l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIII n. 206 (46.450) Città del Vaticano lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 . Centomila persone in piazza San Pietro insieme a Papa Francesco nella veglia a conclusione della giornata di digiuno e di preghiera La pace è possibile E all’Angelus la ferma denuncia della proliferazione e del commercio illegale delle armi che alimentano le guerre Il silenzio e i sogni cattivi Il silenzio della veglia di piazza San Pietro sta facendo rumore. E la giornata di preghiera e di digiuno voluta da Papa Francesco forse può aiutare a superare i progetti di chi, dopo avere di fatto ignorato per oltre due anni e mezzo la tragedia in Siria, vorrebbe ora intervenirvi. Ma con il rischio fondato di estendere un conflitto che già ha causato oltre centodiecimila morti, feriti senza numero e più di sei milioni tra sfollati e profughi. La guerra in Siria sta provocando disastri, mettendo a rischio soprattutto le minoranze del Paese e stravolgendo, con l’uso della violenza, la vocazione autentica delle religioni, che più volte in tempi recenti hanno ribadito la loro volontà di pace. E che il pericolo sia reale è dimostrato da quanto è avvenuto nel villaggio di Maalula, luogo simbolico caro a cristiani e musulmani perché ancora vi è in uso una forma della lingua aramaica che è molto vicina a quella parlata da Gesù. Forse nessuna iniziativa della Santa Sede a favore della pace, tra quelle degli ultimi decenni, ha come questa impressionato e toccato il cuore di moltissime persone in tutto il mondo, senza differenze di religione o di ideologie. Ed è un impegno che continua, ha assicurato dopo l’Angelus il Pontefice. Ringraziando tutti e invitando ancora a pregare «perché cessi subito la violenza e la devastazione in Siria», ma anche per il Libano, l’Iraq, l’Egitto e perché avanzi il processo di pace tra israeliani e palestinesi. Sono la preghiera e il digiuno le armi indicate da Papa Francesco per allontanare la violenza e la guerra, suscitando un consenso che sembra crescere tra donne e uomini di buona volontà. Imparare di nuovo a percorrere le vie della pace è possibile, ha detto riprendendo uno slogan lanciato da Paolo VI: «Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le nazioni, rispondesse: sì, lo vogliamo». Nella meditazione tenuta dopo il rosario davanti all’antichissima immagine della Salus populi Romani il Pontefice ha citato soltanto alcuni versetti della Genesi, per mostrare il contrasto tra la bontà della creazione e il peccato dell’uomo, e due brani di Paolo VI, dal messaggio per una giornata della pace e dal discorso tenuto davanti alle Nazioni unite per ripetere, dopo i due tremendi conflitti mondiali e davanti all’incubo nucleare, il rifiuto della guerra. «Lasciate cadere le armi dalle vostre mani» implorò allora Montini. E continuò: «Le armi, quelle terribili, specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi». Sogni e sentimenti cattivi che Papa Francesco di nuovo denuncia e che è urgente allontanare per il bene di tutti. «Chiedo d’intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato». Papa Francesco torna a proporre, con il tweet lanciato questa mattina, lunedì 9 settembre, il cammino da seguire per restituire la pace alle martoriate popolazioni della Siria e di tutto il Medio Oriente. «La pace è possibile»: per ribadire questa convinzione aveva riunito attorno a sé sabato y(7HA3J1*QSSKKM( +%!"!}!=!"! Un uomo come voi PAGINA 5 «A che serve fare guerre, tante guerre, se non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male?» si è poi chiesto il Papa all’indomani, parlando ai fedeli riuniti per la recita dell’Angelus. «Sempre rimane il dubbio — ha aggiunto — se questa guerra di qua o di là è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale». «Questi — ha spiegato — sono nemici da combattere uniti e con coerenza, non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune». Infine Papa Francesco ha voluto ringraziare tutti coloro che, in diversi modi, hanno aderito alla veglia di preghiera e digiuno. PAGINE 7 E 8 Kerry chiede alla Siria di consegnare le armi chimiche per evitare l’intervento militare mentre Assad continua a negare ogni responsabilità Confronto a distanza DAMASCO, 9. Sulla questione siriana continua il confronto a distanza tra gli Stati Uniti e il Governo di Damasco. L’Amministrazione Obama, attraverso il segretario di Stato John Kerry, è impegnata in uno sforzo volto a guadagnare consensi internazionali all’ipotesi di un intervento militare. Da Londra, il capo della diplomazia statunitense, ha affermato che Assad potrebbe «evitare un Le credenziali del nuovo ambasciatore di Polonia attacco consegnando le sue armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima» anche se — ha aggiunto — «non sembra sul punto di farlo». Il presidente siriano continua a negare che il suo esercito abbia mai fatto uso di armi chimiche. In un’intervista rilasciata a Damasco all'emittente televisiva statunitense Cbs, Assad ha affermato che non ci sono prove delle accuse mossegli e ha prospettato, in caso di aggressione alla Siria, ritorsioni da parte di quanti della Siria sono amici. Il presidente siriano ha aggiunto che un attacco potrebbe diminuire le capacità delle sue truppe, ma favorire allo stesso tempo i fondamentalisti islamici. Kerry ha risposto che Assad mente e che Washington avrebbe le prove di uso di armi chimiche da parte delle forze siriane «almeno undici volte», non solo cioè nell’attacco del 21 agosto al quale i ribelli attribuiscono le sconvolgenti immagini diffuse sui social network. Nel frattempo, il presidente Obama intensifica il confronto con il Congresso, in vista del voto, mercoledì, sulla risoluzione da lui presentata riguardo alla Siria. Obama darà oggi un’intervista a sei televisioni statunitensi e domani terrà un discorso alla Nazione, per spiegare la sua posizione a una cittadinanza che tutti i sondaggi danno in maggioranza contraria all’intervento militare. Lo stesso Kerry — incontrando ieri a Parigi i capi delle diplomazie di vari Paesi arabi e i rappresentanti della Lega araba — ha comunque dichiarato che Obama non ha ancora preso alcuna decisione e non ha escluso che gli Stati Uniti, oltre ad attendere il rapporto degli ispettori dell'Onu, possano sottoporre le prove in loro possesso al Consiglio di sicurezza, come sollecitato anche dalla Francia, finora unico Paese europeo dichiaratosi disposto a partecipare a un intervento in Siria. In merito, in un’intervista all'emittente britannica Bbc, il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, ha dichiarato che in assenza di un mandato Onu l’Italia non concederà l’uso di basi militari. Oggi a Mosca, intanto, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo siriano, Walid Al Muallim, ha prospettato una riunione nella capitale russa di tutti i soggetti decisi a perseguire una soluzione politica alla crisi. Tra le poche notizie positive giunte dalla Siria, c’è intanto quella della liberazione, dopo cinque mesi, del giornalista italiano Domenico Quirico e dello scrittore belga Pierre Piccinin da Prata, già rientrati in patria. I due erano stati sequestrati da ribelli siriani islamisti. Proprio miliziani NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il Reverendo Padre Bruno Cadoré, Ministro Generale dell’Ordine dei Predicatori (Domenicani). g.m.v. Il discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite citato da Papa Francesco durante la veglia di sabato sera in piazza San Pietro, all’imbrunire di una giornata interamente dedicata al digiuno e alla preghiera, oltre centomila persone desiderose di manifestare un planetario desiderio di pace. Con loro e per loro aveva ripetuto il grido accorato a porre fine a ogni forma di violenza e al male che essa genera. «La violenza e la guerra — era stato il suo messaggio — non sono mai la via della pace». Nella mattina di lunedì 9 settembre Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenza il Signor Piotr Nowina-Konopka, nuovo Ambasciatore di Polonia, per la presentazione delle Lettere con cui viene accreditato presso la Santa Sede Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Piotr NowinaKonopka, Ambasciatore di Polonia, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: — il Professore Franco Miano, Presidente dell’Azione Cattolica Italiana; — il Signor Salvatore Martinez, Presidente Nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo; — il Signor Matteo Calisi, Presidente della Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowship, con la Signora Michelle Moran, Presidente dell’International Catholic Charismatic Renewal Services. In data 9 settembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia di Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Werner Radspieler all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Bamberg (Repubblica Federale di Germania), in conformità ai can. 401 §1 e 411 del Codice di Diritto canonico. islamisti del gruppo Jabhat al Nusra, in gran parte né siriani né arabi, hanno occupato la cittadina di Maalula, considerata il simbolo della presenza cristiana in Siria. È infatti fallito un tentativo di riassumerne il controllo da parte dell'esercito, che è solo riuscito a portare in salvo gran parte dei cristiani. Sembra però accertato che i ribelli, oltre a danneggiare chiese e monasteri, abbiano ucciso non meno di una decina di uomini della comunità cristiana. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 Campagna delle Nazioni Unite Nell’Esecutivo del presidente Ibrahim Boubacar Keïta Istruzione garantita ai bambini per ricostruire la Somalia Un ministero per il nord nel Governo del Mali MO GADISCIO, 9. Tra i segnali di impegno della comunità internazionale per la ricostruzione della devastata Somalia c’è il varo di una campagna dell’Unicef per dare a un milione di bambini l’accesso all’istruzione. Il lancio della campagna è avvenuto ieri, in occasione della Giornata mondiale per l’alfabetizzazione proclamata dall’Onu, contemporaneamente nella capitale Mogadiscio e nei capoluoghi delle due principali regioni somale che da tempo si sono dichiarate autonome, Garowe nel Puntland e Hargeisa nel Somaliland. I tassi di iscrizione scolastica in Somalia sono tra i più bassi del mondo: solo quattro bambini su dieci frequentano la scuola primaria. Molti la incominciano in ritardo rispetto all’età scolare regolare di ingresso e molti altri abbandonano gli studi precocemente. Le iscrizioni alla scuola secondaria sono ancora più basse. La situazione peggiore è quella delle ragazze: solo un terzo di quelle nella Somalia centrale e meridionale sono iscritte a scuola e molte abbandonano prima di completare la loro istruzione primaria. L’iniziativa prevede l’istruzione di base per bambini tra i 6 e i 13 anni, nonché l’istruzione alternativa per i bambini che sono fuori dal circuito normale scolastico, come i Profughi somali in un campo vicino a Mogadiscio (La Presse/Ap) pastori, ma soprattutto gli sfollati, che costituiscono ancora un terzo della popolazione somala. «È una iniziativa fondamentale e realizzabile. L’istruzione è la chiave per il futuro della Somalia», ha detrto ieri Sikander Khan, rappresentante dell’Unicef in Somalia, lanciando la campagna. Passi in avanti del dialogo tra Belgrado e Pristina BELGRAD O, 9. Passi in avanti nel dialogo sul Kosovo tra il Governo di Belgrado e le autorità di Pristina, espressione della maggioranza albanese kosovara, si sono registrati nel nuovo incontro, il sedicesimo, tra il primo ministro serbo Ivica Dačić e il kosovaro Hashim Thaçi, conclusosi nella tarda serata di ieri a Bruxelles con la mediazione di Catherine Ashton, alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea. Secondo quanto riferito dalla stampa serba, Ashton ha detto che Dačić e Thaçi hanno raggiunto un accordo sui temi dell’energia e delle telecomunicazioni, prendendo al tempo stesso «decisioni importanti» per garantire che il voto amministrativo in Kosovo del 3 novembre sia corretto, con «la più ampia partecipazione possibile». I due interlocutori hanno concordato che il gruppo di lavoro sulle elezioni, guidato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), si riunirà nei prossimi giorni per attuare in tempi rapidi le decisioni adottate. Il lavoro dell’Osce è ora facilitato dall’accordo già raggiunto sul fatto che le schede elettorali non conterranno alcun simbolo della Stato autoproclamato dai kosovari albanesi e non riconosciuto da Belgrado, che non rinuncia alla sovranità sul Kosovo. Anche Dačić ha confermato i progressi fatti in questa nuova tornata del negoziato con Thaçi. In particolare, il primo ministro serbo ha definito gli accordi un «grande passo avanti» sia per l’integrazione europea della Serbia sia nel dialogo con Pristina. «La Serbia — ha dichiarato — ha rispettato tutti i suoi impegni e nulla ci può più impedire di cominciare a gennaio, o perfino prima, il negoziato di adesione all’Unione europea». Secondo Dačić, comunque, le intese su energia e telecomunicazioni per ora non avranno alcuna conseguenza sulla popolazione serba delle zone settentrionali del Kosovo, che restano anche sotto questo aspetto legate alla Serbia. Il negoziato proseguirà ora a livello di gruppi di lavoro. Dačić ha infatti specificato che il prossimo incontro con Thaçi si terrà solo dopo le elezioni locali in Kosovo. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va Il programma al quale è stato garantito il sostegno del Governo federale somalo del presidente Hassan Mohamoud e delle autorità delle regioni autonome, durerà tre anni. L’obiettivo minimo è dare ad almeno un quarto dei giovani attualmente fuori del sistema scolastico la possibilità di studiare e anche quella di sottrarsi alle violenze che non smettono di lacerare il Paese. Nel programma , infatti, ci sono anche piani per la formazione di competenze di base per mezzo milione di ragazzi tra i 14 e i 18 anni di età, cioè della fascia d’età più a rischio di reclutamento in gruppi armati o bande criminali. BAMAKO, 9. Il banchiere Oumar Tatam Ly è il primo ministro del nuovo Governo del Mali costituito ieri con un decreto del presidente Ibrahim Boubacar Keïta, eletto lo scorso 11 agosto. La principale novità è il ministero per la Riconciliazione nazionale e lo Sviluppo delle regioni settentrionali, teatro dall’inizio del 2012 di una rivolta secessionista dei tuareg. Il controllo del territorio era stato poi preso da gruppi armati di matrice fondamentalista islamica. Contro questi ultimi erano intervenute le truppe francesi, ancora sul territorio, sebbene ne fosse previsto il ritiro da aprile. Nell’area, dove pace e sicurezza sono tutt’altro che ripristinate, oltre ai francesi e all’esercito maliano, c’è una missione africana autorizzata dall’O nu. Il ministero per il nord è stato affidato a Oumar Diarra. Alla Giustizia va Mohamed Aly Bathily, un ex sindaco della capitale Bamaco, così come il ministro dell’Urbanistica, Moussa Mara. Alla Difesa torna Soumaïlou Boubèye Maiga, che aveva ricoperto l’incarico negli anni 90 con il presidente Alpha Oumar Konaré. All’Economia va Bouaré Fily Sissoko e agli Esteri Zahaby Ould Sidy Mohamed, un arabo di Timbuctu, in passato capo di un movimento ribelle. Ministro degli Interni resta il generale Moussa Sinko Coulibaly, uno dei sei confermati della transizione seguita al colpo di Stato che nel marzo 2012 rovesciò il presidente Amadou Toumani Touré. Lo sfidante Alexiei Navalny denuncia brogli nelle elezioni invitando i suoi sostenitori a scendere in piazza Serghiei Sobianin confermato sindaco di Mosca Manifestazione a Mosca dei sostenitori di Sobianin (Reuters) Si discute in Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi ROMA, 9. Si riunisce oggi, lunedì, a partire dalle 15, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, chiamata a decidere sulla decadenza dalla carica di senatore di Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva dalla giustizia italiana per frode fiscale. I lavori cominciano con l’intervento del relatore Andrea Augello. Ciascun membro della giunta ha poi diritto a un’ora di intervento personale. Seguirà quindi la discussione, per la quale non si prevedono tempi brevi. Il Governo italiano vara il decreto sulla scuola ROMA, 9. Il consiglio dei Ministri italiano ha approvato lunedì il decreto legge contenente misure urgenti per la scuola, l’università e la ricerca. Il contenuto del decreto è stato illustrato nel corso di una conferenza stampa dal presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta e dal ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza. Fra le norme più significative, quelle che introducono misure di contenimento del costo dei libri di testo, attraverso la possibilità del comodato d’uso. Il ministero assegnerà direttamente direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione un’altra. Ma se qualcuno ne ha voglia — ha ammonito — bisogna che accetti l’opinione della maggioranza e lavori per il bene di Mosca». Il partito putiniano Russia Unita ha vinto nel test elettorale di ieri in Russia, dove oltre 40 milioni di elettori erano chiamati a partecipare a circa 7.000 elezioni amministrative in 80 delle 83 entità territoriali federali, per eleggere sindaci, governatori (in 8 regioni) e assemblee locali (comprese quelle di 16 regioni). Secondo i risultati preliminari, Russia Unita ha vinto non solo a Mosca ma quasi ovunque. A parte due clamorose eccezioni: a Yekaterinburg, sugli Urali, dove Ievgheni Roizman, noto per i suoi controversi metodi di lotta alla droga e sostenuto dall’oligarca Mikhail Prokhorov, ha battuto con il 30,11 per cento il vice governatore regionale il putiniano Yakov Silin, fermatosi al 26,48 per cento; e a Petrozavodsk, capitale della Carelia (a nord della Russia europea), dove una candidata indipendente, Galina Shirshina, appoggiata anche da Iabloko, si è imposta con il 41,9 per cento, superando del 13 per cento il sindaco uscente Nikolai Levin. A Yaroslavl, infine, il partito liberale di opposizione Parnas — lo stesso con cui ha corso Navalny a Mosca — ha superato la soglia del 5 per cento, entrando nella Duma regionale. Libri meno cari per le famiglie e assunzione di ventiseimila docenti di sostegno GIOVANNI MARIA VIAN Piero Di Domenicantonio MOSCA, 9. Con tutte le schede scrutinate, il primo cittadino uscente Serghiei Sobianin ha vinto le elezioni per il sindaco di Mosca con il 51,37 per cento, evitando il ballottaggio con lo sfidante il blogger Alexiei Navalny, attestatosi sul 27,24 per cento. Lo ha riferito questa mattina la commissione elettorale. In termini di voti, Sobianin ha ottenuto 1.193.178 preferenze, Navalny 632.697. Al terzo posto si è piazzato il numero due del partito comunista, Ivan Melnikov (10,69 per cento), seguito dal leader del partito liberale Iabloko, Serghiei Mitrokin (3,51 per cento) e dal candidato del partito liberaldemocratico Mikhail Degtiarev (2,86 per cento). Ultimo il presidente del partito Russia Giusta, Nikolai Levichev (2,79 per cento). L’affluenza è stata del 32,07 per cento (contro il 57,5 per cento delle precedenti elezioni per il sindaco di Mosca). Ma è già guerra di cifre sui dati, con corredo di denunce di brogli da parte di Navalny che ha fatto sapere che non accetterà i risultati e ha invitato la gente a scendere in piazza. Dal canto suo il vincitore ha invitato i cittadini alla calma e i suoi rivali a riconoscere i risultati. «Penso che i moscoviti conoscano bene le epoche di cambiamento — ha detto Sobianin, citato da Interfax — hanno vissuto più di una rivoluzione e nessuno, di sua volontà, ne desidera direttore generale alle scuole la somma di 2,7 milioni di euro nel 2013 e di 5,3 milioni nel 2014 per l’acquisto, anche tra reti di scuole, di libri adottati dal collegio dei docenti, ovvero dispositivi per la lettura di contenuti digitali, da concedere in comodato d’uso ad alunni individuati sulla base dell’indicatore economico Isee. È stato poi reso noto che si potranno usare anche le vecchie edizioni di liberi scolastici. Fra gli altri provvedimenti più attesi figura poi il via libera all’assunzione a tempo indeterminato di 26.000 docenti di sostegno e la possibilità da parte del- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va le Regioni di stipulare mutui trentennali con la Bei, la banca di sviluppo del Consiglio d’Europa e la Cassa Depositi e prestiti al fine di finanziare interventi straordinari di ristrutturazione e messa in sicurezza di istituti scolastici, nonché per favorire la costruzione di nuove scuole. A questo fine sono stati stanziati contributi pluriennali per 40 milioni di euro annui per la durata dell’ammortamento del mutuo, a partire dal 2014. Infine, è stato anche esteso il termine di scadenza del permesso di soggiorno per motivi di studio. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Il nuovo Ambasciatore di Polonia Sua Eccellenza il signor Piotr Nowina-Konopka, nuovo Ambasciatore di Polonia preso la Santa Sede, è nato a Chorzów il 27 maggio 1949. è sposato ed ha due figlie. Oltre al polacco, parla l’inglese, il francese, il tedesco, il russo e l’italiano. Laureato in Economia (Università di Danzica, 1972), ha successivamente conseguito un Dottorato di ricerca nella medesima materia (Università di Danzica, 1978). Ha ricoperto i seguenti incarichi: assistente al Politecnico di Danzica (1972-1974); vice dirigente centrale nella sezione di appello del tribunale marittimo di Danzica (1976-1978); docente associato presso l’università di Danzica (1978-1989); docente presso l’Istituto di Teologia di Danzica (1988-1989); vice direttore del College of Europe Brugia-Natolin (1999-2004); presidente del Consiglio della fondazione polacca "Robert Schuman" (2004-2006); esperto senior internazionale del programma di aiuto dell’Ue per il Parlamento di Georgia (2005-2006); responsabile del Parlamento europeo per le Relazioni con i Parlamenti nazionali dell’Ue, Bruxelles-Strasburgo (2006-2009); direttore dell’European Parliament Liaison Office with Us Congress, Washington Dc (2009-2012). Il signor Nowina-Konopka ha svolto anche un’intensa attività politica, ricoprendo i seguenti ruoli: co-fondatore e segretario generale del Club degli intellettuali cattolici di Danzica (19801983); collaboratore e portavoce del presidente di Solidarność, Lech Wałęsa (1982-1989); portavoce di Solidarność durante i lavori della Tavola Rotonda (1989); ministro nel Gabinetto del presidente della Repubblica di Polonia (1989-1990); co-fondatore e segretario generale del partito Unione Democratica (1990-1993); membro del consiglio nazionale del partito Unione della Libertà (1994-1999); deputato della I, II e III legislatura (1991-2001); segretario di Stato nell’ufficio del comitato dell’Integrazione europea (1998); segretario di Stato nel Gabinetto del presidente del Consiglio dei ministri (1998-1999); vice incaricato del Governo per le trattative sull’entrata della Polonia nell’Unione europea (1998-1999). Al signor Piotr Nowina-Konopka, nuovo Ambasciatore di Polonia preso la Santa Sede, giungano nel momento in cui si accinge a ricoprire il suo alto incarico, le felicitazioni del nostro giornale. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 pagina 3 Afghanistan senza pace Amr Mussa eletto alla presidenza del Comitato mentre il leader dei Fratelli musulmani è stato rinviato a giudizio per omicidio Nuova strage di civili nella provincia di Kunar Al via la Costituente egiziana KABUL, 9. Un errore di valutazione nel raid di un drone Nato contro militanti armati nella provincia orientale afghana di Kunar ha causato la morte di dieci civili, sedici secondo alcune fonti indipendenti. È questa l’accusa che hanno rivolto ieri alla Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato), le autorità della provincia confinante con il Pakistan. Un’accusa fatta sua anche dal presidente afghano, Hamid Karzai, che — in una nota ufficiale — denuncia «gli attacchi contro donne e bambini» come «contrari alle norme internazionali» e «condanna fermamente» l’accaduto. La notizia del massacro è venuta nel giorno in cui un comando di talebani, guidato da un attentatore suicida, ha attaccato la sede dei servizi segreti afghani (Nds) nella provincia centrale di Maidan Wardak, provocando la morte di quattro agenti e il ferimento di ben 153 persone, quasi tutti civili. In un comunicato diffuso alla stampa, l’Isaf a Kabul ha detto di non essere al corrente delle notizie riguardanti l’uccisione di civili, confermando però che «forze della coalizione internazionale hanno messo a segno una operazione accurata» nel distretto di Watahpur, in cui sono morti «dieci membri delle forze nemiche». «Allo stato attuale non abbiamo informazioni riguardanti vittime civili in questo incidente. Ma l’inchiesta è ancora in corso», si legge nella nota, che sottolinea come «l’Isaf prenda sul serio ogni asserzione dell’esistenza di perdite civili». Ma ieri è stato il governatore della provincia di Kunar in persona, Shujaul Mulk Jalala, a riferire quanto accaduto e cosa può avere indotto in errore la Nato. «Un gruppo di quattro insorti — ha spiegato — sentendosi in difficoltà è salito a bordo di un pulmino insieme a ignari passeggeri. E proprio questo automezzo è stato centrato dai missili del drone Nato». Da parte sua il governatore del distretto di Watahpur, Yousuf Zalmai, ha detto che i militanti sono saliti sull’automezzo in una zona montagnosa vicino al villaggio di Qoro. Fra le vittime, ha precisato, «quattro sono donne e altre quattro, bambini». Un portavoce dei talebani ha invece rivendicato il cruento attentato di Maidan Wardak. In questo attacco, ha sostenuto, «un gran numero di militari afghani e stranieri sono stati uccisi o feriti», con danni anche alla sede del vicino Gruppo di ricostruzione provinciale (Prt), legato alla Nato. Particolari che peraltro non hanno trovato conferma nei resoconti ufficiali. Secondo il portavoce del Governo provinciale, Attaullah Khogyani, un attentatore suicida ha fatto esplodere l’auto su cui viaggiava di fronte all’ingresso della sede della Nds a Maidan Shahr, aprendo la strada ai tre uomini armati che lo accompagnavano per tentare di entrare nell’edificio. Operazione che tuttavia non è riuscita, ha assicurato il portavoce, per la pronta risposta dei servizi di sicurezza afghani. La prima riunione del Comitato costituente (Afp) IL CAIRO, 9. Si stringe la morsa della giustizia nei confronti dei leader della Fratellanza musulmana egiziana, mentre si avviano i lavori della Costituente con l’elezione alla sua presidenza di Amr Mussa, politico di lungo corso, ex segretario generale della Lega araba ed ex candidato alle presidenziali del 2012. Al comitato di cinquanta membri, malgrado le forti perplessità della vigilia, ha deciso di partecipare il secondo partito islamico del Paese, quello dei salafiti di Al Nour, la Luce, mentre restano fuori i Fratelli musulmani. Quindici alti esponenti della Fratellanza, fra cui la guida suprema Mohamed Badie, sono stati intanto rinviati a giudizio per omicidio volontario e terrorismo per le violenze di metà luglio nei pressi dell’università del Cairo durante il sit-in organizzato dai sostenitori del deposto presidente Mohammed Mursi. Badie è già inquisito per gli scontri avvenuti al quartier generale della Fratellanza al Cairo a fine giugno, ed è fra le decine di dirigenti della Confraternita arrestati dopo il sanguinoso sgombero delle due piazze Rabaa Al Adaweya e Al Nahda da parte di polizia e militari. Insieme a Badie, rinchiuso da quasi tre setti- mane nel carcere di Tora al Cairo, sono stati incriminati tutti i massimi esponenti della Fratellanza e del suo braccio politico, Giustizia e Libertà, Mohamed El Beltagy, Essam El Eryan, Safwat Hegazi, Assem Abdel Magued, oltre a Bassem Ouda, ex ministro con il deposto presidente. Mursi è nel mirino anche della giustizia contabile che, scrive il quotidiano online «Al Ahram», ha aperto un’inchiesta sui suoi beni e quelli della sua famiglia in base a una denuncia di una associazione anticorruzione secondo la quale il primo presidente eletto dei Fratelli musulmani avrebbe abusato della sua posizione per vantaggi personali e sperperato quasi 285 milioni di dollari nella campagna elettorale. Dal fronte islamico — nel giorno in cui un gruppo fondamentalista del Sinai, Ansar Beit Al Maqdis, ha rivendicato l’attentato di giovedì scorso contro il ministro dell’Interno — è venuto però ieri un segnale di disponibilità al confronto. Così gli analisti interpretano infatti la decisione del partito Al Nour, già dissociatosi da Mursi prima della sua rimozione dal potere, di partecipare alla Costituente, che avrà due mesi di tempo per in- Sequestro di massa da parte di ribelli filippini trodurre modifiche alla Costituzione scritta da una Assemblea dominata dai partiti islamici. Al Nour aveva minacciato di boicottare il Comitato dei cinquanta per protestare contro il lavoro preparatorio durante il quale era stato eliminato l’articolo che definiva le fonti giuridiche e interpretative della Sharia base della giurisprudenza egiziana. Ma ieri è giunto il ripensamento e sarà il vice presidente del partito, Bassam El Zurqa, a rappresentare i salafiti. Nel frattempo, sono almeno venti i miliziani rimasti uccisi o feriti nel corso dell’operazione lanciata all’alba di ieri dall’esercito egiziano contro i covi dei fondamentalisti nel nord del Sinai, al confine con Israele. Lo rende noto una fonte della sicurezza all’agenzia di stampa turca Anadolu. All’operazione hanno partecipato sei elicotteri militari, veicoli corazzati e forze speciali. Una decina di case e di auto appartenenti ai militanti sono state date alle fiamme. Per ritorsione i miliziani hanno poi compiuto un attentato contro un blindato dell’esercito, uccidendo due ufficiali nei pressi di Sheikh Zouwayed. Riunito a Vienna il Consiglio dell’Aiea VIENNA, 9. Il dossier nucleare iraniano sarà da oggi al centro del dibattito dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) sullo sfondo dei segnali di apertura provenienti dalle nuove autorità di Teheran. Riuniti per una settimana nella capitale austriaca, i 35 membri del Consiglio dei governatori intendono dare l’occasione al nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, di concretizzare le dichiarazioni concilianti di queste ultime settimane. È stato intanto reso noto che il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, nominato la scorsa settimana dal presidente Si insedia il presidente pakistano Tokyo sede delle olimpiadi del 2020 ISLAMABAD, 9. Passaggio di consegne in Pakistan tra l’ex presidente Asif Ali Zardari e il suo successore Manmoon Hussain che si è insediato oggi. Il mandato quinquennale del vedovo di Benazir Bhutto è ufficialmente scaduto ieri e la sua partenza è stata salutata con una solenne cerimonia a Islamabad con una guardia d’onore. Zardari, che è stato il primo presidente democraticamente eletto a concludere il suo mandato, è poi partito per Lahore, ma è tornato oggi nella capitale pakistana per assistere alla cerimonia di giuramento di Hussain. Secondo il portavoce del Partito popolare pakistano, lo storico partito della famiglia Bhutto, l’ex presidente si occuperà alla riorganizzazione del gruppo politico insieme al figlio. BUENOS AIRES, 9. Il Comitato olimpico internazionale ha designato Tokyo come sede delle Olimpiadi del 2020. La capitale nipponica ha vinto il ballottaggio con Istanbul per 60 voti a 36, e ospiterà così la sua seconda Olimpiade dopo quella del 1964. A sorpresa, esclusa alla prima votazione Madrid. La scelta di Tokyo premia una candidatura coraggiosa, capace di superare il grande scoglio legato alla tragedia nucleare di Fukushima. «Tokyo è una delle città più sicure del mondo, lo è adesso, lo sarà anche nel 2020. A chi si preoccupa per Fukushima, posso dire che la situazione è sotto controllo» aveva affermato il premier, Shinzo Abe, dopo la presentazione della candidatura. Soldati filippini in operazione a Zamboanga (La Presse/Ap) MANILA, 9. Circa trecento ribelli islamici separatisti hanno attaccato oggi la città filippina di Zamboanga, nel sud del Paese asiatico, prendendo in ostaggio decine di civili. I ribelli — hanno indicato le autorità locali — fanno parte del Fronte nazionale di liberazione Moro (Mnlf), un gruppo estremista islamico che combatte per ottenere l’indipendenza da Manila. Nonostante un accordo per una maggiore autonomia firmato nel 1996, l’Mnlf non ha mai disarmato del tutto i suoi effettivi. Secondo il vicesindaco di Zamboanga, il gruppo armato ha occupato prima dell’alba sei quartieri della città portuale (circa 800.000 abitanti sull’isola di Mindanao), chiedendo di issare la propria bandiera sul municipio. Le forze speciali della marina militare filippina hanno cercato di contrastare l’assalto. Negli scontri, un soldato e quattro civili sono morti. Duecento persone, che inizialmente sembrava fossero state rapite, sono invece intrappolate tra i due fronti armati. Molti residenti si sono dati alla fuga, mentre è stata ordinata la chiusura di scuole e uffici. Rohani responsabile dei negoziati sul nucleare con i Paesi del gruppo cinque più uno (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina; più la Germania) incontrerà a fine mese, a New York, l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Catherine Ashton, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La prossima sessione di colloqui sul nucleare tra il gruppo cinque più uno e Teheran è stata fissata per venerdì 27 settembre a Vienna. Le opposizioni tunisine unite contro l’Esecutivo TUNISI, 9. Più unite di prima, più convinte di prima che non ci possa essere alcuna forma di dialogo con un Governo cui resta soltanto una opzione, dimettersi per salvare la Tunisia dal baratro. Le opposizioni tunisine sono uscite rafforzate dalla cerimonia con cui, sabato sera a Tunisi, in piazza del Bardo, davanti al palazzo dell’Assemblea costituente, è stato ricordato Mohamed Brahmi a quaranta giorni dal suo omicidio. Una manifestazione organizzata in ogni suo particolare e con cui le opposizioni hanno voluto rispondere alla campagna portata avanti con determinazione mediatica dalle forze filoislamiche, dalla maggioranza che esprime il Governo di coalizione (Ennahdha, Congresso per la Repubblica ed Ettakatol) e che mira a dare degli avversari una immagine sbiadita, conflittuale al limite dell’implosione. Cosa che, a guardare la manifestazione di sabato sera, non è sembrata affatto. Anzi le opposizioni hanno ribadito, con gli interventi dei vari leader (a cominciare da Beji Caïd Essebsi, leader di Nidaa Tounes, oggi forse il partito più forte in Tunisia) di essere decise ad andare fino in fondo e di non accettare le concessioni fatte dal partito islamico Ennahdha e dai suoi alleati. Già l’esordio della manifestazione è stato caricato d’enormi significati patriottici, con l’inno nazionale cantato a squarciagola da una folla stimata in circa centomila persone, in un tripudio di bandiere tunisine. A significare ulteriormente la distanza con il Governo, ma soprattutto con Ennahdha, c’è stata la presenza, in prima fila, delle vedove e dei figli di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, che alzavano i ritratti dei loro congiunti uccisi per mano di salafiti, secondo quanto dicono le indagini. E il risuonare ritmato di slogan contro Ennahdha e il suo leader Gannouchi ha punteggiato lunghe fasi della serata. Le opposizioni sono arrivate alla manifestazione partendo da posizioni politico-ideologiche distanti, ma accomunate dall’unico traguardo che si sono poste: abbattere l’Esecutivo e il sistema di potere dal quale, dicono, si alimenta quotidianamente. D’altra parte, dalla maggioranza non si intravvedono spiragli al dialogo e questo ormai si traduce in un logorante muro contro muro nei confronti di una opposizione anch’essa ancorata alle sue richieste e assolutamente non disponibile a trattare. Le opposizioni hanno annunciato la prossima mossa che sarà l’organizzazione di sit-in in tutto il Paese, quasi a rimarcare che quella contro il Governo non è una protesta che riguarda solo i grossi centri. E poi, ha anticipato Hamma Hammami, portavoce e leader del Fronte popolare, alcuni dei deputati che da settimane disertano i lavori della Costituente cominceranno uno sciopero della fame. Insomma, tra maggioranza e opposizioni non c’è tregua dopo il fallimento del dialogo nazionale che puntava a evitare alla Tunisia di oggi di affondare sotto il peso della crisi economica e politica. Il partito di Governo vince le legislative in Cambogia PHNOM PENH, 9. Tensione alle stelle in Cambogia dopo che ieri la commissione elettorale ha confermato la vittoria alle elezioni legislative del 28 luglio scorso del Partito del popolo (Cpp), del primo ministro, Hun Sen, accusato di brogli da parte dell’opposizione. Il Cpp conserva così la maggioranza in Parlamento con sessantotto seggi (3 milioni e 200.000 voti), contro i cinquantacinque del Partito della salvezza nazionale (2 milioni e 900), di Sam Rainsy, che da tre anni si era autoesiliato in Francia per evitare una condanna a undici anni di carcere. Rainsy è rientrato in patria dopo essere stato graziato dal re, Norodom Sihamoni, su proposta di Hun Sen. Il leader dell’opposizione non ha però potuto né candidarsi né votare, dato che le liste elettorali sono state chiuse prima della firma del perdono del re, lo scorso 12 luglio. Con la vittoria alle elezioni legislative, Hun Sen si conferma il politico più longevo alla guida di un Governo in Asia, essendo stato eletto per la prima volta nel 1993. Subito dopo l’annuncio ufficiale, oltre 20.000 oppositori hanno manifestato per le vie della capitale. I dirigenti del Partito della salvezza nazionale hanno segnalato brogli, mentre la richiesta di un’indagine indipendente sul risultato elettorale finale sarebbe stata respinta dalle autorità. Altre manifestazioni sono previste nei prossimi giorni. Sam Rainsy, che ha denunciato alla stampa come «una intimidazione» la presenza di mezzi blindati e di uomini della sicurezza nelle strade della capitale dal 28 luglio, ha chiesto ai suoi sostenitori di astenersi da ogni azione violenta. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 Ricordo di Pietro Barcellona Manoscritto ritrovato nell’emeroteca della Biblioteca Nazionale a Buenos Aires Il comunista che ha incontrato Gesù Borges inedito di FRANCESCO VENTORINO o scorso 7 settembre finiva la sua avventura umana Pietro Barcellona, nella consegna serena e totale della sua anima a Dio con lo sguardo rivolto a quel suo Gesù che era tornato ad amare con la tenerezza e l’ardore di un bambino. Intellettuale, docente illustre, militante del Partito comunista italiano, alla fine era ritornato alla fede cristiana nella quale era stato educato da ragazzo. Del suo itinerario spirituale sono stato testimone in questi ultimi anni nei quali egli mi ha fatto dono della sua insperata e grande amicizia. Pietro ha fatto irruzione, infatti, in modo imprevisto nella mia vita di vecchio prete, pur piena di tante sorprese, ma che non si è mai abituata al riaccadere del miracolo dell’incontro cristiano. In uno dei suoi ultimi libri egli scriveva: «Sin da ragazzo il mio demone mi ha spinto a una lotta incessante contro l’insignificanza degli esseri umani e del mondo circostante, contro l’indifferenza dell’universo che appare nelle notti stellate come un cielo lontano e inattingibile. Ho forse precocemente avvertito che mi era affettivamente impossibile rassegnarmi alla contingenza assoluta delle cose che mi circondavano, non perché non sentissi legami affettivi fortissimi con parenti e compagni di scuola, ma perché mi sembrava di vederli contemporaneamente presenti e in fuga verso un nulla che ne cancellava persino le ombre» (Incontro con Gesù, Milano, Marietti, 2010, pagine 152, euro 14). In questa confidenza è sinteticamente espressa la molla segreta che ha spinto Pietro Barcellona a compiere il suo lungo percorso che si configura come un ritorno a casa. Tutto comincia con un’opzione per il valore dell’essere e per il senso dell’esistenza, in un rifiuto dell’assurdo, e quindi del caso o del niente come inizio e destino delle cose più belle e dei rapporti più cari. Questa posizione umana, la più ragionevole che si possa avere, dopo averlo indotto a cercare nelle forme ingenue della sua infanzia le prime fantastiche espressioni, lo ha portato in seguito a investire tutte le sue energie in quella sorta di «assoluto terrestre» che fu la rivoluzione bolscevica. Infatti è stato «il tema della solitudine cosmica e il bisogno disperato di trovare un riferimento solido al nostro pellegrinaggio vivente» (ibidem) che lo spinsero verso l’attivismo politico nel partito comunista. Nel 1989 il crollo del muro di Berlino, che coincise con il crollo della comunità di affetti che egli si era costruito e «anche delle idealizzazioni effimere» in cui si alienavano la sua libertà e la sua creatività, lo ha esposto alla cultura del pessimismo facendogli incontrare di nuovo “il mostro” contro il quale aveva sempre combattuto. Il nichilismo si presentava adesso sotto la forma dei «nuovi saperi emergenti, che attraversano lo studio della mente» e che «ripropongono l’evoluzionismo come unica spiegazione delle metamorfosi della vita». Ci sono infatti — scriveva — «molte cose convincenti nell’evoluzionismo, ma c’è un’obiezione dell’esistenza che si ribella alla doppia contingenza del nascere per caso e del vivere per funzionare come parti di un processo che, però, può fare anche a meno di te» (ibidem). Da qui la sua lotta accorata contro questa imperante e totalizzante visione del mondo e dell’uomo. La stessa idea di Dio, alla quale nel frattempo si era riaccostato, come condizione insopprimibile della dignità e della libertà della persona, nonché della possibilità stessa del pensiero umano (tema questo di un nostro assiduo conversare, rifluito poi in una pubblicazione dal titolo L’ineludibile questione di Dio, Milano, Marietti, 2009, pagine 120, euro 18), a poco a poco gli si era rivelata insufficiente a fondare la sua esigenza di fondo, che poi è propria del cuore di ogni uomo: un’esperienza che già nel presente mostri la possibilità di un riscatto dell’esistere dall’insignificanza. Si chiama Dio ciò che il cuore dell’uomo brama; anche se il possesso di Dio può realizzarsi solo per dono, per “grazia”. È per questo che una visione in cui «l’umano e il divino rimangono due poli troppo distanti» non consente a ciascuno di L noi di accettare il dolore e la sofferenza, le malattie e le morti premature o, peggio, le stragi e i genocidi. La storia umana non può essere compresa «senza che il divino innervi intimamente le vicende terrene degli uomini e delle donne in carne e ossa». Ecco perché Pietro è stato affettivamente colpito dalla figura di Ge- Come diventò cristiano Pietro Barcellona era nato a Catania il 12 marzo 1936. Di estrazione marxista, membro laico del Consiglio superiore della magistratura dal 1976 al 1979, ha diretto il Centro per la Riforma dello Stato, fondato con Pietro Ingrao. Nel 1979 è stato eletto deputato nelle file del partito comunista italiano ed è stato membro della commissione giustizia della Camera fino al 1983. Nel tempo il suo pensiero aveva subito un’evoluzione che nel 2012 lo aveva portato a firmare un articolo su «l’Unità» dal titolo Come sono diventato cristiano. Figura di spicco dell’università di Catania, dove ha insegnato Diritto privato e Filosofia del diritto, ha ricevuto nel gennaio 2012 la Candelora d’oro da parte della sua città, ed è autore di più di ottanta pubblicazioni: da I soggetti e le norme (Milano, Giuffrè, 1984) a Parolepotere. Il nuovo linguaggio del conflitto sociale (Roma, Castelvecchi, 2013, pagine 184, euro 22). sù Cristo, dal suo avvenimento: «Il Verbo incarnato, l’essere figlio dell’uomo e figlio di Dio, che assume i connotati di una persona fisica, in un tempo determinato, in un luogo preciso è assolutamente fuori anche dalla stessa attesa messianica delle scritture bibliche, è una rottura totale della continuità del tempo storico» (Incontro con Gesù). Uno stupore divenuto ammirazione e gratitudine, apertura alla possibilità di una conoscenza nuova del Mistero. Le conseguenze che Barcellona ha intravisto di questo impensabile e gratuito avvenimento di Dio nel tempo sono di enorme portata e soprattutto si rivelano corrispondenti alle attese del suo cuore e alla sua ricerca appassionata di un fondamento adeguato, di una pienezza già da ora possibile, in grado di giustificare la vita presente con le sue gioie, i suoi dolori e le sue fatiche. Il tempo umano, infatti, nel cristianesimo è il tempo dell’incontro con il Figlio dell’Uomo, in forza del quale «l’a-temporalità dell’amore penetra nelle pieghe della temporalità mondana. L’incontro con Gesù fa esplodere anche il tempo messianico e il “qui e ora” si insinua dentro la temporalità umana». Nella prospettiva del “qui ed ora” l’amore di Gesù coincide con l’amore per qualunque altro essere umano che ne incarna il “volto crocifisso” (ibidem). Il regno di Dio che Gesù inaugura non è la fuga nell’utopia, non è il rinvio sine die di una palingenesi di cui non si conoscono i contenuti, ma «l’iniziazione affettiva a una pratica e a un sapere trasformativi che rendono possibile il ritorno della Persona nell’orizzonte di una nuova alba». Esso è frutto dell’azione di una presenza unica, quella di Cristo, di cui non abbiamo un’esperienza diretta, ma una certezza ragionevole, fondata proprio sugli effetti che essa produce e che pertanto lo rende contemporaneo a ogni uomo in ogni epoca della storia. Per cui Pietro Barcellona poté affermare: «La contemporaneità della Persona di Gesù Cristo è dunque per me l’inizio di una vera e propria rivoluzione nei rapporti tra gli esseri umani. Come scrive Fulvio Papi, chi afferma che Gesù è il Figlio di Dio, un attimo dopo deve cambiare la propria vita» (ibidem). Il percorso spirituale di Barcellona non è stato appena un itinerario intellettuale, ma un processo di trasformazione della sua esistenza nel quale alla verità, man mano riconosciuta, egli offriva l’adesione profonda e leale della sua libertà. Un finale alternativo al racconto «Tema del traidor y del héroe» di VIOLETA GORODISCHER «Mancano dettagli, rettifiche, precisazioni; ci sono zone della storia che non mi sono ancora state rivelate?», dice Borges nel suo racconto Tema del traidor y del héroe, pubblicato nel libro Ficciones del 1944. Alla luce dei fatti recenti, le ipotesi di (ri)lettura sono all’ordine del giorno. Nei depositi dell’emeroteca della Biblioteca Nazionale è stato da poco ritrovato un manoscritto che presenta un La Nación Pubblichiamo, in una nostra traduzione, un articolo apparso su «La Nación» del 5 settembre scorso. finale alternativo alla storia. Il foglio si trovava all’interno del numero 112 della rivista «Sur», ma il ritrovamento non è stato un mero frutto del caso (oppure sì, a seconda del punto di vista), bensì dell’attività svolta dal programma d’indagine e di ricerca di fondi borgesiani della Biblioteca Nazionale. S’inserisce nel lavoro che ha dato come risultato la Collezione Jorge Luis Borges e il catalogo che la descrive, pubblicato con il titolo Borges, libros y lecturas (2010), anche se l’aspetto più significativo della scoperta, afferma Ezequiel Grimson, direttore culturale della Biblioteca, è che «si tratta del primo manoscritto importante di Borges di cui è custode lo Stato argentino, visto che tutti gli altri sono stati venduti all’estero o sono finiti in mani private». Germán Álvarez e Laura Rosato, bibliotecari che da tempo se- Il manoscritto così come è stato pubblicato da «La Nación» Quel debito verso Chesterton Tema del traidor y del héroe è stato scritto nel 1944 «sotto la nota influenza di Chesterton», come si legge nell’incipit. Il testo si presenta come il soggetto di un racconto ancora da scrivere, un “tema” appunto. «L’azione si svolge — scrive Borges — in un Paese oppresso e tenace», che «per comodità narrativa» identifica nell’Irlanda del 1824. Il testo di Chesterton di cui Borges riconosce l’influenza è The Sign of the Broken Sword, della serie di padre Brown, pubblicato nel 1911, in cui si svela il retroscena della leggenda eroica del generale inglese Arthur St. Clare, impiccato dal generale brasiliano Olivier. La soluzione dell’enigma che infine padre Brown rivela a Flambeau ribalta, con un raffinato gioco di simmetrie, i ruoli di “buono” e “cattivo”: St. Clare era in realtà un traditore, e Olivier è stato ingiustamente accusato per la sua morte. Lo ha annunciato il direttore del museo di Amsterdam intitolato all’artista Un nuovo Van Gogh Vincent Van Gogh, «Tramonto presso Montmajour» (1888) Il Van Gogh Museum ha portato alla luce una nuova opera di Vincent van Gogh: Tramonto presso Montmajour del 1888. Lo ha annunciato il direttore Axel Rüger, sottolineando che «una scoperta di tale portata non si era mai verificata prima d’ora in tutta la storia del museo». L’opera sarà esposta a partire dal 24 settembre nell’ambito della mostra «Van Gogh at work». Il fatto ancora più straordinario, ha sottolineato Rüger, è che si tratta «di un lavoro chiave della sua opera, oltre che di un grande dipinto appartenente a quello che molti considerano il culmine della sua carriera artistica, ovvero il periodo trascorso dall’autore ad Arles, nel sud della Francia». L’attribuzione si fonda su una ricerca condotta da Louis van Tilborgh e Teio Meedendorp, due ricercatori del Van Gogh Museum. «Abbiamo svolto un’indagine storico-artistica sullo stile, la rappresentazione, l’impiego dei materiali e il contesto, e tutto quello che abbiamo scoperto indica che si tratta di un lavoro di Van Gogh. Dal punto di vista stilistico e tecnico vi sono molteplici parallelismi con altri dipinti di Van Gogh realizzati nell’estate del 1888», hanno dichiarato gli studiosi. Nel 1890, hanno aggiunto, «il dipinto faceva parte della collezione di Theo van Gogh e fu venduto nel 1901». guono le tracce che Borges ha lasciato nei libri sparsi per la biblioteca, hanno formulato l’ipotesi che l’autore utilizzasse i suoi scritti, originariamente apparsi su riviste come supporto per nuove correzioni: la riscrittura come base della trama, il testo circolare, infinito. Così, questa copia di «Sur» farebbe parte di un corpus più grande che per ora include sei numeri annotati dall’autore. La trama di Tema del traidor y del héroe è nota: Ryan è un investigatore che scopre la coincidenza tra alcuni paragrafi del Giulio Cesare di Shakespeare e la cronaca che segue i passi dell’eroe Kilpatrick, prima di essere colpito da una pallottola in un teatro dublinese. Ryan, discendente di Kilpatrick, introduce, a sua volta, un altro personaggio, Nolan, il quale scopre che il traditore è Kilpatrick, capo del movimento ribelle. Dato che per il popolo irlandese è un eroe, la sua condanna a morte — firmata da lui stesso — stabilisce che morirà per il suo tradimento senza che venga compromessa la sua fama di eroe. Viene allora preparato per lui un copione teatrale nel quale, prima dell’esecuzione, deve pronunciare frasi di esortazione alla lotta, ed è proprio questa la scoperta di Ryan. Fin qui la versione che conosciamo. Quali cambiamenti propone quella inedita? Sostanzialmente modifica di poco quanto detto sopra. Dato che i brani di Shakespeare sono “i meno drammatici”, Ryan sospetta che siano stati interpolati per far sì che un lettore futuro possa scoprire la verità. E per tener nascosta questa scoperta decide di pubblicare un libro che divulghi in modo ancora più ampio la fama dell’eroe. Metafora intertestuale raramente usata, l’atto di “lasciare segnali al futuro” raddoppia ancora, varcando quei confini tra realtà e finzione che a Borges piaceva indebolire in ogni senso. «È un gioco al quale lo stesso Borges ci ha invitato», riassume Grimson. In un certo senso, sembra che l’autore abbia sparso tracce che confermano l’idea espressa da Beatriz Sarlo riguardo a Historia universal de la infamia: l’uso della ripetizione con variazioni di storie che non le appartengono. Forse tutta la sua opera è una sorta di ars combinatoria dominata dall’idea che la letteratura sia un testo infinitamente variabile e nessuno dei suoi frammenti possa aspirare al titolo di testo originale. Horacio González, direttore della Biblioteca Nazionale, conclude dicendo: «Non sappiamo perché Kilpatrick ha fatto quello che ha fatto, la sua coscienza è incomprensibile dal punto di vista psicologico, ma non a partire da una tesi dell’illusoria continuità del lettore. Il ritrovamento dice allo stesso tempo che il traditore e l’eroe volevano essere un “io vitale”, uscendo dal testo shakespeariano. E tale anelito è solo un debole segnale nel tempo, che in quel momento è tornato nuovamente in circolazione, come se fosse stato in attesa in quei fogli, indicatori del destino, che Borges lasciava sparsi nel rifugio impenetrabile di libri e riviste». L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 Il discorso di Paolo VI pagina 5 alle Nazioni Unite citato da Papa Francesco durante la veglia di sabato sera Un uomo come voi secoli. Sì, voi ricordate: è da molto tempo che siamo in cammino, e portiamo con Noi una lunga storia; Noi celebriamo qui l’epilogo d’un faticoso pellegrinaggio in cerca d’un colloquio con il mondo intero, da quando Ci è stato comandato: «Andate e portate la buona novella a tutte le genti». Ora siete voi, che rappresentate tutte le genti. Noi abbiamo per voi tutti un messaggio, sì, un messaggio felice, da consegnare a ciascuno di voi. 1. Il Nostro messaggio vuol essere, in primo luogo, una ratifica morale e solenne di questa altissima Istituzione. Questo messaggio viene dalla Nostra esperienza storica; Noi, quali «esperti in umanità», rechiamo a questa Organizzazione il suffragio dei Nostri ultimi Predecessori, quello di tutto l’Episcopato cattolico, e Nostro, convinti come siamo che essa rappresenta la via obbligata Il 4 ottobre 1965 Paolo VI visita a New York della civiltà moderna e l’assemblea generale dell’O rganizzazione della pace mondiale. delle Nazioni Unite e a nome del concilio, Dicendo questo, Noi che ha appena iniziato l’ultimo periodo sentiamo di fare Nostra di lavori, parla ai rappresentanti del mondo. la voce dei morti e dei Pubblichiamo integralmente il suo discorso, vivi; dei morti, caduti citato da Papa Francesco nel corso della nelle tremende guerre veglia che il 7 settembre ha concluso la passate sognando la congiornata di preghiera e digiuno per la pace cordia e la pace del in Siria e nel mondo. «Risuonino ancora mondo; dei vivi, che a una volta — ha detto il Pontefice — le parole quelle hanno sopravvisdi Paolo VI: “Non più gli uni contro gli altri, suto portando nei cuori non più, mai!... non più la guerra, non più la condanna per coloro la guerra!”». Oltre ad alcuni versetti che tentassero rinnovardella Genesi, questo brano di Montini le; e di altri vivi ancora, è stato con un altro che avanzano nuovi e fil’unico testo citato dal suo successore. denti, i giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto vostra buona accoglienza. A ciascu- una migliore umanità. E facciamo no di voi il Nostro riverente e cor- Nostra la voce dei poveri, dei diserediale saluto. La vostra amicizia Ci dati, dei sofferenti, degli anelanti alha invitati e Ci ammette ora a que- la giustizia, alla dignità della vita, alsta riunione: e come amici Noi qui a la libertà, al benessere e al progresvoi Ci presentiamo. so. I popoli considerano le Nazioni Vi esprimiamo il Nostro cordiale Unite come il palladio della concoromaggio personale e vi offriamo dia e della pace; Noi osiamo, col quello dell’intero Concilio Ecumeni- Nostro, portare qua il loro tributo di co Vaticano II, riunito in Roma, e onore e di speranza. Ecco perchè qui rappresentato dai Signori Cardi- questo momento è grande anche per nali che a questo scopo Ci accompa- voi. gnano. 2. Noi sappiamo che ne avete pieA loro nome, come da parte No- na coscienza. Ascoltate allora la constra, rendiamo a voi tutti onore e vi tinuazione del Nostro messaggio. salutiamo! Esso è rivolto completamente verso Questo incontro, voi tutti lo com- l’avvenire: l’edificio, che avete coprendete, segna un momento sempli- struito, non deve mai più decadere, ce e grande. Semplice, perchè voi ma deve essere perfezionato e adeavete davanti un uomo come voi; guato alle esigenze che la storia del egli è vostro fratello, e fra voi, rap- mondo presenterà. Voi segnate una presentanti di Stati sovrani, uno dei tappa nello sviluppo della umanità, più piccoli, rivestito lui pure, se così dalla quale non si dovrà più retrocevi piace considerarCi, d’una minu- dere, ma avanzare. scola, quasi simbolica sovranità temAl pluralismo degli Stati, che non porale, quanta gli basta per essere li- possono più ignorarsi, voi offrite bero di esercitare la sua missione una formola di convivenza estremaspirituale, e per assicurare chiunque mente semplice e feconda. Ecco: voi tratta con lui, che egli è indipenden- dapprima vi riconoscete e distinguete da ogni sovranità di questo mon- te gli uni dagli altri. Voi non conferido. Egli non ha alcuna potenza tem- te certamente l’esistenza agli Stati; porale, nè alcuna ambizione di com- ma qualificate come idonea a sedere petere con voi; non abbiamo infatti nel consesso ordinato dei Popoli alcuna cosa da chiedere, nessuna ogni singola Nazione; date cioè un questione da sollevare; se mai un de- riconoscimento di altissimo valore siderio da esprimere e un permesso etico e giuridico ad ogni singola coda chiedere, quello di potervi servire munità nazionale sovrana, e le garantite onorata cittadinanza internazionale. È Facciamo nostra la voce dei poveri già un grande servizio alla causa dell’umanità dei diseredati, dei sofferenti quello di ben definire e degli anelanti alla giustizia di onorare i soggetti nazionali della comunità alla dignità della vita, alla libertà mondiale, e di classifial benessere e al progresso carli in una condizione di diritto, meritevole in ciò che a Noi è dato di fare, con d’essere da tutti riconosciuta e rispettata, dalla quale può derivare un disinteresse, con umiltà e amore. Questa è la Nostra prima dichia- sistema ordinato e stabile di vita inrazione; e, come voi vedete, essa è ternazionale. Voi sancite il grande così semplice, che sembra irrilevante principio che i rapporti fra i popoli per questa Assemblea, che tratta devono essere regolati dalla ragione, sempre cose importantissime e diffi- dalla giustizia, dal diritto, dalla trattativa, non dalla forza, non dalla cilissime. Ma Noi dicevamo, e tutti lo av- violenza, non dalla guerra, e nemvertite, che questo momento è anche meno dalla paura, nè dall’inganno. Così ha da essere. Lasciate che grande. Grande per Noi, grande per Noi Ci congratuliamo con voi, che voi. Per Noi, anzitutto. Oh! voi sapete avete avuto la saggezza di aprire chi siamo; e, qualunque sia l’opinio- l’accesso a questa aula ai Popoli gione che voi avete sul Pontefice di Ro- vani, agli Stati giunti da poco alla ma, voi conoscete la Nostra missio- indipendenza e alla libertà nazionane; siamo portatori d’un messaggio le; la loro presenza è la prova per tutta l’umanità; e lo siamo non dell’universalità e della magnanimità solo a Nostro nome personale e che ispirano i principii di questa dell’intera famiglia cattolica, ma lo Istituzione. Così ha da essere; questo è il Nosiamo pure di quei Fratelli cristiani, che condividono i sentimenti da Noi stro elogio e il Nostro augurio, e, qui espressi, e specialmente di quelli come vedete, Noi non li attribuiamo da cui abbiamo avuto esplicito inca- dal di fuori; ma li caviamo dal di rico d’essere anche loro interpreti. dentro, dal genio stesso del vostro Noi siamo come il messaggero che, Statuto. 3. Il vostro Statuto va oltre; e con dopo lungo cammino, arriva a recapitare la lettera che gli è stata affida- esso procede il Nostro augurio. Voi ta; così Noi avvertiamo la fortuna di esistete ed operate per unire le Naquesto, sia pur breve, momento, in zioni, per collegare gli Stati; diciamo cui si adempie un voto, che Noi questa seconda formola: per mettere portiamo nel cuore da quasi venti insieme gli uni con gli altri. Siete una el momento in cui prendiamo la parola davanti a questo consesso unico al mondo, sentiamo il bisogno anzitutto di esprimere la Nostra profonda gratitudine al Signor Thant, vostro Segretario Generale, per l’invito ch’egli Ci ha rivolto di visitare le Nazioni Unite, in occasione del ventesimo anniversario della fondazione di questa Istituzione mondiale per la pace e per la collaborazione fra i popoli di tutta la terra. Noi ringraziamo altresì il Signor Presidente dell’Assemblea, On. Amintore Fanfani, il quale, dal giorno del suo insediamento, ha avuto per Noi parole tanto cortesi. Grazie anche a voi tutti, qui presenti, per la N Era il 4 ottobre 1965 Associazione. Siete un ponte fra i Popoli. Siete una rete di rapporti fra gli Stati. Staremmo per dire che la vostra caratteristica riflette in qualche modo nel campo temporale ciò che la Nostra Chiesa cattolica vuol essere nel campo spirituale: unica ed universale. Non v’è nulla di superiore sul piano naturale nella costruzione ideologica dell’umanità. La vostra vocazione è quella di affratellare non solo alcuni, ma tutti i Popoli. Difficile impresa? Senza dubbio. Ma questa è l’impresa; questa la vostra nobilissima impresa. Chi non vede il bisogno di giungere così, progressivamente, a instaurare un’autorità mondiale, capace di agire con efficacia sul piano giuridico e politico? Anche a questo riguardo ripetiamo il Nostro voto: perseverate. Diremo di più: procurate di richiamare fra voi chi da voi si fosse staccato, e studiate il modo per chiamare, con onore e con lealtà, al vostro patto di fratellanza chi ancora non lo condivide. Fate che chi ancora è rimasto fuori desideri e meriti la comune fiducia; e poi siate generosi nell’accordarla. E voi, che avete la fortuna e Lello Scorzelli, l’onore di sedere in questo consesso della pacifica convivenza, ascoltateCi: fate che non mai la reciproca fiducia, che qui vi unisce e vi consente di operare cose buone e grandi, sia insidiata o tradita. 4. La logica di questo voto, che si può dire costituzionale per la vostra Organizzazione, Ci porta a integrarlo con altre formole. Ecco: che nessuno, in quanto membro della vostra unione, sia superiore agli altri. Non l’uno sopra l’altro. È la formola della eguaglianza. Sappiamo di certo come essa debba essere integrata dalla valutazione di altri fattori, che non sia la semplice appartenenza a questa Istituzione; ma anch’essa è costituzionale. Voi non siete eguali, ma qui vi fate eguali. Può essere per parecchi di voi atto di grande virtù; consentite che ve lo dica Colui che vi parla, il Rappresentante d’una Religione, la quale opera la salvezza mediante l’umiltà del suo Fondatore Divino. Non si può essere fratelli, se non si è umili. Ed è l’orgoglio per inevitabile che possa sembrare che provoca le tensioni e le lotte del prestigio, del predominio, del colonialismo, dell’egoismo; rompe cioè la fratellanza. 5. E allora il Nostro messaggio raggiunge il suo vertice; il vertice negativo. Voi attendete da Noi questa parola, che non può svestirsi di gravità e di solennità: non gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l’Organizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace! Ascoltate le chiare parole d’un grande scomparso, di John Kennedy, che quattro anni or sono proclamava: «L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità». Non occorrono molte parole per proclamare questo sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità! Grazie a voi, gloria a voi, che da vent’anni per la pace lavorate, e che avete perfino dato illustri vittime a questa santa causa. Grazie a voi, e gloria a voi, per i conflitti che avete prevenuti e composti. I risultati dei vostri sforzi, conseguiti in questi ultimi giorni in favore della pace, benchè non siano ancora definitivi, meritano che Noi, osando farCi inter- Non si può amare con armi offensi- può osare di offenderla. Il rispetto ve in pugno. Le armi, quelle terribi- alla vita, anche per ciò che riguarda li, specialmente, che la scienza mo- il grande problema della natalità, derna vi ha date, ancor prima che deve avere qui la sua più alta profesprodurre vittime e rovine, generano sione e la sua più ragionevole difesa: cattivi sogni, alimentano sentimenti voi dovete procurare di far abbondacattivi, creano incubi, diffidenze e propositi triInutili stragi e formidabili rovine sti, esigono enormi spese, arrestano progetti di sanciscono il patto che vi unisce solidarietà e di utile lacon un giuramento che deve cambiare voro, falsano la psicologia dei popoli. Finchè la storia futura del mondo l’uomo rimane l’essere Non più la guerra, non più la guerra! debole e volubile e anche cattivo, quale spesso La pace, la pace deve guidare le sorti si dimostra, le armi della dei popoli e dell’intera umanità! difesa saranno necessarie, purtroppo; ma voi, coraggiosi e valenti quali siete, state re quanto basti il pane per la mensa studiando come garantire la sicurez- dell’umanità; non già favorire un arza della vita internazionale senza ri- tificiale controllo delle nascite, che corso alle armi: questo è nobilissimo sarebbe irrazionale, per diminuire il scopo, questo i Popoli attendono da numero dei commensali al banchetto voi, questo si deve ottenere! Cresca della vita. la fiducia unanime in questa IstituMa non si tratta soltanto di nutrizione, cresca la sua autorità; e lo re gli affamati: bisogna inoltre assiscopo, è sperabile, sarà raggiunto. curare a ciascun uomo una vita conVe ne saranno riconoscenti le popo- forme alla sua dignità. Ed è questo lazioni, sollevate dalle pesanti spese che voi vi sforzate di fare. E non si degli armamenti, e li- adempie del resto sotto i Nostri ocberate dall’incubo della chi e anche per opera vostra l’anguerra sempre immi- nuncio profetico che ben si addice a nente, il quale deforma questa Istituzione: «Fonderanno le la loro psicologia. spade in vomeri; le lance in falci»? Noi godiamo di sa- (Isaia 2, 4). Non state voi impieganpere che molti di voi do le prodigiose energie della terra e hanno considerato con le invenzioni magnifiche della scienfavore il Nostro invito, za, non più in strumenti di morte, lanciato a tutti gli Stati ma in strumenti di vita per la nuova per la causa della pace, era dell’umanità? a Bombay, nello scorso Noi sappiamo con quale crescente dicembre, di devolvere intensità ed efficacia l’O rganizzazioa beneficio dei Paesi in ne delle Nazioni Unite, e gli organivia di sviluppo una smi mondiali che ne dipendono, laparte almeno delle eco- vorino per fornire aiuto ai Governi, nomie, che si possono che ne abbiano bisogno, al fine di realizzare con la ridu- accelerare il loro progresso economizione degli armamenti. co e sociale. Noi rinnoviamo qui taNoi sappiamo con quale ardore le invito, fidando nel voi vi impegniate a vincere l’analfavostro sentimento di betismo e a diffondere la cultura nel umanità e di genero- mondo; a dare agli uomini una adesità. guata e moderna assistenza sanitaria, 6. Dicendo queste a mettere a servizio dell’uomo le meparole Ci accorgiamo ravigliose risorse della scienza, della di far eco ad un altro tecnica, dell’organizzazione: tutto principio costitutivo di questo è magnifico, e merita l’encoquesto Organismo, cioè mio e l’appoggio di tutti, anche il il suo vertice positivo: Nostro. non solo qui si lavora Vorremmo anche Noi dare l’esemper scongiurare i con- pio, sebbene l’esiguità dei Nostri flitti fra gli Stati, ma si mezzi ci impedisca di farne apprezlavora altresì con fratel- zare la rilevanza pratica e quantitatilanza per renderli capa- va: Noi vogliamo dare alle Nostre ci di lavorare gli uni istituzioni caritative un nuovo sviper gli altri. Voi non vi luppo in favore della fame e dei bicontentate di facilitare sogni del mondo: è in questo modo, la coesistenza e la con- e non altrimenti, che si costruisce la vivenza fra le varie Na- pace. zioni; ma fate un passo 7. Una parola ancora, Signori, molto più avanti, al un’ultima parola: questo edificio, quale Noi diamo la che state costruendo, si regge non Nostra lode e il Nostro già solo su basi materiali e terrene: appoggio: voi promo- sarebbe un edificio costruito sulla vete la collaborazione sabbia; ma esso si regge, innanzitutfraterna dei Popoli. to, sopra le nostre coscienze. È veQui si instaura un si- nuto il momento della “metanoia”, stema di solidarietà, della trasformazione personale, del per cui finalità civili al- rinnovamento interiore. Dobbiamo tissime ottengono l’ap- abituarci a pensare in maniera nuova poggio concorde e or- l’uomo; in maniera nuova la convidinato di tutta la famivenza dell’umanità, in maniera nuoglia dei Popoli per il «Paolo VI alle Nazioni Unite» va le vie della storia e i destini del bene comune, e per il mondo, secondo le parole di S. Paobene dei singoli. Quelo: «Rivestire l’uomo nuovo, creato a preti del mondo intero, vi esprimia- sto aspetto dell’Organizzazione delle immagine di Dio nella giustizia e Nazioni Unite è il più bello: è il suo mo plauso e gratitudine. santità della verità» (Eph. 4, 23). È Signori, voi avete compiuto e state volto umano più autentico; è l’ideale l’ora in cui si impone una sosta, un compiendo un’opera grande: l’edu- dell’umanità pellegrina nel tempo; è momento di raccoglimento, di ripencazione dell’umanità alla pace. la speranza migliore del mondo; è il samento, quasi di preghiera: ripensaL’Onu è la grande scuola per questa riflesso, osiamo dire, del disegno trare, cioè, alla nostra comune origine, educazione. Siamo nell’aula magna scendente e amoroso di Dio circa il di tale scuola; chi siede in questa au- progresso del consorzio umano sulla alla nostra storia, al nostro destino la diventa alunno e diventa maestro terra; un riflesso, dove scorgiamo il comune. Mai come oggi, in un’eponell’arte di costruire la pace. Quan- messaggio evangelico da celeste farsi ca di tanto progresso umano, si è redo voi uscite da questa aula il mon- terrestre. Qui, infatti, Noi ascoltiamo so necessario l’appello alla coscienza morale dell’uomo! do guarda a voi come Il pericolo non viene nè dal proagli architetti, ai costrutLasciate cadere le armi dalle vostre mani gresso nè dalla scienza: questi, se betori della pace. ne usati, potranno anzi risolvere E voi sapete che la Le armi, ancor prima che produrre molti dei gravi problemi che assillapace non si costruisce no l’umanità. Il pericolo vero sta vittime e rovine, generano cattivi sogni soltanto con la politica e nell’uomo, padrone di sempre più con l’equilibrio delle alimentano sentimenti cattivi potenti strumenti, atti alla rovina ed forze e degli interessi, alle più alte conquiste! creano incubi, diffidenze e propositi tristi ma con lo spirito, con le In una parola, l’edificio della moidee, con le opere della Falsano la psicologia dei popoli derna civiltà deve reggersi su principace. Voi già lavorate in pii spirituali, capaci non solo di soquesto senso. Ma voi siete ancora in principio: un’eco della voce dei Nostri Prede- stenerlo, ma altresì di illuminarlo e arriverà mai il mondo a cambiare la cessori, di quella specialmente di Pa- di animarlo. E perchè tali siano quementalità particolaristica e bellicosa, pa Giovanni XXIII, il cui messaggio sti indispensabili principii di supeche finora ha tessuto tanta parte del- della Pacem in terris ha avuto anche riore sapienza, essi non possono non la sua storia? È difficile prevedere; nelle vostre sfere una risonanza tan- fondarsi sulla fede in Dio. Il Dio ignoto, di cui discorreva nell’areopama è facile affermare che alla nuova to onorifica e significativa. Perchè voi qui proclamate i diritti go S. Paolo agli Ateniesi? Ignoto a storia, quella pacifica, quella veramente e pienamente umana, quella e i doveri fondamentali dell’uomo, la loro, che pur senza avvedersene lo che Dio ha promesso agli uomini di sua dignità, la sua libertà e, per pri- cercavano e lo avevano vicino, come buona volontà, bisogna risolutamen- ma, la libertà religiosa. Ancora, Noi capita a tanti uomini del nostro sete incamminarsi; e le vie sono già se- sentiamo interpretata la sfera supe- colo?... Per noi, in ogni caso, e per gnate davanti a voi; e la prima è riore della sapienza umana, e ag- quanti accolgono la Rivelazione quella del disarmo. giungiamo: la sua sacralità. Perchè si ineffabile che Cristo di Lui ci ha fatSe volete essere fratelli, lasciate tratta anzitutto della vita dell’uomo: ta, è il Dio vivente, il Padre di tutti cadere le armi dalle vostre mani. e la vita dell’uomo è sacra: nessuno gli uomini. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 In una lettera dei superiori maggiori degli Stati Uniti al presidente Obama e al Congresso In molte città si è pregato per la Siria aderendo all’appello del Pontefice Invito a riflettere e usare la diplomazia Un vento che attraversa il mondo WASHINGTON, 9. Un invito a riflettere in maniera ponderata sull’eventualità di un attacco militare in Siria e a cogliere l’occasione invece di un intervento che segua i canali diplomatici è stato rivolto al Congresso degli Stati Uniti e al presidente Barack Obama dalla Conferenza dei superiori maggiori degli Stati Uniti (Conference of Major Superiors of Men, Cmsm). In un documento, reso pubblico, i religiosi riconoscono «l’incredibile sfida dell’attuale momento in Siria nel mezzo di questa tragedia. Eppure, noi vediamo per gli Stati Uniti una grande opportunità: quella di porre fine alle ostilità prendendo l’iniziativa e riconoscendo che la vera responsabilità è soprattutto quella di aumentare la comprensione, di risolvere i danni che sono sorti nelle relazioni, di incoraggiare più empatia verso coloro che hanno sofferto prendendo ciascuno le proprie responsabilità. Non si tratta — spiegano i superiori maggiori — di una scelta tra l’azione militare e l’inerzia», un dualismo «che viene utilizzato per giustificare la violenza». Secondo la Cmsm, invece di scoraggiare la violenza, che ha portato a più di centomila morti e a danni incalcolabili, l’intervento militare «minaccia di estendere la già feroce guerra civile in Siria, di minare le prospettive di una riduzione della violenza, di una soluzione giusta e negoziata, di una responsabilità autentica. Assad, o chi ha utilizzato armi chimiche — prosegue il messaggio — non impareranno certamente la lezione in questo modo». Chi ha usato la violenza «non farà altro che inasprire e aumentare le ostilità». I ribelli, secondo i religiosi, potrebbero considerare qualsiasi intervento militare da parte degli Stati Uniti «come un segnale per aumentare maggiormente le ostilità. Inoltre, Iran, Israele e persino la Russia potrebbero probabilmente essere coinvolti ancor di più nel conflitto». I religiosi citano anche recenti studi che dimostrano come gli interventi militari stranieri spesso portino a un aumento del quaranta per cento di vittime civili. Per tutti questi motivi, i superiori maggiori esortano dunque il Congresso e il presidente a prendere in considerazione altre opzioni, come quella diplomatica, e quanto prevede il diritto internazionale. «Adesso più che mai è giunto il momento di rinvigorire i piani per i negoziati di pace, poiché le red lines sono state superate». Per i religiosi la credibilità degli Stati Uniti come Paese impegnato a tutelare la pace «dovrebbe essere mantenuta mostrando al mondo intero la disponibilità a guidare gli sforzi per una conferenza di pace». Per i religiosi, insomma, è giunto il momento di intervenire facendo leva sulla chiamata alla responsabilità di ogni nazione. «Occorre avviare negoziati che coinvolgano anche i principali attori della società civile e non violenta e includere la previsione di meccanismi di responsabilità più ampi. Bisogna resistere alla tentazione di alimentare il fuoco con altra violenza. Nello spirito di Martin Luther King, di cui abbiamo ricordato il cinquantesimo anniversario del celebre discorso di Washington, dobbiamo interrompere le azioni di ostilità», esercitando pressioni sui Paesi che si ritiene vendano armi alla Siria, sia di quelli che le forni- scono al Governo, sia di quelli che le vendono ai ribelli, perché la rivoluzione violenta, secondo i religiosi, «non solo alimenta altra violenza ed è meno efficace per la realizzazione di obiettivi politici a breve termine, ma raramente porta a una democrazia vera e duratura». Pertanto, secondo la Conferenza dei superiori maggiori è falso quando si afferma che azioni punitive possano riequilibrare le forze in campo. «Soltanto i negoziati possono portare a una democrazia duratura e a una pace giusta. Il modo migliore per inviare un messaggio a chi si rende responsabile di comportamenti orribili — suggeriscono i religiosi — è quello di creare processi di autentica responsabilità che propendano verso la comprensione reciproca, l’empatia verso coloro che Gli ortodossi d’America contrari alla guerra NEW YORK, 9. Profonda preoccupazione riguardo al coinvolgimento militare degli Stati Uniti in Siria è stata espressa anche dall’arcivescovo ortodosso di New York e metropolita di Tutto il Nord America, Filippo. In una lettera pubblica, il metropolita sottolinea che «l’intervento militare provocherebbe destabilizzazione nel Paese mediorientale e causerebbe un ulteriore spargimento di sangue e devastazioni ancora più grandi, con il conseguente totale sterminio dei cristiani nella zona». Basandosi sulla propria conoscenza di quella parte del mondo, Filippo ha affermato che «bombardare il Paese non serve agli Stati Uniti, non serve al popolo siriano e nemmeno alla gente del Medio Oriente». Secondo l’arcivescovo ortodosso di New York, «i gruppi estremisti, come Al Qaeda, sono in attesa, dietro le quinte, per approfittare di qualsiasi debolezza del Governo siriano. I risultati di un bombardamento sarebbero un ulteriore passo verso lo sterminio della nostra presenza cristiana, una presenza che risale agli albori del cristianesimo. La nostra Chiesa ha già sofferto molto e ha nuovi martiri in attesa di essere glorificati, non ce ne servono altri!». Pertanto, il metropolita Filippo ha esortato i fedeli ortodossi a contattare, nei prossimi giorni, i senatori e i membri del Congresso per esortarli a votare “no” a qualsiasi azione militare unilaterale da parte degli Stati Uniti. «Il tempo stringe. Vi prego — ha concluso — di diffondere questo messaggio a tutti quelli che conoscete il più rapidamente possibile e di condividere questo messaggio su Facebook e su gli altri social network». soffrono», lo sviluppo di piani che possano lenire le ferite della guerra. Nel loro messaggio, i religiosi degli Stati Uniti propongono di avviare un dialogo iniziale con operatori selezionati secondo criteri precisi: «Potrebbero essere familiari di persone uccise, membri del Governo di Assad, della resistenza armata, organizzatori di comunità locali». Potrebbero poi essere sviluppati piani più ampi, che potrebbero gradualmente espandersi per includere sempre di più altre persone: «L’impatto di interventi sulla realtà sociale faciliterebbe i negoziati per un cessateil-fuoco. Questi sforzi su piccola scala potrebbero costituire le basi per sforzi ancora più ampi quando si porrà fine alla violenza». La Cmsm cita enti caritativi come Catholic Relief Service e Cure Violence, che sono già impegnati in iniziative di pace con i siriani. «Anche i tribunali di giustizia internazionali potrebbero essere una risorsa utile». Secondo i religiosi, sarebbe opportuno supportare l’opera di forze di pace civili nelle aree dove già ci sono siriani impegnati a favore della pace. «Queste forze potrebbero essere le Nazioni Unite, le ong, come la Nonviolent Peaceforce, o altre associazioni in grado di aiutare a modificare le dinamiche locali in modo concreto ed efficace». Infine, nel messaggio, i superiori maggiori sostengono che per raggiungere al più presto un obiettivo sarebbe opportuno che «gruppi di eminenti leader religiosi delle principali confessioni si recassero in Siria come forza di pace, per coinvolgere gli attori ora armati e disinnescare le ostilità». Il religiosi citano l’esempio della beata Madre Teresa di Calcutta quando nel 1982 si recò in Libano, durante le ostilità, per prestare soccorso ai bambini disabili musulmani. Il chiaro messaggio di Papa Francesco contro la violenza e l’appello a osservare una giornata di preghiera e digiuno per la Siria, spiegano ancora i religiosi, «ci induce a riflettere e ad agire. La tragedia in corso ci offre un’altra opportunità di diventare persone che trasformano il conflitto con coraggio e amore. Cerchiamo di impegnarci». Il Patriarca Cirillo in visita in Moldova CHIŞINĂU, 9. Si è svolta dal 7 al 9 settembre la visita primaziale del Patriarca di Mosca e di Tutta la Russia, Cirillo, alla Chiesa ortodossa di Moldova, dedicata al secondo centenario della fondazione della metropolia di Chişinău e Moldova. Durante la visita Cirillo ha visitato la cattedrale della Natività di Cristo a Chişinău, il monastero femminile di San Pacomio, la cattedrale della natività a Tiraspol, al confine con l’Ucraina, e il monastero maschile dell’Ascensione di NovoNeamt, nel villaggio di Kitskany. Il Patriarca Cirillo ha incontrato, tra gli altri, anche il presidente della Repubblica di Moldova, Nicolae Timofti, e il primo ministro Yuri Leanca. ROMA, 9. Da Gerusalemme ad Assisi, dall’Avana a Taizé, alla stessa Damasco: sono stati numerosi i fedeli che in ogni parte del mondo si sono riuniti in preghiera sabato sera per alzare il loro «grido di pace», aderendo alla richiesta di Papa Francesco. Una grande «mobilitazione delle coscienze», a favore di una soluzione pacifica della crisi siriana, la cui importanza è stata sottolineata alla Radio Vaticana dall’arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria: «In unità spirituale con piazza San Pietro, numerose veglie di preghiera si sono svolte anche in diverse comunità religiose siriane. Nella cattedrale grecocattolica melkita di Damasco si sono riuniti vescovi cattolici e ortodossi, assieme a rappresentanti del Governo, del Parlamento e della comunità musulmana. Tante persone sono venute a incaricarmi di ringraziare vivamente il Santo Padre per questa iniziativa». Secondo monsignor Zenari, «la ferma fiducia del Santo Padre è una boccata d’ossigeno non solo qui in Siria e in Medio Oriente, ma in tutto il mondo. C’era bisogno di sentire questo vento forte di speranza». A Gerusalemme è stata la basilica delle Nazioni, sul monte degli Ulivi, ad accogliere i fedeli, abitanti della città santa ai quali si sono uniti religiosi e religiose in missione e pellegrini: cristiani — si legge in un comunicato sul sito on line della Custodia di Terra Santa — di tutte le confessioni, riti, lingue e nazioni. Erano presenti il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, l’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico in Israele e in Ci- pro nonché delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, rappresentanti delle diverse Chiese, in primo luogo siriaci e copti, e il parroco di San Salvatore, fra Feras Hejazin, che ha presieduto la veglia di preghiera. In un clima di grande raccoglimento, i fedeli hanno ascoltato e fatto proprie le parole pronunciate dal Papa all’Angelus del 1° settembre. Si è pregato in arabo, ebraico, aramaico, copto e in altre lingue, per implorare il dono della pace nella regione. Durante l’intera giornata di sabato, analoghe celebrazioni hanno avuto luogo in molte altre chiese e cappelle. «I legami che uniscono tutti i cristiani di Terra Santa — informa la Custodia — sono particolarmente stretti non solo perché possiedono una cultura araba comune, ma anche perché numerose famiglie hanno parenti e amici nell’uno o nell’altro Paese del Vicino Oriente». I francescani della Custodia hanno rivolto un pensiero particolare per i frati che, in Siria, continuano il loro servizio alla popolazione, sostenendola affinché possa affrontare in una prospettiva di fede la tragedia che il Paese sta attraversando. La veglia si è conclusa con una processione con le fiaccole accese nel giardino degli Ulivi e la recita del Padre nostro. «La nostra preghiera non finisce stasera — ha detto padre Feras Hejazin — ma continua e noi proseguiremo dicendo “no” alla guerra e “sì” alla pace. Sì, noi vogliamo la pace in Terra Santa, in Libano, in Egitto, in Siria, in Iraq». La Custodia e Ats, la sua ong, hanno proposto di fare un altro ge- sto concreto per aiutare la Siria: rispondendo all’appello di solidarietà, si possono inviare sul posto, tramite le comunità cristiane, prodotti di prima necessità di cui la popolazione ha urgentemente bisogno. In un’altra città di pace, Assisi, il vescovo Domenico Sorrentino ha sollecitato un “bombardamento della preghiera”: «Non siamo qui per fare analisi e per dare soluzioni. Siamo qui come fratelli e vogliamo dire che siamo vicini al dramma del popolo siriano». Alla veglia, svoltasi nella basilica di Santa Maria degli Angeli, sono intervenuti — riferisce l’Ansa — il pastore della comunità anglicana di Assisi, il rappresentante della comunità copto-ortodossa di Gualdo Tadino e il coordinatore della Tavola della pace, Flavio Lotti. La veglia si è conclusa all’esterno della basilica con una processione. A Taizé, in Francia, sabato sera i fratelli della comunità ecumenica e i tanti giovani presenti si sono radunati nella chiesa: «Tu non lasci che noi ci abbandoniamo allo sconforto — hanno detto rivolti al Signore — e ci fai capire che la nostra preghiera e compassione contano. Sii a fianco di coloro che soffrono e manda lo Spirito Santo, affinché ispiri a tutti gli esseri umani gesti di pace». E ieri a L’Avana, a migliaia di chilometri di distanza, in occasione delle celebrazioni per la festa della Vergine della Carità, patrona di Cuba, il presidente della Conferenza episcopale, arcivescovo Dionisio Guillermo García Ibáñez, ha ricordato l’appello del Papa per la Siria invitando i fedeli a pregare per la pace. Il Papa ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace Per i diritti dei lavoratori minerari «Un serio esame di coscienza affinché l’industria mineraria possa offrire un positivo e costante contributo allo sviluppo umano integrale». Lo auspica Papa Francesco nel messaggio — a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone — ai partecipanti alla giornata di riflessione sulle questioni ambientali e sociali legate al settore estrattivo mondiale, svoltasi sabato 7 settembre su iniziativa del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Nella sede del dicastero vaticano, sotto la presidenza del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, si sono ritrovati per la prima volta insieme dirigenti di compagnie minerarie e rappresentanti della Chiesa cattolica esperti della materia, per un totale di circa quaranta persone, chiamate ad analizzare i principali problemi etici del settore, particolarmente in Africa e in altri Paesi in via di sviluppo. «Non sempre senza motivo — si legge nel messaggio — l’attività delle industrie estrattive è vista come uno sfruttamento ingiusto delle risorse naturali e delle popolazioni locali, ridotte, a volte, addirittura in schiavitù e costrette a spostarsi, abbandonando le loro terre d’origine». Il testo cita l’antico proverbio israelita «I padri hanno mangiato l’uva acerba e i denti dei figli si sono allegati» (Geremia 31, 29) sottolineando che si tratta di un «ammonimento sempre valido: non allude solo alla complessità delle questioni etiche, difficili da risolvere con una risposta unica, ma rievoca anche la serietà con la quale ogni azione umana deve essere intrapresa. L’attività estrattiva, come anche altre attività industriali, ha conseguenze ecologiche e sociali che vengono trasmesse da una generazione all’altra». Per tale motivo — prosegue il documento — e «per non ripetere i gravi errori del passato, oggi le decisioni non vanno prese solo in base a prospettive geologiche o in vista dei profitti economici degli investitori e degli Stati in cui sono insediate le aziende: è indispensabile, e inevita- bile, un processo decisionale nuovo e più consapevole, che prenda in considerazione la complessità dei problemi, in un contesto di solidarietà». Esso «richiede, innanzitutto, che siano garantiti ai lavoratori i diritti economici e sociali, nel pieno rispetto delle norme e delle direttive dell’Organizzazione internazionale del lavoro» e degli «standard internazionali sulla protezione dell’ambiente». Del resto «la grande sfida per i dirigenti d’azienda è quella di creare un’armonia tra gli interessi, che tenga conto delle esigenze degli investitori, dei manager, dei lavoratori, delle loro famiglie, del futuro dei figli, della preservazione dell’ambiente a livello regionale e internazionale e che costituisca, al contempo, un contributo alla pace mondiale». Infine nell’assicurare la sua vicinanza nella preghiera a quanti sono coinvolti nella attività minerarie, il vescovo di Roma chiede ai leader delle imprese del settore di affrontare le difficoltà che si presentano con un’attenzione speciale nei confronti dei minatori e delle loro famiglie, delle popolazioni locali e dell’ambiente, della solidarietà internazionale e intergenerazionale. † L’Accademia dei Virtuosi al Pantheon partecipa profondamente commossa alla scomparsa dell’Accademica Scultrice MARISAMARINI L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 pagina 7 La testimonianza dei musulmani presenti alla veglia in piazza San Pietro Papa Francesco esempio da seguire Si sono uniti anche i musulmani al popolo della pace convocato da Papa Francesco e hanno risposto numerosi al suo invito alla veglia in piazza San Pietro. Sabato sera cristiani e musulmani hanno sfoderato insieme le “armi” della preghiera per la pace. A spiegare le ragioni che hanno mosso il mondo islamico sono Amman e Ismael, due giovani avvolti in una bandiera siriana: «Siamo qui per ringraziare Papa Francesco che ha dimostrato compassione per il nostro popolo e perché oggi cristiani e musulmani sono uniti nella preghiera per la pace. Anche noi abbiamo digiunato e resteremo qui fino alle fine». Con loro c’è anche Minas, una giovane siriana che indossa il chador ed è in luna di miele a Roma. È venuta a San Pietro con il marito proprio per non mancare all’appuntamento per la pace. «Spero — confida — che quando torneremo a Damasco non troveremo case distrutte dalle bombe». Sono giovani che non mostrano segni di appartenenza politica. Qualcuno indossa una tshirt bianca e con scritte contrarie all’intervento in Siria. A esprimere l’adesione dei musulmani è Foad Aodi, il medico di origine palestinese a capo del Co-mai, l’associazione che riunisce le comunità del mondo arabo in Italia. Racconta «i sentimenti di entusiasmo e gratitudine per tutto quello che il Papa sta facendo in favore della pace». Tra i primi ad arrivare in piazza San Pietro, Foad Aodi auspica anche per il mondo islamico «una guida come Papa Francesco». Non può quantificare il numero di musulmani presenti alla veglia, «ma certamente non sono pochi» assicura. E racconta di aver «ricevuto migliaia di messaggi di gioia di arabi e musulmani. Con le sue parole contro la guerra il Papa ha fatto cadere un muro di ipocrisia nella politica. La sua iniziativa è davvero forte e segnerà sicuramente una svolta storica nel linguaggio, che anche in politica e in diplomazia deve essere coerente, diretto e trasparente». Inoltre i continui interventi del Papa, per il presidente del Co-mai, «avranno anche come indiretta conseguenza quella di migliorare l’immagine dei cristiani presso alcuni settori musulmani; contribuiranno a un maggiore dialogo e comprensione e soprattutto a un rispetto delle persone e dei luoghi sacri dove si riuniscono in preghiera. Ora, infatti, tocca al mondo arabo fare suo l’appello alla pace e alla fraternità lanciato dal Papa». E conclude: «Papa Francesco per noi è un esempio da seguire». La presenza dei musulmani alla veglia è avvenuta, comunque, nel segno del rispetto reciproco e della preghiera. Così una decina di musulmani, tra cui siriani con le bandiere della propria nazione, hanno recitato il Corano restando però ai margini di piazza San Pietro, all’esterno delle transenne, per non disturbare la preghiera dei cristiani. Ma unendosi, in qualche modo, all’iniziativa per la pace indetta da Papa Francesco. Stando a quanto hanno poi dichiarato, hanno recitato «il capitolo delle stanze» del Corano. «In quel verso si parla di Allah che ha fatto istituire un popolo e una comunità affinché possiamo conoscerci. Il più nobile che più ama e teme Dio si trattiene da qualunque violenza» spiega Salameh Ashour, presidente della comunità palestinese romana, che ha recitato in italiano i versi del Corano assieme ad altri musulmani, con il palmo delle mani rivolto al cielo. Ma in piedi e senza nessun tappeto, «proprio per non disturbare nessuno». Tanti musulmani — egiziani, libici, siriani, palestinesi, iracheni e di altre nazionalità — hanno scelto invece di partecipare alla veglia in piazza, in mezzo alla folla, fianco a fianco dei cristiani. E comunque niente bandiere, striscioni, slogan in piazza San Pietro. Nessun gruppo numeroso a riempire i settori. C’erano soprattutto famiglie, gruppi di amici, parrocchie. Nessun pellegrinaggio imponente. Molte persone erano alla loro prima partecipazione a un incontro di preghiera in piazza San Pietro e, forse, in assoluto. Un dato significativo secondo i leader della Comunità di Sant’Egidio. Per il fondatore Andrea Riccardi e il presidente Marco Impagliazzo «il Papa ha smosso l’impasse in cui è caduta la comunità internazionale, ha spezzato il silenzio dei potenti, scuotendo i cuori delle singole persone che si sono sentite protagoniste, interpellate direttamente». Ecco, dunque, che «la piazza appartiene proprio a tutti» conferma Franco Miano, presidente dell’Azione Cattolica Italiana. «Questa è la preghiera della gente semplice — dice — perché la pace si costruisce testimoniando la fede nella quotidianità». E «le persone di buona volontà — aggiunge Miano — stanno rispondendo all’appello del Papa e mostrano come i problemi di ogni giorno non distraggano la loro attenzione dalle grandi questioni internazionali». A dar voce a questa realtà c’è, in piazza San Pietro, proprio un gruppo di ragazzi dell’Azione Cattolica. «È bello pregare con i miei amici nella casa del Papa» dice Samuel, bolognese di nove anni, mentre per Elisa, dodicenne torinese, «è molto divertente essere qui, conoscere persone nuove e, anche se stanca, sono felice perché ho potuto dire la mia fede». E se Michela, nove anni, di Ozieri, esprime con schiettezza la propria speranza «che vinca la pace», per Maria, tredici anni, di Bari, «è bello l’incontro di tanti volti, tanti ragazzi, tante persone diverse ma con unico sentire: il nostro sì a Gesù». Infine Giovanni, dodici anni, di Caltagirone, confida di sentirsi «piccolo ma anche grande nell’appartenere alla grande famiglia della Chiesa. Come un piccolo pezzo di un grande puzzle dove unendo l’uno all’altro viene fuori lo splendore del creato». A un loro coetaneo del Paraguay, Roque, spetta un piccolo primato: il primo a essere entrato in piazza San Pietro alle ore 16 in punto, quando sono stati aperti i varchi d’ingresso. Ha undici anni ed è a Roma in vacanza con la famiglia. «Non potevamo mancare» dice per esprimere le ragioni della partecipazione alla veglia. E aggiunge con un pizzico di stupore indicando la marea di passeggini: «Ma qui ci sono tanti bambini, tante famiglie!». Soprattutto famiglie romane: evidente che ha ben funzionato la mobilitazione spirituale delle parrocchie della diocesi del Papa. L’elenco dei presenti in piazza — difficile riconoscere tutte le appartenenze e le provenienze perché, con un’opportuna scelta, non ci sono né bandiere né cartelli — è «impressionante», conferma Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo. Ci sono anche i poveri assistiti dalle suore di Madre Teresa nella casa Dono di Maria in Vaticano: «non sono voluti mancare» spiegano le religiose «e hanno accolto l’invito del Papa alla preghiera e al digiuno». Ci sono, poi, tantissimi giovani con le magliette verdi della giornata mondiale di Rio de Janeiro. «Sono sicura che tutti coloro che erano in Brasile oggi pregano con il Papa: qui, nelle loro case o nelle loro comunità» dice Alessia, trentenne fiorentina. E soprattutto ci sono i malati e i disabili. In prima fila. È Valentina, tredicenne romana con la sindrome di Down, a esprimere con semplicità il pensiero di tutti: «Come sarebbe bello il mondo se fosse come piazza San Pietro stasera. Ma perché a qualcuno viene in mente di sparare?». Quando il silenzio è il linguaggio della pace Tante volte piazza san Pietro è scomparsa, nascosta da una folla debordante anche oltre il colonnato berniniano; migliaia di persone accorse per un incontro col Papa. Ma sabato sera anche visivamente è stato qualcosa di diverso. Nessuno striscione, nessuna bandiera, solo l’alternarsi di preghiere, canti, invocazioni, e un silenzio più eloquente delle parole. Un silenzio che ha unito le oltre centomila persone di razze, lingue e fedi diverse, che hanno risposto, anche fisicamente, all’invito di Papa Francesco per una giornata di digiuno e una veglia di preghiera per impetrare la pace in Siria, in Medio Oriente e ovunque nel mondo si combatte una guerra. Si sono ritrovati, l’uno accanto all’altro, per esprimere solidarietà con le vittime dei conflitti e per manifestare la loro avversità alla guerra: cattolici, ortodossi, musulmani, indù, buddisti e persino non credenti. Famiglie intere, pellegrini, turisti, religiosi, religiose, malati. Tutti hanno voluto testimoniare che la pace è ancora possibile grazie all’aiuto di Dio. La veglia è iniziata verso le 19 con l’arrivo del Papa. Un clima di intensa preghiera ha caratterizzato tutta la serata. Dopo il saluto liturgico, il Pontefice ha intonato il Veni Creator Spiritus. Nel frattempo, dall’obelisco al centro della piazza quattro alabardieri della Guardia Svizzera Pontificia hanno portato processionalmente verso il sagrato l’icona della Salus populi Romani. Li seguivano due gendarmi in alta uniforme e due ragazze che portavano due fasci di fiori. L’immagine è stata intronizzata davanti a Papa Francesco, il quale le ha reso un devoto omaggio. È iniziata quindi la recita del rosario. Per aiutare a riflettere sui misteri gaudiosi, sono stati scelti dei brani di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Alla fine di ogni mistero è stata aggiunta l’invocazione «Regina della pace, prega per noi». Dopo il canto delle litanie lauretane, il Papa ha tenuto la sua meditazione, al termine della quale, dopo un minuto di silenzio, due suore africane hanno portato mazzi di fiori all’altare, dove è stato esposto il Messa del Papa a Santa Marta Gesù è la speranza Fanno tristezza quei sacerdoti che hanno perso la speranza. Per questo Papa Francesco nella messa celebrata questa mattina, lunedì 9 settembre, a Santa Marta, ha rivolto ai sacerdoti presenti l’invito a coltivare questa virtù «che per i cristiani ha il nome di Gesù». «Vedo tanti preti oggi qui — ha detto — e mi viene di dirvi una cosa: è un po’ triste quando uno trova un prete senza speranza, senza quella passione che dà la speranza; ed è tanto bello quando uno trova un prete che arriva alla fine della sua vita sempre con quella speranza, non con l’ottimismo, ma con la speranza, seminando speranza». Perché vuol dire, ha aggiunto, che «questo prete è attaccato a Gesù Cristo. E il popolo di Dio ha bisogno che noi preti diamo questa speranza in Gesù, che rifà tutto, è capace di rifare tutto e sta rifacendo tutto: in ogni eucaristia lui rifà la creazione, in ogni atto di carità lui rifà il suo amore in noi». Il Pontefice ha parlato della speranza ricollegando la riflessione odierna a quelle dei giorni precedenti, durante le quali aveva proposto Gesù come la totalità, il centro della vita del cristiano, l’unico sposo della Chiesa. Così oggi si è soffermato sul concetto espresso nella Lettera di san Paolo ai Colossesi (1, 24-2, 3): Gesù «mistero, mistero nascosto, Dio». Un mistero, quello di Dio, che «è apparso in Gesù» che è «la nostra speranza: è il tutto, è il centro ed è anche la nostra speranza». Purtroppo però, ha osservato il vescovo di Roma, la «speranza è una virtù» considerata «abitualmente di seconda classe. Non crediamo tanto — ha spiegato — nella speranza: parliamo della fede e della carità, ma la speranza è un po’, come diceva uno scrittore francese, la virtù umile, la serva delle virtù; e non la capiamo bene». L’ottimismo, ha spiegato, è un atteggiamento umano che dipende da tante cose; ma la speranza è un’altra cosa: «È un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà che non delude mai». E ha anche un nome. E «questo nome è Gesù»: non si può dire di sperare nella vita se non si spera in Gesù. «Non si tratterebbe di speranza — ha precisato — ma sarebbe buonumore, ottimismo, come nel caso di quelle persone solari, positive, che vedono sempre la metà piena del bicchiere e non quella vuota». Una conferma di questo concetto il Papa l’ha indicata nel brano del Vangelo di Luca (6, 6-11), nel riferimento al tema della libertà. Il racconto di Luca mette davanti agli occhi una duplice schiavitù: quella dell’uomo «con la mano paralizzata, schiavo della sua malattia», e quella «dei farisei, degli scribi, schiavi dei loro atteggiamenti rigidi, legalistici». Gesù «libera entrambi: fa vedere ai rigidi che quella non è la strada della libertà; e l’uomo dalla mano paralizzata lo libera dalla malattia». Cosa vuole dimostrare? Che «libertà e speranza vanno insieme: dove non c’è speranza, non può esserci libertà». Tuttavia il vero insegnamento da trarre dalla liturgia odierna è che Gesù «non è un guaritore, è un uomo che ricrea l’esistenza. E questo — ha sottolineato il vescovo di Roma — ci dà speranza, perché Gesù è venuto proprio per questo grande miracolo, per ricreare tutto». Tanto che la Chiesa in una bellissima preghiera dice: «Tu, Signore, che sei stato tanto grande, tanto meraviglioso nella creazione, ma più meraviglioso nella redenzione...». Dunque, ha aggiunto il Papa, «la grande meraviglia è la grande riforma di Gesù. E questo ci dà speranza: Gesù che ricrea tutto». E quando «ci uniamo a Gesù nella sua passione — ha concluso il Papa — con lui rifacciamo il mondo, lo facciamo nuovo». Santissimo Sacramento per l’adorazione eucaristica. Questa parte della liturgia è stata divisa in cinque tempi: prima una lettura biblica sul tema della pace, poi una preghiera composta dagli ultimi Pontefici — Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI — sullo stesso tema. Quindi a seguire un’invocazione in forma responsoriale per implorare da Dio il dono della pace, un canto, e l’offerta dell’incenso da ardere nel bracere. Significativamente, i primi due a offrire l’incenso sono stati George Jamal e Al Bdeiwi Raji, provenienti dalla Siria. È stata poi la volta di due frati minori della Custodia di Terra Santa, Jad Sara e Antonio D’Aniello, degli statunitensi John e Ashley Noronha, di due russe, Natalia Entaltseva e Olga Tkachenko e, infine, di due egiziani, Maikel W. Hanna e Gozif A. Hanna. Terminata l’adorazione eucaristica, dopo circa tre minuti di silenzio, è iniziato l’Ufficio delle letture. Significativamente la prima lettura è stata tratta dal libro di Geremia: in essa il profeta, in carcere, esorta il re Sedecia alla pace. La seconda lettura era invece un passo del Discorso sulle beatitudini di san Leone Magno. Il brano evangelico scelto è stato quello di Giovanni 20, 19-29, nel quale si narra che Gesù dopo la risurrezione si manifesta ai suoi discepoli e dice loro: «Pace a voi!». Dopo il canto del Te Deum in italiano è seguito un periodo di silenzio prolungato, interrotto solo dall’esecuzione di alcuni brani musicali. Il Papa ha quindi intonato il Tantum Ergo e ha impartito la benedizione eucaristica. Al termine, poco dopo le 23, il Pontefice ha rivolto un breve saluto ai presenti e ha concluso la veglia. «Carissimi fratelli e sorelle, vi ringrazio — ha detto — di questa veglia di preghiera. Abbiamo pregato tutti insieme. Grazie tante per la compagnia. Continuiamo a pregare per la pace in tutti questi giorni. Buona notte e buon riposo, e buona domenica domani». I canti sono stati eseguiti dalla Cappella Sistina diretta dal maestro Massimo Palombella e dal coro guida Mater Ecclesiae, guidato dal maestro Marcos Pavan. I ministranti che hanno prestato servizio liturgico sono stati dieci studenti del Pontificio Collegio Americano del Nord. Una cinquantina di sacerdoti erano a disposizione per le confessioni all’interno del braccio di Costantino e sotto i colonnati di destra e di sinistra della piazza. Tra i numerosi presenti, 33 cardinali, tra i quali Tarcisio Bertone, segretario di Stato; gli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, con i monsignori Peter Bryan Wells, assessore della Segreteria di Stato, e Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati. Numerosi i presuli e i prelati della Curia romana, fra i quali l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e i monsignori Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura, Alfred Xuereb e Fabián Pedacchio Leaniz. Tra le personalità presenti, il presidente della Camera dei deputati della Repubblica italiana, Laura Boldrini, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, e il direttore del nostro giornale. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 lunedì-martedì 9-10 settembre 2013 All’Angelus nuovo appello all’impegno No alla proliferazione e al commercio illegale delle armi Il Papa ha ribadito il suo no alla violenza «in tutte le sue forme», condannando con forza la proliferazione delle armi e il loro commercio illegale. Lo ha fatto all’Angelus recitato in piazza San Pietro domenica mattina, 8 settembre, all’indomani della veglia di preghiera per la pace. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Papa Francesco presiede la veglia in piazza San Pietro a conclusione della giornata di digiuno e di preghiera La guerra non è mai la via della pace La violenza e la guerra non sono «mai la via della pace». Lo ha riaffermato Papa Francesco nella meditazione pronunciata durante la veglia di preghiera di sabato sera, 7 settembre, in piazza San Pietro, a conclusione della giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria e nel mondo. «Dio vide che era cosa buona» (Gen 1, 12.18.21.25). Il racconto biblico dell’inizio della storia del mondo e dell’umanità ci parla di Dio che guarda alla creazione, quasi la contempla, e ripete: è cosa buona. Questo, carissimi fratelli e sorelle, ci fa entrare nel cuore di Dio e, proprio dall’intimo di Dio, riceviamo il suo messaggio. Possiamo chiederci: che significato ha questo messaggio? Che cosa dice questo messaggio a me, a te, a tutti noi? Ci dice semplicemente che questo nostro mondo nel cuore e nella mente di Dio è la “casa dell’armonia e della pace” ed è il luogo in cui tutti possono trovare il proprio posto e sentirsi “a casa”, perché è “cosa buona”. Tutto il creato forma un insieme armonioso, buono, ma soprattutto gli umani, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, sono un’unica famiglia, in cui le relazioni sono segnate da una fraternità reale non solo proclamata a parole: l’altro e l’altra sono il fratello e la sorella da amare, e la relazione con Dio, che è amore, fedeltà, bontà, si riflette su tutte le relazioni tra gli esseri umani e porta armonia all’intera creazione. Il mondo di Dio è un mondo in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro. Questa sera, nella riflessione, nel digiuno, nella preghiera, ognuno di noi, tutti pensiamo nel profondo di noi stessi: non è forse questo il mondo che io desidero? Non è forse questo il mondo che tutti portiamo nel cuore? Il mondo che vogliamo non è forse un mondo di armonia e di pace, in noi stessi, nei rapporti con gli altri, nelle famiglie, nelle città, nelle e tra le nazioni? E la vera libertà nella scelta delle strade da percorrere in questo mondo non è forse solo quella orientata al bene di tutti e guidata dall’amore? Ma domandiamoci adesso: è questo il mondo in cui viviamo? Il creato conserva la sua bellezza che ci riempie di stupore, rimane un’opera buona. Ma ci sono anche “la violenza, la divisione, lo scontro, la guerra”. Questo avviene quando l’uomo, vertice della creazione, lascia di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà e si chiude nel proprio egoismo. Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto. Esattamente questo è ciò che vuole farci capire il brano della Genesi in cui si narra il peccato dell’essere umano: l’uomo entra in conflitto con se stesso, si accorge di essere nudo e si na- sconde perché ha paura (Gen 3, 10), ha paura dello sguardo di Dio; accusa la donna, colei che è carne della sua carne (v. 12); rompe l’armonia con il creato, arriva ad alzare la mano contro il fratello per ucciderlo. Possiamo dire che dall’armonia si passa alla “disarmonia”? Possiamo dire questo: che dall’armonia si passa alla “disarmonia”? No, non esiste la “disarmonia”: o c’è armonia o si cade nel caos, dove è violenza, contesa, scontro, paura... Proprio in questo caos è quando Dio chiede alla coscienza dell’uomo: «D ov’è Abele tuo fratello?». E Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4, 9). Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra i fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello. Anche oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte! Dopo il caos del Diluvio, ha smesso di piovere, si vede l’arcobaleno e la colomba porta un ramo di ulivo. Penso anche oggi a quell’ulivo che i rappresentanti delle diverse religioni abbiamo piantato a Buenos Aires, in Plaza de Mayo, nel 2000, chiedendo che non ci sia più il caos, chiedendo che non ci sia più guerra, chiedendo pace. E a questo punto mi domando: È possibile percorrere la strada della pace? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: Sì, è possibile per tutti! Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: Sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le Nazioni, rispondesse: Sì, lo vogliamo! La mia fede cristiana mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani e i fratelli delle altre Religioni, lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità. Risuonino ancora una volta le parole di Paolo VI: «Non più gli uni contro gli altri, non più, mai!... non più la guerra, non più la guerra!» (Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965: AAS 57 [1965], 881). ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello — penso ai bambini: soltanto a quelli... — guarda al dolore del tuo fratello, e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con «La pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità» (Messaggio per Giornata Mondiale della pace 1976: AAS 67 [1975], 671). Fratelli e sorelle, perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo! Preghiamo, questa sera, per la riconciliazione e per la pace, lavoriamo per la riconciliazione e per la pace, e diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace. Così sia. Nel Vangelo di oggi Gesù insiste sulle condizioni per essere suoi discepoli: non anteporre nulla all’amore per Lui, portare la propria croce e seguirlo. Molta gente infatti si avvicinava a Gesù, voleva entrare tra i suoi seguaci; e questo accadeva specialmente dopo qualche segno prodigioso, che lo accreditava come il Messia, il Re d’Israele. Ma Gesù non vuole illudere nessuno. Lui sa bene che cosa lo attende a Gerusalemme, qual è la via che il Padre gli chiede di percorrere: è la via della croce, del sacrificio di se stesso per il perdono dei nostri peccati. Seguire Gesù non significa partecipare a un corteo trionfale! Significa condividere il suo amore misericordioso, entrare nella sua grande opera di misericordia per ogni uomo e per tutti gli uomini. L’opera di Gesù è proprio un’opera di misericordia, di perdono, di amore! È tanto misericordioso Gesù! E questo perdono universale, questa misericordia, passa attraverso la croce. Ma Gesù non vuole compiere questa opera da solo: vuole coinvolgere anche noi nella missione che il Padre gli ha affidato. Dopo la risurrezione dirà ai suoi discepoli: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi... A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (Gv 20, 21.22). Il discepolo di Gesù rinuncia a tutti i beni perché ha trovato in Lui il Bene più grande, nel quale ogni altro bene riceve il suo pieno valore e significato: i legami familiari, le altre relazioni, il lavoro, i beni culturali ed economici e così via... Il cristiano si distacca da tutto e ritrova tutto nella logica del Vangelo, la logica dell’amore e del servizio. Per spiegare questa esigenza, Gesù usa due parabole: quella della torre da costruire e quella del re che va alla guerra. Questa seconda parabola dice così: «Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere la pace» (Lc 14, 31-32). Qui Gesù non vuole affrontare il tema della guerra, è solo una parabola. Però, in questo momento in cui stiamo fortemente pregando per la pace, questa Parola del Signore ci tocca sul vivo, e in sostanza ci dice: c’è una guerra più profonda che dobbiamo combattere, tutti! È la decisione forte e coraggiosa di rinunciare al male e alle sue seduzioni e di scegliere il bene, pronti a pagare di persona: ecco il seguire Cristo, ecco il prendere la propria croce! Questa guerra profonda contro il male! A che serve fare guerre, tante guerre, se tu non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male? Non serve a niente! Non va... Questo comporta, tra l’altro, questa guerra contro il male com- porta dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve; dire no alla violenza in tutte le sue forme; dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Ce n’è tanto! Ce n’è tanto! E sempre rimane il dubbio: questa guerra di là, quest’altra di là — perché dappertutto ci sono guerre — è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale? Questi sono i nemici da combattere, uniti e con coerenza, non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune. Cari fratelli, oggi ricordiamo anche la Natività della Vergine Maria, festa particolarmente cara alle Chiese Orientali. E tutti noi, adesso, possiamo inviare un bel saluto a tutti i fratelli, sorelle, vescovi, monaci, monache delle Chiese Orientali, Ortodosse e Cattoliche: un bel saluto! Gesù è il sole, Maria è l’aurora che preannuncia il suo sorgere. Ieri sera abbiamo vegliato affidando alla sua intercessione la nostra preghiera per la pace nel mondo, specialmente in Siria e in tutto il Medio Oriente. La invochiamo ora come Regina della Pace. Regina della Pace prega per noi! Regina della Pace prega per noi! Al termine della preghiera mariana, prima dei saluti rivolti ai gruppi presenti, il Papa ha ringraziato tutti coloro che si sono uniti a lui in occasione della giornata di digiuno e di preghiera, e ha chiesto di proseguire nell’impegno per invocare da Dio il dono della pace. Vorrei ringraziare tutti coloro che, in diversi modi, hanno aderito alla veglia di preghiera e digiuno di ieri sera. Ringrazio tante persone che hanno unito l’offerta delle loro sofferenze. Ringrazio le autorità civili, come pure i membri di altre comunità cristiane o di altre religioni, e uomini e donne di buona volontà che hanno vissuto, in questa circostanza, momenti di preghiera, di digiuno, di riflessione. Ma l’impegno continua: andiamo avanti con la preghiera e con opere di pace! Vi invito a continuare a pregare perché cessi subito la violenza e la devastazione in Siria e si lavori con rinnovato impegno per una giusta soluzione al conflitto fratricida. Preghiamo anche per gli altri Paesi del Medio Oriente, particolarmente per il Libano, perché trovi la desiderata stabilità e continui ad essere modello di convivenza; per l’Iraq, perché la violenza settaria lasci il passo alla riconciliazione; e per il processo di pace tra Israeliani e Palestinesi, perché progredisca con decisione e coraggio. E preghiamo per l’Egitto, affinché tutti gli Egiziani, musulmani e cristiani, si impegnino a costruire insieme la società per il bene dell’intera popolazione. La ricerca della pace è lunga, e richiede pazienza e perseveranza! Andiamo avanti con la preghiera! Con gioia ricordo che ieri, a Rovigo, è stata proclamata Beata Maria Bolognesi, fedele laica di quella terra, nata nel 1924 e morta nel 1980. Spese tutta la sua vita al servizio degli altri, specialmente poveri e malati, sopportando grandi sofferenze in profonda unione con la passione di Cristo. Rendiamo grazie a Dio per questa testimone del Vangelo! Saluto con affetto tutti i pellegrini presenti, tutti! In particolare i fedeli del Patriarcato di Venezia, guidati dal Patriarca; gli Ex-allievi e le Ex-allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice; e i partecipanti alla “Campagna della Madonna Pellegrina di Schoenstatt”. Saluto i fedeli di Carcare, Bitonto, Sciacca, Nocera Superiore, e della diocesi di Acerra; la Compagnia delle Sorelle del Santo Rosario di Villa Pitignano; i giovani di Torano Nuovo, Martignano, Tencarola e Carmignano, e quelli venuti con le Sorelle della Misericordia di Verona. Saluto il Coro di San Giovanni Ilarione, le associazioni “Pace e Gioia” di Santa Vittoria d’Alba e “Calima” di Orzinuovi, e i donatori di sangue di Cimolais. A tutti auguro una buona domenica. Buon pranzo e arrivederci.