IN ASCOLTO DI PADRE ARSENIO
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IN ASCOLTO DI PADRE ARSENIO
Vita nello Spirito con PADRE ARSENIO La fede, esperienza dell’incontro ASPETTO LA RESUREZIONE DEI MORTI E LA VITA DEL MONDO CHE VERRÀ Nella conclusione del Credo, la formula nicenocostantinopolitana ci riserva una sorpresa: non diciamo più “credo” ma “Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Dice Schmemann che «dopo aver enumerato tutto ciò in cui credo, aggiungo aspetto» per indicare che «la mia fede si trasforma in una sorta di stato attivo…: Credo e perciò aspetto. Aspetto quello in cui credo». «L’espressione “aspetto” porta con sé il desiderio di quello che è atteso, la gioia di una felicità che si avvicina. In questo senso si può attendere solo ciò che si conosce già, almeno parzialmente. Questa fede non è un’affermazione di astratte verità intellettuali. No, è prima di tutto un incontro con Colui che essa afferma, e perciò è conoscenza e visione dell’anima, e perspicacia del cuore. La fede che è in me è stata penetrata dalla luce pasquale, da questa certezza misteriosa e gioiosa che Cristo è risorto dai morti per aprire il cammino alla nostra resurrezione. “Aspetto la resurrezione dei morti” perché essa mi è già stata data e tutta la fede cristiana non è nient’altro che la conoscenza interiore che l’uomo è chiamato all’eternità»1. 1 Testi tratti da A. Schmemann, Credo…, Ed. Lipa 2012 I «Il Credo si conclude con la gioia di questo “aspetto”: la vita va avanti. Ogni giorno porta le sue pene e le sue gioie. Cadiamo, ci rialziamo, cadiamo di nuovo. Ma, se una volta la fede è penetrata nel nostro cuore; se mai è successo che qualche volta abbiamo impercettibilmente incontrato Cristo, e in Lui il Padre buono che ama; se il soffio dello Spirito Santo ha sfiorato la nostra anima; se ci è stato dato di vedere non la vita esterna ma quella interiore della Chiesa, in continua ascesa verso la festa del regno; se siamo giunti ad amare l’immagine radiosa della purissima Madre di Dio… se abbiamo mai ascoltato nel nostro cuore una voce interiore che ci chiamava a casa, a Dio…allora questo “credo” si trasforma in “aspetto”. Certo, l’agitazione di questa vita cercherà costantemente di soffocarlo. Mi accadrà di assopirmi nel grigiore del quotidiano. Ma non potrò mai scordare questa gioia, questa vita nuova che è sorta in me. Perciò ogni uomo che crede in Cristo non solo cerca l’aiuto del Signore quaggiù in “questo mondo”, in questa vita, ma anche Lui stesso: “Vieni Signore Gesù!” ».2 Dunque la vita eterna comincia adesso, con il Battesimo, e questo mondo porta già in gestazione l’uomo interiore, nuovo, creato secondo Dio. «Ma se per l’embrione la vita futura è assolutamente futura, per l’uomo interiore la vita nuova in Cristo comincia già qui, il secolo futuro è come riversato e commisto a quello presente». 3 2 3 A. Schmemann, Credo…, Ed. Lipa 2012, pag. 137-138. Cf Nicolas Cabasilas, La vita in Cristo. II Perciò la morte non è una fine, ma un inizio: «Cristo ci ha donato la sua stessa vita – immortale, sorta dalla tomba, libera dalla morte – e con ciò ha trasformato la nostra morte in un ingresso, in un avvicinamento, l’inizio della vittoria».4 È una nascita: Ero meravigliato di come persino i bambini piangono non appena lasciano il grembo, piangono perché vanno fuori dal buio alla luce, e dal soffocamento escono nell'universo! Così anche la morte è per l'umanità un simbolo di nascita. Piangono infatti coloro che nascono fuori del mondo in un giardino di splendori! (S. Efrem, Inni sul Paradiso 5) È il raccolto dopo la semina: «Ciò che tu semini non prende vita se prima non muore » (1Cor 15,36). 4 A. Schmemann, op. cit., pag. 137. III IV Auguri di Santo Natale 2013 "Benedetto il bimbo, che oggi ha fatto esultare Betlemme. Benedetto l'infante, che oggi ha ringiovanito l'umanità. Benedetto il frutto, che ha chinato se stesso verso la nostra fame. Benedetto il buono che in un istante ha arricchito tutta la nostra povertà e ha colmato la nostra indigenza. Benedetto colui che è stato piegato dalla sua misericordia a prendersi cura della nostra infermità. Sia benedetta la tua nascita, mio Signore, che ha innalzato la nostra insipienza". (da Inno III sulla Natività di S. Efrem) V Nelle Parole di Papa Francesco LA SPERANZA CHE NON DELUDE « Vedere Dio, essere simili a Dio: questa è la nostra speranza. E oggi, proprio nel giorno dei Santi e prima del giorno dei Morti, è necessario pensare un po’ alla speranza: questa speranza che ci accompagna nella vita. I primi cristiani dipingevano la speranza con un’ancora, come se la vita fosse l’ancora gettata nella riva del Cielo e tutti noi incamminati verso quella riva, aggrappati alla corda dell’ancora. Questa è una bella immagine della speranza: avere il cuore ancorato là … dove sono i Santi, dove è Gesù, dove è Dio […]. La speranza è un po’ come il lievito, che ti fa allargare l’anima; ci sono momenti difficili nella vita, ma con la speranza l’anima va avanti e guarda a ciò che ci aspetta. Oggi è un giorno di speranza. I nostri fratelli e sorelle sono alla presenza di Dio e anche noi saremo lì, per pura grazia del Signore, se cammineremo sulla strada di Gesù. Conclude l’Apostolo Giovanni: «Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso» .3). Anche la speranza ci purifica, ci alleggerisce; questa purificazione nella speranza in Gesù Cristo ci fa andare in fretta, prontamente. In questo pre-tramonto d’oggi, ognuno di noi può pensare al tramonto della sua vita: “Come sarà il mio tramonto?”. Tutti noi avremo un tramonto, tutti! Lo guardo con speranza? Lo guardo con quella gioia di essere accolto dal Signore? Questo è un pensiero cristiano, che ci da pace. […] E pensiamo al nostro cuore e domandiamoci: “Dove è ancorato il mio cuore?”. Se non fosse ancorato bene, ancoriamolo là, in quella riva, sapendo che la speranza non delude perché il Signore Gesù non delude». 5 5 Papa Francesco, Omelia 1 novembre 2013, Cimitero del Verano- Roma. VI Dagli scritti di padre Arsenio La speranza del Bene più prezioso Vada, si perda tutto, ma si acquisti Dio - o in onore o in disonore, in ricchezze o in povertà; in alto o in basso, con scienza o senza, comunque sia, in una parte o in un’altra del mondo sia che vuole il Signore, basta che lo raggiunga. APCL, P 391/26/11, f. 4v. La speranza in vita e in morte Chi vive bene, è difficile assai, anzi impossibile che muoia male, ma chi vive male, è un miracolo che muoia bene: come è la vita, così è anche la morte. APCL, P 391/18, f. 8r. La speranza della felicità in Dio Oh! quanto dunque sarebbe bene spesa anche tutta la vita in procurare il buon esito di questo affare, e non siamo qui che per questo: di fare una santa morte; ecco il fine nostro prossimo, e questo mediante il servire, lodare, riverire il Signore, e poi, fine ultimo, godere perfetta felicità e dopo una santa morte vedere Dio. APCL, P 391/18, f. 9r. La speranza riposa in Dio Siamo fatti per cose grandi, cioè per Iddio, ed il nostro cuore non può trovar pace, non può star quieto nelle sue brame, finché non riposa in Dio, poiché per quanto possieda quaggiù, tutto è piccolo e non può riempire la sua vasta capacità; solo VII Iddio lo può riempire, per cui solo è fatto. L’esperienza ce lo mostra continuamente: per quanto uno sia ricco, potente, onorato, non si trova mai ricco a sufficienza né bastante onorato, né sufficiente potente poiché quello che possiede è finito o deficiente e il suo cuore è fatto per l’infinito e indeficiente. Senti perciò la conclusione di Salomone che dopo d’aver gustato e posseduto il possedibile e il godibile, disse che tutto era vuoto, vanità, che non lo riempiva né saziava perché non siamo fatti per queste piccole grandezze né per i gusti terreni, ma per i grandi del cielo, ma a questi non ci si può arrivare se non mediante la giustizia, ossia l’umiltà, con l’esser preparati a dar a Dio quel che è di Dio. APCL, P 391/26/33, ff. 59r.-60r. La speranza è alzare lo sguardo Alziamo dunque specialmente in mezzo alle tribolazioni la mente ed il cuore a quella cara nostra patria, contempliamo quell'eterna felicità: ricordiamoci che qui siamo ospiti e pellegrini, che il nostro termine e la nostra vera patria è il Cielo, il Paradiso. APCL, P 390/7, f. 37v. VIII