Continua a leggere - Compagnia dell`Arpa

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liberamente ispirato al genio di
Gianni Rodari
uno spettacolo di e con
Sergio Beercock & Sabrina Sproviero
Produzione Compagnia dell'Arpa
Organizzazione Aurora Tilaro
Direzione Artistica Filippa Ilardo & Elisa Di
Antonella
Foto di Scena
Barbera & Fabio
Leone
Dio
“Se avessimo una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di
inventare.” [Novalis, 1772-1801]
Si crede che inventare una storia sia una cosa seria, da fare seduti dietro una
scrivania, con una lampada puntata sul foglio, anni di studio, ore di lavoro, strizzare
le meningi per farne uscire il meglio. Gianni Rodari (docente, scrittore, giornalista e
papà, nato a Omegna, in Piemonte, classe 1920-1980) lo smentisce di sana pianta:
inventare una storia non è una questione di Logica; al contrario, è una questione di
Fantastica. La Fantastica sarebbe quella facoltà che ha il nostro cervello di farci
attingere alla realtà, alla memoria, alla lingua, alle immagini, ai sensi, per dare vita
a qualcosa di nuovo, qualcosa di inedito che noi soltanto siamo capaci di creare.
Quel qualcosa è proprio una Storia. E per creare una storia di cosa abbiamo
bisogno? Di carta e penna? Negativo. Non ci serve assolutamente nulla. La Fiaba è lì
nell'aria, che galleggia come una tela trasparente; e noi con il Pennello della nostra
Mente ricalchiamo sulla tela ciò che vi vediamo attraverso, ciò che più ci piace. Poi
con la Parola, raccontando, vi diamo colore.
Il Binomio Fantastico?
Quello del “binomio fantastico” è un esercizio che Rodari assegnava ai suoi alunni
per immaginare come si potesse dar vita ad un racconto partendo da due semplici
parole, due oggetti, due concetti. Si sceglievano dunque due parole, in maniera
casuale, e le si accoppiavano in un binomio, appunto. Automaticamente scattava
nella mente di ognuno la gamma di relazioni che potevano nascere, per esempio, tra
“cane” e “armadio”, oppure tra “chiodo” e “nuvola”, e così via.
Ecco, il metodo del Binomio Fantastico è proprio quello che Sergio e Sabrina hanno
usato per dar vita alle numerose trovate e situazioni che inondano la scena di
questo spettacolo. Casca a pennello persino il fatto che siano solo in due, quindi a
modo loro “un binomio fantastico”, ad interpretare addirittura una decina di
personaggi, che entrano ed escono di continuo dai gesti e dagli oggetti con cui i due
interagiscono.
Che ci fa quel baule sul palco?
Sergio e Sabrina sul palcoscenico non hanno nome. Per alcuni versi la loro identità
lungo lo spettacolo rimane incerta: quel che è certo è che due persone, ad un certo
punto, fuoriescono da un baule in cui vivono comodamente una vita colorata.
Fuori dal baule c'è un mondo.
Un mondo grigio. Un mondo
fatto
di
immondizia.
Esattamente. Il palcoscenico è
pieno di immondizia (roba che
non puzza, si intende!):
cartacce, bottiglie, sgabelli
rovesciati, vecchie lampade,
lenzuola.
Ma chissà per quale motivo,
per loro quella non è
spazzatura, anzi... E' terreno
fertile! In che senso?
Ma è chiaro! Quella sedia la
rovesciamo e diventa... un
castello con quattro torri!
E quell'ombrello? Ah, con l'ombrello puoi fare di tutto! In teatro non piove, lo
sappiamo! E allora ci servirà per volare, magari...
E quella lampada? Vediamo cosa ci possiamo inventare con questa lampada...
Inventare una storia è roba da ragazzi, basta sapere che l'unica regola è che non
esistono regole; non costa nulla. Non inventi una storia incollandoti alla tv. La storia
la inventi guardandoti intorno, e immaginando le cose al contrario, che una cosa in
verità sia un'altra. Quando inventi una storia, un piatto non serve per mangiare.
Diventa un magnifico cappello, o un disco volante.
Sergio e Sabrina, da quattro oggetti rotti, riusciranno a far nascere dieci stravaganti
personaggi e altrettante stravaganti avventure, tra banditi, mongolfiere, capre
profetiche e persone che ringiovaniscono misteriosamente.
La storia a cui si riferiscono e a cui liberamente si ispirano è quella di“C'era due
volte il Barone Lamberto”, di Gianni Rodari.
E noi che cosa impariamo?
La morale della favola? La morale è che una morale non c'è: usare l'immaginazione
è gratuito, è l'unico vero modo per dar speranza ad una società che ricicla il vecchio,
toglie la polvere e ce lo rivende facendoci credere che sia nuovo, e al doppio del
prezzo. E noi quindi ci inventiamo una società nuova, dove è possibile, se proprio
vogliamo, anche volare con un ombrello, o ringiovanire piuttosto che invecchiare.
Usare l'immaginazione è lasciarsi
stupire dagli altri, dalle cose,
interagire con il mondo senza
sovrastrutture. Interagire è regalare,
regalare è rispettare.
La morale della favola ce l'hanno i
bambini, e non lo sanno. Il bello è
proprio questo.
Dunque la Fantasia è riservata ai
bambini?
Rodari prima di essere uno scrittore
per ragazzi era un uomo eticamente molto impegnato. Era giornalista, critico, e
politicamente di parte: sì, era di parte. Da quale parte stava? Dalla parte di chi non
ha padroni e di chi non ne vuole. Perché la Fantasia non è affatto un treno ad alta
velocità per scappare dalla realtà, bensì un elicottero potentissimo che ti permette
di vedere le cose dall'alto, e portandoti in altri
posti a vedere altre persone, ti dà l'opportunità
di scovare le costanti che legano l'essere umano
da una parte o dall'altra della Terra. E quindi
perché scriveva per i ragazzi? Perché se è vero
che “i ragazzi sono il futuro”, allora è giusto che
venga loro dato lo spazio di pensare con le loro
teste. E la Realtà sociale spazio non ne dà poco
o alcuno. La Fantasia probabilmente non è
reale, ma è tremendamente vera. La Fantasia è
dunque Verità, e la Verità NON HA ETA'.
Dunque la Fantasia è diritto di tutti: di chi
indossa il grembiule e di chi impugna i ferri del
lavoro.
E del Teatro, ne vogliamo parlare?
Abbiamo pensato che il Teatro fosse la forma migliore e più completa per far
passare il nostro messaggio. E Rodari, tra l'altro, ci appoggerebbe in pieno. In teatro
tutto è davvero possibile. Lo è perché in teatro abbiamo la licenza di usare la
Fantasia come vogliamo, tutti quanti: chi è sul palco, e chi è in platea. E nel nostro
caso il pubblico è pienamente partecipe dello spettacolo, anche se seduto di fronte
alla scena: noi modelliamo bene la storia su oggetti praticamente casuali, e il
pubblico viene direttamente guidato con la mente a vedere esattamente quello che
vediamo noi. E se il pubblico è composto da bambini... beh... il gioco è fatto!
Ed
è
curioso
che
sia
sorta
spontaneamente la parola “gioco”.
“Gioco” e “Teatro” sono il più bel binomio
fantastico della storia umana: il Teatro è
un Gioco, un gioco stupendo se saputo
trattare con il rispetto che merita.
E chi sa giocare rispetta il Teatro. Ed è
proprio giocando in teatro che questo
spettacolo ha avuto vita.
Adesso... chi viene a giocare con noi?