Faust, piccolo uomo incapace di resistere agli istinti più semplici
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Faust, piccolo uomo incapace di resistere agli istinti più semplici
la Repubblica VENERDÌ 28 OTTOBRE 2011 @ R2SPETTACOLI & TV ■ 52 IN SALA DA NON PERDERE THIS MUST BE THE PLACE A CURA DI ROBERTO NEPOTI PER SAPERNE DI PIÙ trovacinema.repubblica.it www.youtube.com/watch?v=6Rx_pz1U_7k MELANCHOLIA UNA SEPARAZIONE Rockstar, autoesiliata dalla musica e dalla vita, Cheyenne va on-theroad per vendicare il padre, umiliato da un aguzzino ad Auschwitz. Ma prima fa un giro attraverso l’America. La prima parte è un matrimonio, dove la sposa (Kirsten Dunst, premiata a Cannes) è “costretta” a essere felice, mentre la consuma un’abissale malinconia. Il resto è il regno del Caos. Quando sua moglie lascia casa, Nader resta con la figlia e col padre malato. Cerca allora l’aiuto in una donna, che si occuperà dell’anziano all’insaputa di suo marito. Un incidente è destinato a produrre una tragedia. Regia di Paolo Sorrentino Con Sean Penn Frances McDormand Regia di Lars Von Trier Con Kirsten Dunst Charlotte Gainsbourg Regia di Asghar Farhadi Con P.Moaadi, L. Hatami Prime film Prime film IL FILM DI CURZIO MALTESE FAUST Dramma Horror Quell’impasto di dolore alla fine “impazzisce” Il fattore umano irrompe nel genere “di paura” La storia d’amore impossibile tra un uomo e una donna votati alla sofferenza. Lei è Marina, che soggiorna in montagna col figlio piccolo; lui Manfred, guida alpina cupa e scostante, incattivita da un abbandono. Si scrutano, comprendono i segreti reciproci, sono toccati dalla passione ma non riescono a viverla. È bene tenere sempre presente la nota frase di Truffaut: non si può dire che un film sia, o non sia, “riuscito”, è un verbo che si usa per la maionese. Eppure vien voglia di usarlo a proposito di Quando la notte, che Cristina Comencini ha tratto dal suo romanzo e diretto. Ci sono temi importanti (la solitudine, il peso della maternità...), suggestivi paesaggi dell’anima, un attore intenso ed espressivo come Filippo Timi, e tuttavia il “composto” non funziona; anzi, andando verso l’epilogo “impazzisce” anche un po’. Troppi sguardi truci? Un eccesso di silenzi che finisce per essere concettoso? Una dose “over” di sentenziosità? Voler additare le cause per cui un’opera (pur sentita dall’autrice, come questa) non è “riuscita”, certe volte risulta sgradevole, presuntuoso. (roberto nepoti) Il cinema di paura ha le sue leggi e i suoi rituali. Si dirà che questo vale per qualsiasi “genere” codificato. Vale un po’ di più per questo. Ripetitività, prevedibilità e riconoscibilità di situazioni, snodi, personaggi sono requisiti particolarmente cari allo spettatore appassionato. E proprio per questo, forse, Insidious di James Wan potrebbe risultare non soddisfacente ai fan del genere e contemporaneamente più accettabile a chi fan non è. Non mancano elementi chiave e ingredienti base: a partire dalla maledizione che incombe su una casa. Però se ne accompagnano a loro altri anomali rispetto alla norma, al canone di genere. In particolare un fattore umano che di solito manca. Sia una forte componente di commozione, sia una pista quasi umoristica. Un valore aggiunto per lo spettatore comune, probabilmente una distrazione dallo zoccolo duro agli occhi del pubblico più specializzato ed esigente. Si segnala un piccolo ruolo di Barbara Hershey già icona di un cinema autoriale e trasgressivo: la ricordate in L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese? (paolo d’agostini) Faust, piccolo uomo incapace di resistere agli istinti più semplici © RIPRODUZIONE RISERVATA QUANDO LA NOTTE Regia di Cristina Comencini Con Claudia Pandolfi Filippo Timi Commedia La seconda vita di Tom Hanks licenziato in tronco Crisi economica e disoccupazione entrano sempre più spesso nel cinema di un’America, ormai, costretta al risveglio dal vecchio e menzognero “sogno”. All’inizio del suo secondo film da regista (dopo il non memorabile Music Graffiti), anche Tom Hanks è licenziato in tronco dall’azienda cui, pure, offriva tutta la sua dedizione. Nei guai col mutuo e con i conti quotidiani, decide tuttavia di iscriversi all’università: dove si spartisce tra le lezioni di espressione verbale (seguite da quattro gatti) di Julia Roberts e quelle (frequentatissime) di un docente di economia giapponese. Nemmeno alla prof mancano motivi per essere in crisi: dal marito bastardo agli allievi che rispondono al telefonino durante la lezione. Secondo l’uso nelle commedie di “seconda possibilità”, però, tra i due fiorirà l’amore. Come regista Hanks adotta uno stile rétro, benintenzionato ma povero di sorprese. Nel protagonista Larry Crowne, che interpreta, rifà un po’ (troppo) l’indimenticabile Forrest Gump, in una versione “adulta” e sottotono. Quanto a Julia Roberts, sovrarecita, esagera; tanto più quanto meno sembra convinta del ruolo che sta interpretando. (r.n.) © RIPRODUZIONE RISERVATA L’AMORE ALL’IMPROVVISO Regia di Tom Hanks Con Tom Hanks Julia Roberts CURZIO MALTESE hi sarebbe oggi disposto a dannarsi l’anima in cambio della giovinezza, del danaro e dei favori di una splendida fanciulla? Più o meno tutti. Anche per una sola delle tre opzioni e forse meno ancora. Questo ha fatto crollare le quotazioni dell’anima sul mercato del diavolo. Il vero problema non è più vendersi, ma trovare qualcuno disposto a comprare. A partire da questa mesta consapevolezza Alexander Sokurov è partito per riscrivere al cinema il mito di Faust. Chi conosce l’autore dell’Arca Russa non si aspettava certo una messinscena classica, ma neppure una ruffiana e banale “attualizzazione” dell’antieroe goethiano. Orrenda parola, figurarsi se si può attualizzare un capolavoro della letteratura, ovvero qualcosa che è già per sua natura più avanti del presente. Ma la forza con la quale Sokurov riesce a realizzare dalla suggestione di un classico un film in costume, per giunta ambientato nei distanti paesaggi islandesi, eppure a raccontare nel profondo il qui e l’oggi, ha qualcosa di realmente sbalorditivo. Soltanto un genio come lui poteva chiudere una tetralogia dedicata al potere e finora composta da tre biografie, di Hitler (Moloch), Lenin (Taurus) e dell’imperatore Hirohito (Il sole), con una figura del mito letterario risolta in modello del nostro vivere quotidiano. Il Faust di Sokurov, più che al personaggio eponimo, assomiglia ai tanti disperati piccoli uomini incapaci di resistere agli istinti più semplici ed egoistici, le solitarie moltitudini sui quali si fondano i regimi, gli imperi, le dittature. Del resto, il senso della tetralogia del potere di Sokurov trova espressione in quella frase di Goethe: «Le persone infelici sono pericolose». L’infelicità è il principale movente dei delitti. In questo caso del patto che il dottor Faust stringe con il suo Mefistofele, un sordido e deforme usuraio, per ottenere (poco) danaro e una sola notte d’amore con C LEONE D’ORO Il regista russo Alexander Sokurov con il Leone d’oro vinto all’ultima Mostra di Venezia per il suo film “Faust” (nella foto in alto) la bella Margherita, cui ha ucciso per sbaglio il fratello. Gli orizzonti della dannazione si sono ristretti, un povero diavolo faccendiere e un mediocre peccatore si scambiano false promesse e miseri favori in un ambiente soffocante, degenerato, fra merci avariate e luoghi angusti e malsani. Il male appare in tutta la sua banalità, come del resto fin dal primo capitolo della tetralogia sokuroviana, Moloch, con Eva Braun che fa ginnastica salutista, Hitler che discetta a tavola dei benefici della dieta vegetariana e gli alti gerarchi del nazismo in gita fra i boschi come scolaretti. Il cinema di Sokurov è destinato a pochi. Ma chi si è abbandonato per una volta allo splendore delle sue opere, non può perdere questo film indimenticabile. Bello in ogni suo aspetto, dalla regia alla scrittura poetica di Yuri Arabov ai dialoghi di Marina Koreneva, dalle scenografie di Elena Zhukova alle musiche di Andrey Single, per non parlare dei due attori protagonisti, il Faust di Johannes Zeller e l’usuraio di Anton Adasinskiy, oltre a un cast formidabile nel quale spicca una lunare Hanna Schygulla. Di rado, almeno negli ultimi anni, il Leone di Venezia è stato assegnato con tanto merito. A proposito, si discute da anni sulla presunta inutilità dei festival del cinema e sulla ritualità dei premi. Ma quando in un anno Cannes e Venezia premiano due capolavori come L’albero della vita e Faust c’è poco da discutere. Se la Palma e il Leone hanno contribuito ad allargare la platea di Malick e Sokurov, se hanno spinto anche soltanto qualche migliaio di ragazzi a mettere il naso fuori dai blockbuster e provare a vedere cos’è il grande cinema, allora ne sarà comunque valsa la pena. © RIPRODUZIONE RISERVATA FAUST Regia di Alexander Sokurov Con Hanna Schygulla Johannes Zeiler © RIPRODUZIONE RISERVATA INSIDIOUS Regia di James Wan Con Patrick Wilson, Rose Byrne Commedia E il povero De Luigi come al solito prende gli schiaffi Con le commedie nazionali che, ormai ogni settimana, occupano il vertice del botteghino, c’era da aspettarsi un match Nord-Sud. A ruota della comicità romana di Enrico Brignano (Ex: amici come prima) arriva adesso una commediola degli equivoci “nordica”: per produzione, regia (il milanese Alessandro Genovesi, al debutto) e attore principale, Fabio De Luigi. Anche se si è pensato bene di mettergli al fianco, come amico del protagonista, il napoletano Alessandro Siani, reduce dalle fortune di Benvenuti al Sud. De Luigi fa il tipico personaggio che prende gli schiaffi. Alla vigilia delle nozze con la ragazza dei suoi sogni, dalla cui famiglia è ritenuto l’ultimo dei fessi, Paolo passa una settimana di guai: è perseguitato da una collega mitomane, che tenta il suicidio; frulla nella betoniera il cagnolino dei suoceri; si porta come testimone l’amico Ivano, una calamità ambulante. Il tipo di commedia che fa sorridere e di cui è uso sottolineare a merito (attenuante?) l’assenza di volgarità. Il che è vero. Però prima di arrivare a Blake Edwards, Wilder, Allen, che Genovesi cita come modelli, c’è ancora il deserto da traversare. (r.n.) © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PEGGIOR SETTIMANA DELLA MIA VITA Regia di Alessandro Genovesi Con Fabio De Luigi, C. Capotondi