Pagina 3 Editoriale Jakob Schoof
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∂Green 2012 ¥ 1 ∂Green Traduzioni in italiano1 Testo in italiano Traduzione: George Frazzica E-Mail: [email protected] Potete trovare un’anteprima con immagine di tutti progetti cliccando su: www.detail.de http://it.detail-online.com/architettura/temi/green-12012-018612.html http://www.detail.de/architektur/themen/detail-green-12012-018541.html http://www.detail-online.com/architecture/topics/green-12012-018611.html Pagina 3 Editoriale Jakob Schoof “Make no little plans. They have no magic to stir men’s blood” cioè non bisogna mai fare programmi modesti perché non sarebbero in grado di entusiasmare la gente. Così consigliava tempo fa l’architetto statunitense autore del piano urbanistico di Chicago, Daniel Burnham. Il messaggio è ancora oggi attualissimo: solo chi riesce a superare la quotidianità e ragiona la complessità risolvendola nel particolare sarà in grado di ottenere valori durevoli in architettura. Anche in questo numero di DETAIL Green offriamo spazio ad architetture che rappresentano un valido approccio ai problemi legati alle grandi sfide del nostro tempo. Nella nostra casistica includiamo anche la trasformazione di città in fase di decrescita, così come alcuni spazi abitabili economicamente sostenibili per territori in rapido sviluppo, il consolidamento delle costruzioni esistenti e, naturalmente, la riduzione del loro bilancio energetico al valore di (quasi) zero. Tuttavia, ragionare la complessità tenendo conto del particolare significa anche saper guardare oltre la pura e semplice costruzione. Le strategie climatiche per le città, nel loro complesso, sono tanto (ultra)vitali quanto lo sono le strategie che considerano sia gli edifici sia la mobilità. Lo scorso dicembre, il Ministero federale per l’edilizia, i trasporti e lo sviluppo urbano (Bundesministerium für Bau, Verkehr und Stadtentwicklung, BMVBS) ha conseguentemente portato a compimento il progetto per una “Effizienzhaus Plus con mobilità elettrica”. All’interno di questo numero vi offriamo un’ampia ed esaustiva documentazione relativamente a questo edificio, o, più esattamente, sulla sua pionieristica strategia di riciclaggio. La costruzione è a bilancio neutro di CO2, è completamente reversibile e produce una quantità tale di energia solare da permetterne l’uso da parte degli abitanti oltre che per il funzionamento dell’abitazione anche per l’alimentazione della propria vettura elettrica. unque, un modello per il futuro, a patto che D l’edificio non sollevi altre questioni di fondo. Ma una casa unifamiliare con autorimessa – anche se questa accoglie “solo” una vettura elettrica – può rappresentare un modello di edilizia sostenibile? Il mercato è certamente assetato di case unifamiliari, e, quanto minore sarà l’energia di cui necessiteranno, tanto meglio sarà per il loro successo. In futuro le vetture elettriche svolgeranno anche la funzione di accumulatori di corrente, facilitando il nostro passaggio nell’era post-fossile. Altra domanda: perché la politica dovrebbe limitarsi a seguire pedissequamente le regole del mercato e non dovrebbe invece aspirare a un ruolo attivo nella loro formulazione? Anche quando tutti gli insediamenti di case unifamiliari della Germania saranno formati solo da Effizienzhaus Plus con auto elettrica, non ci saremo certamente risparmiati la cementificazione di qualche ettaro di territorio, né tanto meno avremo evitato di tagliare con strade qualche chilometro quadrato di paesaggio, o ridotto di qualche metro le code sulle autostrade tedesche. Per questo motivo la cultura della mobilità realmente sostenibile deve essere impostata sul piano dell’urbanistica. Gli edifici Effizienzhaus Plus con mobilità elettrica ne potranno rappresentare un componente, soprattutto se progettati secondo tipologie sostenibili dal punto di vista urbano e se verranno commercializzati catalizzando l’attenzione su tutti questi aspetti insieme. Lo scambio di tecnologia nudo e crudo all’interno di un contesto strutturale già esistente – dal motore Otto a quello elettrico, dalla caldaia a gas alla pompa di calore ad alimentazione fotovoltaica – rischia solo di avere un’efficacia molto limitata. Pagina 4 Qualcosa di più di alcuni nuovi edifici: strategie di sostenibilità per Londra 2012 Oliver Lowenstein I Giochi Olimpici si svolgono per la terza volta a Londra e dal 27 luglio le manifestazioni raggiungeranno il proprio apice. Si stima che nel corso di due settimane le manifestazioni saranno seguite da 4 miliardi di persone, per la maggior parte attraverso il mezzo televisivo. Gli organizzatori non dovranno solo preoccuparsi del regolare svolgimento dei Giochi, essi saranno anche chiamati a tener fede alla promessa, già fatta, di rendere i Giochi Olimpici di Londra 2012 “i più sostenibili di ogni epoca”. Il concetto di sostenibilità è stato uno dei motivi principali per cui Londra 2005 ha ottenuto anche la possibilità di svolgere le Olimpiadi. Tutto è cominciato con il recupero dell’area – in passato una delle zone industriali più inquinate della nazione – e terminerà con l’utilizzo per un lungo periodo delle strutture appena insediate. Non è ancora possibile esprimere un giudizio conclusivo sul successo o l’insuccesso dell’operazione. Vale tuttavia la pena passare in rassegna in modo dettagliato gli obiettivi concreti prefissati e i risultati fino a oggi ottenuti. I Giochi pi ù sostenibili della storia? L’attenzione dei media si è fino a oggi concentrata sulle infrastrutture e sulle costruzioni visibili, prima di tutto sull’impianto natatorio di Zaha Hadid e sul velodromo di Michael Hopkins. Complessivamente, il Parco Olimpico collocato nella zona urbana di Stratford, a 6 km dal centro di Londra, conta otto impianti sportivi, un centro media, e sei infrastrutture, tra cui due centrali elettriche di cogenerazione, un impianto di depurazione e due stazioni di pompaggio. A ciò si aggiungono circa 30 ponti e una rete di nuovi collegamenti stradali e piazze che copre un’area di 2,5 km2. Non lontano dal Parco Olimpico si erge il Villaggio Olimpico attrezzato con la scuola appena ultimata per 1800 alunni che, durante i Giochi, sarà adibita a quartier generale amministrativo, mentre nelle vicinanze sorge un nuovo centro sanitario. Tutti gli edifici permanenti realizzati sull’area sono tenuti a ottenere lo Standard BREEAM Excellent, il livello più alto del sistema di certificazione britannico BREEAM in vigore al momento 2 Traduzioni in italiano dell’avvio dei progetti. Tuttavia, gli edifici sono solo la parte minore di un concetto sovraordinato di sostenibilità che è alla base dei Giochi. Rivitalizzazione di East London Fin dall’inizio la comunicazione pubblicitaria delle Olimpiadi ha puntato sul recupero in chiave ecologica dell’area oltre che sull’abbinamento tra la nuova rete infrastrutturale, energeticamente efficiente, e la rivitalizzazione socio-economica della zona orientale di Londra. Il Parco Olimpico si trova al centro di una delle zone più povere della Gran Bretagna, che per lungo tempo ha vissuto con la cantieristica navale prima che quest’ultima subisse un trasferimento di massa in direzione dell’Asia. Dopo quasi mezzo secolo senza alcun investimento di rilievo, tre dei quattro quartieri urbani limitrofi sono finiti nella lista dei sei quartieri più poveri della Gran Bretagna. Fino a pochi anni fa al posto dell’odierno Parco Olimpico c’era un paesaggio di vecchi capannoni e discariche abusive annoverato tra i complessi industriali più contaminati d’Europa. A seguito della decisione di realizzare le Olimpiadi si è proceduto alla ricollocazione di circa 200 imprese e di 5 000 lavoratori al seguito. A ovest l’area è delimitata da un affluente del Tamigi, il Lea. Il masterplan dello studio EDAW (oggi A ECOM) si era posto l’obiettivo di prolungare la valle del Lea verso sud, fino al congiungimento con il Tamigi, conferendole l’aspetto di un parco paesistico. Contemporaneamente si procedeva al potenziamento della stazione ferroviaria di Stratford, a est del parco, trasformandola in uno snodo di collegamento internazionale. Dal 2009 la stazione ospita la fermata dell’Eurostar che collega Londra al continente. Progettati per la demolizione Il progetto di ognuno degli impianti sportivi è stato preceduto da una valutazione del fabbisogno sul lungo termine e delle possibilità di riutilizzo. Qualora le argomentazioni a favore del mantenimento delle costruzioni al termine dei Giochi non si fossero rivelate sufficienti, le costruzioni stesse sarebbero state progettate fin dall’inizio considerandone la successiva (parziale) demolizione. L’Arena del basket e quella della pallanuoto sono entrambe strutture totalmente temporanee, mentre lo Stadio Olimpico, quello natatorio e gli impianti di Eton Manor potranno essere in gran parte smontati. La strategia si palesa in modo evidente nello Stadio Olimpico, la cui capacità sarà ridotta da 80 000 a 25 000 visitatori al termine dei Giochi. Il ridimensionamento prevede lo smontaggio sia dell’anello delle tribune superiori sia della grande struttura di copertura delle tribune stesse. Per questo motivo tutte le connessioni più importanti tra le parti di acciaio sono state realizzate con giunti a vite e non saldati. La struttura reticolare che costituisce l’anello compresso della 2012 ¥ 1 ∂Green copertura è stata costruita per due terzi usando profili cavi a sezione tonda avanzati da altri cantieri. Il peso complessivo dei tubi di acciaio necessari alla costruzione dello stadio ammonta a 3 850 tonnellate. In confronto, il “Bird’s Nest” di Pechino 2008 ha sottratto una quantità di acciaio 10 volte superiore, e oggi, pur essendo l’attrazione più visitata, rimane inutilizzato per la maggior parte dell’anno. L’eredità sociale Da qualche tempo, l’opinione pubblica britannica si interessa sempre di più alle conseguenze a lungo termine delle Olimpiadi. La domanda più urgente riguarda la trasformazione del Villaggio Olimpico in un complesso residenziale con circa 2 000 unità abitative, 1 379 delle quali destinate a famiglie socialmente svantaggiate. è prevista inoltre la costruzione di ulteriori 8 000 nuove abitazioni in altre zone del Parco dopo il 2013. Il progetto implica due grandi sfide: da una parte occorrerà trovare una logica destinazione d’uso temporanea per le superfici da realizzare se il mercato immobiliare residenziale non dovesse riprendersi nell’immediato, dall’altra non è affatto sicuro che la zona si colori dell’auspicata miscela sociale dopo il trasferimento delle prime famiglie nel 2015. Duncan Cowan-Gray, consulente per la sostenibilità presso Bioregional, fa notare come, a oggi, la vendita degli alloggi del Villaggio Olimpico sia stata soprattutto rivolta verso una clientela cosmopolita e di professionisti in movimento, trascurando completamente il cittadino medio proveniente dai quartieri vicini. Le questioni di natura sociale sono inoltre strettamente legate all’effetto occupazionale dei Giochi. Al termine delle manifestazioni, i centri stampa e media sono destinati a trasformarsi in un parco industriale per le imprese del settore tecnologico, ma gli abitanti del circondario, generalmente poco qualificati, ne potranno approfittare solo in esigua misura. L’unico nuovo e grande datore di lavoro possibile per costoro sarà lo Shopping Centre Westfield vicino al margine orientale del Parco. Gli organizzatori dei Giochi avevano originariamente promesso la creazione di 20 000 nuovi posti di lavoro nell’ambito delle opere di allestimento delle Olimpiadi, quasi 5 000 per ogni quartiere confinante. La Olympic Delivery Authority (ODA) afferma che queste cifre sono veritiere, altri le contestano, ma un servizio giornalistico della BBC riferisce che nell’estate del 2010 la parlamentare britannica della Camera dei Comuni, Rushanara Ali, ha formulato un’interrogazione per conoscere il numero dei residenti della sua circoscrizione che avessero trovato impiego, fino a quel momento, nella preparazione delle Olimpiadi. La risposta è stata: 201. Pagina 16 Città nel cambiamento climatico Jakob Schoof I numeri sono impressionanti: Berlino vuole ridurre del 40 % le proprie emissioni di CO2 entro il 2020. Londra ne prevede una riduzione del 60 % entro il 2025, Sydney del 70 % entro il 2030. Sia Melbourne sia Copenhagen vogliono raggiungere un bilancio in pareggio nei confronti delle emissioni di CO2 da qui al 2025. Vedremo se si tratta di obiettivi realistici. In alcuni casi è molto forte il sospetto che si tratti solo di fantasticherie politiche. Non è raro infatti che i Comuni prendano decisioni in materia di clima senza neanche conoscere con precisione il proprio margine d’azione e le proprie emissioni. Ciononostante, in ogni parte del globo, le città cominciano a prendere in mano le redini della battaglia contro il cambiamento climatico in modo diretto. Non si pongono più in attesa di azioni da parte del governo centrale con continui richiami al raggiungimento di un accordo internazionale sul clima. In questo senso le città sono dotate di una formidabile forza decisionale: assecondando una tendenza in continua crescita, quasi il 75 % della popolazione europea vive in aree urbane densamente popolate e utilizza più di tre quarti dell’energia complessivamente consumata nella Comunità Europea. Le iniziative comunali sul clima, inoltre, sortiscono effetti molto più diretti di quelle nazionali poiché sono più facilmente in grado di coinvolgere gli attori presenti sul territorio e di intervenire sulle specificità locali. Emissioni e obiettivi di riduzione, un primo bilancio La base di qualunque iniziativa in campo climatico deve essere data dall’inventario delle emissioni fino a quel momento registrate, costituendo, per così dire, il livello zero a cui far riferimento per ogni decremento futuro. Negli anni scorsi molte città si sono dotate di inventari di questo tipo, alcuni sono stati pubblicati per la prima volta verso la metà del 2011 nel “CDP Cities Report”, redatto da C40 Cities Initiative in collaborazione con Carbon Disclosure Project, un’organizzazione in realtà specializzata nella comunicazione dei bilanci climatici delle imprese. Il “CDP Cities Report” aiuta a capire meglio le misure pianificate dalle città. Il 57 % delle metropoli, tra quelle che hanno preso parte alla ricerca, si sono poste obiettivi concreti per la riduzione del gas serra, ma solo una su sette ha preparato anche un piano economico a lungo termine per il relativo finanziamento. Un altro punto altrettanto critico è rappresentato dal fatto che, per metà di tutte le città, il raggiungimento dell’obiettivo è previsto in tempi estremamente lunghi (oltre vent’anni e più). Se il raggiungimento degli obiettivi non viene perseguito con costanza, emerge il rischio che l’amministrazione cittadina attuale deleghi la responsabilità del progetto al proprio successore senza le dovute precauzioni e attenzioni. Le finalità sono in media rappresentate da una riduzione delle emissioni del 2–3 % annuo, con questo obiettivo le municipalità si muovono entro gli ∂Green 2012 ¥ 1 3 stessi margini di riduzione adottati da grandi imprese come Boeing o IBM. Un altro dato interessante è che quasi tutte le città (90 %) temono, nel lungo periodo, ricadute negative per sé stesse derivanti dalle m utazioni del clima; la metà circa di queste (43 %) è già impegnata a contrastarne le conseguenze. Campi d’azione di politiche climatiche a livello comunale Per migliorare il proprio bilancio climatico le municipalità possono agire su tutti i settori caratterizzati da una rilevante emissione di CO2. Gli ambiti più promettenti sono: • patrimonio immobiliare (costruzioni esistenti e nuove); • processi industriali; • trasporti e mobilità; • approvvigionamento e gestione di energia (calore e corrente elettrica); • pianificazione urbana, per porre premesse affinché non si generino più emissioni (riducendo la richiesta di mobilità con la creazione di città più compatte). In tutti questi ambiti le città possono, e devono, esigere e incentivare, organizzare e informare, mettere in comunicazione gli attori e predisporre le infrastrutture. La protezione del clima ha molte dimensioni, e tanto maggiore è il numero dei soggetti e delle discipline che una città è in grado di coinvolgere, tanto migliore sarà il risultato. Le misure di politica dei trasporti prive del supporto di un’opportuna pianificazione delle superfici sortiscono lo stesso effetto nullo dei programmi di incentivazione non adeguatamente pubblicizzati. Provvedimenti nel settore delle costruzioni nuove ed esistenti Gli ambiziosi standard energetici per le nuove costruzioni hanno, per le città, il vantaggio di essere relativamente facili da mettere in pratica dal punto di vista finanziario e di garantire alla comunità una consistente attenzione dal punto di vista mediatico. Tuttavia, non bisogna mai incorrere nell’errore di sottostimare l’impegno organizzativo e l’assistenza informativa e di consulenza da parte della comunità. Nel frattempo il Passivhaus Institut di Darmstadt ha individuato in Europa 25 regioni pilota (tra esse le città di Norimberga, Francoforte e Oslo oltre l’intero Land austriaco del Voralberg) che hanno introdotto, come minimo, l’obbligo dello standard Casa Passiva per determinate nuove costruzioni a uso pubblico. L’efficacia di queste misure sulle emissioni di CO2 è tuttavia limitata: in Germania si contano circa 40 milioni di abitazioni, ma quelle costruite ex novo ogni anno sono solo 200 000. Questo dato corrisponde a una percentuale dello 0,5 %, mentre, nello stesso Paese, la percentuale di abitazioni che sono state oggetto di un risanamento energetico è quasi doppia. Al contrario di quanto avviene per le nuove costruzioni, la maggior parte delle amministrazioni locali incontra notevoli difficoltà Rivista di architettura e particolari costruttivi A proposito di DETAIL Ogni numero, con particolare attenzione riservata alla qualità architettonica delle soluzioni costruttive, è dedicato all’approfondimento tematico di un argomento tecnologico (p.es. costruzioni in calcestruzzo, strutture di copertura, risanamento e restauro etc.). La presentazione dei più recenti progetti, realizzati in ambito nazionale e internazionale, è accompagnata da una serie di accurate riproduzioni grafiche in scala e di selezionate immagini. Le due edizioni annuali di DETAIL Concept sono dedicate allo studio analitico delle fasi del processo costruttivo, mentre le edizioni speciali di DETAIL Green, anch’esse con due uscite all’anno, informano su tutti gli aspetti della progettazione e della costruzione sostenibile. Temi delle riviste del 2012 ‡1–2 Legno ‡3 “Concept” Gastronomia ‡4 Interni (finiture) ‡5 Edifici a basso costo + DETAIL Green ‡6 Prefabbricazione ‡7–8 Facciate ‡9“Concept” Residenza per la terza età ‡10 Strutture portanti ‡11 Cemento + DETAIL Green ‡12 Tema speciale (Sono possibili eventuali modifiche.) ∂ Abbonamento ‡ Abbonamento classico € 148,–* 12 numeri all’anno (compresi i due numeri DETAIL Green). ‡ Abbonamento studenti € 78,–* 12 numeri all’anno. ① (compresi i due numeri DETAIL Green). ‡ DETAIL Abbonamento test € 29,80 Due numeri attuali della rivista DETAIL al prezzo test di soli € 29,80 incluse le spese di spedizione + imposta sull’entrata se non c’è una partita IVA. *Costi di spedizione aggiuntivi (per 12 numeri) € 43,– Per la consegna nei paesi dell’Unione E uropea, l’Imposta sul Valore Aggiunto per i non possessori di partita IVA è del 7%. ① Sarà possibile usufruire del p rezzo per studenti solo a seguito della consegna di un documento valido attestante l’iscrizione. Prezzi 2012. Institut für internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG Hackerbrücke 6 · 80335 Monaco di Baviera · GERMANIA Tel: +49 (0)89 381620-0 · Fax: +49 (0)89 398670 · [email protected] www.detail.de/shop-italiano 4 Traduzioni in italiano nell’applicazione di misure efficaci da applicare al patrimonio immobiliare esistente. Un problema è rappresentato soprattutto dall’estrema frammentazione della proprietà nei quartieri già esistenti. I piccoli proprietari, inoltre, sono spesso troppo poco informati sulle possibilità di intervento o non dispongono di sufficiente liquidità per finanziare una ristrutturazione. Fornitura di energia rinnovabile: quanta superficie serve? Le comunità più piccole, soprattutto loro, sono in grado di coprire completamente il fabbisogno territoriale di energia attingendo da fonti rigenerabili. La comunità di Jühnde, in Bassa Sassonia, è ormai nota come “paese bioenergetico”. Un impianto a biogas e una centrale termoelettrica e di riscaldamento a legna producono il 96 % del calore e quasi il doppio della corrente elettrica consumati. Per ottenere questo risultato, la comunità utilizza il 26 % della superficie agricola complessiva delimitata dai propri confini. Negli ultimi tempi, in Germania, più di un progetto di ricerca si è posto l’obiettivo di chiarire in che misura il principio possa essere trasferito anche ad altre comunità. Lo studio sull’utilizzo di aree urbane non edificate per la generazione di energie rinnovabili [1] conclude che alcune grandi città potrebbero essere quasi completamente autonome nella produzione di corrente elettrica e calore avvalendosi solo di risorse presenti sul proprio territorio. Senza sacrificare alcuna superficie agricola alla piantumazione di essenze energetiche, l’energia solare, geotermica e lo sfruttamento del potenziale di calore perduto (ricavato per esempio da impianti industriali o miniere abbandonate) sarebbero infatti più che sufficienti e in misura abbondante. Lo studio non considera tuttavia il fabbisogno di calore e corrente elettrica per l’industria e non offre spunti per avviare una valutazione economica dell’impresa. Il modello si basa inoltre sulla premessa che gli interventi di risanamento energetico siano in grado di sopperire a una quota estremamente alta di fabbisogno energetico. Lo studio ammette un fabbisogno medio di energia per il riscaldamento pari a 50 kWh/m2a per gli edifici esistenti (70 kWh/m2a nei centri storici), mentre il valore in realtà misurato in Germania nel 2010 è pari a 125 kWh/m2a [2]. Criteri per il successo Di che cosa hanno bisogno le strategie climatiche a livello locale per avere successo? Le esperienze di molti Comuni dimostrano che i criteri che garantiscono il successo nell’attuazione delle strategie d’intervento climatico necessarie sono ovunque molto simili: gli obiettivi non devono essere formulati idealmente sotto forma di cifre astratte (“meno 30 % di CO2 entro il 2020”), ma devono risultare dalla sommatoria delle potenzialità di risparmio individuate sul campo. Per mettere in atto queste potenzialità non 2012 ¥ 1 ∂Green basta informare i cittadini e le imprese, occorre coinvolgerli attivamente, in quest’ultimo caso, per esempio, adottando forme di partnerariato pubblico-privato. Anche la collaborazione di strutture locali di ricerca può rivelarsi molto utile, per esempio durante la fase di sviluppo della strategia e per condurre la ricerca durante l’attuazione. E proprio nelle città dove la strategia climatica è ancora alle prime fasi, è bene che gli sforzi siano inizialmente concentrati sui progetti relativamente facili da attuare, così da diffondere una buona dose di fiducia. In ogni caso è necessario che la protezione del clima sia considerata una missione locale. Le città possono e devono giovarsi dell’aiuto del mercato, come risorsa in più, anche perché la fiducia nel mercato come unico protagonista rischia di condurre molto rapidamente nel vicolo cieco della politica climatica. [1]Dieter D. Genske, Thomas Jödecke, Ariane Ruff, Lars Porsche: Nutzung städtischer Freiflächen für erneuerbare Energien; a cura di: Bundesministerium für Verkehr, Bau und Stadtentwicklung 2009 [2]vedi www.klimaktiv.de/article269_12150.html Pagina 22 Complesso residenziale a Ingolstadt Svolta energetica resa economicamente accessibile Gli edifici residenziali dello studio di architettura bogevischs fanno parte di un complesso abitativo di nuova costruzione che conta 142 unità residenziali e sorge nella periferia occidentale di Ingolstadt. Le costruzioni sono state finanziate da St.-Gundekar-Werk, una società immobiliare della chiesa cattolica fondata nel 1954. La missione che il committente si è dato è soprattutto quella di “realizzare spazi abitativi a prezzo contenuto per le categorie socialmente più deboli della popolazione”. Nel caso di Ingolstadt, all’esigenza sociale si è aggiunto il desiderio di conseguire un obiettivo ecologico di alto profilo: il fabbisogno di energia primaria degli edifici è inferiore di due terzi rispetto al livello prescritto dal Regolamento tedesco sul risparmio energetico del 2007 (EnEV). Più del 50 % del fabbisogno di calore degli edifici viene coperto direttamente dal sole. Le coperture piane e le facciate di testa delle stecche di abitazioni sono rivestite di lastre di fibrocemento grigio chiaro che ben si discostano dal rivestimento in tavole brune di larice dei fronti longitudinali. Gli elementi in aggetto di queste facciate, che gli architetti hanno denominato “staffe energetiche”, supportano non solo l’impianto solare-termico ma anche gli impianti centralizzati di ventilazione delle abitazioni e le condotte di mandata e aspirazione che distribuiscono l’aria orizzontalmente lungo tutto l’edificio. Nelle nuove costruzioni gli architetti hanno dedicato particolare attenzione al sistema dei collegamenti interni. Gli edifici sono do- tati di ampi porticati-ballatoio collegati da una varia serie di scale, a una o due rampe, a cascata o sovrapposte. Sia la larghezza sia il cambio di direzione servono, nelle intenzioni degli architetti, a creare zone di incontro e a rendere meno monotone le lunghe stecche. Nonostante il contesto favorevole alla creazione di nuclei familiari, la tipologia della “grande famiglia” è palesemente in via di estinzione anche a Ingolstadt-Hollerstauden. Le quattro stecche progettate dallo studio bogevischs nascondono un gran numero di alloggi di due e tre stanze. 66 delle 81 unità abitative sono state finanziate con denaro pubblico mentre le rimanenti 15, tra cui anche otto appartamenti duplex, sono state realizzate con denaro privato. Le pareti e i solai di questi condomini di due e tre piani sono sostanzialmente formati da elementi in legno compensato multistrato. In corrispondenza dei balconi gli elementi sono in aggetto e rivestiti solo con uno strato di materiale termoisolante in pendenza sulla faccia superiore. I ballatoi, al contrario (e soprattutto per la normativa antincendio), sono realizzati in calcestruzzo e termicamente separati dalle abitazioni. Per le pareti esterne sono stati prefabbricati elementi di compensato multistrato di spessore pari a 9 cm successivamente assemblati in laboratorio a formare setti di parete completi di aperture; i serramenti sono stati aggiunti invece in cantiere. Successivamente, la faccia esterna delle pareti massive in legno è stata completata con vani per l’alloggio dello strato termoisolante e infine ricoperta con tavole di larice; al termine del montaggio l’intercapedine è stata riempita di isolante soffiato a base di cellulosa. Essendo completamente permeabile all’umidità verso l’esterno, la struttura della parete offre una performance ottimale dal punto di vista della fisica tecnica. L’unica eccezione è stata fatta per le pareti divisorie tra gli appartamenti e i ballatoi che, nel rispetto delle norme antincendio, hanno ricevuto un placcaggio in pannelli di gessofibra (a tenuta di umidità) sotto lo strato di rivestimento in larice. Per questo motivo si è resa necessaria la posa di una barriera al vapore sul lato interno della parete. Con uno spessore di isolamento di 24 cm, la parete esterna vanta un valore U pari a 0,15 W/m2K. Il sole nel serbatoio Per riscaldare ampiamente l’edificio con il calore del sole sono necessarie soprattutto tre cose: grandi superfici di collettori, grande volume di accumulo e fabbisogno di calore limitato. Quest’ultimo, per le nuove costruzioni di Ingolstadt, è solo di 22,5 kWh/m2a. Per ridurre le perdite di calore per ventilazione, tutte le abitazioni sono dotate di un impianto centralizzato di aerazione di comfort con recuperatore di calore. In media, gli 862 m2 di collettori solari sul tetto dovrebbero coprire annualmente il 57 % circa del fabbisogno di calore per ri- ∂Green 2012 ¥ 1 scaldamento e acqua calda sanitaria; per la quota rimanente di calore gli edifici si avvalgono della rete di teleriscaldamento. Per ottenere il migliore tasso di copertura solare, i condomini sono stati integrati con due bollitori solari da 272 m3 complessivi che occupano ognuno la distanza tra il piano cantinato e la copertura. Con il tempo, all’interno dei serbatoi si formerà una stratificazione termica continua, compresa tra 30 e 80 °C, e in questo modo sarà possibile immagazzinare nella posizione più corretta il calore ottenuto sia dal teleriscaldamento sia dai collettori, oltre a quello proveniente dal circuito di ritorno del riscaldamento. Per l’alloggiamento dei bollitori è stato predisposto un locale, interno all’edificio, completamente chiuso e coibentato con cellulosa. Dall’esterno sono accessibili solo i termorivelatori che controllano l’andamento della temperatura nel serbatoio. Attraverso un codice di colori (rosso = caldo, blu = freddo) i valori misurati sono visibili su alcuni display a LED integrati nella facciata e alti come l’edificio, inoltre possono essere richiamati anche su uno schermo situato nella sala condominiale comune. Riguardo all’approvvigionamento di calore i quattro condomini a stecca sono compartimentati in due settori, uno per ogni bollitore. Il sistema di riscaldamento consegna acqua calda con temperatura di mandata a 60 °C. Gli alloggi sono dotati di corpi scaldanti, ogni abitazione possiede una stazione, completa di scambiatore di calore, che distribuisce il calore nel circuito interno dell’alloggio e nelle condutture di acqua calda di bagno e cucina. Il vantaggio di questo sistema è che non è necessario predisporre alcun accumulo di calore nell’abitazione e questo fa sì che il problema della legionella si riduca consistentemente. In questo modo si ottengono inoltre temperature di ritorno dell’acqua riscaldata inferiori a 30 °C implementando l’efficienza complessiva dell’impianto solare. Pagina 30 Edificio amministrativo a Krems Un modello ufficiale Promuovere, esigere e dare il buon esempio è la semplice formula che Stato, Regioni e Comuni dovrebbero tenere sempre ben presente quando si occupano di edilizia energeticamente efficiente. In questa direzione, nel 2007, il Land della Bassa Austria ha deliberato che da quel momento tutti gli edifici pubblici dovessero essere conformi allo standard Casa Passiva. Quello che fino a questo momento è considerato il più importante frutto di questa politica – e fino a oggi anche il più grande edificio per uffici a tecnologia passiva dell’Austria – è visitabile dall’inizio del 2011 nel capoluogo di distretto di Krems, circa 60 km più a ovest di Vienna. Il Niederösterreichhaus raggruppa sotto un unico tetto l’Amministrazione distrettuale, alcuni uffici regionali e la Camera di Commercio. Traduzioni in italiano5 L’area edificata è a soli due minuti di cammino dalla stazione centrale, al margine del centro storico di Krems. Confina a sud con la Ringstrasse (che in questo caso non forma alcun anello ma la principale arteria di attraversamento del centro cittadino in direzione ovest-est) e a nord con le mura medievali. Gli architetti hanno articolato il volume di quasi 60 000 m3 in tre corpi, prolungando quel tessuto urbano estremamente frazionato di stradine e piazzette che contraddistingue il centro storico. Più che con un edificio ci si confronta con un tipico quartiere della Bassa Austria; nessuno dei tre corpi di fabbrica è effettivamente isolato, tutti confinano almeno per un lato con il tessuto esistente. Nel complesso, il Niederösterreichhaus offre spazio a 220 impiegati, il che non è effettivamente molto in confronto alla quantità di superficie costruita; occorre tuttavia tenere conto della lunga lista di destinazioni d’uso particolari che sono state integrate, dalla sala di diagnostica a raggi X dell’ufficiale sanitario al rifugio di protezione civile per la dirigenza del distretto. Ciononostante è avanzato anche spazio per un atrio ad altezza di fabbricato all’interno del blocco A e una corte interna nel blocco C. Gli uffici, su richiesta della committenza, sono stati prevalentemente realizzati in cellule che ospitano uno o due impiegati. Solo 25 % di superficie finestrata L’uniformità estetica dei tre corpi di fabbrica è stata fondamentalmente ottenuta con le facciate bucate rivestite di intonaco beige chiaro che includono anche i livelli dell’autorimessa. In seguito all’entrata in vigore della delibera del 2007 in materia di case passive, gli architetti sono stati costretti a riformulare il progetto delle facciate, tra l’altro perché le nuove norme di capitolato fornite dal committente richiedevano a questo punto un massimo di superficie finestrata del 25 %. Per non creare un edificio pubblico con le caratteristiche di una fortezza, gli architetti hanno optato per un ampliamento ottico della superficie finestrata integrando i serramenti trasparenti (fissi) con ante opache di aerazione in alluminio coibentato. L’ombreggiamento delle aperture è garantito dalle veneziane esterne di alluminio; il terzo superiore delle stesse, separatamente regolabile, è anche in grado di deflettere la luce diurna verso l’interno degli ambienti. Tutti gli uffici, inoltre, in base alle esigenze del committente, possono essere schermati dagli sguardi indiscreti per mezzo di sobri tendaggi a tutt’altezza che rivestono internamente la parete. Il piano terra esibisce una facciata in montanti e traversi con tende alla veneziana integrate nella vetrocamera per impedire azioni vandaliche. Un progetto impiantistico snello Il complesso è servito da quattro centrali di ventilazione che forniscono 43 000 m3 di aria fresca all’ora. Prima di entrare nell’edifi- cio, l’aria viene preriscaldata in due collettori terrestri lunghi complessivamente 2000 m. Durante le notti d’estate l’impianto di aerazione degli uffici garantisce un ricambio orario raddoppiato per abbassare la temperatura interna nel modo più efficiente possibile. Il calore per il riscaldamento è fornito dalla locale rete di teleriscaldamento e giunge all’interno attraverso i corpi scaldanti installati negli ambienti: una soluzione decisamente atipica per un edificio passivo. Il raffrescamento attivo è invece previsto solo nei locali che ospitano i server e nelle sale riunione, tramite condizionatori a split, e negli uffici della Camera di Commercio, con macchina frigorifera a compressione e soffitti refrigeranti. In tutti gli altri uffici i picchi di calore della stagione estiva vengono temperati grazie a un sistema di raffreddamento adiabatico dell’aria: prima di passare attraverso lo scambiatore di calore l’aria viziata viene raffreddata da un sistema a spruzzo d’acqua. In questo modo essa perde circa 4 – 5 gradi di temperatura anche se ciò non garantisce di restare al di sotto di determinate temperature massime. Tuttavia, grazie all’ombreggiamento reciproco dei corpi di fabbrica, solo pochissimi ambienti sono soggetti realmente a surriscaldamento. Soffitti completamente liberi da impianti La semplicità del sistema impiantistico si riflette anche sul piano degli uffici. Solo i corridoi sono equipaggiati di controsoffitti per nascondere il passaggio dei canali di mandata della ventilazione. L’aspirazione, al contrario, avviene senza l’ausilio di canalizzazioni: l’aria viziata arriva nei corridoi grazie alle aperture in sovrapressione e da qui viene aspirata verso i nuclei dei corpi scala. I soffitti degli uffici sono completamente privi di impiantistica, sotto il solaio di calcestruzzo verniciato di bianco pendono solo pannelli acustici senza alcuna altra funzione di raffrescamento, ventilazione o illuminazione. L’illuminazione artificiale è assicurata soltanto dalle lampade a stelo controllate da timer e rilevatore di presenza. Pagina 36 Riqualificazione residenziale a Egg Futuro e tradizione L’edificio, anno 1966, possedeva una copertura bassa con un ampio aggetto e una pianta spigolosa. La coibentazione era quasi inesistente e le stanze, di conseguenza, abbastanza difficili da riscaldare. Il sottotetto offriva molto spazio di risulta ma poco volume abitabile. Il committente, Jos Simma, aveva acquistato la costruzione di mattoni di un piano e mezzo dai parenti, rendendosi immediatamente conto che non era idonea a ospitare una famiglia con stile di vita attuale. Mantenuti solo il piano terra e la cantina Dall’esterno è quasi impossibile riconoscere la vecchia costruzione sotto il nuovo manto 6 Traduzioni in italiano di scandole. Il piano superiore è stato completamente rimosso per essere sostituito con uno più alto realizzato in struttura a telaio di legno. Persino il colmo della copertura è stato girato di 90 ° e ora corre in direzione nordsud invece che est-ovest. Il tetto è formato da lunghi e snelli elementi scatolari di legno, riempiti già nel laboratorio di carpenteria con uno strato isolante di balle di paglia alto quasi 80 cm. Anche gli elementi intelaiati di legno che formano le pareti del primo piano sono prefabbricati, ma, al contrario dei primi, sono stati coibentati solo in opera. La stessa cosa vale per le pareti del piano terra, dove dietro allo strato isolante di paglia sono stati mantenuti i vecchi muri di mattoni. Il rivestimento interno ed esterno delle pareti, i pavimenti e gli infissi sono realizzati in legno di conifera del Voralberg, con alberi abbattuti personalmente dal committente e affidati alle mani di artigiani locali. Per le facciate è stato usato l’abete rosso, per gli interni l’abete bianco. Rispetto ai formati tradizionali, le scandole di legno sono di dimensioni eccezionalmente maggiorate e sono state realizzate anch’esse completamente a mano. L’ingresso principale dell’abitazione non è più a nord ma a sud. Una specie di armadio da giardino resistente alle intemperie, in pannelli di fibrocemento color antracite, separa la zona dell’ingresso dalla vicina terrazza a sud e accoglie un ripostiglio per le carrozzine, i mobili da giardino e la cassette delle lettere. Un capovolgimento è avvenuto anche nel piano terra: la cucina con la zona pranzo è stata spostata a est al posto della vecchia camera da letto, mentre la posizione della cucina è occupata da una stanza da lavoro. Immediatamente dietro l’ingresso si apre un volume vuoto di due piani che funge da guardaroba e collega i due livelli della casa. Al piano superiore è collegato con la zona di lavoro della padrona di casa tramite un ballatoio. Costruzione in legno senza purismo: gli ambienti interni Mentre dall’esterno la casa appare presumibilmente costruita soltanto di legno, all’interno la varietà dei materiali si fa molto più ampia. Le superfici sono state decorate attingendo da una tavolozza di quattro colori: pareti, armadi e pavimenti del piano superiore sono in massello chiaro, i soffitti sono in pannelli di cartongesso con rasatura bianca, la zona dell’ingresso è contrassegnata da una pavimentazione nera in asfalto colato che si intona con gli eccentrici telai intorno alle finestre in pannelli di gessofibra smaltati di nero. La stessa tonalità scura caratterizza il blocco su due livelli dei servizi sanitari intorno al quale la scala si trasforma in un ballatoio. Il volume non tocca il soffitto, ma, nella parte superiore, termina con una lastra di vetro ricevendo la luce da una finestra a tetto collocata sopra le scale. 2012 ¥ 1 ∂Green Con l’esclusivo intento di donare una nota di colore, Georg Bechter ha scelto il verde erba come quarta tonalità, di questo colore sono alcuni tappeti, la porta scorrevole in feltro che conduce in soggiorno e la voluminosa stufa di maiolica. Le tre camere del piano superiore sono state intonacate in modo piuttosto grezzo con malta di argilla che normalmente viene usata per formare l’intonaco di fondo. Quasi ovunque sulle pareti sono visibili i fili di paglia dell’impasto che servono a impedire la formazione di cavillature e il materiale naturale mostra tutto il suo carattere in modo completamente sincero e chiaro. Riqualificazione con componenti da Casa Passiva La stufa di maiolica del soggiorno è l’unica fonte di calore di questa abitazione dotata di termoisolamento con caratteristiche simili a una casa passiva. Non vi sono corpi scaldanti né pavimenti radianti, il calore della stufa a legna si distribuisce naturalmente negli ambienti della casa. L’acqua calda sanitaria è assicurata da una pompa di calore aria-acqua aggiuntiva che utilizza l’aria interna della cantina come sorgente di calore. L’immissione e l’estrazione controllata dell’aria, con passaggio in recuperatore di calore, contribuiscono ad abbattere al minimo le perdite di calore per ventilazione. L’aria fresca viene aspirata in giardino, immessa in uno scambiatore terrestre lungo 50 m e infine ulteriormente riscaldata con il calore proveniente dall’aria di smaltimento, all’interno dell’unità centrale di ventilazione (scambiatore di calore a flussi incrociati con coefficiente di recupero del 75 %). D’estate il registro terrestre serve a raffrescare l’aria in immissione facendo in modo che durante la prima parte dell’estate la sua temperatura non superi mai i 17 °C. La distribuzione dell’aria all’interno della casa avviene attraverso i condotti a pavimento integrati nel massetto di spessore fino a 22 cm. Le aperture di immissione sono nelle pareti esterne a un’altezza poco inferiore a quella delle ginocchia; l’aspirazione è concentrata nelle toilette, in bagno e in cucina. Pagina 42 Ristrutturazione di un blocco residenziale a Halle/Saale Progresso attraverso ridimensionamento Una volta Halle-Neustadt era l’incarnazione in calcestruzzo delle speranze del Socialismo reale. La “Città degli operai della chimica” fu fondata nel 1967: il materiale da costruzione fu fornito da una fabbrica di elementi prefabbricati di calcestruzzo appositamente costruita sul posto. Alla fine degli anni Ottanta la città contava 90 000 abitanti, oggi il numero è dimezzato e in futuro è destinato a diminuire ulteriormente. La realtà è tuttavia leggermente migliore di quanto i numeri e la fama del quartiere, con- quistata sui media, possano far pensare. Il calo degli abitanti nel centro di Halle-Neustadt è nel frattempo rallentato, molti edifici di pannelli prefabbricati sono stati riqualificati, gli spazi pubblici hanno un aspetto più curato di quello riscontrabile in molte altre grandi città della Germania. Fino a oggi Halle-Neustadt ha conservato la struttura urbana del periodo socialista. Nonostante la scala gigantesca degli interventi, le grandi stecche residenziali a L conferiscono al quartiere una struttura più o meno labirintica. Le riqualificazioni attuate fino a questo momento hanno riguardato soprattutto l’isolamento termico di facciate e coperture, la sostituzione di impianti di riscaldamento e il miglioramento planimetrico degli alloggi, modificando solo in rari casi la volumetria degli edifici. Il blocco di cinque piani Oleanderweg 21– 45 rappresenta tuttavia un’eccezione: eretto nel 1971, prima della ristrutturazione conteneva 125 alloggi distribuiti in 13 condomini. L’immobiliare municipalizzata per la costruzione di alloggi GWG Halle-Neustadt, proprietaria dell’immobile, aveva da tempo programmato di eseguirvi una riqualificazione modello con uno standard migliore di quello solitamente adottato. Il progetto di Stefan Forster Architekten prevedeva la demolizione parziale dei piani alti, la realizzazione di nuovi spazi privati all’aperto e la riformulazione completa delle planimetrie. A causa della demolizione parziale, la superficie abitativa è diminuita del 20 % e il numero degli alloggi si è ridotto di un terzo. Gli architetti hanno riservato particolare attenzione agli spazi all’aperto a uso privato che in passato erano eccessivamente sottodimensionati: gli alloggi dell’ultimo piano si sono arricchiti di splendide terrazze di 30 m2, gli altri livelli sono stati dotati di ampie balconate continue sul fronte sud che offrono affaccio su un corridoio di verde urbano largo 50 m. Oggi, gli undici blocchi contengono 81 appartamenti. Il taglio precedente da 60 m2, tre camere con bagno e cucina non finestrati, è stato trasformato in 18 tipologie differenti, la più piccola delle quali misura 36 m2, la più grande 130 m2. Solo un vano scale ogni due è stato conservato. Date le caratteristiche del quartiere, i dieci alloggi duplex del piano terra e piano primo rappresentano un’altra particolarità: in questo caso sono stati ricavati veri e propri alloggi tipo “Townhouse” dotati di accesso e scala indipendenti, con quest’ultima che collega anche la cantina. Per quanto riguarda gli interni, gli architetti sono riusciti a ottenere un’apertura assolutamente straordinaria partendo dalla tipica pianta del prefabbricato. Oggi il piano terra è formato essenzialmente da un unico grande soggiorno che si amplia ulteriormente grazie al bow window aggiunto sul fronte sud. Lo stesso bow window si ripete anche a tutti i piani superiori, le cui piante, caratterizzate da stanze più piccole, ∂Green 2012 ¥ 1 hanno mantenuto una distribuzione molto più simile all’originale. Dal punto di vista strutturale, l’ampio svuotamento operato sul volume esistente è equivalso a un vero e proprio atto di forza. In molti punti si è resa necessaria l’integrazione di travi di acciaio per permettere la deviazione dei carichi verso il solaio, mentre in precedenza la stabilità era assicurata dai setti interni. La maggior parte del costo della riqualificazione è per l’appunto attribuibile alle opere di consolidamento statico. Pagina 48 L’edificio come serbatoio di risorse: la pratica dell’edilizia recycling-friendly Werner Sobek, Valentin Brenner, Petra Michaely Il progetto pilota “Effizienzhaus Plus con mobilità elettrica“, portato a compimento a Berlino nel dicembre 2011 (in seguito denominato F87 per la sua posizione in Fasanenstrasse 87) rappresenta un notevole passo avanti nella direzione di un’edilizia particolarmente attenta all’efficienza delle risorse. Fin dalle origini, la fase del ciclo di vita di fine vita (end of life) è stata parte integrante del progetto. Nella scelta dei materiali da costruzione, come nella progettazione delle combinazioni tra gli stessi materiali, è stata data la massima attenzione alle possibilità di recupero differenziato dei singoli elementi in fase di demolizione e al loro reinserimento nel ciclo dei materiali. Il progetto F87 eseguito per conto del Ministero federale per l’edilizia, i trasporti e lo sviluppo urbano (Bundesministerium für Bau, Verkehr und Stadtentwicklung, BMVBS) produce più energia di quella consumata mediamente nel corso dell’anno dai suoi quattro abitanti e dal veicolo elettrico abbinato all’abitazione. Attualmente la demolizione è prevista dopo un utilizzo massimo di tre anni. Il concetto dei materiali Alla base di ogni processo di riciclo c’è l’impiego di componenti idonei a sostenere il ciclo di recupero. Un requisito apparentemente banale che tuttavia, nella pratica, rappresenta una vera e propria ragguardevole sfida. Molto spesso le informazioni sulle possibilità di recupero di molti materiali da costruzione sono scarse e le banche dati comunemente in uso forniscono sovente solo informazioni lacunose circa le caratteristiche di riciclabilità di un dato elemento o materiale edilizio. Anche le molto promettenti dichiarazioni ambientali (EPDs) non sono necessariamente tenute a considerare la fase di fine vita e, di regola, tendono a liquidarla in modo semplicistico. L’ipotesi sui materiali espressamente elaborata per F87 si basa invece sull’assunto che, in caso di demolizione, tutti i materiali impiegati nella costruzione dell’edificio possano essere riutilizzati o rivalorizzati per quanto concerne la materia. Lo studio in proposito, che ha coinvolto produttori, esperti di mate- Traduzioni in italiano7 riali e aziende di riciclaggio, ha richiesto notevole impegno da parte del progettista. Una parte dei materiali da costruzione sarà ritirata direttamente dai produttori e riciclata; in funzione del tempo relativamente breve di esercizio di F87, alcuni elementi e componenti impiantistici (come per esempio l’impianto fotovoltaico) potranno essere direttamente reimpiegati in altri progetti. Nella scelta dei materiali è stata posta molta attenzione al fatto che essi fossero biodegradabili o idonei a essere lavorati, con processi comunemente in uso, per ottenere materiali da costruzione riciclati pregiati. Per esempio, data la premessa che i materiali metallici offrono infinite modalità di riciclaggio, la scala e molti elementi da incasso e d’arredo, compresa la cucina componibile, sono stati realizzati in materiale metallico. Costruzione La struttura in pannelli di legno poggia su fondazioni lineari di calcestruzzo armato e non è ulteriormente ancorata al suolo, in questo modo l’edificio può essere completamente demolito senza lasciare traccia sul terreno. Una struttura ampiamente prefabbricata in legno, coibentata con cellulosa soffiata e rivestita su entrambe le facce in laboratorio, rappresenta un sistema particolarmente adattato al riciclaggio e molto conveniente dal punto di vista del bilancio ecologico, consentendo, oltre tutto, un’agevole realizzazione in tempi prestabiliti. Grazie all’elevato livello di prefabbricazione, soprattutto per quanto riguarda l’involucro esterno e la copertura, le particolari esigenze rispetto alla qualità esecutiva sono state completamente soddisfatte in tempi molto brevi. La pareti esterne opache sono rivestite di pannelli retroventilati e smontabili in vetro o moduli fotovoltaici; l’impianto fotovoltaico del tetto è appoggiato alla copertura con una zavorra di pietrisco. Anche le grandi facciate in vetro si distinguono per il sostenuto grado di prefabbricazione e i tempi relativamente contenuti di montaggio. Smontabilità e separabilità Per garantire il reintegro completo dei componenti da costruzione nel ciclo dei materiali, sono state definite 20 unità di riciclaggio che richiedono una raccolta in frazioni separate in caso di demolizione. In questo modo sono state poste le basi di un processo di riciclaggio di alto profilo. Ogni elemento della costruzione può essere scomposto nelle 20 frazioni citate, allo stato puro e libero da qualunque apprezzabile residuo di altri materiali. Le tecniche di giunzione degli elementi costituiscono una premessa importante per il conseguimento del risultato. Si è quasi completamente rinunciato alle unioni incollate e non reversibili, mentre le unioni a vite, a incastro e ammorsate si sono rivelate molto utili, così come gli appoggi semplici e i materiali sciolti. In nessun caso si è fatto ricorso a schiume o tecniche di giunzione non a secco. La possibilità dell’incollaggio è stata presa in considerazione solo nei casi in cui il fissaggio meccanico avrebbe prodotto risultati inaccettabili dal punto di vista tecnico o estetico, come nel caso dei rivestimenti a parete in vetro nei bagni. In queste situazioni eccezionali è stata tuttavia posta particolare attenzione al fatto che gli adesivi potessero essere rimossi, senza lasciare impurità, dalle travi e dal fondo al momento dello smontaggio. Identificabilità e documentazione Il miglior progetto di riciclaggio diventa inutile quando al momento di operare l’impresa responsabile della demolizione e del riciclaggio non dispone delle informazioni necessarie. Considerando l’incalcolabile numero di materiali da costruzione differenti, generalmente non è più possibile riconoscere e identificare i materiali attraverso il normale controllo a vista. Nel caso dell’edificio pilota, il previsto periodo di utilizzo di tre anni è molto breve ma richiede ugualmente la fornitura di una documentazione esplicita e completa relativamente a tutte le informazioni utili al riciclaggio. Per ognuno dei materiali impiegati nella costruzione tale documentazione deve contenere l’esatta denominazione del prodotto insieme alla scheda tecnica, la reale quantificazione delle masse impegnate, il metodo di riciclaggio prefigurato e la descrizione di ogni condizione di montaggio. Pagina 51 Tecnologia solare nell’involucro dell’edificio Roland Krippner Sempre più spesso si sente dire che gli architetti non riescono ad applicare la tecnologia solare integrandola nell’edificio poiché solo in rari casi essi sarebbero disposti a progettare coperture e facciate con elementi solari da costruzione. Attività come il concorso universitario internazionale “Solar Decathlon Europe 2010” mostrano tuttavia in modo evidente che gli architetti si occupano sempre di più di solare termico e fotovoltaico. Tra le tipologie edilizie, quella residenziale è costantemente la più gettonata, manel complesso l’orizzonte delle opere edilizie da realizzare si è sufficientemente allargato. Fortunatamente si stanno registrando evoluzioni dal punto di vista sia tecnologico sia formale proprio nel campo delle costruzioni mono- e bifamiliari. Il solare termico esce dall’ombra Nel campo delle tecnologie solari integrate nell’edificio, quella fotovoltaica è più di ogni altra al centro dell’attenzione, facendo sì che il potenziale ecologico, economico e formale del solare termico rimanga spesso nell’ombra. I sistemi solari termici fondamentali (assorbitori e collettori piani o tubolari) hanno raggiunto un buon grado di maturazione tecnica ed economica e offrono molte op- 8 Traduzioni in italiano portunità d’impiego, tecniche ed estetiche, assumendo la forma di elementi da costruzione multifunzionali. Al momento i produttori stanno affrontando la sfida della riduzione dei costi attraverso l’ottimizzazione della produzione. Il processo riguarda la sostituzione dei materiali (assorbitore in alluminio invece che in rame o collettori completi realizzati in polimero), i miglioramenti costruttivi, come l’impiego massiccio di giunti pressati (tra l’altro negli assorbitori a serpentina) e i nuovi procedimenti di incollaggio. Il prossimo traguardo è rappresentato dallo sviluppo di particolari tipologie di collettore adattate per specifiche applicazioni, dal riscaldamento dell’acqua potabile, al supporto al riscaldamento ambientale, alla generazione di calore di processo per usi industriali. Gli esempi riportati in questo saggio offrono una panoramica degli elementi da costruzione a tecnologia solare termica, dall’assorbitore in metallo o plastica senza vetro di protezione, passando per un’ampia scelta di collettori piani, fino ai collettori a tubi a vuoto che possono dare un forte impulso alle produzioni dei prossimi anni. Fotovoltaico tra accenti cromatici e schermi per la comunicazione L’orizzonte creativo e formale per il fotovoltaico è molto più ampio che per il solare termico. Basta ricordare le sfumature cromatiche delle celle policristalline o a film sottile, o le caratteristiche di trasparenza e riflessione del rivestimento del modulo. Gli attuali sistemi di montaggio per tetto e facciata offrono una vasta gamma di profili e fissaggi che, oltre che per l’ottimizzazione funzionale finalizzata alla messa in opera, si caratterizzano per l’alta qualità formale delle soluzioni. Le celle e i moduli flessibili, inoltre, consentono la realizzazione pratica di progetti assolutamente innovativi. La disposizione e il dimensionamento del generatore fotovoltaico (ovvero del campo di moduli) rappresentano una sfida, soprattutto per quanto riguarda le facciate. Una volta Bruno Taut ha parlato dell’architettura come “arte della proporzione” e la sua teoria dell’architettura contiene una formulazione ancor più ampia e completa dei concetti di rapporto e relazione applicati all’oggetto architettonico. La gelungene Teilung (corretta ripartizione) ha molta importanza anche nel rapporto tra la lunghezza e la larghezza dei componenti e degli elementi solari. Da alcuni anni, inoltre, il progetto della facciata richiede anche la messa a punto di un armamentario di tipo illuminotecnico e microelettronico, che trasforma la parte migliore dell’edificio in un supporto multimediale per immagini e informazioni. Nel caso delle facciate mediatiche esiste anche la possibilità di realizzare soluzioni a bilancio energetico neutro, come nel caso della Green Pix – Zero Energy Media Wall realizzata a Pechino nel 2008 dall’architetto newyorchese Simone Giostra. La facciata vetrata forma un display 2012 ¥ 1 ∂Green di grande formato, alto 35 m e largo 60, con 2292 diodi luminosi RGB distribuiti sull’intera superficie retrostante i moduli quadrati vetrovetro che contengono la lamina di cella fotovoltaica policristallina. Le celle fotovoltaiche sono disposte con densità variabile in funzione dell’ombreggiamento e dello sfruttamento della luce diurna. Alcuni pannelli sono inoltre leggermente ruotati rispetto al piano della struttura, conferendo alla facciata un andamento mosso che contribuisce a catalizzare l’attenzione. Coperture e facciate energetiche degli edifici esistenti L’implementazione energetica degli edifici esistenti presuppone una complessità delle condizioni di partenza maggiore rispetto alle nuove costruzioni, sia per quanto riguarda l’edilizia residenziale di massa del dopoguerra sia per gli oggetti sotto tutela storicoarchitettonica. In quest’ultimo caso le resistenze e le limitazioni da parte della Soprintendenza ai Monumenti sono più che sorprendenti. La svolta energetica, in realtà, non avviene sui tetti e sulle facciate di singoli edifici e complessi tutelati, in questi casi si tratta di singole iniziative di matrice culturale volte soprattutto a ottenere grande visibilità e risonanza presso l’opinione pubblica. La riqualificazione di una storica fabbrica di birra a Bad Tölz (2009; Fig. 9) dimostra che, nonostante la complessità dei requisiti, anche la trasformazione di un tetto di laterizio in una copertura energetica può riuscire con discreto successo. L’obiettivo del progetto di riqualificazione energetica è la fornitura totale di energia rinnovabile all’intero complesso di edifici, ottenuta fondamentalmente con un tetto completamente vetrato, integrato da sistemi per lo sfruttamento dell’energia solare. Strategie architettoniche di fondo Gli esempi illustrati dimostrano che i sistemi solari sono nel frattempo diventati parte integrante di progetti innovativi e ambiziosi. In molte situazioni tuttavia, mutate le condizioni di approccio, le soluzioni tecniche e funzionali non sono applicabili. Le novità nello sviluppo delle celle, ma anche la diversificazione e l’aumento della scelta per quanto riguarda le dimensioni di componenti, profili per telai e fissaggi, oltre che sistemi di rivestimento, fanno presagire ulteriori potenzialità di sviluppo. Lo stesso discorso vale anche per l’efficienza economica degli impianti: i rendimenti del solare termico, come del fotovoltaico, sono in continua ascesa e i produttori contano sulla riduzione, in parte consistente, dei costi di produzione dei componenti. I progetti odierni si distinguono spesso per le soluzioni generali di carattere impiantistico che ottengono risultati molto ambiziosi sul piano sia ecologico sia energetico. Tuttavia queste soluzioni dimostrano anche che l’integrazione delle tecnologie solari attive può condurre a risultati sostenibili solo all’interno di un progetto generale e complessivo, anche quando le potenzialità del sistema tecnologico non vengono portate fino in fondo per tutte le casistiche. Se nel frattempo si vogliono ottenere risultati che siano contemporaneamente sensati dal punto di vista energetico e rigorosi dal punto di vista formale, occorre sempre perseguire l’optimum per funzione, costruzione, forma ed ecologia. Pagina 84 Edificio a energia zero, un concetto con molti significati Eike Musall, Karsten Voss Dall’inizio degli anni Novanta in tutto il mondo si assiste alla costruzione di edifici che tendono a un bilancio energetico in equilibrio o positivo. Sono nate così alcune definizioni, come Casa energeticamente autarchica, Casa Energia Zero, “(net) zero energy building” o “equilibrium building”. Più di 300 di queste abitazioni sono note e 130 di esse si trovano in territori di lingua tedesca. L’argomento è diventato più attuale in seguito al varo, nel maggio 2010, della nuova stesura dell’Energy Performance in Buildings Directive (EPBD) che prevede, entro il 2020, che tutte le nuove costruzioni sul territorio degli Stati membri della Comunità Europea siano “nearly zero energy buildings”. La molteplicità delle terminologie utilizzate lascia intuire la grande differenza di impostazione e rende molto difficile l’orientamento. I concetti sono difficilmente confrontabili tra loro e, con poche eccezioni, non trovano riscontro negli standard normativi o non riescono a essere adeguatamente descritti in questi termini. Differenze e affinità I processi che conducono alla redazione del bilancio energetico, illustrati in questo articolo, si differenziano per la scelta degli indicatori (energia finale, energia primaria, emissioni) e dei coefficienti di conversione, così come per la definizione di limite di bilancio e periodo di bilancio. Indicatore Nel caso dei cosiddetti Edifici-solo-corrente l’indicatore è dato dall’energia finale poiché non entra in gioco nessun altro vettore energetico. La maggior parte dei piccoli edifici (residenziali) a energia zero è basata su un approccio tecnicamente ancor meno complicato (fotovoltaico più pompa di calore). Nel caso di edifici (più grandi), che non si avvalgono solo di corrente elettrica come vettore di energia, si rende necessaria l’introduzione di coefficienti che consentano di sommare fabbisogni e consumi di energia, o cessione di energia, in base a valori di energia primaria o emissioni CO2 equivalenti. I coefficienti di conversione dipendono in modo diretto dalle infrastrutture energetiche nazionali o locali. L’uso del pellet di legno (fattore di energia primaria pari a 0,2 in Germania) può così essere confron- ∂Green 2012 ¥ 1 tato con un guadagno di energia solare (fattore di energia primaria 2,6). Attualmente, di solito, i coefficienti di conversione considerano solo la quota non rinnovabile di energia primaria impiegata. Con le biomasse ciò comporta spesso un consumo totale di energia primaria più basso, facilitando così il raggiungimento di obiettivi normativi nazionali e l’accesso ai finanziamenti. Per questo motivo, in molti Paesi, si preferisce l’uso di sistemi a biomassa per gli edifici a energia zero. Limite di bilancio Mentre quasi tutte le procedure approvate dal legislatore per il calcolo del bilancio energetico (come EnEV 2009) rivolgono la propria attenzione esclusivamente al fabbisogno energetico del sistema impiantistico, alcune definizioni di bilancio per edifici a energia zero considerano anche i consumi relativi all’utilizzo dell’immobile, come quelli di elettrodomestici, sistemi informatici, elevatori o macchine utensili, la cui percentuale di consumo complessivo sale vertiginosamente in caso di edifici efficienti ma non viene quasi mai conteggiata in modo separato per mezzo di contatori. L’inclusione nel bilancio è perciò più che sensata. I primi edifici Effizienzhaus Plus, inoltre, considerano anche il consumo di energia relativo ai sistemi elettrici di trasporto o ne conteggiano l’energia di produzione nel bilancio. I più noti sistemi di valutazione del bilancio o di etichettatura energetica considerano gli impianti di produzione di energia collegati all’edificio. Al contrario, nella pratica edilizia e specialmente nel caso di edifici (a uso non residenziale) di maggiori dimensioni, il bilancio finale viene redatto tenendo anche conto di certificati energetici ottenuti da impianti di generazione esterni, come impianti eolici, o tramite investimenti nel settore delle infrastrutture energetiche. Tuttavia, il fatto che l’energia così prodotta sia già stata conteggiata tra i fattori primari e di emissione delle reti non rende questo metodo coerente. La stessa cosa vale per gli impianti fotovoltaici che, per esempio, sono installati sugli edifici per mano di utility energetiche, ma che non hanno alcun rapporto con l’approvvigionamento energetico degli edifici stessi. Periodo di bilancio Il periodo di bilancio, per la maggior parte dei sistemi di marcatura energetica, corrisponde a un anno di esercizio. L’energia per la costruzione dell’edificio, la sua manutenzione e il suo smaltimento (ciclo di vita) non viene conteggiata e, fino a oggi, è stata solo raramente presa in considerazione alla stregua di requisito collaterale, per esempio attraverso un valore massimo (MINERGIE-A) o un punteggio di riferimento (CSH). Le prime stime dimostrano tuttavia che la differenza tra diverse tipologie costruttive (costruzione massiva o leggera) è maggiore di quella tra gli standard energetici edilizi adottati. Traduzioni in italiano9 Prospettive Tenendo conto della scarsità di risorse e della maggiore percentuale di consumi per funzioni specifiche all’interno di edifici più efficienti (per esempio corrente per uso domestico), i limiti di bilancio dovrebbero considerare anche il consumo delle apparecchiature. A favore di ciò depone anche la facilità di rilevamento e controllo che non richiede installazione di sottocontatori. In questo contesto, anche l’inclusione della mobilità elettrica diventa praticabile, poiché il veicolo può essere conteggiato alla stregua di un qualunque fabbisogno di corrente. Qualora si decidesse di compensare anche l’energia di produzione all’interno del ciclo di vita dell’edificio, si renderebbe necessaria l’adozione di uno standard Energy plus per il bilancio dell’energia di esercizio. Così come specificato anche nell’articolo 9 della nuova versione dell’EPBD, la produzione di energia per la copertura dei consumi dovrebbe primariamente limitarsi all’edificio e al suo contesto immediato. Ciò consente sicurezza di fornitura, evita trasporti dispendiosi e favorisce il raggiungimento della massima efficienza energetica. Per gli edifici di grandi dimensioni, residenziali e non, e per il patrimonio edilizio esistente, l’obiettivo della Casa Energia Zero nel contesto climatico mitteleuropeo rappresenta una grande sfida. Gli impianti fotovoltaici non dovrebbero di norma essere sufficienti per equilibrare il fabbisogno locale. Per cui, accanto alla massima efficienza energetica, la chiave del successo è data dal significativo miglioramento dell’approvvigionamento di energia (= minori coefficienti di energia primaria ed emissione per l’energia consumata). Tuttavia, anche nel caso di edifici Energy plus o a energia zero, il fattore determinante è sempre rappresentato dalla capacità di estremizzare l’efficienza energetica, richiedendo altrimenti la creazione di grandi capacità di accumulo all’interno della rete per bilanciare offerta e domanda di energia.