CODICE DEONTOLOGICO E RESPONSABILITA

Transcript

CODICE DEONTOLOGICO E RESPONSABILITA
Nel febbraio del 1999 accade un evento
rilevante per l’infermieristica italiana:
viene promulgata la legge n. 42 che,
abroga il mansionario, indica
nel codice deontologico uno
degli elementi che, con il profilo e gli
ordinamenti didattici, definisce il
campo proprio di attività
dell’infermiere.
Nell’ottobre del 1999, nasce l’attuale
codice deontologico degli infermieri
italiani.
Nel febbraio del 2009 - 10 anni dopo nasce il nuovo Codice deontologico
degli Infermieri italiani frutto di un
grande impegno dell’intera compagine
professionale.
La denominazione
“Professione sanitaria ausiliaria”
scompare e viene sostituita dalla
denominazione
“Professione sanitaria”
L’infermiere non è più:
“l’operatore sanitario” dotato di un diploma
abilitante
ma diviene
il professionista sanitario
responsabile dell’assistenza
infermieristica”.
Un professionista che assiste la persona e la
collettività attraverso l’atto infermieristico
inteso come:
il complesso dei saperi, delle
prerogative, delle attività, delle
competenze e delle
responsabilità dell’infermiere in
tutti gli ambiti professionali e
nelle diverse situazioni
assistenziali.
il rapporto
“infermiere - persona/assistito”
persona/assistito
racchiude due soggetti
autonomi nella relazione
e reciprocamente responsabili del patto
assistenziale.
Relazione che si realizza attraverso
interventi specifici, autonomi e
complementari di natura:
intellettuale,
tecnico-scientifica,
gestionale,
relazionale
ed educativa.
Il nuovo Codice deontologico:
- fissa le norme dell
dell’’agire
professionale
- definisce i principi guida che
strutturano il sistema etico in cui
si svolge la relazione con la
persona/assistito
Altresì il codice deontologico aiuta a
comprendere la portata e a valutare le
implicazioni di quel processo di
trasformazione dei modelli
organizzativi e assistenziali e la
ridefinizione dei ruoli dei
diversi soggetti coinvolti nelle
relazioni di cura, evidenziando:
a) Il ruolo del paziente, non più
destinatario di interventi posti in
essere nel suo interesse ma
unilateralmente decisi dal medico,
bensì titolare di un incomprimibile
diritto all’informazione e alle scelte
sulle cure e parte attiva nel processo
decisionale clinico
a) ruolo dell’infermiere, non più operatore
sanitario chiamato ad assolvere compiti
rigidamente definiti da un mansionario, e in
rapporto di subordinazione gerarchica
rispetto al medico,
bensì professionista sanitario, investito di
competenze clinico-assistenziali
complementari ma specifiche, e, in
relazione a queste, di un’ampia gamma di
interventi nella cui attuazione opera
autonomamente rispetto al medico,
assumendosene appieno la
responsabilità, prima di tutto nei confronti
dell’assistito con cui entra direttamente in
relazione.
Ne discende l’importante messaggio che l’obiettivo di
un’assistenza sanitaria che ponga realmente al
centro la persona può essere conseguito solo se
alla condizione necessaria, dell’offerta di interventi
di qualità, terapeuticamente appropriati rispetto alle
diverse situazioni di malattia, si associa l’ulteriore,
imprescindibile condizione rappresentata dalla messa
in atto, nella prospettiva della collaborazione
integrata multiprofessionale di attenzioni e di
azioni sempre improntate al riconoscimento che il
destinatario delle
prestazioni è un soggetto al quale competono, in
relazione alla sua salute, valutazioni e scelte che
non possono essere ignorate dai sanitari, se non
all’alto prezzo e con la pesante implicazione, di cui
si devono assumere la gravosa responsabilità, di
annullare la libertà e di calpestare la dignità di
coloro che sono affidati alle loro cure.
Meritevole di riflessione è la Clausola di coscienza,
messa a disposizione dell’infermiere, come di una
sorta di “cambiale in bianco”, che, in nome del
primato della coscienza, lo autorizzi, con prese di
posizione estemporanee e, magari,
opportunistiche, a far sempre e comunque
prevalere i suoi valori su quelli dell’assistito,
o,
negandogli prestazioni clinicamente appropriate
al contrario, imponendogli trattamenti da lui rifiutati.
Un’interpretazione, questa, da cui è opportuno mettere
in guardia, diffondendo la consapevolezza che, il
farla propria, significherebbe svuotare di
significato
quel “rispetto della persona assistita” nel
quale il Codice deontologico del 2009 ha il
fondamentale valore di riferimento.
I termini utilizzati per definire gli
interventi assistenziali
contengono le chiavi interpretative
della natura dell’
dell’atto infermieristico
che ricerca e persegue
appropriatezza
e pertinenza
nell’interesse primario della
persona/assistito
• “Specifici”
• “Autonomi”
• “Natura
intellettuale, tecnico
scientifica,gestionale,
relazionale ed educativa”.
• Specifici ossia “propri”, interni alla (della)
professione in quanto patrimonio di peculiari
competenze ed esperienze infermieristiche.
• “Autonomi” sta per “decisione propria”
rispetto ad altre figure professionali.
• “Natura intellettuale, tecnico scientifica,
gestionale, relazionale ed educativa” sta
per saperi disciplinari che sostengono le
diverse funzioni infermieristiche e per
l’irrinunciabilità della relazione,
dell’educazione e dell’informazione.
All’’autonomia è collegata la
All
responsabilitàà
responsabilit
Quale principio guida dell’agire
professionale.
L’assunzione
di
responsabilità
pone
l’infermiere in una condizione di costante
impegno:
assiste, cura e si prende cura della persona nel
rispetto della vita, della salute, della libertà
e della dignità dell’individuo.
si richiama ai principi di equità e giustizia
nell’assumere
decisioni
organizzativo
gestionali, rispetta i valori etici, religiosi e
culturali oltre che il genere e le condizioni
sociali della persona/assistito nell’assumere
decisioni assistenziali
L’infermiere è un soggetto attivo, che agisce in
prima persona con autonomia di scelta e
responsabilità entro una cornice valoriale in
cui il rispetto dei diritti fondamentali
dell’uomo e dei principi etici della
professione è condizione essenziale per
assistere e perseguire la salute intesa come
bene fondamentale del singolo e interesse
peculiare della collettività.
Un bene da tutelare in ogni ambito
professionale attraverso attività di
prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione.
Nella relazione con l’assistito
trova manifestazione
il rispetto,
il confronto
e il dialogo
vissuti come principi guida
della deontologia
professionale
• La mission primaria dell’infermiere è il
prendersi cura della persona che
assiste in logica olistica, considerando le
sue relazioni sociali e il contesto ambientale.
• Il prendersi cura è agito attraverso la
strutturazione di una relazione
empatica e fiduciaria soprattutto
quando l’assistito vive momenti difficili,
diviene “più fragile” e perciò più bisognoso di
aiuto e sostegno.
• OLISTICO
posizione filosofica basata sull'idea che le proprietà
di un sistema non possano essere spiegate
esclusivamente tramite le sue componenti.
Relativamente a ciò che può essere chiamato
"olistico", per definizione, la sommatoria
funzionale delle parti è sempre
maggiore/differente della somma delle
prestazioni delle parti prese singolarmente.
Un tipico esempio di struttura olistica è
l'organismo biologico, perché un essere vivente va
considerato sempre come una totalità non
esprimibile con l'insieme delle parti che lo
costituiscono.
la volontà e la dignità dell’assistito nei
processi di cura e assistenza
significa, per l’infermiere, riconoscere la dignità
in ogni fase della malattia, impegnarsi per
prevenire e contrastare il dolore e la
sofferenza; operare perché l’assistito riceva i
trattamenti necessari e una vicinanza
empatica in qualunque condizione clinica,
fino al termine della vita, anche attraverso la
palliazione e il conforto fisico, psicologico,
relazionale, spirituale e ambientale.
• Definizione O.M.S. 1
“Le Cure Palliative sono una serie di interventi
terapeutici ed assistenziali finalizzati alla cura
attiva e totale di malati, la cui malattia di
base non risponde più a trattamenti
specifici.
Fondamentale è il controllo del dolore e degli
altri sintomi ed, in generale, dei problemi
psicologici, sociali e spirituali dei malati
stessi. L’obiettivo delle cure palliative è il
raggiungimento della migliore qualità di vita
possibile per i malati e per le loro famiglie.”
• Le cure palliative:
• Provvedono al controllo del dolore e di altri
sintomi causa di sofferenza
• Affermano il valore della vita e considerano la
morte come un processo naturale
• Non intendono accelerare né posporre la
morte
• Integrano gli aspetti psicologici e spirituali
delle cure del malato
• Offrono un sistema di supporto ai malati per
aiutarli a vivere nella maniera più attiva
possibile fino alla morte
Empatia
• l'empatia designa un atteggiamento verso gli altri
caratterizzato da uno sforzo di comprensione
dell'altro, escludendo ogni attitudine affettiva
personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio
morale.
• Nell'uso comune è l'attitudine ad offrire la propria
attenzione per un'altra persona, mettendo da parte
preoccupazioni e pensieri personali. La relazione
si basa sull'ascolto non valutativo e sulla
comprensione dei sentimenti e bisogni
fondamentali dell'altro.
• Facendo proprio il valore della “pietas”,
l’infermiere si impegna a sostenere i
familiari e le persone di riferimento
dell’assistito, in particolare nella
evoluzione terminale della malattia e nel
momento della perdita e della
elaborazione del lutto. Si impegna
altresì a favorire l’informazione e
l’educazione sulla donazione di sangue,
tessuti ed organi – intesa quale atto di
solidarietà - e a sostenere le persone
coinvolte nel donare e nel ricevere
L’infermiere, le relazioni professionali
e il rapporto con il sistema sanitario
La sfera delle relazioni professionali e inter
professionali comprende tutte le dinamiche
insite nella quotidianità del lavoro tra
colleghi
e
con
gli
operatori
appartenenti ad altre professioni.
In tale contesto l’approccio dell’infermiere è
basato sulla collaborazione, sulla
valorizzazione del lavoro d’équipe e sulla
tutela della dignità propria e dei colleghi.
• L’infermiere dunque contribuisce ad orientare
le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario,
con l’obiettivo di garantire il rispetto dei diritti
degli assistiti, l’utilizzo equo ed appropriato
delle risorse e la valorizzazione del ruolo
professionale.
• Di fronte a carenze o disservizi, ne dà
comunicazione
ai
responsabili
professionali della struttura in cui opera o
della struttura a cui afferisce il proprio
assistito quando opera in regime libero
professionale.
Il Codice deontologico si pone come
strumento per perseguire la qualità
dell’assistenza infermieristica e per
manifestare le modalità cui gli infermieri
vogliono impegnarsi, nell’agire
professionale, per gli assistiti e l’intera
collettività.
Le norme del Codice deontologico fanno
emergere il profilo dell’infermiere
italiano così come si è venuto
delineando, sia sul piano giuridico,
che dello status, che delle
competenze, attraverso una stagione
di innovazione ed evoluzione
professionale
Oggi l’infermiere italiano è ad ogni effetto
un professionista della
salute
a cui il cittadino può rivolgersi in un
rapporto diretto, senza mediazioni e con
la possibilità di cogliere la grande
opportunità di ricevere un’assistenza
infermieristica professionalizzata,
pertinente e personalizzata.
Anche attraverso le norme di questo loro
nuovo Codice deontologico, gli
infermieri italiani manifestano
l’impegno
• per un “saper
valenza etica;
essere” ad alta
essere”
• per un “saper assistere”
assistere” ad alta
valenza professionale;
• e per attuarli al meglio ovunque.
Disposizioni finale del codice
deontologico
• Le norme deontologiche contenute nel
presente Codice sono vincolanti; la loro
inosservanza è sanzionata dal Collegio
professionale.
• I Collegi professionali si rendono garanti
della qualificazione dei professionisti e
della competenza da loro acquisita e
sviluppata
Concludendo:
la Legge 42 del 26.02.1999
pone alla base dell’esercizio
della professione infermieristica tre criteri guida
ben precisi:
•I
dettami del profilo professionale
ex DM 14 settembre 1994, n. 739
• Gli ordinamenti di base e post
base
• Il Codice Deontologico
Il limite posto dalla legge stessa è dato dalle
“competenze previste per la
professione medica”, quindi
dall’atto medico.
Non esistendo una definizione in positivo di
atto medico, quanto piuttosto una
definizione di ambiti residuali contenute in
varie leggi, il limite resta incerto e di non
facile concretizzazione!
Intervista al ministro veronesi sul sole 24 ore del 13 ottobre 2000;
Testualmente:
“….Una figura professionale come quella quella degli infermieri sta
acquistando sempre più importanza: è previsto che
a loro vengano delegati molti compiti oggi svolti solo dai medico.
In realtà è utile precisare se gli atti che oggi
svolgono i medici siano da considerarsi atti medici oppure atti sanitari non
esclusivamente rientranti nella competenza medica.
Nel primo caso infatti si deve registrare una totale impossibilità di delega
di funzioni, visto che proprio la legge 42/1999 prevede il limite
dell’atto medico come la situazione preclusiva per l’esercizio delle
professioni sanitarie non mediche”.
Ergo, solo nel caso che detti atti siano da considerarsi non medici in senso
stretto, ma sanitari, l’infermiere può essere investito istituzionalmente
del problema e non certo attraverso il sistema della delega.
Il gioco è quello delle priorità
la Legge 251/2000,
istituisce la laurea e la
dirigenza
infermieristica
Afferma:
“gli operatori delle professioni sanitarie
dell’area delle scienze infermieristiche
e della professione ostetrica svolgono con
autonomia professionale attività dirette alla
prevenzione, alla cura e salvaguardia della
salute individuale e collettiva, espletando le
funzioni individuate dalle norme istitutive
dei relativi profili professionali nonché
nonché dagli
specifici codici deontologici e utilizzando
metodologie di pianificazione per obiettivi
dell’’assistenza
dell
assistenza”
”.
In filosofia del Diritto si afferma che
“la Legge crea il costume”.
Ovvero che, una volta fatta una legge cambia
in genere anche l’atteggiamento riferito
a quel particolare ambito.
La domanda sorge spontanea:
L’infermiere è cambiato da un punto
di vista professionale e
normativo. Ma è cambiato effettivamente,
nella realtà?
Mito della Caverna,
Platone
Il mito della caverna esemplifica in
un'immagine vivida la visione del mondo
delle idee
L’incatenato che è riuscito a liberarsi
riferisce agli altri incatenati che gli
oggetti che essi hanno visto
fino ad allora sono solo ombre e
apparenza
e che li aspetta il mondo reale se
riusciranno a liberarsi dalle catene
In ambito sanitario, assistiamo
sempre più spesso a una parcellizzazione
della persona.
Concentrare l’attenzione su un singolo
organo o apparato ha reso
possibile conoscere nei minimi
dettagli ogni modificazione delle
diverse parti e, di conseguenza, la
loro cura. Anche l’ausilio di apparecchiature
tecniche è stato ed è
sempre più determinante nel progresso
della medicina.
Oggigiorno il ricorso alla tecnica è
estremamente funzionale
nell’identificazione
della diagnosi e della
terapia.
Per quanto concerne invece l’assistenza,
vale lo stesso discorso?
La differenza sostanziale fra un modello per
compiti, detto anche funzionale o tecnico
e modelli personalizzati o per obiettivi,
risiede nel porre l’utente e i relativi
bisogni
al centro della pratica assistenziale.
Il focus dell’attenzione si
sposta dall’esclusivo compito tecnico
allo svolgimento di attività
centrate sui bisogni del paziente
dopo un’opportuna valutazione.
Per rendere questo possibile è
indispensabile
una revisione dell’organizzazione
del lavoro, incentivando
modelli di assistenza
personalizzati.
Assistenza diretta nel modello tecnico
Si fonda sull’esecuzione di compiti
da parte dell’infermiere, che esegue
una sola mansione per tutti i pazienti
Assistenza diretta nel modello personalizzato
Si fonda sull’attribuzione, a ogni
infermiere, di un numero di pazienti da
assistere; l’infermiere esegue tutte le
prestazioni necessarie a ogni persona
presa in carico.
Modalità organizzative nel modello
tecnico
• Non è possibile pianificare l’assistenza
• All’inizio del turno di servizio gli
infermieri si distribuiscono le attività da
svolgere
Modalità organizzative nel modello
personalizzato
• È possibile nonché fondamentale pianificare
l’assistenza
• All’inizio del turno di servizio gli
infermieri assumono la responsabilità
del gruppo di pazienti che seguono per
tutta la durata del turno
Presa in carico dei pazienti
nel modello tecnico
• Gli infermieri hanno una conoscenza
parcellizzata dei pazienti che deriva dal
mero compimento degli atti
Presa in carico dei pazienti
nel modello personalizzato
Gli infermieri hanno una conoscenza
globale dei bisogni dei pazienti di cui
sono responsabili e delle loro risposte agli
interventi assistenziali
Responsabilità
• Di ordine tecnico nel modello tecnico
• Ogni infermiere è centro di informazione
e decisione nel modello personalizzato
Controllo
• nel modello tecnico
centralizzazione gerarchica a cura del
coordinatore infermieristico
• nel modello personalizzato
responsabilizzazione professionale nel rispetto
dell’autonomia fondato sulla informazione e
documentazione scritta (fondamentale la cartella
infermieristica)
si può affermare che, allo
stato attuale:
Il ruolo e le funzioni degli infermieri
hanno subito modifiche importanti
che si traducono con un ampliamento e
miglioramento delle funzioni teorico –
operative e un ruolo percepito
socialmente come
più significativo.
L’autonomia e la valorizzazione della
professione sono elementi su cui lavorare;
seppure a livello teorico queste caratteristiche
siano tutte ben enunciate
da leggi e decreti, nella realtà
non sembrano ottenere gli stessi
riconoscimenti;
è necessario che si
continui ad operare per far si che
livello teorico e pratico
possano coincidere
L’evoluzione dell’autonomia e della responsabilità
giuridica dell’infermiere L. Benci
“Posizione assolutamente dominante assunta
sull’intero settore dalla professione medica”
Ossia: relazione di potere che la professione medica ha
instaurato nei confronti delle altre occupazioni sanitarie
e che ha assunto varie forme:
dominanza gerarchica,
gerarchica nelle grandi organizzazioni sanitarie
come gli ospedali,
dominanza funzionale,
funzionale attraverso il controllo delle fasi
cruciali del processo di cura (diagnosi e scelta terapia),
dominanza scientifica,
scientifica attraverso il controllo del sapere
medico e della stessa definizione di salute e malattia,
dominanza istituzionale,
istituzionale attraverso il controllo delle
istituzioni-chiave del settore sanitario.
In Italia – come nel resto del mondo – il
termine “sanitario” ha sempre evocato la
figura medica, gli atti medici e gli atti
sanitari erano in un qualche modo sinonimi
e si era arrivati a confondere la sanità con la
medicina.
La professione medica era l’unica
professione sanitaria realmente
riconosciuta per secoli o anche millenni.
Basti pensare che il primo documento di
carattere storico deontologico riferito alla
professione medica – Il
giuramento di
Ippocrate – viene fatto risalire dagli
storici in un’epoca
comprendente tra il quarto e il quinto
secolo avanti Cristo.
• La svolta reale si ha nel 1999 con l’approvazione
della legge 42 e l’uscita dall’alveo della
ausiliarietà delle professioni sanitarie ex diplomate
con in prima fila infermieri e ostetriche.
• La professione infermieristica perviene dunque ad
una posizione di complementarietà con quella
medica nel fine comune di tutela della salute.
La legge 251/2000 è ricordata come la legge che ha
istituito la dirigenza infermieristica e la laurea,
ma contiene norme inerenti anche
all’esercizio professionale.
Al primo comma dell’art. 1 infatti si legge testualmente: “Gli
operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze
infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con
autonomia professionale attività dirette alla prevenzione,
alla cura e salvaguardia della salute
individuale e collettiva, espletando le funzioni
individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali
nonché dagli specifici codici deontologici e utilizzando metodologie
pianificazione per obiettivi
dell’assistenza”.
di
il richiamo al profilo professionale e al codice
deontologico
sono ripetitive di disposizioni di legge che già
indicavano come criteri per l’esercizio
professionale queste fonti normative, mentre
altre sono una novità assoluta
l’affermazione che l’infermiere agisce
con “autonomia
professionale” riveste
un’importanza fondamentale
Il fatto che l’affermazione sia diretta e
contenuta in una legge ordinaria dello
Stato ha l’effetto di un pieno
riconoscimento al percorso fino a qui
svolto:
- Formazione
- Abrogazione mansionario
- Codice deontologico
Altra affermazione – peculiare ed innovativa –
è data dalla previsione legislativa della
metodologia di lavoro da adottare nell’ambito
della professione infermieristica.
L’infermiere
deve utilizzare
“metodologie di lavoro per
obiettivi dell’assistenza”.
La legge ordinaria è scesa dunque nel
dettaglio
- tipico degli atti regolamentari
che meglio si prestano, data la loro duttilità e
versatilità, a scendere in particolari di
carattere professionale -
La Legge ha voluto mandare un
messaggio forte:
la classica
metodologia di lavoro per
compiti
deve essere abbandonata
per abbracciare quella, che il mondo
professionale aveva già in realtà
teorizzato da molti anni, di
metodologia per
obiettivi.
Il terzo comma dell’art. 1 recita testualmente:
“Il Ministero della sanità, previo parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, emana linee guida per:
a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della
diretta responsabilità e gestione delle attività di
assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
b) la revisione dell’organizzazione del lavoro,
incentivando modelli di assistenza
personalizzata.”
Modelli di assistenza personalizzata e
metodologia di pianificazione per obiettivi
sono facce della stessa medaglia.
Questi due punti fanno capire bene quale sia il
fine di tutto il processo legislativo in atto: il
cambiamento e il miglioramento
qualitativo dell’assistenza
infermieristica.
Questo infatti è confermato dal secondo
comma dell’art. 1 laddove si prevede che lo
Stato e le regioni devono promuovere la
valorizzazione e la responsabilizzazione
delle funzioni e del ruolo delle professioni
infermieristico-ostetriche con il fine di
integrare “l’organizzazione del lavoro
della sanità in Italia con quelle degli altri
Stati dell’Unione europea”.
Di grande importanza la previsione del comma a)
laddove si specifica che in tutte le aziende
sanitarie l’organizzazione del lavoro deve prevedere
la “diretta responsabilità e gestione delle
attività di assistenza infermieristica e delle
connesse funzioni”.
Il dettato normativo è fin troppo chiaro: tutto ciò che
attiene – in senso stretto e in senso lato – alla
professione infermieristica deve essere gestito
direttamente dalla professione infermieristica
stessa.
Come altre volte è accaduto, ad oggi non sono
state emanate le linee guida previste dalla
legge 251/2000.
Resta tuttavia l’importanza della previsione
legislativa.
Il percorso legislativo individua dunque l’autonomia
professionale degli infermieri; ma autonomia vuol dire
“responsabilità”. Ogni professionista deve essere
consapevole che nell’autonomia decisionale che assume,
si risponde con responsabilità delle scelte effettuate.
La formazione, l’aggiornamento, la ricerca divengono
principi deontologici per il buon esercizio professionale.
La responsabilità richiesta, quindi, è una responsabilità
competente, autonoma, decisionale, che
necessita di un alto grado di maturità
professionale e personale.
È una responsabilità pi
più
ù complessa, ma anche più
più
degna di una professione che gestisce il bene "salute"
delle persone in tutti i campi del vivere umano.
Il termine responsabilità ha
insita in sé una doppia valenza: quella che
rende evidente l’intellettualità della
professione
così come delineata dalla legge
42/99 e quella che richiama alla
consapevolezza
degli obblighi connessi all’esercizio
professionale e all’implicito ed esplicito
impegno ad operare nell’interesse del
soggetto a cui la professione si rivolge, tenuto
conto delle norme etiche e deontologiche.
• Questa autonomia comporta che, in caso di
violazione degli obblighi professionali,
l’infermiere è chiamato a rispondere
del danno da lui prodotto con le sue
azioni od omissioni.
• La responsabilità professionale
dell’infermiere, come di qualunque
operatore nella sanità sia esso medico, sia
tecnico sanitario riguarda i tre ambiti:
penale, civile e disciplinare.
Responsabilità in ambito penale
• In ambito penale il diritto elenca in modo
tassativo quali comportamenti sono puniti con la
sanzione di una pena; questi comportamenti
configurano il concetto di “reato”, cioè un
“..comportamento umano che si attua mediante
una azione od omissione” per il quale la legge
stabilisce una pena; è una responsabilità di tipo
personale.
Importante la problematica relativa all’azione o
omissione in quanto stabilisce di fatto che in
alcuni casi vi è l’obbligo di intervenire per
scongiurare situazioni più gravi.
Nel comportamento umano vi può essere il “dolo” che si
caratterizza per la volontarietà della condotta
offensiva.
Fattispecie più ricorrente è quella della “colpa” che invece
si caratterizza per la non volontà di compiere una
determinata azione o non azione.
La colpa ha diverse gradazioni:
Negligenza: trascuratezza, mancanza di diligenza
Imperizia: insufficiente preparazione e capacità
professionale
Imprudenza: comportamento avventato, cattiva
valutazione delle possibili conseguenze
Preterintenzione: quando il soggetto compie un’azione il
cui “risultato” è oltre l’intenzione posta in essere.
la loro gravità è direttamente proporzionale
all’ordine in cui sono riportate facilmente
evincibile dal concetto espresso
Responsabilità civile
Bisogna far riferimento all’art. 2043 c.c. del
neminem laedere:
“…qualunque fatto doloso o colposo
che causa ad altri un danno ingiusto,
obbliga colui che ha commesso il
fatto a risarcire
il danno…”.
La responsabilità civile presuppone un danno
patrimoniale da riparare con il risarcimento.
È una responsabilità patrimoniale e consiste
nell’obbligo di risarcire il danno conseguente
ad un comportamento illecito o
perché il danno è ingiustamente derivante
dalla realizzazione di un reato (lesione o
morte del paziente) o perché l’attività posta
in essere dall’infermiere non risponde
ai requisiti minimi di diligenza previsti dalle
regole fondanti la professione infermieristica.
La responsabilità amministrativa
È conseguente ai casi di condanne degli
infermieri pubblici dipendenti per “colpa
grave” ed è di competenza della Corte dei
Conti (quale giudice contabile)
L’infermiere pubblico dipendente – o comunque
operante per conto di una struttura sanitaria
pubblica/convenzionata – è soggetto al
regime di responsabilità dei dipendenti civili
dello Stato.
Tale responsabilità comporta che qualora
l’Azienda sanitaria sia condannata a
risarcire ad un paziente (direttamente o
per il tramite dell’assicurazione) un danno
derivante da dolo o “colpa grave”, ha
l’obbligo di richiedere al dipendente – nel
caso all’infermiere – la restituzione della
somma di denaro versata a titolo
di risarcimento al paziente (la cosiddetta
azione di “rivalsa”). La violazione dell’obbligo
dell’Azienda alla rivalsa integra un danno erariale da
parte dell’Ente la cui competenza è del giudice
contabile: la Corte dei Conti.
Infine, in ambito disciplinare, possiamo far riferimento sia a
responsabilità disciplinare per i professionisti
dipendenti (contratto di lavoro), sia a quelli di tipo
“ordinistico” disciplinare per i liberi professionisti che nel
caso di specie è il “Codice deontologico”.
L’infermiere dipendente della Pubblica
Amministrazione
può essere sottoposto ad un
duplice potere disciplinare: dall’ente da cui
dipende e dall’Ordine professionale a cui
è iscritto.
In tema di responsabilità la professione infermieristica
rientra nel disposto dell’art. 2229 del c.c. come
professione intellettuale, cioè attività da esercitare solo
dopo l’iscrizione in un apposito albo professionale.
La responsabilità ordinistica
Oltre alle sanzioni applicate dal giudice,
altre sanzioni possono essere irrogate
all’Infermiere e sono quelle derivanti dal
proprio Collegio professionale per
violazioni inerenti inadempienze di tipo
deontologico, riguardanti il
mantenimento del decoro della
professione ecc.
Vigono poi delle limitazioni delle responsabilità civili
“soggettive” e “oggettive” (art.2236 del c.c.):
il Codice Civile stabilisce che “…se la prestazione
implica la soluzione di problemi tecnici di
speciale difficoltà, il prestatore d’opera non
risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa
grave…”.
L’autonomia decisionale è dunque
una conquista importante, che
non può ovviamente prescindere
da una “responsabilit
responsabilità”
à”
personale che si traduce in un
comportamento corretto e
coscienzioso nei confronti del
paziente.