Lettera aperta di Ivonne, prostituta nera di Viale Leonardo, al

Transcript

Lettera aperta di Ivonne, prostituta nera di Viale Leonardo, al
Lettera aperta di Ivonne, prostituta nera di Viale Leonardo, al sindaco di Firenze
Spettabile signor Sindaco, io e le mie colleghe di lavoro siamo state colpite come da un
fulmine a ciel sereno dalle Sue ultime disposizioni, soprattutto quella che impedisce a
molti nostri compagni lavavetri di poter continuare a svolgere la loro attività, che in
effetti è poco remunerativa ma permette di sopravvivere, ed è utile per gli automobilisti.
Io potrei definirmi una prostituta colta perché nel mio paese sono riuscita a laurearmi in
Sociologia anche se poi non ho potuto svolgere alcuna professione attinente al mio
titolo di studio per mancanza della benché minima occasione di lavoro in merito.
Tuttavia qui, nel viale Leonardo mi sento sociologa, antropologa, psicologa e guaritrice
di uomini che si trovano sul punto di essere rottamati dalle mogli o buttati via dalle loro
fidanzate. La funzione socialmente positiva svolta da noi donnacce, poco di buono,
puttane, prostitute, zoccole, mignotte, troie, busone, è in realtà quanto di più importante
possa essere esercitato da una donna a buon pro del genere umano. Il disprezzo sociale
che ci circonda è enorme, eppur lo sopportiamo, perché sappiamo che, almeno per
quanto riguarda gli uomini, è quasi sempre purissima apparenza, perché diversamente
non guadagneremmo mai neppure un euro. Al contrario io stimo che a Firenze e nel
circondario ci siano almeno duecento uomini che non dicono a nessuno quanto sia
importante per loro aver fatto biblica conoscenza col mio corpo. Quando un uomo
importante come lei emana un editto contro la prostituzione al pari di un proconsole
dell’Impero Romano, nessuno di questi tipi osa aprir bocca a nostro favore e anzi molti,
per depistare eventuali sospetti su di loro, si mettono a vomitare veleno contro di noi,
contro lo schifo dell’amore prezzolato. Ma almeno quando si viene da noi le tariffe sono
chiare, venticinque euro ogni mezz’ora, e se si pretende una prestazione doppia bisogna
pagare una tariffa doppia, se tripla tripla. Tutto chiaro, senza cattive sorprese. Molti
pagano la tariffa doppia perché passano la prima mezz’ora a parlarmi della moglie che
non si concede se… non si prendono in casa la suocera… se non cacciano di casa la loro
madre… se non comprano la cucina nuova… se non accettano di andare al mare anziché
in montagna… se… se… se… e poi scoprono che le loro consorti hanno amanti a
grappoli. Tariffe esose per prestazioni coniugali incerte e di scarsa qualità perché un mal
di testa o che altro posson sempre arrivare all’ultimo minuto, mentre con i loro amanti
fanno davvero di tutto e come son puntuali, ché altrimenti quelli le scaricano come loro
vorrebbero fare o fanno con i mariti. E così, caro sindaco, questi ultimi ci arrivan la sera
che son proprio da carro attrezzi: scoraggiati, senza nessuna fiducia in se stessi,
amareggiati per le tante ingratitudini delle mogli, per i loro tradimenti, per le loro
sconfitte in tutti i campi, dal lavoro alla squadra di calcio, mentre da noi provano il
piacere di sentirsi uomini! E che uomini! Ma lo sa, signor sindaco, che i maschi della
sua cittadinanza dai quarant’anni in su, quando vengono da noi metton subito le mani
avanti, e non per i soldi. Dicono quasi tutti: “Sai… ho bisogno di qualche minuto e
anche delle attenzioni in più… perché… negli ultimi tempi… causa lo stress… è
successo che…”. Insomma è successo che con le mogli, anche quando quelle
acconsentono a unirsi a loro nel talamo, è mancata… è mancata… insomma, ha capito,
no? e chiedono… una speranza! Allora io dico: “Signore, niente vane speranze ma
tariffa doppia, perché se nella prima parte mi sta raccontando le malefatte di sua moglie,
nella seconda la sistemerò io per le feste!”.
Quando poi li lascio andare crepano, dico crepano – cioè alla lettera, son così pieni di
autostima che in superficie gli si fanno le crepe di fiducia nella vita, nelle proprie
capacità amatorie, nell’adeguatezza e nel buon funzionamento della loro dote
anatomica, nella loro simpatia personale e guardano alle mogli senza più paura o
rancore ma con compassione, perché constatano come quelle si accontentino di amanti
che si accontentano di loro, e siccome sono pur sempre le madri dei loro figli, magari
fanno loro qualche regalino… di consolazione! E loro che si aspettano di venir
rimbrottate per i loro amanti si trovano anzi gratificate da mazzi di fiori o gioiellini o
anche pellicce e non osano chiedere perché. Ha visto che movimento di denaro
comporta la mia attività e non solo a mio beneficio ma anche del suo comune di
Firenze, perché fiorai, gioiellieri, sarti, agenzie di viaggio e altri, godendo di introiti
maggiori, pagan più tasse per i forzieri comunali! E non parliamo delle fidanzate, che
sono lagnose, a giornata, lunatiche, capricciose, oggi scostumate, domani confessate e i
poveri fidanzati sempre appesi alla bilancia dei loro umori in perenne altalena. Ma poi si
decidono, metton mano ai venticinque euro, che in caso di bei giovani molto bisognosi
si posson scontare a venti, anche a quindici, e noi li rimettiamo in sesto. Così Lei, caro il
nostro sindaco, non solo ci deve casse comunali scoppiettanti, ma anche il buon nome
della cittadinanza maschile, ben appagato e stabilizzato, un tasso di delinquenza
sessuale quasi uguale a zero, meno liti nei condomini o per questioni di precedenza o gli
ultras dello stadio molto meno aggressivi di quel che sarebbero senza fare il loro saltino
settimanale a viale Leonardo. Eh sì, perché, l’inappagamento sessuale rende feroci e
ogni occasione è buona per attaccar briga. Ora, Lei che vuol cacciarci via da qui, si
comporta come se i pisani scavassero via la terra da sotto la Torre di Pisa, da lato da cui
2
pende. Da sociologa laureata posso assicurarle che qualsiasi buona intenzione possa
animare questo suo proposito, il risultato sarebbe catastrofico: casse semivuote e…
molti, ma molti più gay in città, ma quanti! Sarebbero così numerosi che i turisti
eterosessuali rinuncerebbero a Firenze come meta obbligata dei loro tour in Italia! E
dico questo non perché ce l’abbia con i gay o consideri disdicevole la gaiezza, ma
semplicemente perché, com’è ben dimostrato dalle carceri di tutto il mondo, dalle
grandi navi in giro per i sette mari e da tanto altro, l’uomo o la donna, impediti di
accedere alla confidenza col sesso opposto, diventano gay e lesbiche per lo più in modo
temporaneo ma molti anche in modo completo e definitivo. Ora, ripeto, senza avercela
con gay e lesbiche perché non sono affatto nocivi per le sorti del mondo, e anzi oggi
sono accettati, pubblicamente apprezzati e anche politicamente coccolati, perché
rappresentano poniamo il 10% della popolazione, una volta diventati il 30-40% se non
addirittura il 50% del totale, beh, per tutti quelli che non lo sono l’aria si farebbe
pesante, specialmente se venisse fondato un partito dal nome poniamo, Democrazia
gay, che potrebbe poi conquistare la maggioranza assoluta. Lei, caro signor sindaco,
perderebbe di certo la sua poltrona (a meno che… ma non oso pensare a questa
eventualità!) e la maggioranza assoluta trasformerebbe Firenze in una succursale di San
Francisco in Italia il che sicuramente danneggerebbe il turismo artistico, perché in
genere chi lo pratica non ama le città sessualmente esuberanti. S’immagina gli Uffizi
penosamente vuoti e una drastica riduzione dei suoi introiti comunali?
Ma poi sa dirmi il nome di un solo grande scrittore o regista – dico quelli grandi
davvero – che non ci abbia messo al centro di qualche loro rappresentazione
importante? Lasciamo stare la poesia, dove l’animo deve sempre cercar di sembrare
sublime, ma racconti, romanzi e film sono ritratti del mondo e dentro ci siamo anche noi
e nessun regista o scrittore ci ha mai descritte come distruggitrici di uomini, rovinafamiglie, peste della società, ma come donne che fanno un mestiere che, pur coperto da
improperi, risulta poi necessario. Noi siamo le concubine degli imperatori romani, le
innumerevoli mogli degli sceicchi, le cortigiane dei signori e di monarchi, siamo le
signorine dei saloon del West, siamo Marlene Dietrich dell’Angelo Azzurro, siamo
Sofia Loren di tanti suoi film, siamo Julia Roberts di Pretty Woman. Orbene, caro
signor sindaco, come avrebbero fatto e fanno tuttora scrittori e registi a descriverci così
bene se non ci avessero conosciute altrettanto bene nella realtà? E quel suo Dante
Alighieri? È sicuro che Beatrice fosse la santa che ha voluto farci credere? Anche noi, a
volte, diamo la beatitudine, o almeno così ci dicono quasi tutti i nostri clienti anche se
3
loro non ci dicono poi: “Sei la mia Beatrice” ma “Sei la mia…!”, ha capito, no? Una
volta un professore di Lettere mi ha spiegato che “nel mezzo del cammin di nostra vita”
vuol dire il membro maschile, perché il “cammin di nostra vita” non è altro che la
circonferenza addominale al bacino, che voi chiamate “vita”, e quindi il membro si
ritrovò “in una selva oscura, che la diritta via era smarrita”, cioè essendo il suo Dante un
po’ inesperto nella “selva oscura”, che lei sa bene di che si tratta, perse la “diritta via”,
per mancanza di pratica, non si trovava più e la selva, chiamandola così, gli risultava
“aspra” e “forte”, che un po’ aspra a volte lo è davvero se non ci si può lavar bene e
forte, anzi fortissima, è di necessità, perché non è detto che dietro il cespuglio vi sia
necessariamente il sentiero, ma può ben esservi la roccia “che nel pensier rinnova la
paura”, lo credo bene. E poi se Beatrice era davvero una santa si doveva chiamare
Beata, come dire Benedetta. Ma Beatrice perché? Secondo il professore Beatrice era il
soprannome affettuosa a una che faceva il mestiere. Insomma, signor sindaco… E non
ho parlato dei pittori! Chi sono le modelle dei pittori? Le brave mamme di famiglia o
noi? Non per parlare male di loro, ma visto che loro parlano sempre male di noi, ebbene
senza di noi non esisterebbe una sola bella immagine della femminilità, a parte le
Madonne. A proposito: quando verrà il momento in cui un prete, anziché fare Porta a
Porta con Bruno Vespa e star lì sermoneggiare che ci vuol redimere per salvare la
nostra dignità umana togliendoci dalla strada, così dopo potremo finalmente morir di
fame, perché non viene a trovarci a Viale Leonardo a piedi nudi come San Francesco? E
senza far salva la castità, che vuol fare? Un corpo ce l’ha: perché lo deve mortificare
perennemente? E’ un’ingiustizia senza fine avere il pene e tenerselo solo come fonte…
di pene infinite, perché gli è stato vietato di usarlo! Si sposino, i preti! E si sposino con
noi, se è vero che voglion toglierci di strada! Noi siamo pronte a convertirci purchè non
ci facciano fare le sagrestane – che le messe e le cerimonie sono affari loro – ma le
donne di casa che sanno deliziare i mariti a tavola e a letto. Ora basta con le prediche.
Visto che dicono così spesso di essere uomini anche loro, che lo dimostrino! E poi le
femministe, le sindacaliste rosa, il telefono rosa, le associazioni associate… chi la vede
mai questa gente? Compagne della sinistra. Stracompagne femministe, sensibilissime di
ultima generazione, per voi noi siamo “le nigeriane”, “le albanesi”, “le colombiane”, noi
siamo in sostanza le donnacce di sempre. Voi con noi non c’entrate. Chi vi ha visto mai
venirci a distribuire un volantino su qualsiasi argomento? Voi siete per il proletariato,
no? Noi non siamo proletariato? Sono furibonda! Signor sindaco, i senza-stimoli fanno
a gara ad abbaiarci contro, ma lei dimostri di non essere di questi! Io amo un uomo che
4
si chiama Shamyr e fa il lavavetri. Una sua ordinanza di pochi giorni fa vuole
impedirgli di continuare a svolgere questo mestiere. Un’altra ordinanza, che si vocifera
sarà emanata a breve, vuole allontanare me e le mie colleghe dal viale Leonardo. Ora,
Shamyr facendo il lavavetri per pochi centesimi alla volta, contribuisce a ridurre il
numero degli incidenti che avvengono in città a causa dai parabrezza impolverati e forse
salva qualche vita umana, che, sommata a quelle dei suoi colleghi, significa tante vite,
senza parlare dai danni alle auto. Io, dal mio canto, contribuisco a fare di Firenze una
città d’arte nel modo che le ho estesamente spiegato. Riconosca questi nostri meriti e
non dimentichi che io e Shamyr ci amiamo e forse un giorno, se riusciremo a conservare
i nostri lavori, riusciremo a sposarci.Distinti saluti.
5