312 Duccio di Buoninsegna - Fondazione Internazionale Menarini

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312 Duccio di Buoninsegna - Fondazione Internazionale Menarini
n° 312 - ottobre 2003
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
Duccio di Buoninsegna
La grande rassegna che
Siena dedica ad uno dei
suoi massimi maestri,
vero e proprio capostipite della pittura senese
e iniziatore di quella
scuola che dette al Trecento italiano artisti quali
Simone Martini e Ambrogio e Pietro Lorenzetti, rappresenta senza
dubbio un appuntamento
imperdibile per qualità
delle opere e per il lungo
lavoro di ricerche e di restauri che la ha preceduta:
fra questi spicca il restauro
della grande vetrata circolare dell’abside del
Duomo, che ha permesso frescato con Storie dell’Andi confermarne l’attribu- tico e del Nuovo Testamento
zione a Duccio.
da artisti senesi che operavano fra il 1270 e il
L’esposizione senese, che 1275; gli affreschi, di cui
si protrarrà fino all’11 si era perduta memoria,
gennaio 2004, è artico- sono giunti fino ai giorni
lata in due sedi: l’antico nostri in uno stato di perospedale di Santa Maria fetta conservazione, splendella Scala e il Museo del- denti nei loro vividi col’Opera del Duomo; com- lori e decori in foglia d’oro.
pletano il panorama del- Dato l’elevato livello qual’arte senese fra la fine del litativo, è stato ipotizDuecento e i primi de- zato dalla critica un incenni del secolo succes- tervento diretto dello
sivo due itinerari, uno al- stesso Duccio, almeno in
l’interno della città e l’al- alcune parti della decotro nel territorio circo- razione pittorica.
stante, che guidano il visitatore alla conoscenza Il percorso espositivo si
di alcune serie di affre- articola in otto sezioni,
schi poco noti o addirit- aprendosi con Precedenti
tura inediti, come quelli e contemporanei senesi di
della piccola chiesa ro- Duccio, che inquadra l’atmanica di San Lorenzo a tività duccesca nel panoColle Ciapi, riportati alla rama della contemporaluce in tempi recenti.
nea arte senese, e offre
Inoltre, in occasione della l’opportunità di vedere
mostra, è stato aperto al opere difficilmente acal pubblico per la prima cessibili, come la tavola
volta un ambiente risco- con Cristo e la Vergine in
perto recentemente sotto trono, custodita presso
la Cattedrale di Siena, af- il monastero delle Cla-
Maestà - Siena Museo dell’Opera del Duomo
risse di Siena, ancora totalmente aderente ai
moduli stilistici della
tradizione bizantina; la
sezione successiva, Ci-
mabue, Duccio e il giovane
Giotto, affronta il problema delle
reciproche influenze e
scambi, così
come quello
delle diversità fra i tre
maestri, in un
emozionante confronto diretto che si
avvale di opere pervenute da musei
stranieri e mai presentate in Italia, o
giunte in prestito da collezionisti privati come il
Crocifisso, giovanile ca-
Croce dipinta: oro e tempera su tavola Siena,
Collezione Salini
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polavoro di Duccio, esposto al pubblico per la
prima volta in questa occasione.
Il percorso di Duccio, che
illustra l’attività del maestro e della sua bottega,
introduce alla visione
della tavola della Maestà.
La grandiosa opera, oggi
nel Museo dell’Opera del
Duomo, era stata in origine concepita per l’altar maggiore della Cattedrale, dove fu collocata
il 9 giugno del 1311 con
un solenne corteo al quale
partecipò tutta la cittadinanza.
Le tre sezioni che seguono
sono dedicate all’influenza
di Duccio sia sui pittori
contemporanei che sui
suoi allievi, come Ugolino di Nerio e Segna di
Bonaventura, attraverso
i quali la lezione dell’arte
duccesca giunse fino al
quarto decennio del Trecento. Le due sezioni conclusive della rassegna affrontano L’esordio dei grandi
pittori della prima metà del
Trecento - con la comparsa
sulla scena della pittura
senese di Simone Martini e dei fratelli Pietro e
Ambrogio Lorenzetti - e
Le vie del gotico a Siena,
scultori e orafi, che allarga
la visione dall’ambito
strettamente pittorico ad
un contesto di ampio respiro, nel quale la figura
di Duccio appare inserita
in un clima artistico fecondo di stimoli e ricco
di capolavori: la scultura,
con Nicola Pisano - autore del pulpito marmoreo nella Cattedrale di
Siena - e il figlio Giovanni, che alla stessa Cattedrale aveva dato le porte
in bronzo, e le straordinarie opere di oreficeria
di Guccio di Mannaia,
che aveva realizzato il sigillo del Comune di Siena
quale lo vediamo ancora
oggi riprodotto nella cornice della Maestà di Simone Martini nel Palazzo
Pubblico della città, nelle
quali trionfava l’elegante
linearismo gotico di gusto francese.
È databile attorno al 1288
la grande vetrata circolare - opera monumentale di ben sei metri di
diametro, normalmente
collocata a grande altezza
nell’abside del Duomo
di Siena - che è possibile
vedere in mostra da vicino grazie allo smontaggio effettuato in occasione del restauro. La vetrata è senza dubbio una
delle opere in assoluto
più importanti realizzate
nell’Italia medievale con
questa tecnica, che prevedeva la collaborazione
di più artisti specializzati: un pittore che elaborava il progetto e un
maestro vetraio che provvedeva alla sagomatura
e all’assemblaggio dei vetri colorati. L’analisi dettagliata effettuata in occasione del restauro, ha
messo in evidenza che
Duccio non si limitò a
fornire il progetto dell’opera, ma è stata riconosciuta la mano del maestro nelle pennellate che
definiscono i panneggi
degli abiti e i lineamenti
dei volti dei personaggi
raffigurati sulle lastre di
vetro. Al centro della vetrata, dal basso verso l'alto,
sono rappresentate la Deposizione della Madonna
nel sepolcro, l’Assunzione e
l’Incoronazione di Maria;
attorno stanno i santi protettori della città e i quattro Evangelisti.
Le scene rappresentate
nella Vetrata mostrano
ancora un chiaro legame
di Duccio con l’arte di
Vetrata absidale - Siena Duomo
Cimabue, ma alcuni elementi lasciano già trapelare la conoscenza del
nuovo protagonista della
pittura italiana, Giotto,
che pur essendo all’epoca
molto giovane era già impegnato a sperimentare
quelle novità spaziali che
avrebbero rivoluzionato
l’arte italiana.
Il cuore della mostra senese è rappresentato dalla
Maestà, il capolavoro assoluto di Duccio, tornato
a risplendere dopo un
lungo e accurato restauro:
la più grande opera su tavola della pittura italiana
- oltre quattro metri per
lato, dipinta su entrambe
le facce - rappresentò
un’impresa di proporzioni colossali, che il maestro e la sua bottega impiegarono almeno tre anni
a realizzare.
La parte anteriore, con la
figura monumentale della
Madonna circondata da
angeli e santi, fra i quali
spiccano in primo piano
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i quattro santi protettori
di Siena, era rivolta verso
la navata e destinata al
pubblico dei fedeli. La
faccia posteriore, con 25
storie della Vita di Cristo, era invece riservata
alla contemplazione degli ecclesiastici; in queste piccole scene la ieraticità cerimoniale che caratterizza la rappresentazione della Maestà sul
lato frontale, cede il passo
a una visione maggiormente aperta in senso naturalistico: vi si può forse
scorgere l’influenza giottesca, a cui sono riconducibili l’attenzione nell’individuare una costante
fonte di luce - situata sempre sulla sinistra - che
contribuisce a dare rilievo
alle architetture, come
pure la cura nell’individuazione dei personaggi
mediante determinate
caratteristiche (il copricapo, il colore della veste), che li rendono subito riconoscibili in ogni
scena.
La complessa struttura
figurativa della Maestà
era completata da ulteriori episodi della Vita di
Gesù e di Maria raffigurati nella predella e nel
coronamento. Parte di
queste ultime tavolette
fu venduta dopo la separazione delle due facce
dell’opera, avvenuta nel
1771, quando anche la
ricchissima cornice in oro
con pinnacoli e sette cuspidi venne dispersa.
Confluiscono nella Maestà, che rappresenta il culmine dell’arte di Duccio,
l’aristocratica cultura neoellenistica bizantina - presente nella definizione
delle differenze di età e
psicologiche dei personaggi e negli echi classicheggianti delle armoniose proporzioni di fi-
Scena dalla Maestà: Adorazione dei Magi (part.) - Siena, Museo dell’Opera del Duomo
gure e paesaggi - e il fluire
sinuoso dei linearismi gotici mediati dalle miniature francesi e dalla scultura di Giovanni Pisano;
scompaiono definitivamente alcune convenzioni figurative di matrice bizantina che permanevano nelle opere del
periodo precedente, mentre la nuova visione spaziale giottesca costituisce l’elemento catalizzatore di una struttura narrativa tanto complessa e
articolata quanto nitidamente scandita da una
struttura architettonica
nitidamente calibrata.
Poco si conosce dell’attività di Duccio nel periodo successivo al completamento della Maestà,
a parte l’affresco con la
Consegna del castello di
Giuncarico - episodio legato all’espansione della
Repubblica senese in Maremma - databile al 1314,
e riscoperto circa venti
anni fa nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena: si tratta
dell’ultima opera nota di
Duccio prima della sua
morte, avvenuta nel 1319,
probabilmente nel corso
dell’estate e in condizioni
economiche non floride,
poiché documenti d’epoca
testimoniano il rifiuto
dei figli nei confronti di
un’eredità paterna fatta,
forse, soprattutto di debiti.
donata brugioni