Prima ipotesi di Indicatori di sostenibilità per la provincia di Piacenza.

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Prima ipotesi di Indicatori di sostenibilità per la provincia di Piacenza.
Amministrazione Provinciale di Piacenza - Area Programmazione territoriale – Infrastrutture – Ambiente
SPTU - Servizio Programmazione Territoriale e Urbanistica
Via Garibaldi 50, 29100 – PIACENZA, tel. 0523/7951
Prima ipotesi di Indicatori di sostenibilità per la provincia di
Piacenza.
P. Lega
Rapporto interno n. 03/03
Marzo 2003
1. Premessa.
Gli indicatori sono algoritmi ad una o più variabili che hanno lo scopo di descrivere con il proprio valore
numerico lo stato di un sistema più o meno complesso; l’utilizzo di un indicatore o di un insieme di indicatori soddisfa
l’esigenza di disporre di una visione sintetica del sistema, in un certo istante o nel corso di un monitoraggio continuo nel
tempo. Gli indicatori dunque permettono di quantificare l’informazione e di semplificarla in una sintesi efficace,
facilitando la comunicazione e l’assunzione di decisioni. Ogni indicatore può utilizzare più variabili, così come un
indicatore aggregato può utilizzare più indicatori multifattoriali. L’utilità di giungere ad una valutazione sintetica dello
stato del sistema socio economico è invero tuttora oggetto di discussione, tra chi ritiene la sintesi ( e in particolare l’uso
di indicatori sintetici o aggregati) efficace e comunicativa, e chi la ritiene una drammatica perdita di informazione:
anche la ricerca sugli indicatori risente ovviamente di questa ambivalenza.
La sostenibilità non è facilmente misurabile: non si presenta infatti come un fenomeno naturale, descrivibile da
una serie di indicatori ambientali; si tratta invece di un bilancio complesso tra l’insieme dei flussi e dei consumi di
risorse, in atto o programmati, all’interno di un dato contesto socio economico, e i tassi di riproduzione delle stesse
risorse, valutato anche alla luce dei fabbisogni attualizzati delle generazioni future. La relativa novità del concetto di
sostenibilità e la complessità di questo bilancio ha fatto sì che non esista ancora un accordo a livello internazionale sui
suoi indicatori, sui criteri di misurazione e sulle unità di misura.
La ricerca internazionale sugli indicatori dello sviluppo ha intrapreso una strada particolare negli ultimi 15 anni,
da quando cioè nel 1987 la Commissione dell’ONU sullo Sviluppo e l’Ambiente ha prodotto il famoso “Rapporto
Bruntland” (Our Common Future) che ha preconizzato il concetto di “sviluppo sostenibile”; da allora, seguendo le tappe
verso la Conferenza di Rio del 1992 fino a quella di Johannesburg del 2002, le iniziative si sono moltiplicate e
diversificate, con l’intento comune di trovare una alternativa all’uso dei vecchi indicatori macroeconomici (e in
particolare il PIL), che rendesse conto della complessità economico-ambientale-sociale della sostenibilità dello
sviluppo; all’interno di questa proliferazione permangono comunque profonde diversità di concezione dei termini stessi
di partenza: sia quindi del concetto di sviluppo (quantitativo o non, economico, sociale, a volte contrapposto a crescita,
ecc.), sia del concetto di sostenibilità (ambientale, globale, legato ai fabbisogni delle generazioni future, o piuttosto agli
stock globali di risorse materiali e biologiche, ecc.).
Ogni soggetto che ha elaborato set di indicatori li ha poi suddivisi o classificati in funzione dell’utilizzo
prospettato: vi sono così classificazioni per matrici (acqua, aria, suolo, ecc.) o per temi (agricoltura, trasporti, energia,
ecc.), per categorie secondo Agenda 21 (società, economia, ambiente, istituzioni), per modalità di utilizzo (indicatori
descrittivi, prestazionali, di efficacia, ecc.), o per segmento di un dato modello concettuale (modello PSR pressionestato-risposta, modello DPSIR determinante-pressione-stato-impatto-risposta, ecc.).
Gli indicatori dello sviluppo, semplici ed aggregati, comunque classificati, ideati in questi 15 anni da soggetti
pubblici e privati, nazionali e sovranazionali, sono diventati così diverse centinaia, anche se in moltissimi casi tra di loro
assai simili: la nostra scelta si è dovuta quindi forzatamente restringere, per conservare una omogeneità di ispirazione, ai
set di indicatori che sono stati sviluppati attorno al percorso di Agenda 21 in ambito ONU, CE ed Italia.
I set di indicatori da cui siamo partiti per ipotizzare una scelta adatta al contesto territoriale piacentino, sono
dunque stati: 1) gli Indicatori di Sviluppo Sostenibile messi a punto dalla Commissione sullo Sviluppo Sostenibile
(CSD) dell’ONU: 134 indicatori suddivisi nelle 4 categorie di Agenda 21 (sociale, ambientale, economico, istituzionale)
ed ulteriormente suddivisi in un modello DSR (driving forces – state – response); di questi, i 62 principali sono
ampiamente descritti nel manuale “Linee guida e metodologie” dell’UNCSD; 2) gli indicatori ambientali dell’Agenzia
Ambientale Europea (EEA), 107 indicatori suddivisi in 12 temi ambientali, nonché ulteriormente presentati in un
modello DPSIR (driving – pressure – state – impact – response); ogni indicatore è presentato e calcolato per i 15 paesi
europei in una scheda (factory sheet); 3) gli Indicatori di Pressione Ambientale di Eurostat, l’agenzia statistica della CE;
sono 48 indicatori ambientali suddivisi in 8 temi principali; oltre a questi indicatori ambientali, Eurostat aggiorna
sistematicamente un set di Indicatori Strutturali relativi all’insieme del sistema economico – sociale - ambientale,
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suddivisi in 6 categorie di cui una è quella ambientale, che vengono popolati annualmente per i 15 Stati membri; 4) gli
indicatori ambientali dell’OECD (OCSE): sono circa 50 indicatori suddivisi nei segmenti del modello PSR, che
riguardano tutte le matrici e i temi ambientali; di questi sono stati scelti 10 “indicatori chiave”, quasi tutti indicatori di
pressione (secondo il modello PSR); l’OECD ha elaborato inoltre diversi set di indicatori economici, sociali, culturali,
ecc., ed ha analizzato i più diffusi indicatori aggregati di sviluppo; 5) gli Indicatori Comuni Europei (ECI) elaborati
nell’ambito della “Campagna Europea delle Città Sostenibili” lanciata ad Aalborg nel 1994 con la “Carta di Aalborg” e
poi sviluppata nelle conferenze di Lisbona (1996) e di Hannover (2000) in cui sono stati presentati gli ECI; si tratta di
10 indicatori essenziali, di cui 5 principali e 5 opzionali, che riguardano l’insieme delle categorie dell’Agenda 21; sono
più propriamente rivolti alla misura della sostenibilità degli ambienti urbani; a Gennaio 2003 avevano aderito alla
Campagna 131 Enti Locali europei, di cui però solo 25 avevano compilato gli indicatori.
Oltre a questi set di riferimento di indicatori di base, sempre in ambito ONU e CE si è lavorato attorno ad
indicatori aggregati di sostenibilità, adottati per lo più a livello mondiale e nazionale: occorre ricordare in particolare
l’HDI (Human Development Index) promosso dall’UNDP assieme ad una molteplicità di altri indici composti ricavati
per lo più dal set dell’UNCSD, e popolati nei “Rapporti sullo Sviluppo Umano” per tutti i paesi del mondo (4). Anche
l’UNEP da parte sua ha messo a punto indicatori aggregati, più orientati alla sostenibilità ambientale (GHG,
Greenhouse Gas Emissions Index) (14); alcuni di questi indicatori aggregati potranno essere aggiunti alla nostra
proposta in seguito.
Anche in Italia le iniziative si sono moltiplicate nel corso degli ultimi 10 anni, coerentemente con il quadro
internazionale ed europeo; già nella Delibera CIPE 28.12.1993 (il primo Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile) il
Governo individuava 6 ambiti tematici e i relativi indicatori da monitorare per garantire la sostenibilità dello sviluppo
nazionale; negli anni successivi l’ANPA (ora APAT) tramite il proprio Centro Tematico Nazionale Conservazione della
Natura ha svolto un approfondito lavoro di messa a punto di un set di indicatori ambientali per il monitoraggio della
sostenibilità dello sviluppo, che ha portato ad una selezione di circa 200 indicatori scelti fra gli schemi dell’OECD,
dell’Eurostat e dell’EEA (8); il set dell’ANPA costituisce una ottima base di partenza per l’Italia. Infine con la Delibera
CIPE 57/2002 il Governo ha approvato la Strategia di Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile in Italia,
aggiornamento del Piano del 93 (9). Nell’Allegato alla Delibera sono individuati 18 temi suddivisi in 4 ambiti principali
(clima e atmosfera, natura e biodiversità, ambiente urbano, rifiuti), per ognuno dei quali viene proposto un numero
diverso di indicatori ed il relativo obiettivo quantitativo al 2012, per un totale di 146 indicatori ambientali (15).
Molte altre iniziative parallele sono poi state sviluppate nell’ambito privato, da Istituti, Associazioni e ONG: il
benchmarking Ecosistema Urbano di Ist. Ambiente Italia e Legambiente (11), gli indicatori di sostenibilità dell’ISSI,
diverse iniziative universitarie (l’Emergia a Pisa, l’Indice di Naturalità e l’Indice di Qualità del Territorio Urbano a
Torino…), ecc.
Negli ultimi due anni inoltre si è sviluppata una notevole attenzione anche tra gli Enti Locali per l’elaborazione
di due nuovi indicatori aggregati di sostenibilità, quali l’Impronta Ecologica (Ecological Footprint), ideata inizialmente
da M. Wackernagel e W. Rees dell’Università di Vancouver, fatta propria dall’IISD e poi diffusasi rapidamente in tutti i
paesi OECD e ora in procinto di adozione anche da parte della Campagna Europea Città Sostenibili (11); e il Cruscotto
della Sostenibilità (Sustainability Dashboard), ideato inizialmente dal JRC (Centro Comunitario di Ricerca di Ispra)
(12), diffuso dal CGSD dell’IISD, ed anch’esso ampiamente adottato.
Infine nell’ambito della Regione Emilia Romagna, sia la Regione stessa (Ass. Agricoltura e Ambiente, Ass.
Programmazione Territoriale), sia l’ARPA (Rimini, Reggio Emilia, Piacenza), sia diversi Enti Locali (Province,
Comuni) hanno elaborato ricerche e calcoli degli indicatori di sostenibilità, e in particolare di diversi indici aggregati e
dell’Impronta Ecologica, anche con la consulenza di Istituti Universitari (Politecnico di Torino, Fac. Scienze
Ambientali di Parma, Fac. Scienze Ambientali di Ravenna, ecc.);
2. Gli Indicatori dell’UNCSD.
L’adozione di Indicatori sullo Sviluppo Sostenibile è stato un preciso impegno del Capitolo 40 di Agenda 21
(Rio 1992) dedicato alla disponibilità di informazioni per i decisori (decision-making); in quel contesto veniva
evidenziata la necessità di superare il contesto dei classici indicatori economici (PIL, GNP) ed ambientali (Flussi di
inquinamento) e giungere alla definizione di specifici indicatori dedicati a descrivere il carattere di sostenibilità dello
sviluppo, da rendere universalmente accettati e da utilizzare assieme ad un miglioramento generale della disponibilità e
della qualità dei dati. Come parte dell’implementazione del Work Program on Indicators of Sustainable Development
(ISDs) adottato dalla Commissione sullo Sviluppo Sostenibile dell’ONU (CSD) alla sua terza sessione nell’Aprile 1995,
è stata messa a punto una lista di lavoro di 134 indicatori con le relative schede metodologiche, messa poi a
disposizione per il test volontario a livello nazionale ai paesi di tutte le regioni del globo. Lo scopo della CSD
relativamente all’ISDs era quello di avere un valido set di indicatori da rendere operativo in tutti i paesi a partire dal
2001.
Gli indicatori UNCSD sono stati divisi nelle 4 categorie di Agenda 21, e per ognuna di queste in una serie di
temi principali che sono:
1. Sociale (equità, salute, educazione, abitazione, sicurezza, popolazione)
2. Ambientale (atmosfera, suolo, mari e coste, acqua potabile, biodiversità)
3. Economica (struttura economica, sistema di produzione e consumo)
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4. Istituzionale (quadro istituzionale, capacità istituzionale)
Ogni tema principale è a sua volta suddiviso in sottotemi, per ognuno dei quali viene proposta una serie di
indicatori; un esempio per il primo tema (Equità) della categoria Sociale, si distinguono 2 sottotemi: 1) Povertà
(Indicatori: Percentuale di popolazione che vive sotto il livello di povertà, Indice di Gini della diseguaglianza di reddito,
Tasso di disoccupazione), e 2) Eguaglianza di genere (Indicatori: Rapporto tra il salario medio maschile e femminile).
Ogni indicatore ha una scheda tecnico - gestionale nel manuale sulle Linee Guida e le Metodologie (3), in cui si
trovano definizione, unità di misura, classificazione, rilevanza politica, descrizione della metodologia, valutazione dei
dati, Agenzie coinvolte nello sviluppo dell’indicatore, riferimenti bibliografici.
Pur presentando diversi indicatori più adatti ad offrire confronti internazionali tra paesi ricchi e paesi poveri,
piuttosto che confronti tra territori contigui a scala locale, il set di indicatori dell’UNCSD deve essere probabilmente
considerato quello relativo all’intero sistema economico sociale più organico e completo, le cui categorie e i cui temi
rispecchiano appieno l’impostazione di Agenda 21 su scala planetaria.
3. Gli Indicatori Ambientali dell’EEA.
L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) ha messo a punto un set di 107 Indicatori Ambientali con lo scopo di
facilitare, semplificare e standardizzare la comunicazione ambientale verso i decision - maker, pubblici e privati; gli
indicatori dovrebbero così servire a fornire informazioni, a supportare lo sviluppo delle strategie e la scelta delle
priorità, individuando i fattori chiave che causano pressione sull’ambiente, e a monitorare gli effetti di ritorno delle
strategie.
Per classificare il proprio set di indicatori, l’EEA utilizza sia uno
schema concettuale che una suddivisione tematica. Lo schema concettuale è
il DPSIR (driving forces – pressure – state – impact – response), una
rielaborazione dello schema PSR (pressure – state – response) proposto e
adottato dall’OECD; secondo questo schema, lo sviluppo sociale ed
economico esercita una pressione sull’ambiente che, conseguentemente,
cambia ad es. nelle condizioni per garantire il proprio stato di salute, la
giusta disponibilità di risorse o la biodiversità. Infine, questo porta ad un
impatto sulla salute umana, sugli ecosistemi e sui materiali, che possono
richiedere una risposta da parte delle autorità pubbliche, che a sua volta retroagisce sui determinanti o direttamente sugli
stati o sugli impatti, attraverso una azione di reciproco adattamento. Basandosi su questo schema, l’EEA ha ritenuto che
gli indicatori ambientali debbano riflettere tutta la catena causale che lega le attività umane ai loro impatti ambientali e
alle conseguenti risposte politiche. Gli indicatori che si riferiscono singolarmente ad uno degli elementi dello schema
DPSIR sono anche chiamati indicatori “descrittivi”, che cioè rispondono alla domanda “che cosa sta accadendo
all’ambiente e all’uomo?”; ci sono pertanto indicatori descrittivi dei determinanti, indicatori descrittivi di pressione, di
stato, di impatto e di risposta. Nel campo della qualità dell’aria relativa al traffico urbano ad es. un indicatore descrittivo
dei determinanti può essere il numero di automobili circolanti; un indicatore di pressione è l’emissione totale di NOx
dai veicoli circolanti, un indicatore di stato è la concentrazione di NOx in aria nell’ambiente urbano, un indicatore di
impatto può essere la frequenza di ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie, un indicatore di risposta è il numero di
giorni con provvedimenti restrittivi del traffico urbano. Ovviamente la risposta dovrebbe in seguito retroagire su
determinanti, pressioni e stati e migliorare conseguentemente gli impatti.
La suddivisione tematica degli indicatori ambientali dell’EEA segue questo catalogo:
1. Agricoltura
2. Qualità dell’aria
3. Cambiamenti climatici
4. Coste e mari
5. Energia
6. Abitazioni
7. Natura
8. Suolo
9. Turismo
10. Trasporti
11. Rifiuti
12. Acqua.
Ogni indicatore è descritto da una scheda che illustra la metodologia, riporta il calcolo dell’indicatore per tutta la
CE agli estremi dell’ultimo decennio e le variazioni nel decennio per ogni paese della CE; i dati sono presentati in
forma tabellare e grafica; è riportata la descrizione della sorgente dei dati e una valutazione della loro affidabilità e
rappresentatività.
4. Gli Indicatori di Pressione Ambientale di Eurostat.
Eurostat è l’agenzia statistica della Commissione Europea e si occupa della gestione dei database economicosociali della Comunità e delle attività di studio e di reporting.
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Eurostat ha messo a punto e tiene popolati diversi set di indicatori in tutti i settori economico – sociali –
ambientali della Comunità; tra quelli che ci riguardano più da vicino, ci sono gli “Indicatori di pressione ambientale” e
gli “Indicatori Strutturali”. Gli Indicatori di pressione ambientale sono 48, suddivisi in 9 settori politici con 5 –6
indicatori ciascuno:
1. Consumo delle risorse
2. Rifiuti
3. Dispersione di sostanze tossiche
4. Inquinamento dell’acqua
5. Ambiente marino e zone costiere
6. Cambiamenti climatici
7. Inquinamento dell’aria
8. Riduzione dell’Ozono
9. Problemi dell’ambiente urbano
In ogni settore sono presenti indicatori di pressione, stato e risposta; ogni indicatore è documentato e calcolato
per i paesi della CE.
Gli Indicatori Strutturali sono invece una selezione di Indicatori relativi ai diversi aspetti del sistema economico
– sociale – ambientale, e individuano un quadro più generale dello sviluppo, più vicino al quadro descritto da Agenda
21; negli aspetti economici e sociali infatti compaiono molti indicatori descrittivi dell’UNCSD:
1. Base generale dell’economia
2. Occupazione
3. Innovazione e ricerca
4. Nuova economia
5. Coesione sociale
6. Ambiente
Per ogni aspetto sono definiti da 15 a 25 indicatori.
Per la Coesione Sociale gli Indicatori riguardano la diseguaglianza di reddito, la popolazione sotto il livello di
povertà e a persistente rischio di povertà, la dispersione dei tassi di occupazione regionale, l’abbandono scolastico, il
tasso di disoccupazione a lungo termine, la popolazione nelle famiglie prive di lavoro.
Per l’Ambiente gli indicatori riguardano: emissioni di gas serra (assolute, percentuali, variazioni), i trasporti
(merci, passeggeri, in rapporto al GDP, modalità di trasporto merci e passeggeri), la qualità dell’aria urbana
(popolazione esposta all’ozono e al PM10 fuori limiti), i rifiuti urbani (rsu per persona raccolti, in discarica, inceneriti),
l’energia (frazione di elettricità da rinnovabili), la protezione delle risorse naturali (aree protette secondo le Direttive
Habitat e Birds).
5. Gli Indicatori Ambientali dell’OECD.
L’OECD (OCSE) ha pubblicato una analisi delle caratteristiche dello sviluppo dei paesi aderenti
all’Organizzazione, basata su di un set di 34 indicatori ambientali e socio economici, anch’essi finalizzati a descrivere la
sostenibilità dello sviluppo; si tratta di indicatori descrittivi, relativi a fattori di pressione, di stato e di risposta. Gli
indicatori ambientali sono suddivisi in 9 temi, per ognuno dei quali sono individuati almeno 2 indicatori:
1. Cambiamenti climatici (emissioni CO2, concentrazione gas serra)
2. Riduzione dell’Ozono (emissioni ODS, stato dell’Ozono stratosferico)
3. Qualità dell’aria (livello delle emissioni, concentrazioni degli inquinanti urbani)
4. Rifiuti (prodotti e riciclati)
5. Qualità dell’acqua (qualità dei fiumi, trattamento dei reflui)
6. Risorse idriche (intensità d’uso, fornitura pubblica e prezzi)
7. Pesca (volumi e consumo di pescato, nazionale e regionale)
8. Biodiversità (specie minacciate, aree protette)
Gli indicatori socio economici sono suddivisi in 6 temi, per ognuno dei quali vengono individuati da 2 a 4
indicatori:
1. Prodotto nazionale lordo e popolazione (GDP, crescita e densità di popolazione)
2. Consumi (privati e pubblici)
3. Energia (intensità energetica, composizione fonti e usi, prezzi)
4. Trasporti (densità di veicoli e traffico, densità di infrastrutture, prezzi e tasse dei combustibili)
5. Agricoltura (uso di fertilizzanti, bilancio dell’azoto, densità zootecnica, uso di pesticidi)
6. Spesa pubblica (spesa per il controllo dell’inquinamento, assistenza allo sviluppo)
E’ evidente la maggiore attenzione dell’OECD agli aspetti legati al mercato (prezzi) e la minore attenzione agli
aspetti più propriamente sociali (coesione sociale, diseguaglianze, ecc.). L’OECD inoltre ha selezionato fra questi un
“core set” di 10 indicatori ambientali chiave (emersi dalla Conferenza di Roma, Dicembre 1999), scelti per facilitare il
processo decisionale politico, con il criterio della rilevanza politica soprattutto in riferimento ai problemi
dell’inquinamento e delle risorse naturali, e della loro facile misurabilità per tutti i paesi dell’Organizzazione. I 10
indicatori chiave sono:
1. Emissioni di CO2 (Cambiamenti climatici)
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2. Indice di consumo di ODS (Riduzione Ozono)
3. Emissioni di Sox e NOx (Qualità dell’aria)
4. Produzione di RSU (Rifiuti)
5. Allacciamento a depuratori (Risorse idriche)
6. Uso di acqua (Risorse idriche)
7. Intensità d’uso delle risorse forestali (Foreste)
8. Intensità d’uso delle riserve ittiche (Pesca)
9. Intensità energetica (Energia)
10. Specie minacciate (Biodiversità)
Ogni indicatore chiave è documentato e calcolato per ognuno dei paesi dell’Organizzazione; ove possibile sono
calcolati i valori procapite, i valori per unità di GDP, il trend tra il 1980 e il 2000.
6. Gli Indicatori Comuni Europei (ECI).
Gli ECI nascono da una iniziativa congiunta della CE – DG Ambiente, della EEA e del Gruppo di Esperti
sull’ambiente urbano costituito nel 1991 dalla CE. Dopo un lungo percorso maturato attraverso la Conferenza di
Aalborg del 1994, la Conferenza di Lisbona del 1996, gli indicatori sono stati lanciati ufficialmente alla Conferenza di
Hannover delle Città Sostenibili nel 2000. L’iniziativa di monitoraggio ha lo scopo di offrire un sostegno agli enti locali
impegnati a conseguire un modello sostenibile di sviluppo e a fornire informazioni obiettive e comparabili circa i
progressi fatti in materia di sostenibilità in tutta Europa. Poiché inoltre gli indicatori devono poter descrivere i progressi,
più che lo stato, della sostenibilità dello sviluppo, devono basarsi su di un insieme di informazioni facilmente
aggiornabili nel corso degli anni. Gli ECI, nati all’interno della Campagna Europea delle Città Sostenibili, sono
maggiormente orientati alla dimensione urbana, ma possono essere applicati anche a piccoli centri e al territorio nel suo
insieme. Gli indicatori sono 10, di cui 5 ritenuti principali o obbligatori, e 5 aggiuntivi o facoltativi:
Indicatori principali:
1. Soddisfazione dei cittadini rispetto alla comunità locale
2. Contributo locale al cambiamento climatico globale (Emissioni di CO2)
3. Mobilità locale e trasporto passeggeri
4. Disponibilità di aree verdi e servizi locali per i cittadini
5. Qualità dell’aria esterna a livello locale
Indicatori aggiuntivi:
6. Spostamenti degli scolari verso e dalla scuola
7. Gestione sostenibile degli enti locali e delle imprese locali
8. Inquinamento acustico
9. Uso sostenibile del territorio
10. Prodotti che promuovono la sostenibilità
Ogni indicatore è adeguatamente documentato in un manuale metodologico della CE; si sta attualmente
predisponendo un metodo standardizzato per il calcolo dell’impronta ecologica (EF) come 11° indicatore o in
sostituzione dell’indicatore 2. Alcuni degli ECI richiedono l’esecuzione di indagini ad hoc, ma esistono già esperienze
di indagini condotte da Comuni o Province per la stima di più indicatori contemporaneamente. A Febbraio 2003
avevano aderito alla Campagna Europea delle Città Sostenibili 46 Enti Locali italiani, di cui 6 nella Regione Emilia
Romagna; tuttavia gli Enti che hanno effettivamente avviato il calcolo degli ECI sono molto meno numerosi.
7. Le iniziative italiane.
Tra le istituzioni pubbliche che hanno proposto quadri organici di riferimento per l’utilizzo di indicatori di
sviluppo sostenibile nel nostro paese, vanno considerate innanzitutto l’ANPA (APAT) e il Ministero dell’Ambiente, che
si è espresso attraverso la Delibera CIPE cit.; entrambi i quadri di riferimento sono relativi alla sola dimensione
ambientale dello sviluppo, e in questo contesto offrono una analisi assai dettagliata.
L’ANPA ha messo a punto nel 2000 una selezione di indicatori ambientali per i temi relativi alla biosfera (8), ad
opera del Centro Tematico Nazionale “Conservazione della natura”, cui partecipa anche ARPA Emilia Romagna;
l’analisi comprende sia i sistemi naturali e seminaturali del territorio, sia le zone più densamente antropizzate, fonti
prevalenti di pressioni e impatti; la prospettiva attraverso cui i tematismi sono letti è quella della biodiversità, intesa
come ricchezza del patrimonio ecosistemico e quindi come chiave di lettura trasversale a tutte le tematiche. A partire da
una lista aggiornata di 334 possibili indicatori, si è infine arrivati ad una selezione di 194, suddivisi in 6 temi e 10
sottotemi, che sono:
1. T12: Biodiversità
2. T13: Cambi climatici
3. T14: Zone protette e umide
4. T15: Foreste, agricoltura, pesca, turismo, caccia
5. T16: Paesaggio
6. T17: Degradazione del suolo e desertificazione
Per ognuno dei 10 sottotemi gli indicatori sono suddivisi secondo lo schema concettuale DPSIR, in modo da
avere indicatori descrittivi per ogni segmento dello schema; nel rapporto CTN-CON vengono poi documentati con
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apposite schede di metadati 111 indicatori dei 194 selezionati, corrispondenti in linea di massima a quelli di migliore
calcolabilità.
La “Strategia di Azione Ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia” del Ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio prende le mosse dalle finalità indicate dal VI Programma di Azione Ambientale dell’UE (Settembre
2002), approvato quasi in concomitanza della Delibera CIPE 57/2002: il VI Programma (Environment 2010: Our
Future, Our Choice) individua come prioritarie quattro aree di intervento politico: 1) cambiamenti climatici e tutela del
clima globale; 2) natura e biodiversità; 3) ambiente e salute; 4) risorse naturali e rifiuti.
Con la propria Strategia di Azione Ambientale, il Ministero dell’Ambiente intende favorire l’applicazione della
legislazione di protezione ambientale, l’integrazione del fattore ambientale in tutte le politiche di settore, anche
attraverso la più diffusa implementazione di VIA e VAS, e l’integrazione del fattore ambientale anche nei mercati
(fiscalità ecologica, esternalità ambientali, certificazione ambientale); la Strategia di Azione Ambientale inoltre tende ad
aumentare la consapevolezza e le capacità decisionali dei cittadini, anche attraverso i percorsi di Agenda 21 Locale, e
fornire ai decisori politici strumenti di contabilità ambientale e indicatori di sostenibilità dello sviluppo.
Coerentemente con l’architettura del 6° Programma di Azione Ambientale della CE, la Strategia di Azione
Ambientale del Ministero dell’Ambiente è suddivisa in 4 aree prioritarie:
1. Clima ed atmosfera
2. Natura e biodiversità
3. Qualità dell’ambiente e qualità della vita negli ambienti urbani
4. Prelievo delle risorse e produzione di rifiuti
Contrariamente agli schemi precedenti, la Strategia di Azione Ambientale muove da un obiettivo di politica
generale di settore (ad es. Area 1: riduzione delle emissioni nazionali di gas serra del 6.5% nel 2012 rispetto al 1990),
successivamente articolato in più obiettivi specifici (ad es. aumento di efficienza del parco termoelettrico, riduzione dei
consumi energetici nel settore dei trasporti, ecc.), ai quali sono associati più indicatori descrittivi (ad es. emissioni di
CO2 da processi di combustione, idem nel settore trasporti, ecc.), per ognuno dei quali viene fissato un target (ad es.
riduzione di 10/12 Mton di CO2 da processi di combustione entro il 2006, ecc.).
Vanno infine ricordati gli indicatori aggregati già impiegati anche in Italia da enti diversi, seppure non ancora
adottati con uno standard riconosciuto di calcolo:
1. l’Impronta Ecologica (EF), ideata da M. Wackernagel e W. Rees dell’Università di Vancouver, poi diffusa
dall’IISD (International Institute on Sustainable Development) di Winnipeg (Canada); esistono già diversi
modelli di calcolo disponibili per l’EF, molti dei quali pubblicati e scaricabili dal web; già molte
amministrazioni locali (Regioni, Province, Comuni) l’hanno utilizzata sul proprio territorio con risultati
spesso non confrontabili fra loro, ma comunque estremamente efficaci; attualmente si sta cercando di
standardizzare il metodo di calcolo nell’ambito della Campagna Europea Città Sostenibili;
2. il Sustainability Dashboard (Cruscotto della sostenibilità) ideato da J. Jesinghaus presso il JRC di Ispra
(Italia) e successivamente diffuso anch’esso da IISD e da diverse istituzioni pubbliche (la stessa UNEP) e
private (ad es. WWF) (2); il Dashboard non è un vero e proprio indicatore ma un sistema di visualizzazione
e di confronto del set di indicatori dell’UNCSD, adattato in seguito a rappresentare anche altri set di
indicatori, singoli ed aggregati. Ha a disposizione insiemi di dati già elaborati per i paesi ONU, i paesi
OECD, i G8, i G77, i PVS, ecc.; è stato implementato anche con indicatori aggregati italiani come
l’Ecosistema Urbano di Legambiente ed altri.
3. Emergia ed Exergia proposti da E. Tiezzi e dalla sua équipe dell’Università di Siena, ampiamente applicati
anche sul territorio dell’Emilia Romagna con la collaborazione di ARPA (Modena, Bologna, Forlì,
Ravenna) e in diversi altri contesti italiani (Toscana, Marche, Sardegna, Veneto).
4. L’Indice del grado di Naturalità del territorio (IN), elaborato dal Politecnico di Torino, Dipartimento
Interateneo Territorio, e già applicato in alcune situazioni locali (Reggio Emilia,…);
5. L’Indice di Qualità ambientale dello spazio urbano, elaborato dal Politecnico di Torino, Dipartimento
Interateneo Territorio (idem).
Un elenco di sintesi degli indicatori proposti da UNCSD, EEA, EUROSTAT, OECD e ECI, tolti quelli non
direttamente applicabili nella nostra situazione locale o con variazioni irrilevanti a scala locale, o troppo difficilmente
documentabili, sono riportati nella tab. 1.
8. Una prima ipotesi per il territorio piacentino.
Dei set di indicatori considerati, indubbiamente quello proposto dall’UNCSD considera più compiutamente tutte
le dimensioni dello sviluppo, senza fermarsi alla sola dimensione ambientale: potrebbe essere pertanto assunto come
quadro di riferimento, pur considerando che molti degli indicatori proposti sono stati concepiti per rilevare differenze
significative tra stati, e pertanto potrebbero non essere in grado di cogliere differenze a scala locale, e che alcuni
indicatori fanno riferimento a condizioni fisiche assenti nel nostro territorio (mari, coste, pesca). Sotto il profilo più
propriamente ambientale invece il sistema di indicatori dell’EEA risulta più dettagliato ed esaustivo, mentre i sistemi
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del nostro Min. Amb. e dell’ANPA possono costituire un significativo arricchimento nel campo della tutela della
biodiversità, anche se includono taluni indicatori di difficile calcolabilità; Alcuni indicatori Eurostat e OECD colgono
meglio le problematiche ambientali legate alla struttura produttiva e al mercato e pertanto potrebbero essere utilmente
considerati; complessivamente lo schema concettuale più accettato è il DPSIR o il più semplice PSR (inserendo i
determinanti nei fattori di pressione), mentre la suddivisione in temi consente una organizzazione logica degli indicatori
senza dubbio molto efficace. Gli indicatori ECI dovrebbero essere comunque presenti nel set finale (almeno i primi 5),
anche se alcuni di questi richiedono procedure di popolamento (indagini campione) costose e non immediate. Infine tra
gli indicatori aggregati bisognerà orientarsi verso quelli attualmente al centro della ricerca anche nel nostro paese (EF,
Dashboard), mentre si potrebbero considerare in via sperimentale indicatori sintetici sia di provenienza sovranazionale
(ad es. l’HDI) che nazionale (come l’IN).
Si è cercato pertanto di delineare una prima ipotesi di selezione di indicatori di sostenibilità per il territorio
piacentino che tenga conto di questi fattori favorevoli, partendo da una classificazione secondo le 4 categorie di Agenda
21 e dell’UNCSD e dalla sua successiva suddivisione in temi principali:
SOCIALE:
AMBIENTALE:
Equità
Salute
Istruzione
Abitazione
Sicurezza
Popolazione
Atmosfera
Suolo
Acqua
Biodiversità
ECONOMICA:
Struttura economica
Produzione e consumo
ISTITUZIONALE: Quadro istituzionale
Capacità istituzionale
Per ogni tema principale si è cercato di identificare un insieme di indicatori da suddividere se possibile nello
schema concettuale DPSIR o più semplicemente PSR. Questo primo elenco di sintesi è riportato in tab. 2; ogni
indicatore è contraddistinto da una sigla che ne ricorda il set di provenienza. Non tutti gli indicatori riportati sono di
facile calcolabilità: alcuni richiederanno indagini campione, altri una ricerca non semplice di basi dati; dopo il primo
anno di lavoro sarà più facile scegliere gli indicatori più facilmente popolabili e più efficaci per la pianificazione locale.
L’elenco costituisce in ogni modo una prima indicazione da modificare e/o integrare nel corso del lavoro.
Tra i temi o soggetti più carenti di indicatori va evidenziato quello della salute (categoria sociale), nel quale gli
indicatori internazionali sono evidentemente relativi a fenomeni che si differenziano a scala planetaria, mentre hanno
solo piccole variazioni a scala locale; in questo tema occorrerà individuare indicatori più specifici dei problemi sanitari
caratteristici dello sviluppo economico - sociale delle società occidentali (percentuale di ricoveri per affezioni
respiratorie, percentuale di allergie, mortalità per tumore, disturbi cardiaci, ecc.).
Nella individuazione delle categorie e dei temi, il tema produzione e consumo della categoria economica
potrebbe essere suddiviso immediatamente nei suoi sottotemi (consumo, energia, trasporti, rifiuti) per essere meglio
comprensibile e popolabile: in questo modo si terrebbe anche in considerazione l’analoga differenziazione dei temi
proposti dalla EEA.
All’elenco di indicatori riportato in tab. 2, da integrare ed approfondire nel corso del lavoro, potrebbero essere
aggiunti altri indicatori o indici aggregati, o approfondimenti tematici specifici, più legati al sistema territoriale nel suo
complesso, quali:
•
Il bilancio energetico provinciale, eseguito in termini di bilancio delle fonti primarie (fossili, rinnovabili) e di
bilancio degli usi finali (elettrici, termici, trasporto), suddiviso per vettori (elettricità, combustibili solidi,
liquidi, gas) e per settori (industria, agricoltura, terziario, civile, trasporti);
•
Il bilancio provinciale dell’acqua, da considerarsi sempre più una delle risorse esauribili, scarse e
disegualmente distribuite, suddiviso per settori di disponibilità e di consumo;
•
Il bilancio della rete ecologica provinciale, in termini di arricchimento o impoverimento del numero e della
qualità dei nodi della rete e dei corridoi di interconnessione, tramite indicatori di biodiversità, di
frammentazione, di connettività, di estensione, ecc.;
•
Il bilancio provinciale dell’uso del territorio, da elaborare sulla base degli aggiornamenti dei catasti della
vegetazione, dell’uso reale del suolo, delle destinazioni urbanistiche; il bilancio potrà essere eseguito tramite
indicatori di settore, quali ad es:
♦ Indicatori di qualità ambientale (di attenzione, di tutela, di dissesto, di rischio, ecc.);
♦ Indicatori di assetto antropico (Intensità d’uso dello spazio urbano, indice di ambiente rurale, ecc.);
♦ Indicatori di dotazione produttiva (dotazione industriale, livello di terziarizzazione, ecc.);
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♦ Indicatori di dotazione per la mobilità (di carico urbanistico, di sosta, ecc.);
♦ Indicatori di livello tecnologico (di sviluppo reti, di efficienza, di estensione del servizio, ecc.);
♦ Indicatori di sintesi (di naturalità, di qualità dello spazio residenziale, ecc.);
Alcuni di questi indicatori aggregati sono riportati in tab. 3; questi indicatori potrebbero usufruire, oltre che
delle basi dati numeriche linkate dall’Osservatorio Provinciale sulla sostenibilità dello sviluppo, anche della
base dati BUS (Base Urbanistica Sovracomunale), realizzata e aggiornata dal Servizio Programmazione
Territoriale, nonché della base dati dell’Uso Reale del Suolo ottenuta con tecniche di telerilevamento e
aggiornabile annualmente.
Bibliografia.
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sostenibilità per le aree geografiche sub - nazionali: raccomandazioni”, Progetto ECI – EUROCITIES/Ambiente
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del pensiero unico”, Donzelli Editore
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8
Indicatori UN-CSD
Indicatori EEA
Indicatori Eurostat
Indicatori OECD
Indicatori ECI
DPSIR
Categoria /Capitolo A21
Accesso della popolazione a
parchi, giardini e servizi (ECI-4)
SOCIALE
Trasporto passeggeri
Trasporto passeggeri – Distanze
e modalità (ECI-3)
Modo di trasporto casa-scuola
degli scolari (ECI-6)
Numero di incidenti stradali
Consumo pro capite di fonti
energetiche primarie per il
trasporto
Indice di Gini della
diseguaglianza di reddito
Tasso di disoccupazione
Occupazione di territorio da
parte delle infrastrutture di
trasporto
Consumo di combustibile più
pulito nel trasporto e uso di
veicoli a combustibile
alternativo
Consumo di fonti energetiche
primarie nei trasporti
Consumo di fonti energetiche
primarie nei trasporti (AP5)
D
Indice della diseguaglianza della
distribuzione del reddito (IV.1)
Tasso di disoccupazione a lungo
termine (>12 mesi) (IV.6)
S
D
Rapporto tra i salari medi
maschili e femminili
Aspettativa di vita alla nascita
Accesso all’acqua potabile
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Tasso netto di emigrazione
D
Tasso di fertilità/natalità totale
D
Differenza tra i tassi di iscrizione
scolastica maschile e femminile
Tasso di crescita della
popolazione urbana
Quota di popolazione nelle aree
urbane
Variazione della popolazione
nelle aree montane
Benessere socioeconomico della
popolazione di montagna
Superficie di abitazione pro
capite
Numero di crimini per 100.000
abitanti
S
D
S
D
S
S
9
Indicatori UN-CSD
Indicatori EEA
Indicatori Eurostat
Indicatori OECD
Espansione del consumo di
prodotti amici dell’ambiente
ECONOMICO
Indicatori ECI
DPSIR
Categoria /Capitolo A21
Percentuale di consumo prodotti
ecolabel, bio, equo solidali (ECI10)
Prodotto interno lordo pro capite
D
Consumo annuale di energia
Consumo energetico familiare
Intensità energetica
Intensità energetica ed efficienza
del carbonio
Consumo di energia (RD2, AP6)
D
Intensità energetica per GDP
procapite (Key 9)
Produzione di elettricità da
combustibili fossili (RD5)
Quota di consumo di energia da
fonti rinnovabili
Intensità d’uso dei materiali
S
Spesa pubblica per la protezione
ambientale come percent. del
PIL
R
S
Numero di aziende agricole
organiche o biologiche
Consumo totale di acqua (RD1)
Produzione di rifiuti solidi
urbani
Produzione totale di rifiuti
Produzione di rifiuti pericolosi
Produzione di rifiuti solidi
urbani (WA4)
Quantità di RSU prodotti
procapite e per unità di spesa per
consumi (Key 4)
D
Produzione di rifiuti pericolosi
(WA3)
D
Quota di rifiuti riciclati o non
riciclati (WA6, UP2)
Rifiuti in discarica/rifiuti
inceneriti (WA1-WA2)
R
Percentuale di rifiuti
biodegradabili conferiti in
discariche
Percentuale di raccolta
differenziata
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AMBIENTALE
Indicatori UN-CSD
Emissione di gas serra
Indicatori EEA
Emissione di gas serra
Indicatori Eurostat
Indicatori OECD
Emissione di gas serra (CC1,
CC2, CC3, CC4)
Emissioni lorde specifiche di
CO2 (per GDP procapite) (Key
1)
Consumo di sostanze ozono
riduttrici (OD1 – OD5)
Consumo di sostanze ozono
riduttrici (Key 2)
Indicatori ECI
DPSIR
Categoria /Capitolo A21
Emissioni di CO2 (ECI-2)
D
Numero giorni con qualità
dell’aria buona (ECI-5)
S
Emissione di gas serra dai
trasporti
Consumo di sostanze ozono
riduttrici
Concentrazione di inquinanti
atmosferici nelle aree urbane
Emissione di sostanze
acidificanti
Esposizione della popolazione a
ozono e PM10 sopra le soglie di
rischio
Popolazione esposta a ozono e
PM10 sopra le soglie di rischio
(V.4)
Emissione di inquinanti
atmosferici (NOx, SO2,
NMVOC, TP) (AP1, AP2, AP3,
AP4)
Intensità di emissione di SO2 e
NO2 per GDP procapite (Key 3)
Percentuale popolazione esposta
all’inquinamento acustico (ECI8)
Riduzione annua delle riserve
idriche profonde e superficiali
Consumo domestico di acqua
pro capite
Concentrazione media di
colifecali nelle acque potabili
Valore medio di bod nei fiumi
D
Consumo totale di acqua (RD1)
Uso di pesticidi e fertilizzanti in
agricoltura
Valore del bod nei fiumi
S
Emissione di nutrienti di origine
civile e industriale nei fiumi
(WP1, WP2)
Percentuale della popolazione
connessa a sistemi di
depurazione degli scarichi civili
(Key 5)
Aumento di territorio occupato
permanentemente da aree
edificate (RD3)
Consumo di pesticidi e
fertilizzanti in agricoltura (TX1,
WP3, WP4)
Superficie agricola utile pro
capite
Variazione della superficie
forestale
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D
S
Concentrazione di fosforo e
composti azotati nei fiumi
Variazione nell’uso reale del
suolo
Consumo di acqua come
frazione dell’acqua rinnovabile
disponibile (Key 6)
D
D
S
Intensità di uso delle foreste
come rapporto del taglio annuale
sulla capacità produttiva totale
(Key 7)
11
S
Percentuale di aree protette sul
totale
Percentuale di aree classificate
SIC e ZPS sul totale della
superficie (V.7)
R
Indice di biodiversità: rapporto
tra il numero di specie estinte o
in pericolo di estinzione e il
totale delle specie conosciute
(Key 10)
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Indicatori UN-CSD
Indicatori EEA
Indicatori Eurostat
Indicatori ECI
Soddisfazione dei cittadini in
relazione al Comune (ECI-1)
ISTITUZIONALE
Percentuale di Enti e privati che
adottano procedure di gestione
sociale e ambientale (ECI-7)
Sviluppo sostenibile del
territorio del comune (ECI-9)
Strategie di sostenibilità
ambientale
Spesa pubblica in ricerca e
sviluppo come percentuale del
PIL
Accesso all’informazione:
numero di linee telefoniche per
1000 abitanti
Accesso all’informazione:
numero di abbonamenti internet
per 1000 abitanti
Accesso all’informazione:
vendita di quotidiani per 1000
abitanti
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Indicatori OECD
DPSIR
Categoria /Capitolo A21
R
S
S
S
13
Tab. 2 – Una prima proposta di indicatori di sostenibilità per il territorio piacentino. Codifica: U=UNCSD, E=EEA, S=EUROSTAT, O=OECD, C=ECI, ECI-n=Indicatore ECI.
Le prime due colonne di suddivisione seguono lo schema UNCSD.
Categoria
Agenda 21
SOCIALE
Tema
Determinante, Pressione
Equità
Percentuale della popolazione sotto la linea di
povertà (U)
Stato, Impatto
Risposta
Indice di Gini della diseguaglianza di reddito
(US)
Tasso di disoccupazione (US)
Rapporto tra salario medio maschile e
femminile (U)
Soddisfazione dei cittadini in rapporto alle
politiche locali (ECI-1) (EC)
Aspettativa di vita alla nascita (U)
Popolazione con accesso ad acqua da
acquedotto (U)
Tasso di scolarizzazione secondaria degli
adulti (U)
Tasso di alfabetizzazione degli adulti (U)
Salute
Istruzione
Abitazione
Superficie procapite (U)
Accessibilità di parchi, giardini e servizi
(ECI-4)(EC)
Sicurezza
Numero di crimini registrati su 100.000
persone (U)
Numero di incidenti stradali registrati (E)
Popolazione Tasso di crescita della popolazione (U)
Popolazione urbana sul totale (U)
ECONOMICA
Struttura
Pil procapite (U)
Prod e cons
Consumo energetico annuale procapite, fonti
primarie, settori e vettori (UES)
Intensità d’uso dei materiali procapite (U)
Consumo/produzione di energia da fonti
rinnovabili (U)
Produzione di elettricità da combustibili
fossili (S)
Int. energetica per unità di PIL (UEO)
Volume totale annuale di RSU (UESO)
Volume totale annuale di RS (UE)
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Frazione di rifiuti differenziata/riciclata (US)
Distanze percorse procapite per modo di
trasporto (ECI-3) (UEC)
Consumo di fonti energetiche primarie nei
trasporti (UES)
Modalità di trasporto casa – scuola degli
scolari (ECI-6) (EC)
Consumo di prodotti ecolabel-bio-eco solidali
(ECI-10) (EC)
Percentuale di Enti e Privati che adottano
procedure di gestione ambientale e sociale
(ECI-7) (EC)
AMBIENTALE
Atmosfera
Emissioni lorde di gas serra per settore (ECI2) (UESOC)
Concentrazione di inquinanti atmosferici nelle
aree urbane (U)
Esposizione della popolazione agli inquinanti
atmosferici (ECI-5) (ESC)
Percentuale di popolazione esposta
all’inquinamento acustico (ECI-8) (EC)
Suolo
Superficie agricola utilizzabile totale e
procapite (U)
Consumo di fertilizzanti (U)
Consumo di pesticidi (U)
Superficie forestale in rapporto alla sup. totale
(U)
Produzione di biomassa legnosa (U)
Acqua
Superficie urbanizzata sul totale (U)
Superficie occupata da infrastrutture di
trasporto sul totale (E)
Consumo di acqua totale e procapite (USO)
BOD nei corsi di superficie (U)
Immissione/concentrazione di nutrienti nei
corsi di superficie (ES)
Biodiversità Area occupata da ecosistemi chiave (U)
Aree protette, SIC e ZPS sul totale (US)
Abbondanza di specie chiave (U)
ISTITUZIONALE
Quadro
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Provvedimenti pubblici di Sviluppo
Sostenibile, uso sostenibile del territorio
locale (ECI-9) (UE)
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Capacità
Numero di abbonamenti ad Internet per 1000
abitanti (U)
Spesa pubblica per la protezione ambientale
come % del PIL (U)
Spesa pubblica in R&D come % del PIL (U)
Tab. 3 – Indicatori aggregati di diversa provenienza su cui sviluppare ricerca e sperimentazione.
AGGREGATI e diversi
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Indice di Sviluppo Umano – Human Development Index, UNDP
Impronta ecologica – Ecological Footprint, Joint Research Center
Sustainability Dashboard (Cruscotto della sostenibilità) – JRC/IISD
Indice del grado di Naturalità del territorio provinciale, IN, Politecnico di Torino
Bilancio energetico provinciale
Bilancio provinciale dell’acqua
Bilancio provinciale della rete ecologica
Emergia (Università di Pisa)
…..
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