il cuore solitario - Gianfranco Iovino

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il cuore solitario - Gianfranco Iovino
IL CUORE SOLITARIO
C’era una volta un cuore solitario, che stanco di battere senza più entusiasmi e la gioia di sapersi
innamorato e desiderato da qualcuno, decise che fosse giunto il momento di fermarsi per sempre
e lasciarsi morire lentamente.
Prima di farlo, però, si obbligò a regalarsi, a piccoli pezzi, alle persone che incontrava lungo la sua
strada, che avevano bisogno di un piccolo aiuto per sopravvivere. E cosi fece.
Una mattina d’estate, dove il sole picchiava forte fin dalle prime luci dell’alba, si incamminò ed
iniziò quel suo primo ed unico viaggio solitario per il mondo alla ricerca dei cuori solitari, tristi e
affranti delle persone infelici, in cerca di una comprensione, un po’ d’affetto, l’amore e la
speranza ai quali dedicargli una piccola parte di sé, fino a restarne senza e morire felice, con la
convinzione che il suo battito continuasse a vivere in tanta altra gente.
Durante il suo cammino incontrò tanti visi tristi e conobbe l’avarizia, la perfidia, l’angoscia e la
solitudine, ma mai l’amore. Quel sentimento, di cui non ne aveva più traccia dentro di sé,
proseguì a stargli lontano, distante dai suoi battiti.
Vide una donna stretta in uno scialle nero, stremata dal dolore per il dispiacere di chi non era mai
riuscita ad avere un bambino tutto suo ed essere chiamata mamma. Si avvicinò a quel volto
affranto e gli regalò un pezzetto del suo battito dicendogli: «Ecco! Avvicinalo a quello tuo e fallo
battere in te. Io non riuscirò a sostituire un figlio, ma sappi che nella vita è più importante amarsi
che lasciarsi compiangere e sentirsi morire dentro, giorno dopo giorno, la voglia di vivere. Bisogna
amare noi stessi e il nostro cuore, perché se lui si sente trascurato, prima o poi, ci abbandona e
noi resteremmo madri e padri incompiuti, lasciando al mondo figli soli. Ama il tuo cuore, sarà lui a
sapersi sostituire alla gioia di un figlio, e con i suoi occhi saprai amare tutti i bambini del mondo
che saranno per te, come dei figli.»
Continuò il suo lento cammino ed incontrò più avanti un bambino, che piangeva per la morte dei
suoi genitori nel bel mezzo di una violenta guerra di religione, che l’aveva lasciato orfano solitario
per il mondo. Il cuore si avvicinò per accarezzargli i capelli. Poi, prese un pezzo del suo battito e
glielo regalò tra le mani dicendogli: «La guerra è un male incurabile, che miete le sue vittime tra
l’ipocrisia e la malvagità di quella folle sete di potere per ottenere sempre più spazi, forza e
denaro. Acceca padri che combattono i propri figli e lasciano dietro lunghissime strisce di sangue,
che macchiano in modo indelebile la memoria di chi perde tutto; da una casa agli affetti più veri.
Io ti regalo un pezzo del mio cuore affinché tu possa sperare che al mondo ci sarà ancora gente
disposta a regalarti un sorriso, difendere un ideale e regalare affetto, che si sostituirà a quello dei
tuoi genitori e, pur se non con lo stesso impeto, saprà convincerti che esiste ancora chi è buono
di animo ed ama il suo prossimo, senza nulla a pretendere in cambio.»
Gli diede un bacio, a quel bambino che adesso non piangeva più, ed andò via.
Continuando il suo cammino incontrò degli altri fanciulli seduti ai bordi di un marciapiede che
piangevano perché avevano fame. Lui si avvicinò a loro e per ognuno di essi regalò un pezzo del
suo cuore. I bambini non sapevano cosa farsene di quel gesto, che riempiva il cuore ma non la
pancia dalla fame. Il cuore solitario guardò uno ad uno negli occhi i bambini e poi disse loro: «Io
non riuscirò a saziare la vostra fame, ma saprò fare più forte i vostri deboli cuori affinché vincano
l’indifferenza della gente e vi sappiano far sopravvivere con un battito sempre più forte, che vince
la morte. Il mio gesto sincero servirà ad illuminare la strada buia in cui siete finiti e vi porterà a
bussare alle porte di chi vi accoglierà felici e vi regalerà un pezzo di pane. Ora avete un cuore più
grande della vostra tenera età… parlerà per voi e vi aiuterà a saziare la fame.»
Continuò ad andare avanti. Incontrò altre mille realtà tristi e desolate, e per ognuna di loro regalò
un po’ del suo cuore fino a quando si trovò di fronte ad un cuore di donna desolato e solitario,
proprio come lui.
Si avvicinò e gli chiese perché fosse così triste; il cuore avvilito gli rispose con poca voce: «Mi
sento solo e disamorato. Nessuno più si interessa a me e non riesco ad abituarmi all’idea che non
ci saranno più fremiti d’amore, giornate vissute a pensare a chi vorresti avere accanto e,
soprattutto, non riesco a dimenticare quelle poesie d’amore che mi hanno regalato un tempo.
Non resisto all’idea di non sentirmi più amato. Io senza amore non ci vivo, ed anche se
appartengo ad una donna che non è più giovane e desiderabile come un tempo, senza amore
preferisco morire.»
Quella confessione procurò una gran pena al cuore solitario, che per rimediare cercò subito un
pezzo di se stesso da poter regalare a quella donna, ma si accorse che ne aveva solo una piccola
porzione che gli serviva ancora a battere per vivere. Non ce n’era più di cuore disponibile per gli
altri: il suo l’aveva dato in dono a tutti quelli che aveva incrociato fino a quel punto.
Guardò negli occhi il cuore desolato e gli disse: «aspettami qui fino al tramonto, io torno indietro
e vado alla ricerca di quelle persone a cui ho dato me stesso, affinché mi possano ridare un
pezzettino piccolo del mio stesso cuore da dedicare a te, per farti ritornare a sorridere e credere
nell’amore.» e corse via, all’indietro sui suoi passi, in cerca di un po’ del suo cuore donato.
Ripercorse di corsa la strada, e per ogni persona incontrata alla quale aveva regalato una parte di
se stesso chiese che gli venisse reso un pezzettino piccolo d’amore così da poterlo dedicare a quel
cuore desolato, che l’avrebbe aspettato fino al tramonto, prima di lasciarsi morire.
Ma nessuno gli diede ascolto. Tutto dimenticarono troppo in fretta il suo nobile gesto e nessuno
volle più privarsi di quel nuovo battito che sentivano dentro di sé. Il bambino senza genitori era
riuscito a riguadagnare il coraggio ed ora giocava felice con altri suoi coetanei, la madre senza figli
era accerchiata da tanti fanciulli in girotondo e non volle privarsi di una simile gioia e cosi via con
tutti gli altri cuori che lui aveva aiutato. Nessuno, di quelli che aveva soccorso, si sentì pronto a
privarsi di un po’ della sua ritrovata gioia da restituirgli, per paura che ritornassero nell’infelicità.
A notte ormai inoltrata, sconsolato ed avvilito, tornò verso il cuore desolato, e non avendo nulla
da potergli regalare, gli chiese solo scusa e continuò il suo lento cammino in attesa che
sopraggiungesse la morte anche per lui.
Ma il cuore desolato, che era rimasto a battere per aspettarlo, lo fermò, e guardandolo fisso negli
occhi gli disse: «Non ho bisogno che mi regali nulla, mi è bastato sapere che al mondo c’è ancora
qualcuno che si sia accorto di me e che ha fatto di tutto pur di dedicarmi un pezzo del suo cuore.
Vieni accanto a me e stringimi, perché sarò io ad offrirti tutto il mio cuore per farti sentire amato.
Stringimi e diventeremo un unico grande battito innamorato.»
Quelle parole riaccesero la luce negli occhi del cuore solitario. Senza ringraziarlo per quell’aiuto,
lo strinse forte a sé e gli diede un bacio, di quelli belli, che procurano i brividi nell’anima, che è lo
specchio del cuore di chi si sente amato.
Da quel momento i due cuori vissero insieme, felici e innamorati.
FINE
Menzione Speciale alla Seconda Edizione del Concorso letterario "Libera la fantasia 2013”
organizzato dall’Associazione Luce dell’Arte di Roma