australopithecus afarensis - benvenuto nella terra iblea
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australopithecus afarensis - benvenuto nella terra iblea
AUSTRALOPITHECUS AFARENSIS PRIMO RITROVAMENTO - RICOSTRUZIONE DELL’ASPETTO – LUCY – PRIMA FAMIGLIA – EVOLUZIONE A MOSAICO – GLI EREDI – LA RIFT VALLEY PRIMO RITROVAMENTO SPECIE: australopithecus afarensis ETÀ: da 3,85 a 2,95 milioni di anni fa LOCALITÀ: Africa orientale (Kenya, Etiopia, Tanzania) Nel 1924 Raymond Dart (vedi foto), un antropologo sudamericano scopre, presso la località di Taung, in Sudafrica alcuni frammenti di cranio inclusi in una roccia. Erano: i resti dello scheletro di un ominide morto all'età di circa tre anni, che fu chiamato Bambino di Taung e ricevette la denominazione scientifica di Australopithecus africanus. Aveva un cervello simile a quello delle scimmie, ma la dentatura e la posizione eretta lo avvicinavano alla specie umana. La scoperta di Dart rappresentò una grande novità, perché spostò la sede originaria dell'umanità dall'Asia all'Africa. Questo spostamento sarebbe stato confermato dalle ulteriori ricerche: Questo ominide aveva lo scheletro facciale molto sviluppato, e prognatismo ridotto. Il cranio era privo della cresta frontale e di rilievi sopraccigliari tipici delle grandi scimmie antropomorfe. I denti canini e incisivi erano ridotti. TORNA RICOSTRUZIONE DELL’ASPETTO DELL’AUSTRALOPITHECUS AFARENSIS. Gli australopitecini avevano una capacità cranica media di circa 500cm cioè di poco più grande dell’attuale gorilla, ma la struttura del cervello era più simile a quella dell’uomo. Secondo Jay Matternes (specialista nel disegno dell’anatomia umana) la faccia dell’A. afarensis è protesa in avanti, ciò richiede una colonna vertebrale allungata ed un collo massiccio e muscoloso per sostenerla. Il passo successivo fu di disporre i muscoli che cominciano a dare alla testa la sua forma finale. La vista frontale, presenta l’occhio posizionato nell’orbita. La bocca è disegnata chiusa, con labbra che si incontrano appena sotto la linea degli incisivi superiori. La pelle dell’A. afarensis era scura e coperta da pelo piuttosto rado. TORNA LUCY. Nel 1974 fu scoperto in Etiopia uno scheletro completo per il 40 % di un Australopitecino di sesso femminile di circa 20 anni a cui fu dato il nome di LUCY. Lucy (clic per filmato) fu scoperta da una spedizione franco-americana guidata dai paleoantropologi Yves Coppens (vedi foto) e Donald C. Johanson. Le ossa vennero ritrovate, nella valle desertica degli Afar in Etiopia, a una sessantina di kilometri da Addis Abeba, e classificate come appartenenti a una giovane femmina vissuta più di tre milioni di anni fa. Dalla struttura dello scheletro si poteva facilmente Ricostruzione dello scheletro di Lucy. dedurre che essa era in grado di camminare in Museo di storia naturale di Cleveland posizione eretta. Lucy è il più completo fossile pre-Homo mai trovato, essendo costituito da più di 60 segmenti ossei, ma sfortunatamente si sa poco sulle dimensioni e sulla forma del cranio. Comunque, si può dedurre che Lucy avesse dimensioni scheletriche ridotte: alla morte, avvenuta ad accrescimento ultimato, era alta un metro e sessanta e pesava da 22 a 36 kg. I maschi dovevano avere dimensioni maggiori. Il nome di Lucy fu ispirato da una canzone dei Beatles molto in voga a quel tempo: "Lucy in the Sky with Diamonds" (clic per filmato) che i ricercatori ascoltavano di frequente alla radio durante le operazioni di scavo. TORNA PRIMA FAMIFLIA DI AUSTRALOPITHECUS. L'anno successivo al ritrovamento di Lucy, la spedizione guidata da Donald Johanson fece un'altra scoperta sensazionale. Sul fianco eroso di una collina furono individuati i resti di un gruppo di individui che molto probabilmente morirono tutti insieme in seguito ad una catastrofe naturale, forse un'inondazione. Furono recuperati centinaia di denti e di frammenti ossei, appartenenti ad almeno tredici individui (di cui quattro bambini) che qualcuno pietosamente battezzò "Prima famiglia". Si trattava di semplari con caratteristiche simili a quelle di Lucy. A tutti questi Ominidi venne alla fine assegnato il nome scientifico di ustralopithecus afarensis (da Afar, il deserto etiopico in cui fu ritrovata Lucy). TORNA EVOLUZIONE A MOSAICO. Il cranio di Lucy ha suscitato, fra alcuni scienziati, alcune perplessità: era troppo piccolo e primitivo, rispetto alla modernità del resto dello scheletro. Ciò dimostra che si può essere diventati intelligenti dopo essere diventati uomini; ovvero scimmie bipedi. È quella che i tecnici chiamano “evoluzione a mosaico”, per cui le varie parti dell’organismo si evolvono secondo ritmi differenti, fino a “comporre” la nuova specie solo alla fine della storia. L'esame del famoso resto scheletrico denominato Lucy ha consentito di verificare come l'evoluzione dei primi ominidi sia stata a mosaico, alternando cioè in tempi diversi l'evoluzione degli arti e dell'apparato cranio mandibolare. Questa evoluzione è durata circa 1 milione di anni, durante il quale gli ominidi hanno mantenuto la capacità arrampicatoria e l'alluce prensile. TORNA GLI EREDI DELL’AUSTRALOPITHECUS AFARENSIS. Recenti ritrovamenti fanno supporre che, circa 3 milioni di anni fa dopo la comparsa dell'Australopitecus Afarensis da questo si siano sviluppate due diverse linee evolutive adatte alla vita nella savana, e con caratteristiche differenti. La prima si orientò verso uno sviluppo della potenza dei denti masticatori laterali e delle strutture ossee ad essi collegata. La seconda linea fu caratterizzata da una diminuzione della potenza masticatoria dei denti laterali, conseguentemente vi fu l'aumento della capacità cranica, lo sviluppo delle capacità di utilizzo di utensili più elaborati ed un'introduzione maggiore di carne nell'alimentazione. La forma più antica della prima linea risale a 2,5 milioni di anni ed è stata ritrovata in Africa orientale. TORNA LA CULLA DELL'UMANITÀ: LA RIFT VALLEY. Il sistema di rift valley africane rappresenta un ambiente unico per comprendere l’origine e l’evoluzione dell’uomo; per le importanti scoperte paleoantropologiche in Etiopia, Kenya, Tanzania, Uganda, Zaire. La rift valley è infatti considerata la culla dell’umanità, ossia il luogo in cui si è evoluta e diversificata la nostra specie negli ultimi milioni di anni. L’associazione tra ritrovamenti paleoantropologici e rift valley africane non è casuale, dal momento che l’attività vulcanica e tettonica responsabile della formazione di queste depressioni tettoniche e la contemporanea sedimentazione hanno creato condizioni ideali per la proliferazione della vita. In parallelo, colate di lava, sedimenti vulcanoclastici e ceneri vulcaniche hanno coperto rapidamente i resti animali e vegetali permettendo così la preservazione dei fossili. Alla rift valley etiope, ed in particolare alla depressione dell’Afar, sono associati moltissimi ritrovamenti di fossili di ominidi, che fanno pensare che questa area abbia rappresentato una zona cruciale per il processo di ominazione negli ultimi milioni di anni. Siti paleoantropologici in etiopia Alcune località rivestono un’importanza unica nelle ricerche antropologiche: basti pensare, ad esempio, alla media valle dell’Awash i cui resti fossili testimoniano l’intera storia evolutiva degli ominidi, da 6 milioni di anni ad oggi. TORNA Fossili provenienti dalla media valle dell’Awash