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La nuova NATO di Alessandro Iacuelli “Lo scopo principale dell’Alleanza consiste nel salvaguardare la sicurezza dei Paesi membri dissuadendo l’avversario dall’aggressione: ciò significa che l’aggressore potenziale non deve avere alcun dubbio che, ove scatenasse un attacco, andrebbe incontro a rischi del tutto sproporzionati ai vantaggi che potrebbe eventualmente sperare di ricavare”. Così il Manuale Ufficiale della NATO1 sancisce il principio di una “azione in contropiede” nei confronti di un nemico che non c’è più. Nonostante tale nemico quello che ha permesso alla NATO di esistere - sia scomparso dalla scena, il principio viene confermato all’atto della riforma dell’organizzazione avvenuta dopo la fine del Patto di Varsavia. Come noto, poco dopo, il principio è stato disatteso con la guerra di aggressione contro la Jugoslavia. Un principio di dissuasione dall’attaccare. Dissuadere chi? Una volta sciolto il Patto di Varsavia, una volta scomparsa l’Unione Sovietica, chi potrebbe avere tanta forza da “aggredire” l’Europa occidentale o il bacino dell’Atlantico settentrionale? Stando alle informazioni ufficiali messe a disposizione del pubblico dai vertici dell’organizzazione, non importa chi sarà il futuro nemico. Quel che conta è dare della NATO un’immagine di forza, di potenza, di invincibilità, di un ostacolo impossibile da superare. Quasi un principio autocelebrativo. In molti, dopo aver analizzato quale potrebbe essere il ruolo della NATO in un mondo senza Patto di Varsavia, concludono, forse frettolosamente, che l’organizzazione sia oggi (come ieri) una propaggine degli Stati Uniti necessaria per “regolare i conti” USA con chi “ha osato alzare la testa”2. Tali analisi si limitano, da un punto di vista politico, a mettere in luce una svolta di stampo mafioso avvenuta nella politica internazionale degli USA. Poiché in queste note si intende chiarire il preciso significato di quest’affermazione, si ritornerà sull’argomento alla fine, anticipando fin d’ora che l’estensore di queste righe reputa queste analisi sostanzialmente corrette, anche se riduttive. 1 Manuale della NATO, a cura del Servizio Informazioni della NATO, Bruxelles 2001. La frase riportata nel testo è presente in tutte le edizioni del Manuale, fin dalla prima edizione datata 1949. 2 Non è solo la NATO ad avere questa funzione, è in buona compagnia degli analoghi patti stretti dagli USA con gli Stati del Sud Est Asiatico (SEATO) e con gli Stati dell’Asia centromeridionale (CENTO). 1 In queste pagine, senza nessuna pretesa di completezza, ma solo con la speranza di stimolare una riflessione, si intende: • Esaminare a grandi linee l’organizzazione interna della struttura, evidenziando come solo una piccola parte della NATO in realtà sia di tipo militare. • Contribuire a fare luce sul ruolo dell’Italia nella NATO dalla guerra in Jugoslavia/Kossovo in poi. • Informare sui progetti di sviluppo strategico, con particolare riferimento al cosiddetto “scudo spaziale”, progetto passato in secondo piano per i media, e di fatto sotto silenzio, dopo l’attacco alle torri gemelle, ma mai abbandonato dall’industria bellica occidentale. Non rientra negli scopi di queste note, tracciare le linee storiche della NATO dalla sua nascita ad oggi, argomento sul quale esiste già un’ampia letteratura. Non interessa qui scrivere della NATO ai tempi del Patto di Varsavia, interessa piuttosto esaminare come è oggi e come si progetta di farla essere domani. 2 1. Patto Atlantico, NATO e sua organizzazione interna 1.1 Il Trattato Atlantico In quanto organizzazione internazionale, la NATO esiste poiché frutto di un trattato, di un patto tra Stati. In questo caso il trattato in questione è quello noto come Trattato Atlantico, firmato a Washington da 12 nazioni3 il 4 aprile 1949 4. Il testo fu pubblicato il 18 marzo. Il 31 marzo il governo sovietico inviò ai governi futuri firmatari del trattato un memorandum, nel quale si afferma che il trattato è in contrasto con lo Statuto dell’ONU e che vi farà parte una nazione (l’Italia) non ammessa alle Nazioni Unite. Il 2 aprile i governi respingono in una nota comune le affermazioni sovietiche, e due giorni dopo firmano il Trattato. Ad una prima lettura, il testo del Trattato è poco più che una dichiarazione di intenti. E’ costituito da un preambolo e 14 articoli la cui autentica intenzione è il gettare fumo negli occhi alle popolazioni dei rispettivi Stati. Tuttavia, tranne il caso della Spagna nel 1986, le popolazioni locali non sono mai state consultate circa i rapporti tra il proprio governo e la NATO. Il nucleo vero e proprio del trattato è l’articolo 5: in esso i membri convengono di considerare un attacco armato contro uno di loro, dall’una o dall’altra parte dell’Atlantico, quale attacco contro tutti, e si impegnano ad adottare le misure necessarie per aiutarsi a vicenda. Il Trattato è stato concepito come strumento di realizzazione della strategia statunitense detta del contenimento globale del comunismo, strategia adottata ancora 3 Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Gran Bretagna, Stati Uniti. Nei primi anni 50 si sono aggiunte Grecia e Turchia (1952) e Germania Federale (1955). Solo nel 1982 ne entra a far parte la Spagna. Oggi la NATO conta 19 membri, dopo l’ammissione (12 marzo 1999) di Repubblica Ceka, Ungheria e Polonia. 4 Approvato in Italia con legge n° 465 del 1 agosto 1949. 3 oggi sia nei rapporti con gli stati socialisti, sia nei rapporti coi partiti comunisti, ritenuti sovversivi, come anche - negli anni successivi alla fine del Patto di Varsavia verso alcune formazioni politiche anch’esse ritenute sovversive e presenti all’interno degli Stati 5. Per permettere l’attuazione pratica del Patto Atlantico è stata creata l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, la NATO. La NATO non è il Trattato Atlantico, è un’organizzazione civile e militare che deve provvedere alla sua attuazione. In realtà, quest’organizzazione ha superato il Trattato, addirittura, in certi casi violandolo. Ad esempio, l’articolo 1 del Patto Atlantico recita: “Le parti si impegnano, com’è stabilito dall’ONU, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale nella quale potrebbero essere implicate, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza in modo incompatibile con gli scopi dell’ONU”. 6 Non occorre ricordare i recenti avvenimenti bellici per avere almeno qualche dubbio circa la fede nei confronti del trattato. La NATO dunque, organizzazione attuativa di un trattato difensivo. Nella sua definizione originale, si trattava esplicitamente di difesa dal Patto di Varsavia. Non c’è bisogno di evidenziare che l’appartenenza alla NATO non è mai stata paritetica; nonostante la documentazione ufficiale affermi che “la NATO è un’organizzazione intergovernativa, non sopranazionale, nella quale i Paesi membri conservano per intero la loro sovranità e la loro indipendenza”7, è chiaro a tutti, militari compresi, come il ruolo di USA e Canada sia predominante. D’altronde non occorre la NATO per togliere l’indipendenza a dei governi europei che - di fatto - l’avevano già persa con il Piano Marshall e la “dottrina Truman” negli anni 1948/49. Se la NATO fosse stata solo un’organizzazione militare, allora la disparità di peso interno all’alleanza sarebbe stata quasi necessaria: non si può infatti pretendere una parità di partecipazione in termini sia economici sia di forze armate tra USA e 5 Enea Cerquetti, “Che cos’è la NATO. Milano, Jaka Book, 1969. Tale tesi è confermata dall’edizione 2001 del Manuale Nato, cit., ove si fa della lotta “contro la sovversione” il cavallo di battaglia dell’organizzazione. 6 per quanto riguarda l’incompatibilità con gli scopi dell’ONU ci si riferisce evidentemente all’art. 51 dello Statuto dell’ONU, che sancisce il diritto di legittima difesa individuale o collettiva in caso di attacco armato. 7 Manuale della Nato, cit., pag. 19 4 Lussemburgo; e non si deve dimenticare che fa parte della NATO anche l’Islanda che, com’é noto, non dispone di proprie forze armate8. Di fatto, la NATO è anche un’organizzazione civile, strettamente politica; di conseguenza la non parità tra gli Stati membri porta fatalmente alla supremazia interna (politica prima ancora che militare) dei governi d’oltre Atlantico. Oggi, dopo l’uscita francese dalla struttura militare avvenuta nel 1969 e già annunciata da De Gaulle nel 1966, il coordinamento delle forze armate NATO avviene direttamente dal Pentagono: anche se tutti i membri sono formalmente alla pari, le responsabilità di direzione sono pesantemente accentrate negli USA. La natura del trattato rende gli Stati Uniti globalmente offensivi, sia verso gli Stati avversari (un tempo gli Stati socialisti), sia verso i paesi aderenti alla NATO: ma mentre verso i primi hanno margini di manovra limitati ad operazioni diplomatiche o militari, all’interno dei secondi possono agire con estrema discrezionalità, come dimostra la disinvoltura con la quale si definisce il concetto di “sovversione” perseguibile a norma dei trattati 9. Di fatto, gli USA hanno sempre condizionato - e continuano a farlo - i governi alleati, con pressioni politiche e tentativi di imporre regimi “amici”. La NATO è da temere? Ai tempi del Patto di Varsavia non c’era molto da temerla, visto che come ricorda Rizzo 10 , “la NATO non avrebbe resistito più di 10-12 giorni ad un attacco convenzionale da parte del Patto di Varsavia, per cui gli Stati Uniti si diedero da fare nella proliferazione degli armamenti nucleari a medio e lungo raggio”. Ora, nel XXI secolo, non bisogna dimenticare che la società occidentale mostra una tendenza a divenire dittatura: la sua difesa è e sarà organizzata da oligarchie 8 L’Islanda fu fortemente voluta nel Patto Atlantico da USA e Gran Bretagna, pronti a fare sforzi per difenderla. Entrambi i governi Truman e Churchill la consideravano, data la vicinanza alla regione artica, facilmente occupabile dalle truppe sovietiche, che avrebbero così ottenuto un’ottima “testa di ponte” sia verso l’Europa sia verso il Nord America. 9 Cerquetti, cit., fa notare come alla fine degli anni ’60 anche il PCI rientrasse nella definizione di “sovversione” imposta dagli USA. 10 Aldo Rizzo, “Guerra e pace nel 2000”, Bari, Laterza, s.d. 5 dittatoriali, che facilmente evolvono verso regimi militari o paramilitari. La potrebbe essere il suo braccio armato. NATO 1.2 Struttura civile della NATO Qual è il ruolo civile della NATO? Partiamo dall’osservare cosa c’è scritto pubblicamente, sulla documentazione ufficiale: “La consultazione politica, sempre praticata fin dai primi giorni dell’Alleanza, ha ricevuto un nuovo impulso con l’approvazione, nel 1956, del Rapporto del comitato dei tre sulla collaborazione non militare, con il quale si raccomandava che su tutte le questioni interessanti la NATO si procedesse ad una consultazione fin dal primo stadio dell’elaborazione delle decisioni dei governi”11. Chiaramente, se la consultazione politica non è paritetica… si perde in un sol colpo tutto il concetto di non sovranazionalità dell’organizzazione. Un esempio delle conseguenze di ciò è riportato - tra l’altro come un trionfo - sulla stessa manualistica: 11 Manuale della Nato, cit., pag 19. 6 “Nel caso del negoziato MBFR12, il Consiglio Atlantico13 ha assunto un’iniziativa che va al di là della consultazione ed ha svolto per la prima volta un ruolo direttivo nella messa a punto della posizione negoziale dei partecipanti occidentali”14. Quindi, il fondamentale ruolo della NATO è politico, prima ancora che militare. Il caso del negoziato MBFR tra NATO e Patto di Varsavia è uno dei tanti casi di condizionamento della politica dei singoli Stati da parte degli Stati Uniti, nel nome dell’integrità dell’Alleanza e della difesa dal “pericolo rosso che viene da Est”. Per affermare il controllo politico (esercitato dagli Stati Uniti), soprattutto sull’Europa, sono state necessarie varie tappe, tutte rigorosamente già effettuate. Si iniziò nel dicembre 1957 con l’istituzione del Comitato Scientifico NATO, riunitosi per la prima volta nel 1988. Nei primi anni di attività il Comitato ha lanciato tre programmi: quello delle borse di ricerca scientifica, quello dei corsi estivi e quello delle sovvenzioni alla ricerca, che rappresentano ancora oggi la spina dorsale delle attività scientifiche della NATO15. Nel 1969, su proposta di Nixon, venne istituito il CCMS, Comitato per le Sfide della Società Moderna, per promuovere un’azione internazionale “allo scopo di arrestare il degrado dell’ambiente e di migliorare la qualità della vita”16. Più o meno nello stesso periodo, viene istituito l’Eurogruppo, un raggruppamento informale dei ministri della Difesa degli Stati europei aderenti al Patto Atlantico. Probabilmente l’Eurogruppo, nato per “contenere l’espansione del comunismo in Europa”17, è oggi, dopo il 1997, la parte della NATO più propriamente dedicata al controllo politico e sociale. Infatti, “tra i lavori svolti e i risultati conseguiti va ricordata un’impostazione programmatica per conseguire un impiego più efficace in settori di attività concrete. Una collaborazione multilaterale è stata conseguita in campi come le telecomunicazioni, il sostegno logistico, l’armonizzazione delle dottrine a lungo termine ed i servizi sanitari”18. Certo, quell’espressione “armonizzazione delle dottrine a lungo termine” suona in un modo che non fa presagire nulla di buono… 12 Negoziato per la riduzione reciproca ed equilibrata delle forze nucleari, tenutosi a Vienna nel 1973. L’organo supremo della NATO, se ne parlerà più avanti. 14 Manuale della Nato, cit., pag 25. Non parteciparono Francia (che dal 1969 partecipa solo alla parte civile dell’alleanza, come esercito è fuori dalla Nato), Islanda (in quanto non dotata di forze armate), Portogallo (scelta di politica interna), Spagna (non ancora nell’alleanza, vi sarebbe entrata nel 1982). 15 v. http://www.nato.int 16 Manuale della Nato, cit., pag 29. 17 Manuale della Nato, cit., pag. 55. 18 Manuale della Nato, cit. 13 7 Attorno all’Eurogruppo gravita anche l’Assemblea Atlantica, un’organizzazione interparlamentare dei Paesi membri dell’Alleanza. Ne fanno parte un cospicuo numero di parlamentari dei vari Stati. Tale Assemblea, “ha per scopo il rafforzare la cooperazione e la comprensione tra i Paesi dell’Alleanza; di incoraggiare i governi a tenere conto dei punti di vista dell’alleanza all’atto della formulazione delle loro leggi; nonché di incoraggiare i sentimenti di solidarietà atlantica nei parlamenti nazionali”19: il controllo politico degli USA sui parlamenti degli Stati europei. In tutti i Paesi NATO esistono delle associazioni private che assecondano le attività dell’organizzazione. Per quanto riguarda l’Italia c’è il Comitato Atlantico: privati cittadini che collaborano agli obiettivi dell’Alleanza atlantica, condizionano l’opinione pubblica e (resta un sospetto?) creano strutture parallele filoamericane. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, l’organo supremo, il luogo dove si prendono le vere decisioni, è il Consiglio Atlantico. Ogni Stato nomina il suo membro del Consiglio, che deve essere un ambasciatore facente parte regolarmente dei ruoli diplomatici ordinari dello Stato di provenienza. Tali ambasciatori sono nominati dai rispettivi governi “Rappresentanti Permanenti presso l’Alleanza Atlantica”. Di solito, l’essere ambasciatore presso l’Alleanza Atlantica è una carica molto ambita, il degno coronamento di una carriera. Ogni rappresentante nel Consiglio Atlantico è permanentemente in contatto con il proprio governo di provenienza mediante linee telefoniche protette. Periodicamente il Consiglio si riunisce alla presenza dei ministri degli Affari Esteri dei governi membri. Tali riunioni si tengono due volte l’anno. La riunione di dicembre si tiene a Bruxelles, quella di primavera si svolge a rotazione nella capitale di uno degli Stati membri. Occasionalmente il Consiglio si riunisce anche alla presenza dei capi di Stato o di Governo. Nelle sue sedute ordinarie, il Consiglio Atlantico, composto dai soli rappresentanti permanenti, è riunito in sessione permanente e gli incontri, tenuti a Bruxelles, sono almeno una alla settimana. Di importanza inferiore rispetto al Consiglio Atlantico, c’è il DPC (Comitato di Pianificazione della Difesa) che si riunisce settimanalmente “al livello degli ambasciatori” e due volte l’anno “al livello dei Ministri della Difesa” per decidere sulle questioni più squisitamente militari. Da non trascurare, ancora riguardo il ruolo politico dell’Alleanza Atlantica, il Segretariato Generale, che non provvede solo alla logistica, agli appartamenti degli 19 Manuale della Nato, cit., pag. 57. Naturalmente occorre interpretare con la giusta chiave di lettura l’espressione “solidarietà atlantica”! 8 ambasciatori ed alle traduzioni simultanee. Da esso dipende la Divisione Affari Politici che, nella sua ramificazione chiamata Direzione delle Informazioni, attua nei confronti delle popolazioni “l’armonizzazione delle dottrine” alla quale si è accennato in precedenza. Esso infatti “aiuta i governi dei Paesi Membri ad estendere la conoscenza della NATO e della sua politica a mezzo di films, programmi radiotelevisivi, una pubblicazione periodica in 12 lingue20, delle pubblicazioni non periodiche, mostre, ecc.; organizza visite di gruppi alla sede della NATO, partecipa all’organizzazione di corsi e seminari sui problemi della NATO e patrocina attività per la gioventù”21. Quindi è l’ufficio preposto all’emissione delle “veline” ed all’organizzazione del lavaggio del cervello di massa al quale stiamo assistendo, con l’individuazione del “nemico” nel “comunista cattivo”, al quale di recente si è aggiunto “l’arabo terrorista”. L’organizzazione ha strutturato, negli anni, una fitta rete di enti, commissioni ed organismi sia civili che militari. Per non andare oltre gli scopi di queste pagine, non vale la pena elencarli 22, ma appare necessario - per chiudere il quadro organizzativo della NATO citarne alcuni: • CEOA – Centro di Esercizio Oleodotti Alleati dell’Europa Centrale. Costituito per il controllo multilaterale da parte di Europa e USA della gestione e della manutenzione della rete integrata (sia civile sia militare) degli oleodotti23. Conta 8 membri ed ha sede a Versailles. • ADSIA – Ente Alleato per l’Interoperabilità dell’Informatica. Con sede a Bruxelles. • NEWAC – Comitato Consultivo per la Guerra Elettronica. Riguardo questi ultimi due enti, lo stesso manuale nello specifico dei compiti loro assegnati. NATO resta vago, senza entrare 20 Edizione italiana: Notizie NATO. Reperibile oltre che in versione cartacea anche in versione elettronica all’indirizzo http://www.nato.int 21 Manuale della Nato, cit., pag. 42. 22 L’elenco completo è sul manuale citato. Il manuale è reperibile anche in formato elettronico su http://www.nato.int ma solo nella sua versione inglese. 23 Negli anni 50 la NATO realizzò una fitta rete di oleodotti in Europa, alternativa alla preesistente rete civile, e ad uso esclusivamente militare. 9 1.3 Cenni alla struttura militare della NATO In generale, le forze appartenenti agli Stati membri rimangono, in tempo di pace, sotto comando nazionale; tuttavia alcune di esse sono poste sotto il comando operativo o di controllo della NATO, alcune sono “assegnate ai comandi NATO”, altre sono “riservate per l’assegnazione” a tali comandi. Dal punto di vista militare la NATO è suddivisa in tre comandi principali: 1) Comando Supremo Alleato nel Nord Atlantico (ACLANT) 2) Comando Supremo Alleato in Europa (ACE) 3) Comando Supremo Alleato della Manica. (INCHAN) L’ACE ha sede a Mons, in Belgio, è posto sotto il comando di un generale statunitense, detto SACEUR (Comandante Supremo Alleato in Europa), un ruolo molto ambito nelle alte gerarchie dei generali di corpo d’armata statunitensi. Da esso dipendono tutte le forze di tutti gli Stati presenti in Europa e nel bacino del Mediterraneo. A sua volta l’ACE è suddiviso in tre regioni militari principali: 1) Comando Alleato dell’Europa Settentrionale (AFNORTH), con sede a Kolsas, in Norvegia. 2) Comando Alleato dell’Europa Centrale (AFCENT), con sede a Brunssum, Paesi Bassi. 3) Comando Alleato dell’Europa Meridionale (AFSOUTH), con sede a Napoli. Il comando supremo ACE, delega il comando delle forze armate ai tre comandi delle regioni militari appena elencate; da parte sua, controlla direttamente tre cose: 1) Il sistema di segnalazione elettronica satellitare che si estende da Capo Nord alla Turchia (NATO Air Defence Ground Environment - NADGE). Il NADGE guida la difesa aerea di intercettazione. In Italia le installazioni NADGE si trovano nel napoletano ed in Emilia24. 2) La forza mobile NATO, un insieme di forze senza sede precisa, ma pronte ad essere aviotrasportate ove occorrono. L’Italia partecipa con reparti Alpini. 24 Cerquetti, cit., pag.23. 10 3) Settemila testate nucleari affidate a 2.250 tra aerei e rampe missilistiche distribuite nei vari Stati. Le testate sono tutte sotto controllo americano. 4) 1710 missili intercontinentali atti al lancio degli ordigni nucleari citati al punto precedente. Quasi tutti i missili sono a testata multipla; in particolare il missile Minuteman ha 3 testate, mentre il Poseidon (che può anche essere lanciato da sott’acqua fino ad una profondità di 400 metri circa) ne ha 10. Ricordiamo che i missili a testata multipla sono missili a medio raggio (circa 5000 Km) dotati di più ogive nucleari, capaci di dividersi in volo l’una dall’altra e di procedere ciascuna verso un distinto obiettivo. Restano invece collocati negli USA e posti direttamente sotto il controllo del Pentagono, sia i vecchi (ma sempre funzionanti) Pershing sia i missili MX, successori dei Minuteman. L’MX è alto 23 metri, ha 4 stadi, di cui l’ultimo di 9 metri, con un diametro al centro di 2 metri e mezzo; pesa 95 tonnellate, trasporta 10 testate nucleari autonome, ciascuna munita di radar, computer e sensori incorporati, che la guidano direttamente al bersaglio dopo il rientro nell’atmosfera, dopo circa 25 minuti dal lancio. La gittata massima dichiarata dagli USA è pari a 13.000 Km. 25 La NATO, e quindi tutti gli Stati ad essa appartenenti, non hanno assolutamente alcun controllo né politico né militare sull’eventuale uso degli MX: sono considerati un sistema d’arma privato ed esclusivo degli USA. Il pretesto americano per non disinnescare gli MX, dopo la caduta dell’URSS, è nell’indicare la presenza sul pianeta (e forse sul mercato), dei missili sovietici SSX24, successori degli SS20. Gli SSX24 hanno le stesse caratteristiche degli MX, con la differenza che sono trasportabili su rotaia. Infine, dal comando AFSOUTH situato a Bagnoli (alla periferia occidentale di Napoli) dipendono le forze terrestri alleate dell’Europa meridionale, le forze terrestri alleate dell’Europa sud-orientale, le forze aeree alleate dell’Europa meridionale, le forze navali alleate d’intervento e di sostegno dell’Europa meridionale e del Mediterraneo. In pratica, la giurisdizione militare del AFSOUTH va da Gibilterra al Golfo Persico. Le forze terrestri sono 45 divisioni ed un numero non precisato di brigate indipendenti. Le forze aeree schierano 3.500 aerei distribuiti su 150 aereoporti NATO, alimentati da una rete di depositi e tubazioni (gli oleodotti militari di cui si è già parlato), che portano direttamente alle piste o ad altri centri di alimentazione il carburante per gli aerei e per tutti i tipi di veicoli. 25 Rizzo, cit., pag,43. 11 2. L’Italia nella NATO del 2000 L’Italia è uno degli Stati fondatori della NATO. Per quanto sconfitta nella seconda guerra mondiale, vi è stata ammessa fin dal principio ed ha partecipato alla sua costruzione, onore che non ha ricevuto neanche la Germania Federale, ammessa solo nel 1955. Il Trattato Atlantico fu pensato e voluto da USA e Gran Bretagna per “contrastare il comunismo”, di conseguenza la NATO è sorta come organizzazione tra vincitori e neutrali alla fine della seconda guerra mondiale, ma c’era bisogno dell’Italia, centro strategico di tutto il Mediterraneo, e – come qualcuno sostiene – in Italia c’era una classe politica che aveva bisogno della NATO. Non ci addentriamo in questa sede nei processi che hanno portato all’entrata dell’Italia nel Patto Atlantico, rinviando il lettore all’ampia letteratura in proposito; c’è però da osservare che il Piano Marshall aveva segnato l’inizio di un nuovo modo (con predominio USA) di cooperazione internazionale, di intervento esterno per la soluzione di gravi deficienze congiunturali. Tuttavia il Piano Marshall fu accompagnato da corollari di ordine politico che finirono con il prevalere rispetto allo stesso Piano, creando le premesse per il lavoro diplomatico che avrebbe portato l’Italia al suo innesto nella politica atlantica, ed il depauperamento intellettuale del nostro come di tutti gli altri Stati occidentali26. In questa sede interessano altri due aspetti. 26 Un’ottima ricostruzione storica, soprattutto politica, dei fatti del 1949 è contenuta in: Giovanni Di Capua, “Come l’Italia aderì al Patto Atlantico”, Roma (Ebe editrice), luglio 1971. In tale volume l’autore mostra come il Partito Repubblicano Italiano si sia adoperato oltre misura – spesso contravvenendo anche alle direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri – per l’entrata dell’Italia. 12 Napoli, tra tutte le città del mondo, è una di quelle in cui si realizzano eccezionali concentrazioni di comandi militari e di comandanti della Marina Militare Americana: 1) Quartier Generale delle forze alleate del sud Europa (AFSOUTH). 2) Comando delle forze aeree alleate, che coordina contemporaneamente le unità italiane, greche, turche e statunitensi. 3) Comando subordinato di Marina del Mediterraneo centrale. 4) Stati Maggiori delle forze d’attacco nel settore Mediterraneo. 5) Comando dei sommergibili nel Mediterraneo. 6) Comando della caccia aerea antinavale del Mediterraneo (USA, Italia, GB). 7) Comando e nave ammiraglia della VI flotta USA. Come dire…. tutti lì! L’altro aspetto - fondamentale - è capire quanto e come, ora che non esiste più il Patto di Varsavia, l’Italia contribuisca all’operatività della NATO. L’Italia contribuisce sostanzialmente con denaro. Una parte del denaro viene versata direttamente ogni anno nelle casse dell’Alleanza, un’altra parte costituisce le ben note “spese militari” che i governi pagano per mantenere l’esercito. L’esercito italiano, come si mostrerà di seguito, non è indipendente, per cui quelle spese militari di fatto servono a mantenere ed armare un esercito che è agli ordini della NATO. Quante e quali parti dell’esercito italiano sono state “cedute” alla NATO? La domanda non è senza risposta, poiché il Ministero della Difesa, malcelando un certo orgoglio, rende pubblici questi dati. 13 Sono assegnate alla NATO le seguenti unità operative dell’Esercito 27: • 4 divisioni di fanteria (divisioni Cremona, Legnano, Granatieri di Sardegna, Mantova) • 5 brigate alpine di 600 uomini ciascuna, assegnate alla forza mobile NATO (brigate Cadore, Julia, Orobica, Taurinense, Tridentina) • 2 divisioni corazzate (Ariete e Centauro) • 1 brigata missili terra-aria (Mestre) • 4 battaglioni di artiglieria con missili terra-aria. Non sono assegnate alla NATO: • 5 divisioni di fanteria (divisioni Aosta, Avellino, Friuli, Pinerolo, Trieste) • 1 brigata indipendente di cavalleria • 1 brigata paracadutisti (Folgore), che tuttavia è “a disposizione” per missioni internazionali. Tutta la Marina Militare italiana è assegnata alla NATO: • 3 incrociatori leggeri lanciamissili, con sistemi missilistici di difesa antiaerea e antisommergibile. • 2 fregate con missili mare-aria • 4 caccia antisommergibili • 14 caccia di scorta antisommergibili • 6 sommergibili • 24 navi scorta costiere • 4 dragamine costieri • 20 posamine costieri • 100 circa di altri navigli • 1 battaglione di fanteria da sbarco di Marina (Battaglione S.Marco) • Tutta la forza aerea in dotazione alla Marina, che comprende unità da caccia con elicotteri ed aerei. Per quanto riguarda l’Aereonautica Militare, sono assegnati alla V Allied Tactical Air Force della NATO: • 3 squadroni cacciabombardieri Starfighter • 3 squadroni cacciabombardieri Thunderstreak • 3 squadroni cacciabombardieri Tornado • 3 squadroni di attacco G91 Fiat • 3 squadroni da caccia F86k • 3 squadroni intercettori F104 27 : Tutti i dati sull’Esercito Italiano, Marina ed Aereonautica Militare provengono dal sito del Ministero della Difesa http://www.difesa.it il Ministero avverte che tali dati sono suscettibili di variazioni. 14 • 3 squadroni da ricognizione • 3 squadroni da trasporto • 2 squadroni lanciamissili Non sono assegnati alla NATO: • 1 squadrone da ricognizione e d’attacco • 1 squadrone da trasporto • 3 squadroni antisommergibili. In pratica quasi tutto l’esercito italiano è sotto comando USA o a sua disposizione. Sotto comando nazionale restano solo poche briciole, quelle considerate inutili dai più potenti alleati d’oltreoceano. Nonostante questo spiegamento di forze e questo ampio “regalo” alla NATO, all’interno dell’Alleanza l’Italia non ha un grosso peso militare. Messo a confronto con l’esercito USA e con quello della Gran Bretagna, l’esercito del governo italiano appare comunque un esercito giocattolo, una forza minoritaria. L’Italia non ha un grosso esercito, basti pensare che in tutto nelle caserme italiane ci sono 350.000 persone, molte meno degli agenti dei vari corpi di pubblica sicurezza. All’interno dell’Alleanza la supremazia politica di USA e Canada non è in discussione, ma tra i partner europei c’è un delicato equilibrio da conservare, per cui l’Italia deve sopperire a questa debolezza militare in altri modi, come ad esempio mettendo a disposizione degli alleati le proprie installazioni (Aviano, Gioia del Colle, Sigonella, Comiso, ecc.) per gli attachi USA nell’area dell’Europa Orientale (Jugoslavia) e come testa di ponte per il medio oriente. Come già anticipato, l’Italia partecipa alla NATO anche (forse soprattutto) economicamente: contribuisce alle spese NATO per il 9,2% del totale. La cifra nominale è in costante aumento anno dopo anno. Per il 2000 l’Italia ha versato alla 28 NATO 43 miliardi di lire . Lo Stato, da sempre, ha un livello elevato di spese militari, per sovvenzionare un esercito che - come appena visto - è sotto comando USA e partecipa al programma 29 NATO di standardizzazione . Tale programma ha come obiettivo la costruzione di uno standard degli armamenti di tutti gli eserciti NATO. Questo comporta che, dovendo avere gli stessi armamenti di tutti gli altri, il governo italiano acquista continuamente nuovi sistemi d’arma dall’estero. Naturalmente, tranne poche eccezioni 30, si tratta di armamenti di fabbricazione USA. Come molti analisti affermano, l’utilità principale della NATO sta nel realizzare uno sbocco naturale per l’industria bellica americana e nel fornire agli USA un esercito a spese dei governi europei. Serve solo a questo l’Italia? 28 29 30 Manuale della Nato, cit. Manuale della Nato, cit. E’ il caso dei carri armati Leopard, di progettazione tedesca ed oggi in dotazione a 19 eserciti. 15 Avendo un esercito tutto sommato piccolo, di fatto le spese militari sostenute dall’Italia, sono spiccioli se messi a confronto di quanto spendono Paesi come USA, Gran Bretagna, Svezia, Svizzera e Francia. Certamente non sono spiccioli per noi, che paghiamo IRPEF e IVA qui in Italia: basta pensare che per l’anno 2000 il governo ha stanziato al Ministero della Difesa la modica cifra di 24.974 miliardi di lire 31. Il secondo capitolo di spesa dello Stato. E’ vero, l’Italia ha installazioni militari utili per attacchi contro i Balcani ed il Nord Africa. Può bastare questo? O ci sono altre ipotesi strategiche? Di ipotesi ce ne sono molte, tra le quali alcune particolarmente fantasiose e sulle quali non vale la pena di soffermarsi. Forse uno spunto di riflessione utile, sul quale ci sarà molto da ragionare, ci viene fornito proprio da un documento ufficiale. Sul documento conclusivo della Conferenza di Parigi32 si legge, infatti: “Le relazioni amichevoli fra noi trarranno vantaggio dal consolidamento della democrazia e dal miglioramento della sicurezza”33. “Benché la minaccia di un conflitto in Europa sia diminuita, altri pericoli minacciano la stabilità delle nostre società. Siamo decisi a cooperare nella difesa delle istituzioni democratiche contro attività che violino l’indipendenza, l’uguaglianza sovrana o l’integrità territoriale degli stati partecipanti. Esse includono attività illegali che implicano pressioni esterne, coercizioni e sovversioni.”34 Ecco i nuovi nemici, i “sostituti” del Patto di Varsavia. Chiunque può essere un nuovo nemico, opponendosi alle “istituzioni democratiche” imposte. Allora da più parti si indica di cercare il ruolo dell’Italia nelle pressanti richieste degli Alleati di dare vita ad un corpo di polizia internazionale. Tale ipotesi sembra essere avallata dai primi “esperimenti sul campo”, avvenuti con l’invio di battaglioni di carabinieri prima a Sarajevo poi in Kossovo per “il mantenimento dell’ordine pubblico”; e infine a 31 V. http://www.cnel.it. Non è il capitolo di spesa più elevato: alla voce “Pubblica Sicurezza” si legge la cifra di 29.347 miliardi di lire. 32 Carta di Parigi per una nuova Europa. Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione tra Capi di Stato e di Governo del 19 novembre 1990. Qui si usa come riferimento l’edizione stampata il 21 novembre 1990 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria. 33 Carta di Parigi per una nuova Europa, cit., pag. 10. 34 Carta di Parigi per una nuova Europa, cit., pag. 14. 16 Nassirya. Notando lo squilibrio numerico tra forze armate e forze dedicate al mantenimento dell’ordine pubblico (350.000 militari contro 500.000 effettivi tra polizia, carabinieri e guardia di finanza), si può ipotizzare per l’Italia un ruolo effettivo di polizia/pulizia internazionale, auspicato dagli alleati e l’ammontare delle spese dello Stato sembra confermarlo. Quale sia la verità, non ci è dato saperlo: queste non sono scelte che si discutono in vertici da passerella dove si discute uno scudo spaziale che forse non coprirà mai l’Europa (ma che di certo l’Europa pagherà, in miliardi di Euro), non sono scelte discusse nei parlamenti o sottoposte a scelta decisionale. Sono scelte varate in seno al Consiglio Atlantico, circa il quale non vengono resi noti né gli ordini del giorno né le conclusioni, che si riunisce una volta alla settimana fin dal 1949… segno che è una sede nella quale si lavora sul serio. 17 3. Armamenti e Scudo Spaziale Prima della svolta politica degli anni 1989/1991, a sovrastare la politica internazionale è stato il rapporto diretto tra USA e URSS. “Chiunque abbia pensato di contare al di fuori o contro questo schema si è abbandonato a fantasie e a velleità”35, come nel caso di De Gaulle nella seconda metà degli anni ’60. Ora quell’ordine di cose non c’è più. Non c’è più equilibrio, non c’è più un contrappeso allo strapotere degli USA, eppure ci portiamo ancora dietro un retaggio di quell’epoca, destinato a condizionare ancora la politica internazionale e di riflesso quelle locali: ancora adesso l’ordine internazionale è articolato su due livelli, quello dei possessori di armi atomiche e quello di chi ne è sprovvisto. Grazie all’arsenale atomico mai disabilitato, gli USA possono adottare al di sopra di tutti gli altri la strategia della “difesa flessibile”, della quale si parlerà nel corso del capitolo. 3.1 Strategia futura della NATO Per sostenere la rete dei rapporti descritti nei capitoli precedenti, oggi circa la metà delle forze armate USA è dislocata all’estero: quindi 36 1.700.000 soldati americani stanno esercitando attivamente il ruolo di gendarmi nel mondo. Affermata la loro presenza dominante 35 36 Aldo Rizzo, Guerra e pace nel duemila. Bari, Laterza, s.d. The Military Balance. N° 1/2001. 18 nell’estremo Oriente, eliminata l’esistenza del “pericolo rosso” del blocco sovietico, gli USA acutizzano i problemi irrisolti dell’Europa Occidentale al fine di tenerla soggiogata non solo militarmente, ma prima di tutto dal punto di vista politicoeconomico. Prima ancora degli aspetti politici, ne subiamo le conseguenze militari; consideriamo infatti gli attuali focolai di guerra: 1) le conquiste territoriali e la bellicosità di Israele, 2) la penetrazione neocapitalista e neocoloniale in Africa e nel resto del Terzo Mondo, 3) le ostilità presenti non solo in Palestina, Nigeria, Burundi, ecc., ma anche nei conflitti attivi in Afghanistan e Iraq. 4) Le ulteriori tensioni acutizzate nel corso degli anni con tutto il mondo islamico. 5) Le tensioni, che ogni decennio diventano più rare, in estremo oriente che di tanto in tanto tornano alla ribalta, come quando qualche aereo spia americano finisce in mani cinesi. Il settore più suscettibile di ostilità aperte a breve scadenza è comunque quello del mediterraneo orientale e del Medio Oriente, come i recenti conflitti in Serbia/Kossovo, Afghanistan e Iraq hanno mostrato, e come lasciano prefigurare gli scenari di “guerra al terrorismo” da parte americana, includendo l’attuale tensione con l’Iran. Occorre ricordare che le tensioni in queste zone toccano direttamente l’Italia, non solo come Paese membro, ma come protagonista. Napoli è sede del comando meridionale AFSOUTH e dei comandi USA per le operazioni che vanno dal Mediterraneo al Pakistan. Il pericolo per l’Italia non è solo militare: tanti casi avvenuti (anche in Italia) insegnano che, di fronte alla previsione di apertura di un teatro di guerra, gli USA impongono regimi politici a loro favorevoli. Mentre negli anni ’70 gli esperti americani individuavano, dal loro punto di vista, come caso di scontro le pressioni sovietiche sul centro Europa, oggi individuano “l’accerchiamento sovversivo” degli Stati mediterranei 37. Il concetto americano di sovversione è abbastanza ampio da includervi non solo BinLaden, ma anche tutti i comunisti, i socialisti, gli islamici, gli internazionalisti, ecc. del mondo. 37 The Military Review, n° IV, 2000. 19 Dopo la fine del Patto di Varsavia, anche gli aspetti strategici e tattici della NATO sono profondamente variati. Per far luce su questo argomento si rende necessario un rapido riepilogo delle strategie adottate dagli Stati del Patto Atlantico, quindi strategie USA, al passare dei decenni. In un primo tempo (guerra fredda, fine anni 40 ed anni 50), la NATO ebbe come compito il “respingere il comunismo più a Oriente possibile”38. Per questo scopo venne elaborata la dottrina strategica della “difesa in avanti”, che consisteva nel tenere sempre truppe a pieni ranghi e addestrate, distribuite sul territorio in modo che fossero sempre e immediatamente pronte per l’attacco. Questo concetto è etichettato come pietra miliare della programmazione tattica della NATO 39. E’ l’epoca della grande importanza data alla “forza mobile” più volte citata in precedenza. Naturalmente la “difesa in avanti” era applicata non solo nelle relazioni con gli stati socialisti, ma anche nel programmare la repressione dei partiti comunisti o dei movimenti considerati sovversivi. Questa tattica fu abbandonata solo quando gli strateghi del Pentagono compresero che, di fronte ad un attacco del Patto di Varsavia condotto da ambo le parti con sole armi convenzionali, avrebbero potuto opporre resistenza per un massimo di 10-12 giorni. Nei primi anni ’60, nel periodo della presidenza Kennedy, avvenne il cambio strategico e tattico che portò alla proliferazione nucleare a dismisura. La nuova strategia fu denominata della “Rappresaglia Massiccia”. Ad effettuare la rappresaglia contro un attacco sovietico sarebbero stati i missili intercontinentali muniti di ogive termonucleari, tristemente note con il nome di “Bombe H”. Le forze alleate erano considerate lo scudo convenzionale in Europa che, in caso di attacco, doveva immediatamente mettere in moto la spada nucleare USA. Da bravo scudo avrebbe dovuto parare il colpo, dando il tempo alla spada di 38 39 Cerquetti, cit., pag. 67. NATO. Facts about NATO. Bruxelles, 1985. 20 colpire. Subito dopo le forze convenzionali si sarebbero spinte via terra e via mare in avanti, nel cuore del Patto di Varsavia, oltre la cortina di ferro. In parole povere: avrebbero dovuto muoversi in avanti, in ambiente contaminato radioattivamente, dopo un attacco nucleare USA. Oggi non c’è più come avversario una superpotenza nucleare. Per tale motivo è stata messa a punto la nuova strategia, chiamata della “risposta flessibile”. Questa nuova strategia vide i suoi albori negli stessi anni ’60, ma solo a fine secolo, con lo smantellamento (parziale) dell’arsenale nucleare ex-sovietico, ha potuto ottenere una piena applicazione a tutto campo. Con essa il ruolo dello scudo e della spada sono invertiti: infatti, sotto lo scudo nucleare strategico, cioè la minaccia di usare l’armamento atomico, diviene possibile muovere la spada delle unità operative con armamento convenzionale. In parole povere: sotto la minaccia di stare appena valutando la possibilità di usare l’armamento nucleare intercontinentale pesante, si invade l’Iraq o si bombarda ripetutamente Belgrado e tutte le città della Jugoslavia, ma anche dell’Afghanistan, invitando l’avversario a non reagire troppo… altrimenti con un paio di missili Pershing da 20 Megatons si chiuderebbe il conflitto in altro modo. Di questa strategia ormai gli eserciti NATO, in particolare quello USA, sono esperti: le guerre “regionali” che si sono combattute negli ultimi decenni, dal Medio Oriente alle Falkland, dalla guerra del Golfo al Kossovo, passando per la Bosnia, sono state un “grande laboratorio” per gli Stati Uniti e, di riflesso, per la NATO, costretta ad acquistare le armi USA in virtù dei patti “di standardizzazione”. Inoltre, la nuova NATO, riformata nel 1997, che ha aperto le proprie braccia per accogliere gli ex-nemici di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceka, oltre ad aver modificato la strategia e la tattica, ha anche ridefinito il concetto stesso di attacco. Se prima era considerato tale un atto espansionistico armato del Patto di Varsavia, ora è un attacco “ogni evento che costituisce minaccia per la civiltà occidentale ed i suoi valori”. Non si specifica che deve trattarsi di “evento armato”, e nemmeno che avvenga direttamente contro uno Stato aderente all’alleanza. Inutile aggiungere che il concetto di “difesa della civiltà occidentale e dei suoi valori” fa tornare alla memoria idee tanto care sia al nazifascismo sia a tutti gli integralismi, di tutti i tempi. 21 3.2 Lo scudo spaziale E’ stato Ronald Reagan a far progettare per primo un sistema di scudo extraatmosferico serio. Il tentativo precedente era stato proposto da Johnson nel 1967 come deterrente anti-cinese, arrestato dal negoziato ABM (Anti Balistic Missiles) firmato da USA e URSS per limitare i sistemi di difesa nel 1972. Non entriamo nel dettaglio del come mai siano stati limitati i sistemi difensivi e non quelli offensivi, poiché questo ci porterebbe lontano dagli scopi prefissi all’inizio. Il progetto originario di Reagan prevedeva esplosioni nucleari di sbarramento. Il gioco funziona perché la maggior parte dei missili nucleari intercontinentali sono di tipo balistico: partono quasi verticalmente, giungono al di fuori dell’atmosfera terrestre stessa; a quel punto si sganciano i booster40 e - senza alcuna propulsione - ricadono per gravità direttamente sull’obiettivo. Mica qualcuno crede che le ricerche spaziali, dallo Sputnik allo Shuttle passando per l’Apollo 11, servissero per scopi pacifici e benefici? Tanta gente è convinta che la conquista dello spazio sia stata finanziata da chi intendeva implementare la telefonia cellulare e la TV via satellite, a queste persone occorre ricordare che ogni scoperta scientifica, dal telescopio di Galileo in poi, trova sempre applicazione prima nel settore militare e poi, forse e se conviene, nel settore civile. Non stiamo qui a discutere dei complessi sistemi di puntamento, poiché non sarebbe la sede adatta. Se da terra si riesce a rivelare l’avvenuto lancio di un missile a testata nucleare, si può lanciare un altro missile, piccolo, leggero e veloce, munito di impianto di puntamento 40 Detti anche razzi di spinta: sono i due razzi posti lateralmente al vettore principale, contenenti dalle 200 alle 400 tonnellate di idrogeno ed ossigeno liquidi (naturalmente in compartimenti separati) e che si staccano durante la fase di salita, una volta svuotati. 22 e di un telescopio, diretto all’impatto contro il grande missile nucleare fuori atmosfera terrestre. Il piccolo missile, nell’urto che avviene nello spazio, provoca l’esplosione del missile nucleare offensivo. E’ la vecchia idea di Davide che colpisce Golia con la fionda, applicata alla guerra termonucleare. Questo è il principio di funzionamento del “vecchio” progetto di scudo spaziale, mai realizzato. Poi, qualche tempo dopo il progetto di “guerra atomica” nello spazio, è avvenuta la svolta scientifica che ha schiuso la strada agli scudi spaziali del nuovo millennio. Il 21 giugno 1985, un raggio laser proiettato dal monte Haleakala, nell’isola di Mavi, nell’arcipelago delle Hawaii, raggiunse uno specchio posto sulla fiancata della navetta spaziale Discovery e fu riflesso esattamente al punto di partenza. Nessuno crede che le ricerche sui laser servissero per scopi civili, medici e benefici. La navetta volava ad una velocità di circa 28.000 chilometri orari, superiore a quella di un missile intercontinentale, ad una quota di 354.000 metri. L’esperimento era stato tentato due giorni prima ma, per un banale errore di calcolo, lo specchio non si era trovato nella posizione giusta. Due giorni dopo, l’astronauta John Fabian riferì al centro di controllo di Cape Canaveral, in diretta: “Abbiamo in vista l’obiettivo. Appare grigio-blu. A tratti è pulsante, poi si stabilizza per brevi periodi”. Il raggio laser, volutamente di bassa potenza (4 watt), aveva un diametro di cinque millimetri (alla partenza da terra), all’arrivo superava di poco i 20 centimetri, all’incirca il diametro dello specchio collocato sulla Discovery 41. Strano a dirsi, per chi non è troppo addentro alle questioni di Fisica, ma lo scudo spaziale è esattamente questo. Se quello scagliato dal monte Haleakala aveva una potenza di 4 watt, il sistema “Nova”, allo stadio di prototipo nel laboratorio Livermore, è in grado di produrre in un miliardesimo di secondo un raggio da 100 kilowatt: quanto basta per mandare in 41 “La navetta spaziale raggiunta in pieno dal laser”, Il Corriere della Sera, 22 giugno 1985. 23 frantumi un grattacielo del centro di New York senza fare uso di aerei civili dirottati, oppure fondere qualche carro armato extracorazzato, o perforare da lato a lato uno stadio. E viaggia alla velocità della luce. Oltre al laser, gli americani stanno mettendo a punto anche un fascio di raggi X, generato da una microscopica fissione atomica. L’esperimento - se raggiungerà un esito positivo - schiuderà nuovi orizzonti alla tecnologia in grado di colpire da terra un oggetto nello spazio. Anche questi esperimenti sui raggi X vengono condotti nel Lawrence Livermore National Laboratory, a 70 Km da San Francisco, considerato la “casa madre” delle ricerche per lo scudo spaziale 42. La tesi del progetto è che con 90 stazioni laser, distribuite sia a terra, sia su navi, sia su satelliti artificiali, gli Stati Uniti sarebbero in grado di intercettare e distruggere subito dopo il lancio il 90% dei missili di un attacco avente una portata offensiva pari a quella della deceduta Unione Sovietica. Per comprendere a fondo come mai il progetto di scudo venga spesso etichettato con il nome di “guerre stellari”, e per avere chiaro in quale direzione gli Stati Uniti stanno trascinando il mondo intero, è meglio fornire qualche dettaglio, senza scendere eccessivamente negli aspetti tecnici, circa il progetto attuale dello scudo spaziale. La traiettoria di un missile nucleare intercontinentale (detto anche missile strategico) a testata multipla si divide in quattro fasi. La prima è la Boost Phase, o fase di lancio, e dura dai tre ai cinque minuti, a seconda del tipo di missile e del carburante, liquido o solido, che impiega (se è solido, i tempi di partenza sono più brevi). La seconda è la Post-boost Phase, o fase post-lancio, e dura fino a sei minuti. Comincia quando il razzo vettore si sgancia, lasciando in orbita attorno alla terra una piattaforma detta PBV (post-boost vehicle), che comprende le varie testate nucleari. Il PBV, in volo inerziale, ruota e manovra, collocandosi sui punti di partenza ottimali per le traiettorie assegnate alle varie testate, che libera una dopo l’altra. Questa fase termina quando tutte le testate si sono sganciate ed hanno preso ciascuna la propria traiettoria. Qualcuno crede che gli esperimenti sulla messa in orbita di vari oggetti servissero alle previsioni del tempo? La piattaforma viene spesso chiamata bus è l’intera fase spesso è indicata come busing phase. La terza fase è la Midcourse Phase, o fase di corsa o di crociera, ed è la più lunga: può durare fino a 20 minuti. La piattaforma è ormai un oggetto inutile e viene abbandonata nello spazio43, mentre le singole testate proseguono in volo inerziale, senza alcuna propulsione, come un sasso gettato nel vuoto dello spazio extraatmosferico. Seguono silenziosamente la classica traiettoria a parabola del sasso lanciato verso l’alto, raggiungono la massima altezza (circa 400 Km a seconda della gittata) ed iniziano la discesa balistica verso l’atmosfera. 42 43 Rizzo, Guerra e pace nel duemila, cit. A causa di una semplice conseguenza inerziale, spesso la piattaforma potrebbe finire in orbita attorno alla Terra. 24 La quarta ed ultima fase è la Terminal Phase, o Reentry Phase, la fase del rientro in caduta libera e - secondo il bizzarro e cinico gergo del Pentagono - “dell’approccio finale all’obiettivo”. Dura più o meno un minuto. Complessivamente, la durata del viaggio di una testata nucleare sul “tragitto” spaziale USA-ex-URSS dura tra i 25 ed i trenta minuti. Supponiamo, per fissare le idee, che si tratti di un missile diretto sugli USA: è in questi 25-30 minuti che il sistema di scudo deve intervenire per rilevare l’avvenuto lancio, stabilire che non si tratta né di un missile amico né di un errore del software di bordo, localizzare, intercettare e distruggere le testate che trasporta. L’intero processo (allarme, rilevazione, decisione, azione) sarà completamente automatico, anche se per ora si ritiene opportuno avvalersi di dispositivi manuali situati a terra, come ad esempio le cannoniere ABL che hanno il compito di distruggere il missile44. Comunque, tutta la fase di inseguimento spaziale è affidata ai sistemi (sia hardware che software) dei satelliti. Qualcuno crede che la tutta la ricerca degli anni ‘50 e ‘60 sul calcolo automatico, che ha portato all’elevata informatizzazione odierna, servisse a far arricchire Bill Gates o a donare Windows all’umanità? Il primo problema serio che gli americani (e gli alleati europei) devono risolvere, è che i missili di fabbricazione sovietica rilasciano nello spazio, oltre le testate nucleari vere e proprie, anche un numero variabile di Decoy (Esche), cioè di testate nucleari false, solo pezzi di piombo, ma fatti apposta per essere confusi con le testate vere. Allo stato attuale del progetto, si prevede che il sistema di difesa strategico, lo scudo, agisca in quattro strati, tanti quante sono le fasi della traiettoria del missile. Tutto comincia quando si accendono i motori del missile “aggressore”, cioè in Boost Phase. Il missile parte dalla sua rampa di lancio lasciandosi dietro il “segnale” costituito dai gas di scarico: una traccia rilevabile dai sensori all’infrarosso collocati su satellite artificiale a qualche migliaio di chilometri di altezza. Qualcuno crede che la ricerca scientifica sull’infrarosso, l’UV, ecc. servisse per scopi civili e pacifici, quali aprire i cancelli automatici o realizzare lampade abbronzanti? Tale “informazione”, elaborata dai sistemi informatici del satellite, viene analizzata al fine di individuare il tipo di missile e, in prima approssimazione, quale potrebbe essere la traiettoria. 44 Luigi Caligaris. “Con lo scudo stellare è il computer a ordinare il contrattacco”, Il Corriere della Sera, 29 agosto 1986. 25 Sarebbe senza dubbio il momento migliore per distruggere il vettore assieme a tutto il suo carico ma, a causa di una serie di esperimenti falliti tra il 1999 ed il 2001, allo stato attuale della tecnologia, non si ritiene ancora possibile colpire in questa fase, principalmente a causa della drammatica brevità della Boost Phase; domani chissà. Durante la seconda fase, i sensori dei satelliti rilevano e analizzano la posizione del PBV. Attualmente, questa fase rappresenta il momento migliore per colpire. A colpire è lo stesso satellite. Qualcuno crede che i satelliti artificiali sono stati inventati per scopi civili, come far vedere la partita di calcio in TV, o al limite per spiarci? Lo scudo ottimale è quello che, direttamente dal satellite, colpisce e distrugge il bus quando ha ancora a bordo tutte o la maggior parte delle testate e delle esche: l’efficacia diminuisce al passare dei secondi, mentre il bus rilascia il suo carico. Se il bus ha rilasciato testate (vere o false che siano) prima di essere distrutto (tra poco vedremo come), subentra la terza fase di scudo, che agisce durante la Midcourse Phase. Come già accennato, i progettisti reputano che il problema più importante da risolvere sia il distinguere le testate vere dalle esche45. A causa della cinematica del volo orbitale, le testate e le esche si comportano fisicamente allo stesso modo, pertanto non risultano distinguibili da terra. Altro aspetto importante è che in questa fase i satelliti rilevano definitivamente le traiettorie, e quindi gli obiettivi. Si prevede di colpire la maggior parte delle testate in questa fase, al di fuori dell’atmosfera terrestre. La fase conclusiva è la più breve. Nel minuto circa che passa dal rientro in atmosfera delle rimanenti testate ed il loro arrivo sugli obiettivi, si sa già tutto sulla loro traiettoria. C’è appena il tempo per effettuare la distruzione di quelle testate non intercettate durante la terza fase. Durante le sperimentazioni che gli USA stanno 45 Il sistema d’arma SS25 ex-sovietico era in grado di trasportare 10 testate confuse tra un centinaio di esche. 26 conducendo, questo ultimo lavoro è affidato alle cannoniere ABL, ma in prospettiva si prevede di spostare anche questo compito su un satellite artificiale. La distruzione è affidata a sistemi detti DEW (Directed Energy Weapons - Proiettili ad Energia Diretta) che di recente hanno sostituito i sistemi KEW (Kinetic Energy Weapons - Proiettili ad Energia Cinetica), ormai obsoleti da qualche anno ma ancora riportati su riviste militari e documenti USA. I sistemi DEW sono quelli che hanno dato origine al mito delle “guerre stellari”. Si tratta essenzialmente di laser o raggi di particelle subatomiche; la loro caratteristica generale è il viaggiare alla velocità della luce (il laser) o a velocità prossime ad essa (i fasci di particelle). Questo significa che, nelle enormi distanze, in gioco, arrivano sul bersaglio in meno di un decimo di secondo, ridicolizzando i 28.000 Km/h dei vecchi sistemi KEW46. Il loro effetto sulle testate nucleari può essere di tre tipi: 1) Functional kill. E’ proprio dei fasci di particelle; sono progettati per avere energia di qualche MeV (Mega elettronVolt) e quindi possono perforare spessori di molti centimetri dei materiali più duri, e una decina di centimetri dei materiali usati nell’industria aerospaziale. Da anni gli USA sperimentano piccoli acceleratori di particelle da installare su satelliti artificiali. Mica qualcuno crede che gli acceleratori di particelle servissero a sfasciare gli atomi per trovare il costituente ultimo della materia? Una volta per tutte: ad un certo livello di tecnologia, la distinzione tra finalità civili ed i possibili impieghi militari diventa assai labile, fino a cadere del tutto. 2) Thermal kill. E’ tipico dei laser; consiste nel portare la superficie dell’oggetto investito ad una temperatura tale da deformarlo o perforarlo, fino a distruggerlo. 3) Impulse kill. E’ un effetto di tipo meccanico, tipico dei vecchi sistemi KEW. Consiste nel far urtare l’obiettivo da un oggetto, anche molto piccolo, dotato di elevata energia cinetica, 28.000 Km/h possono bastare. Si tratta in pratica di uno “schiaffone”. Uno choc, un pugno, un trauma irrimediabile, dovuto all’impatto sulla testata, che resta distrutta. Alla luce di queste considerazioni tecniche, lasciando perdere per motivi di spazio argomenti politicamente importanti come la militarizzazione dello spazio, il pericolo di arrivare ad una serie (o meglio: una costellazione) di stazioni orbitali da 46 “Balistic Missile Defence Technologies”, U.S. Congress, office of Technology Assessment, U.S. Government Printing Office, Washington D.C. 2001. 27 combattimento, ecc., cerchiamo di trarre qualche conclusione circa lo scenario politico-militare cercato ad ogni costo dagli Stati Uniti Lo scenario che si prefigura potrebbe essere il seguente. Gli USA arrivano a fornirsi di un sistema difensivo di “scudo spaziale” impenetrabile; come si dice nel gergo strategico (che a volte è anche di cattivo gusto) del Pentagono, si “santuarizzano”, cioè diventano “santuario”, luogo non vulnerabile da un’offesa esterna. E’ facile immaginare le conseguenze strategiche e politiche. Di fronte all’efficacia dello “scudo” viene meno la convenienza di acquistare o conservare una “lancia” affilata e potente. Diventa inutile detenere, o commerciare, enormi missili intercontinentali ex-sovietici o cinesi. Già si sa che sarebbero fermati alla partenza, o comunque prima dell’arrivo, da raggi laser o da raggi X o da fasci di particelle subnucleari. In prospettiva, tutti gli arsenali nucleari tenderanno rapidamente a diventare obsoleti, inutili. Questo vale per tutti, tranne che per gli USA, che resterebbero gli unici a far pesare la minaccia nucleare sul mondo, e per giunta con un sistema di scudo realizzato anche a spese di tutti gli Stati NATO. Chi si trova in una situazione di decisiva superiorità strategica ne approfitta per lanciare ultimatum politici, per imporre interessi e influenze planetarie. Un pericoloso diktat planetario, per la “salvaguardia dei valori della civiltà occidentale”, e naturalmente del suo tenore di vita, dei suoi consumi e dei suoi sprechi a scapito di tutti gli altri abitanti del pianeta. Il “diktat” globale, forse l’unica vera e pericolosa (per gli altri) globalizzazione alla quale gli USA tendono: la politica mafiosa circa la quale si accennava all’inizio di queste note. Ecco servita la sua realizzazione pratica. 28