CODICE DEONTOLOGICO E RESPONSABILITA
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CODICE DEONTOLOGICO E RESPONSABILITA
Nel febbraio del 1999 accade un evento rilevante per l’infermieristica italiana: viene promulgata la legge n. 42 che, abroga il mansionario, indica nel codice deontologico uno degli elementi che, con il profilo e gli ordinamenti didattici, definisce il campo proprio di attività dell’infermiere. Nell’ottobre del 1999, nasce l’attuale codice deontologico degli infermieri italiani. Nel febbraio del 2009 - 10 anni dopo nasce il nuovo Codice deontologico degli Infermieri italiani frutto di un grande impegno dell’intera compagine professionale. La denominazione “Professione sanitaria ausiliaria” scompare e viene sostituita dalla denominazione “Professione sanitaria” L’infermiere non è più: “l’operatore sanitario” dotato di un diploma abilitante ma diviene il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica”. Un professionista che assiste la persona e la collettività attraverso l’atto infermieristico inteso come: il complesso dei saperi, delle prerogative, delle attività, delle competenze e delle responsabilità dell’infermiere in tutti gli ambiti professionali e nelle diverse situazioni assistenziali. il rapporto “infermiere - persona/assistito” persona/assistito racchiude due soggetti autonomi nella relazione e reciprocamente responsabili del patto assistenziale. Relazione che si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura: intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa. Il nuovo Codice deontologico: - fissa le norme dell dell’’agire professionale - definisce i principi guida che strutturano il sistema etico in cui si svolge la relazione con la persona/assistito Altresì il codice deontologico aiuta a comprendere la portata e a valutare le implicazioni di quel processo di trasformazione dei modelli organizzativi e assistenziali e la ridefinizione dei ruoli dei diversi soggetti coinvolti nelle relazioni di cura, evidenziando: a) Il ruolo del paziente, non più destinatario di interventi posti in essere nel suo interesse ma unilateralmente decisi dal medico, bensì titolare di un incomprimibile diritto all’informazione e alle scelte sulle cure e parte attiva nel processo decisionale clinico a) ruolo dell’infermiere, non più operatore sanitario chiamato ad assolvere compiti rigidamente definiti da un mansionario, e in rapporto di subordinazione gerarchica rispetto al medico, bensì professionista sanitario, investito di competenze clinico-assistenziali complementari ma specifiche, e, in relazione a queste, di un’ampia gamma di interventi nella cui attuazione opera autonomamente rispetto al medico, assumendosene appieno la responsabilità, prima di tutto nei confronti dell’assistito con cui entra direttamente in relazione. Ne discende l’importante messaggio che l’obiettivo di un’assistenza sanitaria che ponga realmente al centro la persona può essere conseguito solo se alla condizione necessaria, dell’offerta di interventi di qualità, terapeuticamente appropriati rispetto alle diverse situazioni di malattia, si associa l’ulteriore, imprescindibile condizione rappresentata dalla messa in atto, nella prospettiva della collaborazione integrata multiprofessionale di attenzioni e di azioni sempre improntate al riconoscimento che il destinatario delle prestazioni è un soggetto al quale competono, in relazione alla sua salute, valutazioni e scelte che non possono essere ignorate dai sanitari, se non all’alto prezzo e con la pesante implicazione, di cui si devono assumere la gravosa responsabilità, di annullare la libertà e di calpestare la dignità di coloro che sono affidati alle loro cure. Meritevole di riflessione è la Clausola di coscienza, messa a disposizione dell’infermiere, come di una sorta di “cambiale in bianco”, che, in nome del primato della coscienza, lo autorizzi, con prese di posizione estemporanee e, magari, opportunistiche, a far sempre e comunque prevalere i suoi valori su quelli dell’assistito, o, negandogli prestazioni clinicamente appropriate al contrario, imponendogli trattamenti da lui rifiutati. Un’interpretazione, questa, da cui è opportuno mettere in guardia, diffondendo la consapevolezza che, il farla propria, significherebbe svuotare di significato quel “rispetto della persona assistita” nel quale il Codice deontologico del 2009 ha il fondamentale valore di riferimento. I termini utilizzati per definire gli interventi assistenziali contengono le chiavi interpretative della natura dell’ dell’atto infermieristico che ricerca e persegue appropriatezza e pertinenza nell’interesse primario della persona/assistito • “Specifici” • “Autonomi” • “Natura intellettuale, tecnico scientifica,gestionale, relazionale ed educativa”. • Specifici ossia “propri”, interni alla (della) professione in quanto patrimonio di peculiari competenze ed esperienze infermieristiche. • “Autonomi” sta per “decisione propria” rispetto ad altre figure professionali. • “Natura intellettuale, tecnico scientifica, gestionale, relazionale ed educativa” sta per saperi disciplinari che sostengono le diverse funzioni infermieristiche e per l’irrinunciabilità della relazione, dell’educazione e dell’informazione. All’’autonomia è collegata la All responsabilitàà responsabilit Quale principio guida dell’agire professionale. L’assunzione di responsabilità pone l’infermiere in una condizione di costante impegno: assiste, cura e si prende cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo. si richiama ai principi di equità e giustizia nell’assumere decisioni organizzativo gestionali, rispetta i valori etici, religiosi e culturali oltre che il genere e le condizioni sociali della persona/assistito nell’assumere decisioni assistenziali L’infermiere è un soggetto attivo, che agisce in prima persona con autonomia di scelta e responsabilità entro una cornice valoriale in cui il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi etici della professione è condizione essenziale per assistere e perseguire la salute intesa come bene fondamentale del singolo e interesse peculiare della collettività. Un bene da tutelare in ogni ambito professionale attraverso attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione. Nella relazione con l’assistito trova manifestazione il rispetto, il confronto e il dialogo vissuti come principi guida della deontologia professionale • La mission primaria dell’infermiere è il prendersi cura della persona che assiste in logica olistica, considerando le sue relazioni sociali e il contesto ambientale. • Il prendersi cura è agito attraverso la strutturazione di una relazione empatica e fiduciaria soprattutto quando l’assistito vive momenti difficili, diviene “più fragile” e perciò più bisognoso di aiuto e sostegno. • OLISTICO posizione filosofica basata sull'idea che le proprietà di un sistema non possano essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti. Relativamente a ciò che può essere chiamato "olistico", per definizione, la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore/differente della somma delle prestazioni delle parti prese singolarmente. Un tipico esempio di struttura olistica è l'organismo biologico, perché un essere vivente va considerato sempre come una totalità non esprimibile con l'insieme delle parti che lo costituiscono. la volontà e la dignità dell’assistito nei processi di cura e assistenza significa, per l’infermiere, riconoscere la dignità in ogni fase della malattia, impegnarsi per prevenire e contrastare il dolore e la sofferenza; operare perché l’assistito riceva i trattamenti necessari e una vicinanza empatica in qualunque condizione clinica, fino al termine della vita, anche attraverso la palliazione e il conforto fisico, psicologico, relazionale, spirituale e ambientale. • Definizione O.M.S. 1 “Le Cure Palliative sono una serie di interventi terapeutici ed assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale di malati, la cui malattia di base non risponde più a trattamenti specifici. Fondamentale è il controllo del dolore e degli altri sintomi ed, in generale, dei problemi psicologici, sociali e spirituali dei malati stessi. L’obiettivo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per i malati e per le loro famiglie.” • Le cure palliative: • Provvedono al controllo del dolore e di altri sintomi causa di sofferenza • Affermano il valore della vita e considerano la morte come un processo naturale • Non intendono accelerare né posporre la morte • Integrano gli aspetti psicologici e spirituali delle cure del malato • Offrono un sistema di supporto ai malati per aiutarli a vivere nella maniera più attiva possibile fino alla morte Empatia • l'empatia designa un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da uno sforzo di comprensione dell'altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale. • Nell'uso comune è l'attitudine ad offrire la propria attenzione per un'altra persona, mettendo da parte preoccupazioni e pensieri personali. La relazione si basa sull'ascolto non valutativo e sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro. • Facendo proprio il valore della “pietas”, l’infermiere si impegna a sostenere i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, in particolare nella evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lutto. Si impegna altresì a favorire l’informazione e l’educazione sulla donazione di sangue, tessuti ed organi – intesa quale atto di solidarietà - e a sostenere le persone coinvolte nel donare e nel ricevere L’infermiere, le relazioni professionali e il rapporto con il sistema sanitario La sfera delle relazioni professionali e inter professionali comprende tutte le dinamiche insite nella quotidianità del lavoro tra colleghi e con gli operatori appartenenti ad altre professioni. In tale contesto l’approccio dell’infermiere è basato sulla collaborazione, sulla valorizzazione del lavoro d’équipe e sulla tutela della dignità propria e dei colleghi. • L’infermiere dunque contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, con l’obiettivo di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l’utilizzo equo ed appropriato delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale. • Di fronte a carenze o disservizi, ne dà comunicazione ai responsabili professionali della struttura in cui opera o della struttura a cui afferisce il proprio assistito quando opera in regime libero professionale. Il Codice deontologico si pone come strumento per perseguire la qualità dell’assistenza infermieristica e per manifestare le modalità cui gli infermieri vogliono impegnarsi, nell’agire professionale, per gli assistiti e l’intera collettività. Le norme del Codice deontologico fanno emergere il profilo dell’infermiere italiano così come si è venuto delineando, sia sul piano giuridico, che dello status, che delle competenze, attraverso una stagione di innovazione ed evoluzione professionale Oggi l’infermiere italiano è ad ogni effetto un professionista della salute a cui il cittadino può rivolgersi in un rapporto diretto, senza mediazioni e con la possibilità di cogliere la grande opportunità di ricevere un’assistenza infermieristica professionalizzata, pertinente e personalizzata. Anche attraverso le norme di questo loro nuovo Codice deontologico, gli infermieri italiani manifestano l’impegno • per un “saper valenza etica; essere” ad alta essere” • per un “saper assistere” assistere” ad alta valenza professionale; • e per attuarli al meglio ovunque. Disposizioni finale del codice deontologico • Le norme deontologiche contenute nel presente Codice sono vincolanti; la loro inosservanza è sanzionata dal Collegio professionale. • I Collegi professionali si rendono garanti della qualificazione dei professionisti e della competenza da loro acquisita e sviluppata Concludendo: la Legge 42 del 26.02.1999 pone alla base dell’esercizio della professione infermieristica tre criteri guida ben precisi: •I dettami del profilo professionale ex DM 14 settembre 1994, n. 739 • Gli ordinamenti di base e post base • Il Codice Deontologico Il limite posto dalla legge stessa è dato dalle “competenze previste per la professione medica”, quindi dall’atto medico. Non esistendo una definizione in positivo di atto medico, quanto piuttosto una definizione di ambiti residuali contenute in varie leggi, il limite resta incerto e di non facile concretizzazione! Intervista al ministro veronesi sul sole 24 ore del 13 ottobre 2000; Testualmente: “….Una figura professionale come quella quella degli infermieri sta acquistando sempre più importanza: è previsto che a loro vengano delegati molti compiti oggi svolti solo dai medico. In realtà è utile precisare se gli atti che oggi svolgono i medici siano da considerarsi atti medici oppure atti sanitari non esclusivamente rientranti nella competenza medica. Nel primo caso infatti si deve registrare una totale impossibilità di delega di funzioni, visto che proprio la legge 42/1999 prevede il limite dell’atto medico come la situazione preclusiva per l’esercizio delle professioni sanitarie non mediche”. Ergo, solo nel caso che detti atti siano da considerarsi non medici in senso stretto, ma sanitari, l’infermiere può essere investito istituzionalmente del problema e non certo attraverso il sistema della delega. Il gioco è quello delle priorità la Legge 251/2000, istituisce la laurea e la dirigenza infermieristica Afferma: “gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché nonché dagli specifici codici deontologici e utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’’assistenza dell assistenza” ”. In filosofia del Diritto si afferma che “la Legge crea il costume”. Ovvero che, una volta fatta una legge cambia in genere anche l’atteggiamento riferito a quel particolare ambito. La domanda sorge spontanea: L’infermiere è cambiato da un punto di vista professionale e normativo. Ma è cambiato effettivamente, nella realtà? Mito della Caverna, Platone Il mito della caverna esemplifica in un'immagine vivida la visione del mondo delle idee L’incatenato che è riuscito a liberarsi riferisce agli altri incatenati che gli oggetti che essi hanno visto fino ad allora sono solo ombre e apparenza e che li aspetta il mondo reale se riusciranno a liberarsi dalle catene In ambito sanitario, assistiamo sempre più spesso a una parcellizzazione della persona. Concentrare l’attenzione su un singolo organo o apparato ha reso possibile conoscere nei minimi dettagli ogni modificazione delle diverse parti e, di conseguenza, la loro cura. Anche l’ausilio di apparecchiature tecniche è stato ed è sempre più determinante nel progresso della medicina. Oggigiorno il ricorso alla tecnica è estremamente funzionale nell’identificazione della diagnosi e della terapia. Per quanto concerne invece l’assistenza, vale lo stesso discorso? La differenza sostanziale fra un modello per compiti, detto anche funzionale o tecnico e modelli personalizzati o per obiettivi, risiede nel porre l’utente e i relativi bisogni al centro della pratica assistenziale. Il focus dell’attenzione si sposta dall’esclusivo compito tecnico allo svolgimento di attività centrate sui bisogni del paziente dopo un’opportuna valutazione. Per rendere questo possibile è indispensabile una revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzati. Assistenza diretta nel modello tecnico Si fonda sull’esecuzione di compiti da parte dell’infermiere, che esegue una sola mansione per tutti i pazienti Assistenza diretta nel modello personalizzato Si fonda sull’attribuzione, a ogni infermiere, di un numero di pazienti da assistere; l’infermiere esegue tutte le prestazioni necessarie a ogni persona presa in carico. Modalità organizzative nel modello tecnico • Non è possibile pianificare l’assistenza • All’inizio del turno di servizio gli infermieri si distribuiscono le attività da svolgere Modalità organizzative nel modello personalizzato • È possibile nonché fondamentale pianificare l’assistenza • All’inizio del turno di servizio gli infermieri assumono la responsabilità del gruppo di pazienti che seguono per tutta la durata del turno Presa in carico dei pazienti nel modello tecnico • Gli infermieri hanno una conoscenza parcellizzata dei pazienti che deriva dal mero compimento degli atti Presa in carico dei pazienti nel modello personalizzato Gli infermieri hanno una conoscenza globale dei bisogni dei pazienti di cui sono responsabili e delle loro risposte agli interventi assistenziali Responsabilità • Di ordine tecnico nel modello tecnico • Ogni infermiere è centro di informazione e decisione nel modello personalizzato Controllo • nel modello tecnico centralizzazione gerarchica a cura del coordinatore infermieristico • nel modello personalizzato responsabilizzazione professionale nel rispetto dell’autonomia fondato sulla informazione e documentazione scritta (fondamentale la cartella infermieristica) si può affermare che, allo stato attuale: Il ruolo e le funzioni degli infermieri hanno subito modifiche importanti che si traducono con un ampliamento e miglioramento delle funzioni teorico – operative e un ruolo percepito socialmente come più significativo. L’autonomia e la valorizzazione della professione sono elementi su cui lavorare; seppure a livello teorico queste caratteristiche siano tutte ben enunciate da leggi e decreti, nella realtà non sembrano ottenere gli stessi riconoscimenti; è necessario che si continui ad operare per far si che livello teorico e pratico possano coincidere L’evoluzione dell’autonomia e della responsabilità giuridica dell’infermiere L. Benci “Posizione assolutamente dominante assunta sull’intero settore dalla professione medica” Ossia: relazione di potere che la professione medica ha instaurato nei confronti delle altre occupazioni sanitarie e che ha assunto varie forme: dominanza gerarchica, gerarchica nelle grandi organizzazioni sanitarie come gli ospedali, dominanza funzionale, funzionale attraverso il controllo delle fasi cruciali del processo di cura (diagnosi e scelta terapia), dominanza scientifica, scientifica attraverso il controllo del sapere medico e della stessa definizione di salute e malattia, dominanza istituzionale, istituzionale attraverso il controllo delle istituzioni-chiave del settore sanitario. In Italia – come nel resto del mondo – il termine “sanitario” ha sempre evocato la figura medica, gli atti medici e gli atti sanitari erano in un qualche modo sinonimi e si era arrivati a confondere la sanità con la medicina. La professione medica era l’unica professione sanitaria realmente riconosciuta per secoli o anche millenni. Basti pensare che il primo documento di carattere storico deontologico riferito alla professione medica – Il giuramento di Ippocrate – viene fatto risalire dagli storici in un’epoca comprendente tra il quarto e il quinto secolo avanti Cristo. • La svolta reale si ha nel 1999 con l’approvazione della legge 42 e l’uscita dall’alveo della ausiliarietà delle professioni sanitarie ex diplomate con in prima fila infermieri e ostetriche. • La professione infermieristica perviene dunque ad una posizione di complementarietà con quella medica nel fine comune di tutela della salute. La legge 251/2000 è ricordata come la legge che ha istituito la dirigenza infermieristica e la laurea, ma contiene norme inerenti anche all’esercizio professionale. Al primo comma dell’art. 1 infatti si legge testualmente: “Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici e utilizzando metodologie pianificazione per obiettivi dell’assistenza”. di il richiamo al profilo professionale e al codice deontologico sono ripetitive di disposizioni di legge che già indicavano come criteri per l’esercizio professionale queste fonti normative, mentre altre sono una novità assoluta l’affermazione che l’infermiere agisce con “autonomia professionale” riveste un’importanza fondamentale Il fatto che l’affermazione sia diretta e contenuta in una legge ordinaria dello Stato ha l’effetto di un pieno riconoscimento al percorso fino a qui svolto: - Formazione - Abrogazione mansionario - Codice deontologico Altra affermazione – peculiare ed innovativa – è data dalla previsione legislativa della metodologia di lavoro da adottare nell’ambito della professione infermieristica. L’infermiere deve utilizzare “metodologie di lavoro per obiettivi dell’assistenza”. La legge ordinaria è scesa dunque nel dettaglio - tipico degli atti regolamentari che meglio si prestano, data la loro duttilità e versatilità, a scendere in particolari di carattere professionale - La Legge ha voluto mandare un messaggio forte: la classica metodologia di lavoro per compiti deve essere abbandonata per abbracciare quella, che il mondo professionale aveva già in realtà teorizzato da molti anni, di metodologia per obiettivi. Il terzo comma dell’art. 1 recita testualmente: “Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per: a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni; b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata.” Modelli di assistenza personalizzata e metodologia di pianificazione per obiettivi sono facce della stessa medaglia. Questi due punti fanno capire bene quale sia il fine di tutto il processo legislativo in atto: il cambiamento e il miglioramento qualitativo dell’assistenza infermieristica. Questo infatti è confermato dal secondo comma dell’art. 1 laddove si prevede che lo Stato e le regioni devono promuovere la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico-ostetriche con il fine di integrare “l’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea”. Di grande importanza la previsione del comma a) laddove si specifica che in tutte le aziende sanitarie l’organizzazione del lavoro deve prevedere la “diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni”. Il dettato normativo è fin troppo chiaro: tutto ciò che attiene – in senso stretto e in senso lato – alla professione infermieristica deve essere gestito direttamente dalla professione infermieristica stessa. Come altre volte è accaduto, ad oggi non sono state emanate le linee guida previste dalla legge 251/2000. Resta tuttavia l’importanza della previsione legislativa. Il percorso legislativo individua dunque l’autonomia professionale degli infermieri; ma autonomia vuol dire “responsabilità”. Ogni professionista deve essere consapevole che nell’autonomia decisionale che assume, si risponde con responsabilità delle scelte effettuate. La formazione, l’aggiornamento, la ricerca divengono principi deontologici per il buon esercizio professionale. La responsabilità richiesta, quindi, è una responsabilità competente, autonoma, decisionale, che necessita di un alto grado di maturità professionale e personale. È una responsabilità pi più ù complessa, ma anche più più degna di una professione che gestisce il bene "salute" delle persone in tutti i campi del vivere umano. Il termine responsabilità ha insita in sé una doppia valenza: quella che rende evidente l’intellettualità della professione così come delineata dalla legge 42/99 e quella che richiama alla consapevolezza degli obblighi connessi all’esercizio professionale e all’implicito ed esplicito impegno ad operare nell’interesse del soggetto a cui la professione si rivolge, tenuto conto delle norme etiche e deontologiche. • Questa autonomia comporta che, in caso di violazione degli obblighi professionali, l’infermiere è chiamato a rispondere del danno da lui prodotto con le sue azioni od omissioni. • La responsabilità professionale dell’infermiere, come di qualunque operatore nella sanità sia esso medico, sia tecnico sanitario riguarda i tre ambiti: penale, civile e disciplinare. Responsabilità in ambito penale • In ambito penale il diritto elenca in modo tassativo quali comportamenti sono puniti con la sanzione di una pena; questi comportamenti configurano il concetto di “reato”, cioè un “..comportamento umano che si attua mediante una azione od omissione” per il quale la legge stabilisce una pena; è una responsabilità di tipo personale. Importante la problematica relativa all’azione o omissione in quanto stabilisce di fatto che in alcuni casi vi è l’obbligo di intervenire per scongiurare situazioni più gravi. Nel comportamento umano vi può essere il “dolo” che si caratterizza per la volontarietà della condotta offensiva. Fattispecie più ricorrente è quella della “colpa” che invece si caratterizza per la non volontà di compiere una determinata azione o non azione. La colpa ha diverse gradazioni: Negligenza: trascuratezza, mancanza di diligenza Imperizia: insufficiente preparazione e capacità professionale Imprudenza: comportamento avventato, cattiva valutazione delle possibili conseguenze Preterintenzione: quando il soggetto compie un’azione il cui “risultato” è oltre l’intenzione posta in essere. la loro gravità è direttamente proporzionale all’ordine in cui sono riportate facilmente evincibile dal concetto espresso Responsabilità civile Bisogna far riferimento all’art. 2043 c.c. del neminem laedere: “…qualunque fatto doloso o colposo che causa ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno…”. La responsabilità civile presuppone un danno patrimoniale da riparare con il risarcimento. È una responsabilità patrimoniale e consiste nell’obbligo di risarcire il danno conseguente ad un comportamento illecito o perché il danno è ingiustamente derivante dalla realizzazione di un reato (lesione o morte del paziente) o perché l’attività posta in essere dall’infermiere non risponde ai requisiti minimi di diligenza previsti dalle regole fondanti la professione infermieristica. La responsabilità amministrativa È conseguente ai casi di condanne degli infermieri pubblici dipendenti per “colpa grave” ed è di competenza della Corte dei Conti (quale giudice contabile) L’infermiere pubblico dipendente – o comunque operante per conto di una struttura sanitaria pubblica/convenzionata – è soggetto al regime di responsabilità dei dipendenti civili dello Stato. Tale responsabilità comporta che qualora l’Azienda sanitaria sia condannata a risarcire ad un paziente (direttamente o per il tramite dell’assicurazione) un danno derivante da dolo o “colpa grave”, ha l’obbligo di richiedere al dipendente – nel caso all’infermiere – la restituzione della somma di denaro versata a titolo di risarcimento al paziente (la cosiddetta azione di “rivalsa”). La violazione dell’obbligo dell’Azienda alla rivalsa integra un danno erariale da parte dell’Ente la cui competenza è del giudice contabile: la Corte dei Conti. Infine, in ambito disciplinare, possiamo far riferimento sia a responsabilità disciplinare per i professionisti dipendenti (contratto di lavoro), sia a quelli di tipo “ordinistico” disciplinare per i liberi professionisti che nel caso di specie è il “Codice deontologico”. L’infermiere dipendente della Pubblica Amministrazione può essere sottoposto ad un duplice potere disciplinare: dall’ente da cui dipende e dall’Ordine professionale a cui è iscritto. In tema di responsabilità la professione infermieristica rientra nel disposto dell’art. 2229 del c.c. come professione intellettuale, cioè attività da esercitare solo dopo l’iscrizione in un apposito albo professionale. La responsabilità ordinistica Oltre alle sanzioni applicate dal giudice, altre sanzioni possono essere irrogate all’Infermiere e sono quelle derivanti dal proprio Collegio professionale per violazioni inerenti inadempienze di tipo deontologico, riguardanti il mantenimento del decoro della professione ecc. Vigono poi delle limitazioni delle responsabilità civili “soggettive” e “oggettive” (art.2236 del c.c.): il Codice Civile stabilisce che “…se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave…”. L’autonomia decisionale è dunque una conquista importante, che non può ovviamente prescindere da una “responsabilit responsabilità” à” personale che si traduce in un comportamento corretto e coscienzioso nei confronti del paziente.