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Pietro Giuntini, testimone della strage di Sant'Anna di Stazzema Mercoledì' scorso (25 gennaio) è morto all'età di 86 anni Pietro Giuntini, uno degli ultimi sopravvissuti della strage di Sant'Anna di Stazzema. A differenza di altri sopravvissuti, Pietro aveva iniziato a parlare molto tardi della sua esperienza a Sant'Anna. La sua testimonianza aveva un valore storico eccezionale perché egli è stato (insieme a suo padre Sisto Giuntini) l'unico, dalla parte delle potenziali vittime, ad aver osservato da vicino la strage della piazza della chiesa, l'eccidio più drammatico che ha colpito il paesino della Apuane (sulla piazza ci furono 150 vittime tra cui molti bambini, alcuni dei quali bruciati vivi dai nazifascisti). In particolare Pietro aveva assistito, dalla distanza di pochi metri, al momento in cui dinanzi alla porta della chiesa venne abbattuto da una raffica di mitra don Innocenzo Lazzeri, l'eroico e amato pievano di Farnocchia che si era trovato a Sant'Anna quel giorno per una tragica fatalità. Secondo il racconto di Pietro don Innocenzo fu tra i primi a essere colpito, mentre benediceva e si sforzava di confortare le persone radunate sulla piazza dalla violenza delle SS e dei fascisti, soprattutto toscani, che parteciparono alla strage. Nonostante l'importanza della testimonianza di Pietro, e nonostante un libro in cui sulla base del suo racconto viene ricostruito in modo dettagliato l'eccidio di Sant'Anna ("A Sant'Anna di Stazzema, la storia di Pietro testimone per caso della strage nazifascista", Pisa 2014), Pietro è stato tenuto allo scarto dai cosiddetti custodi ufficiali della memoria di Sant'Anna e da alcuni politici, che di questa memoria fanno un uso strumentale. Pietro era un vero versiliese geniale. Era un muratore molto bravo e generoso (ha restaurato senza compenso la chiesa del paese in cui era nato, Santa Lucia di Camaiore). Ha lavorato per molti anni all'estero, ha fatto anche la circumnavigazione del globo su un peschereccio d'altura, è stato pilota di auto da corsa, era radioamatore (si era costruito da solo l'apparato di rice-trasmissione), aveva attitudini di artista (suonava la chitarra e dipingeva). Da tempo Pietro viveva in solitudine a San Macario a Monte, ma alcuni amici (soprattutto i membri della famiglia Gianni e il suo medico Francesco Pellegrini) gli sono stati vicini nei momenti difficili. E' morto a Novara assistito dalla famiglia di sua sorella Iride, che lo aveva portato con sé circa un mese fa quando si era accorta che Pietro non era più in grado di vivere da solo. Negli ultimi anni il suo equilibrio vitale dipendeva dalla possibilità che, con la sua piccola Ape Piaggio rossa (la sua Ferrari com'egli diceva), potesse recarsi, dalla casa isolata sulla collina di San Macario, giù in pianura, dove in uno dei caffè sulla Via Sarzanese, circondato dall'affetto degli avventori, prendeva invariabilmente un caffè corretto e un gelato, e poi fumava una sigaretta (a dispetto dei ripetuti divieti medici). Due immagini di Pietro giovane che fanno riferimento a due delle sue passioni: la pittura e le auto. Pietro in una foto dal video in cui, il 9 settembre, 2012, per la prima volta Pietro ha raccontato a me e ad altri amici, tra cui Paolo Buchignani, docente di storia contemporanea, la sua testimonianza, seduto sul muretto di Sant'Anna di Stazzema, proprio il luogo dove aveva assistito tanti anni prima alla strage, salvandosi fortunosamente insieme con il padre Sisto. In un'altra foto Pietro racconta la sua esperienza il 2 giugno 2013, nel corso di una cerimonia tenuta all'Ossario di Sant'Anna di Stazzema La Ape Piaggio, l'ultima "Ferrari" rossa che ha consolato Pietro nella sua vecchiaia solitaria permettendogli di raggiungere il Bar della Sarzanese dove si svolgeva sua "vita sociale" nei suoi ultimi anni di vita. Marco Piccolino