La patinatura - Istituto Salesiano San Zeno

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La patinatura - Istituto Salesiano San Zeno
XVI corso di Tecnologia per Tecnici Cartari
edizione 2008/2009
La patinatura
di Canclini Diego
Scuola Interregionale
di tecnologia per tecnici Cartari
Istituto Salesiano «San Zeno» - Via Don Minzoni, 50 - 37138 Verona
www.scuolagraficasanzeno.com - [email protected]
INDICE
1 CENNI STORICI
1.1 Gli inizi della patinatura
1.2 Le prime tecniche patinatura
2
PERCHÉ SI PATINA
2.1 Soddisfare domanda del mercato
2.2 Valore aggiunto al supporto
2.3 Riscontro economico
2.4 Migliore stampabilità
3
QUAL’È LA FUNZIONE DELLA PATINA
3.1 Migliore caratteristiche superficiali
3.2 Preparare il supporto alle operazioni di stampa
3.3 Ottenere alta qualità d’immagine
4
DEFINIZIONE DI PATINA
4.1 Componenti principali
5
LA PATINATRICE
5.1 Scopo
5.2 Funzionamento
6
TIPI DI APPLICAZIONE
6.1 A pozzetto
6.2 Speed size
6.3 Gric
6.4 Rullo applicatore
6.5 Jet flow
7
TIPI DI TRAVE
7.1 Tecnologie disponibili
8
TIPI DI LAME
8.1 Raschiante
8.2 Lisciante
8.3 Materiali
9
ASCIUGATURA
9.1 Infrarossi
9.2 Cappe ad aria
9.3 Seccheria
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1. CENNI STORICI
1.1 GLI INIZI DELLA PATINATURA
La scoperta della carta risale al 105 d.C., la prima patinatrice, diversa da quella che si
conosce oggi, risale al 1880 ed era eseguita con una size press, ma per la prima installazione
industriale bisogna arrivare al 1935 quando, per rispondere alle esigenze di LIFE, noto
periodico americano, furono fatti i primi tentativi per ottenere una carta con una chiusura
superficiale in grado di riprodurre una fotografia facendo risaltare le caratteristiche
chiaroscurali della stessa.
Il primo ad accettare tale sfida fu Peter Massey che diede il suo nome ad un impianto capace
di risolvere, almeno in parte, il problema, applicando sul supporto di carta una sostanza in
grado di migliorare la resa in fase di stampa.
1.2 LE PRIME TECNICHE DI PATINATURA
La prima tecnica fu grazie a Peter Massey (patinatrice MASSEY), composta da
quattro rulli dosatori con relativo pozzetto di patina, da rulli di distribuzione patina e
due rulli spalmatori per i due lati del foglio carta: in pratica veniva applicato un film
di patina che ancora tutt’oggi usiamo ma con tecnologie e prodotti primari e chimici
all’avanguardia.
Esempio di patinatrice Massey:
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2. PERCHÉ SI PATINA?
2.1 SODDISFARE DOMANDA SUL MERCATO
Negli ultimi decenni, i media di stampa hanno dovuto affrontare richieste sempre più
esigenti da parte dei clienti.
Ugualmente determinante per ulteriori sviluppi erano le aspettative riguardanti
l’estetica e le proprietà di stampa della carta.
La patina migliora le caratteristiche ottiche della carta, come punto di bianco e
nuance, lucentezza e liscio.
Durante il processo di patinatura in macchina, si applica una patina costituita da
pigmenti, sostanze collanti ed additivi sulla carta grezza.
Per questo scopo la patina, il metodo di patinatura, la patinatrice con il suo insieme di
parametri e la carta di base devono essere regolati con particolare precisione.
Il numero dei sistemi di patinatura con relativo essiccamento varia secondo le
esigenze di patine semplici, doppie e triple. I sistemi di applicazione vengono
effettivamente impiegati puntando ai loro reciproci vantaggi ed esigenze.
2.2 VALORE AGGIUNTO AL SUPPORTO
La patina ci aiuta a coprire le fibre del supporto per ottenere una superficie uniforme,
rende la carta con un valore di bianco più elevato, un lucido più elevato nella gloss,
contribuisce all’opacità, possiamo ottenere varie finiture: liscia, lucida, setosa, opaca,
scivolosa, rugosa, ecc…
2.3 RISCONTRO ECONOMICO
Si ha un riscontro economico dal fatto che le materie prime applicate al supporto
dopo vari passaggi di patinatura, in base alle esigenze, la grammatura aumenta
considerevolmente perché il peso specifico della patina è superiore a quello delle
fibre del supporto e dato che sul mercato la carta è venduta a peso si ha un margine di
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guadagno maggiore; con questo non vuol dire che possiamo snobbare il supporto: la
patina non dà caratteristiche di resistenza meccaniche, quindi, con un buon supporto
avremo un buon prodotto patinato.
2.4 MIGLIORE STAMPABILITÀ
Come già detto in precedenza, diamo alla carta migliore stampabilità e
inchiostrabilità grazie al liscio, alla porosità ed alla affinità chimica con gli inchiostri,
ed una evidenziabilità dell’immagine ottima dovute alle caratteristiche ottiche (bianco
e opacità) e grado di lucido, una migliore macchinabilità grazie alla sua densità,
stabilità dimensionale e umidità stabile.
Certo non è così semplice ottenere tutto questo: il dosaggio, la distribuzione e la
quantità di legante è importante per non avere nè marezzatura (mottling), né
blistering, cioè la fatica a far evaporare l’acqua interna che avviene se la patina è
poco porosa.
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3. QUAL’È LA FUNZIONE DELLA PATINA
3.1 MIGLIORI CARATTERISTICHE SUPERFICIALI
L’applicazione della patina ha lo scopo di migliorare la stampabilità e l’aspetto della
superficie.
Semplicemente la patina è costituita da una dispersione in acqua di un pigmento
bianco ed un legante necessario ad ancorarlo al supporto, più altri prodotti ausiliari
che hanno la funzione di favorire la preparazione e l’applicazione della patina e di
migliorarne le caratteristiche del prodotto finale.
3.2 PREPARA IL SUPPORTO ALLE OPERAZIONI DI STAMPA
Il supporto di fibre creano una superficie macroporosa e quindi poco stampabile, la
patina, essendo microporosa, copre questi “buchi”; su questo strato i componenti
liquidi dell’inchiostro penetrano nella carta, mentre i componenti solidi rimangono in
superficie.
3.3 OTTENERE ALTA QUALITÀ D’IMMAGINE
Con la patinatura diventa possibile stampare dei retini sempre più fini, mentre più
sottili film d’inchiostro da stampa permettono uno spettro di colore più ampio e
maggior contrasto delle immagini stampate, una sorta di alta definizione.
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4. DEFINIZIONE DI PATINA
4.1 COMPONENTI PRINCIPALI
La patina è una dispersione in acqua di pigmenti, leganti e altre sostanze additive.
I pigmenti sono particelle insolubili ottenuti dalla lavorazione di materiali di diverso
tipo (principalmente carbonato di calcio o caolino). La loro scelta è molto importante:
nella formulazione di una nuova patina sono infatti il primo materiale oggetto di
studio. La tipologia di pigmenti utilizzati ha una grande influenza sulle caratteristiche
di reologia della patina, nonché sulle caratteristiche ottiche e di stampabilità della
carta finita. I pigmenti vanno scelti in base al punto di applicazione: se in “prepatinatura” o in patinatura “top”.
Carbonato di Calcio (GCC)
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Caolino
I pigmenti, dopo la stesura e l’essiccazione della patina, sono trattenuti da leganti.
La categoria principale è costituita dai leganti sintetici (acrilico o stirene-butadiene).
Oltre ai lattici, si possono utilizzare anche altri adesivi, generalmente definiti coleganti, che contribuiscono all’ottenimento di miscele ad alta viscosità finale pur con
contenuto di materiale solido (secco %) relativamente basso. I co-leganti (amido,
CMC o PVA) garantiscono anche una buona “ritenzione di acqua”. Tale caratteristica
permette di spalmare la patina sulla carta e successivamente dosarla con la lama o
con la barretta senza che nel frattempo si verifichino sostanziali variazioni di
viscosità. L’amido generalmente non può essere usato “tal quale”, ma viene
modificato chimicamente trasformando le macromolecole di amilosio (catene lineari
da 3000 monomeri), e amilopectina (catene ramificate da 62000 monomeri), in
destrine (catene di circa 300 monomeri). Al variare di questi fattori avremo amidi con
proprietà differenti.
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Tra gli additivi ricordiamo gli imbiancanti ottici (sostanze fluorescenti) e i nuanzanti
che determinano il grado di bianco e il colore finale della carta.
Inoltre si introducono altri prodotti chimici come, antischiuma, biocidi, regolatori di
pH, ed eventuali insolubizzanti che rendono la patina resistente all’acqua dopo
l’applicazione.
Tra gli additivi per reologia o modificatori di flusso ricordiamo ad esempio la CMC,
che viene utilizzata principalmente come addensante. S’impiega per modificare la
reologia della patina per modificarne lo sforzo, la deformazione per migliorare la
macchinabilità ma anche tutto il processo di trasporto della stessa. Il comportamento
della patina è detta pseudo plastico, cioè a velocità opportuna di deformazione la
viscosità rimane costante.
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5. LA PATINATRICE
5.1 SCOPO
Possiamo distinguere due diverse situazioni: la pre-patinatura (generalmente
effettuata su macchine on-line) e la patinatura top (generalmente effettuata su
macchine off-line).
Lo scopo di una pre-patinatura on-line è sostanzialmente quello di chiudere i pori del
supporto e formare una superficie omogenea e ben “stuccata”. Ciò permette di
migliorare la successiva fase di patinatura “top” che determina le caratteristiche finali
della carta: inchiostrabilità, setting dell’inchiostro e caratteristiche ottiche.
I clienti finali, siano essi stampatori, grafici creativi o editori sono sempre più esigenti
perché vogliono ottenere immagini ad alta definizione, con cariche cromatiche
sempre più intense, utilizzando macchine da stampa sempre più veloci.
5.2 FUNZIONAMENTO
Nelle patinatrici online si è vincolati alla velocità di macchina, quindi non si è liberi
di governarla in funzione dei vari tipi di supporto fabbricato; d’altro canto la offline
permette tutto ciò che si desidera fare, sempre nei limiti della macchina stessa: si
parte con un rotolo proveniente dalla online, appunto, si applica una giunta e si
inserisce nello svolgitore. La giunta fa si che la patinatrice abbia un lavoro continuo
tra un rotolo quasi finito e quello giuntato con nastri biadesivi, una sega
elettropneumatica taglia il foglio del rotolo da sostituire e tramite una pressina
cilindrica questo viene incollato alla giunta automatica mantenendo la macchina in
velocità. Tramite il “giro carta” il foglio passa nella testa di applicazione della patina
e il foglio bagnato dalla patina deve essere asciugato con infrarossi e/o aria calda al
primo stadio, passando poi tra cilindri riscaldati a vapore. A fine macchina abbiamo
un avvolgitore che ribobina tutto il rotolo svolto in precedenza. Anche qui abbiamo
un cambio automatico del rotolo, che comunica con lo svolgitore. Il cambio può
essere effettuato con una fettuccia che si avvolge sulla bobina stessa e trattiene il
foglio, oppure con altre tecnologia più recenti ed avanzate.
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6 TIPI DI APPLICAZIONE
6.1 A POZZETTO
Come dal nome stesso, questa applicazione viene fatta tramite un pozzetto creato da
tubi posti trasversalmente tra due cilindri accostati ove passa il foglio di carta. La
patina applicata con questo metodo ha caratteristiche di secco molto basse, l’apporto
patina è dato appunto da questo valore; questa tecnica di applicazione è ormai poco
utilizzata sia per lo scarso controllo dell’apporto patina ma anche per la bassa velocità
di lavoro. Questo sistema di applicazione, chiamato Bill-Blade, viene impiegato per
la stesura di un film di prepatinatura.
In basso, una foto del meccanismo Bill-Blade.
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6.2 FILM-PRESS ED EVOLUZIONI
Questa categoria è rappresentata dalla Size-Press e dalle sue evoluzioni chiamate con vari
nomi come: Speed-Size, Sym-Size, Gate-Roll-Coated. Tutte queste attrezzature hanno lo
scopo di applicare un film di prepatina sul foglio di supporto, ma soprattutto è stato
raggiunto un livello di velocità di produzione sufficientemente elevato. Nel caso della SizePress viene steso un film di prodotto a bassa concentrazione. Gli svantaggi di questa tecnica
sono principalmente: la turbolenza alle alte velocità con una conseguenza di distacco
particelle (splashing) e l’effetto a buccia d’arancia (ribbing). Il controllo dei profili risulta
difficile.
In basso esempi di Size-press.
Nel caso della Speed-Size e Sym-Size, il pozzetto è creato lateralmente, quindi senza
problemi di turbolenza, qui viene creato un film sui rulli spalmatori dosato in maniera tale
che esso venga assorbito dal supporto in maniera quasi totale; questo sistema aiuta anche a
coprire piccoli fori sul supporto generati durante la fabbricazione in macchina continua.
Chiamate anche Film-Press, applicano il film di patina sui rulli applicatori tramite barrette,
che girano nel senso opposto del patinatore. La barretta può essere liscia o rigata per
regolare l’apporto di patina: ovviamente bisogna fare attenzione alla pressione fatta
sull’applicatore per non rovinarlo.
Nel Gate-Roll-Coated abbiamo quattro cilindri dosatori (due per parte) che dosano l’apporto
patina sul patinatore.
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Sotto, Gate-Roll-Coated:
6.3 GRIC
Questo sistema viene utilizzato in Cartiere del Garda sulla Macchina Continua 2, il GRIC
(Gate Roll Inversion Coated). Il foglio carta passa dal basso verso l’alto, è un sistema di
prepatinatura per stendere uno strato di patina su entrambi i lati; i cilindri dosatori, due
rispetto ai quattro di prima, sono in materiale duro (ceramica), muniti di una lama metallica
(o barretta) in posizione lisciante e girano a velocità inferiore rispetto ai cilindri applicatori
rivestiti in poliuretano con un impianto di raffreddamento; essi hanno una bombatura per
contrastare la pressione dei corpi dosatori. Abbiamo anche la possibilità di applicare
dosaggi e/o differenti miscele sui due lati del foglio. L’eccesso di patina o amido viene
raccolto e rimesso in circolo da una vasca di raccolta posta sotto tra il cilindro dosatore ed il
corpo applicatore; si lavora con un contenuto di secco basso, 50-55%, ed un apporto patina
di circa 8-15 grammi. Questo gruppo meccanico ha il vantaggio che a contatto con la carta
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non ci sono elementi striscianti, come le lame, che possono creare rotture al passaggio di
eventuali difetti. Queste patinatrici hanno infatti una buona efficienza produttiva.
Per ottenere una buona prepatinatura si dovrà avere un supporto con caratteristiche di profili
omogenei come l’umidità, la grammatura, lo spessore e la formazione, perché la precisione
di questo primo passaggio si ripercuoterà sulle lavorazioni successive.
GRIC in posizione lavoro
6.4 RULLO APPLICATORE
L’applicazione a rullo in Cartiere del Garda viene utilizzato in macchina 2 dopo il GRIC ed
applicata off-line nella PMT (ex Jagemberg), composta da tre parti principali: il cilindro
patinatore (backing-roll) che sostiene il foglio, il cilindro applicatore immerso nella
vaschetta di alimentazione della patina, e dalla trave con lama raschiante (stiff-blade) o
lisciante (bent-blade). Il cilindro patinatore ha un rivestimento in gomma dello spessore di
circa 20 mm e può avere una durezza variabile a seconda delle necessità; la sua usura è data
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dal cilindro applicatore ma molto più incisivo è l’utilizzo delle lame, sia raschiante e
lisciante, che con la pressione esercitano un’usura lenta ma continua. Il nemico più comune
dei cilindri patinatori sono le rotture carta in fase di lavoro; infatti il foglio carta una volta
rotto può incunearsi tra lama e patinatore segnandolo con solchi, o in rari casi far
“scoppiare” la lama con conseguenti tagli profondi della copertura in gomma.
Il cilindro applicatore, posto sotto il backing-roll, è immerso nella patina come un calamaio
e, girando ad un velocità inferiore della patinatrice, cede la miscela di patina al foglio,
quella in esubero viene rimessa nel ricircolo.
L’applicatore deve essere ad una distanza ben precisa dal patinatore per evitare la rottura
degli stessi; bisogna calcolare la dilatazione termica del cilindro e lo spessore foglio
passante, quindi avremo delle regolazioni micrometriche per quest’ultimo; molto importante
è anche la mascheratura del bordo carta effettuata con lamierini in acciaio, di uno spessore
specifico, per non apportare patina in una determinata zona che può essere causa di rotture.
Esempio di misurazione micrometriche
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La trave può lavorare con diversi angoli di lavorazione, raschiante o lisciante, e diversi
livelli di carico, ma entreremo nello specifico più avanti.
Questo tipo di applicazione ha un limite nella velocità di lavorazione. Superato il limite, si
può verificare un’eccessiva turbolenza della patina. Per velocità di patinatura superiori sono
state sviluppate e si impiegano altre tecnologie.
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6.5 JET FLOW
Anche questa tecnica è presente in Cartiere del Garda, ed è utilizzata per bassi apporti
patina, sia in macchina 3 con la Valmet che off-line con la Beloit. Con l’ S-flow, fabbricata
dalla PMT, abbiamo una camera unica non apribile che lavora ad alta pressione con un
becco regolabile per l’uniformità del getto in uscita per un’applicazione più precisa e lineare
possibile. Un sistema di raffreddamento assicura il non seccarsi della patina su di essa,
inoltre, trattandosi di una camera unica, si necessita di un sistema di lavaggio interno che è
essenziale per evitare, in caso di rottura o fermi macchina, che la patina si secchi al suo
interno; un disaeratore è necessario per evitare l’intrappolamento di aria che causa lo
skipping; una buona filtrazione può evitare che impurezze della patina intasino l’ugello di
uscita; una bassa viscosità favorisce una buona fuoriuscita della patina. Questa tecnologia
permette, grazie alla mancanza di pressione sul patinatore con l’applicatore, una migliore
copertura pur avendo un minor apporto patina, stressando meno il foglio carta si ha una
perdita minore di fini grazie a pressioni della lama ridotti.
Il controllo dell’angolo del getto è essenziale per evitare l’intrappolamento di aria tra la
carta passante: con un angolo troppo basso bolle d’aria si formano nel velo di patina con
conseguente “mancanza” di patina. Anche la pressione del getto non è da sottovalutare: se
troppo bassa il contatto patina-supporto è insufficiente, al contrario se alta si avrà il
fenomeno di contro-flusso.
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Anche lo spessore del film deve essere controllato per evitare inconvenienti come quelli
rappresentati nello schema precedente.
A differenza del rullo applicatore, qui, non abbiamo lamierini a contatto ma dei
mascheratori inseriti nel becco di iniezione regolabili in modo trasversale che impediscono
l’uscita della patina.
La patina in esubero viene raccolta in una vasca sottostante e immessa in un tubo di ritorno
patina e quindi rimessa in circolo.
Questo sistema, ad oggi il più moderno, permette una velocità di lavoro fino a 2000 m/min.
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7 TIPI DI TRAVE
7.1 JAGEMBERG
Il sistema combi-blade, usato in Cartiere del Garda, grazie a sistemi a braccia pneumatiche
permette alla trave e di conseguenza alla lama, di avere angolazioni, pressioni e precarico
differenti, in base al lavoro ed alle esigenze del momento.
Al fine di ottenere un controllo micrometrico dello spessore della patina, sia che si lavori
con modalità raschiante o lisciante, sarà necessario che la trave sia rigida e il più parallela
possibile. A questo scopo disponiamo di controlli micrometrici sui due lati per
l’azzeramento iniziale della lama sul backing-roll all’inizio della lavorazione dopo un
cambio patinatore giunto alla fine delle sue ore di lavoro. Per non affondare troppo la trave
e quindi la lama nel patinatore abbiamo dei fermi meccanici di sicurezza.
testa di patinatura jagemberg
La trave, si può dire, è la parte più importante di tutta la patinatrice, da qui avremo una
stesura della patina buona se avremo lavorato bene su di essa con la soddisfazione del
cliente finale.
Il serraggio della lama stessa viene effettuato tramite una pinza chiudi-lama, appunto.
Questo porta lama è fisso nella parte inferiore della trave di appoggio, mentre la pinza può
arretrare per dare un pre-carico alla lama.
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Il controllo del profilo di patina viene effettuato da questo listello deformabile che
tramite attuatori a vite posti 10 cm circa uno dall’altro che permettono un controllo
locale avanti o indietro, consentono di aumentare o diminuire l’apporto patina; questi
spostamenti vengono comandati elettronicamente tramite ABB a video.
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Controllo ABB degli attuatori in PMT
Controllo del profilo applicazione patina
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7.2 Sistema BTG-UMV
Questo sistema, utilizzato anch’esso in Cartiere del Garda, rispetto al precedente, ha
il vantaggio di modificare automaticamente il pre-carico e la regolazione del profilo
aumentando o diminuendo la pressione della controlama. Aumentando la pressione
della lama diminuisce l’apporto patina e viceversa; questa pressione è determinata
dalla risultante tra la pressione di carico e la contropressione di scarico. Il controllo
del profilo di applicazione patina si ha sempre in questo modo, agendo sugli attuatori
pneumatici equidistanti.
Attuatore pneumatico con sistema di pressione e contropressione
La lama è trattenuta da un profilo in gomma inserito sul labbro mobile della pinza e
da un fermo metallico. Lo stick-out risulta essere minore rispetto al precedente e con
ovvie difficoltà nel gestire il lavoro in lama lisciante.
Con il passaggio della giunta automatica riceve un contraccolpo che a volte non
riesce ad assorbire bene e di conseguenza i profili non saranno così precisi come nel
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rotolo precedente. Di positivo ha invece che al passaggio di un foro abbiamo meno
probabilità che si provochi una rottura data la minor pressione esercitata rispetto ad
una combi-blade.
Schema di pinza BTG
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8 TIPI DI LAME
8.1 RASCHIANTE (STIFF-BLADE)
Nell’utilizzo di una lama raschiante si avrà la trave con un’angolazione di lavoro tra i 35° ai
50° circa, in questo caso la lama presenterà un lato preaffilato detto bisello, 30-50°, un’
estensione fatta ormai su misura per ogni macchina per avere un controllo delle geometrie
accurate. L’utilizzo continuo della lama nella stessa posizione di lavoro fa si che si
modifichi o affili l’angolo del bisello e di conseguenza bisognerà agire per riportare il prima
possibile il variare del peso patina che sarà aumentato, in casi estremi si effettuerà il cambio
della stessa. Solitamente il metodo raschiante viene utilizzato per grammature leggere.
Lama raschiante
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La scelta della lama non si ferma all’estensione del bisello ma anche al suo angolo, stickout, spessore, altezza, tutti questi fattori possono influire positivamente o negativamente a
seconda del lavoro svolto in ogni singola Cartiera.
Lavorando in modo raschiante avremo il vantaggio di gestire i profili patina con più facilità
e la quasi assenza di righe sul foglio carta; d’altro canto avremo una macchinabilità
difficoltosa a causa dell’angolo di lavoro accentuato che causa rotture al passaggio di difetti
(ad es.: fori), anche l’applicazione della patina stessa sarà difficoltosa per via del forte
raschiamento tra lama e supporto; avremo un foglio con una buona finitura ma con
l’accentuazione di eventuali difetti.
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8.2 LISCIANTE (BENT-BLADE)
Lavorando in modo lisciante avremo una lama senza bisello, solo in alcuni casi troveremo
questa lavorazione ma molto più leggera, da 2° a 5°, chiamata pre-bisello studiata per
facilitare l’inizio lavoro (attacco teste) causa di bruciature della stessa; il suo angolo di
lavoro è tra 10° e 25°.
La superficie di contatto aumenta di continuo per l’usura della lama con un conseguente
aumento di applicazione patina.
Con questo tipo di applicazione si ha una macchinabilità migliore, una buona stuccatura del
supporto, una maggiore applicazione patina, e soprattutto un maggior lucido della carta.
Risulta però difficoltoso il controllo dei profili a causa dell’elasticità della lama.
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8.3 MATERIALI
Il primo ad essere utilizzato è stato l’acciaio, che a tutt’ora viene largamente usato, con un
costo relativamente basso. Oggi sempre alla ricerca di nuove tecnologie e materiali i
fornitori in collaborazione con le cartiere hanno messo sul mercato lame con rivestimenti
come la ceramica ed i carburi di tungsteno, con effetti positivi sul lavoro finito come il
lucido della carta ed il lucido di stampa; anche la macchinabilità è migliorata grazie a minori
attriti, che di conseguenza aumentano la durata della lama stessa, con migliori applicazioni
patina e stuccatura senza dover intervenire sulle formulazioni delle patine. Ovviamente tutto
questo ha un prezzo economico: il costo di queste lame può arrivare fino a dieci volte
rispetto a quello di una lama in acciaio.
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9. ASCIUGATURA
9.1 INFRAROSSI
L’impianto ad infrarossi è basato sulla combustione di una miscela di aria e gas che riscalda
una piastrella di ceramica, quest’ultima poi, irradia un’onda infrarosso che si trasforma in
energia calorica quando entra in contatto con la carta; è di sicuro effetto per quello che si
vuole ottenere, ma come detto in precedenza trattandosi di un sistema alimentato a gas
(metano) ed aria, chi lavora a contatto con questo apparato dovrà attenersi a delle norme di
sicurezza e precauzioni.
La cappa è formata da un determinato numero di file di emettitori (piastrelle), in funzione
della quantità di energia richiesta, ed il numero degli emettitori per fila è determinato dalla
larghezza del foglio.
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Questo può essere uno schema di asciugatura ad infrarossi posta all’uscita di una testa di
patinatura; come si può notare la prima cappa (GEMDRYER) è posta il più vicina possibile
ad essa per asciugare il prima possibile la patina che si trova in superficie da quel lato per
stabilizzarla immediatamente, poi attraverso le UNIDRYER il supporto con il suo strato di
patina ricevono, oltre agli infrarossi, aria calda forzata sia per eliminare l’acqua di patinatura
sia per stabilizzare la patina più in profondità.
La regolazione del calore è determinata dalla pressione dell’aria data da un ventilatore
centrifugo con cassa filtrante; questa anche in caso di arresto di emergenza della macchina
non smette di soffiare aria agli emettitori che si raffredderanno più velocemente;
ovviamente l’alimentazione del gas viene chiusa.
In caso di rottura carta abbiamo bisogno di un sistema antincendio su di essa per evitare che
il foglio carta intrappolato tra le cappe prenda fuoco, o ancor peggio che ricada sul
patinatore sottostante rovinandolo.
Questa cappe hanno un sistema di apertura idraulica quando sono inattive, per pulizie o
interventi di ripristino delle mattonelle irradianti.
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9.2 CAPPE AD ARIA
Questo metodo di asciugatura non utilizza l’infrarosso ma il vapore che convertito in aria
calda permette di regolare la temperatura ed il flusso tra le due cappe, poste una sopra
l’altra, per arrivare allo standard richiesto per quel determinato tipo di carta; mi permette
anche di estendere il foglio carta nella sua larghezza.
Sono in pratica degli essiccatori, efficienti ed una elevata capacità di asciugamento con
consumi energetici ridotti e con alta qualità finale del prodotto.
Simile ma non utilizzato in Garda Cartiere, per ora, è l’AIR TURNER. Questo dispositivo
utilizza sempre aria calda soffiata ad alta velocità, ma viene utilizzato nel cambio di
direzione del nastro carta in sostituzione ad un cilindro. La carta patinata è bene infatti che
non tocchi nessun elemento finché non si è completata l’essiccazione.
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9.3 SECCHERIA
La seccheria è la parte finale dell’asciugamento, questa estrae l’ultima quantità di umidità
rimasta nel foglio fino a raggiungere il 3-5%. È composta da batterie di cilindri essiccatori
scaldati con vapore a varie pressioni per dare la temperatura necessaria. Essi sono avvolti da
feltri (superiori ed inferiori), per garantire il contatto tra la carta e i cilindri riscaldati per
migliorare lo scambio termico e mantenere stabile la conduzione del nastro carta.
Schema sintetico di una patinatrice
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