T em a - Qualità Online
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n.6 novembre/dicembre 2016 Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 – DCB Milano Contiene I.P. Italian Journal of Quality & Management Systems IN PRIMO PIANO Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile, nell’era della globalizzazione Tito CONTI QUALITÀ & FUTURO LA SICUREZZA & LA QUALITÀ La strategia Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile Stabilimenti a rischio incidenti rilevanti semplici e complessi: norma volontarie La natura giuridica delle attività di accreditamento Aicq & Industry 4.0 I sistemi di gestione ISO 39001: riduzione del rischio stradale sul lavoro La percezione del rischio, prevenire con la formazione STUDI & RICERCHE La nuova normativa IATF 16949: certificazione Qualità per l’Automotive Economia e Qualità: una cultura di base Spazio: laudato si’ e gestione del rischio a lungo termine Progetto Briks Approfondimenti & Rubriche 1 >> «Omnia mea mecum porto...» a Qualità è un viaggio, non una destinazione; più si ottengono risultati, più servono miglioramenti» è la frase di chiusura di un’interessante conversazione-seminario tenuta dal grande prof. Parasuraman nei primi anni Novanta del secolo scorso); lo avevamo invitato per parlare ad un gruppo rappresentativo di “addetti alla Qualità” della più grande azienda del Paese dell’epoca alla quale ho avuto l’onore di appartenere per quasi quaranta anni. Da questa frase nacque una interessante intervista che gli feci al termine per l’house organ aziendale, che intitolai proprio: «la Qualità è lungo un viaggio …». Quando cito questa frase, per una associazione di idee, all’«sistematicamente un parallelismo tra “operatore della Qualità» si sovrappone l’immagine dei coraggiosi pellegrini medievali che si muovevano in territori sconosciuti e che affrontavano mille pericoli portando con sé solo l’indispensabile bagaglio fisico e di “attrezzature intangibili” come: vision, valori, determinazione e competenze metodologiche. Un modello questo riconducibile alla locuzione latina «Omnia mea mecum porto» [attribuita a Biante di Priene; che in italiano diviene: “Tutto ciò che (di buono) è mio, lo porto con me!”] che ho avuto la fortuna di apprendere sin da piccolo. Nella vita, infatti, non occorrono tanti accessori; nei passaggi più importanti, ciascuno deve poter contare quasi esclusivamente sul proprio “patrimonio personale” di conoscenze, competenze, valori, principi e modelli di riferimento etici e metodologici che ha avuto la possibilità di acquisire e valorizzare quotidianamente sin dalla più piccola età (e che si porta indissolubilmente con sé sino al termine dell’esperienza terrena). Il “patrimonio” di conoscenze e competenze personali va gestito con estrema saggezza ed in modo dinamico e reso utilizzabile «per modelli e traiettorie», senza fragili rigidezze. Questo paradigma realizza una interconnessione con le Lezioni americane dell’amato Italo Calvino, con le quali ho iniziato il mio primo editoriale; mi sembra giusto richiamarle anche per il commiato. Nelle sue Lezioni americane, Italo Calvino si chiede: «chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture, di immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili». Al momento della morte improvvisa, sulla scrivania si trovarono le sei cartelline dedicate alle sei lezioni che Calvino avrebbe dovuto tenere poco dopo nella prestigiosa Harvard University. Di queste solo cinque contenevano il testo completo della lezione; la sesta cartellina dedicata alla lezione sulla Consistency era ancora vuota. A questa desidero dedicare queste poche righe. Ogni “lezione” prendeva spunto da un valore della letteratura considerato importante da Calvino per il nuovo millennio (cioè l’attuale); l'ordine non era casuale e seguiva delle gerarchie valoriali complesse e partiva dalla caratteristica che riteneva più importante, cioè la leggerezza. I sei titoli erano: Lightness (leggerezza), Quickness (rapidità), Exactitude (esattezza), Visibility (visibilità), Multiplicity (molteplicità) e ’ultima lezione avrebbe dovuto essere dedicata alla Consistency (da tradursi con “coerenza”). Quest’ultima lezione non scritta avrebbe dovuto prendere lel mosse dal “modello di Bartleby”, un particolare personaggio (creato da Melville) che accettava solo un certo tipo di lavoro; a tutte le altre richieste, gentilmente ma inflessibilmente, rispondeva: «I would prefer not to» (preferirei di no) perché estranee al proprio catalogo emozionale. Nell’approccio ossimorico alle lezioni, Calvino avrebbe contrapposto alla rigidezza della “coerenza istintiva” il concetto speculare di “resilienza” – che aiuta a trovare soluzioni idonee ed efficaci, senza mettere in discussione principi e valori – e che protegge dalle rotture fragili. Sarebbe stato un capitolo bellissimo! Nei “miei” 20 numeri di direzione di questa storica e prestigiosa Rivista ho cercato con passione, dedizione e plasticità di «ricostruire la fisicità del mondo attraverso l’impalpabile pulviscolo delle parole» [Calvino]; spero di esserci riuscito, accompagnando i lettori in un percorso di diversificazione delle conoscenze e di ampliamento degli orizzonti all’interno dell’affascinante e caleidoscopico “universo” della Qualità. Ringrazio di cuore gli autorevoli colleghi che mi hanno affidato con fiducia i loro scritti e gli affezionanti lettori che mi hanno fatto sentire la loro presenza al mio fianco. Desidero, infine, far pervenire al mio successore i più sentiti ed affettuosi auguri di buon lavoro ed alla Rivista QUALITA’ di poter crescere ulteriormente per ottenere il futuro che si merita. Buona lettura e buona Qualità. Sergio BINI «L www.qualitaonline.it novembre/dicembre 2016 Editoriale Il Direttore s o m m a r i o IN PRIMO PIANO questo numero novembre/dicembre 2 4 Ostacoli culturali ed etici Tito CONTI 1 Editoriale «Omnia mea mecum porto...» Sergio Bini 12 Tema 1 - Qualità & Futuro industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile Francesco COSTAnTinO, Giulio Di GRAViO, Massimo TROnCi 17 La “natura giuridica” delle attività di accreditamento Emanuele RiVA, Emanuele MOnTEMARAnO 21 nasce: AiCQ inDUSTRiA 4.0 a cura della presidenza di AiCQ nazionale Tema 2 - Sicurezza & Qualità 22 Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie Francesco TAURASi, Diego CERRA, Giuseppe D’AGOSTinO 27 i sistemi di gestione iSO 39001 Marco DE MiTRi 31 La percezione del rischio: prevenire con la formazione Catterina PASQUALin e Piero ViGUTTO Tema 3 - Studi & Ricerche 34 La nuova normativa iATF 16949 Marco MAnTOAn 37 La Qualità come affascinante processo di scoperta continua Giovanni MATTAnA 43 Economia e Qualità: elementi per una cultura di base Antonio CAnDiELLO 47 «Laudato si’» e gestione del rischio a lungo termine Francesco Paolo CAnTELLi 50 il progetto BRiCKS a cura della presidenza di AiCQ nazionale Lo scaffale di Qualità 42 a cura della DiREZiOnE novembre/dicembre 2016 L’IMMAGINE DI COPERTINA «Il venditore di inchiostro fino». L’incisione di Annibale Carracci della copertina di questo numero che chiude l’annata e l’intera esperienza “direzionale” è dedicata ad un artigiano di strada della Bologna del XVI secolo che vende porta a porta un prodotto “prezioso” l’inchiostro fino; questo particolare “professionista” ambulante occupa la 38^ posizione nell’elenco degli 80 mestieri bolognesi immortalati con una incisione. Non era possibile scegliere un mestiere più evocativo di questo da parte di uno che, sin da molto piccolo, colleziona penne stilografiche con le quali preferisce scrivere. Con l’occasione, torna alla mente il prezioso film «Uomini di Dio» (versione italiana del film francese “Des hommes e des dieux” del 2010); soprattutto le scene nelle quali il priore di una comunità cistercense in Algeria – padre Christian de Clergé – scriveva nel silenzio della propria cella il resoconto della giornata con una penna stilografica. Si distingueva con nettezza il suono del pennino che solcava il foglio per registrare sensazioni, emozioni e momenti di vita quotidiana in attesa della “fine”. Le nostre ultime 20 copertine L a copertina di una Rivista è il “biglietto da visita” del progetto editoriale dalla direzione! In questi ultimi 20 numeri, la direzione ha cercato di realizzare un “modello” di Rivista scientifica multidisciplinare, multilivello e strutturato in modo da poter incontrare il più ampio spettro possibile di lettori interessati ad un approccio olistico alla Qualità. www.qualitaonline.it La stella polare è rimasta la millenaria storia italiana, con la sua ineguagliabile cultura e la sua formidabile tradizione artigianale. Le ultime 20 copertine, meglio di tante parole, rappresentano il processo di trasformazione graduale della Rivista in linea con il principio di Antoine-Laurent de Lavoisier: «nulla si crea, nulla si distrugge; tutto si trasforma». novembre/dicembre 2016 novembre/dicembre 3 In primo piano 4 y In primo piano y >> di Tito CONTI Ostacoli culturali ed etici Sulla via dello sviluppo sostenibile, nelll’era della globalizzazione Le teorie tradizionali dell’organizzazione e del management hanno dimostrato di essere inadeguate al governo delle grandi organizzazioni. Tale inadeguatezza è tragicamente evidente nel caso dei grandi organismi transnazionali creati per risolvere le crisi e i conflitti di dimensione planetaria. La situazione è oltremodo critica perché alla radice c’è un problema di non facile soluzione: il pensiero analitico, per secoli pilastro delle nostra cultura, entra in crisi col crescere della complessità. Il rimedio c’è, e ha il nome di pensiero sistemico (“systems thinking”). Un approccio scientifico alla complessità che stenta a prendere piede per l’evidente difficoltà a cambiare paradigmi mentali radicati da secoli. Un secondo problema riguarda un pregiudizio etico talmente diffuso da essere considerato un principio immutabile: che il rapporto fra esseri umani sia intrinsecamente e inevitabilmente di tipo conflittuale e che la competizione senza esclusione di colpi sia il motore del progresso. Se la globalizzazione in atto, confusa e disordinata, assume e incorpora, anche inconsapevolmente, tale pregiudizio, è perdita di tempo e ipocrisia parlare di sviluppo sostenibile. Nelle riflessioni che seguono si richiama il ruolo che la cooperazione ha nell’evoluzione naturale verso livelli sempre più alti di complessità e si sostiene che, se l’uomo pretende di sedersi al posto di guida dell’evoluzione, deve conoscerne meglio le dinamiche e domandarsi se non sia il caso di apprendere da essa. Lo organizzazioni umane: sistemi sociali caratterizzati dai propri fini Le organizzazioni umane sono costruite per raggiungere fini che riguardano - e/o richiedono l’impegno collaborativo di – collettività di persone. Tali fini possono consistere nella realizzazione di prodotti, materiali o immateriali, servizi, informazioni, contesti ambientali che accrescono il benessere di una collettività ecc. Scopo comune di tutte le organizzazioni è generare il valore atteso dai destinatari della propria attività (clienti, cittadini, soci), dai membri dell’organizzazione stessa e da tutte le altre parti interessate. La “fitness for purpose” (adeguatezza al fine) è perciò il requisito assolutamente primario di ogni organizzazione. Si può anche chiamare “qualità dell’organizzazione”, essendo essa la madre delle qualità di tutto ciò che essa realizza. E’ vano perseguire la qualità novembre/dicembre 2016 dei risultati se la qualità del sistema è inadeguata. La parola “sistema” è qui intesa nell’accezione specifica del moderno pensiero sistemico: «un insieme di parti che interagiscono fra loro così da funzionare come un’unità». La potenzialità di un sistema (in termini di generazione di valore) non è la somma delle potenzialità delle sue parti ma è funzione sinergica di tale potenzialità e delle relazioni fra esse. Se c’è sinergia positiva nelle relazioni, essa si manifesta con un effetto moltiplicativo sul valore generato. Capita anche che l’effetto moltiplicativo sia incommensurabile, come succede in campo scientifico quando da una squadra di creativi scaturisce l’invenzione singolare; e come è successo in natura in certi punti singolari, come la comparsa della vita e quella dell’uomo. Tali proprietà, che rappresentano una discontinuità qualitativa, vengono chiamate “proprietà emergenti”. C’è da augurarsi che il progresso dell’umanizzazione (e quindi della collaborazione fra gli uomini) giunga a far prevalere un modello di sviluppo più capace di garantire il successo dell’uomo nel nuovo ruolo di pilota dell’evoluzione sul nostro pianeta. Sarebbe il più alto esempio di proprietà emergente generata dal sistema umano. I sistemi umani vengono anche chiamati “sistemi sociali”, o meglio “sistemi socio-culturali”. Si aggiunge spesso un altro attributo per specificarne la natura. Ad esempio “socio-tecnico”, “socio-economico”, “socio politico”. E’ tipico del sistema l’essere parte di sovrasistemi e comprendere a loro volta sotto-sistemi. Il mondo in cui viviamo è fatto di sistemi così interconnessi. La figura 1 esemplifica il concetto. Nella sua parte inferiore sono rappresentati sette sistemi. Tre di essi, S1, S2 e S3, entrano in collaborazione per formare il sovra sistema S.S.A. che comprenderà normalmente i tre sistemi cooperanti più il sistema di governo SG ed eventualmente nuovi sottosistemi. Analoghe collaborazioni concorrono a formare i sistemi S.S.B e S.S.C. La figura 1 mostra anche come un sistema può far parte di sovra sistemi diversi (v. S1 e S3).. L’applicazione all’organizzazione del modello deterministico/meccanicistico Le rivoluzioni industriali provocarono un’accelerazione degli studi sull’organizzazione. Il modello che via via si sviluppava e perfezionava era quello della produzione di massa e l’obiettivo della nuova cultura industriale era di competere, oltre che sulle caratteristiche del prodotto, sull’efficacia e l’efficienza del modello produttivo. Tawww.qualitaonline.it 5 y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y la mente il sistema e le sue parti componenti La mente è fuori dal sistema (sopra) e stabilisce ciò che i componenti del sistema devono fare - e come deve essere fatto. Adatto ai sistemi meccanicistici in senso lato (inclusi i sistemi cibernetici). Non applicasbile quando i componenti del sistema sono essere umani. > Fig 1 - Sistemi al livelli inferiore cooperano per creare sistemi a livello superiore, dei qua- > Fig 2 - Sistemi deterministico/quantistico li essi divengono parte. Un sistema può divenire parte di più sistemi a livello superiore le nuova cultura industriale non poteva non adottare i paradigmi mentali del tempo, condizionati anche dalla specifica situazione sociale. Dal campo della fisica a quello della cosmologia a quello delle organizzazioni umane, il modello pressoché universale era allora quello dei sistemi deterministici/ meccanicistici. Per questi la mente che progetta e dirige è fuori dal sistema che esegue (figura n. 2)1. Quest’ultimo ha la mission di produrre moltitudini di oggetti identici, secondo le specifiche ricevute. Il modello meccanicistico applicato ai sistemi umani non nega l’intelligenza dell’uomo, ma l’asservisce all’unico fine di raggiungere obiettivi prefissati attraverso processi rigidi. Una conseguenza fu che la parola qualità divenne sinonimo di conformità alle specifiche, mutilando un concetto bimillenario di «attributo di persone, oggetti, situazioni», per sua natura dinamico con una costante tensione al miglioramento. Ma non c’era – e non ci fu per molto tempo ancora – la consapevolezza che si stava applicando – nelle nuove imprese come in tutte le altre organizzazioni umane – un modello inadeguato ai sistemi umani, nei quali ogni componente del sistema è dotato di intelligenza e libertà. Soprattutto riguardo a quest’ultima il raggiungimento della consapevolezza ha richiesto tempi lunghi e conflitti sempre più accesi e allargantisi a macchia d’olio. Il modello meccanicistico è ancora utilizzato, soprattutto nei paesi dove l’eguaglianza di tutti gli esseri umani non è ancora un valore condiviso e garantito. Ma anche là dove è negato in teoria, in pratica è ancora presente nel DNA di molti manager. Quale modello - per quali organizzazioni Nella seconda metà del secolo ventesimo, con l’aumentare delle dimensioni e della complessità delle imprese operanti nei mercati internazionali e del numero e della qualità dei concorrenti, studiosi dell’organizzazione e manager cominciarono a rendersi conto che l’organizzazione non è una macchina, bensì un sistema sociale umano. Se trattata come una macchina, oltre a perdere i frutti dell’intelligenza umana, si fomenteranno comportamenti passivi - ed anche negativi e conflittuali – dovuti a insoddisfazione e carenza di motivazione. La figura 3 fornisce una rappresentazione qualitativa della faccia www.qualitaonline.it negativa della moneta (l’emergenza di problemi; la faccia positiva, non considerata nella figura ma ancor più importante, si riferisce alla perdita di potenziali contributi al miglioramento). Mentre nella piccola e media organizzazione i problemi tecnici prevalgono, man mano che la dimensione e la complessità dell’organizzazione cresce sono i problemi di origine organizzativa (e quindi dipendenti dalle persone e dalle loro relazioni) a prendere il sopravvento. Ecco perché nuove teorie di management fiorirono in quel periodo nell’occidente, mirate ad accrescere la motivazione e il coinvolgimento delle persone, che ebbero tuttavia scarso successo. Ciò perché esse non miravano alle cause-radice dei problemi. Le persone continuavano ad essere trattate come “risorse” intercambiabili, non come le membra vive di un sistema “neghentropico”2, in grado di moltiplicare, attraverso la sinergia, le capacità individuali di generazione di valore. Il denaro continuava ad essere considerato come il “motivatore” unico. Diversa la situazione in quei paesi asiatici in cui è radicata l’etica confuciana delle relazioni interpersonali. In essi il modello che spontaneamente prese piede, là dove avanzava l’industrializzazione, fu molto più vicino a quello organico che a quello meccanicistico (figura n. 4). Il modello organico è cooperativo e nello stesso tempo paternalistico: la mente che governa deve poter contare sulla collaborazione indiscussa delle menti governate. Non solo obbedienza, ma anche interazione positiva, fornendo alla mente le informazioni necessarie per correggere il corso, quando necessario, o migliorare la performance. Tale modello attecchisce là dove il terreno culturale è propizio. L’esempio più eclatante venne, negli anni 1970/1980, dal Rilevanza dei problemi Organizzativi/Manageriali (O/M) e Tecnici (T) nell’Organizzazione (nella figura S1ÆS.S.A e S.S.B; S3ÆS.S.A e S.S.C Piccole Organizzazioni Grandi Organizzazioni O/M T Complessità dell’Organizzazione > Fig 3 - I problemi che hanno cause di tipo organizzativo/manageriale (O/M) crescono col crescere della complessità dell’0rganizzazione novembre/dicembre 2016 In primo piano TIPI DI SISTEMA /1 In primo piano 6 y In primo piano y TIPI DI SISTEMA /2 TIPI DI SISTEMA /3 la mente il leader i componenti del sistema i membri del sistema Sistemi organici (esseri umani e animali a livello superiore). La mente è parte del sistema, stabilisce le regole e controlla l’attività dei membri/componenti. Questi ultimi hanno la capacità di agire e interagire tra loro, ma seguendo le regole stabilite dalla mente. Le organizzazioni umane - o sistemi sociali umani - comprendono una molteplicità di menti (perciò sono dette anche multi-minded). Deve esserci una mente che coordina e guida: il “leader”. Costui ha il grave compito di guidare e far convergere un insieme di essere liberi verso obiettivi comuni. Deve utilizzare al meglio le potenzialità individuali e far crescere le relazioni in modo da attivare sinergie che massimizzino il valore generato. > Fig 4 - Sistemi organici > Fig 5 - Sistemi sociali umani (multi-minded) Giappone, che mise in crisi molte aziende occidentali grazie all’applicazione efficace di approcci sviluppati negli Stati Uniti (da J. Juran e E. Deming) ma che là non avevano trovato l’humus culturale propizio (tipico esempio di cecità culturale causato da eccessiva confidenza nella propria cultura). La cultura giapponese risultò essere il terreno favorevole per l’elaborazione di una visione globale e dinamica della qualità (TQC, Total Quality Control), in particolare del concetto di “miglioramento continuo”. La reazione occidentale degli anni 1980/90 contribuì molto alla “laicizzazione” dei nuovi concetti, per renderli indipendenti dalla specifica cultura e quindi applicabili a tutti i contesti. Si realizzava qui una prima iniezione di pensiero sistemico, riscontrabile in nuce nel modello EFQM [Conti, 2007]. I nuovi approcci andarono sotto il nome di Total Quality Management (TQM) ed ebbero nel breve periodo notevoli successi. Si superava il concetto di conformità alle specifiche a favore del concetto di miglioramento continuo. L’accento si spostava dal prodotto ai processi generatori e da questi all’intera organizzazione. Si era sulla strada della consapevolezza che le parti più importanti dei sistemi socio-culturali, anche quelli con rilevante contenuto tecnico e/o economico, sono le persone. Per essi il modello sistemico è quello multi-minded (figura 5). In tale modello tutte le menti sono chiamate a collaborare, ma il ruolo del leader è fondamentale. Egli/ella deve dedicarsi più alle relazioni che alle azioni. Dove le relazioni sono considerate il luogo assolutamente critico, in cui l’eccellenza nella generazione del valore può essere perseguita. facilmente. L’Occidente, salvo qualche eccezione, ha continuato a perdere terreno nei campi dei beni di consumo e durevoli tradizionali. Ha invece mantenuto posizioni competitive nei campi della tecnologia avanzata e dei servizi ad alto contenuto tecnologico. Essendomi sempre battuto contro tale regressione, colgo anche questa occasione per ribadire il mio punto di vista su cosa dovrebbe essere fatto - e con urgenza. Non solo per restituire al mondo occidentale un ruolo significativo nel campo della qualità dei prodotti, dei servizi e delle pubbliche amministrazioni, ma soprattutto per colmare un grave vuoto culturale. Quale vuoto? Si tratta della carenza di conoscenze ed esperienze sistemiche in coloro che pur governano organizzazioni complesse o formano le persone che dovranno governarle. Sia nelle imprese, sia nelle pubbliche amministrazioni, sia nelle facoltà universitarie che le riguardano, il pensiero dominante è ancora quello analitico; necessario, ma inadeguato a far fronte ai problemi derivanti dalla complessità. Estremamente complessi sono i problemi relativi alla protezione dell’umanità e dell’intero sistema Gaia dai rischi di uno sviluppo selvaggio. Rischi particolarmente imputabili al fatto che l’uomo si è di fatto seduto al posto di guida dell’evoluzione sul nostro pianeta, senza adeguate conoscenze e senza avere definito regole appropriate per la tutela dell’ecosistema Terra. Ma se l’uomo rivendica tale diritto, ha il dovere di conoscere i modi di evoluzione seguiti dalla natura. E, facendo ciò, troverà suggerimenti e anche piacevoli sorprese. Il declino del TQM e l’esigenza di contrastarlo Il declino del TQM nel mondo occidentale iniziò attorno all’anno 2000. Nel giro di pochi anni l’impulso innovativo portato da esso si attenuò, sopraffatto dagli interessi commerciali di breve periodo. Le «vecchie minestre riscaldate» si vendevano meglio, soprattutto nel campo dei servizi, dove i prodotti domestici sono più protetti. In Italia, purtroppo, la certificazione (spesso “certificazione facile”) ha avuto un ruolo dominante. Inoltre, negli anni ’90, il mercato della consulenza fu invaso da una moltitudine di tecnici della qualità, carenti di esperienza organizzativa, che contribuirono pesantemente a riportare la qualità al livello di disciplina tecnica, svuotata di ogni contenuto strategico. Gli atteggiamenti culturali profondamente radicati non si estirpano novembre/dicembre 2016 L’evoluzione guidata dall’uomo non può ignorare i meccanismi dell’evoluzione naturale La conoscenza dei meccanismi fondamentali dell’evoluzione naturale (che ha costruito il mondo in cui viviamo e noi stessi) e quindi la capacità di cogliere le opportunità e identificare i rischi dell’evoluzione guidata dall’uomo3, sono dunque divenute cruciali. Ma sembra che la consapevolezza della criticità del nuovo ruolo sia ancora molto scarsa e che il cambiamento stia avvenendo nel segno di una giovanile spensieratezza, (per usare un eufemismo, sarebbe più corretto usare la parola incoscienza). Con tempi incomparabilmente più brevi dell’evoluzione naturale e senza aver stabilito alcuna etica condivisa, il rischio di imboccare strade sbagliate e compiere scelte gravemente lesive o addirittura distruttive per l’umanità e per l’ecosistema globale è alto. Sono questi evidentemente temi tropo grandi per presumere di affrontarli www.qualitaonline.it y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y Sistemi socio-culturali Livelli di organizzazione Homo sapiens Eco-sistemi Organismi Protobionti Macromolecole Molecole Atomi Macroscopici Particelle (Legami fisici forti) Tempo, anni Big Bang Oggi (15 miliardi di anni) > Fig 6 - Salendo le scale dell’evoluzione cresce la complessità organizzativa ma aumenta la razionalizzazione/semplificazione attraverso la delega. I legami energetici tra le parti via via si indeboliscono, ma emergono legami di nuovo tipo: quelli sociali e quelli socioculturali. da: Erwin Laszlo, Evolution, The General Theory, pag 26 (con piccole modifiche) qui. Ma vorrei accennare ad alcuni concetti chiave, attingendo da eminenti protagonisti dello sviluppo del pensiero sistemico [Gherajedaghi, 1999], [Ackoff, 1999] e, in modo particolare, da un protagonista di primo piano del pensiero evoluzionista moderno - Ervin Laszlo - il principale artefice della Grand Evolution Theory (GET) [Laszlo, 1996/1]. Due altri autori che ritengo interessanti, anche se non utilizzati qui, sono riportati in bibliografia [Heylighen, 1999], [Stewart, 2000/1], [Stewart, 2000/2]. La natura ha una passione per le relazioni4 L’evoluzione, dalle aggregazioni di particelle elementari che hanno seguito il Big Bang ai sistemi culturali di oggi, con cui qui ci confrontiamo, è caratterizzata dall’evoluzione delle relazioni. La figura 6, derivata (con minimi cambiamenti) dal libro di Erwin Laszlo “Evolution, The General Theory” [Laszlo, 1996/1, pag. 26], mostra la progressiva comparsa di sistemi sempre più grandi caratterizzati da legami sempre più deboli e livelli di organizzazione sempre più alti. Gli spazi sub-atomici e atomici sono il regno delle più alte energie e dei legami più forti. Seguendo la scala dei tempi dal Big-Bang ad oggi (asse orizzontale), notiamo una costante crescita dei livelli di organizzazione (asse verticale), accompagnata da una parallela decrescita della forza dei legami fisici. La crescita dei livelli di organizzazione ha portato agli atomi, alle molecole e quindi alle macromolecole, la porta d’ingresso alla vita. Entrando nel regno della vita, troviamo una sequenza che conduce agli ecosistemi, all’uomo e finalmente alle organizzazioni umane. Secondo Laszlo: «queste ultime sono destinate a divenire (se l’uomo agisce secondo ragione) il prossimo significativo stadio dell’evoluzione sul nostro pianeta, dopo la comparsa dell’uomo». Per la nostra discussione sulle organizzazioni sono particolarmente importanti i due stadi che, nella figura, sono posti in cima alla scala dell’evoluzione: la comparsa dell’Homo sapiens e la creazione, da parte di quest’ultimo, dei sistemi socio-culturali. In questi stadi i legami fisici diventano debolissimi, mentre un nuovo tipo di legame appare: quello socio-culturale. Legami sociali sono già presenti negli animali, ma lo sviluppo della mente umana - con le sue capacità di pensare al di là e al di sopra www.qualitaonline.it della realtà e di cambiarla, di migliorare la comunicazione attraverso il linguaggio, di accumulare e condividere le esperienze passate e di costruire su di esse – ha aggiunto la “dimensione culturale” a quella sociale. E così facendo ha cambiato radicalmente la natura delle relazioni. La dimensione culturale è un prodotto della comunità, che la crea ed è arricchita da essa. E’ fatta di storia, tradizioni, valori, conoscenza, credenze, sentimenti condivisi. Si può dire che la cultura è il DNA dei sistemi sociali umani; la loro identità, il cemento che integra i suoi membri in un tutto. Il legame culturale era particolarmente forte nel clan quando questo era il tipico sistema sociale. Si è poi espanso a sempre più larghi gruppi omogenei - tipici i gruppi etnici - normalmente con una progressiva riduzione della forza del legame man mano che la dimensione del gruppo cresceva. Il più rilevante cambiamento del profilo degli umani nel tempo preistorico fu il passaggio dal nomadismo (uomo raccoglitore e cacciatore) alla stanzialità (uomo coltivatore e allevatore). Tale cambiamento favorì la crescita in dimensioni e benessere dei sistemi sociali umani, la comparsa di sistemi socio-politici: città, nazioni. Il tempo storico inizia, per definizione, con la comparsa delle scritture, che portano alla luce la vita reale all’interno dei sistemi sociopolitici e le relazioni fra di essi. Non si può negare che il conflitto per la conquista di nuovi territori e per supremazie regionali emerga come la caratteristica dominante delle relazioni fra tali sistemi. Anche le alleanze sono solitamente strumentali ai conflitti. Il potere militare e i conflitti per la conquista di nuovi territori e la sottomissione di nuovi popoli hanno dunque dominato la scena per millenni, al punto che la convinzione che la violenza e i conflitti siano connaturati con la natura umana - e perciò ineliminabili - fu e rimane tuttora largamente diffusa. Ma tale tesi appare superficiale se si considerano i tempi dell’evoluzione. La presenza dell’uomo sulla terra è un battito d’ali se confrontata con i tempi dell’evoluzione. Si può perciò legittimamente controbattere tale tesi con la seguente: il processo di umanizzazione, cioè di evoluzione dell’homo sapiens dallo stato infantile alla piena maturità, è lungo e faticoso e siamo ancora in mezzo al guado. E’ quindi comprensibile che l’umanità sia ancora divisa fra coloro che vedono le relazioni come uno scambio arricchente per tutte le parti coinvolte e coloro che le vedono come l’arena in cui si deve combattere per perseguire solo il proprio interesse, incuranti del danno per gli altri. Usando il linguaggio della qualità, si può dire che nelle relazioni umane si può parlare di qualità solo se si persegue la soddisfazione di tutte le parti interessate (stakeholder) o , in altri termini, se si mira a una relazione “win-win” (tutte le parti vincono), non il purtroppo tradizionale obiettivo “win-lose” (c’è chi vince e specularmente chi perde), che nei conflitti d’oggi si traduce spesso in “lose-lose” (tutti perdono). Poiché un sistema si regge solo se prevalgono le relazioni sinergiche positive - altrimenti prima o poi sparisce - è chiaro che l’alternativa “cooperazione” è quella che esseri intelligenti dovrebbero perseguire. Essendo il processo di umanizzazione un processo di evoluzione culturale più che fisica, sta all’uomo assecondarlo o contrastarlo. novembre/dicembre 2016 In primo piano Macroscopici (Legami fisici deboli) 7 In primo piano 8 y In primo piano y Siamo forse giunti a una biforcazione5 decisiva. Il cambio di passo nella natura, violenza, estensione dei conflitti, dovuto all’uso distorto dei progressi della scienza, ha cominciato a manifestarsi in modo eclatante alla fine del secondo conflitto mondiale del secolo scorso. Di fronte all’evidenza dei rischi dell’uso di armi di distruzione di massa, in particolare dell’energia nucleare, per scopi bellici, vincitori e vinti, estenuati, convennero che, nella biforcazione, occorreva imboccare la strada di un governo mondiale dei conflitti. A tale livello nacque l’Organizzazione delle Nazioni Unite. E per affratellare nazioni che da secoli si erano combattute nacque in Europa l’Unione Europea. Purtroppo l’una e l’altra hanno subito un progressivo indebolimento a causa dei nazionalismi riemergenti. L’idea recente di globalizzazione è ottima; ancor più, è storicamente necessaria. Purtroppo è stata ridotta e addomesticata da chi si sente forte e ama le relazioni win-lose. La riduzione sta nel considerarne solo l’applicazione ai mercati, all’economia e alla finanza; l’addomesticamento sta nel volerne fare ancora una volta strumento di conquista. Il significato pieno di globalizzazione è: passaggio strutturato e governato dell’ecosistema Terra da un “non-sistema” a un vero sistema. Fino a ieri infatti il nostro Globo era fatto da sistemi chiusi, non - o scarsamente - comunicanti, o addirittura in conflitto, fra loro. Globalizzazione significa dar vita a un vero sistema, in cui, secondo la definizione di sistema, le parti cooperano per il bene comune (non è un sistema di tal fatta l’organismo umano?). All’interno di tale sistema ogni parte persegue il proprio fine; e se lo fa bene rende il sistema sano e anche competitivo rispetto agli altri similari. Finora la globalizzazione non è stata così, perché “la vecchia guardia” che «muore ma non si arrende»6, fatta dai paladini dell’egocentrismo e del darwinismo sociale vi si oppone con tutte le sue forze. Ecco perché la globalizzazione appare come la nuova grande discontinuità che il sistema Gaia si trova di fronte. Se è vera l’affermazione di Laszlo citata sopra, che le organizzazioni umane sono lo stadio di evoluzione che segue la comparsa dell’uomo; se è vero che proprio ora stiamo affrontando una fase critica di tale evoluzione – la trasformazione di sistemi nazionali praticamente chiusi in sistemi aperti; che, a differenza degli stadi di evoluzione precedenti quella presente è governata dall’uomo; che quest’ultimo è tutt’altro che preparato a tale governo; allora la situazione è grave, i rischi sono grandi, la responsabilità collettiva è grande. L’uomo è responsabile della scelta fra il successo di un’integrazione difficile ma possibile e un catastrofico fallimento. La parola magica per tale successo è: cooperazione. L’evoluzione naturale ce lo insegna. Cooperazione: il fattore critico di successo nella evoluzione naturale e nell’evoluzione guidata dall’uomo I più eminenti studiosi dell’evoluzione sono concordi nell’affermare che: «c’è un modello invariante (una “logica”) nei processi evolutivi; e la cooperazione fra le parti coinvolte è il fattore critico di successo» [Laszlo 1996/1 e 1996/2]. Modello invariante non significa che l’evoluzione abbia un carattere deterministico. Il percorso evolutivo non è univocamente determinato. I sistemi che avviano novembre/dicembre 2016 un tale percorso si trovano normalmente di fronte pluralità di scelte. Dice Laszlo: «L’evoluzione è sempre una possibilità. Mai un destino» [Laszlo, 1996/2, pagina 23]. Ma se c’è un modello invariante in ogni processo evolutivo naturale e questo è basato sulla cooperazione, allora è doveroso domandarsi: «perché non seguirlo nei processi evolutivi pilotati dall’uomo, in particolare quelli relativi ai sistemi socio-culturali?». Con un vantaggio: che essendo l’uomo dotato di intelligenza creativa, può scegliere fra le alternative (usando possibilmente i mezzi suggeriti dal pensiero sistemico) aumentando così le probabilità di successo e riducendo drasticamente i tempi. Ma in una cultura che tende a ragionare solo in termini di competizione, la parola cooperazione non è molto popolare. Ciò che non è compreso è che competizione e cooperazione non sono mutuamente esclusive. Sono ambedue necessarie e ciascuna ha il proprio ruolo. La cooperazione deve servire a creare l’ambiente sistemico all’interno del quale sane competizioni possono svilupparsi. Cosa vuol dire “sana”? Vuol dire non selvaggia, ma adattata alla natura dell’essere umano, che è libero, intelligente e sociale. Ed è proprio la dimensione sociale che richiede una definizione concordata dei diritti e dei doveri degli individui e delle loro aggregazioni, avendo come fine il bene comune (vedere più avanti la “piramide dei valori”). La competizione, in tale contesto, rappresenta il lievito, lo stimolo che porta gli individui (e quindi la collettività) a dare il meglio di sé, migliorando continuamente l’intero sistema umano7. L’evoluzione pilotata dall’uomo in questa fase di globalizzazione dovrebbe avere come primo obiettivo una più equa distribuzione delle risorse disponibili (“impronte ecologiche” non troppo diverse). Poiché tale obiettivo ha una scarsissima probabilità di essere perseguito, perché vale il principio «chi ha avuto ha avuto», si dovrebbe per lo meno arginare la crescita degli squilibri. Accanto a una maggiore equità fra i sistemi umani presenti, dovrebbe sempre esserci l’obiettivo di non ipotecare il futuro delle generazioni che seguiranno la nostra, cioè l’obiettivo della sostenibilità dello sviluppo. Ma in una gerarchia di sistemi aperti la sostenibilità parte sempre dall’alto, dal sovra-sistema che li contiene. Ad esempio: non ci può essere sviluppo sostenibile a livello di nazione, se non c’è sostenibilità a livello mondiale. Questa però può essere raggiunta solo attraverso la cooperazione fra i sistemi componenti. E’ ciò che sta avvenendo, a fatica, per il riscaldamento del Pianeta. Potrà mai avvenire per l’economia e, soprattutto, per la finanza? Il discorso della cooperazione vale per tutte le organizzazioni, a tutti i livelli. Solo la cooperazione nella generazione del valore può rendere le organizzazioni efficaci ed efficienti ... Ancora una volta osserviamo la natura, in particolare l’essere più sviluppato su nostro pianeta: l’uomo. Il corpo umano è un magnifico esempio di cooperazione fra tutte le parti che lo compongono (vedere il famoso apologo di Menenio Agrippa) [Wikipedia, 2015]. Carenze di cooperazione generano quelle che chiamiamo malattie. Il corpo è organizzato per curarle e prevenirle. E la mente per inventare sempre nuove cure. Il corpo umano è un esempio da imitare anche riguardo alla “delega”. Pensiamo alla complessità che dowww.qualitaonline.it y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y 9 In primo piano > Fig 7 - Il “Value Generation Cluster”, il processo sinergico di generazione del valore nelle relazioni > Fig 8 - Nella visione sistemica, l’organizzazione è una rete complessa di relazioni; e il centro delle realzioni con l’ambiente in cui è allocata. Nella figura l’organizzazione (ellisse interno) è schematicamente rappresentata come rete di reti. vrebbe aver il cervello se dovesse controllare direttamente sottosistemi come quello della circolazione del sangue, o della termoregolazione, o quello immunitario. In natura, infatti, più alto livello di organizzazione non significa maggiore complessità, ma semplificazione e delega8. L’architettura organizzativa concepita e descritta in termini di generazione di valore - e i “mattoni” per realizzarla L’architettura organizzativa è fondamentale per rendere l’organizzazione un sistema orientato ai fini, cioè alla generazione del valore atteso dai destinatari delle sue attività. Poiché la massimizzazione del valore si ottiene attraverso la sinergia dei gruppi, il mattone – o cella base - dell’organizzazione sarà il gruppo. Nel documento che introduceva questi concetti [Conti, 2005], tale cella base è chiamata “Value Generation Cluster”; essa è rappresentata nella figura 7 nella sua forma più semplice: un triangolo con ai vertici tre persone. Chiaramente i gruppi saranno normalmente composti da più di tre persone e in tali casi la figura sarà un poligono (figura 9). La cella base è un “mattone a dimensione variabile”, dove la dimensione è limitata solo dall’esigenza primaria di avere una squadra coesa. L’edificio dell’organizzazione si presenterà come un cluster di cluster (una rete di reti), con una struttura “a scatole cinesi” (tipica dei sistemi, a cominciare da quelli naturali). Ma lo scopo principale della figura è evidenziare le caratteristiche che il cluster deve avere per realizzare il suo fine: la massima efficacia nel generare il valore atteso. Le linee continue nella figura indicano le relazioni e le frecce le direzioni dei flussi di valore in tali relazioni. La nota in alto a destra avverte che la vitalità delle relazioni e l’intensità dei flussi di valore dipende da quanto l’ambiente è permeato dai valori considerati indispensabili (vedere i tre rettangoli all’interno dell’elisse: la cooperazione, la trasparenza, la fiducia). La massimizzazione dei flussi di valore dalle persone verso il blocco centrale è il fine primario, per il quale l’organizzazione a cluster è creata. Tale blocco rappresenta infatti il risultato dell’attività del cluster, il contributo che esso dà al fine specifico dell’organizzazione. Tale contributo è misurato da un fattore moltiplicativo K (fattore di siwww.qualitaonline.it (Elaborazione da: J. Gharajedaghi, “sistems Thinking, pp. 30-32) nergia) che rappresenta il rapporto fra il valore che il cluster è in grado di generare e il valore che le stesse persone potrebbero generare in una normale situazione di parcellizzazione e suddivisione del lavoro. Misura difficile, ma possibile se il cambiamento organizzativo viene adeguatamente monitorato. Il flusso contrario, dal blocco centrale verso le persone e i flussi di valore fra le persone sono i fattori critici per raggiungere l’effetto sinergico di cui sopra. Non servono qui le tattiche, gli interventi formativi spot; serve poco anche il denaro, motivatore di breve periodo. L’esperienza dice che solo un ambiente sociale favorevole e leader convinti, determinati e dotati di carisma possono riuscire nell’impresa di creare un “ambiente imbevuto di valori condivisi”. La parola chiave è sempre “cooperazione”. Ben poco si potrà fare in ambienti sociali in cui prevale ancora la cultura del conflitto. E’ consuetudine rappresentare le organizzazioni tramite organigrammi. Ma questi sono atti a descrivere solo la distribuzione del potere e le catene di comando. Dicono nulla delle dinamiche vitali dell’organizzazione, di come essa è strutturata per raggiungere i propri fini. Solo rappresentazioni che evidenzino le reti delle relazioni finalizzate alla generazione del valore possono evidenziare tali dinamiche – e permettere di gestirle correttamente. La figura 8 fornisce una visione sintetica dell’organizzazione (ellisse interno) vista come rete di reti, immersa nell’ambiente esterno. Quest’ultimo è suddiviso in ambiente transazionale, quello su cui l’organizzazione può influire; e ambiente indipendente, quello che l’organizzazione deve comunque conoscere e tenere nella dovuta considerazione. E’ rappresentata anche una rete composta da cluster interni e partner esterni. La figura 9 prende dal mondo delle imprese un esempio di rete di generazione di valore (declinabile in cluster di cluster): il macroprocesso di pianificazione-sviluppo-produzione-commercializzazione di un prodotto. Tutte le relazioni, per tutti i principali stadi del processo, sono evidenziate. La successiva figura 10 è focalizzata sulla fase 2 del macro-processo di figura 9 e a tal fine evidenzia, con lo spessore delle righe, l’importanza e quindi l’intensità delle relazioni. novembre/dicembre 2016 10 In primo piano y In primo piano y > Fig 9 - La rete di “Value Generation Cluster”, per lo sviluppo di nuovi prodotti La piramide dei valori: da quelli individuali a quelli sociali. Abbiamo osservato sopra che, con il progresso del processo di umanizzazione, le relazioni fra le persone sono sempre più influenzate da fattori culturali. Anche l’attrazione sessuale, il più forte fra i fattori fisici attrattivi, può arricchirsi di fattori immateriali – emotivi, intellettuali, artistici – così da raggiungere picchi inimmaginabili in loro assenza (l’amore – e il suo opposto, l’odio – hanno ispirato poemi e tragedie in tutte le culture). Alla base dei comportamenti umani nelle relazioni ci sono da un lato le aspettative e le percezioni di valore o non valore ricevuto rispetto ad esse; dall’altro l’attitudine morale, che spazia dall’egocentrismo all’altruismo. Poiché il nostro focus è sull’adeguatezza dei sistemi sociali ai propri fini - e abbiamo visto come su tale adeguatezza pesino i comportamenti umani, in particolare la cooperazione verso la competizione - è opportuno concludere la nostra discussione con una breve riflessione su come le regole di convivenza sociale - per ogni tipo e livello di organizzazione - dovrebbero porsi in relazione ai valori individuali e ai valori sociali degli altri tipi e livelli di organizzazione. In fondo è una riflessione sui diritti e sui doveri, ancor oggi materia di divergenze e anche di conflittiFaremo tale riflessione con l’aiuto di una “piramide dei valori”, rappresentata nella figura 11. [Conti, 2010]9. Al vertice della piramide sono posizionati i valori personali, valori intimi e profondi, che sono confinati negli spazi materiali e spirituali privati. Fino a che questi non collidono con i diritti altrui essi dovrebbero essere del tutto rispettati. Scendendo lungo la piramide troviamo diversi tipi di sistemi sociali (via via più complessi) ai quali l’individuo può appartenere. Per ciascuno di essi si deve trovare il giusto compromesso fra valori individuali e valori sociali. Si devono cioè individuare delle “regole etiche”, di convivenza civile. La prima fascia che incontriamo è quella delle aggregazioni sociali create per rispondere a esigenze individuali di valore, che per scelta libera diventano collettive. Aggregazioni volontarie, basate su valori comuni, tipiche quelle religiose, culturali, sportive. La successiva fascia è quella delle imprese, delle pubbliche amministrazioni o altre organizzazioni che hanno come fine la creazione di valore per clienti o per cittadini. In tali novembre/dicembre 2016 > Fig 10 - La figura mostra le relazioni attive e la loro intensità (rappresentata qualitativamente dallo spessore delle righe) nella fase 2, nella quale il cluster Pianificazione e leader aggregazioni comincia a emergere il rischio che il valore di cui si tiene conto sia solo quello materiale, relativo ai prodotti e servizi. Ciò che spesso manca è la cura del valore immateriale, della qualità del rapporto. Ma ancor più spesso manca la “qualità radice”, cioè quella dell’organizzazione: la misura in cui l’organizzazione è intrinsecamente capace di generare i valori attesi dai suoi stakeholder. Come sostenuto sopra, solo un sistema di valori condivisi, cominciando dalla cooperazione, è condizione per il successo nel perseguire tale capacità. Affinché il sistema di valori dell’impresa o della Pubblica Amministrazione sia corretto, è necessario che esso non sia in contrasto con i valori e i diritti personali, né con i valori sociali di altri livelli della piramide, in particolare quelli inferiori (organizzazioni sociopolitiche nelle quali il livello considerato è inserito). Inoltre esso deve essere chiaramente comunicato ai nuovi assunti - e praticato, in primo luogo dal management10. Scendendo ancora nella piramide, incontriamo i livelli delle organizzazioni sociopolitiche: governi locali, regionali, statali, federali. A tali livelli i principi etici condivisi (diritti e doveri) prendono la forma di costituzioni e leggi e diventano i codici etici dei cittadini. L’ultimo passo ci porta al livello dell’intera umanità. Il codice etico comprende i valori umani e sociali condivisi a livello mondiale e i conseguenti diritti e doveri. La situazione attuale vede chiaramente un work in progress. Siamo ancora lontani da un codice etico condiviso a livello mondiale soddisfacente e da un’organizzazione mondiale in grado di farlo rispettare da tutti i suoi membri. I conflitti prevalgono ancora sulla cooperazione. Ma la via da seguire è chiara a tutti gli uomini di buona volontà. Conclusioni Può sembrare strano, in un tempo in cui le crisi e i conflitti si moltiplicano e si estendono, sostenere che i problemi prioritari da affrontare siano oggi di tipo culturale ed etico. Eppure è così. Rientrano infatti nel quadro clinico delle crisi la carenza di strumenti culturali atti a comprenderle e affrontarle - e la capacità di sostituire paradigmi mentali obsoleti con nuovi paradigmi. Si allarga oggi il solco fra la tecnologia – sempre più asservita alle esigenze di chi tiene le redini del potere finanziario e dei mercati – e la scienza, che perde sempre più autonomia, proprio nel momenwww.qualitaonline.it y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y 2 Valori condivisi dalle Livello delle aggregazioni volontarie persone che basate sulla comunanza dei valori. volontariamente Esempi: le aggregazioni religiose e culturali aderiscono all’organizzazione Valori che le imprese o altre Livello delle imprese o altre organizzasimili organizzazioni chiedono zioni che hanno per fine la creazione di alle persone che volontariamente valore per clienti o cittadini. scelgono di farne parte di condividere Valori sociali basilari che i membri Livello delle organizzazioni di un sistema sociopolitico democratico sociopolitiche: locali e regionali, sono richiesti di condividere (normalmente governi, stati, federazioni di stati. formalizzati in costituzioni e leggi). Valori umani e sociali fondamentali, che Umanità dovrebbero essere condivisi a livello mondiale (v. proclamazioni dei diritti delle Nazioni Unite). Sistema aperto in cui la freccia del tempo non punta verso il basso (aumento dell’entropia, maggior disordine) ma verso l’alto (diminuzione dell’entropia, maggior ordine). I sistemi vivi sono gli esempi tipici di sistemi neghentropici; e l’evoluzione naturale è il tipico esempio di processo in cui la freccia del tempo punta verso l’alto. 3 L’evoluzione guidata dall’uomo ha portato grandi benefici – ad esempio nei campi della medicina e dell’agricoltura - ma ha anche causato grandi danni all’ecosistema, come la sparizione di grandi quantità di specie vegetali e animali, o la cancellazione irreversibile di risorse naturali non rinnovabili 4 Affermazione molto significativa di E. Laszlo. 5 L’evoluzione naturale mostra spesso lunghi (se misurati con il metro umano) periodi di stabilità, seguiti da cambiamenti subitanei. Nei periodi di (apparente) stabilità cambiamenti avvengono ma sono normalmente lenti, per cui la scienza umana era arrivata a concludere che «natura non facit saltus» (la natura non fa salti). Ma in tali > Fig 11 - La piramide dei valori: dal livello dei valori personali, intimi (vertice), al livello dei lunghi periodi può avvenire l’incubazione del cambiamento, non predeterminato valori umani e sociali fondamentali (base) ma che può scatenarsi a fronte di “biforcazioni” anche drammatiche. Perciò «natura to in cui si trova di fronte a cambiamenti radicali di metodo e di strumenti; nel momento in cui il progresso tecnologico dovrebbe cedere il passo al progresso umano, affinché quest’ultimo si ritrovi in grado di gestire il primo. Rientra nello stesso quadro clinico la sottovalutazione, per non dire il rifiuto, di un’etica sociale condivisa che sia posta a presidio dell’integrità del pianeta e a salvaguardia dell’umanità. Nelle pagine precedenti si è voluto sottolineare, in chiave laica11, l’urgenza di affrontare i temi critici dell’economia, dello sviluppo sostenibile, della globalizzazione, della qualità della vita, sulle solide basi della dinamica dei sistemi socio-culturali; e di porre le basi etiche per affrontare l’avventura di un’evoluzione pilotata dall’uomo. Un uomo che si senta custode del pianeta di cui è di fatto divenuto padrone. facit saltus». Se si tratta di cambiamenti nel sistema umano che l’uomo può dominare, quest’ultimo dovrebbe usare l’intelligenza per evitare di imboccare vie sbagliate. 6 Tale orgogliosa risposta è attribuita a un generale della Vecchia Guardia di Napoleone. 7 Il vantaggio dei sistemi sociali basati sul binomio cooperazione-competizione emerge anche dal confronto fra sistemi socio-politici. Là dove la cultura del “bene comune” prevale sugli interessi di parte c’è anche maggior libertà e benessere individuale. 8 «Sistemi a un più alto livello organizzativo possono controllare sistemi più complessi a un livello inferiore grazie alla possibilità per il livello più alto di poter selezionare quali dinamiche di dettaglio possono essere trascurate …»… «L’emergenza di un sistema a livello superiore non è una complessificazione ma una semplificazione delle funzioni del sistema» .[Laszlo, 1996/1, pagine 27 e 28]. 9 Chiaramente l’ispirazione viene dalla Piramide di Maslow, ma il fine – e quindi le 10 Adriano Olivetti (1900-1959), l’imprenditore italiano noto per la leadership persona- conclusioni – sono diversi. n RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI. 1 2 3 Ackoff, R.L. (1999), Re-creating the Corporation, Oxford University Press, New le e la visione imprenditoriale che ha anticipato di gran lunga I tempi, sapeva tra- York, NY. smettere i valori fondanti della sua azienda non tanto attraverso messaggi altisonanti Conti, T. (2005), Quality and value: convergence of quality management and systems e pubblicazioni su carta patinata, ma cogliendo tutte le occasioni che la vita azien- thinking, ASQ World Quality Congress, Seattle, 16-18 May 2005. dale offriva, cominciando dal momento dell’assunzione. Egli personalmente richia- Conti, T. (2010) The dynamics of value generation and their dependence on an orga- mava tali valori negli incontri personali e collettivi, quando ne ravvisava l’opportuni- nization’s internal and external value system. Total Quality Management Vol. 21, tà. Ma, ancor più importante egli praticava i valori che predicava, e i collaboratori lo No. 9, Pages, 885–901. sapevano, così come sapevano che la stessa cosa era richiesta a loro. Risultato di 4 Gharajedaghi, J. (1999), Systems Thinking, Butterworth Heinemann, Boston, MA. ciò, oltre che della costante attenzione dell’azienda al benessere degli impiegati e 5 Heylighen, Francis Paul (1999) The Global Superorganism: an evolutionary-cyberne- delle loro famiglie, era l’atteggiamento collaborativo e la lealtà nei confronti dell’a- tic model of the emerging network society. Social Evolution & History. 6 No. 1. zienda. E la performance dell’azienda, sotto la leadership di Adriano Olivetti, fu ec- 6 Heylighen F., Bollen J, Riegler A. (1999): The Evolution of Complexity, Kluwer Academic, Dordrecht. cezionale. 11 La chiave laica è quella che consente, sulla base della ragione e del dialogo senza 7 Laszlo E. (1996/1), Evolution, the General Theory, Hampton Press, Cresskill, NJ. pregiudizi, di giungere a conclusioni condivise quando è in gioco il bene comune. 8 Laszlo E, (1996/2), The Sistems View of the World, Hampton Press, Cresskill, NJ, pa- Contributi importanti al dialogo sulla tematica della globalizzazione e dello sviluppo ge 26. sostenibile possono certamente venire dalle religioni che condividono un’etica basa- Stewart J. (2000/1) Evolution's Arrow: the direction of evolution and the future of ta sul rispetto del - e addirittura l’amore per il – prossimo, e che hanno per obiettivo humanity, Kindle Books. lo sviluppo pacifico dell’umanità. Esemplare a questo proposito è l’Enciclica “Lauda- 10 Stewart J. (2000/2) The Evolutionary Manifesto, Kindle Books. to si’” emanata da Papa Francesco 11 Wikipedia, 2015. https://it.wikipedia.org/wiki/Agrippa_Menenio_Lanato 9 TITO CONTI n NOTE 1 Le figure n. 2, n. 4 e n. 5 sono derivate da analoghe figure del testo di J. Gharajeda- è uno dei massimi esperti mondiali della gestione per la Qualità è stato, tra l’altro, presidente nazionale di AICQ ghi segnalato nei riferimenti bibliografici al numero 4. www.qualitaonline.it novembre/dicembre 2016 In primo piano Valori personali Livello degli individui, con i loro valori personali, che dovrebbero essere sempre rispettati, a qualunque organizzazione essi appartengano 11 Tema 12 y Qualità & Futuro y >> Francesco COSTANTINO, Giulio DI GRAVIO, Massimo TRONCI Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile Il contesto di riferimento La struttura della società attuale sarà fortemente condizionata da 10 trend che ne cambieranno in maniera significativa la fisionomia e contribuiranno a costruire una nuova rivoluzione industriale: 1. la capacità delle imprese di gestire la consumer experience intesa come l’interazione tra l’azienda e il cliente lungo tutto lo sviluppo della loro relazione; 2. la possibilità di realizzare la mass customization attraverso una riduzione dei costi unitari propri della produzione di massa unita alla capacità di realizzare produzioni flessibili volte a ottenere prodotti fortemente personalizzati; 3. la capacità di conseguire la glocalization come conseguenza di un pensare in termini globali e di una capacità di agire sul piano locale; 4. la possibilità di realizzare l’internet of things collegando a internet miliardi di dispositivi (dai più complessi come un aereo ai più semplici come un ago per cucire); 5. attuando il remote control sia dei sistemi più semplici quali gli elettrodomestici di una casa, sia di un’intera fabbrica; 6. sviluppando un 3D Printing capace di modificare il modello di business delle imprese; 7. producendo smart objects capaci di dialogare con i sistemi di controllo,di ricevere e fornire informazioni sul loro livello di prestazione ovunque e in qualsiasi momento; 8. realizzando il reshoring manufacturing attraverso il bilanciamento di un novembre/dicembre 2016 ampio spettro di fattori (costi di produzione e di trasporto, tassi di cambio, protezione della proprietà intellettuale e vicinanza al cliente); 9. attuando un approccio proattivo in termini di regulation compliance anticipando i tempi di allineamento alle modifiche normative nei diversi campi della sicurezza e della sostenibilità ambientale; 10. perseguendo la sustainability a 360° nell’impiego delle risorse, nello sviluppo dei prodotti e dei processi produttivi, nella sostenibilità del business. Gli elementi determinanti per la realizzazione di questi trend possono essere individuati nei Cyber-Physical Systems (CPS) che rappresentano il risultato della sempre maggior convergenza tra il “mondo fisico” e il “mondo virtuale” (cyber spazio) grazie all’introduzione del protocollo internet IPv6 capace di rendere disponibile un numero di indirizzi IP sufficiente a mettere in diretto collegamento tramite internet gli smart objects ovvero dispositivi che misurano, analizzano, controllano e comunicano. Questo significa che, per la prima volta, sarà possibile far dialogare e creare in internet un network di risorse, informazioni, oggetti e servizi (Internet of Things and Services – IoTS). L’Internet of Things and Services e la conseguente trasformazione in atto determinerà lo sviluppo di smart grids in molteplici settori (figura 1): •produzione e distribuzione di energia (Smart Energy); •mobilità sostenibile e logistica (Smart Mobility e Smart Logistics); •costruzioni (Smart Buildings); •sanità (Smart Health): •produzione industriale (Smart Products realizzati con uno Smart Manufacturing in Smart Factories). La Quarta Rivoluzione Industriale Nell’ambiente industriale si può ormai parlare di una Quarta Rivoluzione Industriale (Industry 4.0 o Industrie 4.0) la cui piena attuazione richiede lo sviluppo di processi di integrazione: •orizzontale attraverso la generazione di network della catena del valore; •verticale della supply chain di sistemi produttivi smart; •delle tecnologie abilitanti; •della progettazione interdisciplinare lungo l'intera catena del valore. L’iniziativa “Industrie 4.0” è un’iniziativa strategica del governo tedesco che è stata adottata a novembre 2011 come parte del più ampio High-Tech Strategy 2020 Action Plan nell’ambito del quale, con lo scopo di definire le linea guida e le iniziative collegate, a gennaio 2012 è stato istituito l’Industrie 4.0 Working Group che, sotto la presidenza di Siegfried Dais (della Robert Bosch GmbH) e del Prof. Henning Kagermann (della Acatech – Accademia Tedesca di Scienze e Ingegneria), ha presentato le sue raccomandazioni sull’argomento con una relazione al governo tedesco e la predisposizione di un documento tecnico di riferimento [Acatech, 2013]. L’obiettivo da raggiungere è quello della Fabbrica Intelligente (Smart Factory) che, grazie a CPS e IOTS, è caratterizzata da flessibilità, efficienza nell’uso delle risorse produttive, ergonomia e sicurezza, processi di integrazione dei clienti e dei busiwww.qualitaonline.it y Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile y 13 Tema > Fig 1 - Internet of things and Services Fonte: Acatech et all., 2013 ness partner nella catena del valore e del business. Industria 4.0 potrà contare sui seguenti driver tecnologi [Rubman et al., 2015; MISE, 2016]: •Industrial Internet of Things che già oggi vede la presenza di un numero di dispositivi di processo (dispositivi embedded, macchinari, sistemi di controllo, sensori, altri dispositivi di campo) dotati di IPe capaci di identificazione, localizzazione, autodiagnosi, sensing e comunicazione in internet che in futuro potranno essere collegati con dispositivi di prodotto in un sistema integrato di controllo grazie anche alla comunicazione mobile. •Cloud Manufacturing che rappresenta l’applicazione in ambito manifatturiero del Cloud Computing che sta via via sostituendo i personal computer ma che sempre di più dovrà consentire lo scambio di dati e informazioni tra diversi siti della stessa impresa e tra imprese di differente ragione sociale all’interno della supply chain abilitando, tramite internet, l’accesso diffuso a risorse IT per la gestione della supply chain e dei relativi processi produttivi anche grazie alla virtualizzazione delle risorse produttive su piattaforme dedicate. •Broadband infrastruttura di rete per la condivisione, in tempo reale, di dati, informazioni, software e applicazioni tramite internet. •Big Data and Analytics in quanto i dati sono prodotti ed utilizzati ovunque con un tasso di crescita esponenziale (il 90% dei dati è stato generato negli ultimi due anni) e richiedono una sempre maggiore attenzione con riferimento alle 6 V del dato (Volume, Varietà, Velocità, Valore, Vewww.qualitaonline.it > Fig 1 - La quarta rivoluzione industriale ridicità, Volatilità). L’Industrial Analytics consiste nello sviluppo di metodologie capaci di trattare ed elaborare velocemente grandi quantità e varietà di dati (Big Data) generati dalla supply chain. •Cybersecurity in quanto la realizzazione di smart grid nella produzione industriale renderà necessario proteggere le informazioni, i processi e i sistemi industriali critici da accessi non desiderati per tutelare privacy e segreti industriali. •Additive Manufacturing/3D Printing grazie all’impiego di strumenti innovativi per il disegno, la modellazione solida (CAD 3D) e la produzione industriale con stampanti 3D che permettono la realizzazione economica di prototipi e la produzione, anche decentralizzata, di geometrie di prodotto complesse, in piccoli lotti di prodotti personalizzati (anche uno) incidendo in maniera significativa sui tempi di produzione, sui costi di trasporto e di stoccaggio. •Artificial Intelligence/Machine Learning che grazie allo sviluppo di algoritmi adattativi e capaci di autoapprendimento consentono lo sviluppo di una automazione avanzata e la realizzazione di robot autonomi capaci di analizzare e correlare dati e informazioni, riconoscere forme, suoni e immagini con modalità sempre più vicine a quelle umane. •Advanced Automation and Autonomous Robot disponibilità di macchine automatiche sempre più “intelligenti” e di robot con rilevanti capacità cognitive in au- toapprendimento che stanno diventando sempre più flessibili, autonomi e cooperativi sia con altri robot, che con il personale con il quale lavorano fianco a fianco in sicurezza e dal quale imparano. •Advanced Human Machine Interface, Wearable Devices, Augmented Reality dispositivi e funzionalità digitali capaci di integrare dati e informazioni alla visione fisica in modo da supportare una notevole varietà di servizi quali ad esempio quelli logistici per guidare il prelievo della merce in magazzino, con indicazioni su quale prodotto prendere, in che quantità e dove si trova, nonché riconoscimento tramite telecamera integrata (e quindi tracking del prodotto), quelli manutentivi con la visione sovraimposta ai macchinari delle fasi da svolgere per la manutenzione, con il dettaglio di dove intervenire. •Simulation da applicare nell’integrazione verticale dell’ingegneria del prodotto, del processo e dell’impianto e nella programmazione della produzione grazie alla disponibilità in tempo reale di dati relativi ai prodotti, alle macchine alle risorse umane.Ad esempio Enterprise Resource Planning (ERP) in grado di programmare i Manufacturing Execution System (MES) in base ai segnali dinamici provenienti da POS e smart-product, con flessibilità di impianto automatizzata. Il potenziale e le aree chiave di Industria 4.0 Il potenziale della Quarta Rivoluzione Innovembre/dicembre 2016 14 Tema y Qualità & Futuro y > Fig 3 - La Smart Factory dustriale può essere così sintetizzato; •le fabbriche intelligenti (figura 3) saranno capaci di realizzare lotti di produzione molto piccoli e, in alcuni casi, addirittura unitari; •le dinamiche del business model e i processi di ingegneria consentiranno modifiche anche last minute dei piani di produzione e dei relativi processi per reagire a qualsiasi problema produttivo dalle modifiche degli ordini dei clienti, alla disruption della supply chain dei fornitori e/o a problemi manutentivi; •lo scambio di informazioni e la trasparenza end-to-end sui processi produttivi dell’intera supply chain diventerà praticabile favorendo il forecasting e la pianificazione evoluta della produzione, il monitoraggio in tempo reale della supply chain e le scelte decisionali dei diversi agenti della filiera; •l’impiego efficiente di tutte le risorse produttive verrà abilitato lungo l’intera supply chain e la catena del valore ne beneficerà garantendo ritorni adeguati sia al cliente finali, sia ai diversi agenti della filiera; •l’organizzazione del lavoro potrà tener conto dell’evoluzione demografica, dei cambiamenti sociali e dello sviluppo della conoscenza. L’implementazione della strategia Industria 4.0 si focalizzerà necessariamente su alcune aree prioritarie di integrazione (figura 4): •orizzontale attraverso la realizzazione di reti del valore; •verticale dell’ingegneria lungo l’intera catena del valore attraverso la completa digitalizzazione dei processi di ingegneria; •verticale dei sistemi produttivi in filiera che saranno chiamati ad operare in rete; •dei nuovi modelli sociali e organizzativi dell’ambiente di lavoro. novembre/dicembre 2016 Fonte: MISE, 2016 > Fig 4 - La quarta rivoluzione industriale I modelli di business delle aziende e le relative strategie, i nuovi network del valore potranno ricevere nuovo supporto dallo sviluppo dei CPS che renderanno possibili nuovi modelli e forme di cooperazione tra i diversi attori per lo sviluppo della produzione sostenibile, la protezione della conoscenza, la standardizzazione, la formazione del capitale umano. I CPS potranno contribuire alla realizzazione dell’integrazione digitale end-toend di tutti i processi di ingegneria di prodotto, di processo e di impianto attraverso la catena del valore che attraversa tutte le aziende della suppy chain per soddisfare le esigenze del cliente. In tale ambito: •un approccio olistico ai sistemi di ingegneria è la base per raccordare le diverse discipline scientifiche e le relative metodologie e tecniche di progettazione; •la simulazione gioca un ruolo chiave nella gestione della complessità crescente dei sistemi tecnologici e produttivi; •i sistemi informativi devono supportare l’integrazione verticale dell’ingegneria lungo l’intera catena del valore dalla progettazione del prodotto, alla progettazione dei processi produttivi e degli impianti, alla gestione della produzione, all’erogazione dei servizi post vendita. Nell’integrazione verticale dei sistemi produttivi i CPS consentiranno di realizzare ambienti produttivi flessibili e riconfigurabili per realizzare piani e processi produttivi grazie alla disponibilità di modelli, algoritmi, dati e informazioni capaci di delineare configurazioni specifiche per le situazioni che di volta in volta si presenteranno e che saranno gestite dagli ERP aziendali. I CPS per assicurare il pieno sviluppo del loro potenziale richiedono la realizzazione di nuove strutture dell’organizzazione del lavoro per realizzare lo sviluppo dell’interdisciplinarietà delle competenze individuali, la collaborazione e il lavoro di team, il lifelong learning, il miglioramento della produttività in un ambiente di lavoro che vedrà operatori e robot lavorare fianco a fianco. L’impegno verso la responsabilità sociale delle imprese dovrà aumentare per assicurare nuovi modelli di contratti di lavoro, di socializzazione delle conoscenze, di job rotation. Le aree chiave e i processi per l’implementazione della strategia Industria 4.0 Le tecnologie abilitanti per l’Industria 4.0 si stima possano raggiungere la piena maturità tecnologica e commerciale in un arco temporale di 10-15 anni con livelli di investimento significativi sia a livello europeo che nazionale come evidenziato dalle analisi del Ministero dello Sviluppo Economico riportate in figura 5. Data la complessità tecnologica e l’alto impatto sull’impiego delle risorse, l'implementazione della strategia Industria 4.0 deve essere realizzata attraverso un'iniziativa strategica del governo così come avvenuto nel 2012 in Germania, accompagnata da adeguate decisioni industriali e di politica industriale, supportata da azioni specifiche in aree chiave e guidata da una lettura attenta del tessuto industriale di applicazione a livello di sistema paese, di territorio, di settore/filiera, di sistemi di aggregazione (cluster, reti di imprese, ecc.). Le priorità degli interventi necessari a realizzare un sistema nazionale di Industria www.qualitaonline.it y Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile y > Fig 5 - Stima del fabbisogno di investimenti per industria 4.0 possono essere individuate nelle aree seguenti: •definizione di Standard e Architetture di Riferimento per reti di imprese e supply chain; •revisione dei modelli legislativi, normativi, di contrattualistica industriale e di protezione industriale; •sviluppo delle capacità di pianificazione e management dei sistemi complessi; •sviluppo della capacità del sistema industriale nazionale a contribuire alla realizzazione e a utilizzare al meglio le tecnologie abilitanti di Industria 4.0; •sviluppo della capacità di gestione e analisi dei Big Data; •realizzazione di una robusta infrastruttura di banda larga per il sistema industriale che copra l'intero territorio nazionale; •rafforzamento dell'attenzione per le tematiche di security, safety ed environment; •revisione dei modelli di organizzazione e progettazione del lavoro; •sviluppo delle capacità di ricerca e innovazione; •formazione (tecnica e universitaria) e sviluppo professionale. Di particolare interesse è l’attenzione agli standard e alle architetture di riferimento che costituiscono il framework all’interno del quale si potranno strutturare, sviluppare, integrare e operare i processi di sviluppo e produzione dei prodotti e dei servizi offerti dalle diverse imprese della supply chain realizzando la convergenza verso un unico comune approccio dei differenti approcci delle aziende partecipanti. Lo sviluppo dell’architettura di riferimento potrà essere sviluppata con diverse prospettive (figura 6): •dei sistemi produttivi; •dei dispositivi da interconnettere; •del software; •dell’ingegneria. www.qualitaonline.it Tema Dal 15 Fonte: MISE, 2016 punto di vista dei sistemi produttivi > Fig 6 - L’architettura di riferimento per Industria 4.0 Fonte: Acatech et all., 2013 questo significherà integrare i prenditoriale italiano che, essendo caratprocessi produttivi e logistici. terizzato dalla presenza di piccole e meDal punto di vista dei dispositivi da interconnettere all’interno dei sistemi produtti- die imprese con dimensioni molto ridotte vi l’integrazione andrà sviluppata tenendo delle unità produttive, non ha adeguate in considerazione le diverse tipologie e il capacità di investimento e di accesso al livello di evoluzione tecnologica di: dis- credito, necessita di una maggiore stabilipositivi di automazione, dispositivi di tà delle politiche industriali e di promocampo, bus di campo, controllori logici zione ed incentivazione della ricerca e programmabili, dispositivi operativi, dis- dell'innovazione, ha ancora difficoltà a positivi mobili, server, workstation, dispo- collaborare (con le altre imprese e il sistema della ricerca). sitivi di accesso Web. Dal punto di vista degli applicativi soft- Il rischio reale per le di piccole e medie ware è opportuno far riferimento alle ap- imprese è quello di anteporre l'adeguamento di impianti e sistemi informatici plicazioni software per: •l’ambiente di produzione per: acquisizio- ad una chiara definizione dei bisogni di ne dati dai sensori, funzioni di controllo se- standardizzazione dei processi e delle informazioni da condividere nei processi di quenziale, controllo continuo, interconnesso, dati operativi, dati macchina, dati rete/filiera, muoversi in maniera autonodi processo, archiviazione, analisi delle ma e non coordinata con la rete/filiera di tendenze, funzioni di pianificazione e di appartenenza, non riuscire ad analizzare in maniera critica l'offerta di tecnologia ottimizzazione; •la supply chain per: la definizione di SLA produttiva ed informatica. (Service Level Agreements), la pianifica- Appare quindi fondamentale una forte sizione commerciale e di gestione, la logisti- nergia tra l’azione politica e quella induca interaziendale o delle reti di supporto, striale rivolta a: incluse le interfacce rilevanti e l'integrazio- •costituire una Cabina di Regia/Piattaforne con i singoli ambienti di produzione ma per assicurare un approccio trasverLa prospettiva dell’ingegneria in un sistesale all'implementazione delle azioni nelma di produzione seguirà necessariamenle aree chiave grazie al contributo di esperte la logica del Product Lifecycle Manageti dell'industria, delle professioni e del siment (PLM), integrando i diversi sistemi stema della ricerca e dell'università; propri dell’ingegneria di prodotto quali il •rafforzare l'azione di promozione delle CAD (Computer Aided Design) e il CAE aggregazioni delle imprese in rete per svi(Computer Aided Engineering) con quelli luppare iniziative di Reti 4.0 (il Contratto dell’ambiente di produzione CAPP(Comdi Rete è uno strumento molto appropriaputer Aided Process Planning), CAM to per lo sviluppo di un Programma di Re(Computer Aided Manufacturing), CIM te 4.0); (Computer Integrated Manufacturing) e •favorire la collaborazione tra il Cluster MES (Manufacturing Execution Systems). “Fabbrica Intelligente”, le Reti IndustriaLo sviluppo dell'Industria 4.0 pone però li e le Reti di Ricerca e Innovazione; una serie di questioni per il tessuto im- •favorire la costituzione di network tra il novembre/dicembre 2016 Tema 16 y Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile y sistema di ricerca e formazione superiore (Istituti di Ricerca e Università) per fornire supporto alle imprese e alle Reti 4.0 anche attraverso la costituzione di Hub Tecnologici che, a scala territoriale, favoriscano l’incontro di domanda e offerta di innovazione tra il mondo delle imprese e il mondo della ricerca e della consulenza come di recente proposto da Unindustria Lazio attraverso il progetto pilota Cicero Hub - CPS/Iot Ecosystem of Excellence for Manufacturing Innovation. tembre 2015. und Wissenschaft begleiten die Hightech-Strategie, (2013), (2014), “Think Act Industy 4.0. The new industrial re- “Securing the future on German manufacturing industry. volution; how Europe will succeed”, Roland Berger Stra- Recommendations for implementing the strategic ini- tegy Consultants, Marzo 2014. tiative INDUSTRIE 4.0”, Final Report of the Industrie 4.0 • Committee on Visionary Manufacturing Challenges, Board on Manufacturing and Engineering Design, Com- • PricewaterhouseCoopers, (2014), “Industry 4.0 – Oppotunities and Challenges of the Industrial Internet”, Di- nal Research Council, (1998), “Visionary Manufactu- cembre 2014. ring Challenges for 2020”, National Academy Press • Rubmann M., Lorenz M., Gerbert P., Waldner M., Ju- • Deloitte, (2014), “Industry 4.0. Challenges and solutions stus J., Engel P., Harnisch M., (2015), “Industry 4.0: the for the digital transformations and use of exponential Future of Productivity and Growth in Manufacturing Industries”, Boston Consulting Group, Aprile 2015. • Hanebrink J., Kunze H. 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World Economic Forum, ThE FuTurE oF Jobs 2016 Employment, skills and Workforce strategy for the Fourth industrial rev Work Economic Forum ha presentato a gennaio scorso il Rapporto [Global Challange Insight Report] dedicato a «The Future of Jobs», con un sottotitolo eloquentissimo: «Employment, Skills and Workforce Strategy for the Fourth Industrial Revolution». La ricerca fornisce un quadro molto interessante circa le ricadute prodotte dalle scelte portate avanti dai “decisori” in termini di “mutamenti” del mondo del lavoro fino al 2020. Il dati presentati costituiscono la rielaborazione delle risposte fornite dai responsabili delle Risorse umane delle 350 principali aziende del mondo; l’analisi si riferisce ai 15 maggiori Paesi, compresa l’Italia. Negli anni che ci separano al 2020 le tecnologie, la demografia e la “flessibilizzazione” del lavoro influenzeranno sempre di più il mercato del lavoro Soprattutto, spariranno più di 7 milioni di posti di lavoro mentre se ne creeranno 2 milioni (soprattutto in Asia e negli USA). Secondo il documento, in Italia la cifra in gioco di 200.000 posti di lavoro persi dovrebbe essere compensata da altrettanti posti creati; ma è chiaro che le persone espulse dal mercato del lavoro non potranno facilmente essere recuperate perché «cambieranno le competenze e le abilità ricercate» e «il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata e diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività». Al 2020, Ie 10 “top skills” saranno nell’ordine: Complex Problem Solving; Critical Thinking; Creativity; People Management; Coordinating with Others; Emotional Intelligence; Judgment and Decision Making; Service Orientation; Negotiation; Cognitive Flexibility. Le due aree professionali che risentiranno maggiormente sugli effetti saranno: amministrazione (- 4,8 milioni posti) e produzione (- 1,6 milioni posti). La maggior parte degli intervistati ritiene che «la chiave per gestire con successo queste dinamiche di lungo termine del mercato del lavoro sia investire nelle competenze, più che assumere lavoratori a termine o telelavoratori», come sta accadendo nel nostro Paese. Il Rapporto è così articolato: parte 1ª - preparing for the Workforce of the Fourth Industrial Revolution 1. The Future of Jobs and Skills (Introduction; Drivers of Change; Employment Trends; Skills Stability; Future Workforces Strategy). 2. The Industry Gender Gap (The Business Case for Change; Gaps in the Female Talent Pipeline; Barriers to Change; Women and Work in the Fourth Industrial Revolution; Approaches to Leveraging Female Talent). parte 2ª - Industry, Regional and Gender Gap Profiles User’s Guide: How to Read the Industry, Regional and Gender Gap Profiles; List of Industry, Regional and Gender Gap Profiles; Industry Profiles; Country and Regional Profiles; Industry Gender Gap Profile novembre/dicembre 2016 www.qualitaonline.it 17 y Qualità & Futuro y Tema >> Emanuele RIVA, Emanuele MONTEMARANO La “natura giuridica” delle attività di accreditamento è da molti anni che si discute sulla natura giuridica delle attività di accreditamento e sulla possibile configurazione dei valutatori o del personale coinvolto nel processo di accreditamento quale incaricati di pubblico servizio, o pubblici ufficiali. Il dibattito ha ricevuto poi un’inevitabile accelerazione con l’entrata in vigore del Regolamento UE 765/08 che, nel disciplinare a livello comunitario la materia, espressamente qualifica tale attività come espressione di pubblica autorità, anche a prescindere dalla formale veste giuridica dei singoli organismi nazionali di accreditamento. ACCREDIA ha di recente impostato una prima riflessione organica su questo tema, costituendo a tale scopo un team di Avvocati1, i quali hanno elaborato un parere poi approvato dal Consiglio Direttivo di ACCREDIA in data 2 maggio 2016. Si precisa che il parere è relativo alle attività di accreditamento e non di certificazione, anche se alcune conclusioni del ragionamento potrebbero essere estese, quanto meno per analogia, anche al settore della valutazione della conformità. A quanto premesso vanno poi aggiunte due considerazioni: a) la materia dell’accreditamento e della valutazione di conformità è del tutto nuova come oggetto di studio dal punto di vista giuridico, sicché si tratta di uno “studio pionieristico” che avrà bisogno di consolidamento nei prossimi anni, anche dal punto di vista, fondamentale per il diritto vivente, delle interpretazioni giurisprudenziali; b) già nelle settimane successive all’approvazione del parere si sono verificate alcune circostanze di cui si deve tenere www.qualitaonline.it conto ai fini delle considerazioni oggetto del presente articolo. Alcuni dubbi e alcuni punti fermi Pur nella complessiva incertezza dell’argomento, è possibile individuare alcuni punti fermi (almeno allo stato attuale di normativa, dottrina e giurisprudenza), essenziali per poi estendere ulteriormente la nostra analisi. 1. ACCREDIA, in base al proprio Statuto, è un soggetto di diritto privato senza scopo di lucro, che non riceve e quindi non spende denaro pubblico; 2. ACCREDIA svolge un ruolo di Pubblica Autorità nell’interesse generale, in base al Regolamento n. 765/2008; 3. Opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico; 4. In base all’attuale classificazione operata da ANAC sugli enti privati interessati alla normativa anticorruzione, ACCREDIA risulta essere un ente partecipato (e non quindi come Ente sotto controllo pubblico). In quanto tale, ACCREDIA è esonerata dal rispetto degli obblighi previsti dalla normativa anticorruzione per gli enti controllati dalla Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento a piano triennale anticorruzione, piano per la trasparenza né devenominare un Responsabile per la Prevenzione della Corruzione; 5. ACCREDIA, proprio in quanto ente partecipato, è comunque tenuta ad adottare su base volontaria una serie di protocolli di legalità connessi all’effettivo rischio di corruzione riferibile alla sua attività, sotto la vigilanza del MISE e ANAC (e già ha adottato nell’ultimo biennio numerose azioni al riguardo); 6. ACCREDIA deve operare alle stesse condizioni degli altri organismi di accreditamento nel rispetto del principio del mutuo riconoscimento (IAF e EA MLA); 7. le controversie relative ai processi di certificazione ed accreditamento sono di competenza del giudice ordinario poiché riguardano diritti soggettivi e non interessi legittimi, come chiaramente stabilito dalla recentissima giustizia amministrativa; 8. Anche nel settore regolamentato, l’accreditamento è un presupposto di successivi provvedimenti amministrativi che producono effetti giuridici di diritto pubblico in capo ai loro destinatari (altro principio contenuto in recente sentenze del TAR Lazio). Detto ciò, rimangono da risolvere alcuni punti dubbi, di rilevante importanza, che si vogliono a riassumere qui di seguito: 1. all’interno di ACCREDIA operano persone qualificabili come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio? La differenza tra queste due categorie è significativa? 2. Il personale ACCREDIA ha l’obbligo, almeno in alcuni casi, di riferire ad altre amministrazioni, comprese le forze dell’ordine in caso di possibili illeciti di cui venga a conoscenza, in merito ai contenuti della propria attività di verifica? 3. In caso affermativo, tale obbligo (e la connessa responsabilità in caso di omissione) grava sul singolo addetto dell’ente o solo su alcuni livelli apicali? 4. L’eventuale dovere di vigilanza e segnalazione di illeciti alle forze dell’ordine riguarderebbe solo fatti commessi diretnovembre/dicembre 2016 Tema 18 y Qualità & Futuro y tamente dai CAB o anche eventuali comportamenti di soggetti terzi, quali ed esempio le aziende presso le quali si svolgono le verifiche in accompagnamento? 5. Il dovere di vigilanza sui destinatari dell’attività di accreditamento e di segnalazione in caso di presunti reati da costoro commessi a quali attività del soggetto accreditato va riferita, essendo pacifico che ACCREDIA non svolge una vigilanza di carattere generale sui CAB ma specifica per certi ambiti? 6. Se l’accreditamento è un presupposto per eventuali provvedimenti amministrativi, l’iter di accreditamento è un procedimento amministrativo? 7. L’attuale organizzazione di ACCREDIA è adeguata rispetto alle problematiche esposte nei punti precedenti? Per provare a dare una risposta a queste domande, si deve innanzitutto ragionare su quale sia la natura giuridica di ACCREDIA. Duplice natura dell’attività di accreditamento e dell’ente che ne è preposto in Italia Allo stato attuale della normativa sembra difficile, se non impossibile, escludere che l’attività di accreditamento sia caratterizzata, sia nel settore regolamentato che in quello volontario, da un forte profilo pubblicistico (il che, come premesso, è perfettamente compatibile con la natura soggettiva di diritto privato che ACCREDIA possiede). Alcuni riferimenti confermano facilmente questa prima conclusione: 1. il Regolamento n. 765/2008 riconosce la funzione pubblica dell’accreditamento «Qualora l’accreditamento non sia effettuato direttamente dalle stesse autorità pubbliche, gli Stati membri incaricano il proprio organismo nazionale di accreditamento di effettuare l’accreditamento quale attività di autorità pubblica e gli conferiscono un riconoscimento formale (Articolo 4 comma 5 del Reg. 765/08)»; 2. il Decreto Interministeriale 22 dicembre 2009 con il quale ACCREDIA è stata designata come Organismo Nazionale Italiano di Accreditamento riporta che l’accreditamento, indipendentemente dall’utilizzo su base obbligatoria o vonovembre/dicembre 2016 lontaria previsto, sia effettuato come attività di interesse pubblico; 3. un autorevole magistrato della Corte dei Conti ha chiarito, in uno scritto molto puntuale relativo alla categoria degli enti privati che svolgono funzioni di pubblico interesse e proprio con riferimento alle certificazioni ISO, che «appartiene alla sfera pubblicistica qualunque atto, posto in essere anche da parte di soggetti privati, che sia in concreto idoneo a soddisfare interessi pubblici e collettivi»; 4. il Consiglio di Stato ha ricordato «la nozione di servizio pubblico nel suo significato giuridico potenzialmente più vasto, quale attività, di qualsiasi natura, connessa alla cura di interessi collettivi, sia essa svolta da Soggetti pubblici o privati»;. 5. ACCREDIA opera con il riconoscimento dello Stato e sotto la vigilanza istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico; 6. il Consiglio di Stato si è espresso in merito alle SOA: «l’attività espletata dalle Società Organismi di Attestazione (S.O.A.) integra una funzione pubblica di certificazione, mediante emissione degli attestati di qualificazione…». Ciò non esclude comunque che ACCREDIA rimanga un ente di diritto privato e che, stando all’attuale orientamento della giustizia amministrativa, la giurisdizione sulle controversie in materia di accreditamento appartenga al giudice ordinario (riguardando diritti soggettivi e non interessi legittimi). A supporto di tale, prevalente, natura privatistica soccorrono almeno i seguenti elementi: 1) ACCREDIA è una Associazione privata con partecipazione pubblica; 2) I rapporti tra ACCREDIA e i CAB sono di natura contrattuale e i provvedimenti di ACCREDIA non sono autorizzazioni amministrative; 3) La Sentenza del TAR (n. 2849 del 2016) ha: a. rimandato alla magistratura ordinaria e non alla magistratura amministrativa una vertenza che ha visto coinvolta ACCREDIA; b. affermato che «l’accreditamento di ACCREDIA non costituisce un prov- vedimento amministrativo»; c. Aggiungendo che «l’atto di ACCREDIA può essere considerato un atto preparatorio non autoritativo ponendosi, rispetto a quello autenticamente provvedimentale, come presupposto»; d. La perdita dell’accreditamento non genera in automatico il decadere di una autorizzazione amministrativa, anche se questa si sia basata sull’accreditamento come presupposto; e. la legge n. 241/1990 individua i criteri ed i principi da Osservare nell’emissione del provvedimento amministrativo, anche da parte dei Soggetti privati che operano in regime di pubblico servizio. ACCREDIA però deve rispettare la ISO/IEC 17011, e i suoi principi, e alla luce di questa anche i principi della Pubblica Amministrazione (ad esempio: imparzialità intesa come garantire il contraddittorio in ogni fase del processo di accreditamento, o principio di democraticità – le norme non sono basate sulla democrazia, ma sul processo normativo). Si chiarisce comunque che ACCREDIA rispetta i principi di economicità, efficienza ed efficacia, e imparzialità. Da questa duplice natura non può che ricavarsi la seguente conclusione: in ACCREDIA la natura privatistica dell’ente ben può convivere con l’interesse pubblico al corretto svolgersi dell’attività di accreditamento, garantito peraltro, senza necessità di particolari modifiche alle procedure in vigore, dal puntuale rispetto della normativa tecnica internazionale che presiede all’attività di accreditamento e che è alla base del principio del mutuo riconoscimento. Infatti: 1) Se ACCREDIA non rispettasse la ISO/IEC 17011 (preferendo conformarsi ai principi richiamati dalla legge 241), perderebbe il riconoscimento di EA, condizione essenziale per essere ritenuto Ente Unico nazionale di Accreditamento. 2) Il Regolamento n. 765/2008 riconosce il mutuo riconoscimento delle certificazioni in ambito EA MLA, cosa ben diversa da quanto succede quando occorre riconoscere il valore giuridico di una www.qualitaonline.it y La “natura giuridica” delle attività di accreditamento y 19 Tema sentenza straniera (Giudizio di delibazione: il magistrato italiano valuta se la sentenza straniera non sia contraria ai principi dell’ordinamento giuridico italiano). Le conclusioni raggiunte valgono per tutti gli ambiti, perché il Regolamento n. 765/2008 e la ISO/IEC 17011 si applicano sia all’ambito cogente che regolamentato. Ciò non toglie che ACCREDIA, sia su base volontaria (anche nell’ambito del proprio Modello Organizzativo adottato secondo il D. Lgs. 231/01 fin dalla costituzione di ACCREDIA) che recependo le indicazioni dell’autorità nazionale anticorruzione e del Ministero per lo Sviluppo Economico, abbia da tempo promosso l’impegno ad adottare protocolli di legalità, diretti a rafforzare gli strumenti del controllo interno proprio a garanzia dell’interesse generale all’affidabilità ed imparzialità del processo di accreditamento ed all’assenza di qualunque interesse particolare in grado, anche solo potenzialmente, di rendere meno corretta od efficace l’attività di ACCREDIA. Discussione in merito al possibile ruolo di chi opera per Accredia quale pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio Posto che, sul piano civilistico ed amministrativo, l’attività di accreditamento non può che appartenere alle categorie del diwww.qualitaonline.it ritto privato, il forte profilo pubblicistico dell’attività rende necessario affrontare un’ulteriore questione, vale a dire se sia o meno possibile sostenere che il personale che opera per conto di ACCREDIA possa essere classificato, ai fini dell’applicazione dagli articoli 357 e 358 del Codice Penale2, quale Pubblico Ufficiale3 e Incaricato di Pubblico Servizio45. Ciò provocherebbe due importanti conseguenze: •obbligo di denuncia di reati procedibili d’ufficio conosciuti nell’esercizio della propria attività; •possibilità di commettere i reati propri dell’incaricato di pubblico servizio (corruzione, concussione, abuso d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, falso su atto pubblico...). Utilizzando categorie proprie dell’attuale dottrina e giurisprudenza di diritto penale, pochi dubbi residuano al proposito, come testimoniano i seguenti riferimenti: •Anche se svolta all’interno di organizzazioni private: «la qualità di Pubblico Ufficiale, per i Componenti di un Organismo collegiale cui la legge attribuisce l’esercizio di pubbliche funzioni, sussiste anche quando la loro individuazione avvenga, per disposizione normativa, a cura di Enti di diritto privato ed in rappresentanza di essi.» (Cass. Penale, sez. II, 12/11/2013, n.9053); •Se la funzione è pubblicistica: «la qualifi- ca di Pubblico Ufficiale segue la destinazione pubblicistica delle attività svolte dall’Agente, anziché il nomeniuris dell’Ente di appartenenza» (Cass. Penale, sez VI, 03/12/2012, n.1053); •Anche se l’attività è accessoria o propedeutica: «è Pubblico Ufficiale non solo colui che con la sua attività concorre a formare quella dello Stato o di altri Enti Pubblici, ma anche chi è chiamato a svolgere attività, avente carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli Enti Pubblici, in quanto anche in questo caso si verifica, attraverso l’attività svolta, una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volontà della Pubblica Amministrazione» (Cass. Penale, sez. VI, 20/10/2010, n.39351, nello stesso senso anche Cass. Penale, sez. VI, 11/04/2014, n. 22707). •Anche se svolta da personale non dipendente dalla PA: «riveste la qualifica di Incaricato di Pubblico Servizio il dipendente di una Società privata esercente un servizio pubblico che svolge attività di maneggio di denaro di pertinenza dell’Ente con correlativi obblighi di compilazione della documentazione contabile» (Cass. Penale, sez. VI, 30/10/2014, n.7593). Ciò premesso, va aggiunto che la qualifica d’incaricato di pubblico servizio andrebbe limitata alle persone fisiche che ricoprono un ruolo decisionale rispetto al processo di novembre/dicembre 2016 Tema 20 y La “natura giuridica” delle attività di accreditamento y accreditamento in tutte le sue fasi (rilascio, mantenimento, sospensione, revoca) o comunque diretto ad influenzare in modo significativo tali provvedimenti. Probabilmente chi collabora con le proprie azioni al processo di accreditamento (Ispettori, Funzionari Tecnici, Responsabili di area, Direttori), limitatamente ai vari passaggi dell’iter di accreditamento negli ambiti in cui l’accreditamento svolge una funzione pubblicistica (sicuramente per gli ambiti in cui l’accreditamento è condizione essenziale per il rilascio di una autorizzazione amministrativa; da valutare per gli ambiti in cui l’attività di valutazione della conformità accreditata viene utilizzata in gare pubbliche). Il ruolo di incaricato di pubblico ufficiale (che comunque, sul piano pratico, non determina responsabilità ulteriori rispetto ai “semplici” incaricati di pubblico servizio) andrebbe limitato a chi detiene il potere «certificativo» (connesso solo all’attività di accreditamento), cioè l’organo di delibera (Comitati/Sottocomitati di Accreditamento); gli ispettori o la struttura interna di ACCREDIA infatti si limitano a proporre, ma non prendono decisioni in merito all’accreditamento. Conclusioni Alla luce delle considerazioni sopra riportate, si possono concentrare in quattro punti le conclusioni del ragionamento, fermo restando che, come premesso, si tratta di un “cantiere aperto”: 1) L’accreditamento rilasciato da ACCREDIA non è qualificabile come provvedimento amministrativo, quindi non rientra nella giurisdizione dei TAR e l’iter di accreditamentonon è un procedimento amministrativo ai sensi della legge n. 241/90; 2) Svolgendo comunque una funzione di interesse pubblico in base alla normativa comunitaria, il personale ACCREDIA potrebbe essere configurato come incaricato di pubblico servizio / pubblico ufficiale ai sensi delle responsabilità previste dal codice penale per tali figure (responsabilità diretta per omessa denuncia, eventuale corresponsabilità nel reato per l’articolo 40 del codice penale a causa dell’omessa vigilanza); 3) Poco rilevante ai fini pratici la differennovembre/dicembre 2016 za tra incaricato di pubblico servizio e pubblico ufficiale, sicché il ragionamento può essere svolto in modo unitario; 4) Il dovere di vigilanza (e quindi di segnalazione e d’impedimento di reati) va comunque ricondotto all’interno di due chiari limiti, oggettivo (solo le attività che rientrano nello scopo di applicazione dell’audit e le cui risultanze sono inserite nei rapporti di verifica) e soggettivo (solo per i CAB, essendo totalmente precluso al personale ACCREDIA qualsivoglia sindacato sulle attività delle aziende certificate dai CAB). Sulla base di questa fotografia dello stato dell’arte, la Direzione di ACCREDIA, anche in accordo con il proprio Organismo di Vigilanza, procederà nei prossimi mesi a definire specifici protocolli, differenziati eventualmente per i vari Dipartimenti, diretti a regolamentare più in dettaglio l’iter da seguire a fronte dell’evidenza, durante l’attività di accreditamento, di comportamenti dei CAB che potrebbero configurare illeciti penali procedibili d’ufficio, anche con la possibile individuazione di una “casistica tipo” da condividere con l’intera platea dei soggetti interessati. In tale ambito, preziosi strumenti di lavoro ed occasioni di riflessione potrebbero scaturire dalla possibilità, per il settore dell’accreditamento e della certificazione di conformità, di adottare, ed eventualmente far certificare, il sistema di gestione a fronte della nuovissima normativa internazionaleanticorruzione (ISO 37001). - 361 c.p.: omessa denuncia di reato: solo per i reati di cui abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, se il reato è procedibile d’ufficio; - 480 c.p.: falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in certificati o uso di atto falso da parte di chi non ha concorso alla falsificazione (481 c.p.). 3 La qualifica di Pubblico Ufficiale va attribuita a tutti quei Soggetti che esercitano almeno una di queste funzioni: - Disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi; - Caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione; - Che si svolge per mezzo di poteri autoritativi e certificativi. 4 Incaricato di Pubblico Servizio è colui che, a qualunque titolo, presta un pubblico servizio, ovvero «un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine o attività di carattere puramente materiale/esecutivo». 5 Questi alcuni dei reati applicabili a chi opera con il ruolo di Pubblico Ufficiale - 317 c.p.: concussione (riforma del 2012 e controriforma del 2015); - 318 c.p. e 319 c.p.: corruzione per l’esercizio della funzione; - 319 bis. C.p.: induzione indebita a dare o promettere utilità (c.d. concussione per induzione) - 323 c.p.: abuso d’ufficio: procurarsi un illecito vantaggio patrimoniale abusando della qualifica; - 326 c.p.: rilevazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio: l’incaricato di pubblico servizio divulga all’esterno notizie che devono rimanere riservate; - 328 c.p.: omissione e rifiuto di atti d’ufficio; - 361 c.p.: omessa denuncia di reato: solo per i reati n NOTE 1 Avv. Emanuele Montemarano, Avv. Enrico Squintani, Avv. Lorenzo Grisostomi Travaglini 2 Questi alcuni dei reati applicabili a chi opera con il di cui abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, se il reato è procedibile d’ufficio; - 480 c.p.: falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in certificati o uso di atto falso da parte ruolo di Pubblico Ufficiale di chi non ha concorso alla falsificazione (481 - 317 c.p.: concussione (riforma del 2012 e controri- c.p.). forma del 2015); - 318 c.p. e 319 c.p.: corruzione per l’esercizio della funzione; - 319 bis. C.p.: induzione indebita a dare o promet- EMANUELE RIVA Direttore del Dipartimento Certificazione ed Ispezione di ACCREDIA [email protected] tere utilità (c.d. concussione per induzione) - 323 c.p.: abuso d’ufficio: procurarsi un illecito vantaggio patrimoniale abusando della qualifica; - 326 c.p.: rilevazione ed utilizzazione di segreti EMANUELE MONTEMARANO avvocato; presidente Organismo di Vigilanza d’ufficio: l’incaricato di pubblico servizio divulga di ACCREDIA all’esterno notizie che devono rimanere riservate; [email protected] - 328 c.p.: omissione e rifiuto di atti d’ufficio; www.qualitaonline.it 21 y Qualità & Futuro y Tema >> di Claudio ROSSO, presidente AICQ Nazionale nasce: AICQ Industria 4.0 INDUSTRIA 4.0 è intelligente, innovativa, interconnessa, efficiente, predittiva e sostenibile «Indipendentemente dal nome che le si voglia attribuire, la “fabbrica intelligente” rappresenterà il paradigma tramite il quale le economie avanzate potranno competere nel mercato globalizzato, grazie alla coniugazione di nuovi modelli organizzativi e produttivi con le tecnologie più innovative». L a corretta integrazione della robotica, della cibernetica, dell’interfaccia uomo-macchina, della modellistica, dell'utilizzo di sensori e dell’intelligenza artificiale con l'Internet delle Cose e delle Macchine e la gestione di “big data” e di “cloud computing” permetteranno di realizzare processi produttivi e logistici flessibili, customer oriented, per produrre beni in grado di soddisfare le esigenze spe- www.qualitaonline.it cifiche e personalizzate di nicchie sempre più piccole di consumatori. Sarà fondamentale saper sfruttare l’intensità di conoscenza, presente all'interno e all'esterno delle organizzazioni, traducendola in dati da poter utilizzare in entrata ed uscita durante tutta la catena del valore aziendale. La Presidenza di AICQ Nazionale ha voluto una specifica Delega di Giunta su Industria 4.0, che si concretizzerà con la costituzione di un Gruppo di Lavoro che opererà sull'intero territorio Nazionale, con il coinvolgimento di tutte le Federate AICQ: AICQ Industria 4.0. Il Coordinamento di tale delega è stato assegnato a Oliviero CASALE, già segretario Generale di AICQ Emilia Romagna. AICQ Industria 4.0 sarà guidata da un costituendo Comitato Tecnico, i cui candidati saranno autorevoli Associati provenienti dai Comitati e Settori AICQ e rappresentanti del Mondo delle Associazioni, delle Università, della Ricerca e del Lavoro. AICQ Industria 4.0, grazie alle professionalità presenti nei Settori, Comitati Tecnici e nelle Federate territoriali di AICQ, si pone l'obiettivo di essere di supporto alle imprese italiane per limitare le minacce e gestire i rischi della quarta rivoluzione industriale e poterne così cogliere tutte le opportunità, sia in termini di sviluppo che di sostenibilità nel futuro, grazie ad un’opera di “contaminazione” e di “diffusione”, a tutti i livelli, delle migliori tecniche ed esperienze presenti in Italia ed in Europa. Uno dei primi passi che AICQ Industria 4.0 muoverà, è costituito dall’organizzazione di un Convegno Nazionale, che si svolgerà nel mese di gennaio 2017, in cui affrontare, discutere e condividere le migliori esperienze e competenze, per produrre un Position Paper utile a fornire la propria Vision alle Istituzioni coinvolte nella realizzazione di politiche economiche, industriali, formative e di normazione su Industria 4.0 in Italia. novembre/dicembre 2016 Tema 22 y Sicurezza & Qualità y >> Francesco TAURASI, Diego CERRA, Giuseppe D’AGOSTINO Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie The Safety Management System for the prevention of major accidents (SGS) has to be effected for the establishment that fall into the field of application of the DLgs. 105/15 (usually called Seveso III), to prevent the “major accidents”, that are the accidental events that can be likely to release the dangerous substances kept in industrial sites at high risk. The Seveso directive states in a clear and evident way that the safety of an installation depends on the entire safety management system, that has to guarantee a systematic approach and has to be integrated with other industrial management systems to make accidents less likely to happen. The technical regulations “Quality, Safety, Environment” for the activity at risk of major accidents, have the goal to provide reference points shared by managers, designers and control authorities, on the compatibility of activities at risk of major accidents with safety, workers health, collettivity and environment protection. The ISO has started in 2013 a revision of all the regulations about the Safety Management Sytems on the base of an unique and shared method with the goal to semplify its integration. Introduzione Si configura come installazione a rischio di incidente rilevante un’attività in cui sono presenti sostanze pericolose e ove sussistano condizioni operative tali da far ritenere possibile il rilascio all’esterno delle sostanze stesse (o dell’energia in esse disponibile), in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1 del DLgs. 105/2015 (cosiddetta Seveso III), per stabilimenti di: •soglia Inferiore, sono presenti quantità pari o superiori a quelle elencate nella colonna 2 (parti 1 o 2) dell’Allegato I, ma in quantità inferiori alla colonna 3; corrisponde alla previgente classe prevista dall’articolo 6 del DLgs. n. 334/99; •soglia Superiore, sono presenti quantità pari o superiori a quelle elencate nella colonna 3 (parti 1 o 2) dell’Allegato I; corrisponde alla previgente classe prevista dall’articolo 8 del DLgs n. 334/99. La potenziale sorgente di rischio è individuabile, quindi è possibile definire la magnitudo (intensità massima sviluppabile) novembre/dicembre 2016 ricorrendo ad opportuni modelli, si parla di una stima e non di una misura, ovviamente la stima sarà tanto più accurata quanto più sofisticati sono i modelli impiegati e precisi i dati di partenza per definire il sistema e le sue condizioni al contorno. Se si fa riferimento ad una delle definizioni classiche di Rischio (R), definito come R = P x M dove P rappresenta la probabilità che si verifichi un determinato evento incidentale (per esempio in termini di eventi/anno) ed M indica la magnitudo dell´evento cioè la sua gravità (per esempio in termini di numero di morti, numero di feriti ecc.), il rischio, per tali stabilimenti, è definito da una bassa probabilità di evento incidentale ma da una elevata magnitudo. Si parla quindi di eventi poco probabili, ma dalle conseguenze disastrose, dovuti comunque a sviluppi incontrollati. I gestori degli stabilimenti di soglia superiore sono tenuti alla presentazione di un Rapporto di Sicurezza che riporti tutta una serie di informazioni necessarie a conoscere nel dettaglio lo stabilimento, le sostanze pericolose detenute, gli eventi e scenari incidentali e le relative probabilità ed effetti; è prevista l’istruttoria sul Rapporto di Sicurezza, svolto dal Comitato Tecnico Regionale (C.T.R.) presieduto dalla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco. I gestori degli stabilimenti RIR di soglia inferiore, sono tenuti, invece, alla presentazione di una Scheda Tecnica, che dimostri l’avvenuta identificazione dei pericoli e la relativa probabilità e gravità, approfondendo e fornendo dettagliate informazioni sullo stabilimento, le sostanze, nonché sugli eventi/scenari incidentali; anche per la Scheda Tecnica viene svolta una istruttoria da parte del Comitato tecnico di Valutazione del Rischio (C.V.R.) presieduto dalla Direzione Tecnica di ARPA. Tali valutazioni hanno il grande valore aggiunto di essere interdisciplinari in quanto in entrambi i Comitati vi è la presenza dei Vigili del Fuoco, di ARPA e dell’INAIL, nonché la partecipazione degli enti di valenza territoriale quali la Regione, le Province, i Comuni e le ASL; inoltre, per entrambe le tipologie di stabilimenti è redatto un Piano di Emergenza Esterno (PEE) da parte della Prefettura. L’aggiornamento della normativa comunitaria in materia di incidenti rilevanti è scaturito principalmente dalla necessità di adeguare la disciplina al cambiamento di classificazione delle sostanze chimiche e delle loro miscele. Tale cambiamento è stato introdotto con l’esigenza di adeguare la direttiva al nuovo sistema di classificazione delle sostanze chimiche, recepito nell’Unione Europea con il regolamento CLP (Reg. 1272/2008, al fine di armonizzare il sistema di individuazione e catalowww.qualitaonline.it y Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie y Sistemi di Gestione e norme volontarie L’esigenza di adottare i sistemi di gestione è determinata in generale dalle dinamiche del mercato, da quelle gestionali proprie del tipo di società e da quelle che derivano dal contesto ambientale all’interno del quale è inserita l’impresa. I Sistemi di Gewww.qualitaonline.it stione, in generale, forniscono strumenti di prevenzione; nella loro progettazione si parte sempre da una valutazione dei rischi sulla base di specifiche fonti di pericolo identificate, che possono dare origine ad eventi dannosi. Nelle aziende a RIR possono essere presenti Sistemi di Gestione Ambientale (ISO 14001, Reg. CE 1221/2009 “EMAS”), Salute e Sicurezza (BS OHSAS 18001, Linea Guida UNI INAIL), Qualità (ISO 9001), Responsabilità Sociale (SA 8000), e così via. L’integrazione delle suddette norme con la UNI 10617 (norma di riferimento per i Sistemi di Gestione per le aziende RIR) non è una operazione agevole, soprattutto in quelle aziende con pochi lavoratori. In Italia, infatti, a differenza di altri paesi, è presente un tessuto di Piccole e Medie Imprese (PMI), che hanno poche risorse specialistiche e professionali, limitate risorse economiche. Le aziende a RIR non sono escluse da questo circuito, anche se talvolta risultano spesso affiliate a multinazionali. In genere, le aziende a RIR sono aziende di processo, con elevati livelli novembre/dicembre 2016 Tema gazione dei prodotti chimici all’interno dell’Unione Europea con quello adottato a livello internazionale in ambito ONU (GHS - Globally Harmonised System of Classification and Labelling of Chemicals). Il DLgs. 105/15 ha recepito integralmente gli allegati comunitari, tradotti da 1 a 6 e sono stati quindi introdotti i decreti applicativi del DLgs. 334/99 oltre che i nuovi standard tecnici come Allegati da “A” a “M”. Sebbene la UNI 10617, la UNI 10616 e la UNI 10672 sono uscite nella loro prima versione nel 1997, rappresentano ancora oggi le norme di riferimento per quanto riguarda i Sistemi di Gestione per la prevenzione degli incidenti rilevanti. di automazione e per questo con poche risorse umane necessarie. Peraltro nei settori produttivi non RIR la spinta all’utilizzo dei Sistemi di Gestione è spesso data dal mercato o da obblighi di legge (basti pensare che lo Standard BS OHSAS 18001 si è sviluppato in Italia dal 2008 in poi, in seguito alla pubblicazione del DLgs. n. 81/2008 che con l’articolo 30 ha riconosciuto i Sistemi di gestione Sicurezza Lavoro (SGSL) quali Modelli di Organizzazione e Gestione idonei ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa. Spesso la necessità di rispondere in modo puntuale ai requisiti di tutte le norme cogenti (UNI 10617) e volontarie (BS OHSAS 18001 e ISO 14001) per una piccola azienda, comporta un approccio burocratico e formale, poco adatto alla dinamicità dell’azienda. La normativa tecnica riguardante i Sistemi di Gestione della Sicurezza per la Prevenzione degli Incidenti Rilevanti (SGS-PIR) nasce a seguito dell’evoluzione della legislatura, sia nazionale che europea, emanata a valle di un tragico incidente italiano, il disastro di Seveso: il DPR 175/88 recepì la Direttiva CE 84/501, in cui la fuoriuscita di fluido (TCDD) dal reattore della ICMESA (10 luglio 1976) contaminò la popolazione. Tale Direttiva introduceva la gestione dei Rischi di Incidente Rilevante, sostanzialmente differente dalla legislazione e dalla normativa riguardante la sicurezza sul luogo di lavoro (SSL). La SSL si occupa di infortuni alle persone e incidenti con danni agli impianti, ovvero eventi con alta frequenza, ma conseguenze limitate, mentre la PIR si occupa degli eventuali danni all’ambiente e degli eventi che hanno basse frequenze, ma conseguenze severe per le persone, gli impianti e il territorio. La direttiva 96/82/CE “Seveso II”, attuata in Italia con DLgs. 334/99 stabilì l’obbligo del Sistema di Gestione della Sicurezza per la Prevenzione Incidenti Rilevanti (SGS-PIR) per tutte le attività soggette a rischio di incidente rilevante. Con continuità, il nuovo DLgs. 105/2015 “Seveso III” (attuazione della direttiva 2012/18/UE) prevede l’attuazione di un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS) in stabilimenti in cui sono presenti sostan- 23 Tema 24 y Sicurezza & Qualità y ze pericolose in quantitativi superiori a specifici limiti di soglia stabiliti dalla Direttiva stessa (articolo 14 - comma 5) allo scopo di prevenire circostanze che possano dare luogo ad incidenti rilevanti e di minimizzare il rischio per le persone, le aziende e per l'ambiente circostante. Il gestore dello stabilimento (sia di SS che di SI) redige un documento che definisce la propria politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, allegando il programma adottato per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza, in conformità all’allegato 3 e all’Allegato B del decreto, proporzionato ai pericoli di incidenti rilevanti e alla complessità delle attività dello stabilimento. Inoltre, nel definire la politica di prevenzione (articolo 14 - comma 1) deve esserci l'impegno al continuo miglioramento e questo rappresenta il concetto chiave dal quale è scaturita la necessità di configurare quanto previsto all’Allegato B (paragrafo 2.2.3) che richiama lo stato dell’arte in materia con i requisiti stabiliti dalla norma UNI 10617, ovvero per gli aspetti attinenti alla prevenzione degli incidenti rilevanti, dalle norme BS OHSAS 18001, ISO 9001 e ISO 14001 (o dalla versione più aggiornata del regolamento comunitario EMAS). Il nuovo decreto rafforza il concetto di SGS, oltre a basarsi sulla valutazione dei rischi, come sistema integrato di Ambiente e Sicurezza per individuare all'interno della struttura organizzativa aziendale le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione degli incidenti rilevanti, nel rispetto delle norme vigenti. Nell’ambito del SGS-PIR devono essere trattati i seguenti aspetti: •l’organizzazione e il personale addetto alla gestione dei pericoli di incidente rilevante con definizione delle responsabilità, dei ruoli, della formazione, con il coinvolgimento anche del personale delle imprese esterne lavoranti in azienda e rilevanti sotto il profilo della sicurezza; •l’identificazione e la valutazione dei pericoli rilevanti; •l’adozione e applicazione di procedure e istruzioni per il controllo operativo del sistema; •la gestione delle modifiche; novembre/dicembre 2016 •la pianificazione di emergenza; •il controllo delle prestazioni; •controllo e revisione. Le linee guida per l’attuazione del SGSPIR vengono invece dettate dall’allegato B. In tale allegato viene espressamente indicato che l’obiettivo da perseguire dal gestore dello stabilimento è la salvaguardia della salute umana, dell’ambiente e dei beni. La struttura di un SGS-PIR, per le diverse fasi di vita di un impianto, deve definire: •la politica e conduzione aziendale per la sicurezza; •l’organizzazione tecnica, amministrativa e delle risorse umane; •la pianificazione delle attività interessate; •la misura delle prestazioni conseguite; •la verifica e il riesame delle prestazioni. Le Norme volontarie Il Comitato Termotecnico Italiano (CTI), in collaborazione con UNICHIM, nel 1997 ha messo allo studio un pacchetto di norme (UNI 10616, UNI 10617, UNI 10672 e UNI/TS 11226) riguardante gli SGS-PIR. In ambito volontario, la norma UNI 10617:2012, definisce i requisiti di base per la predisposizione ed attuazione di un sistema di gestione SGS-PIR, a prescindere dalla dimensione aziendale, tracciano un quadro di responsabilità e autorità pressoché identico per aziende di 20 e di 5000 lavoratori. La UNI 10617 - Impianti a rischio di incidente rilevante, Sistemi di gestione della sicurezza, Requisiti essenziali - specifica i requisiti di base per la predisposizione e attuazione di un sistema di gestione della sicurezza, senza però definire in che modo tali requisiti possano o debbano essere soddisfatti: non si è voluto costringere le aziende a munirsi di regole identiche a prescindere dal tipo di impianto in cui si andava ad operare, indicando esclusivamente gli effetti che tali procedure devono imporre. Una buona parte del mercato, in particolar modo le piccole e medie imprese, non avevano ancora adottato un sistema di questo tipo (basti pensare a piccole ditte che realizzavano fuochi d’artificio, o serbatoi di materiale infiammabile), non erano ancora abbastanza informate da poter implementare un sistema di gestione della sicurezza di questa portata. Per venire incontro alle richieste degli operatori del settore, è stato deciso di creare una linea guida alla UNI 10617 che spiegasse in maniera dettagliata e approfondita i diversi punti della norma. La UNI 10616:2012 - Impianti a rischio di incidente rilevante, sistemi di gestione della sicurezza, Linee guida per l’attuazione della UNI 10617 - specifica le possibili modalità di attuazione dei requisiti della UNI 10617 e, per ogni requisito di questa, descrive le procedure e/o gli strumenti tecnici necessari al conseguimento degli obiettivi specifici. Si applica all’esercizio di impianti a rischio di incidente rilevante, ovvero di unità tecniche all’interno di stabilimenti nelle quali sono prodotte, utilizzate, manipolate e depositate sostanze pericolose. La UNI 10616 rimane sempre correlata, per quanto attinente alla progettazione e all’esercizio di un impianto, alla: UNI 10672:1997 - Impianti di processo a rischio di incidente rilevante, procedure di garanzia della sicurezza nella progettazione - descrive le procedure da seguire per assicurare la sicurezza durante tutte le fasi del progetto di impianti industriali di processo a rischio di incidente rilevante, nuovi o ad essi equiparati ai sensi della legislazione vigente. La norma prevede una suddivisione del progetto di un impianto di processo nelle seguenti fasi: studio di fattibilità; ingegneria di base; ingegneria di dettaglio; costruzione; preparazione all’avviamento; avviamento. Inoltre, la norma prevede per le varie fasi di un progetto le seguenti attività: criteri e requisiti di sicurezza; programma di controllo dei rischi; studi di sicurezza; verifiche di sicurezza. La norma UNI/TS 11226:2007 - Impianti di processo a rischio di incidente rilevante, Sistemi di gestione della sicurezza, Procedure e requisiti per gli audit - è stata riconosciuta come riferimento per accertare la conformità del SGS-PIR ai requisiti strutturali della UNI 10617 attraverso la verifica dei contenuti tecnici specificati dalla UNI 10616. Essa contiene una lista di riscontro dei punti di verifica e una metodologia a punteggio per la valutazione complessiva del SGS-PIR. Dal 2013 è iniziata la revisione di tutti i Sistemi di Gestione volontari, tra cui ISO www.qualitaonline.it y Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie y www.qualitaonline.it golazioni, ecc.) ed a quelle di emergenza, con le valutazioni dei cosiddetti “effetti domino”. La difficoltà che può insorgere in una azienda RIR con poco personale (situazione molto diffusa) è quella di conciliare i requisiti di tutte le norme adottate con l’organizzazione snella e ridotta. Infatti, le norme di riferimento prevedono una serie di requisiti ed una serie di figure che vi devono provvedere, che in queste piccole imprese coincidono spesso con poche persone e sempre le stesse. E tipico, infatti osservare in una azienda a RIR di 5-10 persone impiegate che il datore di lavoro sia anche una persona operativa, come anche il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e magari il Responsabile del Sistema di Gestione. E’ fondamentale quindi, per queste aziende il ricorso a professionisti esterni qualificati che però devono necessariamente entrare nel merito dell’organizzazione semplificata dell’azienda e costruire un sistema di regole ed una struttura organizzativa (sistema di gestione) che risponda alle norme, ma che non ingessi l’azienda in approcci essenzialmente formali e burocratici. Sicuramente un primo suggerimento può essere quello di considerare una valutazione del rischio unica per quanto riguarda i tre aspetti: ambiente tenendo conto sia della ISO 14001 che della UNI 10617, salute e sicurezza tenendo conto sia della BS OHSAS 18001 che dalla UNI 10617, continuità del business tenendo conto sia della ISO 9001 che della UNI 10617. Tutto questo ovviamente in modo strettamente integrato con i requisiti cogenti dettati dal DLgs 105/2015, dal DLgs 152/2006 (se soggetti) e dal DLgs 81/2008. Ci sarà pertanto un’unica: •valutazione dei rischi; •politica; •piano di miglioramento che includa obiettivi e traguardi; •gestione degli audit; •gestione delle riunioni periodiche e riesami; e tanti altri documenti di sistema potranno essere integrati, pur mantenendo a parte i documenti specifici quali la notifica, il rapporto di sicurezza (spesso confuso con il documento di valutazione dei rischi che invece va predisposto a parte), il piano di emergenza e tutti gli altri documenti necessari richiesti dalla legislazione cogente. Le nuove revisioni delle norme ISO (9001 e 14001 del 2105) sicuramente aiutano ad andare in questa direzione, avendo snellito l’approccio, semplificato la struttura organizzativa rendendola più coerente con la realtà delle aziende (ad esempio sparisce il rappresentante della direzione, ma si parla ormai di responsabilità distribuite ai vari dirigenti, concetto molto più coerente con quello cogente di delega). Sistema di Gestione della Sicurezza negli impianti RIR Il DLgs. 105/2015 (Seveso III), ha introdotto numerose novità indotte non solo dalla direttiva da cui discende, ma anche e soprattutto dal fatto che il Legislatore ha colto l’occasione per legiferare su alcuni aspetti attuativi della direttiva, così da produrre quello che viene identificato in ambito nazionale come Testo Unico per il Rischio di Incidente Rilevante (RIR), le norme tecniche attuative sono riportate negli allegati (c.d. letterali). Il Rapporto di Sicurezza, che deve essere redatto e trasmesso dai Gestori degli stabilimenti a maggior rischio, sono redatti in conformità alle specifiche dell’Allegato C che ha sostituito ed esteso quanto richiesto dal DPCM 31/3/89 (emanato in regime di “Seveso I” - sono stati aggiornati i contenuti). Inoltre, il decreto indica la struttura con cui deve essere definita la politica arrivando a tracciare gli elementi minimi che questa deve contenere; è evidente come il decreto impone in qualche modo quindi che l’azienda si doti di una struttura organizzativa che sia adeguata alla natura della sua attività, alla sua dimensione, al livello dei rischi lavorativi, agli obiettivi che si prefigge di raggiungere, nonché ai relativi programmi di attuazione stabiliti. Nei vari allegati del Dlgs. 105/2015 sono stati riportati i contenuti delle varie norme, nonché i dettagli della linea guida ministeriale per la conduzione delle verifiche ispettive SGS nelle aziende RIR. Tra i contenuti della Politica viene introdotto esplicitamente l’impegno da parte del gestore al miglioramento continuo (allineando l’SGS-PIR agli altri sistemi di gestione novembre/dicembre 2016 Tema 9001:2015 e ISO 14001:2015 e lo sviluppo di un nuovo standard ISO 45001 che doveva prendere il posto il BS OHSAS 18001:2007. Le norme ISO sono oggetto di riesame a cadenza regolare, tipicamente ogni 5-10 anni. L’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO) ha messo a punto una Higher Level Structure (HLS) “Struttura di Alto Livello” comune per le norme di sistema di gestione, per motivi di standardizzazione, ovvero: •Identica struttura per tutti i sistemi di gestione; •Stesso utilizzo di testi e terminologia; •Standard più facili da capire; •Applicazione più efficiente di sistemi di gestione integrati. Le nuove norme volontarie si presenteranno quindi come un corpo di strumenti per il controllo di tutti i rischi di un’organizzazione, ivi compresi i rischi di incidente rilevante. Il DLgs. 105/15 incentiva l’adozione dei sistemi di gestione e prevede una riduzione del 20% delle tariffe delle ispezioni per gli stabilimenti soggetti a rilascio di AIA (DLgs. 152/2006) che adottano un sistema di certificazione volontario (EMAS, ISO 14001, BS OHSAS 18001) o un SGSPIR conforme alla UNI 10617 e sottoposto a verifica secondo la UNI TS 11226. Altre fonti di incentivazione all’adozione di sistemi di gestione arrivano dal DLgs. 152/2006. Ad esempi gli impianti industriali soggetti alla normativa relativa all’autorizzazione integrata ambientale (AIA) hanno dei vantaggi tangibili in termini di maggiore durata dell’autorizzazione e di costi ridotti delle fidejussioni, se sono certificati secondo la norma ISO 14001 o registrate secondo il regolamento EMAS. In realtà in tutte le norme revisionate secondo il nuovo approccio dell’ISO (High Level Structure) è evidente la necessità di partire da una analisi del rischio in relazione al contesto ed allo schema di riferimento. Nel caso specifico, le aziende a rischio di incidente rilevante hanno a disposizione una letteratura tecnico-scientifica consolidata per le analisi di rischio, che come detto sopra, non sono orientate alla gestione delle condizioni ordinarie di esercizio ma soprattutto alla gestione delle condizioni anomale (avviamenti, fermate, re- 25 y Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie y Tema 26 volontari), ciò comporta la necessità della concreta dimostrazione ai verificatori ispettivi del suo rispetto. In caso contrario resterebbe inapplicata una parte importante della Politica e quindi dell’attuazione del SGS. All’interno dell’allegato H vengono inoltre specificate le modalità di controllo delle aziende RIR con l’adozione delle linee guida ministeriali ISPRA e di una specifica «Check List -allegato 3». Vengono inoltre introdotte le regole per la pianificazione delle ispezioni, chiarendo che le ispezioni sono svolte da Commissioni ispettive composte da soggetti individuati dal CTR per gli stabilimenti di soglia superiore, e dalla regione o dal soggetto da essa designato per gli stabilimenti di soglia inferiore. Tali ispezioni sono programmate dal Ministero dell’interno, avvalendosi del CTR per gli stabilimenti di soglia superiore e dalla regione, o dal Soggetto allo scopo incaricato per gli stabilimenti di soglia inferiore. I programmi annuali prevedono che l’intervallo tra due ispezioni presso lo stesso stabilimento sia stabilito in base alla valutazione sistematica dei pericoli di incidente rilevante relativa agli stabilimenti RIR. Nel caso in cui tale valutazione non sia stata effettuata, l’intervallo tra due ispezioni non è, comunque, superiore a un anno per gli stabilimenti di novembre/dicembre 2016 soglia superiore e a tre anni per gli stabilimenti di soglia inferiore. Il soggetto che dispone le ispezioni potrà valutare nella definizione dei mandati ispettivi (ad esempio sulla base delle risultanze delle ispezioni precedenti o dell’esperienza di incidenti o quasi-incidenti) se richiedere lo svolgimento di ispezioni mirate alla verifica di alcuni aspetti specifici del SGS (e quindi solo di alcuni punti specifici delle liste di riscontro 3.a e 3.b di cui all’appendice 3), oppure richiedere l’effettuazione di un’ispezione che copra tutti gli aspetti del SGS. Per quanto riguarda il rischio di incidenti tecnologici innescati da fenomeni naturali (rischio NaTech), la nuova norma sancisce la libertà di scelta da parte dei Gestori della metodologia di valutazione da adottare con riferimento allo stato dell’arte in materia. Conclusioni L’adozione di un sistema di gestione della sicurezza viene ritenuto fondamentale per assicurare la prevenzione degli incidenti rilevanti ed il principio ispiratore della Direttiva Seveso è che il funzionamento sicuro di una determinata installazione dipende dai criteri gestionali complessivi. Nelle grandi aziende è naturale se non necessario adottare sistemi di gestione in- tegrati, decisione legata alla necessità adottare comportamenti, regole e procedure coerenti ed omogenei anche in più siti della stessa azienda magari sparsi in diversi paesi nel mondo. L’utilizzo quindi di sistemi di gestione integrati anche con quello relativo al Rischio di Incidenti Rilevanti è connaturato con la dimensione aziendale. Nelle aziende invece di piccole dimensioni l’adozione di sistemi di gestione può apparire un peso se vissuto in modo assolutamente ed esclusivamente burocratico e formale; è pur vero che nelle aziende RIR vi sono una serie di adempimenti formali aggiuntivi rispetto alle altre aziende di pari dimensione. Un approccio sostanziale effettuato sulla base innanzitutto della UNI 10617 e se opportuno anche sulle altre norme (ISO 9001, ISO 14001 e BS OHSAS 18001), calando sulla effettiva dimensione aziendale i requisiti della norma oltre quelli cogenti, è l’unica arma possibile che ha l’azienda per ridurre effettivamente il Rischio da Incidenti Rilevanti, basando l’implementazione della norma su tutte le risorse disponibili. n BIBLIOGRAFIA • D.Lgs.105 del 26/06/2015, pubblicato in G.U., del 14/07/2015 • Domenico Barone. http://www.apvvf.it/public/upload/ Dossier_CTI • Riccardo Caracuta. http://www.apvvf.it/public/upload/ Dossier_CTI n SITOGRAFIA • http://www.amblav.it/ • http://www.uni.com/ • http://www.iso.org/ • http://www.isprambiente.gov.it/ • http://www.cti2000.it/ FRANCESCO TAURASI INAIL - UOT CVR di Campobasso [email protected] DIEGO CERRA Comitato Nazionale Salute e Sicurezza [email protected] GIUSEPPE D’AGOSTINO Momentive Performance Materials Specialties srl - Termoli (CB) [email protected] www.qualitaonline.it 27 y Sicurezza & Qualità y Tema >> Marco DE MITRI Opportunità, strategie ed indicazioni operative. i sistemi di gestione iSO 39001 I l gruppo britannico FM CONWAY Ltd., uno dei primi a conseguire in Europa la certificazione ISO 39001, ha ottenuto da parte della sua compagnia di assicurazioni una riduzione del premio annuo pari al 10%, a fronte del solo superamento dello “stage 1” di certificazione. Quanti broker e fornitori di flotte aziendali conoscono questa certificazione? E quanti fleet manager e datori di lavoro? Nel 2012 è stata pubblicata la norma “ISO 39001 - Road Traffic Safety Management Systems”. Le organizzazioni che dimostrano di avere un sistema di gestione conforme ai requisiti di tale standard possono ottenerne la certificazione da parte un ente accreditato, in analogia alle varie norme “di sistema” (ISO 9001, ISO 14001, BS OHSAS 18001, ecc.). La norma ISO 39001 definisce i requisiti che deve avere un sistema organizzativo mirato alla riduzione del numero di morti e del numero di feriti conseguenti agli incidenti stradali. Potenzialmente, tale sistema può essere adottato da qualsiasi tipo di organizzazione: aziende private, gestori di reti stradali, Enti Pubblici, e così via. Tuttavia, nella sostanza, i soggetti più indicati per l’implementazione di un sistema di gestione del genere sono le aziende di una certa dimensione che generano, direttamente o indirettamente, un gran numero di spostamenti stradali per motivi di lavoro1. Parlo quindi, in primis, di aziende che trasportano persone o merci, di aziende che svolgono pubblici servizi (ad esempio: gestione strade, raccolta rifiuti, aziende del tipo “global service”, e così via) oppure di aziende che hanno su strada una rete vasta e capillare di persone con mansioni di natura commerciale o operativa (dalle case www.qualitaonline.it farmaceutiche alle compagnie di telecomunicazioni, dai gruppi bancari ai fornitori di servizi di manutenzione, e così via). Il contesto L’inquadramento normativo e gli studi di settore La certificazione ISO 39001 non costituisce un obbligo di legge. Lo è, invece, la valutazione del rischio stradale per i lavoratori che abbiano, nella loro mansione, compiti da svolgere su strada (con o senza l’uso di veicoli aziendali). Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza dei Lavoratori (D.Lgs n. 81/2008 e s. m. e i.) non cita nello specifico la valutazione del rischio stradale, a differenza del caso di tanti altri rischi, anche meno gravi in termini di danni associati, rispetto ai quali dedica invece ampia trattazione. Tuttavia, esso prevede che i Datori di Lavoro individuino tutti i rischi a cui possono essere sottoposti i loro lavoratori, li valutino, ed adottino misure opportune per la riduzione di detti rischi. Per i lavoratori aventi la strada come luogo di lavoro, l’incidente stradale è una delle più frequenti cause di infortunio, ed il “rischio stradale” è uno dei rischi preminenti. Può quindi non essere sufficiente, da parte del Datore di Lavoro, verificare la validità della patente di guida e richiedere ai lavoratori il rispetto delle norme del Codice della Strada per poter dire di avere valutato e trattato adeguatamente i loro rischi lavorativi. Varie sentenze della Corte di Cassazione hanno rafforzato negli anni questo concetto, aderente peraltro a quanto indicato dalla Direttiva Quadro 89/391/CEE, “madre” dei successivi disposti di legge nazionalie- manati per la tutela di salute e sicurezza dei lavoratori (come il nostro D.Lgs. n. 81/2008). L’importanza della questione emerge peraltro con forza considerando che, dai noti dati diffusi annualmente da INAIL,circa il 50% delle morti sul lavoro sono dovute ad incidenti stradali2 (avvenute in itinere o in occasione di lavoro). Il tema è peraltro molto sentito anche a livello europeo, come dimostra il recente progetto “PRAISE” sviluppato dallo European Transport Safety Council (ETSC), relativo proprio allo studio della sicurezza stradale in ambito lavorativo3. Ma anche il mondo anglosassone, con le numerose pub blicazioni in materia da parte del l’Health and Safety Executive (HSE), ha consentito di porre le basi per studiare la materia in modo rigoroso, prima ancoradi giungere alla stesura dello standard ISO 390014. I costi aziendali Tanto le fonti già citate, quanto diversi altri studi, hanno poi evidenziato il problema dei costi monetari derivanti dagli incidenti stradali sul lavoro. Non entro nel dettaglio dei numeri, che cambiano naturalmente in base al tipo di organizzazione in esame. Evidenzio però che un incidente stradale sul lavoro non solo produce i costi ad esso direttamente imputabili (spese di riparazione, penali per consegne o servizi ritardati, e così via), ma sia anche causa di pesanti oneri differiti (come i rincari assicurativi) o indiretti (mancata disponibilità per un certo periodo di persone o mezzi, danno di immagine aziendale, e così via). Per non parlare del sempre possibile rischio di lunghi ed onerosi contenziosi legali. novembre/dicembre 2016 Tema 28 y Sicurezza & Qualità y La questione è ora studiata anche dai grandi gruppi assicurativi, o almeno da quelli più innovatori, i quali assistono i loro principali clienti (specie quelli con flotte molto numerose) con servizi che vanno al di là della semplice copertura dei danni dovuti ai sinistri ed arrivano ad agire quasi come consulenti per la riduzione del rischio stradale. Nella giusta convinzione che una minore sinistrosità sia un obiettivo comune, a cui sia gli assicuratori che gli assicurati debbano tendere. E, come detto, il gruppo britannico FM CONWAY Ltd., uno dei primi a conseguire in Europa la certificazione ISO 39001, ha avuto una riduzione del premio annuo del 10% da parte del suo assicuratore a fronte del solo superamento dello “stage 1” di certificazione. Quali aziende devono muoversi? La certificazione ISO 39001 è conseguibile da organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione. Ma, in particolare, essa assume senso ed utilità per le aziende di dimensioni medio-grandi, responsabili della presenza su strada di un gran numero di persone (dipendenti o meno) e mezzi (di proprietà o meno). Ed è inoltre particolarmente indicata per imprese già dotate di sistemi di gestione conformi agli standard ISO 9001 e OHSAS 18001. Peraltro, l’approccio di un sistema organizzativo conforme ai requisiti della norma ISO 39001 è orientato alla tutela dell’incolumità non solo dei dipendenti di una data organizzazione, ma anche di tutti gli utenti della strada rispetto ai quali le attività dell’organizzazione possono avere un impatto. La certificazione di un sistema di gestione conforme a questo standard, quindi, si sposa bene anche con quelle associate ai modelli organizzativi orientati alla tutela ed al rafforzamento della responsabilità amministrativa e della responsabilità sociale d’impresa (cfr. D. Lgs 231/2001, certificazione SA8000, ecc.). La scelta dei tempi Le aziende del tipo descritto, in questo periodo, sono peraltro alle prese con la necessità di migliorare il proprio sistema di gestione seguendo le evoluzioni degli standard internazionali. Molti soggetti, infatti, devono gestire la transizione del sistema organizzativo interno rispettoalle nuove versioni delle norme ISO 9001 ed ISO 14001 novembre/dicembre 2016 (pubblicate nel 2015), e magari puntare anche alla certificazione ISO 450015, di prossima pubblicazione. Ed è importante ricordare come tutte le norme citate, insieme alla ISO 39001, condividono la stessa struttura, facilitando con ciò l’integrazione delle stesse e la snellezza del sistema6. In questo contesto, la scelta per una azienda può essere duplice. Si può infatti dedicere diportare prima a termine la transizione del proprio sistema alle nuove ISO 9001 ed ISO 45001, prima di “estenderlo” per renderlo conforme anche allaISO 39001. Al contrario, si può anche “approfittare del momento”, procedendo con la riorganizzazione del sistema in una fase unica allo scopo di integrare nello stesso anche i requisiti relativi alla sicurezza stradale e conseguendo la certificazione ISO 39001 in tempi più rapidi. La scelta dipende, chiaramente, dalle specifiche condizioni aziendali. Un supporto consulenziale altamente competente e la scelta di un ente di certificazione di spessore risultano decisivi allo scopo di stabilire la tempistica più adeguata ed evitare inutili appesantimenti nei processi aziendali. L’implementazione del sistema La situazione di partenza Prendiamo il caso di una azienda con le seguenti caratteristiche: numero di dipendenti operanti in maggioranza su strada, flotta veicolare di proprietà, sistema di gestione già conforme ai requisiti dello standard OHSAS 18001. È evidente come la presenza di un sistema di gestione già certificato OHSAS 18001 costituisca un punto di forza per l’azienda, dal momento che esso offre non solo una “cornice” procedurale (con il ciclo di pianificazione, controllo operativo, gestione degli audit, riesame, ecc. già ben rodato e funzionante), ma anche uno strumento operativo fortemente orientato alla riduzione dei rischi su strada, con procedure già in uso e specifiche di situazioni che richiedono attenzione alla sicurezza delle persone ed all’efficienza dei veicoli. Non è quindi esagerato ritenere, come peraltro ho direttamente riscontrato in varie realtà aziendali, che questa condizione consenta all’azienda di essere già “a metà strada” nel percorso di certificazione ISO 39001. E comunque, in ogni caso, il possesso della certificazione OHSAS 18001 rappresenta per l’obiettivo in questione un punto di forza, ma non una condizione necessaria. Occorre inoltre considerare che l’approccio indicato dallanorma ISO 39001 non si limita al solo perimetro operativo aziendale, ma spazia notevolmente, per prendere in esame anche gli effetti che l’organizzazione stessa produce nei confronti del contesto in cui opera. Non basta quindi impostare il sistema solo con riferimento ai rischi a cui sono esposti i lavoratori quando sono su strada - tema che peraltro, si spera, sia già trattato adeguatamente nel documento di valutazione dei rischi(DVR) - ma anche con riferimento ai rischi che l’azienda stessa “porta” sulla strada. Rispetto a tali rischi, le persone esposte sono costituite da tutti gli “utenti della strada”. E questo, è uno dei punti rispetto ai quali, in fase iniziale, la maggior parte delle aziende si trova ad essere “scoperta”. Altre lacune che riscontro spesso nella “gap analysis”iniziale, oltre alla trattazione superficiale del rischio stradale nel DVR, sono date dalla approssimativa gestione della manutenzione dei veicoli e, soprattutto,dall’assenza di una politica di monitoraggio e sanzionamento dei comportamenti a rischio che i dipendenti tengono su strada. Analisi del contesto e pianificazione: Il rischio stradale nel DVR e nella ISO 39001 Integrare le procedure aziendali vigenti allo scopo di raggiungere la conformità ai requisiti ISO 39001 può essere per molte aziende un processo rapido, ma di certo non è mai banale. È alto il rischio di duplicare informazioni o procedure esistenti, dimenticare lacune su aspetti decivisi e, soprattutto, appesantire il sistema di gestione vigente in modo disorganico e senza conseguire reali benefici organizzativi, né tantomeno risultati apprezzabili in termini di riduzione del rischio e del numero di incidenti. Occorre dunque gestire la cosa con particolare accuratezza ed avvalendosi diriconosciuta competenza. Partiamo dall’analisi del contesto, ricordando nuovamente che occorre guardare sia “all’interno” che “all’esterno” del perimetro aziendale. “Guardare all’interno” significa approfondire la valutazione dei rischi effettuata in otwww.qualitaonline.it 29 y I sistemi di gestione ISO 39001 y www.qualitaonline.it inquadrare come “rischi sul lavoro da interferenza”,risultanosostanzialmente ineliminabili, anche se si può fare qualcosa per limitarne i danni. E ricordando inoltre come il rischio, per il singolo addetto, può variare sensibilmente in funzione delle specifiche condizioni in cui egli si trova ad operare, che possono cambiare giorno per giorno. Fin qui, quello che si intende per “guardare all’interno”. “Guardare all’esterno” significa invece considerare i rischi che l’azienza “porta” sul territorio in cui opera,cioè sulle strade sulle quali avvengono i propri spostamenti. Ad esempio: per una azienda di trasporto pubblico, si tratta della città o provincia in cui svolge il servizio; per un corriere espresso o un autotrasportatore si tratta dell’intera rete stradale impegnata, ecc.In questo contesto, occorre fare lo sforzo, per nulla banale, di capire chi possono essere i propri interlocutori, i quali rientrano tra le cosiddette parti interessate7: dagli enti locali (come nel caso del trasporto pubblico) ai gestori infrastrutturali, dalle associazioni di categoria alle forze dell’ordine; dai servizi di emergenza alle compagnie di assicurazioni, ecc. In funzione del contesto analizzato e dei rischi riscontrati, si passa poi alla fase di pianificazione delle azioni da attuare. La norma ISO 39001 richiede,a questo punto,che si ragioni in termini di “fattori di prestazione”. Impostazione del sistema ISO 39001: i fattori di prestazione L’individuazione dei fattori di prestazione è uno dei punti più delicati ed importanti dell’intero processo. Essi si distinguono in “iniziali”, “intermedi” e“finali”8. La loro corretta definizione consente di impostare adeguatamente l’insieme degli indicatori nu- merici da utilizzare per gestire correttamente le fasi di pianificazione, controllo operativo, analisi delle prestazioni e riesame del sistema. Nella sostanza, i fattori iniziali corrispondono ai fattori di esposizione al rischio. Ad esempio, per i lavoratori, parliamo di tempi trascorsi su strada odistanze percorse, tutto ripartito il più possibile in base a mansione e condizioni particolari di lavoro. Potendo intervenire direttamente su tali fattori si avrebbe un forte effetto di riduzione del rischio. Ad esempio, le riunioni condotte in video-conferenza consentono di evitare spesso un viaggio in auto, eliminando del tutto l’esposizione al rischio derivante dall’attività in questione. Spesso,però, eliminare la presenza delle persone su strada non è possibile, come nel caso delle attività derivanti da servizi contrattualizzati (es. trasporto di merci o persone, raccolta rifiuti, pulizia o manutenzione stradale, ecc.). In ogni caso, anche ove non fosse possibileintervenire sui fattori iniziali, occorre monitorare gli stessinel dettaglio, per consentire poi analisi accurate in termini di esiti ed evoluzione delle prestazioni. I fattori intermedi sono le vere e proprie “leve” del sistema. Sono cioè dati dalle azioni concrete che i Datori di Lavoro possono mettere in atto per la riduzione del rischio stradale. Non mi dilungo in questa trattazione proponendo l’ennesimo elenco di indicazioni operativesul tema (es. formazione, addestramento, ecc.); ribadisco però che tali fattori devono essere individuati con cura, in quanto la loro efficacia varia molto in base alla tipologia dell’azienda ed alla situazione di rischio per il lavoratore. Vanno inoltre associati ad indicatori chiari e “misurabili”, per poter impostare su di essi obiettivi e piani di miglioramento in modo adeguato(es. percentuale di conducenti che hanno frequentato un corso di guida sicura, numero e periodicità degli audit interni sulla sicurezza stradale, infrazioni commesse alla guida, ecc.). I fattori intermedi di prestazione vanno individuati in funzione del tipo di azienda, cercando di coprire le tre aree fondamentali di intervento: “uomo”, “veicolo” e “spostamento”. Suggerisco qualche indicazione specifica: per la componente “uomo” ci si orienta su formazione, addestramento e preparazione alle emergenze; per la comnovembre/dicembre 2016 Tema temperanza agli obblighi derivanti dal Testo Unico. Se quella del rischio stradale non dovesse essere adeguatamente dettagliata, come spesso avviene, occorre approdondirla con riferimento ad ogni singola mansione che preveda presenza su strada. Senzaperaltro trascurarele attività di chi ricopre funzioni dirigenziali, molto spesso in autoper compiticommerciali o di rappresentanza. Valutare il rischio stradale dei lavoratori non è banale: la strada non è un ambiente chiuso e delimitato come un ufficio o un sito produttivo, per i quali, invece, il datore di lavoro ha pieno potere di stabilire regole di comportamento o realizzare interventi strutturali.Su ogni strada circolano, oltre ai propri dipendenti, persone aventi motivi diversi (lavorativi o meno), con competenze diverse (in termini di formazione ed addestramento) e su veicoli di tipo diverso (leggeri, pesanti, speciali, ecc.). E, su questa miriade di soggetti che “interferiscono” con lo spostamento di unproprio dipendente (mettendolo anche a rischio), il datore di lavoro non può fare assolutamente nulla. Quello che invece può fare attiene alla sua specifica e limitata sfera di influenza, data dai propri guidatori, dai veicoli che usano e dagli spostamenti che vengono richiesti loro, come illustro nel seguito. È evidente come, oltre all’ovvio rispetto delle normative specifiche (ad esempio in termini di patenti professionali, dispositivi di controllo per i mezzi pesanti, norme su alcool o tempi di guida, ecc.), la valutazione del rischio stradale debba portare datori di lavoro e responsabili del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) a conclusioni e misure di miglioramento adeguate. E quesot, pur tenendo presente che gli incidenti causati da colpa altrui, che possiamo quasi Tema 30 y I sistemi di gestione ISO 39001 y ponente “veicolo” si cerca dimigliorarele procedure di gestione e manutenzione dei veicoli; per la componente “spostamento” si ragiona su come ridurre o gestire il numero di spostamenti effettuati in condizioni di rischio. Ma solo scendendo nel dettaglio del contesto organizzativo è possibile pervenire alla definizione dell’insieme corretto dei fattori intermedi, considerando spesso che, peraltro, alcuni di tali fattori possono essere già presenti come elemento del sistema di gestione vigenteo come misura di miglioramento derivante dalla valutazione dei rischi. I fattori finali costituiscono infine il “risultato” delle prestazioni dell’azienda in termini di sicurezza stradale. Parliamo quindi del numero di incidenti avvenuti su base periodica (es. annuale), suddivisi per tipo di mezzo, mansione lavorativa, esito (es. con lesioni a persone o meno), giorni di lavoro persi da persone e veicoli, ecc. Ed è bene comprendere in tale elenco anche i tanti fattori “sentinella”, come ad esempio il numero di avarie occorse ai mezzi, quello di infrazioni al codice della strada commesse dai lavoratori, o ancora,il monitoraggio e l’analisi degli esiti di alcool e drug-test a cui sono sottoposti i conducenti aziendali (sia in occasione della sorveglianza sanitaria chea seguito di controlli su strada da parte delle forze dell’ordine). I valori relativi a tali indicatori devono poi essere monitorati ed analizzati periodicamente, per capire se le azioni messe in campo (date dai “fattori intermedi”) sono efficaci o meno. E, allo scopo di una buona analisi, è opportuno rapportare tali valori a quelli dei fattori iniziali (es. il numero di sinistri, infrazioni o avarie mensili va rapportato alle percorrenze fatte o alle ore trascorse su strada nello stesso periodo, e così via). Il sistema di gestione Tutto quanto ho descritto va inquadrato e gestito nel normale ciclo del sistema di gestione vigente, che non costituisce solo una cornice formale ma è anzi lo strumento operativo con cui eseguire le varie procedure individuate. In fase di avvio del sistema ISO 39001 sta poi al responsabile aziendale del sistema (l’”HSE Manager”) decidere se, nell’ottica dell’efficienza aziendale e dell’integrazione delle varie norme di sistema, possa essere utile eseguinovembre/dicembre 2016 re fin da subito audit interni congiunti sulle diverse norme o procedere invece in prima battuta con uno specifico approfondimento sul tema del rischio stradale. E, in sede di riesame delle prestazioni, è bene che la direzione si ponga obiettivi di miglioramento adeguati su un orizzonte temporale di medio termine (ad esempio su tre anni), verificando però almeno annualmente l’andamento delle prestazioni ed il gap residuo rispetto agli obiettivi. Il tutto, senza dimenticare la necessità di un impegno fattivo e convinto da parte delle figure dirigenziali9, che sullo specifico tema corrono spesso il rischio di ritenersi “al di sopra delle parti” e quindi libere di comportarsi in difformità rispetto alle prescrizioni date ai loro stessi dipendenti e riportate nella politica aziendale. Una lacuna su tale aspetto può, in molti casi, pregiudicare l’efficacia dell’intero sistema. grazione dei sistemi di gestione. Per le aziende più grandi il discorso è diverso. Quelle più avvedute stanno da tempo implementando, all’interno dei loro sistemi di gestione, azioni e procedure specifiche per la riduzione del rischio stradale (dai corsi di guida sicura alla formazione specificacon psicologi del traffico; dall’uso di sistemi GPS per il monitoraggio della guida al sanzionamento dei dipendenti che commettono infrazioni al Codice della Strada, e così via). Per tali organizzazioni, il conseguimento della certificazione ISO 39001 è un passo ormai quasi inevitabile, oltre che relativamenterapido. E quelle con datori di lavoro e dirigenti dotati di competenzae lungimiranza non potranno che percorrerlo a breve. n NOTE 1 Non faccio riferimento, in questa trattazione, agli spostamenti in itinere, che rientrano peraltro nella sfera di Conclusioni Con una implementazione adeguata del sistema e con azioni serie e convinte, in un triennio è possibile arrivare ad una riduzione di incidenti, sinistri e costi ad essi associatiin misura pari al 50% ed oltre, come dimostrano le migliori esperienze europee nel settore. Ed ai vari benefici economici (riduzione dei costi di riparazione e dei tempi di indisponibilità di persone e veicoli, riduzione dei costi assicurativi, accesso ad incentivi INAIL, ecc), si sommano quelli gestionali (con una migliore efficienza aziendale), giuridici (con tutele rafforzate riguardo alla responsabilità di impresa) e di immagine (con un forte riconoscimento di carattere innovativo e di responsabilità sociale da far valere rispetto alla concorrenza). Per le aziende di dimensioni minori, e magari neanche dotate di un sistema conforme ad OHSAS 18001, la strada può essere più lunga ed i costi da sostenere più rilevanti. Il consiglio, in questo caso, può essere quello di far effettuare solo una rapida “gap analysis” da parte di una figura esperta, per verificare quanto i requisiti dettati dalla norma ISO 39001 possano essere distanti o meno dallo stato attuale, e decidere solo dopo se, e con che tempi, procedere alla implementazione del sistema. Il tutto, tenendo presente quanto già detto in tema di evoluzione delle norme ISO ed opportunità di inte- competenza dei mobility manager, almeno dal punto di vista degli impatti ambientali. 2 In merito ai dati sui sinistri stradali lavorativi è inoltre doveroso citare l’importante studio effettuato dal gruppo di Lavoro “Provincia, ASL e INAIL di Mantova”, presentato nel novembre 2015, che ha avuto lo scopo di correlare i dati provenienti dalle diverse fonti per costruire un quadro conoscitivo completo ed accurato sul tema. 3 4 http://etsc.eu/projects/praise/. Consiglio vivamente, a tale scopo, la consultazione della guida “Driving at work - Managing work-related road safety” (HSE, 2014). 5 La ISO 45001 è la nuova norma ISO dedicata alla salute e sicurezza dei lavoratori. E’ facile aspettarsi una “migrazione” verso di essa da parte di molte aziende oggi in possesso della OHSAS 18001. 6 Tutte le norme sui Sistemi di Gestione, in revisione o in nuova emissione, sono ora allineate alla nuova struttura comune obbligatoria ISO chiamata Struttura generale di alto livello (High Level Structure, HLS), definita nell’allegato SL delle Direttive ISO/IEC, 1a parte. 7 cfr. punto 4.2 della norma. 8 cfr. punto 6.3 della norma. 9 Cfr. capitolo 5 della norma (“Leadership”). MARCO DE MITRI Ingegnere,esperto in sicurezza stradale sul lavoro e sistemi ISO 39001 NIER Ingegneria SpA. [email protected] www.qualitaonline.it 31 y Sicurezza & Qualità y Tema >> Catterina PASQUALIN e Piero VIGUTTO La percezione del rischio: prevenire con la formazione “Shit happens” is a vulgar though common way of saying that “Sometimes bad things happen”. But, is it true or is it a simple way to explain something that we cannot understand? In this article we describe how our brain works when we are in danger, how operators put themselves at risk and why experts’ behaviour and choices are also sometimes puzzling. This can often be explained not so much as an unlucky moment, but rather as wrong data analysis made by our mental structures that sometimes seem to work against us and not for us. It is what happened to Reinold Messner who climbed up all the biggest mountains on Earth and broke his heel jumping over a fence. The question is: how can we avoid these phenomena from occuring? The answer is: training, communication and a correct mindset developed in a company setting which is used to endorse every safety best practice. A lcuni incidenti accadono e non possiamo evitarli. Questa affermazione è del tutto vera oppure in sé nasconde una forma di giustificazione per la nostra incapacità di controllare e gestire le situazioni? Riflettiamo bene. Quali sono i meccanismi mentali che ci portano a compiere i più banali errori di valutazione? Per quale motivo, anche con anni di esperienza, possiamo incorrere in incidenti particolarmente gravi? Per lo stesso motivo per cui Reinhold Messner, alpinista che per primo scalò tutti gli “8000 metri” del mondo, pur essendo abituato ad arrampicate pericolosissime si ruppe il calcagno in un banale incidente domestico. Le cause non sono univoche e per nulla banali. L’analisi del fenomeno della percezione del rischio, ancorché tardiva nella storia della sicurezza sul lavoro, ha coinvolto decine di ricercatori producendo una letteratura cospicua. Ne parla Piero Vigutto nel libro “La percezione de rischio”1 che pone in evidenza come il pensiero industriale sia maturato nei decenni, passando da un completo disinteresse per la sicurezza individuale tipico della rivoluzione www.qualitaonline.it industriale, alle analisi della percezione del rischio del XX secolo, fino ad arrivare ai Decreti Legislativi n. 81/2008 e n. 231/2001 che della sicurezza sono i cardini odierni. Forse come non mai proprio il Decreto Legislativo n 81/2008 ha messo al centro l’uomo che opera all'interno di un ambiente e che da esso mai si slega pur mantenendo la propria singolarità di individuo che sceglie come agire in esso ed interagire con esso. Ogni incidente, infatti, è diverso dall'altro tanto che la giurisprudenza, quando viene chiamata ad attribuire la responsabilità degli eventi, non riesce e non può trovare un approccio individualistico che è invece proprio della psicologia del lavoro. Allora, se la soggettività e l’ambiente mutevole giocano una partita sempre diversa nella gestione della sicurezza, come possiamo premunirci dagli incidenti o prevederli? La risposta riguarda la capacità di previsione dell’evento ed è presto data: non si può prevedere il futuro. Nessuno può. Tutte le previsioni hanno un certo grado di fallacità. Se potessimo prevedere il futuro non compiremmo errori, invece gli errori sono parte integrante della nostra vita. A determinare gli esiti nefasti di alcune scelte non ci pensa il fato. L'operatore che si schiaccia le mani sotto la pressa, l’alpinista esperto che si rompe una gamba e un comune risparmiatore che investe nel mercato sbagliato, applicano lo stesso meccanismo cerebrale del tacchino americano del ringraziamento (vedere: N. T. Nassim, Il cigno nero). Il tacchino cresce osservando ogni giorno della sua vita un placido allevatore che gli offre il cibo con le sue mani amorevoli. Un’azione ripetuta per giorni e giorni che fa credere al tacchino di essere al sicuro, fino a quando quelle stesse mani che lo hanno nutrito afferrano l’ascia per tagliargli la testa e cucinarlo al forno con le patate. Non so cosa pensi un tacchino in quella situazione, ma un attimo di smarrimento deve averlo di sicuro. Il suo mondo di certezze crolla improvvisamente. Così accade per l’investitore, l’operaio e l’alpinista che, dopo aver ripetuto migliaia di volte la stessa operazione in condizioni di complessità elevata, cadono vittime di un banale errore di valutazione. La risposta alla prima parte della domanda, ovvero come possiamo premunirci dagli incidenti, è più complessa. La prevenzione del rischio passa dall'educazione del personale, ovvero dalla cultura aziendale. In parole povere, dalla formazione. Non sempre però le esperienze in tal senso risultano dal punto di vista metodologico accattivanti: contenuti normativi, lezioni frontali... ascoltare, ascoltare, ancora ascoltare. Spesso principalmente con due effetti: la sonnolenza e il totale oblio. Se davvero è così, qual è quindi la loro utilità? Pressoché nulla! novembre/dicembre 2016 Tema 32 y Sicurezza & Qualità y Tenendo conto di questi feedback, quello che dobbiamo chiederci come formatori è: come possiamo promuovere le competenze sulla sicurezza affinché si traducano in azioni di prevenzione e cultura aziendale? Se la lezione frontale stimola la sonnolenza, ma soprattutto risulta inefficace, dobbiamo cambiare metodologia introducendo una componente esperienziale, per far sì che questi concetti diventino, mano a mano, parte dell’agito giornaliero. Solo così le azioni e le proposte di prevenzione verranno interiorizzate e fatte proprie, accolte quindi in maniera meno faticosa e più motivante, non passivamente accettate, spesso infruttuosamente, perché imposte dall’alto. La formazione così strutturata, permetterà di valutare il più possibile correttamente il rischio interagendo in maniera intelligente con il pericolo. Smetteremo di definire l’incidente come evento sfortunato o fortuito, superando quelle difficoltà e quei limiti mentali che spesso hanno impedito comportamenti adeguati. È quindi importante capire quali siano questi atteggiamenti inappropriati. Ecco qui alcuni esempi, di certo non esaustivi, ma in cui qualcuno di voi si potrà riconoscere. La banalizzazione dell’evento: Messner non si aspettava di rompersi una gamba in un incidente così sciocco proprio perché aveva scalato tutte le montagne più alte della terra. Probabilmente è stato vittima di un eccesso di sicurezza. La frase più pericolosa in questi casi è: «Cosa vuoi che sia, ho fatto ben altro!?». La ripetitività: l’operaio che incorre in un incidente utilizzando un macchinario che conosce benissimo, dopo aver replicato le stesse azioni per anni, ha sempre compiuto correttamente la manovra e quindi l’incidente è stato un caso, oppure ha sempre agito in maniera scorretta ma gli è sempre andata bene? Probabilmente è stato vittima del «ho sempre fatto così (...e mi è sempre andata bene)». Se hai sempre fatto così, chiediti se hai sempre agito correttamente. Confrontati con qualcun altro per avere un diverso punto di vista, accettando anche la critica ad un modo di agire che si pensava corretto e che invece non lo è. Se fosse stato corretto non ci sarebbe stato un incidente. novembre/dicembre 2016 L’imprevedibile: il nostro investitore ha analizzato attentamente il trend di mercato degli ultimi anni, individuando una particolare azione che ha avuto un andamento costante e crescente. Punta i suoi risparmi su quel titolo e … perde. Per quale motivo? Nessuno, a questo mondo, può prevedere il futuro (lo abbiamo già detto) tuttavia ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha agito come se potesse farlo. Anche in questo caso nel cervello dell'investitore è intervenuto il concetto che «è sempre andata così» e non ha tenuto conto del fatto che non sempre si può prevedere il futuro solo attraverso l'analisi dell'andamento del passato. Il prevedibile è sempre vittima dell'imprevedibile. Così è stato per l’operaio che ha sempre effettuato una manovra rischiosa valutandola diversamente. Ha utilizzato l’esperienza passata per prevedere l’andamento del futuro e … ci ha rimesso una mano o peggio. Questo tipo di ragionamento non appartiene solamente a Messner, al tacchino, all’investitore o all’operaio. È proprio di ognuno di noi. Siamo fatti così, incapaci di calcolare correttamente le probabilità che gli eventi si verifichino. Non teniamo presente che ogni evento è una singolarità quasi completamente indipendente dal resto e che include in sé la possibilità che non succeda nulla ma anche il suo contrario. Facciamo un esempio per meglio chiarire le modalità di ragionamento che adottiamo. Abbiamo detto che ogni nostra azione, anche se ripetuta in serie e in maniera sempre identica, equivale ad una serie di singolarità. E’ come estrarre una pallina da un vaso, le palline sono tutte di colori diversi e una sola è nera. Dopo ogni estrazione rimettiamo la pallina estratta nel vaso. Potremmo effettuare 1000 estrazioni trovandoci sempre in mano una pallina colorata, questo basterebbe a convincerci che non ci siano palline nere, o che pur sapendo che c’è una pallina nera, la probabilità di estrarla è inesistente. Ma in realtà ci sbagliamo. La probabilità è bassa ma è sempre del 1% ad ogni estrazione, paradossalmente la stessa probabilità che ha ogni altra pallina del vaso. Così funziona il nostro cervello. Compiamo una manovra errata e non succede nulla. La ripetiamo, 10, 100, 1000 volte e ci convinciamo che non succederà mai nulla, che abbiamo il controllo della situazione, e ci stupiamo quando quella stessa manovra ripetuta decine e centinaia di volte, comporta un incidente. Lo chiamiamo caso sfortunato oppure, ancor peggio, l’eccezione che conferma la regola. Invece non è né sfortuna né l’eccezione alla regola, è solamente la conseguenze di un’azione che si è manifestata per quello che è sempre stata: un errore procedurale. Nella genesi degli accadimenti poco dovremmo credere alla fortuna o alla sfortuna, molto alla causalità data dalle nostre azioni e alla casualità, definibile come incontrollabilità ed incomprensione delle conseguenze che le azioni degli altri hanno su di noi. La causalità è soggettiva e riguarda i comportamenti che più o meno consapevolmente mettiamo in atto in prima persona. Fortuna e sfortuna sono solo i nomi che diamo alla causalità che si somma alla casualità. Se il risultato ci è favorevole lo chiamiamo fortuna, altrimenti sfortuna. Fare formazione significa evitare tutto questo. Conoscere il fatto ed analizzarne le cause, confrontarsi su ciò e condividere, analizzare gli errori ed imparare da questi. Comunicare, condividere, crescere insieme, far tesoro delle esperienze e competenze reciproche considerando il collega, il compagno di lavoro una risorsa, un’opportunità per migliorare con www.qualitaonline.it 33 y La percezione del rischio: prevenire con la formazione y teggiamento può contribuire a mettere in pericolo la propria incolumità e quella degli altri. L’approccio formativo pertanto assume un ruolo determinante ai fini della prevenzione del rischio: l’unica risorsa quindi non è il formatore che meglio si configurerà come coach, ma tutte le persone che nel processo sono coinvolte perché, come si diceva, sono portatori di esperienza, di competenze ma anche di errori da cui imparare: lo psicologo Guido Petter parla di “errore produttivo” e nel sistema Toyota, partendo dai pezzi mal riusciti, si apre l’analisi per porre in essere il miglioramento continuo2. Si promuoverà così il protagonismo di ognuno da mettere in gioco a beneficio di tutti. n NOTE 1 VIGUTTO P., La percezione del rischio, L’Orto della Cultura, 2016 2 MASAAKI IMAI, Gemba Kaigzen, il Sole 24 ORE, 1997 CATTERINA PASQUALIN Componente del CD Aicq triveneto [email protected] [email protected] PIERO VIGUTTO, psicologo del lavoro e delle organizzazioni; fondatore di HR&O Consulting e consulente in ambito risorse umane; scrittore, saggista e blogger [email protected] dro della qualità del lavoro nei vari paesi aderenti all’Organizzazione; l’Italia, purtroppo, è vicina alla media nelle remunerazioni, debole nelle condizioni dell’ambiente lavorativo e agli ultimi posti per la protezione nel mercato del lavoro. Nel linguaggio della Qualità ci sarebbero enormi aree di miglioramento. Negli ultimi tempi, i dati su occupazione e disoccupazione hanno conquistato spesso le prime pagine dei giornali e monopolizzato sovente i dibattiti politici, soprattutto dopo l’approvazione del Jobs Act. L’aspetto più difficile da misurare resta la qualità dei posti di lavoro (esistenti e creati). Ma come si misura la qualità del lavoro? L’OCSE ha elaborato un quadro di analisi per misurare con indicatori oggettivi la qualità del lavoro secondo tre dimensioni: 1. la qualità delle remunerazioni: per misurare se i redditi da lavoro riescano a portare il benessere dei lavoratori (salari medi a parità di potere d’acquisto e loro distribuzione); 2. la protezione nel mercato del lavoro, per misurare la probabilità di perdere il proprio posto di lavoro e nell’eventualità di ricevere un sussidio per attutire le gravi ripercussioni economiche che ne conseguono; 3. la qualità dell’ambiente di lavoro, algoritmo utile per misurare gli aspetti non economici (natura e contenuto del lavoro svolto; orari di lavoro; relazioni lavorative). Anche questi risultati registrano una notevole diversità tra paesi aderenti all’OCSE. Se si considerano i tre indicatori insieme, i paesi con una qualità del lavoro più elevata sono quelli scandinavi, ma anche la Germania, l’Austria, la Svizzera e l’Australia. All’estremo opposto si trovano i paesi dell’Est e del Sud dell’Europa che risucchiano al loro interno anche l’Italia, purtroppo; la posizione è soprattutto determinata dalla scarsa protezione nel mercato del lavoro e da una qualità non eccellente dell’ambiente lavorativo. Più nel dettaglio, in Italia la qualità delle remunerazioni a parità di potere d’acquisto è vicina alla media OCSE: nonostante salari medi inferiori, le disuguaglianze salariali sono relativamente più basse rispetto a molti altri paesi; questi due elementi insieme permettono di collocare l’Italia nel gruppo intermedio, lontana dai paesi scandinavi.Molto più debole, invece, è il livello di protezione nel mercato del lavoro. L’Italia è terzultima, dopo Grecia e Spagna, allo stesso livello del Portogallo: il risultato è determinato da un aumento significativo delle probabilità che hanno i lavoratori di perdere il posto di lavoro senza poterne trovare un altro in tempi brevi e da un sistema di sostegno al reddito per i disoccupati ancora parziale. Più in generale, il risultato riflette il dualismo del nostro mercato del lavoro, cioè lo scarto che esiste tra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato e gli altri, non solo in termini di regole per il licenziamento, ma anche di coperture previdenziali più basse. Per quanto riguarda invece la qualità dell’ambiente di lavoro, l’Italia è nella parte bassa della classifica dei paesi OCSE; risulta infatti che quasi la metà dei lavoratori italiani è “sotto pressione”, cioè esposta a ritmi elevati e, in alcuni casi, a rischi per la salute non compensati da risorse adeguate per svolgere le mansioni richieste. Si riporta di seguito la graduatorie di questa “dimensione”: 1) Finlandia (›); 2) Danimarca (›); 3) Irlanda (›); 4) Lussemburgo (=); 5) Regno Unito (=); 6) Estonia (Ø); 7) Svezia (›); 8) Belgio (›); 9) Repubblica Ceca (Ø); 10) Olanda (›); 11) Austria (=); 12) Germania (Ø); 13) Francia (Ø); 14) Portogallo (Ø); 15) ITALIA (Ø); 16) Polonia (Ø); 17) Slovacchia (=); 18) Slovenia (›); 19) Ungheria (=); 20) Spagna (=) 21) Grecia (=). La crisi ovviamente non ha migliorato la situazione: la qualità dei salari è scesa; il grado di protezione è peggiorato sensibilmente (l’Italia era a due terzi della classifica OCSE nel 2007, è ora terzultima); la qualità dell’ambiente di lavoro è migliorata leggermente, in parte in conseguenza del fatto che i posti di lavoro più “sotto pressione” sono andati persi, con un effetto meccanicamente positivo sulla media generale. novembre/dicembre 2016 [sb] Spigolature PEr l’ocsE l’iTalia PrimEggia nEl «lavoro sEnza qualiTà» Una recente indagine dell’OCSE «OECD - JOB QUALITY Database (2016)» ha fornito elementi molto interessanti per rappresentare un qua- www.qualitaonline.it Tema quelle che oggi chiameremmo azioni di cooperative learning o peer to peer modelli educativi e formativi che contribuiscono a diminuire la probabilità di reiterare comportamenti inappropriati e a creare clima positivo interno attraverso l’anatomia dell’esperienza vissuta. La condivisione del sapere riduce la possibilità di catalogare come casuale l’evento, ci permette di prenderne atto e di informare gli altri sulle condizioni di rischio che precedono l’evento nefasto. Spesso, invece, l'evento nefasto viene nascosto. Il piccolo infortunio viene generalmente sottovalutato e catalogato come evento casualmente negativo all'interno di una serie di eventi positivi. Questo at- Tema 34 y Studi & Ricerche y >> Marco MANTOAN La nuova normativa IATF 16949 IATF 16949: the new international standard for Quality management in the automotive industry, representing the evolution of ISO-TS 16949 Nearly 20 years have passed since the first ISO/TS 16949, the technical specification for automotive sector quality management systems, was developed in 1999, and then followed by subsequent 2002 and 2009 editions. On 1st October 2016, the new IATF 16949 has been published, superseding and replacing the current ISO/TS 16949. Although the new standard is no longer ISO branded - but designed as an autonomous document, with the dual purpose of keeping a tight control of the worldwide scheme and manage updates in a short time - its structure remains aligned and refers to ISO 9001, the quality management systems standard updated in 2015. A higher number of requirements can be found in IATF 16949 than in ISO/TS 16949, which already contained about 60% more than the ISO 9001. Moreover, IATF 16949 includes some Customer Specific Requirements and is also strongly oriented to Risk Management. D opo un’intensa attività durata più due anni, si è concluso il lavoro di aggiornamento della norma per i sistemi di certificazione Qualità dell’automotive, che ha dato vita alla nuova IATF 16949, pubblicata il 1° ottobre 2016, erede dell’ISO/TS 16949. All’elaborazione del documento hanno partecipato organismi di certificazione, OEM, fornitori e auditor da tutto il mondo. In Italia, il gruppo di lavoro è stato coordinato da ANFIA e costituito dai rappresentanti dei fornitori italiani, con la partecipazione del Costruttore nazionale. Numerosi e interessanti gli input raccolti e le proposte di aggiornamento riconosciute come valide ed efficaci, poi armonizzate e confluite nella release finale della norma. Sono passati quasi vent’anni dalla prima edizione dell’ISO/TS 16949, nel 1999, a cui hanno fatto seguito le successive edizioni del 2002 e del 2009 e chi le conosce, avrà immediatamente notato che la nuova IATF 16949 non è più targata ISO. Prima di addentrarci nei motivi che hanno condotto a questa scelta e nell’analisi dei novembre/dicembre 2016 contenuti della pubblicazione, un breve excursus storico potrà essere d’aiuto per comprendere il percorso evolutivo della Qualità nell’automotive fino ad oggi. L’ISO/TS 16949 nasce dall’esigenza di uniformare i sistemi di valutazione e certificazione nella catena di fornitura del mondo auto. Intorno alla metà degli anni ’90, infatti, i maggiori Costruttori europei e le Associazioni nazionali dell’automotive svilupparono, in maniera indipendente tra le varie nazioni, i primi schemi di certificazione per i fornitori del mondo auto. Prima di questa fase, esistevano già dei documenti per la valutazione dei fornitori, realizzati nell’ambito di specifici programmi per lo sviluppo della Qualità nel settore autoveicolistico, e utilizzati per le valutazioni di parte seconda. In particolare, guardando all’Europa: la Guida francese EAQF ’94, la Guida tedesca VDA 6.1 e la Guida ANFIA AVSQ ‘94 “Valutazione Sistemi Qualità”. L’AVSQ ‘94 è stata elaborata attraverso il lavoro comune dei Costruttori e dei componentisti e, una volta ottenuto il mutuo riconoscimento con le corrispondenti altre due guide, diventò il riferimento nazionale in materia. Sempre in quegli anni, venne introdotto anche lo standard di Qualità QS9000, nato dallo sforzo comune dei tre Costruttori americani General Motors, Chrysler e Ford. A fronte di una crescente internazionalizzazione dei fornitori e delle fonti di acquisto, si poneva, in quegli anni, per questi fornitori, il problema della doppia certificazione: una secondo uno qualunque degli schemi europei, l’altra secondo lo schema QS9000. I Costruttori, quindi, si resero ben presto conto della necessità di arrivare a un documento comune, condiviso, orientato alla certificazione e valido in tutto il mondo, in grado di far risparmiare buona parte del tempo e delle energie impiegati negli audit ripetuti secondo i diversi modelli. La strada del mutuo riconoscimento fra documenti difformi, infatti, non era più percorribile, non solo per i differenti tipi di approccio, ma anche perché sia i valutatori di parte seconda e terza, sia i referenti delle aziende fornitrici, avrebbero dovuto essere formati all’impiego di documenti diversi, a loro volta passibili di modifiche ed evoluzioni da ricondividere ad ogni occasione. Allo stesso modo, affidarsi unicamente alla norma ISO 9001 – che, pure, nell’edizione del 1994, fungeva da base, nelle linee generali, anche per il mondo dell’auto – non poteva rappresentare una soluzione, essendo la norma necessariamente generalista e basata sul rispetto di requisiti molto elastici, mentre il comparto automotive aveva già sviluppato, nel corso degli anni, metodologie applicative specifiche per il www.qualitaonline.it 35 y La nuova normativa IATF 16949 y > Fig 1 - T2 in Italia prodotto auto. Di qui, la nascita dell’IATF (International Automotive Task Force), i cui membri fondatori sono ANFIA e le Associazioni consorelle statunitense AIAG, inglese SMMT, tedesca VDA e francese FIEV, nonché le corrispondenti Case automobilistiche – Fiat in Italia, Chrysler, Ford e General Motors in USA, BMW, Volkswagen e Daimler in Germania, Peugeot, Citroen e Renault in Francia – la quale, in circa 3 anni, elabora la specifica tecnica ISO/TS 16949, pubblicata, alla sua prima edizione, a marzo 1999. In sintesi, gli obiettivi del documento erano: garantire la fiducia nel global sourcing, migliorare la qualità di prodotti e processi – molto più di quanto si potesse ottenere dall’applicazione dell’ISO 9001 – adottare un unico approccio, riducendo, così, la variabilità e il numero di valutazioni. Si tratta di un documento innovativo, grazie ad uno spiccato orientamento al cliente, all’inserimento di requisiti specifici dei clienti, e anche perché ha avuto il merito di introdurre un set comune di particolari tecniche e metodologie impiegate nell’ambito dello sviluppo prodotto/processo, in produzione e per effettuare l’analisi dei dati. Costruttori e Associazioni di settore hanno quindi poi realizzato, nel tempo, una serie di pubblicazioni tecniche di supporto alle aziende per lo sviluppo di una cultura comune su molte metodologie. Per rendere il documento ancora più ufficiale e di sostanza, l’IATF, in quegli anni di sviluppo, prese contatti con l’ISO. Quewww.qualitaonline.it decine di migliaia di fornitori certificati (figura n. 2). Non a caso, a testimonianza del rilievo che ha progressivamente assunto negli anni, si tratta del terzo schema di certificazione più diffuso nel mondo dopo l’ISO 9001 e l’ISO 14001 (figura n. 3). Tornando alla nuova IATF 16949 – oggi e ancor più in futuro l’unico documento esistente per la certificazione dei sistemi di gestione Qualità automotive – possiamo dire che è stata concepita come documento autonomo con il duplice intento di mantenere uno stretto controllo dello schema a livello mondiale e di gestirne in tempi rapidi gli aggiornamenti. E’ chiaro che l’obiettivo che l’IATF si pone resta quello di incrementare le prestazioni della supply chain, portandole al livello e alle aspettative dei clienti, punto dolente di questi anni di applicazione. Pur non essendo più una pubblicazione ISO, la struttura del nuovo documento rimane quella dell’ISO 9001, che ha visto un recente aggiornamento a settembre 2015 e, analogamente, IATF continuerà comunque a lavorare con ISO. La nuova norma, quindi, è ora elaborata con maggiore rapidità, essendo il frutto del lavoro e dell’approvazione di un gruppo di referenti più ristretto. Aggiornamenti, modifiche o interpretazioni autentiche avverranno, quindi, secondo un processo più rapido che permetterà anche, ad esempio, adeguamenti più frequenti laddove necessario in conseguenza dello sviluppo e dell’evoluzione del mercato, dei prodotti e delle innovazioni tecnologiche in genere, dei processi, delle condizioni economiche. E’ importante puntualizzare, in ogni caso, che la norma IATF 16949, in ambito certificazione, non può essere impiegata da sola, ma unicamente e obbligatoriamente con la norma ISO 9001. Pertanto, tutte le organizzazioni devono sviluppare il proprio sistema qualità tenendo conto dei requisiti contenuti nell’ISO 9001 e nell’IATF 16949 e non può esistere un certificato rilasciato in accordo all’IATF 16949 ottenuto con la sola verifica dei requisiti contenuti nell’IATF 16949. Venendo ai punti salienti della nuova norma, si rileva un maggior numero di requisiti rispetto all’ISO/TS 16949, che già ne conteneva circa il 60% in più rispetto all’Inovembre/dicembre 2016 Tema > Fig 1 - T2 nel mondo sti contatti portarono alla decisione comune, IATF e ISO, di pubblicare lo standard automotive come Specifica Tecnica sotto l’ombrello ISO, motivo per cui parlare di “documento” è riduttivo, in quanto lo Schema comprende la realizzazione del documento standard condiviso, la definizione di regole comuni per la certificazione dei fornitori, e la definizione degli organismi di formazione per la qualifica dei valutatori di parte terza (auditor). L’IATF definisce anche i profili di competenze degli auditor: conoscenza dell’ISO/TS e delle regole, conoscenza dell’approccio per processi e delle metodologie di base. Questo primo documento normativo rappresenta sostanzialmente un lavoro di armonizzazione e integrazione delle precedenti guide sui sistemi qualità automotive sviluppati dalle singole nazioni e non una costola o un aggiornamento di un qualche singolo documento preesistente. E’ bene, inoltre, sfatare un altro falso mito, con buona pace dei cultori di questo o quel documento. Pur essendo vero, infatti, che nell’ISO/TS 16949 si fa riferimento ad alcune metodologie, ciò non significa che vengano indicati metodologie o documenti nazionali specifici, mentre, spesso, si è fatto invece riferimento ai requisiti del cliente. I fornitori, in altre parole, sono liberi di scegliere un documento proprio, sviluppato internamente, per l’applicazione di metodologie come SPC o FMEA, oppure di seguire uno qualunque dei manuali sviluppati dalle maggiori associazioni di settore (VDA, ANFIA, e così via). C’è da dire che, nella versione del 1999, l’ISO/TS richiamava un numero relativamente ampio di metodologie – sempre in maniera generica e senza riferimento a documenti specifici – ma, a partire dalla revisione del 2002, è stato scelto di mantenere solo tre metodologie fondamentali, rendendole obbligatorie: FMEA, SPC ed MSA. Fino ad oggi, le tre metodologie citate, di cui i Costruttori ritengono necessaria l’applicazione, hanno rappresentato il cuore della norma. Attualmente, in Italia, le aziende certificate ISO/TS 16949 sono circa 1.380 (dato di giugno 2016 - figura n. 1) e la norma, richiesta da tutti i Costruttori occidentali, ha piena applicazione in tutto il mondo, con 36 Tema y La nuova normativa IATF 16949 y ANFIA Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica > Fig 1 - T2 nel mondo SO 9001, soprattutto riguardo alle fasi di progettazione e di produzione. Nel passaggio dall’ISO/TS 16949 alla nuova normativa, acquista una centralità crescente, infatti, il riferimento alle esigenze specifiche dei singoli Costruttori, tant’è che il nuovo documento presenta, tra gli elementi di novità, proprio l’inserimento di alcuni Customer Specific Requirements. Da questo punto di vista, è stato fatto dagli OEM un grosso sforzo di mediazione. Questo ha permesso di ottenere un risultato più che soddisfacente, anche se alcune parti direttamente interessate (fornitori), avrebbero forse richiesto una maggiore integrazione di questi requisiti nella norma. In generale, il messaggio che il nuovo documento porta con sé è forte, concentrandosi su un deciso orientamento al Risk Management – uno dei tratti costituenti anche della nuova ISO 9001:2015 – e sull’imprescindibilità di un sistema di gestione per la qualità disegnato in ogni processo e sotto-processo secondo le esigenze dei clienti, orientato a una visione meno formale e più sostanziale, in cui i requisiti dei clienti sono armonizzati in modo strutturato e profondo nelle pieghe del sistema e dei processi dell’organizzazione. Importante è anche sottolineare il fatto che l’IATF fa ampio riferimento alla Responsabilità Sociale dell’Impresa e all’etica. Guardando alle novità di rilievo, tra i contenuti della norma rientra anche, per la prima volta, il software integrato nei prodotti per l’automotive, nell’intento di rispondere alle evoluzioni tecnologiche avvenute negli anni. Un’enfasi particolare, inoltre, è novembre/dicembre 2016 stata posta su tutta l’attività di problem solving, non solo relativamente alle non conformità interne dei fornitori, ma soprattutto a quelle che impattano sul cliente e sull’utente finale (ad esempio: analisi dei reclami cliente, gestione della garanzia). C’è tutto l’interesse a far sì che il periodo di transizione per le certificazioni ISO/TS sia il più lungo possibile per permettere alle aziende di metabolizzare il cambiamento, fermo restando che queste certificazioni dovranno essere aggiornate, in conformità con il nuovo dettato normativo, entro il 14 settembre 2018, come già comunicato da IATF. Nei prossimi anni, le aziende della filiera automotive dovranno quindi lavorare per riallineare i propri sistemi qualità al nuovo documento, come alcune hanno già fatto per quel che concerne la nuova edizione della norma ISO 9001. Ricordiamo che quest’ultima, rispetto alla precedente edizione (ISO 9001:2008), è stata sottoposta a significative revisioni e si caratterizza anche per l’introduzione di alcune novità, tra cui, come già accennato, l’importanza attribuita al concetto di rischio. Questo con l’intento di sensibilizzare le aziende sulla valutazione attenta del contesto in cui operano e sulla rilevanza delle attività di risk management, elementi, questi ultimi, ripresi e sviluppati anche nella nuova IATF 16949. In ultimo, l’aggiornamento della norma ha richiesto un lavoro di aggiornamento/adeguamento anche delle regole per la certificazione. L’IATF ha ufficialmente approvato l’edizione n. 5 delle regole che vedrà la pubblicazione a novembre 2016. ANFIA Service nasce nel 1996 come Società di Servizi di ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica); è certificata ISO 9001. Opera in diversi settori di attività, tra cui i principali sono la consulenza, la formazione, i convegni e le pubblicazioni tecniche in ambito Qualità, Ambiente, Sicurezza ed Etica. ANFIA, in qualità di membro IATF (International Automotive Task Force) in rappresentanza dell’industria nazionale, ha contribuito allo sviluppo della Specifica Tecnica ISO/TS 16949, poi diventata norma IATF 16949:2016, e ne monitora costantemente l’applicazione dello schema di certificazione in Italia. E’ dunque anche alla luce delle ultime e originali indicazioni fornite da IATF che ANFIA Service progetta e aggiorna tempestivamente l’offerta formativa di in area Qualità. Tutte le informazioni dettagliate e gli ultimi aggiornamenti sulle attività di ANFIA Service sono disponibili sul portale www.anfia.it Sedi: 10128 Torino Corso Galileo Ferraris, 61 Telefono 011 5546511 Fax 011 545464 E-mail: [email protected]; 00144 Roma Viale Pasteur, 10 Telefono 06 54221493 (4) Fax 06 54221418 E-mail: [email protected] MARCO MANTOAN Amministratore Delegato di ANFIA Service Responsabile italiano dell’IATF Oversight Office [email protected] www.qualitaonline.it 37 y Studi & Ricerche y Tema >> Giovanni MATTANA La Qualità come affascinante processo di scoperta continua Cercando tra i miei libri ho ritrovato di recente un “raro” testo contenente gli atti del Convegno su «I Circoli della Qualità nel contesto degli strumenti per la valorizzazione delle risorse umane» tenutosi a Porto Marghera (Venezia) nel lontano 14 novembre 1991 ed organizzato dall’Associazione Triveneta per la Qualità - AICQ. [figura n. 1] E’ un volume da rileggere con moltissima attenzione perché riporta delle importanti esperienze sviluppate 25 anni fa da primarie realtà produttive del Nord-Est del nostro comportamenti organizzativi in termini di stili, di ascolto, di valori, di ruoli, di sistema premiante. La Qualità Totale è una necessità per le aziende, ma contemporaneamente, una opportunità per le persone. Paese e promosse – con un “approccio scientifico alla Qualità” – da specialisti che ruotavano attorno al mondo di AICQ. Ma i processi di deindustrializzazione del sistema produttivo – del quale riusciamo, oggi, a cogliere la drammatica ampiezza – e di semplificazione competenziale hanno di fatto “cinturato” e “sterilizzato” gli sforzi dei non pochi valorosi e competenti Colleghi che all’epoca popolavano numerosi il “sistema nazionale” di AICQ. La situazione odierna è il risultato di un circuito vizioso aggravato dalla presenza di un’esogena “miscela esplosiva”: finanziarizzazione dell’economia; globalizzazione dei mercati; sregolata liberalizzazione di interi settori; banalizzazione delle professioni e delle competenze; precarizzazione dei lavoratori; introduzione di regole UE che privilegiano il PIL; e così via. In quel Convegno di 25 anni fa, la prolusione era stata affidata al dott. Giovanni MATTANA, Presidente di AICQ nazionale dell’epoca. Mi ha colpito molto la visione sistemica e scientificamente profetica dell’intervento che anticipava molto bene le “cose da fare”, o meglio delle “cose” che avremmo dovuto fare. Dalla lettura attenta del testo traspare chiaramente cosa sia accaduto (sciaguratamente e silenziosamente) nei successivi venticinque anni, grazie ad una sbrigativa e “pragmatica” applicazione delle teorie, delle tecniche e dei principi della Qualità. Ho chiesto, pertanto, al mio “vecchio” amico Giovanni MATTANA di poter riprodurre questo prezioso scritto nelle pagine di questo particolare numero della Rivista QUALITA’ in modo da poterlo condividere con i lettori più giovani e con coloro che non hanno avuto l’opportunità di sentirlo all’epoca . Desidero ringraziarlo, ancora una volta, per la sua squisita e signorile disponibilità. [Sergio Bini] L ’attuale scenario, caratterizzato da una competitività forte, crescente, internazionale, costringe le aziende a migliorare fortemente le loro prestazioni. Ciò non è possibile con i vecchi paradigmi organizzativi: i nuovi paradigmi organizzativi si stanno imponendo e in essi emerge la centralità della risorsa umana. La Qualità Totale è vettore fondamentale di tale cambiamento. La Qualità attraverwww.qualitaonline.it so le persone è una componente fondamentale della Qualità Totale. A livello basso, medio ed alto della struttura organizzativa. Come fare? Occorre conoscere e sperimentare nuovi strumenti operativi (gruppi di miglioramento, Circoli della Qualità, deployment degli obiettivi, emulazione, premi, formazione, …); ma essi richiedono ed implicano un cambiamento dei Qualità e risorse umane: il contesto Mi è stato chiesto di “guardare avanti”. Per capire il senso delle trasformazioni necessarie nelle aziende, credo dobbiamo partire dal contesto in cui esse operano. Come sappiamo lo scenario appare oggi caratterizzato da una competitività forte, crescente ed internazionale. Dalla esigenza primaria di competitività conseguono: •una maggiore attenzione al cliente; •una maggiore flessibilità; •un accorciamento drammatico dei tempi; •un miglioramento dei propri processi, come efficacia e come efficienza; •un ricorso a tutte le possibili sinergie. Questa competitività obbliga, meglio condanna, le aziende a migliorare fortemente le loro prestazioni. Ciò non è possibile con i vecchi paradigmi organizzativi. Nuovi paradigmi organizzativi si stanno imponendo: in essi emerge la centralità delle risorse umane: a) occorre avere strutture che si misurino costantemente sul risultato, e non solo sul ruolo; b) quindi gestione dei processi orizzontali, in contrapposizione alla gestione per funzioni differenziate (vendita, progetto, produzione, acquisti, …). E’ certo che si tratta di una rivoluzione storica; c) quindi enfasi nei confronti dell’integranovembre/dicembre 2016 Tema 38 y Studi & Ricerche y zione piuttosto che della differenziazione (e anche questo richiede una serie di coerenze e di strumenti); d)quindi ricerca di sinergie anziché di compromessi e bilanciamenti (tra qualità/tempi/costi, per esempio). Ieri si poteva giudicare una buona azienda che avesse “buone” le sue singole funzioni (spesso fisiologicamente antagoniste!); e le singole funzioni si sono migliorate sensibilmente negli ultimi anni. Oggi è chiaro che la competitività si gioca su come le funzioni sono tenute assieme. E si sa che, nella connessione tra funzioni ci sono, per fortuna, enormi spazi di recupero: oltre il 30%, qualche anno fa nella migliore – profitti – azienda italiana; e) Quindi gioco di squadra: •perde la squadra, non il singolo; •richiede condivisione degli obiettivi; •lealtà di comportamento e collaborazione; •informazioni diffuse e condivise; •la fiducia come elemento fondamentale; •capacità di ascolto e forte cultura organizzativa condivisa; •diagnosi condivise per contromisure velocemente messe in atto. f) Quindi innovazione (di prodotto, di servizio, di “know-how”, di strategie, di soluzioni organizzative). Tutto ciò non si fa contro e senza le persone a tutti i livelli. E si applica a tutte le aree, con specifiche metodologie: progetto, acquisti, produzione, vendita, marketing, sistemi informativi, controllo di gestione e così via. La Qualità Totale è un vettore privilegiato per questo gigantesco processo di cambiamento e ne fornisce contemporaneamente: •il quadro complessivo; •molti dei metodi specifici. Consentitemi di richiamare due definizioni-base: a) Che cosa indichiamo oggi per Qualità? La probabile definizione futura di Qualità (nelle ISO 8402-1) è: «l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di una “entità” che conferiscono ad essa la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”»1 Una “entità” può essere: novembre/dicembre 2016 •il risultato di attività o processi: prodotti tangibili, prodotti intangibili (servizi); •una attività o processo (ad esempio: la fornitura di un servizio; l’esecuzione di un processo); •una combinazione delle precedenti. b) Che cos’è la “Qualità Totale” o il “Total Quality Management”? «Il Total Qualitty Management è un modo di governo di un’organizzazione incentrato sulla qualità, basao sulla partecipazione di tutti i suoi membri, tendente alla redditività a lungo termine ottenuta attraverso la soddisfazione dei clienti e inclusiva di benefici sia per i membri dell’organizzazione, sia per la società». Allora fare Qualità attraverso le persone è una componente essenziale della Qualità Totale. A ciascun livello della struttura organizzativa e a tutti i livelli: alto, medio, basso»- Il maggior potenziale della Qualità Totale: la Qualità mediante le persone A parità di buon management vinceranno (sopravviveranno?) le aziende che sapranno coinvolgere e valorizzare la maggior quota del personale in tempo più breve. Oggi – esistono statistiche – le aziende utilizzano una minima parte del potenziale complessivo esistente nelle persone che vi lavorano. Questa affermazione, semplice ma inoppugnabile, spalanca una miriade di tematiche. Si comincia forse solo ora a capire lo spessore del tema e la portata delle implicazioni. Si comincia a capire che non si tratta più di operare in una logica di gioco a somma zero, ma bensì in una lo- gica “win-win”, vincente cioè sia per le organizzazioni che per le persone. Anche per questa tematica la Qualità ha svolto una azione maieutica, dapprima cauta (i Circoli della Qualità di cui si è parlato molto a metà degli anni ’80), poi esplorativa (ad esempio: in vari contratti sindacali aziendali). Attualmente le esperienze di Qualità Totale sono l’occasione di presa di coscienza del problema, e contemporaneamente, l’occasione di esplorazione e sperimentazione in molteplici direzioni. Al riguardo, scrive: •Crozier: «la disponibilità di materie prime, la vicinanza dei mercati, tutte le rendite di situazioni corrispondenti agli innumerevoli vincoli che strutturavano l’economia, perdono importanza se confrontati alla capacità di iniziativa degli uomini: competenza, know-how, spirito imprenditoriale, capacità di innovazione, capacità di collaborazione. La teoria dei vantaggi comparativi cambia totalmente senso in un ambiente che diventa più aperto». •F. Guirrard [in E. Crozier]: «per affrontare l’incertezza, l’innovazione permanenwww.qualitaonline.it y La Qualità come affascinante processo di scoperta continua y www.qualitaonline.it Come ottenere l’apporto delle persone ad operare questa gigantesca operazione? Come farlo diventare un rapporto “winwin” vincente anche per le persone, non solo per le imprese? Sembrano sfide impossibili se guardiamo alla prassi vigente, alla drammatica carenza di sensibilità e di ascolto, agli stili di conduzione esercitati per moltissimi anni ed ancora vigenti, alle tante coerenze che rafforzano l’attuale situazione; e alle frequenti obiezioni di chi non ha capito lo spessore o di chi teme manipolazioni … Eppure … non solo sta crescendo la con- sapevolezza della sfida, ma tanti piccoli segnali, recepiti con sorpresa, confermano l’esistenza di un potenziale enorme, assolutamente sottoutilizzato. Sorgono immediatamente due aspetti: •le singole persone debbono aver chiara la prospettiva dei loro vantaggi; •in quale modo, cioè con quali visioni e quali strategie, costruire gradualmente questa gigantesca trasformazione. E’ evidente che le prospettive dei vantaggi personali coprono aspetti materiali ed immateriali, di breve periodo e di lungo periodo; che riguardano aspetti di crescita, di autonomia, di responsabilizzazione; che sono legati non solo alla comunicazione, ma alla elaborazione degli obiettivi ed alla costruzione delle azioni. Ma se, come nazione, abbiamo persone giudicate più vitali ed intraprendenti di altre nazioni, potremo a lungo sottoutilizzare questo possibile punto di forza? Lungo quali direttrici occorre operare? Vorrei ricordare i cinque blocchi di aree in base alle quali vengono valutate in USA le aziende per il Malcolm Baldridge Awards per l’area “Human Resources Utilization”: 1)Quali sono i criteri applicati dall’azienda per il management delle risorse umane? [in particolare: “come i piani per le persone sono congruenti ederivati dagli obiettivi e piani/strategie aziendali per la Qualità, sul breve e medio periodo?]; 2)Il coinvolgimento delle persone [quali mezzi sono stati predisposti perché ciò avvenga (team, suggerimenti, empowerment, indicatori)]; 3) Quality Education and Training [fabbisogni, metodi, argomenti, quantità, applicazione, …]; 4) Riconoscimenti al personale e misure delle prestazioni; 5) Stato del morale e del benessere dei dipendenti. Essi corrispondono ai 6 capitoli del programma e Forum USA – ASQC del 1990: 1) L’empowerment [dare alle persone l’autorità ed il supporto per fare il lavoro con efficacia]; 2) Il coinvolgimento dei dipendenti [un potente strumento per il cambiamento]; 3) Il lavoro di gruppo [mettere le persone insieme per risolvere i problemi]; novembre/dicembre 2016 Tema te e la complessità, è necessario passare dalla logica dell’obbedienza alla logica della responsabilità». «Non si riuscirà più a primeggiare razionalizzando astrattamente la gestione e la promozione di attività disparate, bensì concentrandosi sulle attività sulle quali si può diventare migliori. E per farlo è ancora determinante il knowhow». •Du Roy: «il management diventa scienza dall’azione collettiva; non semplicemente “assumersi le proprie responsabilità” – l’immagine tradizionale del leader – ma responsabilizzare a gestire il dinamismo collettivo – il che, per noi è l’immagine del manager». •Carlyle e Parker: «Non si tratta solo di tendenze studiate a tavolino: basta pensare alla fabbrica congiunta di Freemont tra Toyota e GM che, con la conduzione alla giapponese della risorsa umana, è passata, dall’essere una delle meno efficienti del Gruppo GM, all’essere del 40% più efficiente di qualsiasi altro stabilimento GM secondo uno studio del MIT» La risorsa umana diventa “fondamentale”, “decisiva”, “strutturante”. Occorre allora anche: a)dirigere attraverso la cultura: Non è possibile ottenere tutto ciò con regole ed ordini. Come supplire? Soprattutto con una crescita di atteggiamenti e valori di consenso. Ma con predeterminati:quelli che si costruiscono nell’azione: «un Circolo della Qualità riuscito permette di elaborare un consenso limitato, ma reale e significativo intorno all’azione di successo». Si cercherà di raccogliere gli individui attorno a valori comuni. Questi forniranno la cultura di base che si sostituirà, almeno parzialmente alle regole ed agli ordini vincolanti. Il modello di professionalità si muove da quello del bravo ed obbediente esecutore, a quello del professionista (chirurgo, scienziato, …). b)si viene configurando una “diversa” visione dell’organizzazione: • è la risorsa umana strutturante; spesso scarsa; • si ha un capovolgimento del “sociale quantitativo” all’umano qualitativo. 39 Tema 40 y Studi & Ricerche y 4) addestramento e sviluppo professionale; 5) riconoscimento e premi per i risultati positivi ottenuti; 6) pubblicizzare e replicare i successi. Personalmente credo bisogna aggiungere qualche altro “filone” essenziale: a) la condivisione dei macro-obiettivi; b) la comunicazione bidirezionale come possono muoversi le persone ed incrementare la loro iniziativa, • se non sanno perché? (come troppo spesso accade); • se non hanno il quadro di riferimento dei pesi e delle priorità? • Se non sanno chi è il loro cliente – interno ed esterno – e non parlano (con parole, ma anche con dati!) con lui? E’ questo uno dei campi in cui occorrono sforzi ed investimenti grandissimi; c) l’ascolto: esso è indispensabile per la diagnosi, anche perché la conoscenza di come “sono” i processi reali è distribuita nelle persone che operano. Ma, afferma ancora Crozier: «l’ascolto, l’attenzione al quotidiano, costituiscono una priorità assoluta in qualsiasi tentativo di mobilitazione delle risorse umane o di modernizzazione dell’impresa». L’ascolto è fondamentale per i problemi di cooperazione. «La mancanza di conoscenza è enorme, addirittura scandalosa; i gruppi privilegiati sono spinti a non ascoltare». «L’ascolto è allo stesso tempo il mezzo migliore, l’unico efficace forse, per superare la paura dell’altro che penalizza il cambiamento e sterilizza qualsiasi volontà “innovatrice”». «La grande opportunità che si apre alle imprese … in una società come a nostra è quella di coincidenza tra le richieste di ascolto ed il bisogno di conoscenza indispensabile per l’apprendimento collettivo»; d) la creazione di un clima adatto le indagini fatte sul personale si rivelano, quasi sempre, dei mondi sconosciuti; e) lo sviluppo K.H. abbiamo idea di quale gigantesca miniera stiamo parlando? f) i valori Condividere i fini e rivalutare la professionalità sono, in modo particolare nei novembre/dicembre 2016 servizi, due requisiti fondamentali. Ma affermare questi orientamenti comporta ridiscutere tutte le branche della cosiddetta «gestione delle risorse umane» (solo gestione?): • la formazione; • l’addestramento; • la leadership; • la motivazione; • l’emulazione; • la “Quality Leadership”; • i criteri di premio e remunerazione [MBO o Measurement by Policies?; per ruolo o per risultato?; incentivi collettivi e/o individuali?; crescita?]; • gli stili di conduzione; • la selezione. Mi debbo limitare solo a qualche cenno esplicativo. Con quali strumenti attuare questo cambiamento? Quali sono le tecniche e le soluzioni maggiormente utilizzate? a) I Circoli della Qualità specie per favorire il miglioramento diffuso, ai livelli più bassi; ma anche per mettere in comune la saggezza della gente; ma anche per condividere strumenti fondamentali di diagnosi, comprensione, orientamento all’azione. b) I Gruppi di miglioramento specie per il miglioramento dell’interfunzionalità; per creare squadra; per risolvere problemi “cronici”. Per costruire direttrici di miglioramento. Per creare, su metodi comuni, una cultura condivisa. c) Quality Deployment per impegnare la linea nell’approvazione degli obiettivi, allargando lo spazio propositivo e creativo. d) Una rete di Council per condividere le problematiche e per pilotare l’avanzamento del piano e delle iniziative. e) Una informativa periodica a livello di società, ma anche di divisione per: • sensibilizzare; • informare; • confrontare; • riconoscere. f) Un incremento nelle diagnosi e nel “benchmarking”; g) I riconoscimenti; h) La formazione (di chi?) non a pioggia, ma mirata e collegata all’applicazione a casi concreti utilizzando da un lato la ricchezza degli strumenti tecnici ormai disponibile, dall’atro una impostazione che si basi sui criteri di formazione degli adulti per rinforzare l’apprendimento collettivo. Le organizzazioni non sono mai la somma delle culture individuali e delle energia individuali; talvolta sono addirittura le differenze. Sappiamo ormai che le organizzazioni imparano solo sperimentando e replicando il successo. Le organizzazioni rappresentano, in una visione evoluzionistica, le specie che hanno continuato ad avere successo. Oggi le organizzazioni devono potenziare la loro capacità di apprendere: •con quale velocità la nostra organizzazione sta apprendendo? www.qualitaonline.it y La Qualità come affascinante processo di scoperta continua y Qualità totale e risorsa umana: occorre una strategia adeguata alla dimensione della sfida 1.Il nuovo vigore, per insufficiente, convive con molta demagogia, approssimazione, incoerenza. La spinta della Qualità ha innestato nuovo vigore nelle singole aree sopra indicate e nei relativi strumenti. Tutto ciò costituisce un sensibile progresso, anche se non possiamo ignorare che persistono situazioni fortemente antagonistiche alle direzioni prima indicate come necessarie: di demagogia, di forti incoerenze, di mancanza di autonomia e deleghe … Come non citare in proposito le grandi celebrazioni che finiscono in nulla nel giro di qualche mese, perché non si sono assolutamente capiti i contenuti? •I manifesti che esortano senza insegnare come? [«buttateli via tutti» dice Deming]; •L’inflazione verbale sull’Eccellenza e suoi principi (assoluti?) della Qualità Totale; i tanti (troppi) che vogliono subito fare Qualità Totale, non Qualità! 2.Attenzione al cliente interno. Se è vero il proverbio orientale che dice che «Dio è nei dettagli», a maggior ragione potremmo dire che «Dio è nelle coerenze». La costruzione delle coerenze è una faticosa e graduale conquista. Senza lealtà poi, non c’è leadership e non c’è gruppo durevole. Tutto ciò non deve scoraggiare, ma piuttosto aiutare a capire lo spessore del problema. 3.La consapevolezza Se è vero che la Qualità è la cosa più importante per i clienti, e che le nostre persone sono la risorsa interno più importante, questa congiunzione deve avere la priorità assoluta. www.qualitaonline.it Molte organizzazioni non hanno ancora capito né la dimensione della sfida né lo spessore delle implicazioni. Alcune sono ancora ferme alla “regola di Taylor”. «Gli esecutori non sono pagati per pensare (anche a livello medio-alto); in fondo – dice Crozier – la maggior parte di loro (gli uomini di azione che abbiamo intervistato) non crede veramente che chi lavora veramente nell’impresa sia disposto a seguirli». Tante altre operano ancora a compartimenti stagni. Altre aziende, pur più aperte su questo fronte, non hanno percepito il differenziale di competitività connesso alla capacità di generare, in termini non più lunghi dei concorrenti: •un maggior numero di persone capaci di progettualità organizzativa; •un maggior numero di persone capaci di responsabilità di conduzione; •un maggior numero di persone capaci di animazione. Alcune organizzazioni però si stanno incamminando lungo direzioni assolutamente nuove. La risorsa umana diventa “cliente interno” Affermazioni quasi impensabili fino a qualche semestre fa, diventano oggi obiettivo strategico della politica di importanti grandi gruppi, anche italiani. Può essere interessante ricordare l’evoluzione dei termini: l’ufficio del personale era diventato “fattore umano” contenendo una denotazione passiva, da gestire. E’ diventata “risorsa umana” col significato di una opportunità da utilizzare al meglio. Farlo diventare “attore” significa riconoscergli in ambito maggiore di iniziativa. Farlo diventare “cliente interno” significa semplicemente offrire anziché chiedere. Offrire occasioni. Significa ascoltare e capire. Non è una rivoluzione da poco. In questa logica si possono anche interpretare: •da un lato, la nuova attenzione verso le opportunità di carriera espresse dal personale; •dall’altro, tutte le nuove attenzioni verso la Qualità della vita di lavoro; dall’ergonomia alla sicurezza, ai questionari sulla soddisfazione relativa ai servizi (trasporti, ambiente, comunicazioni): punti di par- tenza, anche in questo caso, per iniziative di ascolto e miglioramento. Per capire l’importanza di questi aspetti è particolarmente illuminante il campo dei servizi (ma vale anche per il cliente interno!): prestazioni scadenti fornite al personale di contatto si traducono in prestazioni scadenti fornite dal personale di contatto al cliente esterno. Ad un più alto livello di elaborazione e di astrazione tutte queste iniziative si trovano in notevole sintonia con le proposte sull’ecologia dei sistemi di lavoro: ecologia strategica, ecologia tecnica, ecologia organizzativa, ecologia sociale, ecologia individuale. [Butera, 1990] La sfida è apprendere il futuro! E la strada? Quelle che abbiamo citate non sono ricette; sono esplorazioni. Verrebbero in mente i versi del poeta Machado: «Viandante, son le tue orme la via, e nulla più; viandante, non c’è via, la via si fa con l’andare. Con l’andare si fa la via, e nel voltare indietro la vista si vede il sentiero che mai si tornerà a calcare. Viandante, non c’è via, ma scie sul mare». Ma esse sono per fortuna guidate, quasi da una stella polare, verso una direzione che ormai è ben precisa e chiara: verso quella direzione è tempo di scoperta. Solo muovendosi lungo quella direzione ci si apre l’affascinante possibilità di accelerare nuove scoperte. E la Qualità è un affascinante processo di scoperta! n NOTE 1 Ovviamente questa è la “definizione” di QUALITA’ dell’epoca! Solo per poter fare un confronto circa il cammino concettuale percorso in questi 25 anni si riporta la “nova definizione” di QUALITA’ di cui al punto 3.6.2 del recente standard UNI EN ISO 9000:2015: «grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche di un oggetto soddisfa i requisiti». [N di SB] GIOVANNI MATTANA è uno dei massimi esperti italiani della Qualità. Tra gli innumerevoli incarichi rivestiti, è stato presidente di AICQ nazionale e Direttore della Rivista QUALITA’. Oggi lo si può seguire sul sito: http://www.giovannimattanaperlaqualita.it novembre/dicembre 2016 Tema •quali e quanti strumenti utilizza abitualmente? •quanti ne usano i concorrenti? •siamo capaci di ingegnerizzare i nostri successi? •siamo capaci di diagnosticare la causa dei nostri insuccessi? Ecco il senso dell’estensione dei Gruppi di miglioramento (quali diffusori del metodo prima ancora che di risultato delle sperimentazioni locali, del management per progetti). 41 42 y Lo scaffale di Qualità y Lo scaffale di Qualità >> Sergio Bini Direttore LA QUALITA’ DEL LAVORO analisi e prospettive Autore: Fabrizio PIRRO Edizione: 2000 Editore: Edizioni PENSA Multimedia, Lecce Pagine: 192 Prezzo: 15.000 Lire italiane E’ un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di un Qualitologo. E’ il frutto di un approfondito lavoro di ricerca: «l’intensa stagione degli anni ’60 e ’70 di studi e interventi per migliorare il modo di lavorare non ha ottenuto quei cambiamenti tanto auspicati ed oggi il tema della qualità del lavoro risulta abbandonato. Eppure, i miglioramenti del modo di lavorare determinati … dai nuovi modelli post-fordisti impongono di riprendere il percorso interrotto (…). Il testo, analizzando le caratteristiche del paradigma di base di quegli studi cerca tra di esse le ragioni di una sconfitta. Fatti i conti con questi limiti propone un nuovo modo di studiare il problema, capace di sostenere una nuova stagione di ricerche». Tra le citazioni richiamate se ne vuole riportare quella del grande sociologo Émile Durkheim che nel lontanissimo 1893 profetizzava: «la divisione del lavoro è oggi un fenomeno generalizzato a un punto tale da colpire gli occhi di tutti. Non possiamo più farci illusioni sulle tendenze dell’industria moderna, la quale procede sempre più verso l’impiego di possenti meccanismi, verso grandi raggruppamenti di forze e capitali, e di conseguenza di un’estrema divisione del lavoro …» Dopo un ampia panoramica scientifica introduttiva sull’intera tematica, il testo esamina in 5 parti: 1) il perché del fallimento del “problema” e propone un questionario; 5) bibliografia. novembre/dicembre 2016 AGE MANAGEMENT Teoria e pratica per la gestione dell’età nelle organizzazioni Autore: Fondazione ISTUD (a cura di) Edizione:2014 Editore: FrancoAngeli, Milano Pagine: 170 Prezzo: € 21,00 E’ un libro molto interessante perché, oggi, la questione anagrafica riveste un ruolo complesso e critico nella vita delle organizzazioni. L’“Age management” si sviluppa a partire da una serie di presupposti: «assumere l’età quale elemento chiave per interpretare in termini innovativi il rapporto tra individuo e lavoro all’interno delle organizzazioni, tenendo in considerazione sia le trasformazioni che interessano il processo di invecchiamento stesso, sia quelle che attraversano il lavoro e intersecano il cambiamento organizzativo …». Questo libro costituisce sicuramente il primo manuale di A.M. pubblicato in Italia, trattandosi di una disciplina ancora molto giovane. Dal testo emerge che le aziende che sapranno sostenere un’equa combinazione tra lavoratori giovani e anziani potranno contare su un valore aggiunto di cui beneficeranno tanto le imprese quanto i lavoratori, perché da sempre il mix tra esperienza ed innovazione costituisce un’arma vincente. Il testo esamina: 1) l’invecchiamento delle forze di lavoro nella prospettiva del corso di vita; 2) l’approccio alla gestione dell’invecchiamento delle forze di lavoro e modelli di intervento; 3) l’Age management definizioni, modelli, contaminazioni; 4) pratiche e strumenti a supporto dell’Age management. INDUSTRIA 4.0 uomini e macchine nella fabbrica digitale Autore: Annalisa MAGONE e Tatiana MAZALI (a cura di) Edizione: 2016 Editore: Edizioni Guerini e Associati, Milano Pagine: 175 Prezzo: € 18,00 Il mondo delle fabbriche è interessato dalla “quarta rivoluzione industriale” che è «un cambiamento che travolge prodotti, servizi e metodologie produttive, e ha a cuore una rottura tecnologica senza precedenti: la fusione tra mondo reale degli impianti industriali e mondo virtuale della cosiddetta “Internet of Things”, un sistemo integrato di dispositivi intercomunicanti e intelligenti che mette in contatto, attraverso la rete, oggetti, persone e luoghi. Secondo i teorici di questo paradigma in un futuro prossimo la facoltà di comunicazione tra le macchine, nelle fabbriche, apporterà alle linee di produzione la capacità autodiagnostica di rilevare gli errori e correggerli … i robot lavoreranno a contatto con l’uomo e da esso apprenderanno in modo naturale». Le autrici evidenziano di come cambieranno le mansioni e l’istruzione del lavoratore; cambieranno le attese e le regole del mondo del lavoro. Entra in gioco la figura dell’«operaio aumentato»: un lavoratore propositivo, partecipativo e proattivo come un manager, che nel lavoro metta anima e corpo, un lavoratore che svolga mansioni molto più interessanti ma sia anche più creativo, responsabile e coinvolto …., il testo si sviluppa in quattro parti: uomini e tecnologie; il lavoro 4.0; la persona 4.0; interpretazioni ed aperture; bibliografia. www.qualitaonline.it La voce delle autonomie scolastiche - la ricerca SIRQ sul cambiamento nelle scuole una ricerca strategica Antonio CANDIELLO Economia e Qualità: elementi per una cultura di base Le criticità della transizione economica attuale Il contesto economico all’interno del quale siamo immersi è in una fase altamente critica, e questo breve elenco ne ripercorre gli aspetti più evidenti: •il debito pubblico nazionale, attualmente in zona 2.250 miliardi di euro, verso il 133% del PIL e sotto attenta osservazione da parte degli organismi internazionali per la sua insostenibilità, agisce come un freno nei confronti delle aziende e come un disincentivo per i consumi delle famiglie, in quanto induce le amministrazioni centrali e locali a sottrarre ingenti risorse dal circuito produttivo per destinarli agli interessi;1 •come recentemente sottolineato dall’attuale presidente dell’INPS Tito Boeri, permangono ampi disequilibri nel sistema previdenziale, che a sua volta provoca carichi impropri nei confronti delle imprese e del personale e quindi un disincentivo al lavoro e alla produzione a favore di privilegi e di “diritti acquisiti” improduttivi;2 •la congiuntura economica europea è in una critica fase deflattiva e la crescita, già ai livelli minimi in Europa, è attualmente nulla nel nostro Paese;3 •la concorrenza globale (extraeuropea), oltre che un insieme di crisi sistemiche del comparto bancario e finanziario, hanno messo in discussione ogni certezza, inducendo anche un ripensamento dei modelli interpretativi – e predittivi – dei contesti economici; •altri casi macroscopici come la durissima crisi greca seguita ad alcune false attestazioni del bilancio statale alla Commissione Europea, l’inatteso #brexit del Regno Unito con i suoi impatti sulla coesione europea o lo scandalo #luxleaks che evidenzia casi di concorrenza sleale via elusione fiscale di alcuni Paesi europei (in ultima si veda il caso Apple in Irlanda), stanno evidenziando le gravissime distorsioni di una fiscalità disomogenea e senza regole appropriate; •il crack Parmalat in Italia ed altri fenomeni in ambito internazionale – ad esempio il caso Madoff, con danni stimati pari a 65 miliardi di dollari per la finanza americana – hanno indicato con grande evi- denza il danno che, in assenza di adeguati controlli, deriva da condotte fraudolente. Un quadro in così drammatica evoluzione non consente più a famiglie e ad imprese di trascurare il contesto esterno e le connesse dinamiche di interrelazione economica entro cui sono inserite. Non è più il tempo delle certezze quanto invece quello di profondi cambiamenti che riguardano l’intera società, per cui le conoscenze di base sull’economia – ormai “lingua franca” di riferimento globale – da presidio di pochi dovranno divenire patrimonio di molti, in modo che chiunque possa rapidamente cogliere i cambiamenti in atto ed attrezzarsi (in quanto famiglia, impresa, organizzazione) per assecondare le trasformazioni e magari trarne vantaggio. La compromissione del rapporto di fiducia tra imprese e consumatori www.qualitaonline.it novembre/dicembre 2016 44 Tema y Studi & Ricerche y > Figura 2 - Flussi di attività nelle organizzazioni per funzioni (sx) e per processi (dx) Su di un altro piano, sono diversi gli elementi emersi che hanno compromesso il rapporto fiduciario tra imprese e consumatori sulla qualità dei prodotti e sull’impatto ambientale. Vediamone solo alcuni esempi eclatanti: •il caso con maggiore risonanza è probabilmente il #dieselgate: una manipolazione dei test di laboratorio (indotta da un software “intelligente” nella centralina) da parte delle case automobilistiche tedesche per mantenere i parametri emissivi dei motori diesel sotto le soglie di legge senza ridurre la vivacità dei motori; •le dimostrate (ir-)responsabilità della dirigenza dell’ILVA in termini di emissioni nocive degli impianti, con i livelli fuori norma, e la pesante eredità in termini di inquinamento dei tanti siti petrolchimici disseminati nel nostro Paese; •le tante irregolarità rilevate nel ciclo dei rifiuti in diverse regioni (comprese le regioni del nord). Su questo problema, la Commissione Parlamentare si è così appena espressa a proposito del territorio veneto: «[…] si verifica, cioè, che l’impresa riceva rifiuti, anche pericolosi, ovvero, comunque, non compresi nel codice CER per cui è stata autorizzata e provveda alla loro successiva miscelazione con i rifiuti per cui è autorizzata», e «un numero sempre più consistente di imprese trovano nelle pieghe di una norma o nelle pieghe di alcune prescrizioni e, soprattutto, nelle pieghe dei controlli, un chiaro vantaggio economico, che si traduce novembre/dicembre 2016 nella eliminazione e/o riduzione dei costi di smaltimento dei rifiuti speciali, per cui operano in maniera difforme da quella prevista […]»;4 Anche una cultura della qualità – necessaria per valutare adeguatamente la rispondenza dei prodotti ed i servizi ai connessi requisiti – dovrebbe quindi appartenere al bagaglio dei consumatori consapevoli e dei cittadini in generale, in quanto fruitori di servizi pubblici. Le imprese, d’altra parte, hanno la necessità di dimostrare a consumatori sempre più informati la capacità di garantire gli elevati standard di qualità dei prodotti e dei servizi di assistenza che ormai sono alla base del confronto competitivo. I mercati, infatti, evolvono sempre più rapidamente entrando nella fase matura ove la qualità diventa l’elemento distintivo per le scelte da parte dei consumatori. La capacità di mantenere e incrementare tali standard è possibile solo se una cultura della qualità è consolidata nelle organizzazioni e da parte del personale. L’Interazione tra economia, organizzazione e qualità Sulla base delle considerazioni appena esposte, si è ritenuto di rendere fruibili, semplici e disponibili su di un unico testo argomenti che generalmente vengono affrontati in contesti diversi: economia (inclusa la macroeconomia), organizzazione, qualità/processi. L’obiettivo è stato quello di fornire un in- sieme autoconsistente di informazioni integrate in detti contesti oltre che di illustrare una selezione di best practice, al fine di comprendere i fenomeni e le dinamiche sottese per poter interagire con le realtà aziendali con efficacia e cognizione di causa, adottando prassi consolidate. E’ stato pertanto anche affiancato un insieme di strumenti a corredo degli elementi conoscitivi per offrire immediata operatività e dare la possibilità di sperimentare tecniche di analisi, di management e di valutazione nelle realtà aziendali in cui si lavora, mantenendo sempre un’attenzione di riguardo per le tematiche connesse all’innovazione di prodotto, organizzativa e di processo. Tali argomenti vengono presentati nel volume “Economia, organizzazione e qualità” (figura 1), utilizzato nel corso di Economia e Organizzazione Aziendale di Scienze e Tecniche della Comunicazione grafica e multimediale (STC) presso l’Istituto Universitario Salesiano Venezia (IUSVE) e sostanzialmente riguardano: a) la consapevolezza di operare all’interno di un sistema con alcune ben precise regole di tipo economico, l’apprendimento degli elementi basilari sulle aziende e la conoscenza di alcuni strumenti chiave come il bilancio (microeconomia); b) la comprensione del linguaggio macroeconomico e delle modalità di comunicazione, oltre che un orientamento sul contesto internazionale ed eurowww.qualitaonline.it y Economia e Qualità: elementi per una cultura di base y peo a raffronto con le realtà nazionali e locali; c) la conoscenza degli elementi di base delle principali teorie sull’organizzazione; d) l’acquisizione del moderno approccio per processi che facilita la comprensione del funzionamento dinamico delle imprese e ne consente efficaci rappresentazioni e misurazioni delle prestazioni; e) un insieme di “fondamenta strutturali” quale è l’inquadramento delle ISO 9000 in termini di schematizzazione del funzionamento delle aziende, dei requisiti essenziali e degli strumenti formali e tecnici per garantire efficacia e miglioramento alle organizzazioni. Ambiti di approfondimento La comunicazione in economia Tema di interesse del corso IUSVE-STC, la comunicazione in economia si è profondamente evoluta grazie alle nuove tecnologie grafiche di presentazione e alla sempre maggiore disponibilità di dati statistici (il big data nel quale siamo immersi). Tra le “nuove competenze” vi è quella di saper estrarre informazioni dalle banche dati e saperle presentare in forma sintetica, chiara e graficamente ricca. Infografiche, sintesi, analisi, sono ormai comuni nei quotidiani e nei settimanali. L’information design è una competenza sempre più richiesta nel mondo del lavoro, basti vedere tabelle, grafiche e risulwww.qualitaonline.it tanze di sondaggi, talvolta associate a piccole animazioni e fumetti esemplificativi, presenti nelle trasmissioni di attualità e nei talk show quale premessa alle discussioni in studio. La comunicazione riguarda inoltre scenari macroeconomici di scala internazionale, europea e nazionale ma sempre più spesso vi è l’esigenza di interazioni specifiche su scale regionali, provinciali o di settore, oramai divenuta la regola anche negli incontri tra aziende. Nuovi circuiti comunicativi dedicati via blog, newsfeed, Twitter ed altri social mantengono aggiornati i cittadini e i professionisti più informati, sensibili e tecnologicamente avanzati, tanto che alcune esperienze caratteristiche stanno dimostrando come un’adeguata comunicazione possa facilitare la comprensione del significato dei dati economici. L’esigenza di dare un’informazione sui dati economici competente ma nel contempo semplice ed efficace, si traduce pertanto in nuove opportunità professionali. L’organizzazione aziendale Organizzazione aziendale, processi, formalizzazione e cura del cliente (che è ben rappresentata dalla qualità) connotano un ulteriore ambito di approfondimento. Servizi e attività lavorative non possono prescindere dall’organizzazione nella quale sono incardinati e dai processi in essere: organigrammi, mansionari, flussi di processo, procedure sono ormai dati per scontato in ogni realtà aziendale e Processi per l’azienda dinamica L’analisi per processi è una metodologia di scomposizione delle attività adatta ad una comprensione dinamica del funzionamento aziendale che ha integrato e migliorato gli strumenti dell’analisi funzionale – tradizionalmente focalizzati sull’organizzazione statica. L’impresa evolve il proprio modello gestionale, riducendo la centralità degli schemi gerarchici che ne costituiscono la struttura portante ed attribuendo maggiore priorità alla più flessibile impostazione per processi (figura n. 2). Gli schemi strutturali, necessari per una corretta assegnazione funzionale delle responsabilità, divengono in tale contesto il corretto supporto per l’individuazione dei processi. La gestione d’impresa acquisisce una notevole capacità di adattamento al mercato, grazie al software organizzativo aziendale, rappresentato dai processi. La struttura gerarchico/funzionale rappresenta invece l’hardware organizzativo aziendale e come tale è la garanzia dell’effettiva capacità di mantenere in adeguata operatinovembre/dicembre 2016 Tema > Figura 3 - ISO 9001 in visione PDCA / ciclo del miglioramento (derivato da: ISO 9001:2015). rappresentano un bagaglio necessario per qualunque figura professionale che lavori in contesti di collaborazione. Oltre a ciò, qualità, monitoraggio dei processi ed attenzione al cliente integrano una buona gestione dell’azienda tale da essere orientata al soddisfacimento delle esigenze del cliente, alla ricerca del miglioramento continuo e di prodotti/servizi all’altezza delle aspettative del mercato. Tale visione mira alla sostenibilità aziendale a medio e lungo termine in contrapposizione alla visione strettamente contabile, che persegue una sostenibilità a breve-medio termine come equilibrio costi-ricavi. Le logiche di comunicazione, peraltro, spesso si intrecciano con le esigenze di qualità per evidenziare gli aspetti di valore che le organizzazioni offrono ai loro clienti. Su un piano più avanzato, obiettivi e indicatori misurabili possono aiutare a portare un approccio scientifico/oggettivo nel contesto aziendale con l’obiettivo di rilevare, ove possibile con misure non solo economiche ma anche di processo, l’incremento di efficienza e/o di efficacia delle organizzazioni. 45 y Economia e Qualità: elementi per una cultura di base y Tema 46 vità ed efficienza i processi. Questo aspetto, denominato approccio per processi, consente all’organizzazione di pianificare i propri processi e relative interrelazioni ed è una delle basi strutturali della norma Iso 9001:2015, insieme al ciclo di Deming PDCA (cfr.), che garantisce che i processi siano alimentati e gestiti e ne vengano identificate le opportunità di miglioramento. A questi si affianca il Risk Based Thinking (RDB), per determinare ex ante i fattori che potrebbero rendere inefficaci processi e sistema di gestione qualità e di conseguenza attivare i controlli preventivi di competenza. Qualità ed ISO 9000 E giungiamo infine alla qualità ed alla norma ISO 9001 nella nuova edizione 2015. La maturità di questo schema normativo volontario consente alle aziende che ne adottano le prescrizioni di acquisire un insieme di modalità e di metodologie che permettono di offrire ai clienti la garanzia di un puntuale rispetto dei requisiti di prodotti e servizi. La disciplina della qualità fornisce un insieme di strumenti e di tecniche che consentono alle organizzazioni di evolvere e migliorare – una sorta di processo formativo collettivo – a tutto vantaggio dei clienti ma anche delle aziende stesse, che così sono in grado di competere con maggiore efficacia sul mercato, offrendo servizi più qualificati e prodotti più controllati. Merita qui solo ricordare che, secondo i nuovi principi HLS, la norma ISO 9001 si struttura in dieci punti tra i quali è individuabile il ciclo di Deming plan-do-check-act di figura 3. novembre/dicembre 2016 Conclusioni L’economia ha dunque assunto una dimensione più ampia degli ambiti nei quali era originariamente delimitata. Non più solo competenza di uffici contabili, del controllo gestione o del management, il possesso di una cultura economica è divenuta una necessità per chiunque operi in azienda, come pure per il personale della pubblica amministrazione e di fatto, ormai, anche per le famiglie, continuamente sollecitate a comprendere come agire in termini di lavoro e consumi in un contesto in continuo cambiamento. La sostenibilità economica implicita nel bilancio tra entrate ed uscite, elemento primario di riferimento per le politiche europee e nazionali, si riflette infatti in tutta una serie di interventi che impattano su cittadini e imprese, per i quali è conveniente essere adeguatamente informati e formati per riuscire a valutarne gli effetti e identificarne opportunità e rischi sottesi. L’esigenza di comprendere la natura dei rapporti economici tra le aziende, i cambiamenti del mercato del lavoro o, ancora, di saper identificare i portatori di interesse, comporta la necessità, da parte di tutti i soggetti coinvolti, di acquisire gli elementi di riferimento di una cultura economica. Su un piano parallelo, nel ruolo di “consumatori consapevoli” i cittadini hanno una crescente esigenza di disporre di una cultura di base sulla qualità, in modo da poter effettuare le tantissime scelte in termini di acquisto di prodotti, di fruizione di servizi e di interazione con i complessi processi di assistenza nelle modalità più efficaci. A maggior ragione per quanto riguarda i lavoratori, per i quali la cono- scenza dei sistemi di gestione della qualità, dei fondamenti della famiglia ISO 9000 ed in generale dell’approccio della “scuola giapponese” alla total quality, rappresenta spesso un requisito richiesto già nelle fasi di recruitment iniziale. E naturalmente per quanto riguarda le imprese, che per mantenere ed incrementare le quote di mercato in un quadro così variabile e competitivo non hanno altra scelta che quella di rafforzare e rendere sempre più strutturale la garanzia di qualità delle proprie produzioni e dei propri servizi. n NOTE 1 “Crescita moderata nel secondo trimestre 2016”, di 2 “INPS, il presidente Boeri: Anni di privilegi, anche Rossella Bocciarelli, Il Sole 24 Ore, 16/4/2016. per i politici. Il problema non è la sostenibilità, ma l’equità’”, Il Fatto Quotidiano, 11/9/2016. 3 “PIL, ISTAT conferma la crescita zero nel II trimestre, ritocca a +0,8% il dato annuo”, di Vittorio Nuti, Il Sole 24 Ore, 2/9/2016. 4 Si veda la Relazione Territoriale sulla Regione Veneto Doc. XXIII, N. 17 della “Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” approvata il 15 settembre 2016 dalla Camera dei Deputati. ANTONIO CANDIELLO consulente e formatore per i processi di innovazione in informatica e tecnologia, sistemi di gestione, qualità e ambiente presso imprese e pubbliche amministrazioni. Professore a contratto presso IUSVE-STC. www.anthonycandiello.it www.qualitaonline.it 47 y Studi & Ricerche y Tema >> Francesco Paolo CANTELLI «Laudato si’» e gestione del rischio a lungo termine The risks associated with the future human expansion in the Outer Space require a new management, targeted to the needs of the common home and life in general. Premessa L’economia condiziona da sempre, più che la tecnica, la locomozione spaziale. Dalla fine dell’Ottocento questa è stata interesse degli Stati leader, ma, con l’avvento del Mercato Globale (WTO), il sogno di Tsiolkovsky, Crocco, Sänger, Bredt, von Braun e molti altri, è rimasto tale. Con il WTO il mondo ha assunto un assetto ben diverso da quando due blocchi si fronteggiavano. WTO imperante, vi è chi pensa alla crescita del PIL, riducendo il ciclo di vita dei beni venduti: una visione che non produce ricchezza a lungo termine ed impedisce all’Uomo di crescere in armonia con il pianeta Terra. K. E. Tsiolkovsky affermava che lo Spazio é precluso a chi non lo ama e ciò porta a domandarci: «se non si ama la casa comune sognata da Papa Francesco, siamo in grado di espanderci nello Spazio? Abbiamo una visione umile, ma nel contempo solida del nostro futuro?». Personalmente si dubita, visto che, per la prima volta dalla rivoluzione scientifica del Seicento, la spesa maggiore in ricerca e sviluppo tecnologico avviene in Cina e nei Paesi limitrofi. (41,5%).1 E’ un cambio epocale, con risvolti anche nel rapporto Uomo-Pianeta Terra . La rottamazione dell’Uomo Arturo Crocco, da ingegnere aerospaziale www.qualitaonline.it > Figura n.1. - Umiltà e solidità ed Ufficiale della Regia Aeronautica, vedeva la degradazione della ricchezza, per similitudine termodinamica, come aumento dell’entropia.2 In un sistema isolato cresce giocoforza, senza contenimento energetico. Similitudine ancora valida, specie nel nostro mondo globalizzato 3 ove primeggia il “mercante-politico”. Questi vive in una interdipendenza intrigante tra politica, economia, tecnologia e mercato. Interdipendenza ove la Qualità percepita determina il prezzo, disgiungendolo dal costo ed il mercato non è alimentato da bisogni reali, ma da una accorta seduzione del bacino d’utenza, frutto di una pressante pubblicità, unificata a livello mondiale. Un falso lavoro che produce una falsa ricchezza. Aumenta il PIL, ma decresce la ricchezza sia del singolo che dello Stato, che non soddisfa i bisogni sociali e di protezione dei propri cittadini. Tra l’ altro: danneggia l’ecosistema. Una situazione che Crocco non avrebbe mai immaginato: si rottama anche l’ orgoglioso «Cogito ergo sum».4 La degradazione Crocco affermava che la ricchezza economica era sorretta dal potere intellettuale e dalla disponibilità energetica. Questa dovrebbe essere garantita dall’abilità diplomatica e dalle Forze Armate nazionali. Cose a noi precluse da: Società offshore, che impongono condizioni ai Governi, Agenzie private di Rating, che votano le performance degli Stati e da Eserciti senza bandiera, che creano artatamente povertà. Il potere intellettuale è annullato e per novembre/dicembre 2016 48 y Studi & Ricerche y Tema rotto affinché le lavoranti del padre potessero tingere le stoffe 9, partecipa all’insofferenza del Santo per una società che cerca il lucro a tutti i costi. Il mondo dei Decision men applauditi come Leader indiscussi. > Figura n. 3 - Home mobile village [da Internet] tuali in tutti i campi dello Problema impostabile, già a fine Ottocento, come azioni e controreazioni, dall’Ingegneria dei Controlli8, ma sempre disatteso da chi cerca plauso, tornaconto ed è congenitamente incapace a valutare i rischi a lungo termine che dalla propria azione possano scaturire. •la cultura dello scarto, per uomini e cose [En 22], che scarta dal processo produttivo l’Uomo ed addirittura i beni appena prodotti, pur di mantenere il ciclo produttivo. Uno stile di vita, dettato da un modello finanziario, produttivo e distributivo, pieno di insicurezze, sfiducie e sospetti, sia nelle Aziende/ Organizzazioni, che nei Lavoratori e nella cittadinanza, quando non a timori forti per i propri risparmi e per il proprio futuro, anche pensionistico. In definitiva la forza dell’Enciclica risiede nel ribadire un messaggio nato ad Assisi: «il cambiamento è qualcosa di auspicabile, ma diventa preoccupante quando si muta in deterioramento del mondo e della qualità della vita di gran parte dell’umanità». L’intensificazione dei ritmi decisionali, di vita e lavoro sono ormai nostra parte integrante, ma bisogna sempre lasciare uno spazio per il «Cogito ergo sum», altrimenti non resta differenza tra noi ed i tre robot umanoidi di Isaac Asimov. La dignità dell’Uomo è alla base dello Stato di Diritto ed è un percorso di vita esigibile in termini di governance della res publica, ma soprattutto della res privata, senza la quale la prima è un non senso. Tra l’altro lo Stato di Diritto impone il diritto all’Educazione, mentre la rapidación erode il gioco democratico, porta a ragionare per preconcetti inculcati da terzi e, nelle Aziende, a progettare basandosi su brevetti, licenze e software altrui. Il danno è evidente: •si dimentica che la nostra vita biologica, come specie terrestre dominante, è artificialmente allungata dalle tecnologie; •si perdono risorse intellettuali a lungo termine; •nascono, nei processi, perniciose burocratizzazioni e robotizzazioni. In definitiva si accorcia la vita del genere umano. Lo vogliamo veramente ? Il messaggio antico Un nuovo management L’Enciclica è scritta nelle otto lingue più usate dalle culture capaci di recepire il messaggio del Dio misericordioso che il Cantico delle Creature rappresenta. Tra queste la nostra e, personalmente, credo che, per noi, leggere l’Enciclica sia salutare. Perdiamo ricchezza sociale, familiare, amicale ed individuale, mentre dai teleschermi e dai giornali la fantapolitica e la pubblicità globalizzata ci promettono irreali futuri radiosi. Siamo, di contro, i più pronti, credo, a recepire il messaggio, che viene da Assisi. Chi ha visto la casa natale di San Francesco, a cavallo dell’acquedotto romano, L’insofferenza al Management attuale dilaga, a tutti i livelli decisionali ed è lecito domandarsi come l’Enciclica possa influire. In realtà non si vedono immediati effetti benefici, ma ricordando che per Crocco il potere intellettuale crea ricchezza economica, si è convinti che la Laudato si’ porterà, con il tempo, i Decisori di qualsiasi livello a : •privilegiare, nei giovani, l’educazione piuttosto che l’ istruzione, •tornare, nelle nostre Aziende ai tempi di Adriano Olivetti e dei meno noti Attilio Odero e Georges Henry Falck, quando l’Architetto di Sistema, come dicono i fran- scibile.7 > Figura n. 2 - Casa giapponese [da Internet] molti vi è il pericolo che diventi “ricchezza”, a fine vita lavorativa, vivere in un monolocale tipo giapponese od in un home mobile village tipo USA, con assistenza “garantita” da qualche assicurazione privata. Ricchezza da trasferire alla prole: nessuna. Neppure quella intellettuale e culturale, a valore differito, non monetizzabile al momento.5 La Forza della Lettera Enciclica «Laudato si’» Il Papa ritiene che «dopo un tempo di fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, una parte della società sta entrando in una fase di maggiore consapevolezza». Si rivolge, quindi, a tutti quelli che «stanno costruendo il futuro del pianeta [En,14], per orientarli al bene comune ed ad uno sviluppo umano, sostenibile ed integrale, senza deterioramento del mondo, della qualità della vita di gran parte dell’umanità» [En 18], arrogandosi, pochissimi, nella casa comune, il diritto di scegliere per tutti, anche per le generazioni che verranno. L’Enciclica Laudato si’, chiede pertanto di abbandonare: •la rapidizzazione (rapidación rapidification) [En 18]6, la continua accelerazione dei cambiamenti, per l’umanità ed il pianeta, accoppiato ad un ritmo di vita e lavoro sempre più intenso. Condizione che fa agire tutti affrettatamente ed in contrasto la naturale lentezza dell’evoluzione biologica e dello sviluppo umano, sostenibile ed integrabile. Questo portando a storture socio-progetnovembre/dicembre 2016 Per il nostro futuro www.qualitaonline.it y «Laudato si’» e gestione del rischio a lungo termine ideal spouse, marry them, and have two children that can grow up and do the same thing. Get a move on. Faster, faster, faster. Never mind that you will get burned out, stressed out to the max, and you'll never see your family. Go and do. Go and be the n NOTE star employee. No matter what the cost, you have to 1 do more and be more for everyone, all the time. 2 > Figura n.4 - Case popolari anni 20 (internet) 3 Pietro Greco, Sempre più asiatica la leadership della ricerca globale: parole di NSF. Scienza in rete. Il What are you waiting for? GO!» [i-t-q.blogspot.com gruppo 20003 per la ricerca. (Lettura consigliata) /2015/06/rapidification.html] Arturo Crocco, La degradazione della ricchezza, 7 sulle Staminali affidate a laboratori finanziati da La Terra controlla la crescita dell’Entropia per man- Fondazioni sopranazionali “senza scopo di lucro” il tenere la vita nel tempo. Tutto è riciclato con pro- cesi, aveva già in sé, nella sua educazione, i principi manageriali dell’ artigiano fiorentino. Un cattolico, si è visto, ben capace di affermarsi nel mondo. cessi a basso potenziale energetico o distribuiti su www.qualitaonline.it 4 5 vasta scala. L’uomo è l’ unica specie che alteri l’ di algoritmi di controllo in retroazione, che consentano di mantenere il comportamento di un sistema secondo i requisiti impostati. 9 Nella casa-opificio del padre di san Francesco si pi ritenuti compatibili con la durata dell’Uomo tec- può ammirare un arcaico esempio di Security indu- nologico sulla Terra (30.000 anni ?). striale. Su un muro vi sono graffiti che permetteva- Si consiglia la lettura del libro di Mark Buchanan: no alle donne di preparare le tinture per le stoffe L’atomo sociale. Il comportamento umano e le leggi senza tuttavia conoscere i nomi dei componenti della fisica, Mondatori 2008. che utilizzavano. L’attuale concetto di ricchezza a valore differito 10Il Mercato Globale, per ridurre i costi di produzione non è connesso alla produzione (C. Marx), ma alla produce merci a valenza globale nei posti a minor predisposizione di un Asset oggi a valore nullo, ma reddito, questo depaupera la ricchezza delle culture che si ritiene possa essere utilizzato in un futuro, locali che, invece, potrebbero produrre merci alter- dando reddito; in pratica quanto facevano le Abbazie benedettine nell’Alto Medioevo elargendo servi- 6 Area dell’ingegneria che si occupa della definizione equilibrio con rifiuti non riciclabili. Ciò abbatte la anche i riciclabili aumentano l’entropia, ma in tem- L’attacco alle Torri Gemelle ed il disastro di Fukushima hanno messo in luce il bisogno di Sicurezza (Safety & Security) del genere umano e del mercato, che a questo si conviene, ove le differenze culturali, anche tribali, lo esaltano e non lo appiattiscono.10 Personalmente credo che la Lettera Enciclica Laudato si’ permetta d’impostare, per tutte le attività di punta, a cominciare dall’aerospazio, un nuovo management in cui l’individuazione dei pericoli (Hazard) e la valutazione dei rischi, sia economici che di Safety & Security, diventi opportunità per il reddito d’impresa. Lo Spazio, non a caso, più di altri settori, ha bisogno, in tutte le sue discipline, di perennizzare l’onestà intellettuale; sia quella degli Architetti di sistema, che si avvicenderanno rischio a lungo termine non è valutabile. 8 ricchezza della casa comune: il pianeta. Si noti che Conclusioni Tra le storture gli studi sulle cellule primordiali e Accademia dei Lincei, 1925. native, aumentando il circolante. 11«Space Transportation System. All Earth, orbital and zi ai sempliciones, ma mantenendo gli amanuensi sub-orbital based facility and transportation assets, per la predisposizione di un futuro sociale migliore. engaged in the movement of passengers and/or Pope Francis brought up a new term that I think he goods in the Outer Space». sort of made up: rapidification. This term refers to the frenzied chaos that humans create for themselves. The never-ending drive to do more and be more FRANCESCO PAOLO CANTELLI to the tune of faster, faster, faster! Society pressures Ingegnere aerospaziale us to do this! Go to school now, full-time, while ba- [email protected] lancing a full-time job. While you're at it, find the novembre/dicembre 2016 Tema nel tempo, sia degli addetti a tutti livelli operativi, oggi in Terra ed in un futuro non troppo lontano, si spera, in qualche avamposto satellizzato11. 49 y Tema 50 y Studi & Ricerche y Co-funded by the Intelligent Energy Europe Program of the European Union >> di Claudio ROSSO, presidente AICQ Nazionale il progetto BRICKS B UILD UP Skills BRICKS. Building Refurbishment with Increased Competences, Knowledge and Skills è un progetto europeo dell’iniziativa strategica BUILD UP Skills - Pillar II co-finanziato dal programma europeo Intelligent Energy Europe (IEE), coordinata dall’ENEA cui partecipano 15 organismi nazionali e oltre 40 partner associati, tra i quali 2 Ministeri, Regioni e Province Autonome, con una formula variabile, aperta ad ulteriori adesioni. Il progetto prevede lo sviluppo di strumenti e metodologie per realizzare un sistema di formazione che porti a migliorare le conoscenze, le abilità e le competenze dei lavoratori impegnati nella riqualificazione energetica degli edifici e nell’uso di fonti rinnovabili di energia, al fine di avere entro il 2020 un parco edilizio ad energia quasi zero. BRICKS ha l’obiettivo chiave di gettare le basi per la diffusione di un modello di certificazione delle competenze acquisiti in ambiti formali, non formali e informali che costituisca un unico sistema nazionale di qualifica allineato al resto dell’Europa. A questo scopo saranno utilizzati diversi strumenti tra i quali l’adattamento al sistema italiano delle buone pratiche già collaudate in ambito europeo per la valutazione delle competenze acquisite sia in ambito formale che con l’esperienza lavorativa. Saranno, inoltre, progettati nuovi percorsi formativi di armonizzazione delle iniziative già attuate nelle diverse regioni e un sistema volontario di marchio di qualità che identifichi le aziende con personale qualificato. novembre/dicembre 2016 Perché BRICKS? •In Italia un alto numero di lavoratori non ha frequentato corsi di formazione formale. •Nel settore edile esistono 144 diversi profili con una vastissima differenziazione regionale. •La scarsa qualità della formazione professionale e dell’innovazione, specialmente rispetto alle risorse umane, pongono l’Italia a livelli molto bassi nelle classifiche europee. •Il sistema formativo, i formatori e i materiali didattici sono complessivamente poco aggiornati. Principali azioni: •Promuovere un nuovo sistema di qualifica VET (Vocational & Educational Training) nazionale nel rispetto delle direttive RES (promozione delle fonti rinnovabili di energia) e BPDP (Performance energetica degli edifici) rimuovendo gli ostacoli precedentemente individuati dalla roadmap italiana. •Adottare buone pratiche già sviluppate e testate in ambito europeo, adattandole al sistema italiano, per la valutazione delle competenze acquisite in ambito non formale ed informale. •Promuovere azioni pilota per la formazione dei formatori e dei lavoratori in cantiere, sviluppando una buona prassi soprattutto per i lavoratori di basso profilo che difficilmente potrebbero essere inseriti in percorsi formali sia per la mancanza delle conoscenze di base sia per la difficoltà di accesso a corsi fatti duranti durante l’orario di lavoro. •Mettere a punto una procedura di certificazione di parte terza basata sulle norme sviluppate in ambito UNI, definendo dettagliatamente le skill professionali come previsto dal Quadro Europeo delle Qualifiche. •Mettere a disposizione dei lavoratori già occupati del settore gli strumenti e i materiali didattici creati all’interno di progetti nazionali e/o europei per colmare eventuali lacune di conoscenze. •Promuovere un percorso per l’ottenimento di un “marchio di qualità” per le aziende che impiegheranno personale qualificato. www.qualitaonline.it 51 y Formazione & Education y Modello per la diffusione •Indagare sulla possibilità di uno scambio di buone pratiche e di mutuo riconoscimento tra le Camere di Commercio di paesi diversi. •Coinvolgere tutte le Regioni e le Province autonome per promuovere e disseminare i risultati del progetto attraverso il sistema scolastico e della formazione professionale. Il più importante contributo del progetto BRICKS consiste nello sviluppo di un sistema nazionale di formazione professionale specialistica all’avanguardia in Europa e nella conseguente consapevolezza dell’importanza assunta dalla professionalità della mano d’opera come garanzia della qualità degli interventi e dei ritorni dall’investimento. •Avvio delle procedure di messa a punto di norme e definizione degli schemi di certificazioni UNI per tutti i lavoratori operanti nel settore dell’efficienza energetica e dell’installazione/manutenzione di impianti di fonti rinnovabili di energia a partire dagli schemi EQF sviluppati in ambito europeo. •Erogazione di almeno 4 processi formativi che comprendono sia la qualifica dei formatori che quella degli operatori/tec- Il modello BRICKS prevede che le Regioni italiane, come partner associati, siano direttamente coinvolte nell’implementazione delle azioni sperimentali anche attraverso la collaborazione con gli stakeholder regionali per le dovute integrazioni e/o modifiche che tengano conto delle esigenze del proprio territorio. Al di là dei singoli obiettivi, l’ampiezza della rete attivata contribuirà allo sviluppo di un sistema nazionale di formazione professionale all’avanguardia in Europa. n SITOGRAFIA • www.bricks.enea.it - [email protected] Risultati attesi: •Coinvolgimento del maggior numero di stakeholder e di organismi pubblici e privati per attuare politiche che incentivino la formazione dei lavoratori sulle nuove tecnologie per gli edifici ad energia quasi zero. •Accesso diffuso per gli operatori del settore ad una formazione qualificata e certificata. www.qualitaonline.it marzo/aprile 2015 Tema nici. •Diffusione del modello di certificazione delle competenze acquisite in ambiti formali, non formali e informali che porti ad un unico sistema nazionale di qualifica allineato al resto dell’Europa. •Elaborazione di procedure per la certificazione dei centri di addestramento in grado di trasferire le necessarie abilità pratiche. •Realizzazione di un sistema volontario di marchio di qualità che identifichi le aziende con personale qualificato/certificato secondo gli schemi di certificazione messi a punto dal progetto. In ultimo, non meno importante, si auspica una maggiore competitività delle imprese italiane e mobilità del personale tecnico all’interno dei paesi Comunitari. Per l’attività formativa, ove non indicata, fare riferimento al sito internet delle Federate AICQ 52 ASSOciAziOnE iTALiAnA cuLTuRA QuALiTà FEDERAZIONE NAZIONALE cell. 340 7406432 - [email protected] Presidente: Ettore LA VOLPE AICQ - Associazione Centro Insulare Presidente: Claudio ROSSO 00185 Roma - via di San Vito, 17 Vicepresidenti: Sergio BINI, Giorgia tel. 06 4464132 GAROLA, Ernesto SCURATI fax 06 4464145 - [email protected] Assemblea: Giorgia GAROLA, Maurizio Presidente: Sergio BINI CONTI, Antonio SCIPIONI, Andrea AICQ - Associazione Meridionale MINARINI, Ettore LA VOLPE, Sergio BINI, c/o Laboratorio IDEAS, Dip. Ingegneria Diego CERRA, Vittorio CECCONI Industriale, P.le Tecchio, 80 80125 Napoli Giunta esecutiva: Sergio BINI, Tel: 081-2396503 - 3928857600 Giorgia GAROLA, Vincenzo MAZZARO, Claudio ROSSO, Antonino SANTONOCITO, [email protected] Presidente: Diego CERRA Ernesto SCURATI AICQ - Associazione Sicilia Segreteria Nazionale: Annalisa ROSSI 90139 Palermo - via F. Crispi 108-120, ASSOCIAZIONI TERRITORIALI DELLA c/o Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo FEDERAZIONE cell. 320 4376481 - fax 0919889355 AICQ - Associazione Italia Centronord [email protected] 20124 Milano - via M. Macchi, 42 Presidente: Vittorio CECCONI tel. 02 67382158fax 02 67382177 [email protected] Presidente: Maurizio CONTI SETTORI TECNOLOGICI AICQ - Associazione Piemontese Settore Alimentare 10128 Torino - via Genovesi, 19 Presidente: Simonetta GALLERINI tel. 011 5183220 Settore Autoveicoli fax 011 537964 - [email protected] Presidente: Federico RIVOLO Presidente: Giorgia GAROLA Settore Costruzioni AICQ - Associazione Triveneta Presidente: Antonino SANTONOCITO 30038 Spinea (VE) - Via E. De Filippo, 80/1 Settore Elettronico ed Elettrotecnico tel. 351 0800386 - [email protected] Presidente: Giovanni MATTANA Presidente: Antonio SCIPIONI Settore Servizi per i Trasporti AICQ - Associazione Emilia Romagna Presidente: Luigi ZANNI 40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11 Settore Turismo tel. 3355745309 - fax 051 0544854 Presidente: Dianella MANCIN [email protected] Settore Trasporto su Rotaia Presidente: Andrea MINARINI Presidente: Gianfranco SACCIONE AICQ - Associazione Tosco Ligure Settore Education Piazza di Sant’Ambrogio (snc) Presidente: Paolo SENNI GUIDOTTI 50121 Firenze MAGNANI Settore Sanità Presidente: Mauro TONIOLO Settore Pubblica Amministrazione Presidente: Giorgio GALLO COMITATI TECNICI Comitato Ambiente e Energia Presidente: Antonio SCIPIONI Comitato Salute e Sicurezza Presidente: Diego CERRA Comitato Metodi Statistici Presidente: Egidio CASCINI Comitato Metodologie di Assicurazione della Qualità Presidente: Francesco CARROZZINI Comitato Normativa e Certificazione dei Sistemi Gestione Qualità Presidente: Cecilia DE PALMA Comitato Qualità del Software e dei servizi IT Presidente: Valerio TETA Comitato Risorse Umane e Qualità del Lavoro Presidente: Piero DETTIN Comitato Laboratori di Prova e Taratura Presidente: Massimo PRADELLA Comitato Responsabilità Sociale Presidente: Sergio BINI Comitato Reti d’Impresa Presidente: Luciano Comitato Conciliazione Lavoro e Famiglia Presidente: Michael GALSTER ORGANISMO ACCREDITATO DI CERTIFICAZIONE DI PERSONALE AICQ – SICEV SRL 20124 Milano - via E. Cornalia, 19 0266713425 - [email protected] Redazione: sede legale In conformità al D.lgs. 196 del 30/6/2003 e fatti Segreteria di redazione salvi i diritti dell’interessato ex art. 7 del suddetto de- AICQ - via Cornalia, 19 - 20124 Milano creto, l’invio di Qualità autorizza AICQ stessa al Tel. 02 66712484 - Fax 02 66712510 trattamento dei dati personali ai fini della spedi- n. 6 novembre/dicembre 2016 Editore: Mediavalue srl zione di questa pubblicazione. Edizione Nazionale AICQ Via G. Biancardi, 2 20149 Milano Distribuzione: La rivista stampata in 8.000 copie a Autorizzazione del Trib. di Torino n. 783 tel. 0289459724 - www.mediavalue.it numero viene inviata a tutti i Soci AICQ in abb. del Registro del 28/11/52 Redazione e grafica: [email protected] post., e ai responsabili qualità delle aziende. ISSN 2037-4186 Abbonamenti: [email protected] Spedizione in abb. post. - DL 353/2003 (conv. in L. Pubblicità: [email protected] 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Mi. Per l’Italia: 1 copia € 5,00, 1 copia arretrata € 15,00, ab- Direttore responsabile: Stampa: Italgrafica - Novara Sergio BINI Gli articoli vengono pubblicati sotto la responsabi- bonamento annuo (6 numeri) € 55,00. [email protected] lità degli Autori. c/c: IBAN IT33N0569634070000002372X67 COSTI COSTI e SPRECHI e SPRECHI RISCHI RISCHI PRESSING PRESSING DEIDEI CLIENTI CLIENTI COMPLESSITA’ COMPLESSITA’ COGENZE COGENZE NORMATIVE NORMATIVE oinsoono s i c c o o d d n n a a ...qu...qu roersrteisti r o v v e e h h c c cosceose propprroiop..r.io... EA.RE. R A L L L L E E C C N N CACA Piattaforma Piattaforma potente potente e flessibile e flessibile sintesi sintesi di oltre di oltre venticinque venticinque anni anni di esperienze di esperienze in sistemi in sistemi informativi informativi per Qualità, per Qualità, Sicurezza Sicurezza e Ambiente. e Ambiente. F O L L FOOWL L U OSW US SEMI SEMI SEGUI I NOSTRI SEGUI WEBINAR I NOSTRI WEBINAR 4 MAGGIO 4 MAGGIO 2017 2017 8 NOVEMBRE 8 NOVEMBRE 2017 2017 Giornata Mondiale Giornata della Mondiale Qualità della Qualità #BlulinkDay #BlulinkDay AR AR W E B W I N EAB RI N A R Q U A L I T YQFUOARL I I TT YA LF Y OR ITALY I T A L Y F O RI TQA L O RI TQYU A L I T Y U YAF L