Giuliana Muci REALTÀ ANTROPOLOGICHE - Bio
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Giuliana Muci REALTÀ ANTROPOLOGICHE - Bio
Giuliana Muci REALTÀ ANTROPOLOGICHE, SIMBOLOGIA, ARTE MEDICA E GESTIONE DEGLI STATI DI COSCIENZA NELLA PROSPETTIVA DI NUOVI MODELLI DI CURA. LA TECNOLOGIA DEL BIO-EXPLORER PER UN ORIENTAMENTO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO A Dalia e Clara, preziose gioie di una magica realtà RINGRAZIAMENTI Esprimo riconoscenza all’Ingegnere Francesco Castrica, i cui insegnamenti mi hanno consentito di sviluppare il nucleo portante di questo lavoro; in tal modo, antropologia, biofisica e biochimica hanno potuto non solo dialogare, ma persino comprendersi. A lui un grazie particolare per i numerosi talenti utili all’umanità, e le interminabili ore che dedica alla propria missione. Ringrazio il Dottor Raffaele Guida per la sua disponibilità, l’amabile accoglienza presso il suo ambulatorio e la pazienza con cui mi ha edotta sulle innumerevoli sfaccettature della materia medica. Grazie all’Ingegnere Diego Turco, che ha tradotto per me, con disarmante semplicità, ostiche regole matematiche e complicati concetti biofisici; in caso contrario sarei ancora girovaga di quei meandri. Ringrazio la Dottoressa Marina Risi per la fiducia, il sostegno e l’incoraggiamento. INDICE INTRODUZIONE ........................................................................................................ 5 CAPITOLO 1 - L’ESIGENZA DI UN NUOVO PARADIGMA ............................................... 9 1.1 - L’ARMONIA COME ANELITO DELL’ESSERE .......................................................................... 9 1.2 - UNITÀ-SEPARAZIONE-COLLEGAMENTO........................................................................... 15 1.3 - LA COSCIENZA E I SUOI STATI ........................................................................................ 18 1.4 - DALLA COSCIENZA DELL’ESSERE A QUELLA CELLULARE E ATOMICA: L’ENERGIA NELLA MATERIA.... 21 1.5 – TECNICHE DEL CORPO E STATI DI COSCIENZA ................................................................... 23 1.6 - RADICI UMANE E ORIGINI ETEREE: IL VETTORE SIMBOLICO NELLA REALTÀ BIDIMENSIONALE........ 25 1.7 - I 5 SENSI: PERCEZIONE FISICA, SIMBOLICA ED EMOTIVA ..................................................... 27 1.8 - EMOZIONI E SISTEMA NERVOSO CENTRALE; ANTROPOLOGIA E FISIOLOGIA DELLA PAURA ........... 28 1.10 - COSTANTI UNIVERSALI E NUOVE FRONTIERE BIOFISICHE E TECNOLOGICHE ............................ 35 CAPITOLO 2 – IL BIO-EXPLORER .............................................................................. 38 2.1 - LA CREAZIONE DELLO STRUMENTO. FONDAMENTI GENERALI .............................................. 38 2.2 - IL CERVELLO COME INTERFACCIA TRA DIMENSIONI ETEREE E CORPOREE. I DOMINI DI FREQUENZA 44 2.3 - FONTI INTEGRATE NELLA CREAZIONE DEL BIO-EXPLORER ................................................... 47 2.4 - RIFLESSI SIMBOLICI DEL SENTITO: AREE CEREBRALI, NEUROTRASMETTITORI, PEPTIDI, ORMONI, ORGANI E SISTEMI ............................................................................................................. 55 2.5 - NUOVI ORIZZONTI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI ................................................................ 56 CAPITOLO 3 - CASI CLINICI ...................................................................................... 60 CONSIDERAZIONI FINALI ........................................................................................ 76 BIBLIOGRAFIA GENERALE ....................................................................................... 79 BIBLIOGRAFIA RELATIVA AL 2° CAPITOLO ................................................................ 80 SITOGRAFIA ........................................................................................................... 82 4 INTRODUZIONE La scelta di sondare universi apparentemente lontani nasce dall’idea che nessuno di essi sia mai veramente completo di per sé: così come l’essere umano si definisce nella relazione con l’altro, allo stesso modo i singoli ambiti disciplinari si perfezionano non soltanto grazie agli approfondimenti di settore, ma anche per loro continua interazione. L’antropologia medica è una materia per sua natura integrata da apporti diversi: essi provengono, tuttavia, quasi esclusivamente da ambienti umanistici, poiché rami come quelli strettamente scientifici (chimica, fisica, fisiologia) mostrano frontiere difficilmente valicabili in assenza di adeguata formazione. L’esigenza di inoltrarsi in quegli ambiti già diversi anni or sono è andata di pari passo con la necessità di comprendere qualcosa di più riguardo i risvolti fisiologici connessi a esperienze di particolare impatto emotivo. Mi riferisco a rituali religiosi, stati di trances, ipnotici, meditativi, o semplicemente l’influenza di sistemi di credenze culturali e modelli mentali legati a consuetudini famigliari. Nel corso del tempo l’interesse si è allargato a tutti gli aspetti della relazione mentecorpo, includendo i vissuti traumatici. Ciò ha costituito una forte motivazione nella scelta di un percorso P.N.E.I.: intendere quanto possibile delle dinamiche psiche-cervello-organismo, non paga di osservarne solo la manifestazione esteriore. Ovviamente, le diverse professionalità devono poter operare nel loro campo di pertinenza: credo, però, che la creazione di un metalinguaggio, oltre quello specialistico, possa contribuire a nuove forme di comunicazione e interazione, unitamente a una maggiore consapevolezza di ciò che è l’essere umano. L’etimologia è fondamentale, invitandoci a porre l’attenzione sul fatto che le parole non siano mai casuali: suono e struttura si fondono nella stessa funzione, quella di rammentarci significati dai quali non possiamo prescindere. E così exsistentia è ontologicamente legata a un’idea di ‘essenza’, qualcosa di ‘più alto’ che sgorga nel sé; poi vi è l’humus, il terreno ove il superiore fluire diviene carne. È così che l’Essere e l’Umano spiegano le due nature che 5 costituiscono l’Uno; è così che binomi quali ‘energia-materia’ della fisica teorica, ‘mente-corpo’ quale focus delle neuroscienze, sono semplicemente il naturale riflesso di una relazione innata. Se poi ci soffermiamo sul termine ‘persona’ la cosa si fa particolarmente interessante: il per suonare, ossia ‘suonare attraverso’, rimanda davvero a qualcosa di puro, di superiore, di sublime, che alita attraverso il sacro strumento corpo. E l’ascolto che ne consegue. Del resto, il suono sembrerebbe la manifestazione immediata dell’atto creativo primigenio, sia esso inteso quale ‘verbo’, ‘om’, ‘aum’ e simili. E ancora, ‘individuo’, da in e divìduus, esprime una unità che non può essere separata nelle sue componenti. Il lavoro che vado a presentare parte da riflessioni a carattere squisitamente antropologico, per poi diramarsi verso l’ambito medico, almeno per quanto possa competere ad una umanista. Ci si augura che ogni piccolo contributo ispiri la messa a punto di modelli più consoni alle urgenze del terzo millennio, referenti che possano spaziare dal campo universalmente umanistico a quello più espressamente diagnosticoterapeutico. A tal fine, si è pensato di strutturare il lavoro in tre momenti separati, seppur strettamente connessi. Nel primo capitolo sono state ripercorse le origini e l’evoluzione della storia umana, riflesso della complessità degli aspetti mentali e biologici. Ciò ha portato all’idea dell’esigenza di un‘nuovo paradigma’ che possa riconsiderare la naturale propensione degli esseri umani (ma potremmo forse includere tutti i regni viventi) verso una condizione armonica, intesa quale percezione di nutrimento, appartenenza, protezione, completezza , appagamento, pace interiore. In tale contesto, si è inteso trattare il tema della coscienza e della complessità che esso sottende, richiamando gli stati generalmente considerati ‘non ordinari’, antica e naturale disposizione per accostarsi ad essa, considerata nella sua accezione più complessa, esulando dagli aspetti esclusivamente razionali. Non si poteva quindi trascurare il ruolo delle emozioni (incluso il loro correlato biochimico), che veicolano messaggi di un universo sconfinato, in cui si mescolano lingue e linguaggi, culture e archetipi, credenze e modelli, e strettamente legate al circuito sensoriale, da considerarsi nel duplice aspetto fisico e metaforico. Del resto, metafora 6 e rappresentazione costituiscono il leitmotiv del presente lavoro, rimandando a qualcosa di intrinseco che gli esseri umani da sempre utilizzano in modo istintivo: il simbolo, symballo, lega etimologicamente gli aspetti materiali e immateriali. Proprio il referente simbolico permette di accedere al secondo capitolo, nel quale viene illustrata la filosofia alla base del Bio-Explorer, nonché il suo utilizzo quale strumento diagnostico con l’opportunità di simulazioni terapeutiche. L’interesse per la metodica prende origine dalla sua capacità di leggere la biochimica delle aree cerebrospinali e degli organi, con la possibilità di interpretarne il versante traumaticoemozionale-psicoaffettivo, talmente incisivo da innescare manifestazioni a livello di corporeo. Si parte dall’assunto che ogni sentito particolarmente drammatico (indipendentemente da una realtà oggettiva dell’evento) possa riflettersi su specifiche zone cerebrali, comportare l’espressione continua e non ordinaria di neurotrasmettitori, peptidi e ormoni, con plausibile ricaduta su determinati organi-bersaglio. Ognuna delle componenti considerate costituisce la parte fisica più rappresentativa nel processo di trasduzione simbolico-emozionale del vissuto dell’individuo. Lo strumento permette inoltre di verificare varie tipologie di markers, a partire da quelli infettivi e immunitari, accanto ad altri che rivelano la presenza di metalli pesanti, microorganismi e parassiti; cause, queste ultime, esogene, ma non avulse dai processi bidirezionali mente-corpo. L’associazione della serie di dati che emergono durante la visita permette una diagnosi completa del paziente, incluso lo stato psichico e la tipologia del trauma. Un algoritmo, infine, rivela il momento in cui si sono verificati eventi particolarmente cruciali. Si prendono in esame, inoltre, i singoli rami di ricerca, ossia le diverse fonti che hanno contribuito alla nascita del Bio-Explorer, richiamando pure gli apporti, il ruolo e la dedizione del suo inventore, l’Ingegnere Francesco Castrica. Si conclude con uno spazio dedicato alle modalità e ai campi di utilizzo dello strumento, che segna l’apertura di nuove frontiere diagnostico-terapeutiche; si sottolinea inoltre l’importanza di un approccio empatico col paziente, incentrato sulla resa del proprio ruolo quale protagonista attivo della vicenda terapeutica. Nel terzo capitolo si procede all’analisi di alcuni casi clinici. Qui sarà 7 davvero interessante osservare come sostanze, aree cerebrali e organi, comunichino tra loro secondo modalità multidirezionali, pur essendo soggetti a processi differenti, segnalando cos’è che meriterebbe davvero attenzione, affinché il disequilibrio diventi occasione di consapevolezza e resilienza. Un suggestivo esempio per apprendere noi stessi la lettura di significati oltre l’apparenza, e l’importanza del dialogo, soprattutto quando esso appare difficile a causa di linguaggi così diversi. 8 CAPITOLO 1 - L’ESIGENZA DI UN NUOVO PARADIGMA 1.1 - L’armonia come anelito dell’Essere Cos’è l’armonia? E perché ne siamo costantemente alla ricerca anche quando apparentemente ci comportiamo in modo inconsulto, magari per mascherarne il bisogno, occultando fragilità che ci impediscono di raggiungerla? Il termine viene dal greco armózein che significa letteralmente collegare, unire, essere d’accordo. Interessante è la radice ar che costituisce la base etimologica di alcune parole tra cui arte, l’espressione del creare (che pure ne conserva la desinenza): attitudine che, seppur con modalità diverse, appartiene a ogni individuo. Sembra dunque che gli esseri umani siano naturalmente inclini al ‘collegamento’, propensione che manifestano negli ambiti più svariati: dall’attaccamento madre-bambino, alle relazioni coi propri simili e la spinta a completarsi con l’altro sesso, al legame indissolubile tra mente e corpo, nel cui equilibrio risiede lo stato di salute fisica e mentale. Escludendo malattie causate da fattori prettamente esogeni, sul cui decorso pure incidono vissuti emozionali, il nuovo paradigma tende ad evidenziare gli aspetti prioritari della sfera psichica e i processi che si innescano per somatizzazione. Inoltre -per quel che conosciamo grazie all’antropologia, alla filosofia e alla storia delle religioni, relativamente a ciò che viene interpretato e vissuto come ‘spirito’-, la spinta al ricongiungimento si espande verso una connessione di respiro cosmico, ancor più intima e misterica. Essa può riferirsi a un’ideale quale ‘unità divina’ (origine e anelito di ogni forma e sostanza) o più genericamente a un concetto di ‘energia’, ‘archetipo primigenio’, ‘pensiero primario’, ‘io creativo’: qualunque sia la visione soggettiva o comunitaria, possiamo dire che la disposizione all’armonia sia ascrivibile alla sfera psico-spirituale, ultraterrena, trascendentale, quale dimensione prioritaria, ma mai disconnessa dal referente materico-corporeo. 9 Antropologicamente l’uomo, lontano da logiche esclusivamente razionalistiche, non opera i distinguo propri delle moderne categorie mentali con riferimento a concetti riguardanti gli ambiti materiali e immateriali. Un presupposto che tendenzialmente accomuna le culture originarie, agenti sulla spinta di pulsioni animiche1, comuni ad ogni latitudine. ‘Fonte Divina’ / ‘Pensiero Primario’ / ‘Io Creativo’: tante sono state dunque le modalità e le rappresentazioni concettuali messe in atto nell’intenzione di raggiungere l’armonia cui si anela. Religioni mono e politeistiche, culti estatici, rituali magico-religiosi, filosofie e movimenti spirituali, sciamanesimo, meditazione, ipnosi, utilizzo simbolico e al contempo fitoterapico delle piante medicinali e sacre: tutto ciò può talvolta sembrarci limitante, ridicolo, fuori luogo, anacronistico e persino (e realisticamente) violento nelle sue manifestazioni più estreme. Eppure, per quanto talvolta si faccia fatica a riconoscerlo, tutte le modalità considerate rispondono a una esigenza di collegamento, di appartenenza a ‘qualcosa’ o ‘qualcuno’ che garantisca sicurezza e protezione, nutrimento e calore, accoglienza e riconoscimento. In breve: a quell’inspiegabile desiderio di sentirsi amati, o al semplice bisogno di sentirsi/essere in salute. La paura e le difficoltà a conseguire lo stato di benessere e di creatività atta a raggiungerlo, per cui il corpo e tutto l’essere sono naturalmente predisposti, spinge gli uomini a ricercare a qualunque costo ciò che possa colmare le proprie innate pulsioni. Queste sono biologicamente2 riducibili ai bisogni degli organismi viventi di ossigeno, acqua e cibo, quindi all’esigenza di protezione e aggregazione. Nelle dinamiche evolutive tali impulsi hanno altresì proiettato connotazioni simboliche, legandosi indissolubilmente agli aspetti emozionali. È così che per nutrimento e sete si intende anche qualcosa che va oltre il cibo e l’acqua, il sentirsi soffocare può essere indipendente dalla salubrità dell’aria o una materiale stretta alla gola, mentre protezione e 1 Prendiamo a prestito l’espressione che lo scrittore cubano Alejo Carpentier utilizza quale presupposto per comprendere a fondo le culture religiose afro-cubane, utile anche per cogliere dinamiche delle tematiche trattate non sempre spiegabili in termini razionali. 2 Tutto ciò è verificabile sia sul piano filogenetico che su quello ontogenetico che ne riassume i processi di sviluppo. La crescita embriologica quale riflesso del comportamento degli organismi unicellulari costituisce un modello esemplare di unità, cooperazione, relazione. 10 aggregazione si legano a sensazioni quali accudimento, riconoscimento, accettazione, ecc.; del resto, il linguaggio che utilizziamo abbonda di metafore. Laddove esperienze benefiche a un percorso armonico risultino carenti, gli individui manifestano una propensione a ricorrere a spasmodici e pericolosi ‘surrogati’3, talvolta mortali per sé o per gli altri; o quanto meno alteranti equilibri psichici individuali e sociali. Il ventaglio è ampio e spazia da morbilità di ogni genere, a disturbi della personalità, a forme di dipendenza, con tutte le ricadute del caso a livello comunitario. Per ciò che concerne le dipendenze, siamo ormai a conoscenza della vastità del loro raggio di azione: dalle relazioni affettive al fanatismo religioso all’uso di sostanze stupefacenti, morbosità sessuali, ludopatie e simili. Qualunque sia l’ambito in cui si manifestano, esse condizionano in modo cruciale la vita del soggetto, l’ambito famigliare fino alla comunità di appartenenza. Spesso, quando carenze profonde, unitamente a problematiche economico-sociali, coinvolgano un gruppo più o meno allargato, ne viene condizionato l’intero sistema culturale, che tende a modificarsi al punto da giustificare e sostenere azioni più o meno malsane4, sviluppando modalità sempre più inadeguate alla vera essenza dell’individuo inteso nella sua unità di mente e corpo. L’esigenza di un nuovo umanesimo che apra a nuove prospettive esistenziali e pragmatiche si percepisce ormai da diversi decenni, divenendo ai nostri giorni più urgente che mai nell’ambito delle relazioni umane, in quello terapeutico, in quello politico-economico-sociale fino a quello scientifico e formativo. Sembrerebbe giunto il momento profetizzato da Claude Bernard5 in cui le diverse discipline, gli ambiti di ricerca e, in generale, gli esseri umani, dovrebbero unirsi ai fini di un grande progetto etico ed evolutivo. 3 Muci G., 2014 , pag. 15. Ciò appare con particolare evidenza nel campo del fanatismo religioso, dove atti brutali vengono giustificati dal gruppo di appartenenza con il fine ultimo dell’azione, in prospettiva di un ‘bene comune’ o di un sedicente ‘paradiso’; il fenomeno tende ad accrescersi soprattutto laddove conflitti all’interno del sistema di valori si accompagnino a problematiche di territorio, sociale ed economico. 5 Il contributo di Bernard (medico fisiologo, Saint-Julien 1813 - Parigi 1878) spazia dagli ambiti prettamente medici a quelli filosofici e persino letterari. Le sue riflessioni sono orientate a considerare l'ipotesi quale presupposto della sperimentazione. La possibilità di un riferimento teorico ad ampio spettro lo portò alla sintesi di una “fisiologia generale” atta a superare il riduzionismo morfologico, a favore di una funzionalità integrata. 4 11 L’apertura delle neuroscienze a nuove tematiche e la nascita della P.N.E.I. ha indubbiamente definito nuove frontiere del potenziale umano. Finalmente si riconosce l’esistenza di un dialogo tra i due massimi sistemi6, la continua comunicazione tra mente e corpo, data per certa dalla primigenia saggezza umana7. Per quanto riguarda il passato, non si può certo rigettare tutto ciò che abbiamo realizzato in secoli di filosofia e scienza; quest’ultima, non dimentichiamolo, plasmata dalla prima. Le vicende che si susseguono sono imprescindibili le une dalle altre, tutte fonte di conoscenza; tagliare o occultare pezzi del tempo trascorso è altrettanto negativo quanto restarne avvinghiati. Potrebbe però essere utile ripercorrere storia e metastoria, aprendo mente e cuore per una lettura profonda e significativa delle esperienze umane. E laddove il passato apparisse migliore del presente, i rimpianti rischierebbero di tenerci paralizzati; diverso è l’utilizzo della memoria che permette di andare alla radice di noi stessi, per comprendere qualcosa di più di ciò che qui e ora, e ancor più universalmente, ‘siamo’. Alla luce di una conoscenza che tenda sempre più verso una coscienza integrata, che allarghi l’orizzonte in universi ancora insondati, le nuove tecnologie, la scienza, la medicina, possono davvero mettersi al servizio dell’uomo e non il contrario. Ricordando il premio Nobel John Eccles, “affinché la medicina non diventi un insieme di dogmi, o peggio ancora, una superstizione, col pretesto del non è scientifico”8. 6 Il titolo dell’opera di Galileo Galilei rappresenta, ovviamente, un espediente metaforico. Il fine è quello di suggerire processi comunicativi tra due complessi di natura opposta (psiche e corpo), ma anche l’utilità dello scambio intellettuale: nella sfida tra i protagonisti, Sagredo e Simplicio, appare chiaro quanto il dialogo porti ad una interazione tra le parti. Lo stesso Simplicio, inizialmente asserragliato dietro le proprie convinzioni aristoteliche e geocentriche, capitola aprendosi a riflessioni meno ortodosse. Sono gli effetti del sincretismo: nell’incontro/scontro con i nostri simili, o, più semplicemente, nello scambio di ipotesi e opinioni, inevitabilmente si acquisiscono nuove informazioni. Per approfondimenti sui temi di sincretismo e transculturazione si vedano gli studi dell’antropologo cubano Fernando Ortiz riportati in bibliografia. 7 La letteratura etno-antropologica e quella filosofica-scientifica abbondano di ricerche che confermano l’omogeneità cosmologica delle culture antiche secondo la quale l’essere umano è intimamente connesso all’universo trascendente. 8 ll Premio Nobel fu assegnato al neurofisiologo canadese nel 1963 per gli studi sulle sinapsi a livello del sistema nervoso periferico. Interessante l’approccio filosofico che sostenne la dedizione alle sue ricerche basate sull’interazione mente-cervello e sulla teoria dei tre mondi di Karl Popper per la quale il terzo mondo (filosofia, teologia, scienza, ecc) sarebbe il risultato dei primi due (materia e stati di coscienza). 12 Relativamente al campo medico, accanto alla sacrosanta necessità di farmaci che salvano o migliorano la vita e di sperimentazioni scientifiche che osservino criteri rassicuranti, varrebbe la pena chiedersi anche cosa possa contribuire ad una cura sempre più efficace, quanto possa essere ampio e articolato il ventaglio delle diagnosi e delle terapie, e la necessità di una loro integrazione. Scopriamo ogni giorno di più che la guarigione è qualcosa di più complesso dell’assenza di malattia o di quanto possa intendersi in laboratorio; i meccanismi che intervengono al suo conseguimento non sono sempre misurabili, perlomeno non sempre con i metodi comunemente utilizzati. Nuovi approcci e nuove tecnologie non convenzionali stanno facendosi strada, creati sulla base di conoscenze di biofisica, biorisonanza e informatica, ma sempre fondati sulla visione olistica dell’essere umano. Accanto all’interpretazione dei dati, è fondamentale il recupero di capacità terapeutiche proprie dei medici del passato, quando uno sguardo, una frase o il semplice ‘tocco’ del paziente, rivelava e curava grazie all’intuito e all’empatia. Qualità innate che non solo gli specialisti ma tutti noi abbiamo un po’ perso per strada; virtù di cui le recenti ricerche neuroscientifiche dimostrano la rilevanza non solo in campo psichico ma anche in quello biologico, come attestano, tra tutti, gli studi di Giacomo Rizzolatti9. Innegabili i grandi progressi della medicina; rendiamo merito a quanti, medici e personale paramedico, lavorano in strutture sanitarie tra mille difficoltà e disagi. Allo stesso tempo, pensiamo a quanto di più potrebbero offrire avanzamenti scientifici e risorse umane qualora si aprissero le porte a nuove sperimentazioni, ipotesi (sulle quali Claude Bernard basava le proprie ricerche), intuizioni, approcci di aiuto e autoaiuto. Si tende a rigettare a priori tutto ciò che ‘non è scientifico’ includendo anche quanto meriterebbe una più attenta osservazione. In realtà, al tempo non erano ancora scientifici nemmeno i bagliori emessi dai sali di uranio rilevati dallo scienziato Antoine Henri Bequerel. Eppure, Marie Curie dedicò la sua tesi di dottorato e tutta la sua vita alle emissioni 9 Note le sue scoperte dei neuroni-specchio, base fisiologica dell’empatia, argomenti ai quali Rizzolatti ha dedicato anche opere a carattere divulgativo, al fine di poter estendere informazioni che non siano appannaggio esclusivo degli ‘addetti ai lavori’. 13 spontanee di alcuni elementi chimici, cominciando a bollire quintali di pechblenda. E che dire della tavola periodica degli elementi sognata da Mendeleev! Poi sarebbe auspicabile che le scelte mediche non poggiassero su interessi economici di livello incalcolabile, in grado di manipolare la nostra salute; ciò rende conto delle difficoltà al cambiamento qualora esso intacchi interessi economici di particolare livello, oltre che sistemi di credenze e poteri particolarmente consolidati. Un mutamento agisce tanto in profondità quanto più provenga da un nuovo modo di osservare la realtà e quanto più si rifletta con dedizione e flessibilità su ogni azione del vivere, ogni pensiero e ogni parola, con umiltà, perseveranza e disposizione a mettersi in discussione. Nel momento in cui la conoscenza mira verso la coscienza, i vecchi paradigmi cominciano a mostrare i loro limiti, mentre l’essere umano può aprirsi a nuove prospettive che gli consentano di compiere un cammino più adeguato ai propri bisogni. Purtroppo non sempre il mondo accademico ha reso disponibili le proprie risorse al fine di verificare ipotesi considerate scomode o poco attendibili, rivelatesi successivamente vincenti. La storia della scienza è piena di esempi: tra i tanti, ricordiamo gli ostacoli che la neuroscienziata Candace Pert, pur appartenendo al mondo accademico, ha dovuto affrontare al fine di mettere in atto le proprie intuizioni10. E quanto invece la sua perseveranza abbia aperto nuove conoscenze incidendo profondamente nel definire i processi bidirezionali in ottica psiconeurobiologica, a cui tanto ci stiamo dedicando. Soprattutto quando l’oggetto di conoscenza riguarda l’essere umano, il ricorso esclusivo a etichettature e catalogazioni utilizzate dalle singole discipline, nel chiuso delle proprie iper-specialità, risulta teoricamente riduttivo e umanamente svalutante. Se il corpo può prestarsi a talune misurazioni, ciò diventa impegnativo per la psiche, ancor più per ciò che le varie culture concepiscono come ‘spirito’11. E pensare che talvolta è proprio con quest’ultimo che si guariscono psiche e corpo. 10 Le scoperte di Candace Pert riguardano soprattutto la localizzazione dei recettori cellulari degli oppiacei e gli studi sul Peptide T come antivirale nell’HIV. 11 Per approfondimenti vedi Fabbro F., Neuroscienze e spiritualità, Casa Editrice Astrolabio, Roma 2014. 14 Si auspica che l’antropologia medica12 continui a dare contributi sostanziali tesi al miglioramento della vita, e che tutte le scienze convergano verso un approccio che miri alla guarigione intesa come stato di benessere, ma anche come forma di conoscenza e di maggiore coscienza. L’essere umano potrebbe così unire salute, apprendimento e autodeterminazione, diventare consapevole di aspetti del sé che può imparare a gestire quando cessa o è carente l’intervento terapeutico, ma soprattutto in sinergia con esso. 1.2 - Unità-separazione-collegamento Dopo aver soddisfatto i bisogni primari (fame, sete, necessità di proteggersi dalle fiere e dalle intemperie), l’uomo comincia a porsi le prime domande. Tra tutti gli esseri dei regni dei viventi egli ha infatti lo straordinario privilegio di chiedersi perché?, mettendo in moto dinamiche grazie alle quali l’individuo ha potuto utilizzare le potenzialità del proprio intelletto, non disgiunte dalla naturale inclinazione alla trascendenza, alla spiritualità in senso lato. Ciò ipotizzerebbe una visione unitaria dell’esistenza e del Creato, sia per quel che riguarda il visibile e materiale, sia per ciò che, seppur invisibile, appariva altrettanto e forse più determinante di quanto esperito esclusivamente attraverso i cinque sensi. Nascono così le culture che cominciano a diversificarsi per una soggettiva interpretazione della realtà, anche a causa dei condizionamenti climatici e geografici. Esse sono caratterizzate da visioni differenti ma con almeno un aspetto in comune: ‘sostanza’ ed ‘energia’, ‘materiale’ e ‘immateriale’, ‘spirito/mente’ e ‘corpo’ sono parti della stessa realtà, appartenenti alla stessa sfera conoscitiva. I processi storici ed evolutivi avrebbero portato nel corso dei secoli ad una progressiva separazione dei due ambiti. I tempi 12 L’antropologia medica ha fornito un sostanziale contributo nella proposta di nuovi modelli terapeutici a partire dal rapporto medico-paziente. Ciò poggia sulle basi di una riconsiderazione relazionale tra gli ambiti biologici e quelli culturali, che nell’ambito terapeutico possono tradursi in termini di psiche/cervello, mente-corpo. Per ulteriori approfondimenti si vedano i lavori prodotti nell’ambito della SIAM (Società Italiana di Antropologia Medica, www.antropologiamedica.it) che vede in Tullio Seppilli il suo fondatore e attuale Presidente. 15 sarebbero stati quindi maturi affinché il filosofo Descartes identificasse la coscienza unicamente con le facoltà mentali, operando una cruciale separazione tra mente13 e corpo. Al filosofo è stato probabilmente attribuito un eccesso di responsabilità sulla questione: le sue riflessioni potrebbero esser riviste alla luce di nuove considerazioni. Egli potrebbe essere stato indotto dell'esigenza di chiarire i due ambiti (res cogitans e res extensa, culturalmente entrati un po' in confusione), forse ignorando l’uso inappropriato che ne sarebbe stato fatto nei secoli successivi a causa di strumentalizzazioni in ambito scientifico e religioso. Chissà, Cartesio potrebbe aver operato la storica scissione allo scopo di una ridefinizione concettuale dei due termini; l'umanità avrebbe potuto ricomporre il quadro in una fase più matura. A ben vedere, la questione Cartesiana sembrerebbe richiamare taluni risvolti positivi riguardo una transitoria separazione mente-corpo: è il caso di particolari passaggi nelle trances mistiche, in quelle sciamaniche, in modalità meditative e ipnotiche, in cui gli esseri umani fanno esperienza della psiche e della coscienza del corpo proprio grazie a processi dissociativi; la successiva reintegrazione ne beneficerà senz’altro. Richiamando degli esempi clinici14, tecniche ipnotiche vengono utilizzate persino in sala operatoria (oltre che in ambito psicoterapeutico), in pazienti che non sopravvivrebbero all'anestesia durante l’intervento chirurgico. La persona viene invitata ad 'abbandonarsi' ad un flusso di totale armonia: il ricorso dissociativo consente di neutralizzare il dolore e la paura dell’intervento, facilitando una diversa percezione. Il 'ricongiungimento armonico’ delle due res, apre al paziente non solo la prospettiva della guarigione in senso stretto, ma anche l’acquisizione di nuova consapevolezza circa le proprie possibilità e la capacità di essere in qualche modo un po’ più padrone della propria vita. Tornando al nostro filosofo, certo siamo ancora ben lontani dalla consapevolezza del ruolo delle emozioni, l’“inforegno” (come le definisce 13 Il concetto di mente nasce proprio nel XVII secolo col pensatore francese che separa l’uomo in corpo (res extensa) e mente come sede del pensiero (res cogitans). È un momento cruciale che avrà conseguenze fondamentali, sulla base filosofica di una nuova visione dell’esistenza. Il corpo (e quindi tutta la materia) ha una ruolo e una struttura polifunzionale, mentre la mente, e in genere il pensiero, rappresenta quanto di immateriale e astratto; esse, quindi , sono entità separate, lungi dal poter interagire. 14 Alcuni ospedali italiani hanno infatti ammesso l’ipnosi nella pratica clinica. Ricordiamo l’opera del Dott. Danilo Sirigu, dell’Azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari. 16 la Pert) tra mente e corpo; ma c’è da riflettere circa il termine ‘razionalista’ attribuita a Cartesio, col suo parlarci di anima e di una ghiandola (quella pineale) quale sede di essa15. E che dire del fatto che, per arrivare ad una presunta verità, il filosofo sosteneva di dover partire dall'intuito. Per non parlare del penso dunque sono, vago e suggestivo riecheggiare dell'Io Sono. Oltre quelle che possiamo individuare quali esigenze squisitamente filosofiche oppure rozzamente utilitaristiche, varrebbe la pena domandarsi come mai si sia verificata tale progressiva separazione per poi ritrovarci lentamente a ricucire, riparare, ripristinare, una concezione unitaria (inerente tanto il micro quanto il macro-cosmo), grazie a un processo iniziato quasi un secolo fa. Il dibattito sull’alternanza di mistero e rivelazione che caratterizza l’umana esistenza sarebbe davvero complesso. Forse il tema che stiamo trattando ha stimolato l’umanità a nuove esperienze, a viaggiare al di fuori del conosciuto, affinché il ‘ritorno’ alla consapevolezza delle origini si realizzasse nel migliore dei modi; un utilizzo più conscio e responsabile del libero arbitrio, dell’autodeterminazione. Potremmo allora concepire una prima fase in cui gli esseri umani hanno attraversato un tempo edenico, un mondo adamitico in cui ciò di cui si godeva era scontato, uno stato di coscienza limitato, in-consapevole, come in un sogno costante, una eterna infanzia. Analogamente al vissuto di ogni singolo uomo, è solo attraverso un sano distacco dalle figure genitoriali e tutoriali che si apprende a ‘camminare’, a esercitare le proprie scelte: in breve, a diventare adulti. Quanti di noi hanno dovuto separarsi dalla propria casa, dalla propria famiglia, da tutto ciò che amano, per comprendere, spesso in solitudine, ‘chi sono’ e il vero valore di ciò che li circonda? Sembrerebbe esserci una curiosa corrispondenza tra il vissuto di ogni individuo, quello dell’umanità e l’acquisizione del discernimento attraverso una serie di esperienze che corrispondono ai molteplici stati di coscienza, escludendo il ricorso a sostanze psicotrope o eccessi di vario 15 L’epifisi ha affascinato studiosi di ogni epoca e disciplina. La sua etimologia rimanda a qualcosa che ‘sta sopra’, assurgendo a una funzione elevata Del resto, la melatonina, uno dei principali prodotti della ghiandola, è legata al picco notturno, momento in cui si accede ad una realtà trascendente al quotidiano, nella psiche profonda, nel mondo dei sogni e degli archetipi. Un ruolo assai diverso da quello dell’ipofisi che, pur influendo nei ritmi circadiani e a livello psichico, regola gli aspetti più quotidiani e consci dell’esistenza. 17 genere. Forse è stato necessario vivere nella separazione per comprendere coscientemente il valore dell’unità. Forse sono proprio queste le condizioni che permettono di intraprendere il metaforico ‘viaggio di ritorno’ verso l’origine, il collegamento, l’armonia. Ce lo insegna il sommo poeta Dante Alighieri, il quale, passando dalla ‘selva oscura’, attraversa le tre cantiche, ricongiungendosi alla propria origine, scorgendo la sorprendente e inaspettata verità che straordinariamente si rivela ai suoi occhi e al suo sentire: Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.16 1.3 - La coscienza e i suoi stati Non è semplice definire la coscienza17: nel corso del tempo approcci medici e psicoanalitici l’hanno localizzata in svariate aree cerebrali. Oggi sappiamo che essa è diffusa a vari livelli psichici e corporei: oltre gli aspetti razionali, la sua essenza si sperimenta attraverso una molteplicità di stati 16 Le terzine sono tratte dagli ultimi versi del Paradiso, quando il viaggio sta per concludersi. Dante, finalmente raggiunta la sua meta, resta abbagliato dalla luce di Dio e, con una facoltà che non sa spiegare, contempla i tre cerchi che rappresentano la Trinità…. Il suo stupore accresce nel vedere riflesso in quella circulazion, il cerchio che rappresenta il Figlio, l’effige umana e il suo stesso volto: è il mistero dell’incarnazione di Cristo nella sua natura terrena e divina, e della nostra che è del suo colore stesso (cioè della stessa sostanza). E scopre che ciò che governa l’universo sia fisico che spirituale è l’Amore, spirato dal cerchio che parea foco (lo Spirito Santo). 17 Le culture antiche tendenzialmente non separavano mente e corpo. Al contrario, era molto diffusa l'idea che l'uomo avesse tre funzioni relativamente indipendenti chiamate "centro intellettivo" (sito nell’encefalo), "centro motore-istintivo" (nella parte terminale della colonna vertebrale, zona coccigea, dove l’animale-uomo aveva la coda) e "centro emozionale" (nella zona del 3° chakra o plesso solare, zona dei gangli dei sistemi simpatico e parasimpatico). Il termine "coscienza" designava l’interiore sintonia tra i tre centri (sapere insieme) attraverso la quale l’uomo poteva elevarsi. Ovviamente oggi con il termine coscienza intendiamo qualcosa di ancora più esteso che per sua stessa natura è soggetta ad una sempre maggiore espansione. 18 ‘non ordinari’: grazie ad essi si può accedere ad una percezione più ‘intimamente espansa’, in cui il sé e l’altro da sé sono fortemente connessi, come pure pensieri, sensazioni, organi, cellule. Ad una progressiva connessione della diade mente-corpo corrisponderebbe uno stato sempre più armonico e sempre più cosciente. Esulando dalla pretesa di compiere cammini di perfezione e scelte mistiche estreme (le quali tenderebbero, tra l’altro, a trascendere la materia), antichi e moderni approcci di aiuto e auto-aiuto stanno dimostrando una significativa efficacia anche nell’ambito clinico. Essi si ispirano a pratiche meditative, ipnotiche, contemplative, volte ad una sempre maggiore capacità di percezione corporea e degli aspetti più profondi e impalpabili dell’essere, in virtù di un loro collegamento. Innanzitutto preme chiarire che gli stati di coscienza solo fino a pochi anni fa definiti ‘alterati’, (possessioni rituali, trances mistiche e sciamaniche, ipnosi, ecc.) non dovrebbero più essere considerati tali18, bensì modalità di intendere e gestire l’unità mente-corpo al fine di eludere stati patologici gravi (soprattutto di pertinenza psichiatrica), recuperare la salute psico-fisica, o semplicemente per acquisire maggiore consapevolezza e chiarezza mentale. Vediamo dunque come le culture antiche abbiano sempre agito in modo tale da mantenere un contatto con ogni parte del proprio sé, e tra questo con qualcosa al di fuori, interpretato di volta in volta con sfumature diverse, ma tutte riconducibili ad una visione esistenziale unitaria. Probabilmente era necessario attraversare l’intera storia umana, dalla notte dei tempi fino a oggi, fruire di passati insegnamenti, nuove intuizioni e scoperte scientifiche, per poter riformulare il senso dell’unione attraverso modalità che ampliassero i livelli di percezione. E comprendere a fondo il significato di un tempo non ordinario accanto a quello organizzato e organizzabile, e cosa significhi vivere/sentirsi separati dal grande ‘abbraccio cosmico’, che in mancanza di una via spirituale definita 18 L’antropologia medica e l’etnopsichiatria hanno chiarito la differenza tra sindrome psichiatrica e rituale mistico: quest’ultimo, sullo sfondo di un orizzonte mitico di riferimento, costituisca l’espediente terapeutico quale risposta efficace alle problematiche esistenziali, proprio per evitare che esse conducano l’individuo verso la patologia. Si comprende dunque la funzione sociale dello psichismo nelle varie culture. Cfr. Piero Coppo, Guaritori di follia. Storie dell’altopiano Dogon, Bollati Boringheri, Torino 2007. 19 può identificarsi semplicemente con l’etica, la compassione, l’empatia, la solidarietà, l’umanità, l’amore. E quanto il ‘sentirsi separati’, immersi in una solitudine esistenziale, possa influire sul benessere e persino sulla salute. Etimologicamente il termine ‘coscienza’ deriva dal latino cum-scire (sapere insieme), volto evidentemente ad indicare la consapevolezza dell’universo dentro e fuori di sé con cui ogni individuo è in rapporto. Il suffisso cum sembrerebbe sottolineare una relazione imprescindibile con se stessi o una alterità, sia essa umana, animale, vegetale, materiale, spirituale o inanimata, grazie alla quale la soggettività si delinea, si definisce, prende corpo. Difficile immaginare di potersi relazionare con qualcosa o qualcuno che a sua volta non possieda una qualche coscienza, o perlomeno una intrinseca essenza. Le piante hanno sicuramente un apparato nervoso differente da quello umano, eppure sembrano crescere in modo più rigoglioso e produrre maggiore quantità di frutti, pur senza l’utilizzo di fitofarmaci, se trattate con garbo o esposte a determinate frequenze musicali19. Nel campo della materia inanimata, controversa è ancora la questione volta a mettere in evidenza la differenza sostanziale fra cristalli di acqua ‘informata’ con parole quali ‘amore’ e ‘gratitudine’ oppure ‘odio’ e ‘guerra’. Se tali tematiche affrontate giapponese Masaru Emoto sono state considerate pseudo-scientifiche, interessanti ricerche sulla capacità informazionale dell’acqua risultano congruamente articolate in un’ampia bibliografia, grazie agli studi del fisico italiano Emilio del Giudice20 ed altri. Immaginiamo allora cosa potrebbe accadere nel corpo umano, formato più o meno dal 70% di acqua, semplicemente modificando in modo consapevole il linguaggio! Siamo portati a sorridere di fronte a simile ipotesi finché ufficialmente saranno considerate bizzarre: ricordiamo però che solo qualche decennio fa anche le pratiche meditative, di cui oggi si riconosce l’efficacia, suscitavano atteggiamenti di scherno. 19 Due filoni di ricerca si stanno occupando di un progetto denominato “Biosonorità” del viticoltore Carlo Cignozzi, nella Val D’Orcia: l’Università di Firenze analizza gli effetti biochimici e fisiologici delle viti soggette a stress sonoro; l’Ateneo di Pisa misura la crescita delle piante esposte alle frequenze della musica di Mozart, rilevando una maggiore rigogliosità insieme a una significativa resistenza verso attacchi parassitari, rispetto a piante non esposte alle sinfonie mozartiane. 20 Significative le sue collaborazioni col collega Giuliano Preparata e Luc Montagner, medico virologo dell’Istituto Pasteur di Parigi, noto per la scoperta del virus dell’HIV, Nobel per la medicina nel 2008. 20 Fortunatamente, menti aperte le hanno accolte prima ancora della loro validazione. Abbiamo toccato questioni apparentemente lontane dal tema del paragrafo semplicemente per sottolineare quanto la coscienza sia ancora lontana dal trovare una qualche precisa definizione. Allo stesso tempo non si può prescindere da essa nella formulazione di nuovi modelli di cura integrata. Il ‘sapere insieme’ andrebbe allora inteso quale intento che sappia unire le scoperte scientifiche alla coralità delle discipline e delle esperienze umane, anche quando esse sono difficilmente catalogabili; sembrerebbe la sfida di questo millennio. 1.4 - Dalla coscienza dell’Essere a quella cellulare e atomica: l’energia nella materia Per quanto l’attenzione del presente lavoro verterà sugli aspetti psicobiologici, dedichiamo poche righe ad alcune riflessioni generali che fanno da sfondo ad un nuovo modo di osservare la realtà, affacciandoci con una certa cautela alle scoperte della fisica teorica che hanno integrato l’universo newtoniano. Chiamare in causa esclusivamente il mondo quantico, soprattutto sulla scia di tendenze modaiole, risulterebbe superficiale e riduttivo. D’altro canto, ignorare l’evidenza dell’universo subatomico ci riporterebbe nel vecchio paradigma. Il discernimento su ciò che può davvero farci evolvere come esseri umani si rende indispensabile alla luce di un contesto in cui nuovi approcci di cura integrata possano essere ulteriormente arricchiti. Per l’affermarsi di un’idea di ‘coscienza atomica’, avremmo dovuto attendere gli anni 20 del 1900. La scoperta degli aspetti energetici e luminosi dell’elettrone ha segnato, almeno indicativamente, l’inizio di un nuovo modo di interpretare la realtà. Le grandi scoperte della fisica quantistica hanno aperto nuovi scenari circa le domande ai nostri continui perché? coinvolgendo non solo gli ambiti scientifici ma anche quelli 21 psicoanalitici, filosofici e letterari21. L’atomo, piccola particella di materia, era considerato indivisibile fino a quando non si è scoperta la realtà dell’universo subatomico. Così che gli scienziati del tempo, indagando alcune sue componenti indivisibili, tra cui l’elettrone, si trovarono di fronte a qualcosa che li avrebbe profondamente stupiti: assenza di materia, il nulla e il tutto, energia, luce. Qualcosa di simile a quella che Edison aveva realizzato artificialmente, che gli uomini preistorici avevano imparato a provocare attraverso il fuoco, scoperto per caso, o forse ispirati dal sole, per lungo tempo unica fonte di calore e luce. L’aspetto curioso è che l’elettrone presentava onde d’interferenza in determinate condizioni, solitamente in mancanza di un soggetto osservante, mentre assumeva la qualità di piccola particella in presenza di un testimone. Una sorta di comunicazione tra l’onda/particella e l’osservatore, insomma. Estendendo tali considerazioni agli aspetti psichici, potremmo desumere che l’individuo abbia potenzialmente la capacità di modellare alcune realtà che lo circondano. Lungi dall’ingenua pretesa di trasformare il vile metallo in oro, appare ormai assodato che riequilibrando la psiche si incide positivamente sulla materia corporea. Stiamo semplicemente ribadendo la relazione mente-corpo, in cui la qualità dei pensieri modifica la salute: automaticamente ciò ha ricaduta nelle relazioni e, in genere, in un nuovo modo di osservare le cose. La plasticità del cervello è strettamente legata a tali dinamiche: si accorciano sempre più i confini in cui essa era relegata agli albori delle neuroscienze. Lo psichiatra Norman Doidge22 ha dimostrato risultati clinici interessanti relativamente alla neuromalleabilità anche in individui adulti affetti da svariate patologie. Il mondo subatomico, così come ci viene illustrato dagli scienziati di fisica teorica, sembrerebbe riflettere in qualche modo quella ricerca armonica a cui l’essere umano sembra protendere. Quello stesso mondo compone l’atomo, base di ogni manifestazione visibile: cellule, organi, individui, società. E potremmo continuare fino agli elementi dell’universo 21 L’arte letteraria dello scrittore argentino Jorge Luis Borges risente sicuramente delle nuove scoperte della fisica a partire dagli anni ’20. Tra le tante opere in cui traspare questo nuovo modo di osservare la realtà, ricordiamo quelle forse più rappresentative, La biblioteca di babele e l’Aleph. 22 Norman Doidge, Il cervello infinito, Adriano Salani Editore, Milano 2014. 22 cosmico quali stelle e pianeti, in una sorta di infinita riproduzione olografica23 in cui microcosmo e macrocosmo si riflettono e si richiamano. Nell’attesa che si consolidi un nuovo paradigma più adeguato ai bisogni attuali, come esseri umani potremmo ampliare la qualità della nostra osservazione. Ricerca delle radici umane e spirituali, individuazione, riconoscimento e superamento di modelli di pensiero particolarmente condizionanti, nel rispetto della sacralità dei tempi individuali e collettivi, scioglimento dei blocchi della sfera psico-affettiva, creazione di spazi fisici e mentali dediti alla contemplazione e alla creatività: tanti sono i modi che permettono di modificare la visione della realtà intorno a noi, preparandoci a nuove possibilità e nuovi stili di vita. 1.5 –Tecniche del corpo e stati di coscienza In Antropologia, per tecniche del corpo si intendono una serie di pratiche (trances e possessioni rituali, ecc) e condizioni (quali ad esempio estasi e ipnosi spontanee, attività onirica) cui corrispondono stati di coscienza diversi da quello ordinario-razionale; in tali fasi i parametri fisiologici e biochimici si modificano sensibilmente. Gli stati di coscienza (cui si aggiungono esperienze di preghiera, meditazione, ipnosi indotta e pratiche moderne), fino a un recente passato considerati ‘alterati’, hanno inciso sulla sopravvivenza umana quanto le risposte biologiche dell’attacca o fuggi. La percezione di un ‘sé’ oltre quello corporeo, ma strettamente collegato ad esso, ha consentito agli individui di mettere in atto meccanismi di autoguarigione, o di superare una moltitudine di stati d’animo quali rabbia, vergogna, angoscia, melancolia, prostrazione, che, se protratti nel tempo, minano l’esistenza quanto i pericoli materiali. La differenza potrebbe risiedere nel fatto che questi ultimi sono relativi ad un dato momento e tendono a ledere direttamente l’integrità fisica; i primi, 23 All’ipotesi di una realtà olografica erano dedicati, contemporaneamente e su fronti diversi, il fisico Niels Bohr e il medico Karl Pribram. L’incontro tra i due scienziati corroborò la ricerca nei due ambiti nella proposta di un modello omogeneo (Cfr. II capitolo). 23 invece, agiscono a livello psichico in modo più o meno costante, incidendo indirettamente ma significativamente sul piano corporeo. Si ribadisce che le diverse culture hanno sviluppato proprie modalità, atte a giungere alla percezione profonda di un ‘io’ intimamente connesso con l’universo della trascendenza. Sistemi grazie ai quali l’uomo risolve i problemi del vivere quotidiano, mentre consolida sempre più il proprio legame con la divinità o con una dimensione che regola e dà senso a nascita, morte, e tutto ciò che di visibile e invisibile lo circonda. Nell’ambito delle pratiche filosofico-religiose, indubbiamente l’antica arte della meditazione rappresenta ancora oggi una modalità altamente efficace ai fini della ricerca di una sana relazione mente-corpo, coi risvolti psico-fisici che ne derivano, come sempre più dimostrano studi scientifici di livello internazionale. L’uomo sembrerebbe, anche in questo caso, aver seguito un istinto naturale al fine di garantirsi salute ed equilibrio24. . La duttilità della meditazione emerge nel suo essere strumento universale, valido in ogni tempo e indipendentemente da appartenenze filosofiche o religiose, efficace oggi come migliaia di anni fa. Le varie modalità rivelano esiti incoraggianti. Dalle tecniche meditative più antiche ad altre messe a punto su quei modelli, adeguate a nuove esigenze culturali (la mindfulness25 tra queste), tutte sembrano mirare verso ciò che Alexander Lowen definisce ‘forza spirituale della salute’26. Lo stato contemplativo può essere esperito di per sé con sorprendenti effetti in quanto a rilassamento e concentrazione; oppure modellato su una particolare tematica, consentendo di apprendere modelli mentali più adeguati e nuove esperienze affettive. Come già affermato, la variante ipnotica è applicata sempre più nell’ambito clinico27 con incoraggianti risultati. Qualunque sia la tipologia utilizzata, di norma si invita a evitare l’atteggiamento critico e giudicante dando maggior spazio ad un ‘lasciar scorrere’. Difficile spiegare la qualità di questo ‘fluire’, 24 Sull’argomento rimandiamo agli studi di Francesco Bottaccioli che mettono in luce le significative omogeneità dei presupposti teorici e delle finalità pratiche tanto nella matrice cinese quanto in quella della Grecia classica (Bottaccioli F., 2010). 25 Madhav G. et al., Meditation Programs for Psychological Stress and Well-being, Jama Internal Medicine2014;174(3):357-368. 26 Lowen A., 1991, pag 7. 27 Vedi nota 14. 24 proprio perché esso trascende logiche razionali, rendendo modi e stili di vita più adeguati alle esigenze del corpo, della psiche e dello spirito. Le diverse esperienze che possono raggiungersi attraverso le pratiche meditative e ipnotiche rappresentano altrettanti stati di coscienza utili per gli innumerevoli benefici in termini P.N.E.I. e una generale acquisizione di consapevolezza. La stessa che diventa fondamentale per un nuovo paradigma umanistico ancor prima che terapeutico. 1.6 - Radici umane e origini eteree: il vettore simbolico nella realtà bidimensionale L’esigenza di un cambiamento nella nostra epoca rivela sempre più la necessità di un recupero di qualcosa di antico ed essenziale accanto a nuovi linguaggi, nuove riflessioni, nuove certezze. Il ponte tra passato e presente risulta inevitabile per la creazione di una realtà paradigmatica più consona ai bisogni dei protagonisti del terzo millennio. L’espressione di Bert Hellinger28 Senza radici non si vola ricorda come, per poter superare stili desueti e accedere a fasi più evolute, il tema delle radici diventa imprescindibile. La suggestiva allegoria dell’albero si presta egregiamente: tanto più le sue radici sono forti e profonde, tanta più acqua e sali può attingere dal basso, cioè dalla terra, perché si compia, grazie alla luce solare proveniente dall’alto, il miracolo della fotosintesi clorofilliana. Restando nell’ambito della simbologia botanica, se facessimo un disegno stilizzato della pianta (riducendo alla sua essenza l’oggetto della nostra osservazione) vedremmo che l’immagine potrebbe essere capovolta senza quasi modificarne la forma. Le parti inferiori, che prima penetravano il terreno, prenderebbero allora il posto delle fronde, irrorandosi di luce e calore, mentre i rami, precedentemente protesi verso l’alto, andrebbero a nutrirsi di acqua e minerali. Una metafora secondo la quale le parti più 28 Lo psicologo tedesco espose nel 1980 teorie e metodologie delle Costellazioni familiari e sistemiche, una rappresentazione nella quale possono essere rintracciati i “grovigli” portanti del sistema-famiglia relativamente a tematiche che condizionano l’esistenza. 25 materiche e scure celano un anelito energetico e luminoso, mentre quelle più eteree racchiudono potenziale sostanza e riflesso di un universo ctonio; la simbologia cinese sintetizza tale concetto nell’antica rappresentazione del tau. Volenti o nolenti facciamo parte di questo affascinante universo simbolico, collegamento tra corporeo e immateriale, anelli di una catena materica e psichica, terrena e cosmica, la cui qualità risiede nell’interdipendenza di ogni elemento, ognuno con le proprie qualità di adattamento ed evoluzione. Indagare storia e metastoria porta a scoprire le radici umane al contempo di quelle psico-spirituali: lo stato delle une ha riflessi sulle altre. In questo senso gli individui rappresentano una realtà bidimensionale che la scienza non può più ignorare, pena l’evoluzione, il benessere, la salute. Mentre siamo abituati a guarigioni fisiche che spesso stimolano gli individui ad interrogarsi sul reale senso della vita e acquisire maggiore consapevolezza, si fa ancora fatica a credere che riequilibrando il piano etereo si possa incidere anche su quello fisico. Eppure sono tanti i casi ‘inspiegabili’ di guarigione al di fuori di protocolli standard. Forse prima o poi diverrà un dato di fatto: armonizzando le basi psico-spirituali, anche quelle fisiche diventano più sane e rigogliose, agevolando lo stato di salute fisica e mentale. Le terapie farmacologiche sono fondamentali: ma non è più un mistero il fatto che, se all’inevitabile carico allostatico rispondiamo con stili di vita, sani piaceri, amorevolezza, condivisione, gioia, contemplazione, creatività, anche la biochimica del corpo risponderà di conseguenza. Se è vero che senza le proprie radici umane non si vola, nella trascuratezza di quelle psico-spirituali è difficile tenere i piedi per terra, modellare la propria materia. Ci muoviamo con una certa sicurezza nei meandri della sostanza fisica, perlomeno in ciò che di essa conosciamo; le cose si complicano quando si valica il confine verso quanto non è così facilmente misurabile, soprattutto con riferimento a ciò che le culture hanno cercato di identificare come ‘spirito’. Eppure, tutte le realtà etnologiche interpretano e organizzano le basi sociali su una realtà trascendente. Persino quelle considerate ‘avanzate’ hanno conosciuto una notevole espansione sui fondamenti di un pensiero cosmogonico. Così è stato per le più note 26 civiltà: egiziana, babilonese, sumera, fenicia, cinese, amerindia, fino alla Grecia classica con l’innatismo platonico, fonte di ispirazione degli archetipi junghiani. Il filosofo greco relegava in un luogo celeste le idee di tutte le cose, ovvero quei modelli originari o ‘Urbilden’, ritenuti più reali delle cose stesse29. Successivamente, Plotino e il neoplatonismo avrebbero interpretato la realtà delle cose come proiezioni dell’archetipo primigenio, il noûs, il divino. 1.7 - I 5 sensi: percezione fisica, simbolica ed emotiva Se la simbologia costituisce il collegamento, il letto del fiume che unisce realtà materiale e immateriale, le emozioni sono il fiume stesso, l’elemento che veicola messaggi, in un ciclo vitale ininterrotto. Esse hanno la capacità di modificare profondamente la qualità della vita, non solo perché incidono sullo stato d'animo (e non sarebbe poco) ma anche perché intervengono nella fisiologia e nella biochimica del corpo. Rappresentano l’informazione che innesca i processi neurobiologici con ricaduta in termini di benessere/malessere, salute/malattia, fissando l'esperienza in memoria, tanto a livello psichico quanto cellulare. A loro volta, i 5 sensi costituiscono i canali fisici sui quali viaggiano le emozioni; una sorta di realtà specchiata nella quale fisiologia e metafora si fondono dando luogo ad una percezione integrata. Grazie agli occhi vediamo forme e colori, figure statiche o in movimento; attraverso l’osservazione interiore abbiamo la capacità di visualizzare e ‘guardare oltre’. Attraverso le orecchie siamo in grado di percepire suoni e rumori provenienti dall’ambiente che ci circonda; ma l’orecchio interiore permette l’ascolto profondo. Per mezzo delle narici ci inebriamo quando aromi che amiamo si innalzano attraverso esse, oppure proviamo sensazioni sgradevoli in presenza di 29 Galimberti U., 2011, pag. 96. Ricordiamo il termine archétipoi formulato da Filone Ebreo. 27 odori malevoli; ma siamo anche in grado di riconoscere istintivamente qualcosa che ‘puzza di inganno’ o che, al contrario, ‘odora di verità’. Il gusto permette di godere del cibo che ci nutre, dei doni della terra (nella Bibbia, i 7 doni dello Spirito Santo), di percepirne il sapore; a tal proposito il gusto è emblematicamente il senso che maggiormente chiarisce l’idea di conoscenza poiché ‘sapere’ deriva proprio da ‘sapore’, e l’ingestione e l’assimilazione che ne consegue. Il cibo è un’esigenza primaria, biologicamente legata al cervello antico, il tronco encefalico, dove si localizza la sopravvivenza materiale e simbolica. Alcuni studi in merito focalizzano il significato del ‘boccone’, che metaforicamente può essere ‘amaro’, ‘indigesto’, ecc., non solo, quindi, in relazione a ciò che materialmente viene ingerito. Il tatto distingue caldo/freddo, duro/morbido, liquido/solido e così via, come pure un abbraccio da una violenza; la pelle stabilisce i confini e i rapporti fra il nostro spazio sacro e quello altrui, relazioni, dipendenze e autonomie. 1.8 - Emozioni e sistema nervoso centrale; antropologia e fisiologia della paura Per definire l’emozione si deve necessariamente utilizzare un costrutto articolato, poiché essa investe e correla più aspetti dell’essere; è un’esperienza essenzialmente inerente il ramo psico-affettivo, che traduce sul piano fisico pensiero e percezione sensoriale. Il coinvolgimento corporeo è tale da poterne delineare una biologia e una fisiologia. Si può dire che le emozioni siano imprescindibili quasi da ogni forma di vita, almeno per ciò che concerne quelle più complesse. In passato si pensava caratterizzassero solo il regno umano, mentre si è visto chiaramente come esse accompagnino anche la vita animale e quella delle piante. Sono fondamentalmente correlate a meccanismi biologici di risposta quali output di segnali che su impulso del pensiero e della percezione sensoriale arrivano al sistema nervoso; a loro volta, tali output generano nuovi 28 meccanismi psichici e biologici in continua interazione. Soffermiamoci ora sulle dinamiche della più antica e cruciale delle emozioni, quella che spesso condiziona negativamente l’esistenza ma che ha la funzione di salvare la vita qualora agisca contestualmente: la paura. Tante sono le sfumature legate a tale vissuto: macroscopicamente operiamo una distinzione tra paure ‘salva-vita’ e altre più articolate. Le prime sono quelle dell’attacca, nasconditi o fuggi, risposte biologiche di sopravvivenza, un istinto innato. Erri de Luca, in una interessante intervista televisiva, affrontava per l’appunto questo tema, indicando le paure di cui parliamo in quelle che si presentano una alla volta. Lo scrittore ricorreva all’esempio della necessità di risolvere un problema vitale nell’atto di scalare una montagna: in casi come questo solo l’istinto è in grado di metterci in salvo, il ragionamento o il coinvolgimento di altre paure sottrarrebbe tempo prezioso. Le seconde agiscono in ogni momento della quotidianità, spesso originate dalle prime, qualora queste segnino l’individuo con un trauma che non venga in qualche modo elaborato. Sono condizionate da credenze culturali che tendono a cristallizzarle: modelli che spesso divengono fonte di ulteriore paura. Spesso, sopraggiunte quale reazione a eventi cruciali, ricalcano schemi metaforici di quelle istintive (ad esempio, qualcosa che viene recepito come un pericolo per la vita), a seconda del vissuto personale; in qualche modo tutte si agganciano e sfumano le une nelle altre, al punto da non comprendere più di cosa abbiamo veramente paura. Di alcune siamo consapevoli, altre albergano nel nostro inconscio. Solitamente hanno la caratteristica di evolvere verso risposte reattive di sopravvivenza che sfociano in rabbia, risentimento, rancore, collera, vergogna, rifiuto, tristezza ecc. Il tema è un argomento davvero complesso; ne riconosciamo la funzione salva-vita relativamente ad un contesto naturale o sociale. Purtroppo il più delle volte conviviamo con paure che non hanno più alcuna ragion d’essere. Al fine di contenere gli esiti di questo sentito, qualora esso condizioni in modo significativo l’esistenza, molte sono le pratiche e gli approcci di cui disponiamo. Particolare efficacia dimostrano modalità di intervento che tengano conto della interazione tra il portato culturale (sistemi di credenze, linguaggio), relazionale e, ovviamente 29 emozionale. Il pensiero positivo fine a se stesso non è sempre sufficiente; se da un lato può aiutare e invitare ad osservare la realtà secondo una diversa prospettiva, dall’altro tende a trascurare la causa scatenante della paura. Ricordiamo che questa nasce come risposta intelligente volta a proteggere anche in ambito psico-affettivo, cosi come intelligenti sono le risposte dell’attacca, nasconditi o fuggi quando nel bel mezzo di una foresta siamo aggrediti da un leone affamato. Diverso è il suo protrarsi oltre un’utilità contingente, sia essa materiale o esistenziale. Oggi come oggi raramente ci si ritrova a tu per tu con un grosso felino in cerca di cibo; è più probabile che la ‘bestia’ vesta i panni di una autorità che temiamo possa fagocitarci. Eppure, il nostro organismo reagirà nello stesso identico modo: attaccherà qualora abbia a disposizione espedienti psichici e culturali adeguati, oppure resterà paralizzato o si mimetizzerà, oppure scapperà via da ciò che viene percepito come pericolo, con le conseguenze biochimiche e fisiologiche del caso. Il pericolo maggiore, dunque, non starebbe tanto nella paura quanto nell’ignorarne la funzione: diventarne consapevoli con adeguate modalità può aiutare a relativizzarla elaborandone il portato emotivo, mettendoci nella migliore delle condizioni per affrontare la vita nei suoi molteplici aspetti. Al di fuori della sfera razionale non siamo in grado di distinguere se quando ci trema la terra sotto i piedi stia avvenendo, di fatto, un cataclisma o qualcosa di non materiale ma di altrettanto minaccioso. E quanto nella paura concorre qualcosa che va oltre ciò che si è realmente vissuto? Quanto, di tutto ciò che angoscia, appartiene al mondo degli archetipi innati, a una memoria collettiva formatasi nel corso di un tempo immemore che abbiamo segnata nel DNA e nell’anima? Quanto il morso di un serpente o di un ragno o di qualcosa che aggredisce, attanaglia e avvelena il sangue30 appartiene ad un vissuto che si tramanda? Ecco dunque che lo stretto legame tra biologico e psichico affonda le radici in una dimensione ancestrale nella quale si dissolvono i 30 Per un approfondimento si veda: De Martino E., La terra del rimorso. Contributo ad una storia religiosa del sud, Il Saggiatore, Milano, 1961. Interessanti, a tal proposito, gli studi dell’antropologo sulla ritualità magico-religiosa salentina e del mondo mediterraneo in cui il ri-morso rappresenta archetipicamente il cattivo passato che ritorna. 30 contorni dell’uno e dell’altro. La relazione tra bios e logos31 ha ancora necessità di essere ulteriormente definita attraverso una sorta di ‘antropologia del biologico’ e una ‘fisiologia del pensiero’. Osserviamo ora i meccanismi corporei di risposta ad un evento che si percepisca come pericoloso, chiamando in causa le aree cerebrali interessate. Due sono le vie fisiologiche a stimoli che inducono paura. Chiamando in causa le aree cerebrali coinvolte nel processo, si distingue una via ‘indiretta’, per la quale la sollecitazione arriva al talamo e da qui alla neocorteccia, quindi all’amigdala, mediatrice emozionale; quindi una via ‘diretta’, in cui il talamo dialoga direttamente con l’amigdala, senza cioè passare dalla corteccia che conclude il ragionamento sulla effettiva presenza o gravità del pericolo, e sulla eventuale scelta da mettere in atto. Appare chiaro che questa seconda risposta sia più urgente e immediata, agendo per effetto di qualcosa di innato, iscritto nel DNA, una memoria di sopravvivenza utilizzata non solo dagli animali e dai bambini ma anche dagli adulti di fronte a pericoli reali o immaginari ma vissuti come reali. Il sistema limbico immagazzina la memoria dell’evento (ippocampo) e quella dell’emozione (amigdala), dando per assodato che memoria ed emozione, legate a processi ‘non locali’ abbiano una diffusione di gran lunga più ampia rispetto alle aree citate. Vien da chiedersi se la via diretta non possa rappresentare la base anatomica e fisiologica preferenziale attraverso la quale si attivano gli archetipi, soprattutto laddove essi richiamino paure antiche, memorie biologiche di sopravvivenza interiorizzate dai primordi. Senza ovviamente escludere, anche in questo caso, un’implicazione neuronale ben più estesa e non localizzata. Si spera che un sempre maggiore avvicinamento tra gli ambiti psico-neuro-biologici e quelli dell’Antropologia medica possa chiarirne ulteriormente le correlazioni e le dinamiche32. 31 Si vedano gli studi di Tullio Seppilli riportati in bibliografia. Una volontà di dialogo interdisciplinare ha preso forma nel secondo incontro delle Giornate di studio: Stati di coscienza. Un’indagine neurobiologica e socio-culturale sulle funzioni dello psichismo nelle differenti culture, Venerdì 6 - Sabato 7 febbraio 2015, Facoltà di Lettere e Filosofia, Sapienza Università di Roma. 32 31 1.9 - “Ciò che non arriva alla coscienza arriva sotto forma di destino”: i messaggi del mal-essere e della malattia Se associamo questa significativa riflessione di Carl Gustav Jung alla valenza conscia e inconscia del simbolismo e delle emozioni, potremmo riconsiderare malessere e malattia come una chiave di lettura di qualcosa che prima ancora del suo manifestarsi attraversa il nostro sentito. In tal caso -ferme restando tutte le cure possibili per aiutare il paziente nel percorso verso la salute cui ha diritto-, si potrebbero fornire spunti per una presa di coscienza delle tematiche individuali, nel superamento delle quali poter recuperare motivazioni forti, volte al potenziamento delle terapie farmacologiche33 e a una guarigione intesa oltre il corpo fisico. Una donna con un cancro alla mammella sinistra, ad esempio, potrebbe essere edotta sui messaggi del proprio corpo. Potremmo invitarla a riflettere se, per caso, non abbia vissuto un doloroso conflitto, percependo biologicamente ed emotivamente un senso di vuoto in seguito all’eventuale abbandono del ‘nido’ da parte del proprio figlio o di un altro componente della famiglia. Per antica memoria, l’istinto all’allattamento nelle donne destrimani viene effettuato offrendo al bambino proprio il seno sinistro, mentre la mano destra ha maggiore forza per reggere il neonato; la questione si inverte nelle donne mancine. Una disposizione che resta iscritta nell’inconscio più profondo; di fronte a ciò che costituisce una minaccia (reale o vissuta come tale), la persona somatizza attraverso espedienti simbolici (la malattia). Un istinto di sopravvivenza quindi, un modo per manifestare ciò che costituisce uno shock, elaborato attraverso ricorsi psico-biologici, plausibili ad un nuovo modo vivere. Dunque, questa ipotetica donna (che probabilmente razionalmente si è persino ‘fatta una ragione’ del vuoto creatosi nel proprio nido), potrebbe essere aiutata durante il percorso terapeutico a riconoscere quanto vissuto e ancora presente nella propria emotività inconscia. Quest’ultima opererà nella biologia del cervello, che agirà silenziosamente interessando specifiche 33 Interessanti anche gli studi di Fabrizio Benedetti sull’effetto placebo, finalmente affrancato dai giudizi che legavano tale dinamica a ingenuità e ignoranza. 32 aree cerebrali e stimolando processi biochimici volti all’attivazione incessante di neurotrasmettitori, neuropeptidi e ormoni (come vedremo più avanti) che coinvolgeranno sistema immunitario e organi-bersaglio. La comprensione delle proprie molteplici possibilità come essere umano, donna, madre, la riscoperta del proprio tempo e della propria creatività, di un modo differente di osservare la realtà, potrebbero aprire nuovi scenari di speranza circa il proprio ruolo, il proprio valore, il proprio spazio. Una guarigione conseguita in modo così integrato diventa molto più di una storia che (nel migliore dei casi) finisce bene, un sospiro di sollievo, una paura che passa (ma poi, passa davvero?). Riflettere e superare i conflitti che fanno ammalare rappresenta qualcosa di importante: permette di sperimentare uno stato nel quale la coscienza si espande verso la consapevolezza di ciò che siamo. L’ipotetico esempio riportato è solo uno dei tanti: potrebbe essercene uno per ogni organo, ghiandola, sistema. E così, un problema all’apparato digerente potrebbe riguardare un’altra tematica, un conflitto relativo a qualcosa che l’individuo non ha ‘buttato giù’ o non ha ‘assimilato’ o non riesce a eliminare; l’apparato scheletrico potrebbe raccontare molto sul valore di sé e il sentirsi sostenuti; i reni sul proprio territorio e la paura di essere invasi nel proprio spazio; i polmoni sulla relazione con la tristezza e l’idea della morte; l’ipofisi nell’aver percepito un attacco alla propria vita, il sistema immunitario circa il sentirsi costantemente in trincea o al contrario paralizzati nelle proprie difese….e così via. Come possiamo osservare, ogni vissuto significativamente traumatico, qualora non venga elaborato alla luce di nuove prospettive di resilienza, crea situazioni psichiche sostanzialmente riducibili a tre condizioni emozionali che innescano il processo P.N.E.I.: reazioni ‘negative’ (rabbia, paura, vergogna, collera, risentimento), blocco dell’emotività, carenze emozionali positive. Vedremo come, nell’approccio proposto nel secondo capitolo, tali risposte attivino reti neuronali e specifiche aree del cervello con produzione di peculiari sostanze. Le virgolette con cui si indicano le emozioni ‘negative’ stanno a significare quanto invece esse possano essere illuminanti per poter indagare e risolvere l’evento scatenante. 33 Tanti sono gli studiosi si sono dedicati al linguaggio simbolico del corpo secondo la personale visione (frutto di studi non convenzionali e osservazioni sul campo), relativamente a disturbi e malattie. Indagini spesso supportate esclusivamente da valutazioni a carattere empirico poiché, orientate a indagare la complessità che caratterizza l’essere umano, sono state di norma ignorate dalla comunità scientifica vigente. Ricordiamo, tra i tanti, Ryke Geerd Hamer, Claudia Rainville, Lise Bourbeau34, Michel Montaud35. Costoro, pur coi limiti della personale interpretazione, hanno fornito spunti interessanti nel considerare gli aspetti animici dell’essere umano; e l’anima, si sa, non ha peso, o perlomeno non un peso tale da potersi misurare in laboratorio. Spesso i loro punti di vista coincidono, talvolta assumono sfumature diverse: indipendentemente da ciò, in ottica medico-antropologica, ne risulta stimolata una lettura più ampia della malattia e nuove prospettive per una cura integrata. La localizzazione organica e sistemica rappresenterebbe dunque (come vedremo nello spazio dedicato al Bio-Explorer) la risposta ultima di un riflesso simbolico che a livello materico/molecolare ha inizio con l’espressione di sostanze eccitatorie/inibitorie delle cellule neuronali. La diade mente-corpo che caratterizza l’uomo (e anche l’animale, pur essendo quest’ultimo privo di cultura) ha la specificità di essere indissolubile e di agire in modo bidirezionale. Purtroppo ancora oggi nell’ambito medico viene preso in considerazione solo l’essere in quanto aggregato di cellule e organi, le parti che possono essere più facilmente analizzate, come se ciò che non possa essere calcolato secondo gli standard ufficiali abbia in fondo poca importanza. Per contro, in molti degli approcci psicoterapeutici (soprattutto quelli attivi nella sanità pubblica), il corpo viene lasciato a sé, trascurando altresì lati profondi che si 34 Il suo libro Le 5 ferite e come curarle è tra i testi universitari di un Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale dell’Università degli Studi di Bologna. 35 La Dentosofia -quale approccio umanistico e olistico all’odontoiatria-, mette in relazione l’equilibrio della bocca, quello dell’individuo (sia posturale che psico-affettivo) in relazione all’universo con cui il soggetto si relaziona. Uno spazio importante viene riservato alla Dentosofia nell’Università romana di Tor Vergata, all’interno di alcuni corsi di perfezionamento. 34 agganciano a piani metafisici, archetipi, memorie collettive, sistemi di credenze. Se una miriade di culture, geograficamente lontane tra loro, hanno optato per interpretazioni e modalità integrate riguardo il malessere e la malattia non è certo per l’impossibilità di usare farmaci di sintesi! Altrimenti il problema sarebbe potuto essere benissimo ovviato con l’uso di altri medicamenti, quali ad esempio le piante medicinali, dotate di principi attivi in grado di curare. Eppure, uomini di medicina, sciamani, curanderos, guaritori di ogni specie, mai si sarebbero sognati di separare le singole sostanze vegetali dalla sinergia di tutti i componenti della pianta, come pure quest’ultima dalla propria componente sacrale. Non possiamo certo mettere sullo stesso piano quei mondi (ancora funzionali e funzionanti in molte realtà etnologiche) con quello in cui viviamo: si invita solo a riflettere sulla ‘coincidenza’ che ha visto culture differenti agire secondo una comune visione. 1.10 - Costanti universali e nuove frontiere biofisiche e tecnologiche Cosa possono avere a che fare le riflessioni finora osservate con uno strumento informatico, la trance mistica, gli stati meditativi, o semplicemente quelli emotivi, con la metodica diagnostica di alta ingegneria che tratteremo nel secondo capitolo? Alla base di tutto c’è l’universo simbolico che collega la duplice dimensione (materiale e immateriale) nella quale si muove l’essere umano col proprio ruolo di guaritore e aspirante alla guarigione. Prima ancora di essere frammentato da una cultura e un approccio medico riduzionistico, egli soleva muoversi con naturalezza in un universo caratterizzato da sostanza solida e aspetti eterei. Non sempre ciò lo salvava dall’invecchiamento, dalle malattie, tantomeno dalla morte; ma in questo suo fluire l’uomo scorgeva un senso al suo esistere, un modo per adattarsi all’ambiente e risposte a molti dei suoi perché?. Ancora oggi, nessuno strumento supertecnologico può eliminare completamente infermità e senescenza; 35 auspichiamo, però, che qualcosa possa aiutarci a rallentare significativamente taluni processi degenerativi e ossidativi, e guarire o rendere più vivibili malattie ufficialmente ancora considerate misteriose. Qualcosa che, inoltre, possa aiutare il medico ad agire nel migliore dei modi relativamente alla formulazione di una terapia che tenga conto anche del vissuto emotivo e dei modelli culturali e mentali del paziente. Data per assodata l’interazione psiche-cervello-sistemi-organi, l’eventualità di poter risalire alle cause emotive-simboliche della malattia permetterebbe un percorso di cura mirato, volto ad integrare il recupero fisico e il riequilibrio emotivo, a partire dall’attivazione neuronale e dall’esplorazione di aree cerebrali coinvolte nell’evento traumatico. Si aggiungano spunti per un percorso di conoscenza di sé che mirino a restituire speranza e valore al senso della vita che l’uomo da sempre ricerca, di fronte al quale neanche la morte sembra apparire più così spaventosa. Il Bio-Explorer è una metodica relativamente recente che applica soprattutto conoscenze di biofisica e informatica; una tecnologia computerizzata che sintetizza una visione integrata dell’essere umano e la sua antropologica all’inclinazione verso l’armózein, il cui etimo invita ancora una volta all’unità. Uno strumento nato dall’intento di recuperare costanti universali nell’ottica delle necessità dell’uomo moderno, delle sue nuove esigenze e dei suoi nuovi linguaggi. Per ognuno di noi, credenti, agnostici o atei, la causa prima del creato può assumere nomi e connotazioni diverse, da quelle divine a quelle accidentali. Gli scenari sono cambiati rispetto a quanto avveniva in passato, quando i membri di uno stesso gruppo tendevano a far riferimento alla stessa origine spirituale e allo stesso sistema di credenze. Nel nostro tempo, per qualcuno il divino rappresenta un aspetto della psiche, per qualcun altro è vero il contrario. Per taluni le due cose coincidono addirittura; per altri ancora, il livello mentale è avulso da qualunque connotazione spirituale, mentre l’uomo, il pianeta e il cosmo sono frutto del caso. Il ventaglio delle preferenze ideologiche e delle esperienze individuali e collettive si è sempre più allargato per consentirci di sperimentare, nell’esercizio del libero arbitrio, unità e separazione, riduzionismo e integrazione, individualismo e dialogo, 36 isolamento e condivisione. Ma, indipendentemente dal patrimonio culturale, da scelte intellettuali e di vita, una costante accomuna tutti gli esseri umani, non tralasciando gli animali e perfino le piante, come scopriamo ogni giorno di più. Tra l’impalpabile dimensione psichica e quella tangibile corporea, le emozioni comunicano viaggiando a doppio senso di marcia. Grazie all’interpretazione simbolica, esse danno voce all’ordine mentale trasponendone i contenuti nel fisico, e caratterizzano con ritmi diversi gli stimoli della realtà spazio-temporale. Il pensiero e l’esperienza psichica attivano nell’equilibrio/alterazione di neurotrasmettitori, peptidi e ormoni-, messaggi di un mistero che incessantemente si cela e si svela: quello dell’esistenza. Il Bio-Explorer, che tratteremo nelle prossime pagine, sintetizza proposte ed esigenze del nuovo paradigma, decifrando operativamente le tematiche affrontate in questo primo capitolo. Riallacciandosi alle dinamiche bidirezionali proprie della PNEI, che vede nella psiche il propulsore di un processo articolato, questa raffinata metodica capta vissuti e sentimenti nella loro doppia manifestazione biochimica ed eterea. 37 CAPITOLO 2–Il BIO-EXPLORER 2.1 - La creazione dello strumento. Fondamenti generali La metodica che prende il nome di Bio-Explorer36 è stata creata per affrontare in modo non invasivo il problema della diagnosi di processi biochimici patologici attivi nelle aree cerebrospinali, utilizzabile anche a livello organico. Per quanto riguarda le prime, sappiamo che, a causa della protezione emato-encefalica, è impossibile conoscere il loro stato tramite prelievi di sangue, urine, ecc. Le varie zone del cervello sono di norma indagabili solo attraverso costose e avanzate tecniche di imaging, le quali, purtroppo, spesso palesano lo stato patologico solo in una fase avanzata, oltre a non poter dare informazioni riguardo la produzione e gli scambi cellulari. Munito di brevetto e basato sulla QED37, lo strumento diagnostico è destinato all’uso della classe medica: la lettura dei dati è al contempo scientificamente valutabile (relativamente ai processi biochimici e fisiologici) e simbolica (riguardo i modelli culturali del paziente e le reazioni emotive con cui essi vengono applicati relativamente agli eventi vissuti). Lo spettro che emerge durante visita con Bio-Explorer permette quindi di interpretare la storia fisica e psichica, dal periodo prenatale al presente, con possibilità di agire secondo un criterio terapeutico integrato. La creazione della metodica racchiude l’essenza del pensiero e delle ricerche di studiosi provenienti da svariate aree scientifiche di pertinenza, cui si aggiungono le competenze ingegneristiche del suo inventore, da anni impegnato nel campo della ricerca biofisica e la realizzazione di strumenti tecnologici a fini terapeutici. Nel nuovo paradigma, l’apparecchio (e l’approccio che il suo utilizzo preclude) si inserisce nel contesto delle scienze antropologiche e mediche, incentrato non solo al recupero della salute ma anche di valori e significati umani di norma trascurati dalla 36 Da Biochemical ed Explorer, letteralmente ‘esploratore biochimico’. PREPARATA G. et al., The role of QED (Quantum Electro Dynamics) in medicine, Proceedings Meeting 14/12/1999, Institute of Pharmacology, University of Rome “La Sapienza”, Published on Rivista di Biologia/Biology Forum 93/2000. 37 38 medicina ufficiale. Cura e guarigione diventano in tal modo occasioni per una maggiore consapevolezza, acquisendo accezioni diverse e più ampie rispetto a come l’occidente le ha considerate per secoli. Nella multidisciplinarietà insita nella concezione del Bio-Explorer, il trait d’union di mondi apparentemente lontani sottende una lettura metaforica soggettiva della realtà emotiva individuale, benché fortemente correlata ad un universo culturale e animico. Gli esseri umani vivono le emozioni in modo strettamente personale anche se in risonanza col proprio contesto: ogni individuo è un unicum, frutto della speciale interazione tra il proprio pensiero, il proprio sentito, il proprio corpo e i propri spazi, coi pensieri, i sentiti, i corpi e gli spazi di simili e dissimili. In passato sarebbe stato inimmaginabile pensare che la biofisica potesse fornire un contributo così significativo relativamente alla sfera psiche-cervello-corpo, evidenziando processi che traducono in molecole il portato di un universo conscio e inconscio. Come pure, sarebbe stata impensabile una rivisitazione delle Scienze antropologiche grazie ad uno strumento informatico, sia pur creato secondo una visione olistica dell’essere umano. Lo scopo, lungi dal voler automatizzare e spersonalizzare la complessità delle dinamiche mente-corpo attraverso la tecnologia, si prefigge esattamente il contrario: trovare nuove chiavi epistemologiche, interpretative e pratiche affinché nulla venga trascurato nella riformulazione di neo modelli di cura e di una nuova concezione dell’esistenza. Lo strumento (dotato di un hardware e un software) rileva un’articolata mole di dati: al medico spetta la capacità di interpretarli sulla base di riferimenti scientifici e simbolici, oltre la fissità di parametri ordinari; virtù che richiede una particolare predisposizione ad allargare le conoscenze di settore ad un livello interdisciplinare. I risultati emergono da un assiduo lavoro di ricerca, iniziato diciotto anni or sono, applicando tecnologie informatiche avanzate e approfondite conoscenze biofisiche alle scienze terapeutiche: qualora queste si prefiggano un orizzonte di cambiamento secondo una nuova percezione di ciò che è l’essere umano, nella individuazione delle dinamiche mentali legate a vissuti, modelli culturali, comportamenti e stili di vita, con le modificazioni bio-fisiologiche che ne derivano. 39 La filosofia che sottende la creazione della metodica si fonda sull’esigenza -sempre più avvertita, ormai, da decenni a questa parte-, di nuovi referenti esistenziali ancor prima che terapeutici. Il sistema in questione, in perfetta ottica P.N.E.I., permette di focalizzare l’origine mentale ed emotiva quale realtà prioritaria della maggior parte delle malattie, con la possibilità di intervenire contemporaneamente su tutti i versanti, cifra essenziale della vera cura integrata. La considerazione degli aspetti psichici non esclude ovviamente l’incidenza di tutti gli stimoli ambientali che concorrono al quadro finale, ma sottolinea il ruolo preponderante del sentito nel modulare la complessità dei vari fattori epigenetici, a loro volta regolanti l’espressione genica. L’indagine diagnostica si avvale di una modalità non invasiva grazie a un rilevatore a punta metallica (probe), che registra le frequenze di alcuni terminatori epidermici, punti di sbocco elettromagnetico delle strutture biologiche. Alcuni di essi, riguardanti 20 aree sistemiche, corrispondono ai classici punti di agopuntura, relativi ai meridiani che raccordano su determinati organi, il cui stato cellulare e fisiologico viene verificato in base all’individuazione di una serie di markers, su risonanza38 di molecole standard eccitatorie esterne, opportunamente diluite e dinamizzate. Altri terminatori permettono di vagliare lo stato di 40 aree cerebro-spinali, nella doppia lateralità destra/sinistra. Quelle che rivelano una certa criticità vengono riesaminate in rapporto all’attivazione di networks neuronali che emettono molecole eccitatorie/inibitorie, sempre sulla base della risonanza di un campione stimolatore. Nella misurazione in tempo reale di neurotrasmettitori, peptidi e ormoni, il valore alterato rappresenta la risposta bio-chimica immediata al trauma, con emissione continua sulle 24 ore,a partire da un’epoca più o meno remota che può risalire anche al prenatale e perinatale. Lo strumento è inoltre dotato di un algoritmo in grado di calcolare il momento in cui l’evento traumatico ha avuto luogo: i dati che emergono dall’indagine permettono una diagnosi completa della condizione del paziente. Qualora all’episodio pregresso non abbia fatto seguito una risoluzione spontanea adattiva o una terapia efficace, la sua 38 MONTAGNER Luc et al., DNA waves and water; Journal of Physics: Conference Series 306 (2011) 012007, IOP Publishing, 5th International Workshop (2010). 40 individuazione rappresenta la possibilità di una fondamentale presa di coscienza su ciò che mina la qualità della vita. Dunque, in conseguenza di traumi o impatti emotivi particolarmente significativi (spesso razionalmente ed erroneamente classificati come ‘non gravi’ o ‘superati’), vengono coinvolte precise reti neuronali: quelle che in base all’espressione di sostanze prodotte rappresentano più efficacemente il tipo di trauma vissuto. Le cellule costituenti il network cominciano a emettere o stimolare in modo continuo e non ordinario molecole (neurotrasmettitori, peptidi, ormoni) con funzioni eccitatorie/inibitorie: esse raccordano su aree cerebrali specifiche, indipendentemente da una reale correlazione fisiologica (non tutti i neuroni hanno recettori per tutte le molecole emesse dai vari network), ma strettamente inerenti il vissuto simbolico39. Chiariamo citando un caso emerso in varie occasioni durante visita con Bio-Explorer: l’area interessata risultava essere quella motoria mentre la sostanza che raccordava su essa era la prolattina. Sappiamo che non esistono cellule prolattinergiche sul motorio: ciò che è interessante, invece, è che in questo caso l’associazione sostanza/area cerebrale tenderebbe a mettere in luce una situazione di abuso (reale o sentito), vissuto quale ‘blocco del movimento’, ‘sentirsi incastrati’, ‘paralizzati’, ‘imprigionati’, inibendo il livello sessuale con un ormone specifico. In sintesi, qualunque trauma non superato psichicamente e biologicamente, dopo aver colpito il SNC comporterà inevitabili ricadute sui sistemi periferici (quello immunitario in primis) e sull’organo emblematicamente coinvolto40. L’attivazione delle sostanze emesse, l’area cerebrale e l’organo interessato non è mai casuale ma risponde alla trasduzione simbolica dell’emotività del paziente. Nel primo capitolo abbiamo dato spazio proprio agli aspetti figurativi ed archetipici nel processo di interpretazione 39 L’associazione rete neuronale-area cerebrale non è da considerarsi in senso anatomico bensì holonomico, come vedremo più avanti; essa riguarda modalità non locali con cui il cervello codifica e memorizza. Cfr. Bell J. S. (an interview with), Nonlocality in Physics and Psycology, Psycological Perspectives, (autunno-inverno 1988). 40 Secondo alcuni studi, il DNA delle cellule dell’organo riceve e risponde a un codice in frequenza del DNA neuronale, che induce un aumento fino al 200% del numero dei recettori periferici, favorendo il processo legante in modo esponenziale. Cfr. Meyl Konstantin, DNA and cell resonance: Magnetic Wawes Enable Cell Comunication, Dna and Cell Biology, April 2012, Vol. 31, No 4: 422-426. 41 della realtà attraverso modelli culturali ed emozioni. Vedremo nelle prossime pagine quanto tutto questo, da apparente astrazione, possa tradursi in patologie e disturbi. Il Bio-Explorer, si accennava, è inoltre programmato per individuare una serie di markers di vario genere (batterici, virali, immunitari, infiammatori, ecc), proteine e amminoacidi e, di norma, tutto ciò che si verifica a livello cellulare come ricaduta del processo psiconeurobiologico. Lo strumento è pure in grado di registrare una serie di sostanze esogene quali metalli pesanti, microorganismi e valori alcolici, rilevando, in quest’ultimo caso, gravi forme di dipendenza, nella prospettiva di poter risalire all’evento psichico scatenante il bisogno di surrogare la carenza, al fine di mettere a punto un approccio terapeutico più efficace possibile. E ancora: l’ipotesi di infestazione parassitaria in area intestinale, negli organi e perfino in area cerebrale, è di norma trascurata dalla medicina ufficiale, mentre la presenza di varie tipologie di vermi patogeni emerge sovente nelle diagnosi dei medici che utilizzano la metodica. Va da sé che una volta svelate le cause, mirate terapie antiparassitarie permettono di debellare gravi problematiche. Sembrerebbe infatti che molte di esse siano spesso la conseguenza dell’alterazione dei meccanismi di regolazione per effetto degli organismi ‘ospiti’, sia come azione diretta, sia come concausa di altre malattie. Se è vero che questa circostanza rappresenta un episodio accidentale, esogeno, è pur certo che i suoi esiti dipendono da un terreno più o meno turbato e alterato da moventi psichici, oltre a richiamare spesso traumi che colpiscono il cervello addominale. Nonostante il bagaglio di conoscenze di cui oggi godiamo, si tendono ancora a ignorare le cause di ricadute che originano in dimensioni diverse da quelle fisiche, mentre l’uomo antropologicamente ha una visione completa della realtà, come proiezione biunivoca dei piani materiali e immateriali. C’è da riflettere sul fatto che la storica scissione mente-corpo sia stata la conseguenza di un puro atto intellettuale, attività elettiva che smette di porsi al servizio dell’uomo quanto più si riduce a pretto razionalismo. Di conseguenza, come sappiamo, nel corso dei tempi le due dimensioni che caratterizzano la realtà sono state sempre più isolate l’una dall’altra anche a fini strategici, relegando l’entità mente/spirito solo 42 nell’ambito delle religioni propriamente dette, delle filosofie, delle arti, come mera espressione estetico-creativa. Dimenticandoci che pure quella medica era (e dovrebbe essere) considerata un’arte, termine che racchiude in sé la radice ar, la stessa che troviamo in armonia, come puntualizzato nella prima pagina del presente lavoro. Un approccio che miri al recupero dell’innato linguaggio simbolico, integrato da una approfondita conoscenza biomedica e tecnologica, può davvero contribuire ad una svolta epocale. Ogni atto pratico, ogni aspetto solo apparentemente materiale, sottende significanti e significati41; lo stesso dicasi per il corpo, i suoi componenti e le relative metafore a livello di organi, tessuti, sistemi, cellule, proteine, enzimi, ormoni, neurotrasmettitori. Lo strumento in oggetto, modellato sulla base concettuale di un nuovo umanesimo, coglie i pregressi emotivi che permangono nel presente attraverso il dialogo profondo e costante tra sostanze e recettori. Ai pazienti viene resa in tal modo per intero la loro storia, e con essa maggiore dignità e nuove prospettive, soprattutto se si agisce a livello preventivo. Quale contributo potrebbe rappresentare tutto ciò per la medicina ufficiale che tende, se pur involontariamente, per limiti di carattere culturale e burocratico, a ignorare e di conseguenza negare fondamentali pezzi di vita. Si ricorda che ‘simbolo’ procede etimologicamente dal greco symballo, composto da due radici che rimandano più o meno al significato di ‘unire due parti distinte’. Il Bio-Explorer racchiude un modo tecnologicamente avanzato di fare arte medica, fornendo una diagnosi completa e consentendo di simulare una terapia che procede su più fronti. Da un lato si mira alla cura dei sintomi e delle problematiche a livello sistemico ripristinando le funzioni cellulari ottimali; contemporaneamente si provvede al riequilibrio delle reti neuronali implicate, disattivando i processi eccitatori/inibitori oltre i valori nominali. Si aggiunga l’approccio empatico col paziente, accompagnato nella presa di coscienza delle proprie tematiche. Nel pieno 41 Grazie ai contributi di Ferdinand de Sassure, in linguistica il significante è la forma mentre il significato veicola il contenuto. L’unione di significante e significato (suscettibile di interpretazione) dà come risultato il ‘segno’, vale a dire la realtà composta da forma fisica (significante) e natura incorporea (significato). Vediamo così come anche lingue e linguaggi partecipano del nesso psiche-materia. Ogni settore dello scibile umano è dunque chiamato in causa nella definizione del nuovo paradigma. 43 rispetto delle sue volontà, egli viene incoraggiato ad attingere ad un sano ‘nutrimento emozionale’, a integrare nella propria vita attività creative, nuovi stili di vita, psicoterapie mirate; a riscoprire capacità trasformative latenti, a far tesoro delle proprie esperienze, a mettere in atto una consapevolezza critica, ma non giudicante, nei confronti dei propri modelli limitanti e la prospettiva di poterli modificare o integrare. 2.2 - Il cervello come interfaccia tra dimensioni eteree e corporee. I domini di frequenza Il fatto che corpo e mente siano da considerarsi in senso unitario, secondo la visione delle moderne neuroscienze, non preclude che appartengano a dimensioni differenti, l’una tangibile, l’altra incorporea. Il termine ‘diade’, spesso utilizzato nel presente lavoro, tende propriamente a suggerire tale caratteristica. È l’inevitabile comunicazione interdimensionale a renderli parte di un unicum, così che psiche e organismo possano intendersi come aspetti di una stessa realtà a due facce. Ci siamo soffermati spesso sul fatto che simbologia, emozioni e stati d’animo partecipano di un incessante dialogo i cui messaggi interagiscono col linguaggio molecola-recettore. Fondamentale il ruolo di un decodificatore che concretizzi nel fisico ciò che la psiche realizza in una dimensione distinta. Il cervello è la parte del corpo che presiede a questo specifico compito, sovrintendendo altresì alla ricezione della realtà ascrivibile allo spazio-tempo. Ma c’è da riflettere sul fatto che occorrerebbe una quantità enorme di neuroni per contenere gli infiniti stimoli sensoriali di tutta una vita: si rende dunque necessario convertire in un piccolo spazio una gran mole di dati. Ci si chiede, dunque, come possano pensieri ed emozioni trasformarsi in materia dando luogo al processo PNEI, e come possano gli stimoli sensoriali essere contenuti in un’area così limitata qual è quella del cervello. E come interagisca il sistema nervoso centrale tra la dimensione immateriale, dalla quale provengono informazioni relative a modelli ed emozioni, e quella materiale in cui esse vengono convertite in molecole. 44 L’universo dei 5 sensi collegato al cervello, a sua volta, intercetta informazioni dallo spazio-tempo influenzando pensieri ed emozioni. Gli studi del matematico francese Jean Baptiste Joseph Fourier hanno portato alla scoperta di due funzioni matematiche (oggi conosciute come Trasformata ed Antitrasformata di Fourier) applicabili a svariati campi apparentemente assai diversi tra loro, come ad esempio l’elettronica, la musica, la medicina, la fisica, la chimica, ecc.. Grazie a queste due formule e alle loro varianti, si possono comprendere le dinamiche di traduzione dalla realtà ordinaria a quella delle frequenze e viceversa. In campo tecnologico un esempio pratico in cui si applica la Trasformata di Fourier è quello dei telefoni cellulari: l’informazione che rappresenta la voce inviata da un cellulare viene convertita, mediante la trasformata di Fourier, nella sommatoria di tante onde sinusoidali di frequenza ed ampiezza diversa; il cellulare in ricezione dovrà poi effettuare il processo inverso e convertire quest’insieme di onde tramite l’antitrasformata di Fourier per ricostruire la voce inviata e restituirla all’udito. Il cervello realizza in modo totalmente naturale la legge di Fourier: il neuroscienziato Karl Pribram42intuì che essa calzava perfettamente alle dinamiche mente-corpo, nell’adattamento al dominio delle frequenze di informazioni che dipendevano dal mondo materiale e viceversa. Grazie alla sensorialità i neuroni captano segnali di vario tipo (visivo, olfattivo, gustativo, uditivo, tattile), registrando non il segnale di partenza ma la relativa trasformata, vale a dire l’input scomposto in forme d’onda. Nel caso di un’immagine visiva, ad esempio, essa viene scomposta in una serie di minuscoli cerchietti (onde d’interferenza), risolta in frequenze per attivazione elettrica esclusiva di determinati dendriti. Essi fungono da trasformatori: processano e ‘spacchettano’ l’informazione distribuendola a un elevatissimo numero di neuroni che provvedono alla memorizzazione. L’attivazione di determinati processi dendritici rispetto ad altri dipende 42 Il neurochirurgo austriaco fu docente alla Georgetown University e Professore Emerito alla Standford University. Mosso dall’intento di comprendere i meccanismi della memoria, Pribram svolse ricerche fondamentali che pioneristicamente definirono il sistema limbico e la sua relazione con la corteccia frontale, oltre una serie di associazioni tra aree cerebrali. Decisivi i suoi incontri col fisico David Bohm e il neuropsicologo Karl Lashley, che sviluppò ricerche grazie alle quali formulò la concezione della memoria come fenomeno non locale, contrarie alle asserzioni del neurologo Wilder Penfield e la sua teoria sugli ‘engrammi’. 45 dello stimolo sensoriale ricevuto. Pribram si convinse definitivamente di ciò quando nel 1979 i neurofisiologi Russel e Karen De Valois43 usarono la trasformata di Fourier per appurare come immagini di motivi scozzesi e a scacchi potessero convertirsi in forme d’onda. Esaminarono quindi le cellule dell’occipitale verificando che esse non rispondevano alle immagini, ma alla loro trasformata, vale a dire a onde di interferenza. In tal modo i due scienziati provarono che il cervello mette in atto la regola di Fourier convertendo, per processi dendritici, le immagini in forme d’onda. Altri studi misero in evidenza che ciò valeva allo stesso modo anche per gli altri sensi. Relativamente alla dimensione psichica, i messaggi che appartengono all’”innato”, io creativo/pensiero primario/dimensione spirituale, giungono al cervello grazie a una serie di interfacce (mentale, emozionale, eterica); queste agiscono secondo processi di trasduzione, utilizzando frequenze per poter ‘comprimere’ l’informazione primaria, affinché essa possa infine materializzarsi nel cervello e da qui a livello sistemico. Lo strato di interfaccia più vicino al corpo (eterico) attiva i neuroni maggiormente adatti a rappresentare simbolicamente l’informazione, incidendo nella produzione di specifici neurotrasmettitori e peptidi. Ciò che captiamo attraverso i 5 sensi, scomposto in onde di interferenza affinché venga memorizzato, appartiene ad un tempo ordinario, storico; pensieri ed emozioni originano invece in un tempo non ordinario, astorico, dal quale, viceversa, si materializza la realtà che caratterizza la nostra vita. I due tempi fluiscono l’uno nell’altro interagendo nell’articolata percezione psico-corporea. L’essere umano va quindi considerato nella molteplicità degli aspetti che lo identificano: pensiero spirituale/io creativo, ordine mentale (archetipi, cultura, lingua, modelli di comportamento), emozioni, corpo eterico44, corpo fisico coi 5 sensi: solo così possiamo comprendere i diversi stati di coscienza che concorrono all’idea di una consapevolezza integrata, 43 De Valoi K. K., De Valoi R. L, Yund W. W., Responses of striate cortex cells to grating and checkerboard patterns, Journal of Physiology, vol 291 (1979), pp 483-585. 44 Come si diceva poc’anzi, è lo strato più vicino al corpo fisico, considerato semi-materiale, che canalizza modelli culturali ed emozioni attivando le reti neuronali. 46 e il reale collegamento psiche-cervello-corpo. Tutto ciò avvalora la necessità di una sinergia tra i vari campi terapici: la scelta univoca di tipo farmacologico-tradizionale esclude troppo categoricamente aspetti fondamentali dell’Essere. 2.3 - Fonti integrate nella creazione del Bio-Explorer La metodica costituisce la sintesi di vari contributi teorici, scientifici e applicativi che andremo ora a esaminare, al fine di poter chiarire alcuni presupposti di base e come essi operino in sinergia, integrando ricerche realizzate in epoche, luoghi e settori diversi. Le fonti sono sostanzialmente le seguenti: 1) Il concetto di trauma come evento scatenante la malattia nella visione di Ryke Geerd Hamer. 2) Le ricerche di Candace Pert inerenti la produzione non ordinaria di neuropeptidi, neurotrasmettitori e ormoni in relazione alla tipologia di evento vissuto. Il rapporto legante-recettore quale riflesso emozionale. 3) La Medicina Tradizionale Cinese riguardo meridiani e punti di agopuntura. La scoperta delle reti di Bong Han. 4) La biochimica secondo la letteratura scientifica vigente. 5) La teoria di Karl Pribram sull’organizzazione holonomica del cervello. 6) I contributi informatici e biofisici di Francesco Castrica; interpretazione simbolica e correlazione di molecole e di aree cerebrali e sistemiche. Soffermiamoci ora brevemente su ognuno dei singoli punti per poter comprendere al meglio il valore della loro interazione. 47 1) L’attivazione psichica del ‘conflitto biologico’ e l’andamento bifasico della malattia. Uno dei presupposti su cui poggia la filosofia e la pratica del BioExplorer si basa su alcuni spunti della teoria medica elaborata dal Dottor Hamer, con riferimento al rapporto critico ‘evento traumatico/cancro’. Tale equazione viene estesa anche a morbilità definite ‘oncoequivalenti’, quali quelle psichiche, metaboliche e neurodegenerative. Al presupposto dello shock quale detonatore si aggiunga la concezione dell’andamento bifasico della patologia45. Prescindendo da eventi accidentali, esogeni, per Hamer ogni malattia fa parte di un Programma Speciale, Biologico e Sensato (SBS), determinato da uno shock acuto che l’individuo subisce inaspettatamente, in modo drammatico, nella percezione di un’estrema solitudine, coinvolgendo simultaneamente psiche, sistema nervoso e area sistemica. Ogni evento traumatico si traduce in un Conflitto Biologico46 che localizza un Programma Speciale in specifiche aree cerebrali e a livello organico, dunque con effetti periferici; in altri casi la malattia riguarderà problematiche neurodegenerative. L’aspetto biologico viene chiamato in causa poiché rappresenta la risposta immediata, una memoria di sopravvivenza, un richiamo ancestrale ad una grave mancanza o paura che l’individuo associa a qualcosa vitale, sia esso materiale o metaforico. Secondo Hamer, ogni Programma, seguendo un andamento naturale, si svilupperebbe in due momenti: fase simpaticotonica (attiva o del Conflitto Attivo, CA) e fase vagotonica o di riparazione, che interviene a seguito dall’uscita dal CA. Se la persona non è in grado di superare il conflitto, risolvendo il problema psichicamente, resta in una lunga simpaticotonia con le conseguenze del caso47. Nella fase simpaticotonica l’individuo tende 45 Per un approfondimento cfr. HAMER Ryke Geerd, Il capovolgimento diagnostico, Ed. Amici di Dirk, Ediciones de la Nueva Medicina, Alhaurín el Grande, España, 2009. 46 Il Conflitto Biologico rimanda a temi ontogenetici che sfumano nell’antropologia delle origini. Il Programma Biologico Sensato richiama la risposta immunitaria che difende gli individui da qualunque tipo di attacco, su memoria delle ferite che l’uomo preistorico si procurava per assicurare la propria sopravvivenza. 47 Precisiamo che la visione di Hamer è decisamente più complessa: su di essa il medico ha formulato le 5 leggi biologiche, che racchiudono il pensiero e l’approccio di quella che lui stesso ha definito Nuova 48 a caratterizzarsi per avere estremità fredde, tensione, insonnia; nel caso di malattie cancerogene si verifica proliferazione cellulare (fase attiva). Seguirebbe quindi una fase di riparazione, passiva o vagotonica (in cui agisce per l’appunto il sistema vagale) con un processo contrario: estremità calde, febbre, astenia, prostrazione, appetito, edema48, recupero del sonno. Essa è suddivisa a sua volta in due tempi, a causa della riattivazione temporanea della fase simpaticotonica (crisi epilettoide), un momento particolarmente delicato in cui la situazione potrebbe precipitare. In questa fase il ruolo del medico diventa fondamentale, affinché vengano contenuti e controllati gli effetti del richiamo, accompagnando il paziente verso una guarigione possibile49. 2) L’‘inforegno’ emozionale secondo Candace Pert Quando parliamo di nuovo paradigma l’attenzione si focalizza Medicina Germanica. Va precisato che il Bio-Explorer ne applica solo alcuni spunti. 48 Come si osservava nella nota 5, anche in questo caso l’organismo denota una risposta intelligente richiamando istinti biologici innati: Hamer fa l’esempio degli animali marini (da cui l’uomo sembrerebbe discendere) che, scaraventati sulla spiaggia da un’onda, per impulso di sopravvivenza tendono a trattenere liquidi per evitare la disidratazione. 49 Vediamo come anche alcune forme di trances mistiche e possessioni rituali a scopo terapeutico richiamino la procedura bifasica, secondo la concezione di Hamer. Il tarantismo pugliese, all’interno dei fenomeni magico-religiosi del mondo mediterraneo -per i cui approfondimenti si rimanda agli studi di Ernesto De Martino- potrebbe rappresentare un esempio. Vediamo, infatti, come colei (una donna nella maggior parte dei casi) che ritenga essere stata morsa dal ‘malefico’ ragno attraversi un primo stato asintomatico, in cui il malessere si sviluppa nell’interiorità della ‘pizzicata’. Successivamente ha inizio la prima fase della guarigione, allorquando la donna manifesta il proprio malessere con prostazione psicofisica –una ‘crisi della presenza’, come la definisce De Martino - che potrebbe coincidere con la prima parte della fase vagotonica. Parenti e vicini prestano le prime cure ma si rende necessario l’intervento rituale incentrato soprattutto sulla musica, ma anche sul cromatismo (stimolazione sensoriale uditiva e visiva), e talvolta sull’utilizzo di alcune piante aromatiche (olfattiva). La musica e la danza spingono verso l’acme la condizione della paziente: si favorirebbe in tal modo la crisi epilettoide secondo la concezione di Hamer, come esasperazione temporanea della simpaticotonia; momento molto delicato poiché i musicisti, proprio come i bravi medici, devono saper condurre la terapia musicale affinché la donna non rischi di smarrirsi completamente. Segue la seconda fase vagotonica in cui il soggetto riarmonizza mente e corpo recuperando completamente l’essere presente. Interessante come tale dinamica coincida perfettamente con le asserzioni di Hamer. La ‘crisi epilettoide’ in cui si riattiva temporaneamente lo stato di simpaticotonia, costituirebbe un momento cruciale nei processi di guarigione, in cui l’intervento del terapeuta (medico o musicista che sia) si rende fondamentale per agevolare il recupero della salute sia fisica che mentale. Tali considerazioni potrebbero aprire nuovi spunti di riflessione riflettere riguardo l’esistenza di modelli innati alla base delle dinamiche psico-corporee. 49 inevitabilmente sull’unità psiche-corpo: nella nuova visione, il paziente smette il ruolo passivo interpretato per secoli, per assumere i panni di attore principe della vicenda terapeutica. In linea con ciò, Candace Pert afferma che un modello consono alle nuove esigenze dovrebbe porre la coscienza al centro di tutto50, mentre la scienza, lungi dall’essere declassata, diventa strumento di una conoscenza ancora più ampia. Nel primo capitolo abbiamo dato spazio al tema delle emozioni, citando la neuroscienziata che ha dedicato la sua vita professionale e privata a studiarne i riflessi biochimici in senso bidirezionale. La prima importante scoperta della Pert fu quella dei recettori degli oppiacei, che diedero ragione circa l’ipotesi di sostanze endogene (endorfine), le quali soddisfano gli esseri umani in modo naturale, senza la necessità di dover ricorrere a pericolosi surrogati (con relativa dipendenza e danni cerebrali) per sperimentare armonia e appagamento. A quella seguirono ricerche sull’incidenza dei neuropeptidi nel funzionamento del sistema immunitario, le cui cellule svelavano la presenza di recettori per tutte le molecole prodotte o stimolate dal sistema nervoso; si approfondiva sempre più la funzione del legame peptide/recettore quale riflesso e base per le emozioni. Si delineava in tal modo la base teorica e scientifica sulla quale la studiosa avrebbe focalizzato la correlazione mente-cervello-corpo in prospettiva psico-neuro-immunologica, ponendo l’accento sulla prevalenza dell’incidenza comunicativa legante/recettore rispetto a quella sinaptica. Il lavoro della Pert è stato svolto in alcuni dei luoghi più accreditati del mondo scientifico statunitense, dalla Johns Hopkins University, al National Institutes of Health (NIH), al National Institute of Mental Health (NIMH). Il Bio-Explorer si avvale dei risultati di quegli studi che hanno messo in luce la stretta connessione tra emozioni e molecole, a partire dal vissuto soggettivo. Per tale motivo il tipo di sostanza implicata non è affatto casuale ma intimamente legata allo stato d’animo. È così che, ad esempio, la produzione di endorfine è strettamente condizionata da uno stato di piacere, quella di GABA e glicina con una condizione in cui l’individuo reagisce chiudendosi in se stesso mentre, al contrario, un 50 Pert C., 2006, pp 7-25. 50 eccesso di glutammato denuncia uno stato di eccitazione alterato; e così potremmo procedere dando significato traslato ad ogni sostanza. Vediamo ancora una volta dunque come la simbologia costituisca non una pura astrazione bensì un ricorso naturale e innato che funge da collegamento tra universo materiale (le molecole) e immateriale (la psiche) tra i quali le emozioni scorrono portando informazioni, ritmi, messaggi la cui codifica può spettare esclusivamente al protagonista della vicenda. Il medico ha la funzione vitale di accompagnare il paziente in un percorso di decodifica qualora esso si renda necessario al conseguimento di salute, benessere e conoscenza. 3) I meridiani della MTC: la scoperta delle reti di Bong-Han Nel 1962 Kim Bong Han, un chirurgo coreano, scopriva un quarto sistema circolatorio corporeo, successivamente denominato Primo Vascular System (PVS),che utilizza energia bio-fotonica e attraversa cellule, tessuti e vasi, dotato di corpuscoli in corrispondenza dei punti di agopuntura. La scoperta rimase sconosciuta per una quarantina di anni, fino a quando alcuni ricercatori di biofisica dell’Università di Seul decisero di accertarne l’esistenza. Gli studi, per ovvie ragioni, sono stati finora compiuti solo sugli animali, ma non ci sono motivi per supporre che il PVS non interessi allo stesso modo anche gli esseri umani, come confermano per altre vie i risultati della metodica in oggetto. Si tratta di una rete (ne è stata anche determinata la lunghezza delle maglie, che misurano 1-2 mm), coincidente in parte con i meridiani della Medicina Tradizionale Cinese (e relativi punti di agopuntura), con terminatori epidermici che danno informazione in tempo reale sullo stato del paziente, attraverso emissione di corrente elettrica. Grazie a queste ‘finestre’, punto di sbocco fotonico di strutture cellulari, vengono effettuatele misurazioni col Bio-Explorer. A ulteriore conferma, si può anche osservare che se i sistemi corporei, per trasmettere specifiche informazioni, si avvalessero solo di processi biochimici, il trasferimento sarebbe troppo lento. Un esempio tra tanti: la 51 rapidità con cui gli stimoli sensoriali raggiungono il cervello attraverso gli organi deputati. 4) Karl Pribram e il cervello holonomico Le intuizioni del neuroscienziato, che abbiamo trattato poc’anzi a proposito della Trasformata di Fourier, supportano l’idea del cervello come realtà olografica, confermata dagli studi di David Bohm. Il fisico vedeva l’universo come una infinita riproduzione nella quale, per un ordine implicito, ogni singola parte di una struttura racchiude l’informazione dell’intero. L’incontro tra i due scienziati avvalora vicendevolmente le ipotesi di partenza di ognuno, fino alla formulazione della caratteristica ‘holonomica’ del cervello, termine da preferire al concetto di ‘olografia’ poiché quest’ultima si riferisce a una immagine statica, mentre il cervello e l’universo di cui esso fa parte sono in continuo movimento. Nel 1991 Pribram formula la sua teoria secondo la quale il cervello è un ologramma che concretizza messaggi di una realtà primaria appartenente ad un universo olografico (una dimensione al difuori dello spazio-tempo), traducendo per via matematica frequenze (utilizzate per trasmettere l’informazione mentale-emozionale) in materia, secondo un processo non locale51. La correlazione neurotrasmettitore-area cerebrale rilevata dal Bio-Explorer in varie migliaia di visite confermerebbe inequivocabilmente tale teoria in ogni suo aspetto. Come abbiamo già visto, la realtà primaria del pensiero creativo, insito in ogni essere umano, utilizza strati di interfaccia (mentale-culturale, emozionale, eterica) che costituiscono altrettanti livelli di coscienza: questi comprimono le frequenze fino allo strato eterico, una specie di ‘sala di comando’, che attiva i neuroni. Quando modelli mentali limitanti, associati a vissuti emotivi di particolare impatto, alterano l’espressione del pensiero creativo, 51 Vedi nota 39. Lashley aveva addestrato dei ratti a orientarsi in un labirinto, nella previsione di un succulento premio finale. Con sua grande sorpresa, una volta asportate porzioni ingenti di cervello soprattutto quelle che Penfield identificava quale sede della memoria, contenenti i famosi engrammi-, gli animali erano perfettamente in grado di districarsi e guadagnarsi il cibo, sia pur in modo maldestro a causa dei danni sul sistema motorio. 52 lo strato eterico viene in qualche modo compromesso, attivando la rete neuronale la cui specifica stimolazione molecolare rappresenta più efficacemente il trauma. 5) Le leggi della biochimica Per quanto riguarda quest’ambito valgono le leggi della biochimica così come riportate dalla letteratura scientifica ufficiale, cui si aggiunge l’ampliata visione PNEI riguardante processi di dialogo tra molecole e i vari sistemi corporei. 6) L’ingegneria tecnologica per una lettura chimica, simbolica ed emozionale di neurotrasmettitori, ormoni, peptidi, organi e markers di vario tipo Al creatore del Bio-Explorer spetta il merito di aver approfondito e assemblato conoscenze interdisciplinari derivanti da ambiti e geografie diverse, integrate da competenze ingegneristiche, informatiche e biofisiche. Il sistema, sfruttando l’energia bio-fotonica del corpo, misura natura ed entità delle molecole presenti, utilizzando come riferimento parametri della biochimica ufficiale, mentre un algoritmo calcola i tempi relativi all’evento traumatico. L’operatore medico, infine, ne interpreta i significati sul versante psichico e patologico, fornendo diagnosi e simulando la terapia più idonea. Per chiarire meglio le interazioni tra i vari aspetti che caratterizzano l’essere umano, lasciamo la parola allo stesso Castrica: Poter lavorare su tutti i piani su cui si manifesta la malattia, dal mentale che gestisce i modelli di comportamento, all'astrale per la gestione delle componenti emozionali, all'eterico che attiva i pattern neuronali in modo olografico, quindi sui singoli gruppi di neuroni per ogni tipologia, sui 53 processi biochimici in gran parte derivati dalle attivazioni neuronali, ma non solo, e per finire sulle invasioni dall'esterno di parassiti, funghi, metalli e sostanze varie, significa avere veramente in mano la situazione di una persona, dal suo massimo profondo fino alla materia, il corpo. Tutto! La estrema sensibilità del Bio-Explorer permette tutto questo, potendo così anticipare la malattia anche di molti anni. Il lavoro fatto sulla individuazione dei modelli di riferimento (chiamiamolo Super-Io) e relativo riequilibrio, ha aperto le porte non solo alla eliminazione dei conflitti vissuti nel passato, da prima della nascita al giorno del test, ma anche alla riarmonizzazione dei modi di reagire che sono stati esasperati in vari modi dalle situazioni e conflitti spesso drammatici, vissuti essenzialmente nei primi sei anni della vita. Il Bio-Explorer fa vedere molto bene il trasferimento nel modello di riferimento dei traumi vissuti nei primi anni della vita, con conseguenti reazioni ad altri eventi vissuti che contengono sistematicamente le componenti emozionali a suo tempo inserite nello "stampo". La paura, la rabbia, la perdita di autostima, il sentirsi debole come donna o come uomo, il blocco della capacità di reagire, l'inibizione sessuale, etc… Eliminando le deformazioni dello "stampo" che attiva le nostre reazioni, si può vivere con un maggiore, spesso molto maggiore equilibrio, serenità, soprattutto riducendo il numero di somatizzazioni di conflitti e quindi di attivazioni neuronali che portano a riduzione di attività del sistema immunitario, stati depressivi o iper-eccitati, squilibri nei sistemi di regolazione e così via. 54 2.4 - Riflessi simbolici del sentito: aree cerebrali, neurotrasmettitori, peptidi, ormoni, organi e sistemi Qualunque sia l’evento psichico-endogeno scatenante è importante poter formulare la terapia più adeguata per riequilibrare le reti neuronali, ‘spegnendo’ l’eccesso eccitatorio o inibitorio e correggendo stati psicoaffettivi, traumi e modelli mentali (su consenso del paziente), oltre a risanare le alterazioni cellulari in area sistemica. Nelle circostanze di cause o concause esogene è possibile rilevare lo stato di fatto, riequilibrando al meglio il ‘terreno’ dal punto di vista psico-fisico. In tutti i casi la metodica risale alle origini, individuando carenze affettive e riarmonizzando ferite ‘a monte’, laddove la moderna medicina ufficiale interviene quasi esclusivamente sugli aspetti corporei, agendo sugli effetti e ignorando le sovra-strutture emotivamente significanti. L’approccio si fa dunque particolarmente interessante per individuare in area cerebrale l’eccesso di molecole, sottolineando il fatto che meno del 3% delle sostanze emesse in ambito sinaptico raggiungono i recettori a valle, mentre il 97% entra nel circolo e si deposita dove trova espressione, spesso esasperata, di recettori. La somatizzazione di eventi traumatici scatena l’espressione incessante di due categorie di sostanze, che potremmo associare a risposte di ‘attacca’, ‘fuggi’ e ‘freezing’: - neurotrasmettitori, peptidi e ormoni inibitori (GABA, glicina, bombesina, vip, istamina, sostanza p, CRF, cortisolo, prolattina, ecc.) con effetti che bloccano in modo più o meno grave il sistema immunitario per legame coi recettori delle sue cellule e possibile inibizione sessuale maschile/femminile (es. prolattina); - neurotrasmettitori, peptidi e ormoni eccitatori (dopamina, acetilcolina, adrenalina, noradrenalina, glutammato, aspartato, ecc.), che legano con recettori idonei, alterando ritmo cardiaco e pressorio, incidendo su peristalsi, equilibrio idrico, ecc. L’emissione costante di neurotrasmettitori genera autossidazione delle sostanze emesse, con produzione di radicali liberi che generano ossidazione, nitrosilazione, glicosilazione e quindi distruzione degli stessi 55 neuroni attivati o adiacenti. Aree cerebrali, sostanze, organi, sistemi corporei, rappresentano simbolicamente il trauma vissuto: ognuno di essi può già svelare molto sul vissuto del paziente. Immaginiamo dunque come possa essere ricostruita la storia fisica ed emotiva, mettendo in relazione tutti gli elementi che manifestano nel corpo messaggi provenienti dall’universo culturale, spirituale, famigliare, relazionale, sessuale, ecc. Durante la diagnosi il medico è in grado di verificare se il paziente attraversa una fase in pieno conflitto psicobiologico (simpaticotonia) o di risoluzione (vagotonia), qualora egli abbia più o meno spontaneamente trovato una soluzione profonda al proprio trauma. Non sempre ciò comporta garanzia di guarigione soprattutto qualora permangano attivazioni eccitatorie/inibitorie di eventi correlati, o per il sopraggiungere di ulteriori fattori psico-fisici. Senza contare il delicato momento rappresentato dalla crisi epilettoide. La presenza di marcatori quali interleuchine, interferoni, molecole derivate dall’acido arachidonico, come risposta all’attivazione di virus, batteri e funghi, aiuta a interpretare la fase della malattia, nonché il tipo di terapia più adeguata al momento. 2.5 - Nuovi orizzonti diagnostici e terapeutici Da quanto osservato, possiamo dedurre il respiro olistico dell’approccio considerato, il quale si collega alle costanti universali osservate alla fine del primo capitolo. In considerazione di quanto emerso, possiamo solo immaginare quali nuove frontiere possano aprirsi, tanto a livello diagnostico quanto nella messa a punto di una strategia terapeutica mirata. Ricapitoliamo e integriamo: al fine di poter rilevare lo stato del paziente, il Bio-Explorer sfrutta le frequenze elettromagnetiche che danno luogo ad uno spettro di riferimento di tutte le sostanze che permettono di interpretare la vita psichica e gli scambi cellulari su stimolazione del network neuronale. Lo spettro finale è il risultato interattivo dei singoli 56 spettri, ognuno dei quali risultante da una rilevazione quantistica applicabile in medicina (QED, Quantum Electro Dynamics). In alcune zone del corpo si trovano ‘finestre’ di emissione elettrica, punto di sbocco della struttura (molecola o cellula o organo) che emette una propria frequenza. L’emissione elettrica in uscita rileva dunque tanto il livello di regolazione omeostatica in assoluto, e quindi la condizione di apparati anatomici (aree cerebrali e organi), quanto l’espressione patologica di molecole e sostanze all’interno dell’organismo: queste ultime sono misurabili grazie al rilevatore (probe), su stimolazione elettromagnetica di un campione (neurotrasmettitore, peptide, ormone, markers di vario tipo, metallo pesante, parassita) esterno al corpo del paziente. Nelle misure di base in assenza di markers, il puntale capta la corrente emessa spontaneamente dal punto di misura (corpuscolo della rete di Bong-Han Kim) ed il sistema computerizzato ne registra il valore. Se questo si presenta entro i 300-400 nA è assodata una regolarità di emissione, che corrisponde a una situazione molecolare e sistemica nella norma. Valori diversi da quelli nominali indicano una qualche anomalia, tanto importante quanto più si discosta da quelli di riferimento. Utilizzando un marker molecolare, le variazioni di corrente rilevate dallo strumento sono proporzionali alla quantità della specifica molecola espressa nell’area correlata col punto di misura. Il grado di sensibilità del Bio-Explorer è molto elevato: calcolando che siamo nelle unità di misura delle picoMoli,è possibile individuare un processo degenerativo con un anticipo di una diecina di anni, e i segni clinici di un tumore allo stato iniziale quando ancora si compone di pochissime cellule alterate. Di seguito un generico elenco delle indagini che si possono effettuare, in considerazione del fatto che possono essere ricercate oltre 120 molecole diverse: - neurotrasmettitori, neuropeptidi, ormoni processi di ossidazione-nitrosilazione-glicosilazione markers batterici, virali, fungini markers infiammatori e immunitari proteine e amminoacidi 57 - metalli pesanti - marcatori etilici - parassiti Prendendo spunto dall’assegnazione di uno dei due Nobel per la medicina di quest’anno, 2015, relativamente alla ricerca sull’infestazione parassitaria, ci soffermiamo sull’incidenza dell’invasione patogena, sia come causa che come concausa di malattia. In base all’esperienza dei medici che utilizzano il Bio-Explorer, eventi traumatici che interessano il cervello addominale, attivando neuroni che emettono sostanze inibitrici del sistema immunitario, favoriscono lo sviluppo di parassiti, con conseguenti problematiche serie le cui cause sfuggono il più delle volte alla medicina ufficiale. L’attivazione dei linfociti TH-2 porta ad inibizione dei TH-1 antitumorali, inibizione delle caspasi 3 e 7, con conseguente proliferazione di cellule tumorali nella zona colpita, dove sono presenti parassiti. Se i parassiti permangono a lungo nell’area intestinale tendono inoltre a migrare nei vari organi, compreso il cervello, che riescono a raggiungere senza eccessiva difficoltà, con possibilità di attraversamento della barriera emato-encefalica: i danni sono notevoli, soprattutto quando concorrono all’azione di malattie neurodegenerative. Purtroppo la pericolosità di questi ‘ospiti’ (con conseguenze generali dannose, concausa di malattie neurodegenerative, immunosoppressione) viene ancora quasi del tutto ignorata dalla medicina ufficiale; si spera che il Nobel di quest’anno apra nuove frontiere di conoscenza ed attenzione su questo tema. Sarebbe auspicabile che lo strumento trovasse applicazione soprattutto (ma non solo) a fini preventivi, nell’ambito di screening mirati a rendere sostenibile una sanità pubblica sempre più in crisi. Solo per fare l’esempio delle malattie neurodegenerative (che gravano pesantemente sullo Stato e sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie) pensiamo all’utilità di una loro anticipazione grazie alla lettura specifica di segnali biochimici che precedono di gran lunga quelli clinici, con la possibilità di rallentare i meccanismi della patologia. Dalla letteratura emerge che il processo neurodegenerativo non è mai isolato ma si 58 accompagna ad una serie di dinamiche (ossidative, infiammatorie, vascolari, infettive, eccitatorie, ecc.) il cui riequilibrio può garantire un’alta qualità di vita, sempre che si intervenga in tempi utili. La scelta terapeutica come logica conseguenza all’uso del BioExplorer sottende la stessa visione olistica di quella diagnostica, nella concezione di una cura integrata che permetta di fronteggiare patologie o segnali neurodegenerativi, autoimmuni, oncologici, psicopatologici, cronici. Qualunque sia la malattia o il malessere in atto, le azioni di cura sistemica non possono prescindere dalla disattivazione neuronale di molecole eccitatorie/inibitorie: entrambe dalla correzione in termini di resilienza emozionale. Essa deve intendersi quale risultato di una proposta rieducativa volta a rendere consapevole il paziente delle sue innate capacità: appropriandosi di nuovi stili di vita, evolvendo traumi, trasformando modelli famigliari, educativi e culturali, risanando archetipi interiorizzati in modo alterato. Tante sono le modalità (e soprattutto perfettamente compatibili e sinergiche), alfine di garantire sempre maggiore dignità all’essere umano, fondamentale quanto il proprio diritto ad esistere. 59 CAPITOLO 3 - CASI CLINICI In questa sezione verranno riportati alcuni esempi clinici e relativi istogrammi, quali risultato della visita con Bio-Explorer, con indicazioni circa la storia del paziente e un breve commento orientativo. I valori della griglia che troviamo nella porzione superiore dei grafici (eccetto quelli di base, riferimento per le singole misurazioni) non vanno considerati: trattasi di misure del sistema, legati all’algoritmo che calcola i tempi in cui hanno avuto luogo i vari eventi traumatici. Nella valutazione clinica sono invece importanti i singoli spettri che completano l’istogramma, la cui lettura dà il quadro psico-biologico del paziente. I valori grafici pari a zero o entro i cinquanta punti sono considerati normali; entro i cento accettabili, significativi o border-line, a seconda dei casi; oltre tale parametro la condizione viene ritenuta tanto più importante quanto più ci si discosta dal riferimento di base. Gli istogrammi possono riferire la misurazione di neurotrasmettitori, peptidi e ormoni, associati ad aree cerebrali che già nella prima fase dell’indagine con la metodica presentano criticità; le stesse aree possono essere soggette a valutazione bio-chimica tramite l’utilizzo di marcatori di vario tipo (secondo i parametri ufficiali), soprattutto per quanto concerne malattie neurodegenerative. I grafici possono riguardare pure lo stato degli organi che destano interesse durante l’esplorazione iniziale, valutati poi alla luce di markers immunitari, metalli pesanti, parassiti ecc.; anche in questo caso, si fa riferimento ai parametri biochimici vigenti in letteratura. Nella prima ipotesi si evidenzia l’eventuale presenza di sostanze eccitatorie e/o inibitorie, illustrate, rispettivamente, da sinistra a destra, referenti l’emissione alterata sulle 24 ore di molecole a partire dall’evento traumatico: grazie al calcolo dei tempi, esso può essere riconducibile persino al periodo perinatale e prenatale. L’eccesso di alcuni neuromediatori potrebbe sembrar contraddire taluni criteri ufficiali. Ad esempio, l’espressione incessante di serotonina rilevata dal Bio-Explorer correlata a depressione (disturbo di norma associato ad una deficienza della molecola), rappresenta il tentativo dell’organismo di fronteggiare una necessità psico/bio-chimica, senza però 60 riuscire a rendere disponibile in modo utile la sostanza. Va inoltre considerato il fatto che essa si accompagna generalmente alla sollecitazione di altre molecole inibitorie, le quali alterano i meccanismi di regolazione cellulare, soprattutto a livello del sistema immunitario. Si ribadisce ancora una volta che le sostanze individuate nelle aree cerebrali non presumono a priori una loro reale presenza nelle zone considerate, quanto un richiamo di carattere holonomico, secondo quanto spiegato all’interno del secondo capitolo, a proposito della visione del cervello secondo Karl Pribram. La terapia è ovviamente personalizzata, non solo sulla base delle diversità patologiche, ma soprattutto relativamente alla unicità di ogni paziente. Essa si snoda, di norma, su tre versanti, secondo un approccio di tipo integrato: si procede alla risoluzione dei singoli eventi traumatici disattivando i neuroni che esprimono in continuazione sostanze in modo anomalo, riequilibrando altresì le varie componenti emotive (rabbia, risentimento, vergogna, ecc); si provvede, quindi, all’armonizzazione dei modelli generati nell’infanzia dagli archetipi (attraverso le figure genitoriali), vale a dire, le leggi di reazione che agiscono soprattutto in modo inconscio di fronte agli eventi della vita; si curano, contemporaneamente, gli organi e\o i sistemi implicati a partire dalla loro unità di base: la cellula, individuando e contrastando con adeguate terapie i processi biochimici patologici attivi. Si suggeriscono inoltre attività intellettuali, meditative, di movimento, creative, ricreative o psicoterapeutiche adeguate, in linea con le personali preferenze del paziente, invitato, attraverso un linguaggio consono, a una presa di coscienza della propria storia. Essere consapevoli della possibilità di poter riclassificare eventi, modelli e reazioni, di poter apprendere nuove esperienze emotivamente appaganti, sottrae gli esseri umani ad uno stato di passività e di sofferenza interminabile. Diversa è la qualità di una vita che ci vede protagonisti delle nostre vicende, anche qualora esse riguardino eventi dolorosi e ferite profonde, con la possibilità di sfumarne i contorni, guarirne le cicatrici, aprendoci a nuove prospettive che alleggeriscano il cuore, disponendolo, nel rispetto dei tempi e delle scelte personali, ad una gioia e una serenità possibili. 61 Depressione 62 La protagonista è una signora di 45 anni, sposata con figli. Racconta di uno stato di infelicità percepito sin dall’infanzia, caratterizzata da carenza affettiva, una madre con tendenza depressiva, atteggiamento genitoriale giudicante, coerente con una specifica cornice culturale. Il senso di inadeguatezza, di insicurezza, il ‘sentirsi oppressa’, hanno confluito nel corso del tempo verso uno stato depressivo, soprattutto nel contesto di eventi di pertinenza lavorativa e di coppia. Essi hanno profondamente inciso sulla realizzazione professionale e relazionale, in special modo quella sentimentale, richiamando e acuendo i modelli e le emotività infantili. La signora mostra tentativi di reazione (evidente nella produzione di noradrenalina e altre molecole) che tendono in qualche modo a compensare i livelli inibitori: attraverso scatti di rabbia, ella canalizza e sfoga il disagio mantenendo una sorta di ‘equilibrio’, per quanto precario e instabile. L’istogramma, quale risultato della visita con Bio-Explorer, presenta livelli di espressione patologica di neurotrasmettitori e neuro-peptidi che confermano lo stato depressivo, iniziato con un evento risalente a circa 18 anni prima, seguito da un secondo dieci anni dopo il precedente. Si noti soprattutto l’eccessivo coinvolgimento di neuroni serotoninergici che liberano in modo patologico la sostanza, in modo incessante nelle 24 ore con conseguente depressione: essa viene associata simbolicamente e in modo preponderante all’area motoria (a seguito di una situazione avvertita “senza via di uscita”), che la paziente conferma di aver vissuto proprio con tale sentito, esattamente nel tempo indicato dal calcolo dello strumento. Significativa anche l’implicazione della corteccia prefrontale (Super-Io giudicante, interiorizzato durante i primi anni di vita attraverso le figure genitoriali), della corteccia frontale (correlata a una soggettiva deduzione che ha arrecato conflitto, a seguito di un ragionamento intorno all’evento). Nelle stesse aree si può notare una pesante svalutazione di genere (in questo caso femminile) segnalata dal pregnenolone, nonché un significativo stato di ansia (CRF), stress cronico (cortisolo) e allarme (adrenalina). I tempi indicati rappresentano i singoli traumi (significativo quello risalente a 15,7 anni prima, in cui la paziente si è sentita ‘incastrata’ e ‘senza speranza’), che hanno attivato il rilascio anomalo di serotonina convergente sull’area motoria. Sul prototipo di riferimento creato nei primi anni di vita (Super-Io, nell’area prefrontale), si modella il comportamento/reazione, che, puntualmente richiamato, agisce sistematicamente in ciascun evento emotivamente classificato come cruciale. 63 Demenza con tendenza alla depressione 64 Paziente di 68 anni con problematiche di demenza. L’istogramma evidenzia danni significativi sull’area frontale, in entrambi gli emilati (nei quali il livello di regolazione omeostatica è particolarmente basso, tipico dei casi di Pick’s Disease) e prefrontale. Essi indicano, rispettivamente, conflitto per deduzione di un proprio ragionamento intorno ad un dato evento e severità giudicante del Super-Io come da modello genitoriale, riconducibili a due momenti precisi: 23,6 e 12,1 anni prima. I periodi corrispondono esattamente: all’attivazione delle reti neuronali stimolate dalle varie reazioni emotive del soggetto agli eventi; al raccordo delle sostanze prodotte sulle aree cerebrali che simbolicamente descrivono il vissuto. Significativi anche i conflitti attivi sulla zona temporale, per trauma in seguito a conflitto che ha colpito il pensiero creativo, confermato da un trauma realmente vissuto dal paziente nell’ambito del lavoro, esattamente nel periodo indicato dallo strumento su calcolo dell’algoritmo. Le specifiche sostanze emesse comportano danni per autossidazione. Il glutammato, soprattutto, ha attivato processi eccitotossici sulla corteccia frontale, con conseguenti danni a livello cognitivo. Gli alti livelli di serotonina rilasciata portano ad uno stato depressivo significativo, evidente a livello clinico. 65 Forte stato depressivo non compensato 66 Grande sofferenza, risentimento e svalutazione descrivono questo paziente di 74 anni, la cui storia è caratterizzata dall’assenza della figura maschile e dalla presenza invasiva di una madre volta al controllo totale dell’unico figlio. Il modello integrato nella prima infanzia, volto al compiacimento, alla sottomissione e al ricatto affettivo, nega la possibilità di arrabbiarsi e reagire in forma acuta, come mostra lo scarso valore di noradrenalina e sostanze eccitatorie che potrebbero in qualche modo bilanciare la forte inibizione (così come risultava, ad esempio, nel primo istogramma esaminato). Emergono invece, in modo preoccupante, molecole che rappresentano sofferenza (sostanza P), svalutazione (VIP), risentimento cronico (bombesina) e depressione (serotonina). Ciò influisce pesantemente sul sistema immunitario del paziente, che presenta uno stato fortemente depresso, come denuncia l’importante invasione parassitaria e una serie di problematiche intestinali come rilevato dall’istogramma relativo ai markers immunitari (che non è stato possibile riportare in questa sede), con serie conseguenze dal punto di vista clinico. 67 Stato eccitatorio non compensato 68 Situazione contraria alla precedente di un paziente di 68 anni con semiassenza di controllo delle sue reazioni emozionali rabbiose. Negli eventi somatizzati si nota un violento squilibrio fra l’espressione dei neurotrasmettitori eccitatori e quella degli inibitori attivati dal Super-Io. L’uomo reagisce in tal modo ad un rifiuto legato alla propria nascita, alle minacce e alle punizioni (anche corporali) subite nell’infanzia dalla figura paterna, che ha omesso la creazione di leggi equilibrate di comportamento (Super-Io). La persona è molto aggressiva e non si controlla. Il livello elevato delle sostanze emesse porta a danni pesanti nelle aree del temporale, nell’occipitale, su ipotalamo e sistema simpatico. 69 Sclerosi Laterale Amiotrofica 70 Il paziente di 73 anni è affetto da SLA in fase avanzata. Si noti la somatizzazione su entrambi i lati del tronco encefalico, che rappresenta simbolicamente il sentito non posso mandare giù l’evento o anche non posso dire, vissuto con particolare drammaticità, risalente a circa 19 anni prima del test, secondo il calcolo della metodica. L’epoca è considerevolmente precedente alla manifestazione clinica: come si è già detto nel secondo capitolo, l’estrema sensibilità dello strumento, avrebbe consentito di agire a livello preventivo nel lasso di tempo precedente i sintomi. Il trauma che ha colpito il tronco encefalico è stato confermato dai famigliari che hanno concordato anche sul periodo indicato dal Bio-Explorer: raccontano di un’esperienza vissuta e mai superata dal paziente in seno a una problematica che ha coinvolto simultaneamente famiglia e lavoro. Sull’area cerebrale considerata, l’espressione di glutammato e steroidi risulta molto elevata, con conseguente attivazione di processi eccitotossici distruttivi dei neuroni interessati per via necrotica e quindi danni alla fonazione e alla deglutizione. Danni elevati anche sulla corteccia motoria di destra e di sinistra, altra area tipica della SLA, legata al vissuto simbolico: non posso fuggire da questa situazione. Nel grafico successivo è possibile valutare l’invasione di parassiti a livello dello stesso tronco encefalico. Le migliaia di test con Bio-Explorer confermano sempre più come le malattie neurodegenerative siano spesso accompagnate dalla presenza di ‘ospiti’ patogeni. 71 SLA (segue) 72 Invasione nell’area del tronco encefalico di parassiti di vario genere che sono riusciti a superare la barriera emato-encefalica; nell’istogramma precedente relativo alle aree cerebrali, le meningi già evidenziavano una considerevole criticità che lasciava presagire la portata del problema. L’entità dei danni cerebrali vede una significativa concausa nell’ingente proliferazione patogena, purtroppo non rilevabile con gli attuali strumenti della medicina, anche a causa delle minime dimensioni di molti parassiti. Il test è stato interrotto per stanchezza del paziente. 73 SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) 74 La paziente di 54 anni ha avuto un decorso della malattia piuttosto rapido a partire dai primi sintomi, avvertiti meno di due anni prima della visita, con danni importanti a livello della deglutizione e della fonazione. Nonostante ciò la signora collabora durante il test, annuendo circa l’evento cruciale vissuto come boccone che non è riuscita a mandare giù, verificatosi nel preciso periodo individuato dalla metodica, confermando anche di aver inibito ciò che avrebbe voluto dire senza purtroppo riuscirvi nella circostanza considerata. Viene qui mostrato l’istogramma relativo ai processi bio-chimici delle aree cerebrali interessate, valutate sui livelli ossidativi e immunitari, come dimostrano le varie interleuchine, le caspasi, il TNF, ecc. 75 CONSIDERAZIONI FINALI Come tutti i viaggi, anche questo giunge al termine: lascia interrogativi aperti, dubbi, domande, ambizione a scavare ancora, portandosi dietro fatiche, nostalgie e ricompense. Come tanti viene condiviso oppure no. Resta l’intenzione sincera e il desiderio di continuare a scoprire cosa c’è dietro il dolore e la gioia che scandiscono la vita che viviamo, cosa ci divide e ci lega come individui. E cosa possa fare ognuno di noi, di grande o di piccolo, per contribuire a migliorare l’esistenza dell’umanità e del pianeta. Sondare universi estranei alla propria formazione non è mai semplice: oltre lo sforzo fisico e mentale che tale avventura richiede, si rischia talvolta di apparire superficiali e approssimativi. L’intento è stato quello di comunicare esperienza e ricerca, sperando che nuovi spunti costituiscano l’occasione per nuovi perché? Il lavoro che conclude questo percorso si lega ad un cammino iniziato già diversi anni or sono: con tutti i limiti del caso, credo ne sia valsa la pena. Lasciando le specialità mediche ai professionisti del settore, si è tentato semplicemente di contribuire alla creazione di un linguaggio universale grazie al quale le scienze umanistiche possano dialogare con quelle ‘dure’, nella speranza che tale termine sia da intendersi nel senso di ‘relativo alla materia’ e prescinda da rigide concezioni. La scelta di associare tematiche antropologiche ad uno strumento di biofisica ha varie motivazioni: innanzitutto vi è la sorprendente affinità simbolica comune cui si fa costantemente riferimento; non ultimi, l’approccio olistico al paziente, e gli incoraggianti e sempre crescenti risultati della metodica che si contano ormai su diverse migliaia di casi. Negli anni, si è potuto prendere atto della grande validità del Bio-Explorer e dell’infaticabile lavoro del suo inventore che, per la sua realizzazione, ha interagito per molti anni con scienziati di alto livello professionale e umano. Non credo si possa più fare antropologia medica ignorando i meccanismi psico-fisici: nell’economia di un tempo divenuto sempre più sfuggente a causa dei ritmi che ci imponiamo, ho scelto di tralasciare aspetti più prettamente teorici per almeno tentare di comprendere qualcosa di più universale, che al contempo chiamasse in causa filosofia (quale attitudine dell’essere umano volta alla ricerca di significati profondi), e pragmatismo (quale necessità di risposte concrete a 76 tematiche inerenti la sfera salute/malattia e la prospettiva di una integrazione delle cure). La domanda di partenza era ‘come mai’ si verificassero guarigioni o cambiamenti psico-fisici in determinate situazioni quali, ad esempio, rituali e stati di trances, o come conseguenza di credenze particolarmente radicate. L’interrogativo si è snodato nel corso di esperienze di vita e di studio, le quali hanno incluso visioni che tenessero in particolare considerazione i riflessi fisici di vissuti traumatici e gli aspetti simbolici del corpo; fino a giungere all’incontro col Bio-Explorer, uno strumento in grado di poter dare misura di tutto ciò. Le significative trasformazioni osservate durante un notevole arco di tempo (a partire dalle possessioni rituali in Terra Salentina, che hanno impressionato la mia infanzia) riguardano epoche, circostanze, genti e luoghi diversi del pianeta: sempre si svelava, però, una via psico/spirituale indipendentemente da una pertinenza religiosa. In tutti i casi si toccavano aspetti significativi della psiche che coincidevano con un blocco originario dell’io-creativo e il suo successivo fluire grazie al ricorso rituale, ipnotico, meditativo, sensoriale, creativo, o ad un’arte medica e/o psicoterapeutica in cui l’essere umano viene contemplato nei suoi molteplici aspetti. Qualunque fosse la modalità, si accedeva ad un ‘non luogo’ e in un ‘non tempo’ in cui l’idea di ricerca armonica poteva in qualche modo realizzarsi. A sua volta, il medico del terzo millennio, con buona dose di umiltà, dovrà essere anche un po’ filosofo, un po’ psicologo, un po’ antropologo, un po’ teologo e interagire con tali figure professionali: semplicemente perché, come accennato nell’introduzione, le varie discipline non rappresentano se non gli altrettanti aspetti dell’essere umano. Sono cambiate le nostre esigenze e i nostri linguaggi; non possiamo più pensare di vivere così separati da noi stessi, dai nostri simili, dalla natura. Strutture sanitarie, in cui il malato è uno dei tanti numeri che intasa corsie e pronto soccorso, dovrebbero pian piano sostituirsi con luoghi di vera accoglienza, in cui anima e corpo vengano curati con la stessa dedizione. I nostri anziani hanno diritto ad essere onorati per quanto ci hanno trasmesso: il ‘buono’ e il ‘meno buono’ che da loro ereditiamo fanno parte allo stesso modo di grandi insegnamenti. I bambini, prossimi adulti, hanno bisogno di tutta la nostra attenzione, non certo della nostra pigrizia fisica, intellettuale e spirituale. Inoltre, non dovremmo stancarci di mostrare ai ragazzi altre prospettive di comunicazione 77 oltre quelle ossessive dei social networks. Rispetto a qualche decennio fa ci sentiamo tutti un po’ più soli e smarriti, soffrendo i timori di un futuro incerto per noi stessi e i nostri figli. Ma accanto all’esacerbazione delle problematiche che stanno affliggendo il pianeta e gli esseri umani -crisi economiche, inquinamento, soprusi, fame, guerre, integralismi, interessi finanziari, malattie- un numero sempre crescente di persone si impegna giorno e notte perché crede in un progetto etico comune. Dovremmo forse imparare a focalizzare il cuore e l’attenzione su ciò che di meraviglioso ci circonda Se dici che il mondo è così brutto cosa sono i fiori di tiglio e i nidi d’ape…52 e come replicarlo all’infinito; potrebbero così dissolversi le nebbie che troppo a lungo stagnano, mentre all’orizzonte si delineano le luci di una nuova alba, rendendo meno buie le notti della nostra anima. 52 Tratto da una poesia dello scrittore, poeta e regista Silvano Agosti. 78 BIBLIOGRAFIA GENERALE BOTTACCIOLI Francesco, Epigenetica e Psico-neuro-endocrino-immunologia, Edra, Milano 2014. BOTTACCIOLI Francesco, Filosofia per la medicina, medicina per la filosofia. 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