Yalla Italia
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Y A L L A I T A L I A IL MENSILE DELLE SECONDE GENERAZIONI LA TELEVISIONE SENZA VELO Quali programmi guardano, e con occhi li guardano i ragazzi della seconda generazione? In queste pagine troverete sguardi impertinenti sui programmi italiani e su quelli arabi. Troverete le cronache di conflitti famigliari attorno al telecomando: sorelle contro, madri inquiete su ciò che vedono i loro figli, nonni poligami costretti a guardare film che mettono nel mirino la poligamia… I redattori di Yalla Italia sono grandi consumatori di media. E in queste pagine raccontano le loro esperienze. Imperdibili come sempre… 42 Y A L L A I T A L I MASS MEDIA E IDENTITÀ: COMUNICARE IL SENSO REALE DEL MONDO DI MARTINO PILLITTERI effetto possa avere il bombardamento mediatico sul processo di identità degli italiani di seconda generazione quando vedono il loro background etnico sempre sul banco degli imputati, ed anche vedere come il linguaggio dei media può influire sul rapporto tra figli e genitori. I media di oggi dovrebbero più che mai fare uno sforzo non solo per interpretare il cambiamento e dare voce a nuovi punti di vista, ma anche nell’educare affinché il pubblico sia più aperto e flessibile nel giudizio in relazione alle nuove realtà come la presenza degli immigrati nelle scuole e negli uffici. Invece di parlare a nome della società o di parte della società, è necessario far esprimere i diretti interessati, dando più spazio a uomini e donne che promuovono o almeno spiegano i loro punti di vista, prospettive e aspirazioni e non facendo fare “l’avvocato del diavolo” a degli outsider spesso impreparati o ad alcuni personaggi che affrontano grandi questioni e tematiche con puri slogan. Ci vogliono più persone in grado di comunicare il senso delle esperienze e la validità dei punti di vista. Yalla Italia è nata perché esiste una realtà- fatta di uomini e donne brillanti, ironici e propositivi, venuti da lontano e nati qui - che è mal rappresentata o spesso ignorata dai mezzi di comunicazione di massa. Lo scopo dei nostri giovani redattori è far competere le loro esperienze e prospettive nel mercato delle idee e dei comportamenti. L’importante è promuovere le idee, non polarizzare i pensieri. Yalla Italia ha trovato la giusta collocazione all’interno di Vita, in quanto è il partner ideale per riempire un vuoto che manca nel mondo della comunicazione di oggi: la capacità di umanizzare e personalizzare. Gli utenti di tv e giornali tendono a dimenticarsi di quello che sentono e leggono, ma difficilmente si scorderanno di come qualcuno li ha fatti sentire o quali sensazioni hanno suscitato in loro. La tecnologia applicata ai mezzi di comunicazione ci sta in fondo proiettando in un mondo in cui la capacità di comunicare e far provare le esperienze si è separata dall’incontro fisico tra gli individui. Allora, quando il messenger diventa il messaggio stesso, bastano poche parole ed esperienze sentite e argomentate con semplicità e simpatia per comunicare il senso comune del mondo reale. EDITORIALE L a scuola, l’ambiente lavorativo, le relazioni con i gruppi di origine non mantengono l’esclusiva sul processo di identità degli italiani di seconda generazione; anche i mezzi di comunicazione di massa vantano un ruolo importante in questo percorso. Spesso, questo ruolo non è capito o è sottovalutato. L’eccesso di negatività e di stereotipi relativi alla comunicazione su tematiche riguardanti gli immigrati e i loro figli, non è lo scoop ma è il vero flop del panorama mediatico italiano. La vocazione a promuovere lo slancio integralista di pochi, dare troppo peso alle assurde pretese di alcuni, il continuo mettere in prima pagina chi vuole ghettizzare e in ultima chi vuole costruire, contribuisce sì a far salire l’audience e a vendere più copie, ma alla lunga sta causando un danno collaterale difficile da gestire: l’aver trasformato in percezione di paura del nuovo e del diverso il senso di alcune delle sfide più importanti dei nostri tempi come quella dell’integrazione degli immigrati e il processo di identità degli italiani di seconda generazione. La maggioranza dei mass media italiani non sembra infatti interessata a favorire le dinamiche di inserimento degli immigrati e di valorizzare il processo d’identità dei lori figli. Anzi, i messaggi, gli slogan e i contenuti di molti mezzi di comunicazione di massa sembrano voler svilire queste sfide. La tendenza a puntare tutto sulla reazione emotiva delle notizie e il non mettere certi comportamenti in contesto hanno fortemente contribuito alla polarizzazione delle opinioni e alla fortificazione delle percezioni con dei riflessi troppo spesso ingiusti e spiacevoli nei confronti di certi gruppi etnici. Anche i mezzi di comunicazione “culturalmente” indipendenti che almeno cercano di non cadere nell’errore di promuovere false percezioni, non sono ancora dinamici nell’interpretare e dare la giusta prospettiva al cambiamento sociale e culturale in corso nel nostro Paese. In questo numero di Yalla Italia sul tema “mass media e identità”, ci interessa ragionare sulle sfide dei mezzi di comunicazione in relazione alle trasformazioni sociali e culturali nel nostro Paese e cercare di capire quale CHI SIAMO : Y A L L A I T A L I A Il coordinamento di Yalla Italia è curato da Martino Pillitteri. Hanno collaborato a questo numero: Raissa Kourouma, 17 anni, studia al liceo linguistico. Lubna Ammoune, 19 anni, milanese di origine siriana. Studia farmacia. Hassan Bruno, 26 anni, italo-marocchino. Ingegnere. Imane Barmaki, marocchina, 23 anni. Perito aeronautico, frequenta il terzo anno di economia. Sumaya Abdel Qader, 28 anni, italo-giordana. Studia lingue. Meriem-Faten Dhouib, 28 anni, tunisina. È ricercatrice, insegnante e filologa. Ouejdane Mejiri, 30 anni, tunisina. Insegna al Politecnico Khalida El Khatir, 22 anni, di origine marocchine. Studia scienze dell’educazione. Emad Wafa, 28 anni, siriano. Laureato in economia. Yasmin Ammoune, 17 anni, di origine siriana. Studia al liceo linguistico. . : . . . " . " . . . . . . . . A 43 Y A L L A I T A L I A CATTIVI PENSIERI. MA CHE NOIA QUESTA TV DELLE LACRIME! L’Italia era arrivata da me prima che pensassi di venire da lei. Dalla Tunisia vedevo la Carrà e mi metteva allegria. Poi sono arrivata qui, e quando accendo la tele (il sabato sera) vedo solo gente che piange. Italiani, su con il morale di Ouejdane Mejiri Pausa negli studi di Heya tv, rete libanese tutta al femminile. Nella pagina di apertura, un iracheno bacia sullo schermo il volto di Shatha Hassun, una connazionale arrivata in finale del Grande Fratello arabo, che si intitola Star Academy. SONDAGGIO: A NOI PIACE... Una piccola inchiesta tra i redattori di «Yalla» per scoprire quali sono i personaggi che preferiscono e quelli che farebbero bene a stare lontano dagli schermi. Rassmea privilegia in assoluto Simona Ventura e boccia Giuliano Ferrara. Meriem viceversa non sopporta Simona Ventura ma apprezza Pippo Baudo, al quale ha persino scritto una lettera ammirata. Sumaya dà la sua preferenza a Claudio Bisio e mette proprio Pippo Baudo ultimo in classifica. Lubna sceglie Fabio De Luigi, e boccia senza appello Melita. Imane preferisce Roberto Benigni, intelligente e capace di far divertire il pubblico, così da mettere in secondo piano anche il bel Costantino. Emad sceglie Beppe Grillo per la sua carica ideale. E per il motivo opposto silura Emilio Fede. Ouejdane invece stima molto l’ironia di Fabio Fazio, e non stima per nulla la lacrimosa Maria De Filippi. Martino accantona la “moviola” e sceglie Piero Angela perché è un personaggio con una gran classe e non spreca il tempo degli italiani con le solite inutili polemiche. I due fratelli Hassan e Karim preferiscono Fabio Fazio e Luciana Littizzetto ed entrambi non sono pazzi per Michele Santoro. La sottoscritta invece, adora Fabio Volo: che riesce ad essere sempre se stesso; e chiude la tv ogni volta che spunta Elisabetta Gregoraci. Ma in fondo la sottoscritta non si fida troppo della tv e vorrebbe incontrali in carne ed ossa, prima di confermare il suo giudizio... Raissa Kourouma A lla ricorrente domanda che mi veniva rivolta nei primi anni in cui ero in Italia riguardo a come avevo imparato l’italiano, la mia risposta lasciava tante persone interdette. Infatti, ho imparato l’italiano guardando Rai1, l’unico canale televisivo che ricevevamo a casa nostra a Tunisi, quando ero bambina. Per alcuni anni della mia vita, si vedevano esclusivamente i programmi in lingua italiana che ci aprivano una finestra, prima in bianco e nero e poi a colori, su un mondo che era completamente diverso dal nostro, una realtà che sarebbe diventata un sogno. Anche se non parlavamo l’italiano a casa o con i compagni di gioco, con le mie sorelle guardavamo i cartoni animati in italiano e intonavamo in coro le canzoni dello Zecchino d’Oro. Per bambine che dei monti verdi non conoscevano neanche l’esistenza, la magia di seguire le avventure di Heidi sulle Alpi era completa. L’immagine televisiva non era più solo un veicolo linguistico ma soprattutto un mezzo portatore di un’intera cultura. C’ERA UNA VOLTA RAFFAELLA... L’appuntamento giornaliero con Pronto Raffaella? per l’ora di pranzo ha fatto entrare la Carrà nelle case tunisine e la parola “pronto”, come neologismo, nel nostro dialetto. Però era il “fantastico” ritrovo del sabato sera che accattivava l’interesse di intere famiglie, ipnotizzate davanti al televisore ad ammirare un mondo meraviglioso fatto di canti affascinanti e balli incantevoli. Nuovi modelli di bellezza emergevano in una Tunisia “liberale”, nella quale la donna aveva consolidato i diritti acquisiti dopo l’indipendenza del 1956. Volevamo tutte assomigliare ad Heather Parisi! Un evento in particolare ha marcato il nostro rapporto con l’Italia quando per 18 ore consecutive siamo rimasti incollati allo schermo per seguire i tentativi di soccorso del piccolo Alfredino. Quella realtà trasmessa in diretta ha generato in noi un senso di solidarietà immensa. DIECI ANNI DOPO.. L’Italia era arrivata da me prima che pensassi di venire da lei. Mi ricordo una televisione italiana gioiosa, giocosa ed effervescente. Era l’immagine che avevamo dell’Italia, Paese della bellezza e delle bellezze, nel quale nessuno si faceva scrupoli di criticare governo e politici, sia nei telegiornali che nella satira. Ai miei occhi l’Italia che vedevo in tv era l’immagine di un Paese libero. Dieci anni dopo il mio arrivo in Italia, credo che quella televisione non dicesse il falso, la realtà che trasmetteva era quella che avevo incontrato in loco, con diverse sfumature, ma la televisione non mentiva. Oggi invece non trovo più piacere a guardare le trasmissioni televisive; non mi raccontano più la “mia Italia”. Un sabato sera, ho contato le persone che piangevano in primo piano sui vari canali nazionali e mi è venuta voglia di piangere. Questa televisione dei reality non è reale, io conosco questo Paese perché ci vivo e perché amo la sua gente, e per quel poco di verità che questa nuova televisione comunica, c’è molto di falso e di distorto sia in materia di valori che di fatti reali. Anche se è quello che ci vogliono far credere, penso che l’Italia non sarà mai un Paese triste. ISLAMWEB VI STUPIRÀ... Q ualche anno fa il mondo islamico si chiedeva se internet fosse lecito o no; oggi sono milioni i musulmani che lo utilizzano e tante autorità religiose hanno i loro portali. Ma negli ultimi anni i siti che si sono più moltiplicati sono quelli dove si possono porre quesiti su tematiche come il matrimonio, conversioni, ricette culinarie, divertimento per i bambini, canzoni religiose. Uno più diffusi si chiama proprio Islamonline. Si occupa di diverse tematiche relative alla vita quotidiana e non ha un target di età precisa. Per la prima volta nel mondo islamico. il sito ha adottato una pagina molto frequentata dai giovani per consigli psicologici, sentimentali e sessuali; riceve quasi 400 domande a settimana, la gran parte delle quali riguarda il sesso. Le risposte vengono date da specialisti in modo libero ed aperto. Sono siti che aiutano a presentare l’Islam in maniera più libera e concreta, lontano da quelle deformazioni prodotte dai media o interpretazioni fanatiche, che sono distanti dell’essenza della fede. Emad Wafa 44 Y A L L A I T A L I A VISTI IN FAMIGLIA. UNA PELLICOLA SULLA POLIGAMIA NONNO HA TRE MOGLI. HO TROVATO UN FILM PER LUI... H o visto il film A la recherche du mari de ma femme, una simpatica parodia sulla poligamia. L’ho visto con mio nonno, un imam marocchino che ha tre mogli. Il protagonista, un certo Hadj Ahmed Ben Moussa, commette l’errore di ripudiare la terza volta una delle sue tre mogli. Rammaricandosi di questa decisione, Hadj consulterà un giudice per sentirsi dire ciò che conosce già: in base alla sharia, quando un uomo ripudia la moglie per la terza volta, ella non potrà più lecitamente tornare da lui a meno che non sposi un altro uomo dal quale poi dovrà divorziare. Hadj, allora, comincia la ricerca di questo marito provvisorio che permetterebbe a lui di risposarsi con la moglie ripudiata. Semplice no? Questo film ha il potere di riportarmi indietro nel tempo, alla mia infanzia. Le vicende di Hadj mi hanno fatto ricordare le immagine di un lontano harem felice in cui donne, figlie e nipoti hanno condiviso gioie, dispiaceri e conflitti tipici di una famiglia “troppo” allargata. E mentre guardavo il film percepivo come mio nonno si pregiava di identificarsi con il protagonista, con il valore della poligamia, con certi valori conservato- È divertente. Fa la parodia di un modello sociale marocchino che non ha più ragion d’essere. Ma mi sono accorto che lui mentre lo guardava era pieno di nostalgia... di Imane Barmaki ri della società marocchina che spero tramontino il prima possibile; mio nonno, infatti, vedeva in Hadj un modello da esportare anche alle nuove generazioni. Per mio nonno, il personaggio di Hadj rappresenta il testimonial mediatico giu- sto per dare senso e continuità a questo tipo di valori e cultura. A volte, un prodotto mediatico come un film in dvd, da puro entertainment può diventare un’esperienza in grado di far riflettere sulla propria identità in maniera positiva ma anche contribuire ai conflitti intergenerazionali e culturali tra genitori e figli. Emigrando da un Paese all’altro, le famiglie tendono a portare con sé valori e credenze che fanno parte del loro patrimonio culturale e che definiscono la propria identità. È del tutto naturale che i figli rigettino alcuni di quei valori e costumi. I mezzi di comunicazione giocano in questo contesto un certo peso. Non solo entrano nelle case degli immigrati ma influiscono anche su quelle dinamiche private tra genitori e figli che cercano di trovare un giusto compromesso tra la cultura di origine e il Paese di adozione e non sempre ci riescono. Guardando certi film arabi, alcuni figli giudicano quei valori promossi dai genitori come lontani sia nello spazio che nel tempo. I genitori a loro volta, da come i figli reagiscono davanti a film del Paese di origine, capiscono che i modelli e i valori della società italiana sono quelli su cui i figli vivono il loro presente e costruiranno il loro futuro. A parte il conflitto generazionale, se penso a film come East is East o Sognando Beckman, mi accorgo che quelle fiction sono diventate la mia realtà. Quando vedo quei film dove i figli di pakistani o indiani conservatori rigettano parte della loro cultura e rivendicano quella britannica di adozione, mi sento come se stessi recitando con loro oppure come se loro stessero interpretando in video le dinamiche che vivo in prima persona. Io sono nata in Marocco ma vivo in Italia da 10 anni. La cosa bella è che, nonostante un nonno poligamo e i conflitti generazionali con la mia famiglia spesso fomentati dai prodotti mediatici, sono io a scrivere la sceneggiatura della mia vita. E quando ci sarà da scegliere il resto del cast, invece di quattro comparse, mi accontenterò di un solo marito. LUI CI HA VISTI GIUSTI. UN MONDO LIBERO CON GLI OCCHI DI UN GIOVANE IMMIGRATO SIAMO TUTTI PERSONAGGI DI LOACH N el suo ultimo film Ken Loach affronta la tematica dell’immigrazione in chiave attuale e riportandola alla società che ospita gli immigrati e al mondo del lavoro. La storia si svolge a Londra e vede come protagonista una ragazza (interpretata da Kierston Wareing, nella foto) da che lavora per una società di lavoro interinale. La prerogativa di questa società è quella di fornirsi di mano d’opera nei Paesi dell’Est Europa, svolgendo le selezioni nei Paesi d’origine degli immigrati, soprattutto in quelle zone dove la disoccupazione ha dei tassi elevatissimi. La promessa è quella di un lavoro, una sistemazione accogliente e di un futuro con delle prospettive. Al ritorno in Inghilterra la protagonista del film viene licenziata e decide così di mettere a frutto le conoscenze acquisite presso le società di lavoro interinale per aprire una propria agenzia di lavoro, insieme alla sua amica e coinquilina. Il film mette a nudo le dinamiche per cui Angie (la protagonista), nonostante abbia avuto modo di vedere come le imprese abbiano sistematicamente disatteso le aspettative dei lavoratori sfruttandoli e Il regista inglese dà una visione diversa della realtà dell’immigrazione. Non con commiserazione, ma cogliendo la questione centrale: le opportunità di lavoro di Hassan Bruneo promettendo più di quello che avrebbero loro dato, si ritrova ad agire nella stessa maniera. In contrapposizione c’è un’umanità proveniente dai più vari Paesi: dalla Polonia all’Iraq, dall’Afghanistan alla Romania. Si mescolano così persone con origini profondamente diverse ma con lo stesso sogno, gli stessi desideri: trovare delle condizioni di vita migliori. Così accettano di lavorare per 200 sterline a settimana, vivere in baracche, rifugi improvvisati perché queste sistemazioni sono comunque meglio rispetto a come vivevano precedentemente. Senza voler scadere nel buonismo o nelle generalizzazioni, il film di Ken Loach dà una visione diversa della realtà dell’immigrazione. In un dialogo un ragazzo polacco racconta di come la gente, incrociando per strada il suo sguardo, si spaven- tasse perché viene dall’Est, quindi una persona cattiva e un potenziale criminale. Vederlo nel film sembra quasi una sciocchezza ma in realtà succede tutti i giorni. Accade a volte anche a ragazzi come noi che, seppur nati in Italia, avendo lineamenti o magari anche solo un nome diverso, accendono i pensieri più strani e stereotipati nella mente della gente che, purtroppo, si forma le proprie idee solo guardando i tg o leggendo i giornali. Ma questi non corrispondono alla totale realtà! In questo mondo libero, riprendendo il titolo del film di Ken Loach, dovremmo essere davvero liberi, senza i vincoli degli stereotipi, con la possibilità di acquisire informazioni e conoscenza a 360 gradi. Perché la diversità è ricchezza, la conoscenza si basa sulla scoperta di qualcosa di nuovo, di inesplorato. E la tutela della propria identità favorisce proprio questa ricchezza perché aiuta a conservare la diversità. Nel film questi temi sono ripresi nell’ottica dell’immigrazione finalizzata al miglioramento delle proprie condizioni di vita, e il regista riesce a dare una dimensione paritetica, una uguale dignità a tutti gli attori e alla varia umanità presente. 45 Y A L L A I T A L I A CHE TV GUARDIAMO. TRE SORELLE CON GUSTI MOLTO DIVERSI... BATTAGLIA IN CASA AMMOUNE. MTV SFIDA MADAME BOVARY C asa Ammoune: salotto con porta spalancata, volume della tv che sfiora il massimo, sullo schermo l’ultimo video di Justin Timberlake e sul divano Yasmin e Layla, le mie sorelline, che non gli staccano gli occhi di dosso (la prima si concentra sul cantante, tanto che ha un suo poster in camera, la seconda sulla canzone). Quando finalmente finiscono di guardare Mtv credo di potermi rilassare, ma sono solo un’illusa. Mentre cerco di studiare nella mia stanza sento le “piccoline” della famiglia che intonano le canzoni appena sentite. Se qualche estraneo dovesse entrare a casa nostra, giuro che le scambierebbe per due aspiranti cantanti. Per la precisione, Yasmin (17 anni) è quella che esercita la sua voce, studiandone soprattutto il timbro e l’espressione, mentre Layla (11 anni) s’impegna a ripetere i passi di danza che ha memorizzato guardando solo due volte il video clip di Beyoncé. Mi hanno nominata loro giuria, per cui ogni volta che provano una new performance mi chiedono di valutarle. Quando puntualmente le guardo attonita perché non capisco cosa cercano di chiedermi, se ne vanno via sbuffando e accusandomi di essere demodé perché non mi trovano mai aggiornata sulle hit della settimana. Con Yasmin esco insieme la mattina, chiacchieriamo un po’ e quando poi ci separiamo per continuare ognuna il proprio tragitto, lei tira fuori il suo mp3, io il mio libro di filosofia. Invitiamo spesso a casa nostra gli amici che sempre sottolineano la differenza abissale che separa me dalle mie sorelle (si fanno invitare quando sanno che non ho impegni con Vita e Yalla Italia, mentre quelli di Yasmin e Layla bussano alla porta solo quando non c’è nessun telefilm che seguono - guai se si facessero vivi nel bel mezzo di Grey’s Anatomy o Dr. House!). Rispetto a quando eravamo più piccole, ormai abbiamo molti amici comuni e quando si chiacchiera stiamo tutti insieme (e Layla che dovrebbe uscire per non sentire certi discorsi, ma si rifiuta, perché dice che ormai è una ragazzina e non più una bambina “sfigata” delle elementari!). I eri sono tornata da scuola, appena arrivata a casa ho pranzato con mamma e papà: kebab, il mio piatto preferito. Poi ovviamente ho lavato i piatti e successivamente, come è giusto che sia, ho passato l’aspirapolvere. Dopo altri piccoli lavoretti domestici mi sono dedicata al mio hobby preferito: l’uncinetto... finalmente dopo tante ore sono riuscita a finirlo! È proprio bello! Questa è la mia vita, la vita di una brava musulmana che torna a casa e obbedisce ai suoi genitori; nonostante i loro ordini a volte possano sembrare assurdi, io li eseguo senza discutere perché loro sono i miei genitori e sanno quello che è giusto per me… Ma quando mai si è vista una cosa del genere?!? Forse in qualche tv. In realtà i miei programmi prevedono tutt’altro: torno da scuola il sabato che non mi reggo in piedi dalla stanchezza, sbatto la cartella e come al solito mia madre mi urla dietro dicendo che sono sempre la solita disordinata… ma io non la sento perché ho nelle mie orecchie l’iPod… a pranzo mangiamo lasagne (il mio vero piatto preferito) e fortunatamente c’è quella fantastica macchina chiamata lavastoviglie. E come ogni ragazza milanese fa il sabato, inizio a pensare a come mi vestirò per Sono Lubna, la sorella maggiore. Costretta a far da giudice alle new performance canterine delle ”piccoline”. Senza neppure conoscere la hit della settimana. A me piacciono gli intellettuali, loro parlano come nei telefim. Ma in una casa sempre in movimento, i poli sono complementari. E non potremmo fare a meno una dell’altra di Lubna Ammoune Tra i nostri amici c’è Federica, appassionata di telefilm, iscritta alla facoltà Linguaggio dei media e aspirante regista. Un po’ sorpresa, una volta mi ha chiesto perché Layla avesse i pantaloni con scritto all’altezza del fondoschiena “Bad Girl”. La piccolina, che aveva sentito, fiera del suo nuovo acquisto le aveva risposto: «Anche Ve- ronica Mars ne ha un paio simile!». Federica parla usando il vocabolario delle serie tv, ogni volta ci sfida con domande di questo tipo: «Ma se tu fossi una protagonista di Lost, con chi vorresti restare sola su un’isola deserta?»; oppure: «Per piacerti, un ragazzo deve assomigliare a un personaggio di OC o Dawson’s Creek?». E ancora: «Quando siete in Siria, che cosa guardate in tv?». Risultato? Come prevedibile, le mie sorelle sono d’accordo su tutto, mentre io rappresento l’opposizione: Yasmin e Layla vorrebbero essere abbandonate per sempre sull’isola di Lost con Scamarcio o Muccino (io sceglierei decisamente un intellettuale), selezionano i ragazzi secondo la somiglianza o meno con Seth di OC e con Pacey di Dawson’s Creek. Io, come dice Federica prendendomi in giro, con le mie sorelle che fanno il coretto, ho come modello di ragazzo, un ex ragazzo... intellettuale. Quanto alla Siria, quando siamo là guardiamo tutte e tre ciò che ci rifilano i nostri cugini (io mi adatto, loro un po’ meno e cercano di sgattaiolare in camera per ascoltare sull’iPod tutte le canzoni trasmesse da Mtv che si sono scaricate prima di partire). Quando rispondiamo al telefono, quasi tutti si confondono con le nostre voci, ma dopo qualche secondo di conversazione, riescono a distinguerci dal linguaggio o da piccole espressioni che usiamo. Un esempio: quando si parla di una coppia in cui qualcuno ha tradito il partner, come nel romanzo di Flaubert, Yasmin la mette così: «La tipa ha fatto le corna al marito andandosene con l’altro»; io invece preferisco l’espressione più soft: «Madame Bovary cade nella trappola dell’amante». E quando suggerisco a Yasmin di contenersi in certi modi di dire, lei mi risponde di parlare come mangio! Quando racconto tutte queste differenze, i più mi chiedono cosa provino i miei genitori ad avere delle figlie così diverse e quando constatano che a casa nostra c’è sempre movimento e mai monotonia, la gente quasi “ci vorrebbe in affitto”… I poli opposti della famiglia sono assolutamente complementari e l’uno non riuscirebbe a fare a meno dell’altro. 17 ANNI, MUSULMANA MA MI SENTO MOLTO ALLY MCBEAL Sono Yasmin, la sorella minore. Voi immaginate che ami il kebab e non esca mai di casa. Invece adoro le lasagne, guardo «Will & Grace». E vivo aspettando la discoteca del sabato uscire con i miei amici… così arriviamo di fronte a uno dei più gettonati locali di Milano; io e le mie amiche con il nostro passo falcato alla Naomi Campbell ci dirigiamo verso il nostro tavolo. Iniziamo a trattenere una chiassosa conversazione: insieme facciamo gruppo fisso alla Friends con l’idiota che fa il pagliaccio, quello con la battuta sempre pronta e gli immancabili gossip degli amici che abbiamo in comune: ma la coppia scoppia? Quell’altro con chi si è messo? I tipi che entrano vengono classificati e hanno sempre come parametro di bellezza il trio Justin Timberlake, Adam Brody (“Seth Cohen”), Johnny Depp… ma pochi reg- gono il confronto! E se uno arriva al tanto raro «oh, questo è carino!», immancabilmente la mia mente assume le fisionomie di quella di Ally McBeal (con sogni ad occhi aperti annessi e connessi). E dopo tanti sogni la serata si chiude immancabilmente con qualche scena imbarazzante. Fuori ti viene incontro l’amico con la faccia ben nota, ma di cui sbagli il nome! E la cosa più triste è che noi musulmani non possiamo usare nemmeno la scusa dell’alcol… Dopo la meravigliosa serata torno a casa sfinita e come sempre sento il mio migliore amico e ci raccontiamo tutti i minimi particolari della serata… E pen- sare che all’inizio lo sognavo in continuazione, era davvero il mio ragazzo ideale: bello, carismatico, intelligente, attento ai fondamentali dettagli dell’abbigliamento ed estremamente sensibile… beh in una sola parola: gay! Pensate al mio dramma! Un po’ come tra Will e Grace… e non sono mancati nemmeno gli amati e odiati Jack e Karen, sempre a criticare in miei vestiti o i miei capelli o a deridere il mio Will. In fondo tra me musulmana e Grace ebrea ci sono molti parallelismi, no? Insomma, si capisce che noi ragazze musulmane siamo tutt’altro che delle “desperate housewives” come spesso veniamo dipinte: non ci identifichiamo assolutamente in una “Bree”, tutta dedita alla pulizia della casa e che vive secondo una severissima morale religiosa… no, proprio non ci si addice. Ci ritroviamo decisamente di più in una Signora Solis o in una Susan… in fondo siamo semplicemente giovani che vivono in Italia, incluse le sfuriate coi genitori, le risate con gli amici e i sogni ambiziosi per un futuro brillante. E per quanto mi riguarda, non la “musulmana”, la “siriana” o tanto meno la “sfigata conservatrice”. Molto semplicemente una diciassettenne. Yasmin Ammoune 46 Y A L QUESTA SERA SI PARLA DI SESSO H PUNTO DI VISTA eba Kotb ha 39 anni, è sposata e ha tre figlie. Ha studiato sessuologia alla Maimonides University, in Florida, e si è laureata con una tesi dal titolo La sessualità nell’Islam. Ha aperto una clinica della sessuologia al Cairo nel 2002, risponde a quesiti sul tema su alcuni giornali, nei talk show e anche in un sito arabo. Ha cominciato a tenere da oltre un anno la trasmissione Big Talk sul canale indipendente satellitare egiziano El-Mehwar. Molte delle sue risposte sono di argomento scientifico. Nulla viene giudicato materia eccessivamente “sensibile”. Heba discute di posizioni sessuali, orgasmo femminile, sesso orale (permesso, «fino a quano un testo religioso non lo vieta»), persino di masturbazione (disapprovata ma comunque valutata come preferibile rispetto al sesso tra persone non sposate o tra adulteri, che è “haram”, proibito dalla religione). «Sono molto orgogliosa della mia religione», ha spiegato la Kotb, che insegna alla facoltà di Medicina dell’università del Cairo, in un’intervista all’agenzia Associated Press. «I miei studi mi hanno rivelato quanto l’Islam sia addentro alle questioni legate al sesso... Ho scoperto come l’Islam abbia compreso il sesso molto prima del resto del mondo». La franchezza della Kotb è decisamente inusuale ed è certamente la carta vincente della sua trasmissione. L A I T A L I A VISTI SULLE TV ARABE. TELEVISIONI COME TUTTE LE ALTRE... A TUNISI UN DR. HOUSE CHE CURA I... CERVELLI U na lingua unica come vettore d’identità culturale è un elemento cruciale che permette a un giordano e un libico di vedere la stessa trasmissione e seguire lo stesso telegiornale. Esiste un’intima interdipendenza tra la lingua araba e la psicologia e la cultura. Il linguaggio dei mass media riesce a comunicare idee e informazioni in una realtà (arabo-musulmana) così frammentata ma così coesa allo stesso momento. A parte questo, i gusti nel mondo arabo sono quasi identici a quelli occidentali. Le trasmissioni televisive e i format sono gli stessi. Cambia la lingua e qualche sfaccettatura. A Saranno Famosi corrisponde a X Factor oppure Star Academy su LBC, il canale libanese. In esso concorrono ragazzi e ragazze dai Paesi del Golfo al lontano Maghreb. Questo programma agisce un po’ da unione tra i vari Paesi e culture. Una volta, una ragazza palestinese mi fece un commento molto interessante: «Noi non consideravamo i tunisini come arabi, ma grazie a Star Academy abbiamo visto che il cantante tunisino parlava in arabo davvero bene. Arrivate anche sempre in finale». Al Grande Fratello invece corrisponde Hawa Sawa (In Onda Insieme), dove però sono solo donne che concorrono per avere il gran premio: un matrimonio da sogno. Alcuni format vengono quindi leggermente adattati ai gusti arabo-musulmani. Alla fine, però, tutti i giovani del I format sono spesso la copia di quelli occidentali. Cambiano solo le soap pensate per il periodo del Ramadan. Una ha avuto un tale successo che persino «Le Monde» le ha dedicato un’inchiesta di Meriem Faten Dhouib mondo sognano di avere una macchina, una casa, dei soldi e soprattutto grande successo. Tornando ai reality show all’araba, c’è una recente trasmissione che ha avuto un successo strepitoso: il Principe dei Poeti su Abu Dhabi Tv, dove i protagonisti si cimentano a recitare versi di poesie come si faceva ai tempi della Giahilia, la poesia preislamica. Questo format è interessante perché mette insieme tecnologia e tradizione. Con l’arrivo del satellite, i canali in lin- gua araba si sono moltiplicati (Sama Dubai, LBC, MBC, NileSat, Hannabal, Al Jazera...), ma il canale satellitare di maggiore successo è Rotana, che propone un bouquet di film d’epoca e attuali, spettacoli e musica con - ovviamente - pubblicità a dismisura di brand globali, e tante donne in decolleté che cantano l’amore e i tradimenti in una maniera tanto maliziosa da smentire qui canoni usuali sulle donne arabe che vanno tanto di moda in Occidente. Date un’occhiata anche su Youtube ai clip di Haifa Ouahbi, oppure Najla: sarete scioccati. Si parla anche di problemi sessuali con la famosa sessuologa dottoressa Heba Kotb che conduce un programma su Al Mehwar. Anche da noi poi, ci sono cantanti come Amr Dhiab, Ragheb Alama, Wael Al Kfouri, Ramy Ayach che si propongono in termini di linguaggio e di look come Biagio Antonacci ed Eros Ramazzotti. Una recente soap che ha riscosso molto successo, e di cui ha parlato Le Monde, si chiama Choufli Hal (Trovami una soluzione). Il successo l’ha conquistato non solo per la comicità, ma per i temi trattati. Il protagonista è uno psicologo che affronta i rapporti di coppia, il sesso, il vicinato e spettegola sul risultato del test di gravidanza, su quello che vogliono le donne, sulle suocere. Kamel Touati, l’attore protagonista, è uno psicologo che lavora molto di fantasia. Un dr. House della psiche... SI CHIAMA “VELOFOBIA” LA MALATTIA DEI MEDIA ITALIANI DI KHALIDA EL KHATIR M ass media e identità, due parole con due significati completamente diversi l’uno dall’altro, ma che formano insieme una frase completa che fa riflettere e che pone tante domande, in particolare a noi giovani italiani musulmani che viviamo in Occidente e ci sentiamo parte integrante di esso. A partire dall’11 settembre 2001, tutti i mezzi di informazione tendono a dare un’immagine negativa dei musulmani che vivono in Occidente, come se fossero quasi tutti dei presunti terroristi e fomentatori di odio. Oltre che ad aumentare l’islamofobia, i media inconsapevolmente contribuiscono ad aggravare la crisi di identità delle prime generazioni di giovani musulmani che si sentono pienamente europei. Il problema dell’identità è un problema che accomuna la maggior parte di noi giovani, indipendentemente dalla religione o dalla cultura di appartenenza, figuriamoci un giovane musulmano nato o cresciuto in Italia. Questo fenomeno accade non solo in Italia, perché ormai la parola musulmano è diventata sinonimo di immigrato e/o straniero. Il ripetersi di questa errata associazione che spesso e volentieri i mezzi di comunicazione fanno, genera e ha generato nelle prime generazioni di musulmani europei un forte disorientamento identitario che si può trasformare in un rigetto da parte del giovane verso la sua fede e le sue origini, o viceversa, cioè una chiusura a riccio in se stessi. Noi giovani musulmani siamo ogni volta costretti a dover dimostrare di sentirci ed essere cittadini italiani anche se siamo attaccati alla nostra fede: sembra ormai inconcepibile che una ragazza che porta il velo si possa sentire italiana od europea a tutti gli effetti. Poche settimane fa, si è assistito ad un dibattito mediatico che riguardava il divieto o meno del burqa in Italia. Un dibattito a mio avviso inutile e fuorviante semplicemente perché il “burqa” in Italia non è mai esistito e non esisterà mai nonostante i giornalisti confondono questo tipo di indumento, che fa parte della cultura afgana e che è stato imposto dai talebani alle donne, con il niqab, che copre tutta la donna lasciando scoperti solo gli occhi. Questo esempio dimostra che la superficialità dei media davanti ai vari tipi di velo ha portato gradualmente le persone a confondere il burqa con il semplice hijab (velo che copre solo i capelli) creando ormai un clima di “velofobia”. Sono convinta che anche noi giovani musulmani italiani abbiamo una grande responsabilità verso la nostra società e la maggior parte di noi è pronta e preparata a fare del proprio meglio. Il compito sarebbe più facile se i mezzi di comunicazione non dessero spazio solo ai vari Adel Smith, che sicuramente fanno molta audience ma provocano degli effetti collaterali che pagano qui giovani italiani di fede musulmana che praticano serenamente la loro fede senza problemi di integrazione. 47 Y A L L A I T A L I A YALLA COMICS UN FINALE DA RIDERE PARTITA A SCACCHI sama Bin Laden e George Bush si incontrano per trovare una soluzione rapida e pacifica al loro contrasto, così da non coinvolgere civili innocenti. Bin Laden propone una partita a scacchi. «Eh no, non se ne parla neppure», protesta Bush. «Mi hai già buttato giù le due torri!». O PAROLA DI MAMMA. DUE FIGLI INCOLLATI AI CARTOON METÀ MUSULMANI E METÀ... GIAPPONESI Amo la cultura del Sol levante, ma nessuno mi dica che quella arabo-islamica è una cultura che cerca di destabilizzare quella occidentale! Leggete qui... di Sumaya Abdel Qader Q ualcuno mi ha chiesto se la tv può essere l’antagonista della fede islamica. In verità, la domanda si riferiva al potenziale pericolo che la tv potrebbe rappresentare nell’educazione delle mie figlie. Beh, le mie bambine sono molto piccole, quindi percepiscono la tv in modo differente da un adulto, non badano a telegiornali e programmi politici, quelli che parlano più o meno di attualità. Bene, cosa resta? I cartoni animati, programmi per bambini, documentari sugli animali… sia sui canali arabi che sui canali italiani e così via. Già, gli innocenti cartoni animati. Non credo contengano nulla in contrasto con i valori musulmani o i valori di altri credi, se non per alcuni aspetti e messaggi che non condivido molto, come ad esempio: non esiste mai Dio. Essendo per la maggioranza cartoni giapponesi, Dio viene appunto omesso e se cerchi qualcosa che possa somigliargli, trovi super entità stravaganti che vengono raffigurate da draghi, tartarughe, serpenti (con rimandi alla cultura dell’Asia orientale). Provate ad intraprendere un dialogo con un bambino su varie questioni, ad esempio sull’evoluzionismo… chiedete ad un bambino cosa vuol dire e quali specie si sono evolute, beh l’unica cosa degna di attenzione per loro sono i Pokemon. Oppure chiedetegli: «Se ti arrabbi con un tuo amichetto per un dispetto, come reagisci?». Vi potrebbe rispondere: «Gli scaglio un’ondaaaaa eeeeneergeeticaaaa!!!!» (per questa citazione rimando a Dragon Ball). Devo ammettere che forse ai miei tempi la tv era più utile, per- ché al bambinello appena più cresciuto non serviva studiare sui libri, bastava la tv, lei era più istruttiva. Ebbene sì, sapevamo tutto sui miti greci e romani. Tutto! Non ci siamo persi una puntata di Pollon (la dea dell’Olimpo), o del cartone Ulisse. Oppure la rivoluzione francese? Tutto sotto controllo, c’era Lady Oscar. Purtroppo, però, ai miei tempi i cartoon non erano molto evoluti sul piano delle pari opportunità. Basti pensare a Braccio di Ferro che si contendeva Olivia con Bruto. Quella povera santa si è presa tante di quelle botte e sberle da entrambi che la cosa feriva molto il mio orgoglio femminile. A pensar bene anche il concetto di famiglia era molto complesso, penso a Remì, Pollyanna, Sara, Milly, Mila e decine di altri esempi. Che sofferenza star dietro a questi ragazzini senza padre o madre o comunque alla ricerca di uno dei due, che a volte li volevano poi non li volevano più, e vai a capire che problemi mentali avesse in mente l’originale fumettista (spesso di Manga, guarda caso ancora giapponesi). Ma i cartoni moderni sono diversi. La famiglia non c’è proprio più. Esiste solo il protagonista, indipendente, onnipotente, onnipresente che raramente si ricorda di aver dei genitori, ogni tanto spunta un fratello o una sorella solitamente rompiscatole e ha come migliori amici animali o strani mostri. Innocenti cartoni animati. Amo i giapponesi, la loro cultura è affascinante, ma nessuno mi dica che quella arabo-islamica è una cultura che cerca di destabilizzare quella occidentale! A questo bastano i cartoon! SABAHI: LA G2 HA SPIAZZATO L’ITALIA Secondo la studiosa F iraniana, il tempo dei arian Sabahi è giornalista e scrittrice, ed insegna al master sull’immigrazione della Scuola di direzione aziendale della Bocconi di Milano. È autrice di libri importanti sull’Iran («Un paese pieno paradossi, che lo fa sembrare più complesso di quel che è. Punisce a morte gli omosessuali e paga il cambiamento di sesso per i transessuali!», dice). Fairan Sabahi scrive sull’Islam e il Medio Oriente per Il Sole 24 Ore. È un’osservatrice privilegiata dei media italiani. Yalla Italia l’ha intervistata. YALLA: Qual è l’approccio dei media italiani nei confronti delle seconde generazioni? FARIAN SABAHI: Le seconde generazioni non sono solo figli di matrimoni misti ma anche di coppie immigrate. Di G2 si discute da poco tempo e, bisogna ammetterlo, questo fenomeno continua a sorprendere sia i cittadini italiani sia i mezzi di informazione. Io stessa sorrido quando vedo i ragazzi cinesi parlare in romanesco stretto. Non credo sia razzismo, quanto pregiudizi è alle spalle. Ma bisogna mirare alto. «Un salone del libro tutto vostro» di Hassan Bruneo una sorpresa sincera. Per lo meno nel caso delle G2. YALLA: Riscontra delle differenze tra come i media italiani e quelli stranieri si occupano delle nuove generazioni e dei figli nati da genitori appartenenti a culture diverse? SABAHI: Certo, i media di Paesi come la Francia e il Regno Unito hanno una maggiore esperienza nei confronti dei figli degli immigrati. E il politicamente corretto è spesso una delle regole del gioco. In Italia non sempre è così, nel bene e nel male. La G2 è un fenomeno recente, un’etichetta che vent’anni fa nessuno si sognava di affibbiare e, come tutte le etichette, quella di G2 può non essere apprezzata: essere incasellati non fa piacere, credo, a nessuno. A mio parere sono meglio identità mobili, in continuo movimento (ed evoluzione) come quelle di cui scrisse Edward Said nella sua autobiografia Out of place.. YALLA: Molti intellettuali lamentano una scarsa visibilità data a giovani e talentuosi autori e scrittori immigrati o esponenti delle seconde generazioni. Secondo lei come si può favorire una maggiore circolazione di idee e favorire questi talenti? SABAHI: Con una maggiore disponibilità da parte delle case editrici, dei giornali, della tv, con i premi ai lavori letterari svolti dagli immigrati e dai loro figli. Bisogna creare interesse, ci vuole tempo. Si potrebbe, per esempio, dedicare un salone del libro alle seconde generazioni. Come capire se il tuo dottore è un terrorista. «Tiri fuori la lingua e dica “Allah”» LA CROCE DI MAOMETTO a comunità cristiana e quella musulmana di un piccolo paese egiziano si contendono un terreno edificabile concesso dal Comune, gli uni per costruirci una chiesa, gli altri per costruirci una moschea. Entrambe le comunità hanno le loro buone ragioni e non riescono a mettersi d’accordo, essendo il terreno appena appena sufficiente per costruire un solo edificio. La discussione si fa via via sempre più accesa e gli animi si surriscaldano. Un gruppo di saggi interviene: «Mettiamoci a scavare e Allah ci manderà un segno (Il termine Allah, per indicare Dio, è usato da cristiani e musulmani arabi indistintamente). Se sarà cristiano, il terreno sarà per la chiesa. Se sarà musulmano, il terreno è per la moschea». Iniziano i lavori e ad un certo punto si leva un grido esultante dalla folla musulmana: «Allahu Akbar!» (Dio è grande!). «Cosa hanno trovato?», chiede un passante. «Il crocefisso di Maometto», risponde un altro. L «Credi che primo o poi Bush ci troverà?». «È possibile. Ci ha trovati in Iraq ancora prima che ci andassimo». Y A L L A I T A L I A Il prossimo appuntamento con Yalla Italia è previsto sul primo numero del 2008 in uscita il 4 gennaio prossimo. I giovani redattori di Yalla ci racconteranno come immaginano le loro vite tra dieci anni.