il risk management in odontoiatria

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il risk management in odontoiatria
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
IL RISK MANAGEMENT
IN ODONTOIATRIA
Giulio C. Leghissa
Direttore responsabile di Dental Clinics
N
egli anni più recenti è
stato introdotto anche in
ambito odontoiatrico il
“Risk Management”, un concetto
sviluppato sulla base di una
duplice consapevolezza: l’esistenza del rischio clinico in medicina,
e la possibilità che tale rischio
possa determinare un danno al
paziente, decesso compreso.
Si è cominciato cioè a valutare se
esistono condizioni nelle quali le
cure, anziché migliorare le condizioni di salute del paziente, le
peggiorino o addirittura lo conducano a morte.
Perché una situazione evolva in
modo sfavorevole è necessario
che si determini un evento avverso, vale a dire che si creino condizioni per le quali si verifica un
danno correlato con la specificità,
la complessità, la rischiosità degli
interventi sanitari. Ma se il danno
poteva essere evitato poiché la
causa non risiede nella complessità e rischiosità del trattamento,
ma è causato per esempio da un
errore, un incidente, una insufficenza del sistema, allora si parla
di evento avverso evitabile.
Nel 1999 l’Institute of Medicine
pubblicava il rapporto (1) “To Err
is Human” nel quale si davano gli
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In medicina
è impossibile eliminare
il rischio clinico.
L’importante è sapersi
attrezzare per gestire
qualunque evenienza.
indirizzi generali per orientare il
sistema sanitario verso il confronto con gli errori superabili in
medicina. Questi argomenti
hanno origini lontane nel tempo,
ma purtroppo per tutto il XX secolo sono stati sottovalutati. Nel
1914 Eugene Codman scriveva:
«Mi definiscono un tipo eccentrico perché in pubblico dico che:
I gli ospedali, se vogliono migliorare, devono dichiarare quali sono
i loro risultati;
I devono analizzare i loro risultati,
per trovare i loro punti forti e i
loro punti deboli;
I devono confrontare i loro risul-
tati con quelli degli altri ospedali;
devono dedicarsi all’assistenza
di quei casi per i quali sono riconosciuti dare un buon risultato,
evitando di tentare di assistere
quei pazienti che presentano
patologie per le quali non sono
qualificati;
I devono assegnare i casi (per la
chirurgia) agli operatori per ragioni migliori che l’anzianità, il calendario o le convenienze di tempo;
I devono pubblicizzare non solo i
loro successi, ma anche i loro
errori, così che il pubblico possa
aiutarli, quando è necessario;
I devono gratificare il personale
sulla base del loro operato e per
ciò che fa per i pazienti.
Tali opinioni non saranno così
eccentriche da qui a pochi anni».
In effetti a partire dagli anni ’90
vengono pubblicati una serie di
rapporti che illustrano come sia
rilevante la percentuale di eventi
avversi negli ospedali. (Tabella 1)
I
TITOLO TABELLA
I USA NEJM 1991
I USA Inst Med 1999
Tabella 1
Eventi avversi/
pazienti ricoverati
Eventi avversi
prevedibili
Eventi avversi
gravi/morte
37%
58%
14%
40%
53%
6,60%
GESTIONE E ORGANIZZAZIONE
Ciò che in questi anni si è andato
delineando è un sistema di analisi
dei fattori di rischio con l’intento
di superare i limiti e ridurre l’incidenza degli eventi sfavorevoli eliminabili.
Si è cominciato determinando un
modello di indagine (2) che parte
dall’evento sfavorevole, prevede
l’istituzione di un gruppo di lavoro
ergonomia e miglioramento
della qualità con il compito di
raccogliere i dati in sequenza temporale, fare una prima analisi dei
fatti, e identificare i due livelli di
errore racchiusi in questi fatti.
I Errori attivi:
- violazioni
- errori
- passi falsi
I Errori latenti:
- design tecnico
- comunicazioni interne
- gestione del personale/responsabilità
- procedure e organizzazione
del lavoro
Dopodiché, lo stesso gruppo di
lavoro deve individuare le misure
preventive.
Come si vede da questa impostazione, partendo dalla considerazione che l’errore e la possibilità
di incidenti non sono eliminabili
da un sistema complesso, si sposta l’attenzione dalla responsabilità individuale alla ricerca delle
cause. Possiamo, dunque, cercare
di identificare, per ciascuno di
questi gruppi, i comportamenti o
le tecniche che in chirurgia orale
possono condurre a errore.
I
Errori attivi (che provocano
immediate conseguenze). Si suddividono in:
-violazioni. Includono tutte quelle
azioni che si fanno, anche se
dovrebbero essere escluse dalla
pratica comportamentale poichè
proibite da un protocollo, da una
regola ecc. In realtà l’infrazione
alle regole avviene con grande frequenza ma, per fortuna, solamente in un numero limitato di casi
alla infrazione corrisponde un
errore che si traduce in un incidente più o meno grave. Reason
nel 1990 (3) ha evidenziato come
il verificarsi di un incidente sia il
risultato di una concatenazione di
eventi che sono stati in grado di
superare tutte le difese messe in
atto e, poiché in nessun sistema
sarà mai possibile eliminare completamente gli errori attivi, per
aumentare la sicurezza del sistema è necessario ridurre i punti critici del sistema sul quale gli errori
attivi possono influire.
Per esempio: l’assistente deve
controllare la cartella clinica del
paziente e verificare che non vi
siano, nell’anamnesi, segnalazioni
di situazioni patologiche che possono interferire con la attività clinica. In caso contrario, prima che
l’odontoiatra inizi la seduta, l’assistente deve segnalarne la presenza. Ma quel giorno viene commessa una violazione: il paziente è
allergico alle penicilline, sulla sua
anamnesi questo fatto è riportato,
ma l’assistente commette una violazione e non segnala il fatto all’odontoiatra. Quest’ultimo commette la seconda violazione poiché,
come norma di sicurezza, non
deve prescrivere un farmaco se
prima non ha chiesto alla assistente: «segnalate allergie?»
Invece procede e prescrive un trat-
tamento con amoxicillina. E così
l’errore umano supera le barriere
poste a protezione del paziente.
Altro esempio: il chirurgo ha deciso di mettere un impianto lungo
10mm per non intercettare il
canale mandibolare. La decisione
è stata comunicata all’assistente
che deve preparare le frese per la
preparazione del sito implantare.
Ma quando si passa alla esecuzione l’assistente compie una violazione. Sa che deve controllare la
lunghezza della fresa prima di
passarla al chirurgo e sa anche
che deve dire, con voce forte e
chiara: «Prima (o seconda…) fresa
lunghezza 10 millimetri», ma non
controlla e, distratta dal fatto che
sta chiacchierando con il chirurgo,
passa la fresa senza fare la dovuta
comunicazione. E il chirurgo compie la seconda violazione: il protocollo dice che non deve prendere
in mano la fresa se non ha ricevuto la conferma vocale dell’assistente, ma questa volta sta chiacchierando, prende la fresa e la
usa, accorgendosi troppo tardi
che è una fresa da 12 millimetri.
-Errori. Possono essere determinati da problemi di abilità, poiché
l’operatore sa come dovrebbe
comportarsi, conosce le regole
alle quali attenersi, ma per una
serie di motivi legati alla manualità, all’esperienza, all’attenzione,
si comporta in modo diverso.
Oppure ha un momento di fallimento della memoria.
La regola dice che, per evitare di
lesionare il nervo linguale, l’incisione distale al settimo inferiore
per disegnare il lembo per l’avulsione dell’8° incluso deve essere
condotta in direzione disto-vestiAnno II - n°3 - settembre 2008
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Figura 1-2 L’incisione distale al 7° inferiore, per la scopertura del dente del giudizio, deve essere
portata in senso disto-vestibolare per evitare di intercettare il nervo linguale.
Figura 3 Subito dopo l’inserimento dell’impianto in zona 35 il pavimento orale ha iniziato a gonfiarsi. Fortunatamente l’ematoma si è
limitato a una espansione di alcuni millimetri
senza presentare alcun sintomo significativo.
Figura 4 Sottovalutando l’importanza del
rientro linguale della mandibola in zona 36
l’impianto è stato inserito in una perforazione
della corticale linguale e si è posizionato tra
teca ossea e periostio, fortunatamente
senza conseguenze.
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bolare. Foto n.1,2
Ma questa volta il chirurgo non
segue la regola. Continua il suo
percorso in zona distale direttamente in direzione del nervo linguale determinando un danno più
o meno grave. Perché? I motivi
possono essere molti: un attimo di
distrazione, la mano che tiene il
bisturi senza appoggi decisi, la
gengiva aderente presente in
quantità molto modesta che tende
a muoversi sotto la lama deviandone il percorso, l’assistente che per
un attimo non deterge dal sangue
rendendo poco visibile l’area ecc.
Altro esempio: la regola dice che,
per evitare perforazioni della corticale linguale mandibolare durante
le manovre di preparazione del
letto implantare, la fresa deve
avere una inclinazione linguovestibolare. Ma anche in questo
caso la regola può essere violata e
la fresa può approfondirsi verso il
versante linguale fino a perforare
la corticale e strappare frammenti
di periostio. Frequentemente,
adese al periostio, vi sono terminazioni dell’arteria sublinguale
che vengono lacerate dalla fresa
rotante e il risultato può essere
drammatico, veramente drammatico. Foto 3 e 4
Ma se si perfora la corticale linguale durante la perforazione con
le frese, cosa succede? Succede
che la fresa avvolge frammenti di
periostio nel quale possono essere coinvolti rametti terminali della
arteria linguale, lacerandoli.
«Il piano di trattamento prevedeva l’inserimento di 5 impianti nell’area intraforaminale. Durante il
loro posizionamento è iniziato un
graduale incremento della elevazione della parte dx del pavimento
orale. In meno di un ora la lingua
comprimeva il palato e la parete
faringea posteriore e si è presentata una crisi respiratoria acuta.
La paziente è stata intubata. Dopo
tre ore l’ematoma era così aumentato che si era determinata una
pronunciata deviazione della trachea e della porzione superiore
dell’esofago». (4)
«In fase intraoperatoria nessun
problema. Sei ore dopo sofferenza
respiratoria, difficoltà di deglutizione per enorme ematoma con
grave e doloroso edema della
regione sottomandibolare. Intubazione endotracheale, riapertura
della ferita, dopo quattro giorni si
è potuto estubare la paziente” (5)
- Passi falsi. Si ritiene che una
cosa possa essere fatta senza
rischio, e invece il rischio c’è e si
commette un errore che comporta
un danno. Per esempio: l’odontoiatra ha estratto un sesto superiore con le radici che per due millimetri si approfondiscono nel
seno mascellare. Sa che il pericolo
è rappresentato da una comunicazione con il seno e sa che a volte
queste si traducono in una comunicazione oro-antrale. Dovrebbe
scolpire un lembo, facendo una
GESTIONE E ORGANIZZAZIONE
plastica di Rerhman, per chiudere
la breccia crestale con grande precisione. Invece sottovaluta la
situazione, si limita a mettere un
paio di punti passanti. E dopo
pochi giorni la comunicazione oroantrale è sintomatica. Foto n. 5
I
Errori latenti (restano “silenti”
nel sistema fino a quando un
evento scatenante non li evidenzierà causando danni più o meno
gravi). Possono riguardare:
- il design tecnico, che comprende tutti gli errori di progettazione
e attuazione del materiale, della
strumentazione ecc.
Per esempio: la progettazione e la
realizzazione delle frese da
implantologia segue criteri che
rientrano nell’errore latente rappresentato dal design tecnico.
Chiunque faccia implantologia sa
benissimo che le tacche presenti
sulle frese, che servono a indicare
la profondità di lavoro e a evitare
incidentali contatti con zone anatomiche a rischio, sono del tutto
non visibili quando in bocca c’è
saliva, sangue e la luce delle lampade. Si lavora nella costante
paura di commettere errori quando, una progettazione differente,
come per esempio le nuove frese
della Bone System, disegnate e
realizzate con uno stop meccanico
che ne impedisce la penetrazione
oltre la profondità predefinita,
consentono di lavorare in assoluta tranquillità. Foto n. 6 e 7.
Si investono tempo e danaro per
avere rappresentazioni radiografiche precise e fedeli, e poi si
rischia per colpa di una fresa.
Altro esempio: le tubofiale autoaspiranti di anestetico con vasoco-
strittore, di una casa farmaceutica,
utilizzano una striscia rossa in
modo tale da poter essere distinte
da quelle senza vasocostrittore.E
dove è posizionata la riga rossa?
Subito sopra la zona di aspirazione in modo che una goccia di sangue che entra nella tubofiala, e sta
a indicare la necessità di interrompere immediatamente l’inoculazione dell’anestetico per non
rischiare di mandare il farmaco in
un vaso con tutte le relative complicanze, può essere nascosta o
confusa dalla riga rossa presente
in quella zona. Foto n. 8 e 9
- Comunicazioni interne. Il problema delle comunicazioni interne è quasi infinito poiché coinvolge i rapporti interpersonali, quelli
tra operatore responsabile e
dipendenti, tra singolo operatore
e paziente, tra squadra e pazienti.
Non è dunque possibile stilare un
elenco di comportamenti e di
interazioni corrette e non corrette.
Si tratta di iniziare una procedura
di determinazione scritta delle
varie necessità di comunicazione
e di ampliarla via via che pratica
clinica ed extraclinica evidenziano
nuove necessità.
Nel rapporto tra manager e squadra tutte le informative che indica-
Figura 5 Comunicazione oro-antrale conseguente a estrazione del 16.
Figura 6 Le tradizionali frese da implantologia con le tacche che, sotto le luci della
sala operatoria, a contatto con saliva e
sangue diventano invisibili.
Fresa a stop fisso
a 13,5 mm
Fresa a stop variabile
a 13,5 mm
Figura 7 Le nuove frese della Bone System con gli stop.
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Figura 8 La tubofiala di anestetico con la
riga rossa subito al di sopra della zona di inoculazione.
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Figura 9 Una goccia di sangue aspirata si
confonde con la riga rossa.
Figura 10 Una scheda per i DPI.
no procedure di comportamento
devono essere scritte, firmate e
archiviate. Per esempio: le informative sull’uso dei Dispositivi di
Protezione Individuale (DPI) devono essere scritte, date al dipendente in doppia copia in modo che
una rimanga a lui e una torni alla
direzione firmata per essere archiviata. È necessario ricordare sempre che in caso di incidente e/o di
contestazione non conta ciò che si
dice di aver detto ma ciò che si
dimostra di aver fatto. Foto n. 10.
Lo stesso vale per il rapporto
squadra-paziente. Le informative
non possono essere affidate alla
trasmissione orale poiché si può
sbagliare facendo affermazioni
non del tutto veritiere e, nello
stesso tempo, è possibile che il
paziente capisca male, o in parte,
ciò che gli viene trasmesso.
Nella squadra si discute e si
decide quale comportamento
tenere e si prepara l’informativa
scritta per il paziente. Foto n. 11.
- Gestione del personale/responsabilità. È questo un campo
vastissimo e decisivo per il “risk
management” poiché il comportamento umano tende a produrre
errori se non viene costantemente
controllato, migliorato, coordinato e controllato. È dunque indispensabile ridurre la variabilità
inappropriata del comportamento
umano. Ciò si realizza solo ed
esclusivamente con una politica
costante di formazione e controllo
dei collaboratori, con una politica
di Verifica e Revisione della
Qualità, con l’adesione a una politica di Qualità Totale.
Cosa significa tutto ciò? Anzitutto
che ogni collaboratore va costantemente formato, rimotivato e
spronato. La gestione del personale è, probabilmente, la parte
più impegnativa e faticosa del
ruolo di manager del dentista,
poiché non è stato preparato a
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questo lavoro e lo vive come qualche cosa di estraneo alle sue competenze cliniche. «Uno studio su
più di 3500 dentisti ha evidenziato
come più del 38% siano sempre, o
frequentemente, preoccupati e
ansiosi. Più del 34% ha dichiarato
di sentirsi frequentemente o sempre stanco, esausto. Il 26% di soffrire frequentemente di mal di
testa e di schiena. Questi sintomi
sono spesso associati con la
depressione». Perché questa
situazione? «Ci sono tre ordini di
motivi fondamentali:
I Le sale operatorie sono piccole,
la zona nella quale si lavora (la
cavità orale) è ancora più piccola.
Il dentista deve stare seduto per la
maggior parte del tempo, facendo
lenti e precisi movimenti con le
mani, con lo sguardo fisso sul bersaglio.
I iniziando la professione il dentista si trova a dover fronteggiare
un numero crescente (e di crescente difficoltà) di problemi:
finanziari, manageriali, gestionali,
rapporti sociali per i quali non è
stato preparato nel corso degli
studi.
I In generale, con il crescere
della esperienza clinica, i dentisti
dichiarano di soffrire di minore
percezione di stress durante le
fasi cliniche. Al contrario lo
stress derivante dalla gestione
manageriale dello studio rimane
alto, indipendentemente dall’esperienza acquisita. Questo problema è in parte legato al rapporto con il personale di assistenza che è fortemente stressato per sotto-stima del proprio
lavoro, ambiguità di ruoli, insufficiente competenza». (6)
GESTIONE E ORGANIZZAZIONE
Figura 11 La squadra in riunione per risolvere un problema.
La gestione del personale riguarda differenti livelli di prevenzione degli errori e di protezione
dagli errori: il personale deve
possedere tutte le informazioni
necessarie affinchè il suo com-
portamento sia adeguatamente
attento al rispetto delle norme.
Se le assistenti non sanno cosa è
la endocardite batterica, con
quale gravità tale malattia può
evolvere, quali sono le condizio-
Figura 12 Materiale cartaceo da consegnare al paziente (una copia da ritirare firmata) che spiega come comportarsi in caso di rischio di endocardite batterica.
ni che richiedono l’impiego della
profilassi dell’endocardite, come
possiamo pensare che saranno
molto attente nel dare al paziente tutte le informazioni necessarie e rispettare il protocollo di
comportamento che lo studio ha
appositamente studiato per questi casi? È necessario avere un
protocollo preciso:
- se sulla cartella del paziente c’è
scritto “profilassi dell’endocardite batterica” spiegare al paziente
l’importanza della profilassi;
- dare al paziente il foglio illustrativo che spiega di cosa si
tratta e come fare la profilassi;
- fare firmare al paziente una
copia dell’informativa e archiviarla tra la documentazione del
cliente. Foto n. 12;
- dare una seconda copia al
paziente in modo che la conservi
e la rilegga al bisogno;
- segnare sulla cartella clinica del
paziente che gli è stato dato il
modulo informativo e che una
copia firmata è stata archiviata;
- telefonare al paziente il giorno
prima dell’appuntamento per
ricordargli i farmaci da assumere
per la profilassi;
Se tutto il personale dello studio
non è stato addestrato (e non
viene costantemente rimotivato)
ad affrontare una situazione di
emergenza cardiopolmonare, se
lo studio non ha approntato un
preciso modello di comportamento:
- tutti i pazienti, prima di sedersi
in poltrona, devono slacciare i
polsini della camicia e il colletto,
togliere la giacca ed eventuali
golf stretti;
- in caso di emergenza eseguire
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in sequenza le seguenti manovre:
sgombrare immediatamente
tutto ciò che può intralciare con
le manovre di rianimazione
(diga, teli, carrello chirurgico
ecc.), preparare l’aspirazione chirurgica con la cannula rigida per
liberare la bocca da eventuali
detriti e/o vomito, posizionare il
paziente in Trendelemburg, preparare ago cannula e soluzione
glucosata, preparare bombola
d’ossigeno e maschera con pallone di Ambu, prepararsi ad assistere l’odontoiatra nella ventilazione assistita e a somministrare
i farmaci necessari ecc.
Queste procedure devono essere
discusse e ridiscusse con la
squadra, tutti devono sapere
quale è il loro ruolo. Uno ha il
compito di registrare su apposito
registro i controlli periodici sulle
buone condizioni della bombola
d’ossigeno e del pallone di
Ambu, uno il compito di controllare mensilmente la scadenza dei
farmaci e provvedere alla sostituzione registrando tutti i movimenti su apposito registro ecc.
Se tali protocolli non sono
approntati come si può pensare
che il sistema funzioni? Contando sulla buona volontà o sul
«io l’avevo detto»?
- Procedure e organizzazione
del lavoro. Questa è la componente “sicurezza” di tutto il programma di Risk management.
Non tutti gli errori latenti producono un errore attivo, nè tutti gli
errori provocano un danno.
Perché quest’ultimo si verifichi,
devono sussistere condizioni tali
da permettere all’errore di superare tutte le barriere di sicurezza
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tecniche e organizzative predisposte all’interno della struttura per
contenere gli effetti di possibili
errori. La sicurezza del paziente
deriva, pertanto, dalla capacità di
gestire organizzazioni in grado sia
di ridurre la probabilità che si
verifichino errori (prevenzione),
sia di recuperare e contenere gli
effetti di errori che possono verificarsi (protezione). (4)
Allora il problema di predisporre,
discutere e far acquisire da tutta
la squadra procedure di prevenzione e di protezione è di grande
rilevanza. La procedura dice che:
- prima di eseguire un impianto,
odontoiatra e assistente controllano sulle radiografie la profondità di inserimento in rapporto
alla disponibilità di osso presente. (Prevenzione).
- questa misurazione viene registrata e trasmessa a tutta la
squadra affinchè tutti sappiano a
quale profondità deve arrivare la
fresa. (Prevenzione).
- l’assistente monta la 1° fresa
sterile della misura decisa.
Poiché non ci si può fidare ciecamente della misura registrata sul
pacchetto uscito dall’autoclave
controlla personalmente la lunghezza della parte lavorante che
deve corrispondere a quanto
deciso. (Prevenzione)
- l’assistente passa la fresa all’operatore dichiarando a voce forte
e chiara la lunghezza di lavoro e
il diametro della fresa. (Prevenzione)
- l’operatore non prende in mano
il trapano se non ha sentito la
voce dell’assistente affermare
con chiarezza: «1° ( 2°,3°…fresa)
lunghezza 12 millimetri (10,
13,5…) controllata». (Prevenzione)
L’operatore prepara il sito
implantare e, quando si trova a
2/3 millimetri dalla profondità
decisa, lavora a bassissimo numero di giri (40/50 giri-minuto)
in modo che, nella ipotesi di un
errore, la fresa possa essere fermata in brevissimo tempo sena
distruggere i tessuti molli che ha
incidentalmente intercettato.
(Prevenzione)
Altro esempio: la procedura dice
che durante la odontotomia di
un dente inferiore posteriore
l’assistente deve concentrarsi
“sul bersaglio”, cioè sui 3-4 millimetri attorno alla zona dove sta
lavorando la fresa, e non deve
distrarsi per nessun motivo. Se
c’è un problema (sangue o saliva
da aspirare, uno strumento da
cambiare, una fresa da sostituire
ecc.) chi è “sul bersaglio” non si
deve muovere, non deve spostare lo sguardo, deve chiamare una
seconda assistente e dire a lei
che cosa fare. In questo modo si
protegge il paziente da due pericoli importanti. Il primo pericolo
è che la cannula rigida si sposti
di qualche millimetro dalla parete linguale mandibolare, il
paziente deglutisca, il pavimento
della bocca si sollevi di qualche
millimetro infilandosi tra mandibola e cannula e la fresa, che sta
girando a 200.000 giri al minuto,
intercetti i tessuti molli creando
una ferita slabbrata e sanguinante molto difficile da suturare e da
controllare. Il secondo pericolo è
che l’assistente sposti anche di
poco la cannula proprio nel
momento in cui la fresa si rompe
GESTIONE E ORGANIZZAZIONE
e viaggia come un proiettile nella
bocca del paziente.
In tutti i casi nei quali le cose
non procedono come dovrebbero
le domande che l’odontoiatra si
deve porre sono:
- ho addestrato a sufficienza la
mia squarda affinchè abbia le
competenze e le conoscenze per
affrontare le diverse situazioni?
- il numero di collaboratori che
compongono la mia squadra è
adeguato per tutti i compiti che
devono assolvere?
Le strutture delle sale operatorie
sono adeguate all’impegno professionale che vi viene svolto?
- i materiali a disposizione della
squadra sono all’altezza di quanto richiesto?
- in caso di errore quali sono le
procedure predisposte per contenere le conseguenze dell’errore?
- è stata fatta una valutazione del
grado di accettabilità del rischio?
Per quano riguarda la prima
domanda, il problema è tanto
più grande quanto minore è la
preparazione di base delle persone che compongono la squadra.
È necessario ricordarsi che una
catena è forte tanto quanto è
forte il suo anello più debole. Le
persone che collaborano nello
studio dentistico spesso non
hanno una formazione specifica,
non sanno nulla o quasi di biologia, non conoscono l’anatomia
ecc. Il primo provvedimento da
prendere, in una politica di revisione della qualità dell’azienda,
è quello di informare queste persone e aggiornarle costantemente. Devono avere a disposizione
(comprati appositamente per
loro) i pochi ma indispensabili
testi per la organizzazione e la
realizzazione del lavoro d’èquipe
nella squadra odontoiatrica e,
prima di ogni nuovo approccio
chirurgico, tutte le persone devono essere riunite per spiegare
quale sarà l’intervento, quali gli
eventuali rischi, quali i compiti
di ciascuno. E si lasci alle persone la possibilità di esprimere
dubbi e incertezze, si incoraggi il
dibattito, si dia spazio alle proposte affinchè alla fine la squadra si senta preparata e pronta
per la nuova sfida. Certo che ci
vuole tempo. Ma quanto tempo
ci vuole per rincorrere poi i risultati di un evento avverso?
Anche sul numero di collaboratori è bene riflettere con serenità. «Un aumento del carico di
lavoro (sia per i medici sia per gli
infermieri) comporta più rischi
per il paziente (…) quando esiste
una sproporzione tra carico di
lavoro e numero di infermieri si
fa tutto più in fretta, con conseguenze prevedibili sul rispetto di
alcune cautele (…) si commettono più errori». (6) Naturalmente
non sempre è necessario aumentare il numero di assistenti, si
possono anche cercare soluzioni
alternative. Per esempio si possono scaricare dalle incombenze
delle assistenti i compiti di pulizia serale dello studio, dando
l’incarico a un’impresa di pulizie,
oppure si possono togliere dalle
incombenze delle sale operatorie
gli aspetti gestionali dello studio
(appuntamenti, richiami dei
pazienti ecc.) concentrando tutto
sulla segreteria e sul sistema
informatico. Va considerato
anche l’aspetto del clima presen-
te nello studio e nella squadra:
persone motivate, affiatate e
serene lavorano molto meglio di
persone preoccupate, con un cattivo rapporto interpersonale e un
brutto clima di lavoro. «Knaus ha
dimostrato, in uno studio retrospettivo in 13 terapie intensive
negli USA, che dove è presente
un buon clima di lavoro (caratterizzato da un buon rapporto tra
medici e infermieri e da buoni
sistemi di comunicazione) diminuisce anche la mortalità dei
pazienti». (7)
Le strutture delle sale operatorie
sono una questione tutt’altro
che retorica poiché fare chirurgia
senza disporre di una valida
aspirazione chirurgica o con una
fonte d’illuminazione sufficiente
e poi continuare a riprendere
l’assistente perché non si vede
bene è, ovviamente, inutile oltre
che sbagliato. (8) Oppure, si può
aprire una breccia intrasinusale
per estrarre un corpo estraneo
senza avere una fonte di luce
potente e concentrata, come per
esempio quella della videocamera intraorale? Si tratta cioè di
calibrare il livello della nostra
chirurgia alle condizioni concrete
nelle quali decidiamo di operare.
Anche i materiali a disposizione
della squadra sono un problema
non indifferente. Si può fare chirurgia ossea senza disporre di
cera per osso per fermare una
emorragia infraossea? O un
lembo bilaminare senza una
sutura delicata tipo 5 zeri?
Per fare un esempio sulle procedure volte a contenere le conseguenze dell’errore, si consideri il
piccolo ramo dell’arteria faciale
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che scorre proprio sotto la breccia chirurgica preparata per il
grande rialzo del pavimento del
seno mascellare. Il chirurgo non
la vede, l’assistente non la vede,
si ribalta lo sportello insieme
alla membrana e l’arteriola si
rompe. La quantità di sangue
che esce improvvisamente è così
importante da mettere in difficoltà gli operatori. La squadra sa
che:
- non bisogna farsi prendere dal
panico;
- l’assistente deve immediatamente mettere un dito sulla zona
e cominciare a comprimere;
- passa a comprimere con una
buona quantità di garza sterile;
- si pensa a cosa è successo;
l’assistente chiede alla sua collega cera per ossa;
- il chirurgo posiziona una buona
quantità di cera nel seno e, tirandola contro la faccia ventrale
della parete vestibolare, comprime i monconi arteriosi che, in
pochi secondi, smettono di sanguinare.
In pratica, ciò che serve è che la
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squadra sia addestrata a fronteggiare le complicanze prevedibili.
Infine, per quanto riguarda la
valutazione del grado di accettabilità del rischio, si può fare questo esempio: la scelta è tra una
protesi fissa (con chirurgia additiva, rialzi di seno, GBR ecc.) o un
overdenture, in paziente anziano
con pregresso infarto miocardico,
miocardiopatia dilatativa compensata dalla terapia. Più che il
desiderio del paziente deve contare la valutazione del rischio
operatorio in relazione ai vantaggi apportati dai due differenti tipi
di protesi. E se, a fronte di una
più elevata qualità della protesi
fissa rispetto alla overdenture, si
tratta di optare per un intervento
di un ora e mezza contro un altro
di 20 minuti, la scelta deve cadere
sull’intervento più semplice, cioè
sulla overdenture.
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