’intero ciclo riproduttivo in acqua dolce (Nardi, 1985; Porcellotti, 2007; Hochleithner & Gessner, 2012). Gli esemplari adulti stazionano solitamente negli estuari dei fiumi a maggior portata e profondità (Porcellotti, 2005) e nelle zone costiere, mantenendosi su fondali fangosi e sabbiosi ad una profondità di 10-40 m (Hochleithner & Gessner, 2012; IUCN, 2012) e prediligendo acque salmastre o a bassa salinità. In mare, durante gli spostamenti migratori, pare che non si allontanino dalle acque costiere (Hochleithner & Gessner, 2012). - Alimentazione: questa specie si alimenta sia in mare che in acqua dolce. Si ciba prevalentemente di invertebrati bentonici, come larve di insetti, crostacei, molluschi, vermi e detriti organici di varia provenienza (Porcellotti, 2005), non disdegnando, occasionalmente, piccoli pesci (Hochleithner & Gessner, 2012). - Accrescimento: gli esemplari maschi raggiungono la maturità sessuale a 6-7 anni, ad una lunghezza di circa 70 cm, mentre le femmine sono più tardive e non si riproducono fino a 8-12 anni di età e 80-120 cm di lunghezza (Forneris et al., 1990; Hochleithner & Gessner, 2012). Le uova hanno un diametro di 2,2-3,3 mm e schiudono 150-180 ore dopo la deposizione, con una temperatura dell’acqua di 15-16°C. Le larve appena nate hanno una lunghezza di 6-7 mm e iniziano ad alimentarsi dopo 10-12 giorni dalla schiusa, quando raggiungono una lunghezza di 10-12 mm. La taglia massima raggiungibile da questa specie si attesta, a seconda degli autori, tra 150 e 200 cm di lunghezza circa, per un peso di 25-30 kg circa (Forneris et al., 1990; Grimaldi & Manzoni, 1990). 102 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 - Riproduzione: la riproduzione avviene ogni 1-2 anni per i maschi e ogni 2-4 anni per le femmine (Hochleithner & Gessner, 2012). La risalita dei fiumi avviene prevalentemente nei mesi di marzo-maggio; in Italia, in particolare, questa specie risale i fiumi nei primi mesi dell’anno (D'Ancona, 1924; Paccagnella, 1948; IUCN, 2012). La deposizione dei gameti avviene tra i mesi di marzo e luglio (Forneris et al., 1990; Hochleithner & Gessner, 2012; IUCN, 2012), in acque lente, occasionalmente anche salmastre, vicino alla riva, quando la temperatura dell’acqua raggiunge 15-20°C (Hochleithner & Gessner, 2012). Dopo la frega, gli esemplari adulti si trattengono nei fiumi fino all’autunno, stazionando nei tratti a corrente lenta (Hochleithner & Gessner, 2012). Acquacoltura: L’allevamento dello storione cobice è andato sviluppandosi in Italia in seguito alla buona riuscita di un esperimento di fecondazione artificiale, compiuto nel 1988 in un allevamento lombardo (Arlati et al., 1988; Grimaldi & Manzoni, 1990; IUCN, 2012) con il duplice obiettivo di sopperire all’assenza della specie nei mercati ittici, a causa della sua rarefazione in natura e di coadiuvare la ripresa degli stock selvatici tramite immissione di avannotti e giovani per ripopolamento (Manzoni & Tepedino, 2008). Oggi è allevato soprattutto in Spagna e Italia. La riproduzione è indotta e mediata da ormoni sintetici, mentre le uova sono spremute artificialmente senza uccidere i riproduttori. Le larve vengono nutrite inizialmente con Artemia, poi con mangime secco. Il tasso di crescita, rispetto ad altri storioni, è moderato; ad una temperatura costante di 15°C, questa specie raggiunge, in media: 0,3 kg in un anno, 2,0 kg in 2 anni, 3,3 kg in tre anni, 5,5 kg in quattro anni, 8,5 kg dopo cinque anni. Nel nostro Paese, sono stati svolti incroci sperimentali tra storione cobice e altre specie del genere Acipenser caratterizzate, anch’esse, da corredo cromosomico tetraploide (Hochleithner & Gessner, 2012). E’ saltuariamente presente sui mercati italiani e proviene prevalentemente da acquacoltura. Ha carni ottime ed è commercializzato fresco o congelato (Grimaldi & Manzoni, 1990; Manzoni & Tepedino, 2008). Note sanitarie: Non sono state rinvenute in letteratura, informazioni relative ad eventuali patologie caratteristiche che possano colpire questa specie, in condizioni di allevamento. Sono tuttavia segnalati i seguenti parassiti: Skrjabinopsolus semiarmatus (Trematoda, Digenea), Leptorhynchoides plagicephalus (Acanthocephala, Palaeacanthocephala) e Dichelestium oblongum (Copepoda) (Hochleithner & Gessner, 2012). Pesca: In Italia, la pesca commerciale dello storione cobice ha subito un calo impressionante nell’ultimo secolo: nel 1920 il pescato annuo di questa specie ammontava a circa 100 tonnellate, nel 1950 si era già ridotto a 15 tonnellate, per diminuire ancora a circa 2 tonnellate negli anni ’70 e ’80 (Hochleithner & Gessner, 2012). Dei circa 2000 esemplari catturati tra gli anni 1981 e 1988, più dell’80% non raggiungeva i 3,5 kg di peso e, di conseguenza, non aveva ancora raggiunto la 103 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 maturità sessuale (Rossi et al., 1991; IUCN, 2012). Oggi, la cattura di questa specie è pressoché accidentale (Grimaldi & Manzoni, 1990; Hochleithner & Gessner, 2012). Stato di conservazione: La presenza di questa specie è andata rarefacendosi nel corso degli ultimi decenni, sia per la presenza di ostacoli invalicabili che ne hanno impedito la risalita, sia per la degradazione del livello di qualità delle acque (Nardi, 1985; Zerunian, 2002): altro fattore che ha consentito una diminuzione degli stock naturali è determinato dalla pesca professionale, che, fino agli anni ’80, in Italia è stata esercitata su esemplari in età pre-riproduttiva, poiché la misura minima legale era posta a 60 cm di lunghezza (Zerunian, 2002). Si ritiene che la specie sia ormai estinta nella maggior parte del suo areale originario di distribuzione (Forneris et al., 2012). Non sono infatti pervenute notizie certe di episodi di riproduzione naturale dagli anni ’80 (IUCN, 2012). Per questo, la specie oggi è protetta da leggi comunitarie, che ne vietano la cattura e l’uccisione ed è oggetto di programmi di ripopolamento (Porcellotti, 2005). Lo storione cobice è infatti riportato nella Direttiva 92/43/CEE, sia tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione” (all. II), sia tra le “specie che richiedono una protezione rigorosa” (all. IV). Compare, inoltre, nell’elenco delle specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II) ed è riportato nell’allegato B dei regolamenti comunitari sul commercio di fauna e flora selvatiche nel rispetto della Convenzione di Washington (CITES) (Zerunian, 2002). All’interno della “lista rossa” sullo stato di conservazione delle specie dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN), lo storione cobice è categorizzato come “a rischio critico di estinzione” (critically endangered) (IUCN, 2012). A partire dagli anni ’80, in Italia sono iniziati degli esperimenti di fecondazione artificiale ed allevamento in cattività (Arlati et al., 1988; Forneris et al., 1990). Da questi, è stato possibile ottenere del materiale da ripopolamento, con cui sono iniziate immissioni di esemplari con diversi stadi di crescita, prima in Lombardia, negli anni ’90, nei fiumi Ticino, Adda e Oglio, e poi, a partire dal 1999, in Veneto, nei fiumi Piave, Livenza e Sile (Zerunian, 2002). In Lombardia, negli anni ’90, sono stati immessi nei fiumi suddetti circa 140.000 giovani di storione cobice, secondo i seguenti range dimensionali: 2-3 cm (62%), 8-18 cm (19%), 18-40 cm (7%), 40-60 cm (9%) e 65-90 cm (3%) (Hochleithner & Gessner, 2012). 104 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Acipenser sturio (Linnaeus, 1758) Acipenser sturio è un Acipenseride anadromo di grandi dimensioni, diffuso, fino all’inizio del secolo scorso nei mari e nei grandi fiumi europei. Oggi, per cause antropiche, è in gravissimo rischio di estinzione, pertanto è protetto da severe leggi internazionali che ne vietano sia la pesca, sia l’allevamento per scopi commerciali. Denominazione italiana: Nome comune inglese: Nome comune francese: Nome comune spagnolo: Storione comune (DM 31/01/2008) Atlantic Sturgeon, Baltic Sturgeon, Common Sturgeon Esturgeon Commun Esturión Común (Fazio, 2008; IUCN, 2012). Caratteri identificativi: Lo storione comune è caratterizzato da una fisionomia del tutto simile ad Acipenser naccarii, da cui si distingue soltanto per alcune, particolari peculiarità anatomiche, elencate nella scheda dedicata a quest’ultima specie. In generale, A. sturio presenta un corpo fusiforme allungato (Grimaldi & Manzoni, 1990), a sezione pentagonale (Forneris et al., 1990) che termina anteriormente con un muso allungato, a guisa di rostro, di forma triangolare, lievemente incurvato verso l’alto, concavo superiormente e con apice arrotondato, che costituisce dal 32% al 65% della lunghezza totale del capo. Con l’età, questa escrescenza tende a smussarsi all’apice (Hochleithner & Gessner, 2012). Sul margine ventrale del muso, in posizione decisamente infera, si trova l’apertura boccale, tubuliforme e protrattile (Forneris et al., 1990), caratterizzata da un labbro inferiore con un’incisione mediana che separa due lobi distinti. A metà strada tra l’apice del rostro e la bocca, dipartono quattro 105 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 barbigli cilindrici e filiformi, non sfrangiati, che non raggiungono, in lunghezza, il labbro superiore (Grimaldi & Manzoni, 1990; Porcellotti, 2005). Nei soggetti giovani, i barbigli sono più vicini all’apertura boccale che all’apice del muso (Hochleithner & Gessner, 2012). Ai lati del capo si trovano gli occhi, piccoli rispetto al resto del corpo, di fronte ad ognuno dei quali si aprono 2 fori nasali ben evidenti (Forneris et al., 1990; Porcellotti, 2005). Gli opercoli lasciano visibile il margine posteriore delle branchie (Forneris et al., 1990). Come negli altri Acipenseridi, sia gli opercoli che il margine dorsale del capo sono ornati di scudi ossei, presenti anche lungo il corpo, dal capo alla coda e ordinati in cinque file parallele (Porcellotti, 2005): una medio-dorsale, costituita da 9-16 scudi, due laterali, da 24-39, e due ventrali, da 9-14 (Grimaldi & Manzoni, 1990). Sono presenti anche numerose, piccole placche ossee, di forma romboidale, tra la serie di scudi medio-dorsale e quelle laterali (Grimaldi & Manzoni, 1990; Porcellotti, 2005; Hochleithner & Gessner, 2012). La pelle è nuda, priva di scaglie. Le pinne pettorali si inseriscono immediatamente dietro gli opercoli e presentano il primo raggio grande e ossificato. La pinna dorsale è in posizione fortemente arretrata, vicino al peduncolo caudale ed è opposta alla pinna ventrale, che è più corta e arrotondata. Le pinne ventrali sono anch’esse in posizione fortemente arretrata, mentre la caudale, come in tutti gli storioni, è tipicamente eterocerca, con il lobo superiore molto sviluppato (Forneris et al., 1990; Porcellotti, 2005; Forneris et al., 2012). La colorazione del dorso varia da grigio a marrone, con riflessi azzurri o verdi, mentre tende a schiarire gradualmente lungo i fianchi, fino a raggiungere una tinta argentea, bianca o gialla sul ventre. Le pinne, ad eccezione delle pettorali che possono avere riflessi giallastri, sono generalmente grigie (Porcellotti, 2005). Gli scudi cutanei sono chiari (Forneris et al., 1990). Il corredo cromosomico di questa specie è diploide (Hochleithner & Gessner, 2012). Areale di distribuzione: A. sturio è l’unica specie di storione che, in passato, era distribuita lungo pressoché tutte le coste europee. Il suo areale storico di distribuzione si estendeva dai freddi Mar Bianco e Mar Baltico a nord, fino ai più temperati Mar Mediterraneo e Mar Nero dell’Europa Meridionale. Questa specie anadroma risaliva poi tutti i corsi d’acqua principali per riprodursi. Tra questi, erano inclusi: Neva, Dwina, Neman, Odra e Vistola nel Mar Baltico; Eider, Elba, Havel, Saale e Moldava fino a Praga, Oste, Weser fino alla confluenza con Werra e Fulda, Ems, Reno fino a Basilea, Lippe, Mosella fino a Toul, Main fino a Schweinfurt e Neckar fino a Heilbronn, Maas fino a Liège, Schelde fino a Gent, nel Mare del Nord; Tamigi e Trent in Inghilterra; Severn fino a Newnham nel Canale di Bristol; Senna e Marna nel canale della Manica; Loira, Garonna e Dordogna nell’Oceano Atlantico (Hochleithner & Gessner, 2012); Douro, Ebro, Guadalquivir e Guadiana nella Penisola Iberica (Almaça & Elvira, 2000; Hochleithner & Gessner, 2012) ; Júcar, Ebro, Rodano, Saône, Doubs, Tevere nel mar Mediterraneo; Adige, Brenta, Piave, Po (fino alla città di Torino) (Zerunian, 2002; Hochleithner & Gessner, 2012), Isonzo, Neretva, Drin, Buna, Pinios, Struma e Meric nel Mare Adriatico; Inguri, Rioni (BacalbaşaDobrovici & Holčík, 2000; Hochleithner & Gessner, 2012) e, in misura minore, Danubio, Yesil Irmak e Kizil Irmak nel Mar Nero. Nel Mar Baltico, circa mille anni 106 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 fa, lo storione comune è stato sostituito da Acipenser oxyrinchus oxyrinchus (Hochleithner & Gessner, 2012), con il quale, nell’ultimo secolo, probabilmente a causa di una lieve variazione climatica che ha modificato gli areali di distribuzione delle due specie, ha dato vita ad ibridazioni (IUCN, 2012). In Italia, in particolare, risaliva soprattutto i fiumi tributari del Mare Adriatico (Forneris et al., 1990). Questa specie non è stata introdotta al di fuori del suo areale d’origine (Hochleithner & Gessner, 2012). Pare che, attualmente, la specie costituisca popolazioni relitte nei soli fiumi Garonna, in Francia (IUCN, 2012) e Rioni, in Georgia (Rochard et al., 1990). Ecologia: - Habitat: dopo la schiusa, i giovani discendono i fiumi, fino a raggiungere le acque salmastre, tra ottobre e dicembre dello stesso anno di nascita. Dopo 2-4 anni di adattamento alle differenti condizioni di salinità, sono poi in grado di tollerare l’acqua marina. Negli anni successivi, i pesci tendono quindi a muoversi regolarmente tra le acque costiere e zone estuariali. In mare, gli ambienti di foraggiamento sono solitamente caratterizzati da fondali sabbiosi o melmosi, a profondità anche superiori ai 100 m. La profondità dei fondali scelti dipende dalle dimensioni dei pesci: esemplari di lunghezza inferiore al metro stazionano a profondità comprese tra 20 e 50 m, mentre individui di taglia maggiore possono spingersi fino a 200 metri (Zerunian, 2002). In oceano, questa specie è in grado di compiere spostamenti migratori anche superiori ai 3000 km (Hochleithner & Gessner, 2012). Durante la risalita lungo i fiumi per la riproduzione, questa specie predilige le zone più profonde e a corrente lenta, sopportando anche bassi tenori di ossigeno (Zerunian, 2002). - Alimentazione: lo storione comune si alimenta a stretto contatto con il fondale e si nutre di specie che occupano, solitamente, i primi posti nella catena alimentare (Brosse et al., 2000; Béguer et al., 2007). La dieta di questa specie, durante le prime fasi vitali trascorse in acqua dolce, comprende larve di insetti, vermi, crostacei e molluschi (Zerunian, 2002), mentre in mare, oltre a vermi (Aphroditae, Heromastus, Nephthys, Stylaroides, Polydora), crostacei (Mysis, Gammarus, Gammaracanthus, Pontoporeia, Echinogammarus, Crangon, Carcinus, Corophium, Cyathura, Syntidotea) e raramente molluschi, possono essere catturati anche piccoli pesci (Ammodites, Engraulis, Pomatoschistus) (Hochleithner & Gessner, 2012). Durante la risalita dei corsi d’acqua e nel periodo della frega, i riproduttori smettono temporaneamente di alimentarsi (Zerunian, 2002; IUCN, 2012). - Accrescimento: lo sviluppo delle uova, dalla fecondazione alla schiusa, richiede da 4 a 5 giorni ad una temperatura dell’acqua di 15°C. Le larve iniziano ad alimentarsi attivamente dopo 14-16 giorni dalla schiusa, ad una lunghezza media di 15-18 mm e un peso di 30-32 mg. I maschi raggiungono la maturità sessuale a 9-15 anni, ad una taglia minima di 1,2-1,5 m di lunghezza, mentre le femmine non sono fertili prima degli 11-18 anni, 107 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 quando raggiungono lunghezze di 1,5-1,8 m (Hochleithner & Gessner, 2012). Nell’Europa Meridionale, la maturità sessuale viene raggiunta più precocemente rispetto a quanto avviene nelle regioni settentrionali: a 9-10 anni nei maschi e 11-12 nelle femmine (Zerunian, 2002). Le dimensioni massime citate per la specie sono di 5,6 m di lunghezza e 600 kg di peso, per un'età di circa 60 anni. La maggior parte degli esemplari misurano 1,0-2,0 m di lunghezza e 10-50 kg di peso (Hochleithner & Gessner, 2012). In Italia, le femmine di questa specie, che raggiungono taglie maggiori dei maschi, pare superassero di rado i 2-2,5 m di lunghezza e 60-120 kg di peso (Forneris et al., 1990; Zerunian, 2002). - Riproduzione: ogni ciclo riproduttivo ha una durata variabile da 1 a 4 anni per entrambi i sessi (Zerunian, 2002; Hochleithner & Gessner, 2012). Alcuni riproduttori migrano nei fiumi da agosto ad ottobre, risalendo i corsi d'acqua anche per 1.000 km e vi trascorrono tutto l'inverno. Gli altri pesci entrano in acqua dolce in primavera, tra marzo e aprile, quando le portate dei fiumi sono maggiori e percorrono distanze più brevi rispetto agli individui che svernano, ossia tra 50 e 250 km. Come in altre specie, i maschi raggiungono i siti di frega alcune settimane prima delle femmine. La deposizione dei gameti avviene tra aprile e luglio, quando la temperatura dell'acqua è compresa tra i 13°C e i 22°C, per cui nelle regioni meridionali è anticipata rispetto a quanto avviene nel Nord Europa. Una volta raggiunto un sito idoneo alla frega, costituito generalmente da un fondale profondo almeno 5 m o dallo sbocco di un corso d'acqua tributario, con substrato in ghiaia fine e ciottoli di 3-250 mm di diametro e una velocità dell'acqua compresa tra 0,5-2,0 m/s, i riproduttori rilasciano i gameti in piccoli gruppi, formati da un'unica femmina seguita da più maschi. Ogni femmina è in grado di deporre da 12.000 a 34.000 uova per kg di peso corporeo. Una volta ultimata la frega, i riproduttori esausti ritornano velocemente in mare. Acquacoltura e pesca: Fino agli inizi del XX secolo, pare che lo storione comune fosse una specie importante per la pesca commerciale. In passato, la sua cattura veniva praticata con reti, lungo le acque costiere o nel tratto inferiore dei corsi d’acqua. Nel XVII secolo, è stata descritta la pesca accidentale, in fiume, di giovani storioni, che sono poi stati utilizzati per l’alimentazione di suini d’allevamento. Nel distretto costituito da Mare del Nord, Mar Baltico e i maggiori fiumi dell’attuale Germania, sono stati catturati, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, da 3.000 a 8.000 esemplari, pari a 270-450 tonnellate. Le catture in quest’area sono poi sensibilmente diminuite, tra gli anni ’10 e gli anni ’30, a circa 100-500 esemplari per anno. In Francia e Italia, le catture sono diminuite a partire dagli anni ’50, così come in Spagna, dove la specie ha subito un forte declino in seguito alla costruzione dello sbarramento di Alcala, sul fiume Guadalquivir. In virtù delle strategie di conservazione pianificate per questa specie, lo storione comune non è attualmente soggetto ad alcuna forma di allevamento per fini commerciali (Hochleithner & Gessner, 2012). 108 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Note sanitarie: In letteratura non sono state rinvenute informazioni relative ad eventuali patologie caratteristiche che possono colpire in condizioni di allevamento questa specie. Sono tuttavia segnalati i seguenti parassiti: Zschokkella sturionis (Myxozoa, Myxosporea), Polypodium hydriforme (Cnidaria, Polypodiozoa), Nitzschia sturionis e Nitzschia monticelli (Platyhelminthes, Monogenea), Deropristis hispida e Skrjabinopsolus semiarmatus (Trematoda, Digenea), Amphilina foliacea, Bothrimonus fallax, Bothrimonus sturionis, Cyathocephalus truncatus e Triaenophorus nodulosus (Cestoda), forme larvali di Anisakis schupakovi ed individui adulti di Capillospirura argumentosa, Cucullanus sphaerocephalus, Cyclozone acipenserina e Hysterothylacium bidentatum (Nematoda), Acanthocephalus anguillae, Corynosoma semerme, Echinonorhynchus salmonis, Leptorhynchoides plagicephalus e Pomphorhynchus laevis (Acanthocephala), Cystobranchus respirans e Piscicola geometra (Hirudinea), Dichelestium oblongum e Pseudotraheliastes stellatus (Copepoda) (Hochleithner & Gessner, 2012). Stato di conservazione: Questa specie ha subito una fortissima contrazione, soprattutto durante il XX secolo, parallelamente allo sviluppo di nuove tecnologie idrauliche, piscatorie, produttive e al conseguente aumento della pressione antropica sui sistemi acquatici. Una pesca professionale eccessiva e praticata anche su individui subadulti, la costruzione di ostacoli invalicabili lungo i corsi d’acqua, l’inquinamento e, in generale, il degrado degli habitat, hanno portato lo storione comune sull’orlo dell’estinzione in tutta Europa. Oggi, questa specie è categorizzata come “a rischio critico di estinzione” (critically endangered) all’interno della “Lista Rossa”, sullo stato di conservazione delle specie, dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN), (Elvira & Almodóvar, 2000; Williot et al., 2009; IUCN, 2012). Viene inoltre elencata nell’Allegato A dei regolamenti comunitari sul commercio di fauna e flora selvatiche nel rispetto della Convenzione di Washington (Zerunian, 2002; CITES, 2012; Hochleithner & Gessner, 2012) e compare negli Allegati II e IV della Direttiva 92/43 CEE, rispettivamente, tra le “specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione” e le “specie che richiedono una protezione rigorosa” (Zerunian, 2002). E’ la specie di storione a più alto rischio di estinzione in Europa, poiché, oggi, è segnalata, allo stato selvatico, un’unica popolazione, costituita peraltro da un numero ridottissimo di individui, stimati tra 20 e 750 esemplari (IUCN, 2012), nel delta della Gironda, formato dal Fiume Garonna, in Francia. Per quanto detto, sono quindi stati attivati dei programmi di tutela e reintroduzione della specie sia in Francia, dagli anni ‘70 (Williot et al., 1997; 2009), che in Germania (Hochleithner & Gessner, 2012). 109 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Huso huso (Linnaeus, 1758) Huso huso è il più grande pesce d’acqua dolce oggi esistente. E’ decisamente piscivoro e risale i fiumi più a monte di qualsiasi altra specie europea. Sull’orlo dell’estinzione per sovrasfruttamento degli stock e per alterazioni ambientali. Dalle uova ovariche di questa specie si produce il “beluga”, che è la varietà di caviale più pregiata e costosa oggi presente in commercio. Denominazione italiana: Nome comune inglese: Nome comune francese: Nome comune spagnolo: Storione ladano (DM 31/01/2008) Beluga sturgeon Esturgeon beluga Esturión beluga (Fazio, 2008) Caratteri identificativi: Il capo costituisce il 17-27% della lunghezza corporea totale, mentre il muso, breve e massiccio, il 7-13%. La discreta variabilità di questi parametri corporei è dovuta a variazioni morfologiche che possono dipendere dall’età (Porcellotti, 2005; Hochleithner & Gessner, 2012), dalla popolazione di appartenenza e dalle caratteristiche individuali dei singoli esemplari. La bocca, in posizione ventrale ma estensibile in avanti (CITES, 2012), è grande e preceduta da quattro barbigli, il cui aspetto, compresso lateralmente e fimbriato e la loro lunghezza, tale da raggiungere posteriormente l’apertura boccale, sono caratteri diagnostici per l’identificazione della specie (Hochleithner & Gessner, 2012). Le membrane branchiosteghe sono unite tra loro e non saldate all’istmo come nel genere Acipenser (Kottelat & Freyhof, 2007). Con il progredire dell’età, le placche ossee che rivestono il corpo perdono 110 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 consistenza e vengono gradualmente ricoperte da uno strato di pelle (Porcellotti, 2005). La colorazione assume tinte variabili tra grigio-blu, grigio-cenere, grigioverde e nero sul dorso, tende a schiarire lungo i fianchi ed è biancastra sul ventre (Grimaldi & Manzoni, 1990). I giovani presentano riflessi blu-acciaio sul dorso (Hochleithner & Gessner, 2012). Areale di distribuzione: Lo storione ladano presentava storicamente, una distribuzione prioritariamente Ponto-Caspica. E’ stato infatti rinvenuto sia nel Mar Nero, da cui risaliva i fiumi Danubio, Rioni, Dnjepr, Dnjestr e Bug, sia nel mare d’Azov, da dove migrava nei Fiumi Don e Kuban, sia nel mar Caspio, da cui rimontava lungo i fiumi Ural, Volga, Kura, Gorgan e Sefid-Rug. E’ stato segnalato anche nel bacino del mar Adriatico, dove è stata documentata la rimonta riproduttiva soltanto nel fiume Po (Hochleithner & Gessner, 2012). Oggi, le ultime popolazioni selvatiche ancora presenti in natura si rinvengono nel Mar Nero e nel tributario fiume Danubio (Kottelat & Freyhof, 2007), dove ne è stata vietata la cattura (Paraschiv et al., 2006; IUCN, 2012) e nel Mar Caspio, dove migrano nel fiume Ural e, minoritariamente, nel fiume Volga (Kottelat & Freyhof, 2007; IUCN, 2012), nel quale sono impossibilitate a raggiungere i siti di frega per via della costruzione dello sbarramento di Volgograd (Kottelat & Freyhof, 2007). Ecologia: - Habitat: lo storione ladano è un migratore anadromo ampiamente euritermo, infatti è in grado di tollerare temperature dell’acqua comprese tra 0,5°C e 30°C. Richiede tuttavia acque ben ossigenate e si dimostra essere piuttosto esigente per quanto concerne le caratteristiche ambientali, quando si trova in acque dolci (Zerunian, 2002). In mare, questa specie ha abitudini pelagiche e tende a stazionare su fondali compresi tra 70 e 180 metri di profondità (Grimaldi & Manzoni, 1990; Zerunian, 2002; Porcellotti, 2005; IUCN, 2012). - Alimentazione: durante gli stadi giovanili precoci, lo storione ladano si nutre soprattutto di cladoceri, vermi (Tubifex) (Grimaldi & Manzoni, 1990) e larve di insetti (Palingenia) (Hochleithner & Gessner, 2012). Superata la lunghezza di circa 10-40 cm, inizia a integrare la propria dieta, a base di molluschi (Dreissena) e crostacei (Amathillina, Astacus, Dikerogammarus, Dimmaracanthus e Paramysis), con pesci sia pelagici che bentonici (Abramis, Alosa, Aspius, Atherina, Bentophilus, Carassius, Clupeonella, Cyprinus, Engraulis, Rutilus, Leuciscus, Vimba, Misgurnus, Mugil, Mullus, Merlangius, Platichthys, Scardinius, Scomber, Sprattus, Stizosteidon, Trachurus) (Zerunian, 2012), tra cui anche altri storioni (Hochleithner & Gessner, 2012). Pare che gli esemplari di maggiori dimensioni possano nutrirsi, talvolta, di uccelli acquatici (Larus) ed, eccezionalmente, di mammiferi marini (Phoca) (Kottelat & Freyhof, 2007; Hochleithner & Gessner, 2012). A differenza di A. sturio, lo storione ladano si alimenta anche durante la rimonta dei fiumi (Hochleithner & Gessner, 2012). 111 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 - Accrescimento: lo sviluppo dell’embrione, dalla fecondazione alla schiusa, richiede circa 200 ore a 12-13°C. Le larve appena uscite dall’uovo misurano circa 11-14 mm di lunghezza per 17-32 mg di peso; iniziano ad alimentarsi a 10-14 giorni, dopo aver raggiunto la lunghezza di 18-20 mm (Hochleithner & Gessner, 2012). L’accrescimento è molto rapido: a un anno viene raggiunta la lunghezza di 35-45 cm per 0,3-0,5 kg di peso, a cinque anni 100-125 cm per 10-15 kg, a 10 anni 135-165 cm per 25-45 kg, a 20 anni 180-260 cm per 50110 kg, a 30 anni 260-420 cm per 70-200 kg (Zerunian, 2002). Grazie anche alla notevole longevità, sembra che questa specie possa vivere fino a circa 100 anni (Hochleithner & Gessner, 2012) e superare i 5 m di lunghezza, per oltre 1.000 kg di peso (Zerunian, 2002). Alcuni autori segnalano, per lo storione ladano, una lunghezza massima di circa 8 metri (Forneris et al., 1990; Grimaldi & Manzoni, 1990; Porcellotti, 2005; Kottelat & Freyhof, 2007; Manzoni & Tepedino, 2008) ed un peso superiore a 1.500 kg; tali caratteristiche permettono di attribuire a questa specie il titolo di più grande pesce d’acqua dolce oggi vivente (Manzoni & Tepedino, 2008). La taglia media degli esemplari rinvenuti in natura è 2-2,6 m di lunghezza, per 60-140 kg di peso e 15-25 anni d’età (Porcellotti, 2005; Hochleithner & Gessner, 2012). - Riproduzione: la maturità sessuale è raggiunta a 10-21 anni dai maschi e a 14-27 anni dalle femmine (Grimaldi & Manzoni, 1990; Zerunian, 2002; Kottelat & Freyhof, 2007; Hochleithner & Gessner, 2012), alla lunghezza di 1,8-2,0 m e al peso di 40-200 kg. Nelle regioni più occidentali dell’areale di distribuzione, pare che i riproduttori siano più precoci (Hochleithner & Gessner, 2012). Entrambi i sessi si riproducono ogni 3-5 anni. La maggior parte degli individui pronti per la frega risale i fiumi tra settembre e novembre (Grimaldi & Manzoni, 1990; Kottelat & Freyhof, 2007; Hochleithner & Gessner, 2012), trascorrendo l’inverno nei pressi dei siti riproduttivi. Un numero minore di esemplari intraprende, invece, la rimonta tra febbraio ed aprile (Kottelat & Freyhof, 2007; Hochleithner & Gessner, 2012). Nell’area ponto-caspica, lo storione ladano tende a spingersi più a monte di Acipenser gueldenstaedtii (Grimaldi & Manzoni, 1990), mentre nel fiume Danubio, prima della costruzione di sbarramenti artificiali, risaliva fino in Germania (Kottelat & Freyhof, 2007). Durante le migrazioni in acqua dolce, i riproduttori prediligono mantenersi nelle zone più profonde dei fiumi (Zerunian, 2002). Entrambe le coorti riproduttive rilasciano poi i gameti tra aprile e giugno, quando la temperatura dell’acqua è compresa tra 8 e 17°C. Le zone di frega ideali pare siano costituite da fondali di 3-20 m, in ghiaia, ciottoli o roccia, con una velocità della corrente compresa tra 0,5 e 2,0 m/s. (Grimaldi & Manzoni, 1990; Hochleithner & Gessner, 2012). Per ogni chilogrammo di peso corporeo, le femmine depongono mediamente da 6.000 a 7.000 uova, caratterizzate da un diametro di 3,3-4,5 mm e un peso di 22-37 mg (Hochleithner & Gessner, 2012). 112 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Acquacoltura e pesca: Lo storione ladano ha una notevole importanza soprattutto nei bacino del Mar Caspio, dove, oggi, pare sopravviva la maggior parte delle popolazioni residue e del Mar Nero. Viene pescato per la carne e soprattutto per le uova, dalle quali si ricava il pregiato caviale “beluga” (Zerunian, 2002). Le tecniche di cattura prevedono l’utilizzo sia di palamiti, sia di reti a circuizione, a strascico o vaganti (Grimaldi & Manzoni, 1990). Purtroppo gli stock selvatici di questa specie hanno subito un drastico calo soprattutto dopo la caduta dell’URSS. Fino al 1991 sono stati operati dei massivi programmi di ripopolamento da materiale prodotto in acquacoltura, che hanno garantito un reintegro parziale delle popolazioni e hanno permesso di mantenere le quantità di pescato su livelli ancora consistenti. Nel periodo compreso tra il 1955 e il 1973, sono stati immessi nel bacino del Mar Caspio circa 130 milioni di avannotti e nel bacino del Mare d’Azov circa 13 milioni. Agli inizi degli anni ’80 infatti furono catturate annualmente da 1.600 a 2.000 tonnellate di storione ladano, costituendo l’80% nell’ex Unione Sovietica, il 50% in Bulgaria e il 20% in Bulgaria del totale degli storioni pescati (Grimaldi & Manzoni, 1990). Dopo la frammentazione dell’Unione Sovietica, i programmi di ripopolamento sono stati abbandonati e, contemporaneamente, le nuove nazioni indipendenti hanno iniziato a operare un prelievo sempre più efficiente e incontrollato, sia lungo i fiumi che in mare. Unitamente ai fattori di degrado ambientale, l’eccessiva pressione di pesca ha causato un crollo dello stock selvatico, tanto che, nel 1999, la quantità totale di pescato nel Mar Caspio non ha superato le 200 tonnellate (Zerunian, 2002). Note commerciali: Lo storione ladano viene catturato prioritariamente per l’estrazione delle uova ovariche, dalle quali viene preparato il caviale “beluga”, la cui varietà “beluga malossol” è la più pregiata e costosa attualmente presente sul mercato. Le variazioni cromatiche di questo prodotto sono segnalate con i seguenti codici commerciali: 000 – grigio chiaro; 00 – grigio; 0– grigio scuro; X– nero. Tuttavia, anche le carni di questa specie sono ottime: contengono, per 100 g di sostanza edibile, 16,2 g di proteine e 3,6 g di grassi, con un apporto calorico di 78,7 kcal (Manzoni & Tepedino, 2008). Sono commercializzate fresche, congelate, essiccate, salate, affumicate e inscatolate. La vescica natatoria è utilizzata nei processi di chiarificazione dei vini di grande qualità (Porcellotti, 2005) e per produrre una pregiata colla di pesce (Grimaldi & Manzoni, 1990). Note sanitarie: E’ stata rinvenuta, in letteratura, un’unica nota sanitaria su questa specie, dove viene segnalata un’infezione causata da Aeromonas hydrophila (Docan et al., 2008). Inoltre sono stati segnalati i seguenti parassiti: Trichodina domerguei (Ciliophora, Peritrichia), i flagellati Cryptobia acipenseris e Hexamita truttae (Protozoa), Polypodium hydriforme (Cnidaria, Polypodiozoa), Diclybothrium armatum e Nitzschia sturionis (Platyhelminthes, Monogenea), Bucephalus polymorphus, 113 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 Bucephalus skrjabini, Deropristis hispida, Rhipidocotyle kovalae, Skrjabinopsolus acipenseris e Skrjabinopsolus semiarmatus (Trematoda, Digenea), Amphilina foliacea, Amphilina japonica, Bothrimonus fallax, Eubothrium acipenserinum e Scolex pleuronectis (Cestoda), larve di Agamospirura sp., Anisakis schuparovi, Eustrongylides excisus, Porrocaecum reticulatum e forme adulte di Camallanus fotedari, Capillospirura argumentosa, Capillospirura ovotrichuria, Cucullanus sphaerocephalus, Cyclozone acipenserina, Cystoopsis acipenseris, Hysterothylacium bidentatum, Hysterothylacium clavatum, Piscicapillaria tubercolata (Nematoda), Acanthocephalus incrassatus, Corynosoma strumosum, Leptorhynchoides plagicephalus e Pomphorhynchus laevis (Acanthocephala), Piscicola caspica (Hirudinea), Argulus coregonis, Argulus foliaceus, Dichelestium oblongum e Pseudotracheliastes soldatovi (Copepoda), Achlya flagellata, Saprolegnia diclina, Saprolegnia ferax, Saprolegnia mixta, Saprolegnia monocia e Saprolegnia parasitica (Oomycetes, Saprolegniales) (Hochleithner & Gessner, 2012). Stato di conservazione: Huso huso è riportato nell’allegato V della Direttiva 92/43/CEE, tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione” e nell’allegato B dei regolamenti comunitari CITES (Zerunian, 2002; CITES, 2012). Nella Lista Rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN), questa specie è categorizzata come “a rischio critico di estinzione”. Negli ultimi 60 anni infatti, sulla base delle catture effettuate per la pesca commerciale, si stima che questa specie abbia subito un decremento numerico superiore al 90% (IUCN, 2012). Le cause di questo forte decremento sono imputabili all’eccessivo sforzo di pesca (Zerunian, 2002; IUCN, 2012), alla perdita delle aree riproduttive in seguito a regimazione e frammentazione dei corsi d’acqua (Grimaldi & Manzoni, 1990; IUCN, 2012), alla diminuzione della fertilità causata dal bioaccumulo di sostanze tossiche e, probabilmente, all’effetto Allee (IUCN, 2012). 114 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 95-117 BIBLIOGRAFIA Almaça C. & Elvira B. (2000). Past and present distribution of Acipenser sturio L., 1758 on the Iberian Peninsula. Boletín Instituto Español de Oceanografía, 16, 1-4: 11-16. Arlati G., Bronzi P., Colombo G. & Giovannini G. (1988). Induzione della riproduzione nello storione italiano (Acipenser naccarii) allevato in cattività. Riv. Ital. Acquacol., 23: 9496. Bacalbaşa-Dobrovici N. & Holčík J. (2000). Distribution of Acipenser sturio L., 1758 in the Black Sea and its watershed. Boletín Instituto Español de Oceanografía, 16, 1-4: 37-41. 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Esse sono soggette a notifica obbligatoria in tutti gli Stati Membri conformemente alla Direttiva 67/1991 CE. Le infezioni di SEV e di NEI sono oggetto di sorveglianza in Italia dal momento che la legislazione italiana (D.L.vo 148/2008) obbliga gli allevamenti che effettuano semine di materiale ittico in acque pubbliche a ottenere e mantenere lo “status free”; non vi è invece obbligo per gli allevamenti destinati alla produzione alimentare. Dalla fine degli anni '90, la Regione Piemonte, al fine di conoscere la situazione sanitaria sul territorio, ha messo in atto un programma di sorveglianza volto a testare tutti gli allevamenti di salmonidi presenti in regione. Il presente lavoro ha lo scopo di illustrare, con gli strumenti dell’epidemiologia descrittiva, la situazione delle due malattie in Piemonte, nel periodo di tempo dal 2000 al 2011. La diffusione delle due malattie è stata descritta in base alla loro distribuzione negli anni, per area geografica e per specie. Inoltre l'analisi univariata e multivariata sono servite per testare il potenziale ruolo di alcune caratteristiche proprie delle aziende di acquacoltura. SUMMARY - Infectious Hematopoietic Necrosis (IHN) and Viral Haemorrhagic Septicaemia (VHS) are two systemic infections of several species of salmonid fish; the reporting is mandatory in accordance with Directive 67/1991 EC. In order to obtain and preserve the free status at farm level, the Italian legislation (D.L.vo 148/2008) adopted a surveillance program of all freshwater farms of salmonid fish which make repopulation in public water. Aim of this study is to provide data on the descriptive epidemiology of IHN and VHS in Piedmont Region in the years 2000-2010, which extended the surveillance to all fish farms. The diffusion of the diseases was described by year, geographical area and species. Moreover unvariate and multivariate analysis were used to test the potential role of a number of farm characteristics. Key words: VHS; IHN; Epidemiology; Piedmont Region; Salmonid fish. ______________________________ * Corresponding Author: c/o BEAR, Struttura Semplice Biostatistica, Epidemiologia e Analisi del Rischio, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino, Italy; Tel.: 011-2686251; Fax: 0112474458; E-mail:[email protected]. 119 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 INTRODUZIONE Se la pesca è un’attività in crisi per il sovrasfruttamento delle risorse ittiche, l’acquacoltura è in forte espansione ed è spesso invocata come la soluzione per procurare il cibo che serve ad una sempre crescente popolazione mondiale. Secondo l'ultimo rapporto FAO sullo “Stato mondiale della pesca e dell'acquacoltura”, la produzione ittica totale mondiale ha raggiunto 154 milioni di tonnellate nel 2011, di cui 90,4 milioni di tonnellate dalla pesca di cattura e 63,6 milioni di tonnellate dall'acquacoltura. L'aumento della produzione è essenzialmente dovuto al settore dell’acquacoltura, che attualmente produce il 48,6% di tutto il pesce consumato per uso alimentare (pari a 130,8 milioni di tonnellate) (FAO, 2012). La salmonicoltura nazionale rappresenta una produzione superiore alle 40 mila tonnellate annue, di cui la maggior parte è costituita da trota iridea (Oncorhynchus mykiss) (API, 2012). La forte crescita, negli ultimi decenni, dei prodotti dell'acquacoltura, delle specie allevate e del loro commercio è però accompagnata da un aumento nel numero e nella distribuzione delle malattie infettive. Queste patologie, oltre a causare mortalità, hanno forte impatto sulla crescita e sulle performance zootecniche degli animali allevati. In particolare nei pesci allevati in maniera intensiva, così come per le altre specie animali d’allevamento, i virus costituiscono l’elemento di rottura degli equilibri all’interno dell’organismo animale, consentendo il successivo verificarsi di infezioni secondarie dovute a microrganismi opportunisti. Da ciò ne derivano danni primari quali la mortalità, la riduzione delle facoltà riproduttive e l’immunodepressione e danni secondari derivanti dal peggioramento degli indici di conversione e quindi da una minore redditività dell’allevamento per aumento degli oneri di gestione (maggiori costi per il personale, per l’alimentazione, per l’utilizzo di integrazioni alimentari e di interventi farmacologici). Nel settore delle produzioni dell’acquacoltura, le malattie di origine virale rappresentano, per la gravità con cui si manifestano e l’impossibilità di trattamento, tra le forme a maggior danno economico. La Necrosi Ematopoietica Infettiva (NEI) e la Setticemia Emorragica Virale (SEV) sono due infezioni sistemiche da Novirhabdovirus, che colpiscono molte specie di salmonidi provocando gravi danni e perdite economiche considerevoli. Si presentano sotto forma di epidemie che colpiscono il pesce durante la stagione invernale, poiché la replicazione virale avviene principalmente nei mesi più freddi quando la temperatura dell'acqua è inferiore ai 15°C. Nei salmonidi la stagione della riproduzione avviene in acque la cui temperatura è inferiore a 14°C e rappresenta un momento particolarmente favorevole alla dispersione del virus dagli animali sessualmente maturi. Per questo motivo la normativa prevede che i campioni vengano prelevati in acque la cui temperatura sia al di sotto dei 15°C. Ad oggi la SEV è stata identificata in più di 82 specie di pesci dulciacquicoli (OIE, 2009b) e marini (Skall et al., 2005a; 2005b; OIE, 2009b), in particolare nei salmonidi, nella maggior parte dei paesi dell’Europa, Asia e Nord America (EinerJensen et al., 2004; OIE, 2009b; Bain et al., 2010; Hill et al., 2010). Gli stadi giovanili sono i più suscettibili, con una mortalità che può raggiungere anche il 120 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 100%, ma la malattia può causare manifestazioni gravi e mortalità anche negli adulti, in funzione della temperatura dell’acqua e della virulenza del ceppo. Gli ospiti naturali della NEI sono rappresentati da più specie di salmonidi, in particolare la trota iridea, considerata in letteratura la più sensibile tra i salmonidi di acqua dolce. L’espressione della malattia è fortemente condizionata dall’età dei soggetti poiché negli animali giovani, sotto i 2 mesi di età, assume un andamento acuto con mortalità anche del 100% dei capi infettati. Nei soggetti adulti e nei riproduttori ha invece un andamento cronico e asintomatico, ma gli animali possono diventare portatori sani ed eliminatori del virus anche per molto tempo (OIE, 2009a). Da un punto di vista epidemiologico, sono considerati importanti fattori di rischio di comparsa delle due malattie: 1) - qualsiasi forma di introduzione di pesci, quali acquisto, scambio di animali vivi, introduzione di avannotti che possono essere all’origine di una contaminazione virale; 2) - la modalità di approvvigionamento idrico, quali acque di sorgente, di pozzo, di ruscello o di fiume. Poiché gli allevamenti ittici sono luoghi aperti e la diffusione dell’infezione virale avviene principalmente tramite l’acqua e gli uccelli ittiofagi, oltre che con le attrezzature e l’uomo, è importante tener conto delle specie selvatiche che potrebbero avere il ruolo di reservoir; 3) - la zona di allevamento, suddivisa in montagna, collina e pianura, dal momento che l’acqua ha la funzione di vettore del virus se è infetta a monte dell’allevamento (Renault & Guichard, 2007). Le infezioni di SEV e di NEI sono soggette a denuncia obbligatoria in tutti gli Stati Membri conformemente alla Direttiva 67/1991 CE. In Italia sono oggetto di sorveglianza dal momento che la legislazione nazionale (D.L.vo 148/2008) obbliga gli allevamenti che effettuano semine di materiale ittico in acque pubbliche interne a ottenere e mantenere lo «status free», lasciando invece per gli allevamenti da produzione la volontarietà del riconoscimento. Vista la presenza sul territorio regionale di un elevato numero di allevamenti a vocazione salmonicola da ripopolamento e di incubatoi ittici provinciali di valle, la Regione Piemonte, a partire dalla fine degli anni ’90, ha ritenuto opportuno estendere il programma di sorveglianza a tutti gli allevamenti di salmonidi presenti sul suo territorio. Alla fine del 2010, la maggior parte delle attività imprenditoriali che storicamente effettuavano semine nelle acque pubbliche avevano ottenuto o erano in fase finale per il riconoscimento. Più precisamente, le aziende di allevamento ittico riconosciute indenni sono oggi 12, mentre le zone riconosciute sono 11. Il presente lavoro ha lo scopo di illustrare la situazione delle due malattie in Piemonte, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2010. La diffusione delle due malattie è stata descritta in base alla loro distribuzione negli anni, per area geografica e per specie. Inoltre si è inteso testare il ruolo di alcune caratteristiche proprie delle aziende di acquacoltura, quali potenziali fattori di rischio di insorgenza per ciascuna delle due malattie. 121 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 MATERIALI & METODI Per realizzare il lavoro è stata costruita una base dati ad hoc, creata con i dati ottenuti dalle schede di accompagnamento campioni, utilizzate dal piano di sorveglianza regionale. Sono stati utilizzati i risultati analitici del laboratorio Specialistico di Ittiopatologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta di Torino. La base dati ha permesso di raccogliere le informazioni relative ai prelievi effettuati presso gli allevamenti di acquacoltura regionali nel periodo 2000-2010. I campioni inviati al laboratorio erano costituiti da liquidi riproduttivi (liquido ovarico), organi (rene anteriore, milza, cuore e encefalo) o pesci (avannotti, trotelle e trote); secondo quanto indicato nella Decisione 2001/183/CE; tutti i campioni sono stati prelevati con strumenti di dissezione sterili e posti in provette di plastica sterili contenenti almeno 4 ml di un medium di trasporto (terreno MEM-Earle antibiotato 5x). Tutti i pool giunti in laboratorio sono stati interamente omogenati (con stomacher o con omogeneizzatore) e successivamente centrifugati in centrifuga refrigerata a 3.750 rpm per 15 minuti; il surnatante ottenuto è stato incubato in termostato refrigerato a 15 ± 2°C per 4 ore o in frigorifero a 5 ± 3°C over night. L’esame virologico è stato condotto su monostrati cellulari, utilizzando le linee cellulari EPC e BF2. Per ogni pool analizzato, sono stati effettuati due-tre passaggi seriali di 7-10 giorni ciascuno. In caso di positività, evidenziabile con la comparsa di effetto citopatico, il riconoscimento virale è stato realizzato mediante metodiche specifiche di immunofluorescenza utilizzando antisieri coniugati con fluoresceina (BioX); la conferma delle positività riscontrate, è stata fornita dal Centro di Referenza Nazionale per l’Ittiopatologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro (PD). Nella prima parte del lavoro, la diffusione delle due malattie è stata descritta in base alla loro distribuzione negli anni, per area geografica e per specie. Le prevalenze sono state calcolate come percentuale di aziende positive sul totale delle aziende per ciascuna patologia; sono state calcolate le prevalenze annuali e le prevalenze per provincia sull’intero periodo. Nella seconda parte del lavoro l’analisi dei dati è stata effettuata limitatamente alla trota iridea e alla trota fario che in Piemonte sono le sole specie colpite da entrambe le virosi. In questo caso uno studio di prevalenza trasversale (crosssectional), applicato separatamente alle due patologie, è stato utilizzato per testare il potenziale ruolo quale fattore di rischio di talune caratteristiche proprie delle aziende di acquacoltura. I fattori di rischio ipotizzati sono: 1) - tipologia di produzione (con o senza introduzione di pesci rispetto alla presenza di riproduttori in allevamento); i dati sono stati raccolti in base a due classi assumendo un maggior rischio per gli allevamenti che non hanno riproduttori interni, non hanno cioè un ciclo chiuso; 2) - zona di allevamento, ipotizzando un rischio maggiore per le aziende situate in collina e pianura rispetto a quelle situate in montagna; 122 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 3) - approvvigionamento delle acque, ipotizzando un rischio maggiore per gli allevamenti che utilizzano per il loro approvvigionamento acque di fiume o ruscello rispetto ad allevamenti che utilizzano esclusivamente acque di pozzo e/o sorgente. L’associazione, in termini di Odds Ratio (OR), tra ciascuna patologia e i potenziali fattori di esposizione individuati, è stata valutata preliminarmente per mezzo di un’analisi univariata, quindi con un’analisi multivariata con modello logistico ad effetti misti per tener conto degli esami ripetuti nei medesimi allevamenti. Le analisi sono state condotte utilizzando come unità statistica il singolo controllo in allevamento. L’OR esprime il rapporto tra le frequenze di comparsa dell'evento/malattia rispettivamente nei soggetti esposti e in quelli non esposti al fattore di rischio in studio. Se il valore dell'OR è uguale a 1, significa che la probabilità di esposizione al fattore di rischio è uguale nei due gruppi indagati, cioè il fattore di rischio è ininfluente sulla comparsa dell’evento/malattia. Se il valore dell'OR è maggiore di 1, il fattore di rischio è o può essere implicato nella comparsa dell’evento/malattia; se il valore dell'OR è minore di 1 il fattore di rischio potrebbe avere un effetto protettivo. L'elaborazione statistica dei dati è stato effettuata con software statistico Stata 10.1. RISULTATI Nel periodo considerato sono stati prelevati ed esaminati 55.268 soggetti in 5.811 pool (Tabella 1). Anno 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Totale complessivo Pesci esaminati 10.752 8.370 6.417 5.575 6.662 5.214 3.383 2.568 2.254 2.263 1.810 55.268 Pool esaminati 1.085 837 661 563 687 538 360 333 295 250 202 5.811 Tabella 1 - Numero di pesci esaminati e relativi pool, suddivisi per anno. Table 1 - Number of fish examined and related pool, by year. 123 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 Negli anni, in particolare a partire dal 2006, si è osservato un numero decrescente di pesci campionati. Dal 2000 al 2010 sono state raccolte le informazioni relative a 952 prelievi effettuati in 111 allevamenti di acquacoltura del territorio piemontese, con una media di 86 controlli all’anno (Figura 1). 120 114 102 100 94 93 88 80 78 72 60 89 83 69 70 60 60 56 57 55 50 48 44 43 40 53 49 20 aziende controlli 0 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 anni Figura 1 - Allevamenti ittici controllati e numero di osservazioni per anno: 2000–2010. Figure 1 - Fish farms controller and number of observation per years: 2000-2010. Anno 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Allevamenti 60 43 48 44 60 50 56 57 55 49 53 TOTALE Positivi SEV 0 0 0 4 0 0 0 2 0 1 1 8 Positivi NEI 0 0 2 1 0 0 0 1 1 2 0 7 Tabella 2 – Allevamenti testati x anno e positività riscontrate nel periodo oggetto di studio. Table 2 - Positivity for VHS and IHN observed in the period under study. 124 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 Sono stati isolati complessivamente nella nostra Regione 15 focolai: 7 di Necrosi Ematopoietica Infettiva e 8 di Setticemia Emorragica Virale (Tabella 2). Nel corso degli anni entrambe le virosi sono apparse sporadicamente: sono stati diagnosticati 1 o 2 casi per anno e con una prevalenza annuale molto bassa; fa eccezione il 2003, anno nel quale sono stati diagnosticati 4 casi di SEV, con una prevalenza pari a 9,1% (IC 95%, 2,5-21,6). Nel 2009 in un impianto ittico si sono manifestate entrambe le virosi (coinfezione). Da un punto di vista geografico, considerando il numero assoluto di allevamenti colpiti dalle due patologie, i focolai di SEV sono diffusi in 4 province del Piemonte e particolarmente nella provincia di Cuneo, mentre i focolai di NEI sono concentrati soprattutto nelle province di Cuneo e Torino; in realtà la prevalenza (numero di allevamenti positivi ogni 100 allevamenti) è molto più elevata nelle zone settentrionali della regione, in particolare per SEV, dal momento che il maggior numero di aziende ittiche si trovano nelle due province di Torino e Cuneo (Figura 2 e Figura 3). Fig. 2 - SEV 16.67 33.33 4.17 11.76 (1,4] [0,1] No data 125 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 Fig. 3 - NEI 16.67 6.25 8.82 (1,3] [1,1] No data Figura 2 e 3 – Distribuzione geografica e prevalenza per provincia (aziende positive/aziende testate) delle due virosi: 2000-2010. Figure 2 and 3 – Geographical distribution and prevalence for provincial territory (positive farms/tested farms) of the IHN and VHS: 2000-2010. Nelle figure 4 e 5 è mostrata, per ciascuno dei 3 potenziali fattori di rischio di esposti e non esposti, la ripartizione della frequenza tra i casi negativi e positivi. L’analisi multivariata sui fattori di rischio per le due malattie non ha comunque fatto emergere alcun effetto statisticamente significativo. La SEV ha mostrato un valore di OR pari a 1,09 (IC 0,25-4,75) per gli allevamenti esposti al primo fattore considerato (introduzione di pesci), 8,43 (IC 0,86-82,4) per gli allevamenti esposti al secondo fattore preso in esame (zona di allevamento) e 0,85 (IC 0,18-4,03) per il fattore approvvigionamento delle acque. 126 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 . 600 570 503 count of anno 497 Tipologia OR: 1,09 (IC 0,25-4,75) Zona OR: 8,43 (IC 0,86-82,4) Acque OR: 0,85 (IC 0,18-4,03) 386 400 3 19 261 200 5 2 0 UN EX 5 UN T IPO 1 2 UN A CQUE 1 SEV 6 2 EX EX ZO NE1 NE G PO S Figura 4 – SEV. Esiti diagnostici per categoria di rischio ed esposizione. Figure 4 – VHS. Outcomes for category of risk and exposure. L’analisi multivariata per la NEI ha mostrato un valore di OR pari a 0,32 (IC 0,601,68) per gli allevamenti che introducono i pesci, 1,06 (IC 0,20-5,53) per gli allevamenti esposti al secondo fattore preso in esame (zona di allevamento) e 0,45 (IC 0,18-4,03) per gli allevamenti che utilizzano acque di ruscello e di fiume. 600 570 501 count of anno 500 389 400 Tipologia Zona Acque 3 17 262 200 4 0 UN T IPO 1 NEI 2 EX 5 UN 4 1 EX UN A CQUE 1 NE G OR: 0,32 (IC 0,60-1,68) OR: 1,06 (IC 0,20-5,53) OR: 0,45 (IC 0,18-4,03) 3 EX ZO NE1 PO S Figura 5 – NEI. Esiti diagnostici per categoria di rischio ed esposizione. Figure 5 – IHN. Outcomes for category of risk and exposure. 127 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI La situazione sanitaria degli allevamenti ittici piemontesi nei confronti di queste patologie virali appare relativamente buona ed è regolarmente monitorata. Il numero decrescente di pesci campionati nel corso degli anni è dovuto al fatto che molte aziende hanno aderito già dalla fine degli anni ‘90 al programma di riconoscimento comunitario; ne è conseguita una riduzione del numero dei soggetti che obbligatoriamente devono essere esaminati ad ogni controllo successivo al riconoscimento, come stabilito dalla normativa. I dati presentati sono una prima valutazione della situazione epidemiologica delle due malattie in Piemonte. Il presente studio indica che in Piemonte SEV e NEI sono malattie con una prevalenza molto bassa, presenti sul territorio regionale in modo apparentemente sporadico. La specie maggiormente colpita è la trota iridea coerentemente con la maggior sensibilità di questa specie tra i salmonidi di acqua dolce (OIE, 2009b; Hill et al., 2010). Lo studio dei principali fattori di rischio ci spinge a supporre una associazione tra SEV e tipologia e zona di allevamento e tra NEI e zona di allevamento anche se le numerosità campionarie a disposizione non consentivano il raggiungimento della significatività statistica. L’unico fattore che si avvicina alla significatività statistica è la localizzazione degli allevamenti in pianura e in collina, che sembrerebbe favorire il verificarsi della SEV. Resta comunque necessario approfondire l’indagine epidemiologica considerando altri potenziali fattori di rischio. Solo la conoscenza dell’evoluzione temporale e la descrizione della situazione epidemiologica delle due malattie virali possono suggerire le misure efficaci per prevenire il diffondersi delle due patologie negli allevamenti ittici della nostra Regione. La metodologia utilizzata rappresenta un primo approccio ad una valutazione del rischio rispetto a tali patologie, basata su dati storici oggettivi, che il nuovo assetto normativo obbliga ad intraprendere. RINGRAZIAMENTI Si ringrazia per la collaborazione fornita nelle conferme delle positività riscontrate tutto il personale del Centro di Referenza Nazionale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro (PD). Si ringraziano inoltre tutti i colleghi referenti per l’acquacoltura delle Aziende Sanitarie Regionali del Piemonte, per il lavoro effettuato sul campo e per la fattiva collaborazione. Infine un ringraziamento alla Dott.ssa Giuliana Moda e alla Dott.ssa Patrizia Vignetta dei Servizi Veterinari della Regione Piemonte, che hanno coordinato negli anni tale attività. 128 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 119-129 BIBLIOGRAFIA API (2012). Sito ufficiale Associazione Piscicoltori Italiani. Accessed at: http://www.api-online.it. Bain M., Cornwell E., Hope K., Eckerlin G., Casey R., Groocock G., Getchell R., Bowser P., Winton J., Batts W., Cangelosi A. & Casey J. (2010). Distribution of an invasive aquatic pathogen (Viral Haemorrhagic septicaemia Virus) in the Great Lakes and its relationship to shipping. Plos ONE, 5, 4: e10156. Decisione 2001/183/CE (2001). Decisione della Commissione del 22 febbraio 2001 che stabilisce i piani di campionamento e i metodi diagnostici per individuare e confermare alcune malattie dei pesci e che abroga la decisione 92/532/CEE. Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, 09 marzo 2001, L67: 65-76. Decreto Legislativo n. 148 del 04/08/08 (2008). Attuazione della direttiva 2006/88/CE relativa alle condizioni di polizia sanitaria applicabili alle specie animali d'acquacoltura e ai relativi prodotti, nonché alla prevenzione di talune malattie degli animali acquatici e alle misure di lotta contro tali malattie. Gazzetta Ufficiale Serie Generale, 25 settembre 2008, n. 225. Direttiva 1991/67/CEE (1991). Direttiva del Consiglio del 28 gennaio 1991 che stabilisce le norme di polizia sanitaria per la commercializzazione di animali e prodotti d’acquacoltura. Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 1991, L46: 1-28. Einer-Jensen K., Ahrens P., Forsberg R. & Lorenzen N. (2004). Evolution of the fish Rhabdovirus viral haemorrhagic septicaemia virus. J. Gen. Virol., 85: 1167-1179. FAO (2012). The state of world fisheries and aquaculture 2012. Rome: 1-209. Hill B., Reese A., Dixon P., Oidtmann B., Paley R., Peeler E., Stentiford G., Stone D., Way K., Hine M., Calistri P., Ippoliti C., Di Lorenzo A., Savini L., Haenen O. & Engelsma M. (2010). Epidemiology of different agents causing disease in aquatic animals: scientific review and database development. Scientific/Technical Report submitted to EFSA; Question No EFSA-Q-2008-05009 (CFP/EFSA/AHAW/2008/01). OIE (2009a). Manual of Diagnostic Tests for Aquatic Animals. Chapter 2.3.4. Infectious Haematopoietic Necrosis. 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In Europa sono state rilevate le specie Marteilia refringens e M. maurini, tuttavia non è ancora stata chiarita la differenza tra queste due specie e la diversità a livello di specificità d'ospite. La malattia causata da Marteilia refringens è stata inclusa nella lista dell'OIE ed è stata inoltre trattata dall'Unione Europea all'interno della Direttiva 2006/88/EC che è stata recepita in Italia dal D. Lgs. 148/2008; in accordo con tale decreto è stato istituito un piano di campionamento annuale per monitorare lo stato di salute della specie Mytilus galloprovincialis allevata nel golfo di La Spezia e per verificare la presenza del parassita nella mitilicoltura spezzina e correlarla ad eventuali casi di mortalità anomala. Nel triennio 2010-2012 tutte le aree marine sono risultate positive per la presenza del parassita con una percentuale complessiva di positività del 6,01%. SUMMARY - The genus Marteilia, phylum Paramyxea, assembles parasitic protist which affects different groups of bivalve species of economic interest. In Europe only the species Marteilia refringens and M. maurini were detected, however there is controversy with the differentiation between both species and host specificity. The disease caused by Marteilia refringens has been included in the list of OIE and was also treated within the European Union Directive 2006/88/EC which was received in Italy by the Legislative Decree 148/2008. In accordance with this decree it was set up an annual sampling to monitor the health status of the species Mytilus galloprovincialis farmed in the Gulf of La Spezia, to verify the presence of the parasite in the mussels and to link it to any abnormal mortality. In the 2010-2012 triennium all marine areas were positive for the presence of the parasite with an overall rate of positivity of 6.01%. Keywords: Marteilia refringens; Cytological test; Mytilus galloprovincialis; La Spezia Gulf. ______________________________ * Corresponding author: c/o Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Laboratorio di Microbiologia Marina, sezione di La Spezia, Via degli Stagnoni, 96 - 19136 La Spezia, Italy. Tel.: 0187507370; Fax: 0187500308; E-mail: [email protected] 131 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 131-138 INTRODUZIONE Il genere Marteilia, phylum Paramyxea, raggruppa protisti parassiti che colpiscono diverse specie di bivalvi di interesse economico come l'ostrica piatta australiana (Ostrea angasi), l'ostrica cilena (O. chilensis), l'ostrica piatta europea (O. edulis), l'ostrica argentina (O. puelchana) e i mitili (Mytilus edulis e M. galloprovincialis). Diverse sono le specie appartenenti al genere Marteilia: in Europa è stata rilevata Marteilia refringens in Ostrea edulis (Grizel et al., 1974), in Ensis minor (Ceschia et al., 2001), in Mytilus edulis e M. galloprovincialis (Tige & Rabouin, 1976; Villalba et al., 1993); Marteilia maurini parassita M. edulis e M. galloprovincialis (Comps et al., 1982; Auffret & Poder, 1983). Tuttavia non è ancora stata chiarita la differenza tra queste due specie e la diversità a livello di specificità d'ospite (Villalba et al., 1993; Le Roux et al., 2001; Longshaw et al., 2001; Lòpez-Flores et al., 2004). Marteilia spp. è stata inoltre osservata in vongole del genere Cardium edule, Tapes rhomboides e T. pullastra (Comps et al., 1975; Poder et al., 1983; Figueras et al., 1996). La malattia causata da Marteilia refringens è stata inclusa nella lista dell'OIE (2011); tale documento regola la movimentazione dei molluschi da una zona ad un'altra, prende in considerazione le varie possibilità per dichiarare una zona “free” e attraverso un manuale pratico descrive le procedure operative da effettuare per diagnosticare questa patologia. Questa malattia è stata inoltre trattata dall'Unione Europea all'interno della Direttiva 2006/88/EC che è stata recepita in Italia dal D. Lgs. 148/2008. Tale decreto prevede un programma di sorveglianza sanitaria di questo patogeno in tutte le zone dove si effettua la molluschicoltura, allo scopo di rilevarne la presenza e di limitarne il più possibile la diffusione. Gli animali infetti mostrano emaciazione, pallore della ghiandola digestiva, arresto della crescita, necrosi tissutale e morte. In alcuni soggetti il parassita può essere presente senza causare malattia. L’infezione causata da Marteilia refringens risulta letale per le ostriche, con una percentuale di mortalità che può arrivare al 50-90%; tale infezione si verifica principalmente durante l'estate e l'autunno, quando la temperatura dell’acqua supera i 17°C ed è associata alla sporulazione del parassita che avviene nelle cellule epiteliali dei tubuli della ghiandola digestiva; nel citoplasma dello sporangio possono essere presenti dei corpi rifrangenti. Solitamente nelle ostriche la morte sopraggiunge durante il secondo anno, dopo un lungo periodo di incubazione che può durare anche un anno, oppure questa condizione di infettività può perdurare per tutta la vita del mollusco. Nel documento redatto dall'OIE è stato puntualizzato di effettuare i campionamenti per le analisi almeno un mese dopo che la temperatura dell'acqua ha raggiunto il valore critico per lo sviluppo della patologia. Così come la mortalità, anche la morbilità è stata principalmente associata ai periodi caldi dell'anno quando la temperatura dell'acqua supera il valore critico indicato precedentemente. Generalmente in Mytilus spp. l'infezione da Marteilia refringens, causa meno danni anche se la mortalità può arrivare al 40% nelle zone dove è stato ritrovato questo parassita. Il ruolo di questo protista in relazione alla vita del mollusco non è stato ancora chiarito completamente; infatti sono stati analizzati banchi naturali di Mytilus galloprovincialis infetti dal parassita, ma che non mostravano segni clinici d'infezione e mortalità (OIE, 2011). 132 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 131-138 Diverse sono le tecniche attualmente usate per la diagnosi di Marteiliosi: all'esame macroscopico la ghiandola digestiva appare di colore giallo-bruno pallido, il corpo appare contratto, emaciato, i tessuti sono traslucidi. Queste lesioni macroscopiche sono praticamente identiche a quelle che si osservano nella Haplosporidiosi quindi risulta sempre necessaria la conferma con l’esame istologico o citologico. All'esame istologico le sezioni della ghiandola digestiva mostrano il parassita all’interno delle cellule epiteliali dei dotti digestivi (stadi basofili) ed in quelle dei tubuli digestivi (stadi acidofili). Con l'esame citologico le cellule del parassita si evidenziano soprattutto all’esterno delle cellule dell’ospite e mostrano citoplasma basofilo e nucleo eosinofilo. Sono stati pubblicati anche diversi metodi in PCR per la determinazione di Marteilia refringens e di M. sydneyi. Per la prima sono stati disegnati primers per la regione ITS1 (Internal Transcribed Spacer) in quanto specifici per questa specie (Le Roux et al., 2001; Novoa et al., 2005; Balseiro et al., 2007), ma sono stati pubblicati anche altri protocolli con primers progettati per amplificare la regione SSU (Small Subunit) del rRNA che permettono di discriminare Marteilia refringens da Marteilia sydneyi (Grizel et al., 1974; Le Roux et al., 1999; Stokes et al., 2002). Inoltre è stato pubblicato un lavoro anche con una metodica di nested PCR che utilizza primers per la regione intergene spacer del rDNA; questa metodica però è stata finora testata solo con Marteilia refringens e sebbene sia risultata più sensibile rispetto a quello per la regione ITS1 necessita ancora di ulteriori verifiche prima di essere applicata routinariamente. Per questo motivo l'OIE ha scelto il primo metodo come riferimento tra quelli proposti (OIE, 2011). Con l'intento di salvaguardare l'economia e la tradizione locale, in accordo con il D. Lgs 148/2008 è stato istituito un piano di monitoraggio annuale per monitorare lo stato di salute della specie Mytilus galloprovincialis allevata nel golfo di La Spezia e per verificare la presenza del parassita nella mitilicoltura spezzina e correlarla ad eventuali casi di mortalità anomala. L'allevamento dei mitili a La Spezia rappresenta un solido elemento dell'economia locale; si sviluppa in aree marine con concessione demaniale ed è suddiviso in 6 zone: Portovenere, Palmaria, Diga foranea esterna, Diga foranea interna suddivisa in centro, levante e ponente. La tipologia di allevamento è costituita da pali per le zone di Portovenere e Palmaria e flottante per le restanti zone con una produzione stimata annua di circa 3.000 tonnellate principalmente di Mytilus galloprovincialis (Ercolini et al., 1997). MATERIALI E METODI Nel triennio 2010-2012 sono stati effettuati durante la stagione estiva prelievi da tutte le aree di allevamento del Golfo di La Spezia ed esaminati per la presenza di Marteilia spp., per un totale di 2.660 campioni analizzati. Da ciascun allevamento sono stati prelevati circa 150 esemplari e i campionamenti sono stati effettuati tra maggio e luglio (Tabella 1), quando la temperatura supera il valore critico ed è più alta la possibilità di reperire il parassita. Nel 2010 sono stati analizzati in totale 860 mitili, mentre nei due anni successivi (2011 e 2012) 900 esemplari. I campioni sono stati prelevati dal personale A.R.P.A.L. di La Spezia e 133 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 131-138 analizzati presso i laboratori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di La Spezia nell'arco delle 24 ore successive. La ricerca di Marteilia spp. è stata eseguita mediante esame macroscopico dei soggetti per la ricerca di lesioni evidenti ad occhio nudo, con metodo citologico mediante impronta su vetrino e conferma in PCR secondo quanto descritto nel Manual of Diagnostic Tests for Aquatic Animals per la diagnosi di Marteiliosi nei molluschi (O.I.E, 2011). Campionamento Numero campioni 2010 2011 2012 Diga esterna 130 150 150 Diga interno ponente 130 150 150 Diga interno levante 150 150 150 150 150 150 150 150 150 150 150 150 860 900 900 Diga interno centro Zona di prelevamento Portovenere Palmaria Totale 2.660 Tabella 1 – Campionamento nei tre anni di monitoraggio. Table 1 – Sampling in three years of monitoring. RISULTATI Nessun campione ha mostrato lesioni macroscopiche evidenti, caratteristiche della patologia. L'osservazione al microscopio ottico dei preparati ottenuti da impronte della ghiandola digestiva ha permesso di osservare la presenza di cellule protozoarie a diverso stato di maturazione con una percentuale media complessiva del 8,9% nel 2010, del 6,9% nel 2011 e del 2,2% nel 2012 (Tabella 2 e Grafico 1). 134 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 131-138 Campionamento Diga esterna Diga ponente interno Diga levante interno Diga centro interno Portovenere Palmaria 2010 16/130 Positività riscontrate 2011 8/150 2012 7/150 (12,31%) (5,33%) (4,67%) 11/130 9/150 3/150 (8,46%) (6,00%) (2,00%) 26/150 15/150 3/150 (17,33%) (10,00%) (2,00%) 13/150 18/150 3/150 (8,67%) (12,00%) (2,00%) 4/150 3/150 2/150 (2,67%) (2,00%) (1,33%) 8/150 9/150 2/150 (5,33%) (6,00%) (1,33%) Tabella 2 – Positività riscontrate nei tre anni di monitoraggio. Table 2 – Positive samples found in the three years of monitoring. % 20 15 10 5 0 2010 2011 2012 Diga esterna Diga ponente interno Diga levante interno Diga centro interno Portovenere Palmaria Grafico 1 – Risultati del monitoraggio relativi agli anni 2010-2011-2012. Graph 1 - Results of monitoring in 2010-2011-2012. Nonostante tutte le zone siano risultate positive, nel corso del triennio si è verificato un calo delle percentuali in tutte le aree marine indagate. Tutti i campioni positivi sono stati confermati in PCR per la presenza del genoma di Marteilia refringens. 135 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 131-138 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Negli anni di campionamento analizzati, la percentuale di Marteilia è risultata complessivamente del 5,9%. I valori riscontrati in questi campionamenti sono risultati maggiori rispetto a quelli ottenuti nel biennio 2002-2003, in cui il valore riscontrato era del 4,61% (Ercolini et al., 2004). In Italia esistono pochi dati pubblicati relativi alla presenza/assenza di questo parassita negli allevamenti di mitili. Le percentuali riscontrate nel presente monitoraggio risultano superiori rispetto a quelle ottenute nel 2002 in altre regioni italiane; in Friuli Venezia Giulia si è riscontrato un valore di 1,72% mentre in Veneto dello 0,03% ed assente in Emilia Romagna (Ercolini et al., 2004). Da uno studio effettuato in Croazia attraverso metodiche di ibridazione in situ ed esame istologico si è riscontrata una percentuale di presenza del parassita del 5%, simile a questa riscontrata nel presente studio, sebbene non si siano verificati casi di mortalità (Zrnčić et al., 2001). Il monitoraggio condotto recentemente su alcune mitilicolture presenti nell’Alto Adriatico (Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna) evidenzia una presenza piuttosto contenuta di Marteilia spp. (assente o valori vicini all’1%) (Tieri et al., 2007). Le percentuali ottenute nel 2009 analizzando gli allevamenti in Campania e in generale nel Sud Italia sono risultate invece più alte rispetto a quelle trovate nelle nostre acque (10-20%). Relativamente ai primi due anni di monitoraggio si può notare un aumento delle percentuali di positività rispetto al biennio 2002/2003 e questa differenza delle percentuali potrebbe essere spiegata con la tendenza alla tropicalizzazione delle acque che si è verificata negli ultimi anni, che potrebbe aver creato condizioni climatiche idonee alla miglior sopravvivenza del parassita. Un altro aspetto che potrebbe avere influito sull'aumento della percentuale nei primi due anni analizzati è l'introduzione, negli allevamenti locali, di seme proveniente da altre zone endemiche per questa patologia. Nel corso del 2012 invece si è potuto notare una diminuzione nel valore di positività probabilmente dovuta alle condizioni meteorologiche e ad un drastico calo delle temperature inusuale per il periodo dell'anno analizzato. Nonostante la presenza di Marteilia negli allevamenti spezzini risulti relativamente alta, nel corso del triennio analizzato non si sono verificati casi di mortalità anomala riconducibili a questo parassita. Qualora si verifichino condizioni ambientali stressanti, come elevate temperature per periodi prolungati o qualità dell'acqua scadente, una grave infestazione parassitaria potrebbe minare la vitalità dei molluschi portando alla morte dei soggetti più compromessi come già è accaduto nell'agosto 2003. Possiamo quindi affermare che attualmente non si ritiene che Marteilia sia una causa limitante l'attività della mitilicoltura locale, ma al contempo un parametro da continuare a monitorare costantemente per evitare danni economici ad un settore locale tradizionale. 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OTC è scarsamente assorbita quando viene somministrata con il cibo, perché forma complessi con gli ioni metallici presenti nei mangimi. Quando la dose somministrata è troppo alta, è però possibile riscontrarne residui negli alimenti, che possono causare effetti immunodepressivi e resistenza batterica. Lo scopo di questo lavoro è simulare il trattamento farmacologico con OTC, contaminando i mangimi da livelli terapeutici adatti per la specie Cyprinus carpio a dosi più elevate, per ottenere dati relativi al carry-over nel muscolo. 160 esemplari di carpa sono stati suddivisi in 8 vasche alimentate con un flusso continuo di acqua di lago e acclimatati per 5 giorni. I pesci sono stati alimentati per 10 giorni con mangime medicato, l'antibiotico è stato somministrato all’1,5% bw/day alle dosi di 75 (dose d'impiego), 150 e 300 mg/kg di peso corporeo. Prima della somministrazione sono stati campionati casualmente 8 esemplari; 6 pesci per vasca sono stati campionati al termine dei 10 giorni di somministrazione e a 5 e 10 giorni dopo il trattamento. È stato prelevato il muscolo per la determinazione della concentrazione dell'antibiotico mediante un metodo in cromatografia ad alte prestazioni accoppiata ad un detector a fotodiodi (HPLC-DAD). SUMMARY - Oxytetracycline hydrochloride (OTC) belongs to the Tetracyclines class and it is one of the most widely used drugs for the treatment of bacterial infections in fish. OTC is poorly absorbed when administered with food, because it forms complexes with metal ions present in feed. However when the administered dose is too high, it is possible to find residues in food, which can cause immunosuppressive effects and bacterial resistance. The aim of this work is to simulate the pharmacological treatment with OTC, contaminating the feed from therapeutic levels, suitable for the species Cyprinus carpio to higher doses, to obtain data relating to carry-over in muscle and liver. 160 carps has been divided into 8 pools with a continuous flow of lake water and acclimated for 5 days. The fish were fed for 10 days with medicated feed, the antibiotic was administered to 1.5% bw day at doses of 75 (recommended dose), 150 and 300 mg/kg of body weight. Before administration 8 specimens were randomly sampled, other 6 fish per tank were sampled at the end of the 10 days of dosing and 5 and 10 days after the end of treatment. The muscle was collected for the antibiotic determination using an high performance liquid chromatography with diode array detector (HPLC-DAD) method . Key words: Oxytetracycline; Cyprinus carpio; HPLC-DAD; Aquaculture feed. _______________________________ ∗ Corresponding Author: c/o Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta; via Bologna 148 - 10154 Torino. Tel.: 011-26861; Fax: 011-2487770; E-mail: [email protected]. 139 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 INTRODUZIONE Le tetracicline, isolate tra il 1940 ed il 1950 da diverse specie del genere Streptomyces, si annoverano tra gli antibiotici batteriostatici più comunemente usati; sono infatti caratterizzate da un ampio spettro d'azione, che si concretizza nell'attività contro una vasta gamma di batteri aerobi ed anaerobi Gram-positivi e Gram-negativi (compresi Spirochete, Actinomyces, Ricketsia e Mycoplasma), presentano una tossicità contenuta e costi moderati. L'ossitetraciclina cloridrato (Figura 1) è l'antibiotico appartenente a questa classe che ha visto il più antico e vasto impiego in acquacoltura e il cui assorbimento è stato pertanto largamente studiato; in generale, dal punto di vista tossicologico, presenta un ampio margine di sicurezza in quanto ben tollerata, ma sono stati riscontrati effetti immunosoppressivi nella carpa (Grondel et al., 1989), danni a livello epatico (Bruno, 1989) e ritardi nell’accrescimento, soprattutto in pesci molto giovani. OH N (C H3)2 C H3 H OH HO C O N H2 OH OH O OH O Figura 1 – Struttura chimica dell’ossitetraciclina. Figure 1 – Chemical structure of oxytetracycline. Studi di farmacocinetica nelle specie ittiche (della Rocca et al., 2004) hanno evidenziato come l'ossitetraciclina sia scarsamente assorbita dai mangimi medicati, ad esempio la sua biodisponibilità nella trota iridea è dell’8%, mentre nel salmone atlantico (acqua salata) è minore del 2%. L'assorbimento di tale farmaco è limitato fortemente dalla sua natura chimica di agente chelante, capace di formare legami con ioni Ca+2 e Mg+2, presenti sia nell’alimento sia fisiologicamente nell’ambiente intestinale del pesce (Cravedi et al., 1987), i quali non riescono ad attraversare le membrane lipidiche. Altri lavori mostrano come l'assorbimento della molecola dipenda fortemente dal valore di pH a livello enterico e dalla temperatura dell'acqua. Per quanto concerne le tetracicline, nessun processo biotrasformativo nelle specie ittiche è stato riportato in letteratura, pertanto non stupisce il fatto che una parte considerevole del quantitativo somministrato per via orale (40-73% nelle specie eurialine) si ritrovi immodificata nelle feci. E' stato inoltre evidenziato che 140 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 anche la fase di eliminazione e di conseguenza il tempo di sospensione sono influenzati dalla temperatura dell'acqua. L'ossitetraciclina interferisce sulla sintesi proteica del batterio per legame alla subunità ribosomiale minore 30S, impedendo il legame dell’aminoacil-tRNA al complesso m-RNA ribosomiale. Sempre più frequentemente si verificano fenomeni di resistenza dei patogeni verso questa classe di farmaci, attribuiti frequentemente a plasmidi codificanti per fenomeni di resistenza multipla. Tuttavia questo fenomeno pare ridimensionarsi dopo una sospensione nell'utilizzo delle molecole. L'uso di queste sostanze costituisce un serio problema dal punto di vista della sicurezza alimentare poiché possono residuare nella carne, soprattutto se non vengono rispettati i corretti tempi di sospensione. In questi casi possono intossicare direttamente il soggetto assuntore o causarne reazioni allergiche, qualora si tratti di un individuo particolarmente sensibile. Inoltre basse dosi di antibiotico assunte inconsapevolmente per lunghi periodi possono portare a farmacoresistenza. Per tali motivi è importante studiare la farmacocinetica e l'eliminazione dei residui dell'ossitetraciclina in pesci d'allevamento per determinare i giusti dosaggi di somministrazione, stabilire i migliori intervalli di sospensione e minimizzarne l'impatto ambientale. La dose solitamente impiegata, addizionata all'alimento, è di 75 mg/kg bw (7,5 g/kg di mangime somministrato in ragione dell'1% della biomassa) per circa 7 giorni, seguita da un periodo di sospensione di 30 giorni; l'Allegato 1 del Regolamento (CEE) n. 2377/90 del Consiglio, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale, stabilisce come limite massimo residuale nel muscolo di pesce (MRL) 100 µg/kg. MATERIALI E METODI La sperimentazione è stata condotta presso il centro Ittiogenico del Lago Trasimeno (Sant’Arcangelo - PG). 160 esemplari di carpa sono stati suddivisi in 8 vasche a flusso continuo di acqua proveniente dal lago e acclimatati per 5 giorni. I pesci sono stati quindi alimentati per 10 giorni con mangimi medicati prodotti sperimentalmente presso l’Università degli Studi di Torino, Facoltà di Agraria, Dipartimento di Scienze Zootecniche (Carmagnola - TO). L’antibiotico è stato somministrato all’1,5% bw day-1, alle dosi di 75 (dose raccomandata), 150 e 300 mg/kg di peso corporeo. I pesci a cui è stato somministrato lo stesso mangime, ma senza antibiotico, sono stati usati come controllo. Immediatamente prima di iniziare la somministrazione delle diete medicate (T0) sono stati campionati random 8 esemplari dalle vasche di sperimentazione; al termine dei 10 giorni di somministrazione del farmaco (T10) e 5 (T5R) e 10 (T10R) giorni dopo, sono stati campionati 6 esemplari per ognuna delle vasche e per il controllo. Sono stati rilevati i parametri morfometrici di peso ed è stato prelevato il muscolo, su cui sono state effettuate le determinazioni chimiche. La metodica analitica utilizzata è stata validata seguendo i criteri riportati nella Decisione 2002/657/EC. Il Limite di Quantificazione (LOQ) è pari a 0,05 mg/kg. 141 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 Reagenti impiegati Standard di ossitetraciclina (Sigma-Aldrich), standard di metaciclina (SigmaAldrich), acido succinico (Sigma-Aldrich), metanolo (Sigma-Aldrich), sefarosio (GE Healthcare Bio-Sciences AB), solfato di rame (II) (SigmaAldrich), acido citrico (Caelo Erba), sodio idrogenofosfato (RdH), EDTA (Sigma-Aldrich), acido cloridrico (Sigma-Aldrich), acido ossalico (RdH), acetonitrile (Sigma-Aldrich). Pretrattamento del campione Sono stati aggiunti 10 ml di acido succinico (0,1 M a pH 4) a 5 ± 0,1 g di muscolo macinato, addizionando lo standard interno (metaciclina); quindi si è proceduto con l’omogeneizzazione mediante l’omogeneizzatore a lame (Ultra Turrax T25, Janke & Kunkel IKA-Labortechnik). Sono stati aggiunti 10 ml di metanolo, ponendo il tutto in agitazione per 15 minuti, terminati i quali si è proceduto a centrifugare a 4.000 rpm per 10 minuti. Si è poi trasferito il surnatante in un’altra provetta, risospendendo il centrifugato in 10 ml di acido succinico e 10 ml di metanolo, procedendo nuovamente con l’agitazione e la centrifugazione. Uniti i due estratti, si è posta la provetta a bagnomaria a 40°C per 30 minuti, ponendola successivamente in frigorifero per tutta la notte: tale operazione serve per favorire la coagulazione delle proteine che possono creare interferenze nelle fasi successive di analisi. Il mattino successivo si è proceduto nuovamente alla centrifugazione a 4.000 rpm per 10 minuti, trasferendo il surnatante in un’altra provetta. Si è effettuata una diluizione 1:5 con acqua, in modo da evitare eventuali problemi di saturazione, durante i successivi passaggi di purificazione. Nel frattempo si sono preparate le colonnine SPE di sefarosio, condizionandole con 6 ml di acqua. Sono caricati 3 ml di solfato di rame (II) 0,01 M , vengono lavate con 4 ml di acqua, quindi vengono caricati i campioni. Si effettua il lavaggio con 2 ml di acido succinico (0,1 M pH 4), 2 ml di acqua, 2 ml di metanolo e 2 ml di acqua. Infine si eluisce con 8 ml di tampone McIlvane B (formato da acido citrico 0,1 M, sodio idrogenofosfato 0,2 M ed EDTA). Successivamente si procede al secondo step purificativo, che prevede l’utilizzo di colonnine SPE a fase inversa con fase stazionaria polimerica (Strata-X 33 µm Polimeric Sorbent, Phenomenex), caricando l’estratto ottenuto sulle colonnine, preventivamente attivate con 5 ml di metanolo, 5 ml di acido cloridrico 1 M e 3 ml di acqua. Si lava con 5 ml di acqua e si eluisce con 6 ml di metanolo. L’eluato viene portato a secco a 50°C in corrente d’azoto, risospendendolo in 250 µl di fase mobile. Analisi strumentale La tecnica strumentale adottata per questo tipo di analisi si basa sulla cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata ad un detector a fotodiodi (HPLC-DAD) (Agilent 1100) con campo di misura compreso tra i 190 e i 600 nm; in questo caso viene misurata l'assorbanza a 363 nm (Figura 2). 142 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 Figura 2 – Cromatogramma di un campione di muscolo di carpa negativo (a) e cromatogramma di un campione fortificato a 0,10 mg/kg di ossitetraciclina e 1,00 mg/kg di metaciclina (standard interno) (b). La lunghezza d’onda a cui è stato registrato l’assorbimento è 363 nm. Figure 2 – Chromatogram of a carp muscle negative sample (a), and chromatogram of a sample spiked at 0.10 mg/kg of oxytetracycline and at 1.00 mg/kg of metacicline (internal standard) (b). The absorption was detected at 363 nm. La colonna cromatografica prescelta è una Phenomenex LUNA C18 (250 x 3,0 5 mm) a fase inversa, a cui è accoppiata una precolonna Phenomenex Security Guard C18 (4 x 3,0 mm), entrambe termostatate a 25°C. Le fasi mobili utilizzate sono costituite da acido ossalico 0,01 M acquoso a pH 2,5, acetonitrile e metanolo; il gradiente impostato è riportato nella Tabella 1. Il tempo totale della corsa cromatografica è pari a 36 minuti, il volume di iniezione è di 30 µl. 143 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 Temp. (min) Flusso (mL/min) %A %B %C 0 0,350 90 4 6 16 0,350 70 12 18 20 0,350 40 20 40 25 0,350 40 20 40 26 0,350 90 4 6 36 0,350 90 4 6 Tabella 1 – Gradiente cromatografico del metodo per la determinazione quantitativa dell’ossitetraciclina nel muscolo di carpa. Table 1 - Chromatographic gradient of the quantitative method for oxytetracycline determination in carp muscle. RISULTATI Parametri morfometrici Nei grafici sottostanti vengono visualizzate le variazioni nelle medie di lunghezza (Grafico 1) e peso (Grafico 2) dei pesci prelevati dalle diverse vasche ai vari tempi di campionamento. T10 T5R 25,0 T10R 20,0 cm 15,0 10,0 5,0 0,0 A B C D E F G H Vasca Grafico 1 – Andamento delle lunghezze medie dei pesci prelevati dalle diverse vasche ai tre tempi di campionamento. Graph 1 - Trend of average lengths of fish taken from different tanks to the three sampling times. 144 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 T10 T5R 160,0 T10R 140,0 120,0 g 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 A B C D E F G H Vasca Grafico 2 – Andamento dei pesi medi dei pesci prelevati dalle diverse vasche ai tre tempi di campionamento. Graph 2 - Trend of average weights of fish taken from different tanks to the three sampling times. Analisi chimiche Sono stati elaborati i dati relativi alla curva di calibrazione in matrice, costruita positivizzando della matrice negativa con opportuni quantitativi di ossitetraciclina (Tabella 2); per ogni livello di concentrazione è stato ottenuto il rapporto tra l'area dell'analita e quella dello standard interno (area ratio). Con questi dati è stata ottenuta una retta di regressione lineare applicando il metodo dei minimi quadrati: nella Figura 3 è riportata la retta di calibrazione con la relativa equazione ed il coefficiente di correlazione lineare, ritenuto accettabile perché maggiore di 0,990. Campione Concentrazione (mg/kg di tessuto edibile) R1 0,05 R2 0,10 R3 0,50 R4 1,00 R5 1,52 R6 2,00 Tabella 2 – Concentrazioni di ossitetraciclina utilizzate per la costruzione della curva di calibrazione in matrice. Table 2 - Concentrations of oxytetracycline used for the construction of the matrix calibration curve. 145 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 2,50 y = 1,0599x + 0,0088 Area Relativa 2,00 2 R = 0,996 1,50 1,00 0,50 0,00 0 0,5 1 1,5 2 2,5 Conc. (ppm) Figura 3 – Curva di calibrazione in matrice, con relativa equazione e coefficiente di correlazione lineare della metodica analitica per la determinazione dell’ossitetraciclina. Figure 3 – Calibration curve in matrix, with relative equation and square correlation coefficient of the analytical method for oxytetracycline. La quantificazione del residuo del farmaco nel muscolo è stata ottenuta inserendo l’area ratio dei campioni, nell’equazione della retta di calibrazione. Nella Tabella 3 vengono riportati i risultati ottenuti dall'analisi del muscolo di carpa per i vari tempi di campionamento: alla fine del trattamento (T10), 5 (T5R) e 10 (T10R) giorni dopo la sua sospensione. Sono stati sottoposti ad analisi anche i pool dei controlli (T0), per escludere la presenza dell’antibiotico dovuta ad eventuali contaminazioni esterne; i risultati hanno confermato l’effettiva assenza dell’analita ricercato (Figura 2). Livello di Campione Somministrazione (mg/kg) Concentrazione media (mg/kg) T10 T5R T10R 0,00 ND ND ND B 0,00 ND ND ND C 75,00 0,29 ± 0,05 0,16 ± 0,03 0,07 ± 0,01 D 75,00 0,30 ± 0,05 0,14 ± 0,03 0,07 ± 0,01 A E 150,00 0,53 ± 0,10 0,21 ± 0,04 0,11 ± 0,02 F 150,00 0,70 ± 0,13 0,25 ± 0,05 0,12 ± 0,02 G 300,00 1,15 ± 0,14 0,52 ± 0,09 0,21 ± 0,04 H 300,00 1,06 ± 0,13 0,42 ± 0,08 0,21 ± 0,04 Tabella 3 – Accumulo medio di ossitetraciclina (mg/kg) nel muscolo di carpa per vasca ai tre tempi di campionamento, accompagnato dal relativo valore di incertezza estesa. Table 3 - Average accumulation of oxytetracycline (mg/kg) in the carpe muscle of carp for each bath to the three sampling times, with the relative value of expanded uncertainty. 146 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 La Figura 4 presenta un’ipotesi di cinetica di eliminazione del farmaco in funzione del tempo, al variare della concentrazione di ossitetraciclina somministrata. 1,50 1,40 Trattamento 75 ppm_C 1,30 Trattamento 75 ppm_D 1,20 Trattamento 150 ppm_E 1,10 Trattamento 150 ppm_F Conc. (mg/kg) 1,00 Trattamento 300 ppm_G 0,90 Trattamento 300 ppm_H 0,80 0,70 0,60 0,50 0,40 0,30 0,20 0,10 0,00 10 12 14 16 18 20 Tempi (gg) Figura 4 – Ipotesi di cinetica di eliminazione dell’ossitetraciclina. Figure 4 – Hypothesis of oxytetracycline elimination kinetics. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI Gli antibiotici vengono somministrati ai pesci mediante mangime medicato per combattere o prevenire infezioni indotte dai principali agenti eziologici presenti negli allevamenti ittici. Tuttavia, in letteratura, le informazioni sulle conseguenze della somministrazione in profilassi di queste sostanze sull’accrescimento delle specie ittiche sono poche e alquanto discordanti (Rijkers et al., 1980; Rawles et al., 1997; Toften & Jobling, 1997; Sanchez-Martínez et al., 2008). Ad esempio, l’ossitetraciclina somministrata mediante dieta per 11 settimane alla concentrazione di 50 mg/kg bw ha causato un aumento in peso della specie ittica Ictalurus punctatus (Sanchez-Martìnez et al., 2008), mentre non è stato evidenziato alcun effetto sulla performance di accrescimento per la stessa specie ittica trattata con 8,4, 16,8, 33,5 mg di OTC/kg dieta per 8 settimane (Rawles et al., 1997). Al contrario, l’antibiotico ha causato una riduzione dell’accrescimento del salmerino alpino Salvelinus alpinus (L.) trattato con 20 g OTC/kg di dieta per 6 settimane (Toften & Jobling, 1997) e di Cyprinus carpio trattato con iniezione intraperitoneale di 60 o 180 mg/kg OTC (Rijkers et al., 1980). 147 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 139-149 Nel presente studio, la somministrazione dell’antibiotico, mediante mangime medicato, non ha determinato un evidente accrescimento dei pesci trattati; infatti le variazioni di peso riscontrate nei pesci trattati rispetto ai propri controlli non sono statisticamente significative. È stato inoltre verificato l’accumulo di questo farmaco nel muscolo della carpa. Dopo 10 giorni di trattamento alle dosi raccomandate il valore medio nel tessuto edibile si attesta sui 295 µg/kg, valore circa 3 volte superiore a quanto stabilito dall’Allegato 1 del Regolamento (CEE) n. 2377/90 del Consiglio, pari a 100 µg/kg. Tuttavia nei pesci prelevati 5 e 10 giorni dopo la sospensione del trattamento farmacologico si sono riscontrate concentrazioni medie rispettivamente di 150 e 70 µg/kg. Considerando che già dopo 10 giorni dalla fine del trattamento nel muscolo si trova una concentrazione nettamente inferiore al limite massimo residuale consentito e che, comunemente, in allevamento, si applica un tempo di sospensione medio di circa 30 giorni, l’atteggiamento degli allevatori risulta sufficientemente cautelativo. Lo studio dell’accumulo a dosi superiori a quelle consentite dalla normativa vigente evidenzia una relazione di proporzionalità tra quanto somministrato e quanto accumulato nel muscolo. La cinetica di eliminazione dell’esogeno dalla matrice risulta, invece, indipendente dal livello accumulato in partenza, assumendoun andamento comune per i 3 livelli di trattamento adottati. RINGRAZIAMENTI Lavoro effettuato con fondi di Ricerca Corrente del Ministero della Salute. BIBLIOGRAFIA Bruno D.W. (1989). 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Sono stati condotti prelievi mensilmente, analizzando 14 partite diverse provenienti da 3 fornitori distinti. I pesci giunti in laboratorio vivi, sono stati analizzati previa sedazione profonda e spinalizzazione. Su tutti i campioni sono stati condotti esami parassitologico e anatomopatologico, seguiti da un esame colturale su terreni di primo isolamento e su terreni specifici per la ricerca di micobatteri atipici. In alcune partite è stato possibile riscontrare una sofferenza branchiale aspecifica, con ipermucosità e lieve Malattia Branchiale; l’esame parassitologico è sempre risultato negativo, mentre l’esame colturale è risultato positivo su due partite, con isolamento di Aeromonas hydrophila, senza però riscontrare segni clinici patognomonici all’esame autoptico. La ricerca di micobatteri atipici ha sempre dato esito negativo. Tale monitoraggio, seppur semplice e poco esaustivo, ha permesso di valutare lo stato di salute dei soggetti in entrata, prima del loro utilizzo: in generale tutti i soggetti sono apparsi in ottime condizioni; il quadro di sofferenza branchiale era estremamente ridotto. La presenza in 3 soggetti di Aeromonas hydrophila, appartenenti a due partite distinte, senza segni clinici evidenti e con assenza di mortalità, non rappresenta un’indicazione di un quadro patologico manifesto, in quanto tali germi risultano ubiquitari nell’ambiente acquatico e il loro ritrovamento in pesci ornamentali, rappresenta un evento abbastanza frequente. SUMMARY - This monitoring was carried out for thirteen months on different batches of Garra rufa that three beauty salons in Turin purchased directly from European ornamental fish suppliers. The aim of this study was to assess the health status of the fish. Monthly samplings were carried out by analysing 14 different batches from three different suppliers. The fish were transported at the Laboratory of Fish Diseases of the IZSPLV and euthanized before being examined. Parasitological and anatomopathological examinations were performed on all the specimens. Moreover, we carried out a bacterial examination both on first isolation media and in specific media for the detection of atypical mycobacteria. In some batches it was possible to find a non-specific gill suffering. The parasitological examination was always negative. On the contrary , the bacterial culture was positive in two batches, with isolation of Aeromonas hydrophila. However, we did not find pathognomonic signs at post-mortem examination. The presence of atypical mycobacteria was always negative. This monitoring, although simple and not exhaustive, has allowed us to assess the health status of the examined fish, before their use for beauty practises. In general, all subjects were healthy, and the presence of suffering gill was extremely limited. The occurrence in 3 fish of Aeromonas hydrophila (the specimens were from two distinct batches) without evident clinical signs and without mortality is not a reliable indication of a pathological status. Indeed, Aeromonas microbes are ubiquitous in the aquatic environment and their presence in ornamental freshwater species is a fairly common event. Key words: Garra rufa; Ichthyotherapy; Aeromonas hydrophila; Monitoring. ______________________________ * Corresponding Author: c/o Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino – Italy; Tel: 011-2686251; Fax: 0112474458; E-mail: [email protected]. 151 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 151-158 INTRODUZIONE Garra rufa è un piccolo ciprinide, diffuso in Medio Oriente, nelle acque dolci dell’Anatolia, Siria, Giordania e nei bacini idrografici del Tigri e dell’Eufrate, dove vive in acque con temperature comprese tra i 15°C e i 28°C (Esmaeili et al., 2006; Teimori, 2006; Patimar et al., 2010). E’ una specie bentopelagica, che vive in branco. Presenta un corpo affusolato e allungato, quasi cilindrico, con ventre appiattito; il muso è arrotondato con bocca rivolta verso il basso, in posizione quasi ventrale, la quale presenta caratteristici piccoli barbigli sul labbro superiore; le narici sono vistose e sporgenti, simili a piccoli tubercoli, posizionate appesa sotto gli occhi. Il labbro superiore e quello inferiore sono uniti a formare una sorta di piccolo disco succhiante. Tale disco è costituito da una porzione circolare centrale e da una parte callosa con un bordo tubercolato postero-laterale (Teimori et al., 2011; Nagar et al., 2012). Figura 1 – Esemplari di Garra rufa. Figure 1 – Specimens of Garra rufa. Apparentemente le specie appartenenti al genere Garra sono privi di denti, ma in realtà presentano una dentatura faringea, con piccoli denti posizionati direttamente sull’arcata faringea della gola (Zhang, 2005). La livrea caratteristica della specie presenta una colorazione bronzea, talvolta molto scura, altre volte tendente al verdognolo con chiazze più chiare quasi ocra. Le 152 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 151-158 scaglie sono grandi; una macchia nera ovale, non sempre facilmente visibile, è posta al termine del peduncolo caudale. Le pinne sono ben sviluppate e semitrasparenti, con a volte la presenza di una leggera colorazione rossastra; la pinna caudale è bilobata mentre è assente la pinna adiposa. Il dimorfismo sessuale non è evidente; solo in prossimità della riproduzione è possibile distinguere i due sessi, in quanto le femmine appariranno con il ventre rigonfio, più tozze, mentre nei maschi faranno la comparsa dei tubercoli nuziali a livello della testa (Abedi et al., 2011). Sono pesci che raggiungono le dimensioni di 12-14 cm (Jarvis, 2011; Froese & Pauly, 2012). Si nutre prevalentemente di fitoplancton e detriti animali (Goren & Ortal, 1999; Gözükara & Çavaş, 2004; Esmaeili et al., 2009). Da centinaia di anni questa specie viene utilizzata nei Paesi asiatici ed in particolare in Turchia, nella zona di Kangal, nell’ittioterapia per cure podologiche e per il trattamento di alcuni disturbi dermatologici (Grassberger & Hoch, 2006; Sayili et al., 2007). Sono stati condotti degli studi scientifici per valutare l’effettiva efficacia dell’ittioterapia nel trattamento controllato della psoriasi; con tale sistema si possono ottenere benefici che si prolungano anche per alcuni mesi. Infatti, caratteristica di questa specie è quella di cibarsi anche della pelle malata o morta, senza intaccare le restanti parti del derma, asportando piccole porzioni di cute (Undar et al., 1999; Grassberger & Hoch, 2006). Figura 2 – Esemplari di Garra rufa. Figure 2 – Specimens of Garra rufa. 153 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 151-158 Controversi appaiono ancora gli studi sulla presenza o meno di un enzima presente nella saliva di questi pesci, il ditranolo, efficace nel trattamento della psoriasi, ma che può avere degli effetti collaterali, quali irritazioni cutanee, dovute a sensibilità individuale. Grazie a queste sue capacità, questo pesce nei paesi d’origine ha fatto fiorire un florido mercato per il trattamento di patologie dermatologiche (Sayili et al., 2007; Riyaz & Riyaz Arakkal, 2011). Negli ultimi anni questa tendenza si sta diffondendo su scala mondiale all’interno di centri termali e, in molti Paesi, la pratica denominata “fish pedicure”, che consiste nell'immergere i piedi in una piccola vasca condizionata con questi pesci, si sta sviluppando anche in alcuni centri estetici. Attualmente in Italia questa pratica è relativamente poco diffusa, anche per la difficoltà oggettiva di intraprendere tale attività e la totale mancanza di controlli atti a verificarne l’idoneità sanitaria. Da ricordare che in molti Stati americani ed in Svizzera, l’utilizzo di questi pesci nei centri estetici viene vietato per questioni igieniche. Nonostante Garra rufa sia una specie ittica poco conosciuta, sono stati più volte segnalati episodi di mortalità in soggetti utilizzati nell’ittioterapia (Majtán et al., 2012). Lo scopo del presente lavoro è quello di valutare in fase preliminare lo stato sanitario di talune partite di Garra rufa acquistate da alcuni centri estetici di Torino direttamente da rifornitori nazionali ed europei. MATERIALI E METODI Da giugno 2010 a luglio 2011, sono state analizzate con cadenza mensile, 14 partite diverse di Garra rufa provenienti da 3 diversi fornitori. I pesci sono giunti al laboratorio vivi, in sacchetti da trasporto e sono stati sottoposti alle analisi routinarie, previa anestesia profonda con MS-222 (SignaAldrich) e spinalizzazione di tutti i soggetti. Sono stati condotti su tutti i campioni gli esami parassitologico e anatomopatologico, seguiti da un esame colturale su terreni di primo isolamento (Agar sangue e Tryptic Soy agar), mediante prelievo da rene, fegato e cervello. Inoltre, da tutti i soggetti si è approntato un esame colturale su terreni specifici (Löwenstein-Jensen e Stonebrink) per la ricerca di eventuali micobatteri atipici. Nel mese di febbraio 2011 inoltre, è stata inviata al laboratorio una partita, già testata in arrivo nel mese di dicembre ed utilizzata a scopo estetico per circa un mese, in cui si è segnalata una lieve mortalità in vasca: anche per questo lotto, sono state effettuate tutte le analisi sopra descritte. RISULTATI In molti casi i pesci sono apparsi estremamente magri e le lesioni più frequenti sono da ricondursi ad una sofferenza branchiale aspecifica, con ipermucosità e lieve malattia branchiale. In alcuni soggetti si è evidenziato un quadro di anemia epatica. I risultati sono riassunti nella Tabella 1. 154 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 151-158 N° 1 2 3 4 5 6 7* 8 9 10 11 12 13 14 Mese 06/10 07/10 08/10 09/10 10/10 11/10 12/10 01/11 02/11 03/11 04/11 05/11 06/11 07/11 Esame AP nn sm; iv nn nn mb ae nn ib; iv nn nn sm nn sm; iv nn Esame PAR neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg Esame COL neg neg neg neg pos AH neg neg neg neg neg neg neg pos AH neg Esame TBC neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg neg *7 bis 02/11 sm; iv; ib; ae neg pos ASo neg Legenda: Esame anatomopatologico (AP); esame parassitologico (PAR); esame colturale (COL); esame colturale per micobatteri atipici (TBC); quadro nella norma (nn); soggetti magri (sm); ipermucosità branchiale (ib); malattia branchiale (mb); intestino privo di alimento (iv); anemia epatica (ae); risultato negativo (neg); risultato positivo (pos); positivo per Aeromonas hydrophila (AH); positivo per Aeromonas sobria (ASo). Tabella 1 – Visualizzazione dei risultati nelle diverse partite testate. Table 1 - Displaying results in different batches tested. L’esame parassitologico è risultato sempre negativo, mentre all’esame colturale è stato possibile isolare, in tre soggetti di due partite distinte, Aeromonas hydrophila, senza però riscontrare segni clinici patognomonici all’esame autoptico. La ricerca di micobatteri atipici ha sempre dato esito negativo (Tabella 1). La partita già testata nel mese di dicembre ed inviata nuovamente al laboratorio per le analisi dopo essere stata utilizzata per circa trenta giorni, ha presentato un quadro di maggiore sofferenza rispetto a tutti i lotti analizzati all’arrivo; infatti, dalle analisi condotte si è potuto osservare nella maggior parte degli esemplari testati, un eccessivo dimagramento dei soggetti, con intestino totalmente privo di alimento, grave ipermucosità branchiale ed un quadro di anemia epatica. All’esame colturale è stato inoltre possibile isolare Aeromonas sobria da un unico esemplare. Anche in questo caso gli esami parassitologico e colturale per la ricerca di micobatteri atipici sono risultati negativi (Tabella 1; 7 bis). DISCUSSIONE Il monitoraggio che è stato effettuato mensilmente su alcuni esemplari di Garra rufa provenienti da partite importate per il loro utilizzo in alcuni centri estetici di Torino e provincia, ha permesso di valutare lo stato di salute dei soggetti acquistati prima di utilizzarli. In generale tutti i soggetti sono apparsi in buone condizioni di salute; a volte i pesci si presentavano magri e con l’intestino vuoto; il quadro di 155 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 151-158 sofferenza branchiale era estremamente ridotto e si è verificato solamente in due partite. Il ritrovamento all’esame colturale in 3 soggetti (provenienti da due partite diverse) di Aeromonas hydrophila senza segni clinici manifesti e con assenza di mortalità nell’intera partita, non rappresenta un’indicazione di un quadro patologico manifesto; infatti, molto spesso il ritrovamento di A. hydrophila, come anche di altri germi ubiquitari e caratteristici dell’ambiente acquatico (ad esempio A. sobria, Citrobacter freundii, Pseudomonas fluorescens, ecc.) in pesci ornamentali, rappresenta una eventualità abbastanza frequente (Locatelli et al., 2003; Prearo et al., 2005). Le condizioni ambientali del microcosmo acquario, oltre allo stress che i pesci subiscono, possono esacerbare l’azione di questi patogeni condizionati e provocare patologie anche mortali. La presenza di una bassa mortalità verificatasi nella partita importata a dicembre ed utilizzata durante il mese di gennaio, ha permesso di analizzare nuovamente il lotto di pesci, mettendo in luce un quadro di sofferenza generalizzata: i pesci erano estremamente magri, con intestino vuoto e branchie sofferenti. Anche il ritrovamento di A. sobria in un soggetto, non ha permesso di attribuire a tale specie batterica l’episodio di mortalità occorso. Tale quadro è senz’altro da ricondurre ad una eccessiva densità in cui il pesce è stato stabulato nelle vasche, ad una scarsa alimentazione artificiale dei soggetti (forse per migliorare le loro performance in vasca) e a forti fenomeni di stress ambientale (non è stato possibile ottenere informazioni sul loro utilizzo in vasca durante il mese di gennaio). Resta da evidenziare come gli esami per la ricerca di micobatteri atipici, condotti su tutti gli esemplari testati, sono negativi. Quindi, i dati ottenuti da questo studio preliminare permettono, seppur con una certa riserva, di affermare che le partite di Garra rufa in arrivo, godono generalmente di un buono stato di salute. Questo dato appare molto confortante anche se non è stato possibile stabilire però l’effettivo mantenimento di tale stato di salute delle partite nel tempo. Sarebbe opportuno eseguire tutte le analisi in modo costante anche durante il loro utilizzo nei centri estetici, monitorando nel tempo i lotti impiegati ed il mantenimento del buono stato di salute, condizione imprescindibile per tale utilizzo. In base all’unico rilievo che ci è stato possibile effettuare in una partita già impiegata, sarebbe opportuno attuare controlli anche sullo stato di nutrizione e di benessere dei soggetti stabulati; un accorgimento che potrebbe ovviare a tali problemi potrebbe essere quello di utilizzare più partite per postazione e ruotare i soggetti, alimentandoli sufficientemente con mangime artificiale. Attualmente, l’utilizzo di questi pesci nelle pratiche estetiche, si stanno diffondendo nelle grandi città del nostro paese; manca ancora una regolamentazione utile allo scopo e la consapevolezza da parte dei responsabili di tale attività e delle autorità sanitarie, dei potenziali rischi, che devono essere gestiti. Disciplinare quindi tale attività, effettuando anche maggiori controlli sanitari ed igienici delle partite utilizzate, renderebbe certamente tale pratica più sicura. 156 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 151-158 BIBLIOGRAFIA Abedi M., Shiva A.H., Mohammad H. & Malekpour R. (2011). Reproductive biology and age determination of Garra rufa Heckel, 1843 (Actinopterygii: Cyprinidae) in Central Iran. Turk. J. Zool., 35, 3: 317-323. Berg L.S. (1949). Freshwater fishes of Iran and adjacent countries. Trudy Zoologicheskogo Instituta Akademii Nauk SSSR: 783-858. Esmaeili H.R., Ebrahimi M., Ansari T.H., Teimori A. & Gholamhosseini G. (2009). 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Stud., 44: 130-143. 158 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 159-160 Elenco dei soci sostenitori della Società Italiana di Patologia Ittica Anno 2012 Az. Agr. Canali Cavour di Fariano Lucio Centallo (CN) Azienda Ittica “Il Padule” di Fornaciari Argo Castiglione della Pescaia (GR) Troticoltura Foglio Angelo s.s. Storo (TN) 159 ITTIOPATOLOGIA, 2012, 9: 159-160 Elenco degli sponsor della Società Italiana di Patologia Ittica nell’anno 2012: Associazione Piscicoltori Italiani (A.P.I.) Verona Biomar Group Italia Monastier di Treviso (TV) EuroFishmarket Castel Maggiore (BO) Fatro S.p.A. Ozzano Emilia (BO) La Casetta in Canada Settimo Torinese (TO) Lamar Udine S.n.c. Remanzacco (UD) Skretting Italia Hendrix S.p.A. Mozzecane (VR) Veronesi S.p.A. Verona Università degli Studi di Udine Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Torino 160