Scaricalo e stampalo
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Scaricalo e stampalo
Passaparola è un romanzo a più mani in cui sei autori si alternano nel raccontare una storia che non è decisa a priopri, ma che si reinventa di volta in volta. Gli autori sono, nell'ordine: Gianluca Morozzi, Luca Martini, Eliselle, Francesca Bonafini, Heman Zed, Caterina Falconi. Ogni autore scrive un capitolo, poi passa la mano all'autore successivo. L'ultimo autore della catena (Caterina Falconi) passerà di nuovo il testimone a Gianluca Morozzi, e così via... Sette stelle nel cielo di Roma Primo capitolo: Gianluca Morozzi Ieri F acciamo che è un giorno qualunque del 1989 e tu sei Superman e stai volando tra i palazzi di un quartiere a caso di una imprecisata città, e siccome sei Superman hai il superudito e senti tutto quel che stanno ascoltando gli italiani nell’intimità dei loro appartamenti, e da tutti quei salotti alla stessa ora ti arriva alle orecchie la stessa sigla del telefilm che ogni italiano in quel momento sta guardando. Lo stesso telefilm, per tutti. Con una sigla che – per fare un paragone adeguato – potrebbe ricordare We are the world, non tanto come melodia, quanto per l’elevato contenuto di saccarosio e di prepotente retorica, e non tanto per il testo – al cui confronto Vattene amore sembra Finnegans wake –, ma per la potenza appiccicosa dell’accorato ritornello, quello che dice «Ci sono seeette stelle / seeeette stelle / sette, sette, sette stelle / nel cielo di Rooomaaaaaa». Così rimani un po’ a svolazzare tra i tetti di questo quartiere a caso della città imprecisata di cui sopra, e poi per fortuna c’è un’invasione aliena su Metropolis, così devi andartene a fare il tuo sporco lavoro. Solo, be’, è strano, ma intanto che abbatti robot a colpi di vista calorifica e soffio congelante, è curioso, ma hai una cosa che ti è entrata in testa, non attribuibile alle sofisticate armi della flotta d’invasione aliena –flotta di potenza e strategia risibili –, ma piuttosto qualcosa che non esce dal tuo cervello... Con grande stupore, tu che sei Superman, ti ritrovi a canticchiarti «Ci sono seeette stelle / seeette stelle / sette, sette, sette stelle / nel cielo di Roooomaaaa». Speri quasi in un bell’attacco a base di kryptonite rossa, per liberarti dall’orrendo tormentone. Facciamo che ti chiami Gianni Crippa e fai il capotreno, e stasera non sei di turno, per cui puoi finalmente stare in casa con tua moglie e i tuoi figli e guardare in tv qualcosa di più rilassante dell’espresso Torino-Crotone, che ne hai proprio bisogno. Sei seduto a tavola, tua moglie ti versa il vino, mangi con tutta calma le tue tagliatelle e le tue pol- pette coi piselli, e intanto provi a interrogare un po’ i tuoi figli sulle loro carriere scolastiche, sulle avventure di quinta elementare di Marzia, sulle vicende da terza elementare di Pietro Paolo – che hai voluto chiamare così in onore di Pietro Paolo Virdis, il tuo idolo calcistico –, ma i tuoi figli sono un po’ sbrigativi, questa sera. Specialmente Marzia. Che mangia in fretta e ogni due minuti scruta l’orologio della cucina, ripete «Dai che tra dieci minuti comincia, dai che tra otto minuti comincia, dai che tra sei minuti comincia», e quando chiedi «Amore del babbo, cos’è che comincia?» lei ti risponde – col tono di chi sta parlando con un deficiente – «Comincia Sette stelle nel cielo di Roma!» Non hai ancora finito di fare la scarpetta che Marzia si è già fiondata in sala, davanti al televisore, trascinandosi dietro Pietro Paolo. «Cosa sarebbe Sette stelle nel cielo di Roma?» domandi a tua moglie, e lei ti risponde con gli occhi che brillano. «È un telefilm nuovo, Gianni, piace tanto anche a me, e Marzia, poi, lei non solo non si perde una puntata, ma le registra, così può rivederle quando vuole». «Ah sì?», dici. «E di che parla questo sceneggiato, scusa?» «Ah, guarda, è una storia bellissima, c’è questo vedovo che ha tre figlie, che il vedovo lo fa quell’attore che ha fatto quella commedia che avevamo visto io e te quella sera dopo essere stati a mangiare la pizza da Mario anche se poi tu ti eri addormentato al cinema, insomma, c’è questo vedovo che ha tre figlie piccole belline da morire, sua moglie, poverina, è morta un anno prima, lui ha lasciato la casa in cui abitavano perché soffriva troppo a stare in quell’appartamento, troppi ricordi, be’, la sua vicina di casa è una bella signora divorziata, che la fa quell’attrice che ha fatto quel film là, con Mastroianni, e la signora divorziata, bella, eh?, raffinata, vedrai, che non si sa ancora bene perché ha lasciato il marito ma si intuisce tra le righe che lui fosse violento e alcolizzato, comunque, anche questa signora ha due figlie piccole, e dovresti vedere Gemma, guarda, la più grande delle due Passaparola figlie piccole della signora, Gemma è un incanto, è un amore, sul serio, insomma, si capisce subito che si piacciono, il vedovo e la divorziata, dico, però, capisci, lui soffre ancora per la moglie morta, poverino, lei, non si è capito bene ma secondo me ha paura che il marito violento e alcolizzato sbuchi fuori, insomma, le bambine vorrebbero che i loro genitori si sposassero, tutti tranne Danielina, che non vuole che nessuno rimpiazzi la mamma che è morta, ma al momento non è successo ancora niente, però, davvero, devi vedere Gemma che frugolino buffissimo che è, insomma, a me piace, il telefilm». «Ah» dici, finendo di fare la scarpetta. «Be’, questo l’avevo intuito». Facciamo che ti chiami Marzia Crippa, e la cosa che speri di più nell’immediato futuro, la cosa che sogni di notte, ecco, non è la promozione a scuola, che tanto a scuola vai benissimo, non è la bicicletta nuova, che tanto te la comprano i tuoi per la promozione, non è rivedere Mirco di Ferrara quest’estate a Porto Corsini, che tanto hai riflettuto e hai deciso che è un cretino, no, tutte le tue speranze sono rivolte a un obiettivo e uno solo, cioè, tu speri con tutto il cuore che Attilio e Fiorenza si mettano insieme. Attilio, il vedovo con le tre bambine, e Fiorenza, la divorziata con le due bambine e l’ex marito forse violento e alcolizzato, ancora non si sa. In questo momento saresti disposta a giocarti, be’, tuo fratello, per esempio, pur di vedere insieme Attilio e Fiorenza. Che si capisce benissimo che si piacciono, è ovvio... c’è stato quel fuggevole sfioramento di mani quando stavano rimettendo a posto le piante abbattute dalla pallonata, e quel saluto sul pianerottolo alla fine della seconda puntata, quel silenzio tra il «Allora buonanotte, Attilio» di Fiorenza e la risposta «Buonanotte, Fiorenza» di Attilio... Sì, sì, si piacciono e si sposeranno, anche contro quell’insopportabile creatura di Danielina, lei e il suo moccio al naso e la sua mammina di qua e mammina di là, si sposeranno e Danielina, mah, la venderanno agli zingari o scapperà di casa, fatti suoi. Certo, pensi, potevano anche usarne meno, di bambine. Gli autori, dici. Cioè, a parte Gemma che è adorabile, Danielina che è insopportabile, l’unica che fa qualcosa nella serie è Mila, che almeno, in ogni puntata – generalmente in un momento drammatico – si mette tutto d’un tratto a cantare una canzone di Sanremo stonando tantissimo e fa abbastanza ridere, tipo, in questa puntata qui ha cantato fortissimo Ancora / ancora / ancora / perché io da quella sera / non ho fatto più l’amore / seeenza teee, e ha fatto sghignazzare anche tuo padre, va bene, ma le altre bambine, quelle, sono decorative e non fanno niente. Adesso stanno cercando di coinvolgere Claudia e Lia in un triangolo sentimentale col bambino biondo che gioca con loro in cortile, ma è una cosa che non interessa a nessuno e che chiuderanno subito dato che non interessa a nessuno. Tanto, si sa, a canzoncina di Sanremo finita, la scena se la prende tutta Gemma, col suo magnifico sorriso e i suoi occhioni e le sue lentiggini e la scena madre, che in genere arriva a quattro-cinque minuti dalla fine della puntata. Gemma, che TeleSette ha definito «la Shirley Temple italiana», qualunque cosa voglia dire. Ecco, è quasi il momento. Gemma ha ideato un piano buffissimo per far andare al circo Attilio e Fiorenza insieme, e ora sua madre sta dicendo «Ma insomma, Gemma, non ho capito, perché fai i capricci?, vuoi la tua Barbie?, vuoi il tuo cagnolone?, cosa vuoi?» E qui tutta Italia si ferma. I fiumi smettono di scorrere, la Terra smette di girare, l’universo smette di espandersi, il tempo rallenta. Quando Gemma, che sporge il labbrino in fuori, gli occhietti umidi, la faccia dolcissima, dice la sua famosa battuta: «Io voglio soltanto una mamma e un papà». E a proposito, guarda, anche il tuo, di papà, adesso ha gli occhi umidi. Lui che guarda solo film western con i cowboy che sparano agli indiani, o polizieschi con i poliziotti che sparano ai banditi, si è commosso pure lui... Gemma è irresistibile. Davvero. La puntata è quasi finita. L’hai registrata, come tutte le altre, e te le riguarderai quattre-cinque volte in attesa del nuovo episodio. Si sbaglia, la maestra. La più grande invenzione della storia non è stata la ruota, ma il videoregistratore. Mica potevi registrare Sette stelle nel cielo di Roma, sulla ruota! Ecco i titoli di coda. Hai imparato a memoria anche i titoli di coda, Saverio Raggi nella parte di Attilio, Silvana Buscè nella parte di Fiorenza, Gemma Modesto nella parte di Gemma, Daniela Portanova nella parte di Daniela, Claudia Zenoni... Chissà poi perché le bambine si chiamano come i personaggi che interpretano. Boh. Magari su TeleSette, da qualche parte, c’è scritto. Guarda, tuo fratello muove la bocca mentre legge i titoli. Cretino. Cos’hai, otto anni o tre? Stai ancora imparando a leggere, piccolo scemo? Bah. Non si può vendere un fratello agli autori del telefilm, in cambio di un suggerimento sul finale? Facciamo che adesso vai a letto. E sogni che Attilio e Fiorenza si mettono insieme. Passaparola Oggi Facciamo che è il 2010 e sei una mosca, e stai volando in un ufficio di Roma in cui ci sono sei persone sedute intorno a un tavolo, tutte armate di portatili, laptop, iPhone e strumenti assimilabili, e che questo piccolo assembramento si chiama: riunione di redazione. Siccome sei una mosca di quelle sveglie, che non si limita a svolazzare qua e là ma studia, assorbe, ascolta, sa le cose, sai che questa è la riunione di redazione di un programma televisivo dedicato agli anni ottanta e ai loro protagonisti. Un programma che si chiama – con un gioco di parole che di riunioni di redazione ne è costate tre – 80 Nostalgia. Fa già venir voglia di guardarlo fin dal titolo, indubbiamente. Dei sei personaggi riuniti intorno al tavolo, uno è il Grande Capo Dalek, gli altri sono i suoi miseri sguatteri, impegnati a progettare le puntate che verranno. Uno dei sei ha la barba, la maglietta di Playboy, e sta fingendo di consultare il suo portatile per scopi lavorativi. Tu che sei una mosca, controllando dall’alto, puoi vedere che in realtà è collegato a un sito dedicato a Lady Gaga, del quale il tipo con la barba è ammiratore maniacale e servo devoto. «Allora?» sta dicendo un po’ spazientito il Grande Capo Dalek. «Nessuna idea?, nessun ospite da proporre? Forza, andiamoci a fondo di questi anni ottanta, nessun cadavere da riesumare, nessun comico pietoso da riproporre, niente? Ah, tu, Lucio, tu hai ancora sulla coscienza quell’ospite agghiacciante, lo sai di chi sto parlando, è inutile che mi guardi con quegli occhi da triglia, Lucio, tu hai sulla coscienza quel relitto umano di Giampi Supermaxieroe» e il Grande Capo Dalek si tocca fuggevolmente i testicoli. “Tu mi hai portato in trasmissione quel subumano, quella specie di vecchio pedofilo che dopo avermi mandato a picco l’audience e aver fatto piangere i bambini è venuto da me con il cappello in mano a chiedermi per piacere di farlo lavorare, quindi tu, Lucio, o mi trovi un ospite straordinario, tipo che mi fai risorgere Michael Jackson o mi fai ringiovanire Fonzie, o taci per due riunioni di redazione consecutive. Allora, fanciulli, forza, sveglia, sveglia, altre idee?» «Ci sarebbe...» sussurra debolmente un biondino di fronte al Grande Capo Dalek. «Sì? Chi è che sta parlando? Un ectoplasma? Una voce dall’oltretomba? Alza quel tono, Lorenzino mio, alza quel tono!» «Ecco» dice Lorenzino suo. «Ci sarebbe, be’, si ricorda, eh eh, faceva tanto ridere negli anni ottanta, in quella trasmissione là, in seconda serata, quella che poi hanno chiuso perché si era spoglia- ta la conduttrice e, be’, ci sarebbe, come dire, il Nano Petomane». «Il Nano Petomane» ripete in tono neutro il Grande Capo Dalek. «Eh, sì, il Nano Petomane, faceva ridere, riusciva a fare tutta Bohemian Rapsody con...» «Lo so chi è il Nano Petomane, maledetto cretino, ci sono cresciuto, io, con il Nano Petomane, avevo la maglietta del Nano Petomane e andavo a scuola con la cartella del Nano Petomane e tutte le sere prima di dormire baciavo la foto del Nano Petomane, vabbè, quest’ultima cosa non è vera ma le altre due sì, comunque, idiota intergalattico, deficiente interplanetario, il Nano Petomane è andato tre anni fa alla trasmissione della Distinta Concorrenza, ti ricordi?, quella trasmissione che ci ha rubato l’idea di riesumare il fondo del fondo del fondo di quei luridi anni ottanta, e prima che qualcuno mi mostri anche solo con una mutazione impercettibile nella luce dello sguardo di avere il sospetto sia pure molto vago che essendo la nostra trasmissione venuta dopo la loro sia difficile parlare di plagio, ebbene, non arriverò a seguire il nostro direttore di rete nella sua acrobazia verbale che parlava di plagio retroattivo, ma mi limito a dire che, FORSE, a una riunione di redazione di tre anni fa qualcuno ha sentito delle cose è poi ha fatto la spia per la rete concorrente che ci ha rubato l’idea, in sostanza, quindi sappiate che vi tengo tutti d’occhio, tra parentesi, e comunque, in conclusione, signori, il Nano Petomane se l’è preso a suo tempo la Distinta Concorrenza, a Blob ci stanno marciando da allora con il Nano Petomane che fa un medley tra Reginella, Hanno ucciso l’Uomo Ragno e Smoke on the water, quindi, vi prego, fate uno sforzo non eccessivo per i vostri cervellini e tiratemi fuori un’idea entro dieci minuti». E in quel momento, mentre il Grande Capo Dalek sta dicendo «entro dieci minuti», una persona intorno a quel tavolo che tu, mosca, potresti classificare come “La ragazza riccia con gli occhiali”, dietro gli occhiali in questione, di colpo, ha un lampo d’intuizione. “Oddio” pensa la ragazza. “Ma come ho fatto a non pensarci prima, c’era quel telefilm che mi piaceva tanto da bambina, quello con la sigla che faceva, faceva, sì, dai, Sette stelle nel cielo di Rooomaaaaa, c’era quella bambina, c’erano lui e lei che abitavano di fronte, si chiamavano, uh, Attilio, e lei, boh, Fiorella?, Fiorenza!, e la bambina?, Gemma, ma certo, Gemma, come no, Io voglio soltanto una mamma e un papà, e poi, sì, c’erano anche delle altre bambine, ma quella che conta è...” Passaparola «Gemma!» Sbotta di colpo La ragazza con gli occhiali, e il Grande Capo Dalek la guarda con un sorrisotto beffardo. «Gemma chi, Marzia, tesoro, Giuliano Gemma, dici?, non lo so, Marzia Marziuccia amore mio, Giuliano Gemma non lo definirei proprio un’icona anni ottanta, che dici?, cos’ha fatto, Tex?» E qui Marzia Crippa osa interrompere il Grande Capo Dalek a rischio della vita, dice «No, no, Gemma, la bambina di quella serie, ve la ricordate?, Sette stelle nel cielo di Roma!» Il tipo con la maglietta di Playboy distoglie per un attimo l’attenzione da Lady Gaga e gorgheggia Sette stelle nel cielo di Rooomaaaa! Il Grande Capo Dalek, anziché uccidere Marzia con un colpo di kung-fu, la guarda con una certa attenzione. «Dici la bambina Io voglio soltanto una mamma e un papà?» «Quella lì» sorride trionfante Marzia Crippa, mentre intanto Wikipediaman – uno squallido talpoide abbarbicato nell’angolo più lontano dalla riunione – erompe con una sequenza di informazioni ricavate dal suo iPhone. Dice «Sette stelle nel cielo di Roma, una serie andata in onda dal 1989 al 1991, cinque bambine, un padre vedovo e una madre divorziata, serie conclusa con la celebre puntata del matrimonio, che ha avuto un’audience di...» «Okay, okay, grazie» dice il Grande Capo Dalek, «qualcuno sa che fine hanno fatto quelle bambine?, recitano ancora?, si drogano?, battono?, sono diventate artificieri del genio?, vabbè, ora scateno The Seeker per trovarle tutte e cinque, e poi chi altro?, ah, sì, il padre vedovo e la madre divorziata, se ancora stanno al mondo The Seeker li trova, bene, bene, oh, Marzia, dopo vieni con me al Comagirl che ti faccio assaggiare il frullato di mango come lo sanno fare solo loro, voi altri esseri inutili tornate pure allo squallore delle vostre vite vuote e non fatevi vedere fino alla prossima riunione di redazione, grazie tanto, signori, come al solito è stato un piacere». Ora puoi congedarti anche tu, che sei una mosca. Con una musichina strana nel cervello, il tuo cervello molto piccolo da mosca. Una musica che fa: Sette stelle nel cielo di Roomaaaa! Passaparola