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La nuova NATO
di Alessandro Iacuelli
“Lo scopo principale dell’Alleanza consiste
nel salvaguardare la sicurezza dei Paesi
membri
dissuadendo
l’avversario
dall’aggressione:
ciò
significa
che
l’aggressore potenziale non deve avere alcun
dubbio che, ove scatenasse un attacco,
andrebbe incontro a rischi del tutto
sproporzionati ai vantaggi che potrebbe
eventualmente sperare di ricavare”.
Così il Manuale Ufficiale della NATO1
sancisce il principio di una “azione in
contropiede” nei confronti di un nemico che non c’è più. Nonostante tale nemico quello che ha permesso alla NATO di esistere - sia scomparso dalla scena, il principio
viene confermato all’atto della riforma dell’organizzazione avvenuta dopo la fine del
Patto di Varsavia. Come noto, poco dopo, il principio è stato disatteso con la guerra
di aggressione contro la Jugoslavia.
Un principio di dissuasione dall’attaccare.
Dissuadere chi? Una volta sciolto il Patto di Varsavia, una volta scomparsa l’Unione
Sovietica, chi potrebbe avere tanta forza da “aggredire” l’Europa occidentale o il
bacino dell’Atlantico settentrionale? Stando alle informazioni ufficiali messe a
disposizione del pubblico dai vertici dell’organizzazione, non importa chi sarà il
futuro nemico. Quel che conta è dare della NATO un’immagine di forza, di potenza, di
invincibilità, di un ostacolo impossibile da superare. Quasi un principio
autocelebrativo.
In molti, dopo aver analizzato quale potrebbe essere il ruolo della NATO in un mondo
senza Patto di Varsavia, concludono, forse frettolosamente, che l’organizzazione sia
oggi (come ieri) una propaggine degli Stati Uniti necessaria per “regolare i conti”
USA con chi “ha osato alzare la testa”2. Tali analisi si limitano, da un punto di vista
politico, a mettere in luce una svolta di stampo mafioso avvenuta nella politica
internazionale degli USA.
Poiché in queste note si intende chiarire il preciso significato di quest’affermazione,
si ritornerà sull’argomento alla fine, anticipando fin d’ora che l’estensore di queste
righe reputa queste analisi sostanzialmente corrette, anche se riduttive.
1
Manuale della NATO, a cura del Servizio Informazioni della NATO, Bruxelles 2001. La frase riportata nel testo è
presente in tutte le edizioni del Manuale, fin dalla prima edizione datata 1949.
2
Non è solo la NATO ad avere questa funzione, è in buona compagnia degli analoghi patti stretti dagli USA con gli Stati
del Sud Est Asiatico (SEATO) e con gli Stati dell’Asia centromeridionale (CENTO).
1
In queste pagine, senza nessuna pretesa di completezza, ma solo con la speranza di
stimolare una riflessione, si intende:
• Esaminare a grandi linee l’organizzazione interna della struttura, evidenziando
come solo una piccola parte della NATO in realtà sia di tipo militare.
• Contribuire a fare luce sul ruolo dell’Italia nella NATO dalla guerra in
Jugoslavia/Kossovo in poi.
• Informare sui progetti di sviluppo strategico, con particolare riferimento al
cosiddetto “scudo spaziale”, progetto passato in secondo piano per i media, e di
fatto sotto silenzio, dopo l’attacco alle torri gemelle, ma mai abbandonato
dall’industria bellica occidentale.
Non rientra negli scopi di queste note, tracciare le linee storiche della NATO dalla sua
nascita ad oggi, argomento sul quale esiste già un’ampia letteratura. Non interessa qui
scrivere della NATO ai tempi del Patto di Varsavia, interessa piuttosto esaminare come
è oggi e come si progetta di farla essere domani.
2
1. Patto Atlantico, NATO e sua organizzazione interna
1.1 Il Trattato Atlantico
In
quanto
organizzazione
internazionale, la NATO esiste
poiché frutto di un trattato, di un
patto tra Stati. In questo caso il
trattato in questione è quello
noto come Trattato Atlantico,
firmato a Washington da 12
nazioni3 il 4 aprile 1949 4.
Il testo fu pubblicato il 18
marzo. Il 31 marzo il governo
sovietico inviò ai governi futuri
firmatari
del
trattato
un
memorandum, nel quale si
afferma che il trattato è in
contrasto con lo Statuto dell’ONU e che vi farà parte una nazione (l’Italia) non
ammessa alle Nazioni Unite.
Il 2 aprile i governi respingono in una nota comune le affermazioni sovietiche, e due
giorni dopo firmano il Trattato.
Ad una prima lettura, il testo del Trattato è poco più che una dichiarazione di intenti.
E’ costituito da un preambolo e 14 articoli la cui autentica intenzione è il gettare
fumo negli occhi alle popolazioni dei rispettivi Stati. Tuttavia, tranne il caso della
Spagna nel 1986, le popolazioni locali non sono mai state consultate circa i rapporti
tra il proprio governo e la NATO.
Il nucleo vero e proprio del trattato è l’articolo 5: in esso i membri convengono di
considerare un attacco armato contro uno di loro, dall’una o dall’altra parte
dell’Atlantico, quale attacco contro tutti, e si impegnano ad adottare le misure
necessarie per aiutarsi a vicenda.
Il Trattato è stato concepito come strumento di realizzazione della strategia
statunitense detta del contenimento globale del comunismo, strategia adottata ancora
3
Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Gran Bretagna,
Stati Uniti. Nei primi anni 50 si sono aggiunte Grecia e Turchia (1952) e Germania Federale (1955). Solo nel 1982 ne
entra a far parte la Spagna. Oggi la NATO conta 19 membri, dopo l’ammissione (12 marzo 1999) di Repubblica Ceka,
Ungheria e Polonia.
4
Approvato in Italia con legge n° 465 del 1 agosto 1949.
3
oggi sia nei rapporti con gli stati socialisti, sia nei rapporti coi partiti comunisti,
ritenuti sovversivi, come anche - negli anni successivi alla fine del Patto di Varsavia verso alcune formazioni politiche anch’esse ritenute sovversive e presenti all’interno
degli Stati 5.
Per permettere l’attuazione pratica del Patto Atlantico è stata creata l’Organizzazione
del Trattato Nord Atlantico, la NATO.
La NATO non è il Trattato Atlantico, è un’organizzazione civile e militare che deve
provvedere alla sua attuazione. In realtà, quest’organizzazione ha superato il Trattato,
addirittura, in certi casi violandolo. Ad esempio, l’articolo 1 del Patto Atlantico
recita:
“Le parti si impegnano, com’è stabilito dall’ONU, a comporre con mezzi pacifici
qualsiasi controversia internazionale nella quale potrebbero essere implicate, in modo
che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo,
e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’impiego
della forza in modo incompatibile con gli scopi dell’ONU”. 6
Non occorre ricordare i recenti avvenimenti bellici per avere almeno qualche dubbio
circa la fede nei confronti del trattato.
La NATO dunque, organizzazione attuativa di un trattato difensivo. Nella sua
definizione originale, si trattava esplicitamente di difesa dal Patto di Varsavia.
Non c’è bisogno di evidenziare
che l’appartenenza alla NATO
non è mai stata paritetica;
nonostante la documentazione
ufficiale affermi che “la NATO è
un’organizzazione
intergovernativa,
non
sopranazionale, nella quale i
Paesi membri conservano per
intero la loro sovranità e la loro
indipendenza”7, è chiaro a tutti,
militari compresi, come il ruolo
di USA e Canada sia predominante. D’altronde non occorre la NATO per togliere
l’indipendenza a dei governi europei che - di fatto - l’avevano già persa con il Piano
Marshall e la “dottrina Truman” negli anni 1948/49.
Se la NATO fosse stata solo un’organizzazione militare, allora la disparità di peso
interno all’alleanza sarebbe stata quasi necessaria: non si può infatti pretendere una
parità di partecipazione in termini sia economici sia di forze armate tra USA e
5
Enea Cerquetti, “Che cos’è la NATO. Milano, Jaka Book, 1969. Tale tesi è confermata dall’edizione 2001 del
Manuale Nato, cit., ove si fa della lotta “contro la sovversione” il cavallo di battaglia dell’organizzazione.
6
per quanto riguarda l’incompatibilità con gli scopi dell’ONU ci si riferisce evidentemente all’art. 51 dello Statuto
dell’ONU, che sancisce il diritto di legittima difesa individuale o collettiva in caso di attacco armato.
7
Manuale della Nato, cit., pag. 19
4
Lussemburgo; e non si deve dimenticare che fa parte della NATO anche l’Islanda che,
com’é noto, non dispone di proprie forze armate8. Di fatto, la NATO è anche
un’organizzazione civile, strettamente politica; di conseguenza la non parità tra gli
Stati membri porta fatalmente alla supremazia interna (politica prima ancora che
militare) dei governi d’oltre Atlantico.
Oggi, dopo l’uscita francese dalla struttura militare avvenuta nel 1969 e già
annunciata da De Gaulle nel 1966, il coordinamento delle forze armate NATO avviene
direttamente dal Pentagono: anche se tutti i membri sono formalmente alla pari, le
responsabilità di direzione sono pesantemente accentrate negli USA.
La natura del trattato rende gli Stati Uniti globalmente offensivi, sia verso gli Stati
avversari (un tempo gli Stati socialisti), sia verso i paesi aderenti alla NATO: ma
mentre verso i primi hanno margini di manovra limitati ad operazioni diplomatiche o
militari, all’interno dei secondi possono agire con estrema discrezionalità, come
dimostra la disinvoltura con la quale si definisce il concetto di “sovversione”
perseguibile a norma dei trattati 9.
Di fatto, gli USA hanno sempre condizionato - e continuano a farlo - i governi alleati,
con pressioni politiche e tentativi di imporre regimi “amici”.
La NATO è da temere?
Ai tempi del Patto di
Varsavia non c’era
molto da temerla, visto
che come ricorda Rizzo
10
, “la NATO non
avrebbe resistito più di
10-12 giorni ad un
attacco convenzionale
da parte del Patto di
Varsavia, per cui gli
Stati Uniti si diedero da
fare
nella
proliferazione
degli
armamenti nucleari a
medio e lungo raggio”.
Ora, nel XXI secolo, non bisogna dimenticare che la società occidentale mostra una
tendenza a divenire dittatura: la sua difesa è e sarà organizzata da oligarchie
8
L’Islanda fu fortemente voluta nel Patto Atlantico da USA e Gran Bretagna, pronti a fare sforzi per difenderla.
Entrambi i governi Truman e Churchill la consideravano, data la vicinanza alla regione artica, facilmente occupabile
dalle truppe sovietiche, che avrebbero così ottenuto un’ottima “testa di ponte” sia verso l’Europa sia verso il Nord
America.
9
Cerquetti, cit., fa notare come alla fine degli anni ’60 anche il PCI rientrasse nella definizione di “sovversione”
imposta dagli USA.
10
Aldo Rizzo, “Guerra e pace nel 2000”, Bari, Laterza, s.d.
5
dittatoriali, che facilmente evolvono verso regimi militari o paramilitari. La
potrebbe essere il suo braccio armato.
NATO
1.2 Struttura civile della NATO
Qual è il ruolo civile della NATO? Partiamo dall’osservare cosa c’è scritto
pubblicamente, sulla documentazione ufficiale:
“La consultazione politica, sempre praticata fin dai primi giorni dell’Alleanza, ha
ricevuto un nuovo impulso con l’approvazione, nel 1956, del Rapporto del comitato
dei tre sulla collaborazione non militare, con il quale si raccomandava che su tutte le
questioni interessanti la NATO si procedesse ad una consultazione fin dal primo stadio
dell’elaborazione delle decisioni dei governi”11.
Chiaramente, se la consultazione politica non è paritetica… si perde in un sol colpo
tutto il concetto di non sovranazionalità dell’organizzazione. Un esempio delle
conseguenze di ciò è riportato - tra l’altro come un trionfo - sulla stessa manualistica:
11
Manuale della Nato, cit., pag 19.
6
“Nel caso del negoziato MBFR12, il Consiglio Atlantico13 ha assunto un’iniziativa che
va al di là della consultazione ed ha svolto per la prima volta un ruolo direttivo nella
messa a punto della posizione negoziale dei partecipanti occidentali”14.
Quindi, il fondamentale ruolo della NATO è politico, prima ancora che militare.
Il caso del negoziato MBFR tra NATO e Patto di Varsavia è uno dei tanti casi di
condizionamento della politica dei singoli Stati da parte degli Stati Uniti, nel nome
dell’integrità dell’Alleanza e della difesa dal “pericolo rosso che viene da Est”.
Per affermare il controllo
politico (esercitato dagli Stati
Uniti),
soprattutto
sull’Europa,
sono
state
necessarie varie tappe, tutte
rigorosamente già effettuate.
Si iniziò nel dicembre 1957
con l’istituzione del Comitato
Scientifico NATO, riunitosi per
la prima volta nel 1988.
Nei primi anni di attività il
Comitato ha lanciato tre
programmi: quello delle borse
di ricerca scientifica, quello dei corsi estivi e quello delle sovvenzioni alla ricerca,
che rappresentano ancora oggi la spina dorsale delle attività scientifiche della NATO15.
Nel 1969, su proposta di Nixon, venne istituito il CCMS, Comitato per le Sfide della
Società Moderna, per promuovere un’azione internazionale “allo scopo di arrestare il
degrado dell’ambiente e di migliorare la qualità della vita”16.
Più o meno nello stesso periodo, viene istituito l’Eurogruppo, un raggruppamento
informale dei ministri della Difesa degli Stati europei aderenti al Patto Atlantico.
Probabilmente l’Eurogruppo, nato per “contenere l’espansione del comunismo in
Europa”17, è oggi, dopo il 1997, la parte della NATO più propriamente dedicata al
controllo politico e sociale. Infatti, “tra i lavori svolti e i risultati conseguiti va
ricordata un’impostazione programmatica per conseguire un impiego più efficace in
settori di attività concrete. Una collaborazione multilaterale è stata conseguita in
campi come le telecomunicazioni, il sostegno logistico, l’armonizzazione delle
dottrine a lungo termine ed i servizi sanitari”18.
Certo, quell’espressione “armonizzazione delle dottrine a lungo termine” suona in un
modo che non fa presagire nulla di buono…
12
Negoziato per la riduzione reciproca ed equilibrata delle forze nucleari, tenutosi a Vienna nel 1973.
L’organo supremo della NATO, se ne parlerà più avanti.
14
Manuale della Nato, cit., pag 25. Non parteciparono Francia (che dal 1969 partecipa solo alla parte civile
dell’alleanza, come esercito è fuori dalla Nato), Islanda (in quanto non dotata di forze armate), Portogallo (scelta di
politica interna), Spagna (non ancora nell’alleanza, vi sarebbe entrata nel 1982).
15
v. http://www.nato.int
16
Manuale della Nato, cit., pag 29.
17
Manuale della Nato, cit., pag. 55.
18
Manuale della Nato, cit.
13
7
Attorno all’Eurogruppo gravita anche l’Assemblea Atlantica,
un’organizzazione interparlamentare dei Paesi membri
dell’Alleanza. Ne fanno parte un cospicuo numero di
parlamentari dei vari Stati.
Tale Assemblea, “ha per scopo il rafforzare la cooperazione e
la comprensione tra i Paesi dell’Alleanza; di incoraggiare i
governi a tenere conto dei punti di vista dell’alleanza all’atto
della formulazione delle loro leggi; nonché di incoraggiare i
sentimenti di solidarietà atlantica nei parlamenti nazionali”19:
il controllo politico degli USA sui parlamenti degli Stati europei.
In tutti i Paesi NATO esistono delle associazioni private che assecondano le attività
dell’organizzazione. Per quanto riguarda l’Italia c’è il Comitato Atlantico: privati
cittadini che collaborano agli obiettivi dell’Alleanza atlantica, condizionano
l’opinione pubblica e (resta un sospetto?) creano strutture parallele filoamericane.
Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, l’organo supremo, il luogo dove si
prendono le vere decisioni, è il Consiglio Atlantico. Ogni Stato nomina il suo
membro del Consiglio, che deve essere un ambasciatore facente parte regolarmente
dei ruoli diplomatici ordinari dello Stato di provenienza. Tali ambasciatori sono
nominati dai rispettivi governi “Rappresentanti Permanenti presso l’Alleanza
Atlantica”. Di solito, l’essere ambasciatore presso l’Alleanza Atlantica è una carica
molto ambita, il degno coronamento di una carriera.
Ogni rappresentante nel Consiglio Atlantico è permanentemente in contatto con il
proprio governo di provenienza mediante linee telefoniche protette.
Periodicamente il Consiglio si riunisce alla presenza dei ministri degli Affari Esteri
dei governi membri. Tali riunioni si tengono due volte l’anno. La riunione di
dicembre si tiene a Bruxelles, quella di primavera si svolge a rotazione nella capitale
di uno degli Stati membri.
Occasionalmente il Consiglio si riunisce anche alla presenza dei capi di Stato o di
Governo.
Nelle sue sedute ordinarie, il Consiglio Atlantico, composto dai soli rappresentanti
permanenti, è riunito in sessione permanente e gli incontri, tenuti a Bruxelles, sono
almeno una alla settimana.
Di importanza inferiore rispetto al Consiglio Atlantico, c’è il DPC (Comitato di
Pianificazione della Difesa) che si riunisce settimanalmente “al livello degli
ambasciatori” e due volte l’anno “al livello dei Ministri della Difesa” per decidere
sulle questioni più squisitamente militari.
Da non trascurare, ancora riguardo il ruolo politico dell’Alleanza Atlantica, il
Segretariato Generale, che non provvede solo alla logistica, agli appartamenti degli
19
Manuale della Nato, cit., pag. 57. Naturalmente occorre interpretare con la giusta chiave di lettura l’espressione
“solidarietà atlantica”!
8
ambasciatori ed alle traduzioni simultanee. Da esso dipende la Divisione Affari
Politici che, nella sua ramificazione chiamata Direzione delle Informazioni, attua nei
confronti delle popolazioni “l’armonizzazione delle dottrine” alla quale si è
accennato in precedenza. Esso infatti “aiuta i governi dei Paesi Membri ad estendere
la conoscenza della NATO e della sua politica a mezzo di films, programmi
radiotelevisivi, una pubblicazione periodica in 12 lingue20, delle pubblicazioni non
periodiche, mostre, ecc.; organizza visite di gruppi alla sede della NATO, partecipa
all’organizzazione di corsi e seminari sui problemi della NATO e patrocina attività per
la gioventù”21.
Quindi è l’ufficio preposto all’emissione delle “veline” ed all’organizzazione del
lavaggio del cervello di massa al quale stiamo assistendo, con l’individuazione del
“nemico” nel “comunista cattivo”, al quale di recente si è aggiunto “l’arabo
terrorista”.
L’organizzazione ha strutturato, negli
anni, una fitta rete di enti, commissioni
ed organismi sia civili che militari. Per
non andare oltre gli scopi di queste
pagine, non vale la pena elencarli 22,
ma appare necessario - per chiudere il
quadro organizzativo della NATO citarne alcuni:
• CEOA – Centro di Esercizio
Oleodotti
Alleati
dell’Europa
Centrale. Costituito per il controllo
multilaterale da parte di Europa e USA della gestione e della manutenzione della
rete integrata (sia civile sia militare) degli oleodotti23. Conta 8 membri ed ha sede
a Versailles.
• ADSIA – Ente Alleato per l’Interoperabilità dell’Informatica. Con sede a
Bruxelles.
• NEWAC – Comitato Consultivo per la Guerra Elettronica.
Riguardo questi ultimi due enti, lo stesso manuale
nello specifico dei compiti loro assegnati.
NATO
resta vago, senza entrare
20
Edizione italiana: Notizie NATO. Reperibile oltre che in versione cartacea anche in versione elettronica all’indirizzo
http://www.nato.int
21
Manuale della Nato, cit., pag. 42.
22
L’elenco completo è sul manuale citato. Il manuale è reperibile anche in formato elettronico su http://www.nato.int
ma solo nella sua versione inglese.
23
Negli anni 50 la NATO realizzò una fitta rete di oleodotti in Europa, alternativa alla preesistente rete civile, e ad uso
esclusivamente militare.
9
1.3 Cenni alla struttura militare della NATO
In generale, le forze appartenenti agli Stati membri rimangono, in tempo di pace,
sotto comando nazionale; tuttavia alcune di esse sono poste sotto il comando
operativo o di controllo della NATO, alcune sono “assegnate ai comandi NATO”, altre
sono “riservate per l’assegnazione” a tali comandi.
Dal punto di vista militare la NATO è suddivisa in tre comandi principali:
1) Comando Supremo Alleato nel Nord Atlantico (ACLANT)
2) Comando Supremo Alleato in Europa (ACE)
3) Comando Supremo Alleato della Manica. (INCHAN)
L’ACE ha sede a Mons,
in Belgio, è posto sotto il
comando di un generale
statunitense,
detto
SACEUR (Comandante
Supremo Alleato in
Europa), un ruolo molto
ambito
nelle
alte
gerarchie dei generali di
corpo
d’armata
statunitensi. Da esso
dipendono tutte le forze
di tutti gli Stati presenti
in Europa e nel bacino
del Mediterraneo.
A sua volta l’ACE è suddiviso in tre regioni militari principali:
1) Comando Alleato dell’Europa Settentrionale (AFNORTH), con sede a Kolsas, in
Norvegia.
2) Comando Alleato dell’Europa Centrale (AFCENT), con sede a Brunssum, Paesi
Bassi.
3) Comando Alleato dell’Europa Meridionale (AFSOUTH), con sede a Napoli.
Il comando supremo ACE, delega il comando delle forze armate ai tre comandi delle
regioni militari appena elencate; da parte sua, controlla direttamente tre cose:
1) Il sistema di segnalazione elettronica satellitare che si estende da Capo Nord alla
Turchia (NATO Air Defence Ground Environment - NADGE). Il NADGE guida la
difesa aerea di intercettazione. In Italia le installazioni NADGE si trovano nel
napoletano ed in Emilia24.
2) La forza mobile NATO, un insieme di forze senza sede precisa, ma pronte ad essere
aviotrasportate ove occorrono. L’Italia partecipa con reparti Alpini.
24
Cerquetti, cit., pag.23.
10
3) Settemila testate nucleari affidate a 2.250 tra aerei e rampe missilistiche distribuite
nei vari Stati. Le testate sono tutte sotto controllo americano.
4) 1710 missili intercontinentali atti al lancio degli ordigni nucleari citati al punto
precedente. Quasi tutti i missili sono a testata multipla; in particolare il missile
Minuteman ha 3 testate, mentre il Poseidon (che può anche essere lanciato da
sott’acqua fino ad una profondità di 400 metri circa) ne ha 10. Ricordiamo che i
missili a testata multipla sono missili a medio raggio (circa 5000 Km) dotati di più
ogive nucleari, capaci di dividersi in volo l’una dall’altra e di procedere ciascuna
verso un distinto obiettivo. Restano invece collocati negli USA e posti
direttamente sotto il controllo del Pentagono, sia i vecchi (ma sempre funzionanti)
Pershing sia i missili MX, successori dei Minuteman. L’MX è alto 23 metri, ha 4
stadi, di cui l’ultimo di 9 metri, con un diametro al centro di 2 metri e mezzo; pesa
95 tonnellate, trasporta 10 testate nucleari autonome, ciascuna munita di radar,
computer e sensori incorporati, che la guidano direttamente al bersaglio dopo il
rientro nell’atmosfera, dopo circa 25 minuti dal lancio. La gittata massima
dichiarata dagli USA è pari a 13.000 Km. 25 La NATO, e quindi tutti gli Stati ad
essa appartenenti, non hanno assolutamente alcun controllo né politico né militare
sull’eventuale uso degli MX: sono considerati un sistema d’arma privato ed
esclusivo degli USA. Il pretesto americano per non disinnescare gli MX, dopo la
caduta dell’URSS, è nell’indicare la presenza sul pianeta (e forse sul mercato), dei
missili sovietici SSX24, successori degli SS20. Gli SSX24 hanno le stesse
caratteristiche degli MX, con la differenza che sono trasportabili su rotaia.
Infine, dal comando AFSOUTH situato a Bagnoli (alla periferia occidentale di
Napoli) dipendono le forze terrestri alleate dell’Europa meridionale, le forze terrestri
alleate dell’Europa sud-orientale, le forze aeree alleate dell’Europa meridionale, le
forze navali alleate d’intervento e di sostegno dell’Europa meridionale e del
Mediterraneo.
In pratica, la giurisdizione militare del AFSOUTH va da Gibilterra al Golfo Persico.
Le forze terrestri sono 45 divisioni ed un numero non precisato di brigate
indipendenti. Le forze aeree schierano 3.500 aerei distribuiti su 150 aereoporti NATO,
alimentati da una rete di depositi e tubazioni (gli oleodotti militari di cui si è già
parlato), che portano direttamente alle piste o ad altri centri di alimentazione il
carburante per gli aerei e per tutti i tipi di veicoli.
25
Rizzo, cit., pag,43.
11
2. L’Italia nella NATO del 2000
L’Italia è uno degli Stati
fondatori della NATO. Per
quanto
sconfitta
nella
seconda guerra mondiale, vi
è stata ammessa fin dal
principio ed ha partecipato
alla sua costruzione, onore
che non ha ricevuto neanche
la
Germania
Federale,
ammessa solo nel 1955.
Il Trattato Atlantico fu
pensato e voluto da USA e
Gran
Bretagna
per
“contrastare il comunismo”,
di conseguenza la NATO è
sorta come organizzazione
tra vincitori e neutrali alla
fine della seconda guerra mondiale, ma c’era bisogno dell’Italia, centro strategico di
tutto il Mediterraneo, e – come qualcuno sostiene – in Italia c’era una classe politica
che aveva bisogno della NATO.
Non ci addentriamo in questa sede nei processi che hanno portato all’entrata
dell’Italia nel Patto Atlantico, rinviando il lettore all’ampia letteratura in proposito;
c’è però da osservare che il Piano Marshall aveva segnato l’inizio di un nuovo modo
(con predominio USA) di cooperazione internazionale, di intervento esterno per la
soluzione di gravi deficienze congiunturali.
Tuttavia il Piano Marshall fu accompagnato da corollari di ordine politico che
finirono con il prevalere rispetto allo stesso Piano, creando le premesse per il lavoro
diplomatico che avrebbe portato l’Italia al suo innesto nella politica atlantica, ed il
depauperamento intellettuale del nostro come di tutti gli altri Stati occidentali26.
In questa sede interessano altri due aspetti.
26
Un’ottima ricostruzione storica, soprattutto politica, dei fatti del 1949 è contenuta in: Giovanni Di Capua, “Come
l’Italia aderì al Patto Atlantico”, Roma (Ebe editrice), luglio 1971. In tale volume l’autore mostra come il Partito
Repubblicano Italiano si sia adoperato oltre misura – spesso contravvenendo anche alle direttive della Presidenza del
Consiglio dei Ministri – per l’entrata dell’Italia.
12
Napoli, tra tutte le città del mondo, è una di quelle in cui si realizzano eccezionali
concentrazioni di comandi militari e di comandanti della Marina Militare Americana:
1) Quartier Generale delle forze alleate del sud Europa (AFSOUTH).
2) Comando delle forze aeree alleate, che coordina contemporaneamente le unità
italiane, greche, turche e statunitensi.
3) Comando subordinato di Marina del Mediterraneo centrale.
4) Stati Maggiori delle forze d’attacco nel settore Mediterraneo.
5) Comando dei sommergibili nel Mediterraneo.
6) Comando della caccia aerea antinavale del Mediterraneo (USA, Italia, GB).
7) Comando e nave ammiraglia della VI flotta USA.
Come dire…. tutti lì!
L’altro aspetto - fondamentale - è capire quanto e come, ora che non esiste più il
Patto di Varsavia, l’Italia contribuisca all’operatività della NATO.
L’Italia contribuisce sostanzialmente con denaro.
Una parte del denaro viene versata direttamente ogni anno nelle casse dell’Alleanza,
un’altra parte costituisce le ben note “spese militari” che i governi pagano per
mantenere l’esercito.
L’esercito italiano, come si mostrerà di seguito, non è indipendente, per cui quelle
spese militari di fatto servono a mantenere ed armare un esercito che è agli ordini
della NATO.
Quante e quali parti dell’esercito italiano sono state “cedute” alla NATO?
La domanda non è senza risposta, poiché il Ministero della Difesa, malcelando un
certo orgoglio, rende pubblici questi dati.
13
Sono assegnate alla NATO le seguenti unità operative dell’Esercito 27:
• 4 divisioni di fanteria (divisioni Cremona, Legnano, Granatieri di Sardegna,
Mantova)
• 5 brigate alpine di 600 uomini ciascuna, assegnate alla forza mobile NATO (brigate
Cadore, Julia, Orobica, Taurinense, Tridentina)
• 2 divisioni corazzate (Ariete e Centauro)
• 1 brigata missili terra-aria (Mestre)
• 4 battaglioni di artiglieria con missili terra-aria.
Non sono assegnate alla NATO:
• 5 divisioni di fanteria (divisioni Aosta, Avellino, Friuli, Pinerolo, Trieste)
• 1 brigata indipendente di cavalleria
• 1 brigata paracadutisti (Folgore), che tuttavia è “a disposizione” per missioni
internazionali.
Tutta la Marina Militare italiana è assegnata alla NATO:
• 3 incrociatori leggeri lanciamissili, con sistemi
missilistici di difesa antiaerea e antisommergibile.
• 2 fregate con missili mare-aria
• 4 caccia antisommergibili
• 14 caccia di scorta antisommergibili
• 6 sommergibili
• 24 navi scorta costiere
• 4 dragamine costieri
• 20 posamine costieri
• 100 circa di altri navigli
• 1 battaglione di fanteria da sbarco di Marina
(Battaglione S.Marco)
• Tutta la forza aerea in dotazione alla Marina, che comprende unità da caccia con
elicotteri ed aerei.
Per quanto riguarda l’Aereonautica Militare, sono assegnati alla V Allied Tactical Air
Force della NATO:
• 3 squadroni cacciabombardieri Starfighter
• 3 squadroni cacciabombardieri Thunderstreak
• 3 squadroni cacciabombardieri Tornado
• 3 squadroni di attacco G91 Fiat
• 3 squadroni da caccia F86k
• 3 squadroni intercettori F104
27
: Tutti i dati sull’Esercito Italiano, Marina ed Aereonautica Militare provengono dal sito del Ministero della Difesa
http://www.difesa.it il Ministero avverte che tali dati sono suscettibili di variazioni.
14
• 3 squadroni da ricognizione
• 3 squadroni da trasporto
• 2 squadroni lanciamissili
Non sono assegnati alla NATO:
• 1 squadrone da ricognizione e d’attacco
• 1 squadrone da trasporto
• 3 squadroni antisommergibili.
In pratica quasi tutto l’esercito italiano è sotto comando USA o a sua disposizione.
Sotto comando nazionale restano solo poche briciole, quelle considerate inutili dai
più potenti alleati d’oltreoceano.
Nonostante questo spiegamento di forze e questo ampio “regalo” alla NATO,
all’interno dell’Alleanza l’Italia non ha un grosso peso militare. Messo a confronto
con l’esercito USA e con quello della Gran Bretagna, l’esercito del governo italiano
appare comunque un esercito giocattolo, una forza minoritaria.
L’Italia non ha un grosso esercito, basti pensare che in tutto nelle caserme italiane ci
sono 350.000 persone, molte meno degli agenti dei vari corpi di pubblica sicurezza.
All’interno dell’Alleanza la supremazia politica di USA e Canada non è in
discussione, ma tra i partner europei c’è un delicato equilibrio da conservare, per cui
l’Italia deve sopperire a questa debolezza militare in altri modi, come ad esempio
mettendo a disposizione degli alleati le proprie installazioni (Aviano, Gioia del Colle,
Sigonella, Comiso, ecc.) per gli attachi USA nell’area dell’Europa Orientale
(Jugoslavia) e come testa di ponte per il medio oriente.
Come già anticipato, l’Italia partecipa alla NATO anche (forse soprattutto)
economicamente: contribuisce alle spese NATO per il 9,2% del totale. La cifra
nominale è in costante aumento anno dopo anno. Per il 2000 l’Italia ha versato alla
28
NATO 43 miliardi di lire .
Lo Stato, da sempre, ha un livello elevato di spese militari, per sovvenzionare un
esercito che - come appena visto - è sotto comando USA e partecipa al programma
29
NATO di standardizzazione . Tale programma ha come obiettivo la costruzione di
uno standard degli armamenti di tutti gli eserciti NATO. Questo comporta che,
dovendo avere gli stessi armamenti di tutti gli altri, il governo italiano acquista
continuamente nuovi sistemi d’arma dall’estero. Naturalmente, tranne poche
eccezioni 30, si tratta di armamenti di fabbricazione USA.
Come molti analisti affermano, l’utilità principale della NATO sta nel realizzare uno
sbocco naturale per l’industria bellica americana e nel fornire agli USA un esercito a
spese dei governi europei.
Serve solo a questo l’Italia?
28
29
30
Manuale della Nato, cit.
Manuale della Nato, cit.
E’ il caso dei carri armati Leopard, di progettazione tedesca ed oggi in dotazione a 19 eserciti.
15
Avendo un esercito tutto sommato piccolo, di fatto le spese militari sostenute
dall’Italia, sono spiccioli se messi a confronto di quanto spendono Paesi come USA,
Gran Bretagna, Svezia, Svizzera e Francia.
Certamente non sono spiccioli per noi, che paghiamo IRPEF e IVA qui in Italia: basta
pensare che per l’anno 2000 il governo ha stanziato al Ministero della Difesa la
modica cifra di 24.974 miliardi di lire 31. Il secondo capitolo di spesa dello Stato.
E’ vero, l’Italia ha installazioni militari utili per attacchi contro i Balcani ed il Nord
Africa. Può bastare questo? O ci sono altre ipotesi strategiche?
Di ipotesi ce ne sono molte, tra le quali alcune particolarmente fantasiose e sulle quali
non vale la pena di soffermarsi.
Forse uno spunto di riflessione utile, sul quale ci sarà molto da ragionare, ci viene
fornito proprio da un documento ufficiale.
Sul documento conclusivo della Conferenza di Parigi32 si legge, infatti:
“Le relazioni amichevoli fra noi trarranno vantaggio dal consolidamento della
democrazia e dal miglioramento della sicurezza”33.
“Benché la minaccia di un conflitto in Europa sia diminuita, altri pericoli minacciano
la stabilità delle nostre società. Siamo decisi a cooperare nella difesa delle istituzioni
democratiche contro attività che violino l’indipendenza, l’uguaglianza sovrana o
l’integrità territoriale degli stati partecipanti. Esse includono attività illegali che
implicano pressioni esterne, coercizioni e sovversioni.”34
Ecco i nuovi nemici, i “sostituti” del Patto di Varsavia. Chiunque può essere un
nuovo nemico, opponendosi alle “istituzioni democratiche” imposte.
Allora da più parti si indica di cercare il ruolo dell’Italia nelle pressanti richieste degli
Alleati di dare vita ad
un corpo di polizia
internazionale. Tale
ipotesi sembra essere
avallata dai primi
“esperimenti
sul
campo”,
avvenuti
con
l’invio
di
battaglioni
di
carabinieri prima a
Sarajevo
poi
in
Kossovo per “il
mantenimento
dell’ordine
pubblico”; e infine a
31
V. http://www.cnel.it. Non è il capitolo di spesa più elevato: alla voce “Pubblica Sicurezza” si legge la cifra di
29.347 miliardi di lire.
32
Carta di Parigi per una nuova Europa. Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione tra Capi di Stato e di Governo
del 19 novembre 1990. Qui si usa come riferimento l’edizione stampata il 21 novembre 1990 dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria.
33
Carta di Parigi per una nuova Europa, cit., pag. 10.
34
Carta di Parigi per una nuova Europa, cit., pag. 14.
16
Nassirya.
Notando lo squilibrio numerico tra forze armate e forze dedicate al mantenimento
dell’ordine pubblico (350.000 militari contro 500.000 effettivi tra polizia, carabinieri
e guardia di finanza), si può ipotizzare per l’Italia un ruolo effettivo di polizia/pulizia
internazionale, auspicato dagli alleati e l’ammontare delle spese dello Stato sembra
confermarlo.
Quale sia la verità, non ci è dato saperlo: queste non sono scelte che si discutono in
vertici da passerella dove si discute uno scudo spaziale che forse non coprirà mai
l’Europa (ma che di certo l’Europa pagherà, in miliardi di Euro), non sono scelte
discusse nei parlamenti o sottoposte a scelta decisionale.
Sono scelte varate in seno al Consiglio Atlantico, circa il quale non vengono resi noti
né gli ordini del giorno né le conclusioni, che si riunisce una volta alla settimana fin
dal 1949… segno che è una sede nella quale si lavora sul serio.
17
3. Armamenti e Scudo Spaziale
Prima della svolta politica degli anni 1989/1991, a sovrastare la politica
internazionale è stato il rapporto diretto tra USA e URSS.
“Chiunque abbia pensato di contare al di fuori o contro questo schema si è
abbandonato a fantasie e a velleità”35, come nel caso di De Gaulle nella seconda metà
degli anni ’60.
Ora quell’ordine di cose non c’è più. Non c’è più equilibrio, non c’è più un
contrappeso allo strapotere degli USA, eppure ci portiamo ancora dietro un retaggio
di quell’epoca, destinato a condizionare ancora la politica internazionale e di riflesso
quelle locali: ancora adesso l’ordine internazionale è articolato su due livelli, quello
dei possessori di armi atomiche e quello di chi ne è sprovvisto.
Grazie all’arsenale atomico mai disabilitato, gli USA possono adottare al di sopra di
tutti gli altri la strategia della “difesa flessibile”, della quale si parlerà nel corso del
capitolo.
3.1 Strategia futura della NATO
Per sostenere la rete dei
rapporti descritti nei
capitoli precedenti, oggi
circa la metà delle forze
armate USA è dislocata
all’estero:
quindi
36
1.700.000
soldati
americani
stanno
esercitando attivamente il
ruolo di gendarmi nel
mondo.
Affermata
la
loro
presenza
dominante
35
36
Aldo Rizzo, Guerra e pace nel duemila. Bari, Laterza, s.d.
The Military Balance. N° 1/2001.
18
nell’estremo Oriente, eliminata l’esistenza del “pericolo rosso” del blocco sovietico,
gli USA acutizzano i problemi irrisolti dell’Europa Occidentale al fine di tenerla
soggiogata non solo militarmente, ma prima di tutto dal punto di vista politicoeconomico.
Prima ancora degli aspetti politici, ne subiamo le conseguenze militari; consideriamo
infatti gli attuali focolai di guerra:
1) le conquiste territoriali e la bellicosità di Israele,
2) la penetrazione neocapitalista e neocoloniale in Africa e nel resto del Terzo
Mondo,
3) le ostilità presenti non solo in Palestina, Nigeria, Burundi, ecc., ma anche nei
conflitti attivi in Afghanistan e Iraq.
4) Le ulteriori tensioni acutizzate nel corso degli anni con tutto il mondo islamico.
5) Le tensioni, che ogni decennio diventano più rare, in estremo oriente che di tanto
in tanto tornano alla ribalta, come quando qualche aereo spia americano finisce in
mani cinesi.
Il settore più suscettibile di ostilità
aperte a breve scadenza è comunque
quello del mediterraneo orientale e
del Medio Oriente, come i recenti
conflitti
in
Serbia/Kossovo,
Afghanistan e Iraq hanno mostrato, e
come lasciano prefigurare gli scenari
di “guerra al terrorismo” da parte
americana,
includendo
l’attuale
tensione con l’Iran.
Occorre ricordare che le tensioni in
queste zone toccano direttamente
l’Italia, non solo come Paese membro, ma come protagonista.
Napoli è sede del comando meridionale AFSOUTH e dei comandi USA per le
operazioni che vanno dal Mediterraneo al Pakistan.
Il pericolo per l’Italia non è solo militare: tanti casi avvenuti (anche in Italia)
insegnano che, di fronte alla previsione di apertura di un teatro di guerra, gli USA
impongono regimi politici a loro favorevoli.
Mentre negli anni ’70 gli esperti americani individuavano, dal loro punto di vista,
come caso di scontro le pressioni sovietiche sul centro Europa, oggi individuano
“l’accerchiamento sovversivo” degli Stati mediterranei 37.
Il concetto americano di sovversione è abbastanza ampio da includervi non solo BinLaden, ma anche tutti i comunisti, i socialisti, gli islamici, gli internazionalisti, ecc.
del mondo.
37
The Military Review, n° IV, 2000.
19
Dopo la fine del Patto di Varsavia, anche gli aspetti strategici e tattici della NATO
sono profondamente variati. Per far luce su questo argomento si rende necessario un
rapido riepilogo delle strategie adottate dagli Stati del Patto Atlantico, quindi
strategie USA, al passare dei decenni.
In un primo tempo (guerra fredda, fine anni 40 ed anni 50), la NATO ebbe come
compito il “respingere il comunismo più a Oriente possibile”38.
Per questo scopo venne elaborata la dottrina strategica della “difesa in avanti”, che
consisteva nel tenere sempre truppe a pieni ranghi e addestrate, distribuite sul
territorio in modo che fossero sempre e immediatamente pronte per l’attacco. Questo
concetto è etichettato come pietra miliare della programmazione tattica della NATO 39.
E’ l’epoca della grande importanza data alla “forza mobile” più volte citata in
precedenza.
Naturalmente la “difesa in avanti” era applicata non solo nelle relazioni con gli stati
socialisti, ma anche nel programmare la repressione dei partiti comunisti o dei
movimenti considerati sovversivi.
Questa tattica fu abbandonata solo quando gli strateghi del Pentagono compresero
che, di fronte ad un attacco del Patto di Varsavia condotto da ambo le parti con sole
armi convenzionali, avrebbero potuto opporre resistenza per un massimo di 10-12
giorni.
Nei primi anni ’60, nel periodo della presidenza Kennedy, avvenne il cambio
strategico e tattico che portò alla proliferazione nucleare a dismisura.
La nuova strategia fu
denominata
della
“Rappresaglia
Massiccia”. Ad effettuare
la rappresaglia contro un
attacco
sovietico
sarebbero stati i missili
intercontinentali muniti di
ogive
termonucleari,
tristemente note con il
nome di “Bombe H”.
Le forze alleate erano
considerate lo scudo
convenzionale in Europa
che, in caso di attacco,
doveva immediatamente
mettere in moto la spada
nucleare USA. Da bravo
scudo avrebbe dovuto
parare il colpo, dando il
tempo alla spada di
38
39
Cerquetti, cit., pag. 67.
NATO. Facts about NATO. Bruxelles, 1985.
20
colpire. Subito dopo le forze convenzionali si sarebbero spinte via terra e via mare in
avanti, nel cuore del Patto di Varsavia, oltre la cortina di ferro.
In parole povere: avrebbero dovuto muoversi in avanti, in ambiente contaminato
radioattivamente, dopo un attacco nucleare USA.
Oggi non c’è più come avversario una superpotenza nucleare. Per tale motivo è stata
messa a punto la nuova strategia, chiamata della “risposta flessibile”.
Questa nuova strategia vide i suoi albori negli stessi anni ’60, ma solo a fine secolo,
con lo smantellamento (parziale) dell’arsenale nucleare ex-sovietico, ha potuto
ottenere una piena applicazione a tutto campo.
Con essa il ruolo dello scudo e della spada sono invertiti: infatti, sotto lo scudo
nucleare strategico, cioè la minaccia di usare l’armamento atomico, diviene possibile
muovere la spada delle unità operative con armamento convenzionale.
In parole povere: sotto la minaccia di stare appena valutando la possibilità di usare
l’armamento nucleare intercontinentale pesante, si invade l’Iraq o si bombarda
ripetutamente Belgrado e tutte le città della Jugoslavia, ma anche dell’Afghanistan,
invitando l’avversario a non reagire troppo… altrimenti con un paio di missili
Pershing da 20 Megatons si chiuderebbe il conflitto in altro modo.
Di questa strategia ormai gli eserciti NATO, in particolare quello USA, sono esperti: le
guerre “regionali” che si sono combattute negli ultimi decenni, dal Medio Oriente alle
Falkland, dalla guerra del Golfo al Kossovo, passando per la Bosnia, sono state un
“grande laboratorio” per gli Stati Uniti e, di riflesso, per la NATO, costretta ad
acquistare le armi USA in virtù dei patti “di standardizzazione”.
Inoltre, la nuova NATO, riformata nel 1997, che ha aperto le proprie braccia per
accogliere gli ex-nemici di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceka, oltre ad aver
modificato la strategia e la tattica, ha anche ridefinito il concetto stesso di attacco. Se
prima era considerato tale un atto espansionistico armato del Patto di Varsavia, ora è
un attacco “ogni evento che costituisce minaccia per la civiltà occidentale ed i suoi
valori”.
Non si specifica che deve trattarsi di “evento armato”, e nemmeno che avvenga
direttamente contro uno Stato aderente all’alleanza. Inutile aggiungere che il concetto
di “difesa della civiltà occidentale e dei suoi valori” fa tornare alla memoria idee
tanto care sia al nazifascismo sia a tutti gli integralismi, di tutti i tempi.
21
3.2 Lo scudo spaziale
E’ stato Ronald Reagan a
far progettare per primo
un sistema di scudo extraatmosferico
serio.
Il
tentativo precedente era
stato proposto da Johnson
nel 1967 come deterrente
anti-cinese, arrestato dal
negoziato ABM (Anti
Balistic Missiles) firmato
da USA e URSS per
limitare i sistemi di difesa
nel 1972. Non entriamo
nel dettaglio del come mai
siano stati limitati i
sistemi difensivi e non
quelli offensivi, poiché
questo
ci
porterebbe
lontano
dagli
scopi
prefissi all’inizio.
Il progetto originario di
Reagan
prevedeva
esplosioni nucleari di
sbarramento. Il gioco funziona perché la maggior parte dei missili nucleari
intercontinentali sono di tipo balistico: partono quasi verticalmente, giungono al di
fuori dell’atmosfera terrestre stessa; a quel punto si sganciano i booster40 e - senza
alcuna propulsione - ricadono per gravità direttamente sull’obiettivo. Mica qualcuno
crede che le ricerche spaziali, dallo Sputnik allo Shuttle passando per l’Apollo 11,
servissero per scopi pacifici e benefici? Tanta gente è convinta che la conquista dello
spazio sia stata finanziata da chi intendeva implementare la telefonia cellulare e la TV
via satellite, a queste persone occorre ricordare che ogni scoperta scientifica, dal
telescopio di Galileo in poi, trova sempre applicazione prima nel settore militare e
poi, forse e se conviene, nel settore civile.
Non stiamo qui a discutere dei complessi sistemi di puntamento, poiché non sarebbe
la sede adatta.
Se da terra si riesce a rivelare l’avvenuto lancio di un missile a testata nucleare, si può
lanciare un altro missile, piccolo, leggero e veloce, munito di impianto di puntamento
40
Detti anche razzi di spinta: sono i due razzi posti lateralmente al vettore principale, contenenti dalle 200 alle 400
tonnellate di idrogeno ed ossigeno liquidi (naturalmente in compartimenti separati) e che si staccano durante la fase di
salita, una volta svuotati.
22
e di un telescopio, diretto all’impatto contro il grande missile nucleare fuori
atmosfera terrestre. Il piccolo missile, nell’urto che avviene nello spazio, provoca
l’esplosione del missile nucleare offensivo. E’ la vecchia idea di Davide che colpisce
Golia con la fionda, applicata alla guerra termonucleare.
Questo è il principio di funzionamento del “vecchio” progetto di scudo spaziale, mai
realizzato.
Poi, qualche tempo dopo il
progetto di “guerra atomica”
nello spazio, è avvenuta la
svolta scientifica che ha
schiuso la strada agli scudi
spaziali del nuovo millennio.
Il 21 giugno 1985, un raggio
laser proiettato dal monte
Haleakala, nell’isola di Mavi,
nell’arcipelago delle Hawaii,
raggiunse uno specchio posto
sulla fiancata della navetta
spaziale Discovery e fu riflesso
esattamente al punto di
partenza. Nessuno crede che le
ricerche sui laser servissero per
scopi civili, medici e benefici.
La navetta volava ad una
velocità di circa 28.000
chilometri orari, superiore a
quella
di
un
missile
intercontinentale, ad una quota
di 354.000 metri. L’esperimento era stato tentato due giorni prima ma, per un banale
errore di calcolo, lo specchio non si era trovato nella posizione giusta. Due giorni
dopo, l’astronauta John Fabian riferì al centro di controllo di Cape Canaveral, in
diretta: “Abbiamo in vista l’obiettivo. Appare grigio-blu. A tratti è pulsante, poi si
stabilizza per brevi periodi”.
Il raggio laser, volutamente di bassa potenza (4 watt), aveva un diametro di cinque
millimetri (alla partenza da terra), all’arrivo superava di poco i 20 centimetri,
all’incirca il diametro dello specchio collocato sulla Discovery 41.
Strano a dirsi, per chi non è troppo addentro alle questioni di Fisica, ma lo scudo
spaziale è esattamente questo.
Se quello scagliato dal monte Haleakala aveva una potenza di 4 watt, il sistema
“Nova”, allo stadio di prototipo nel laboratorio Livermore, è in grado di produrre in
un miliardesimo di secondo un raggio da 100 kilowatt: quanto basta per mandare in
41
“La navetta spaziale raggiunta in pieno dal laser”, Il Corriere della Sera, 22 giugno 1985.
23
frantumi un grattacielo del centro di New York senza fare uso di aerei civili dirottati,
oppure fondere qualche carro armato extracorazzato, o perforare da lato a lato uno
stadio. E viaggia alla velocità della luce.
Oltre al laser, gli americani stanno mettendo a punto anche un fascio di raggi X,
generato da una microscopica fissione atomica. L’esperimento - se raggiungerà un
esito positivo - schiuderà nuovi orizzonti alla tecnologia in grado di colpire da terra
un oggetto nello spazio. Anche questi esperimenti sui raggi X vengono condotti nel
Lawrence Livermore National Laboratory, a 70 Km da San Francisco, considerato la
“casa madre” delle ricerche per lo scudo spaziale 42.
La tesi del progetto è che con 90 stazioni laser, distribuite sia a terra, sia su navi, sia
su satelliti artificiali, gli Stati Uniti sarebbero in grado di intercettare e distruggere
subito dopo il lancio il 90% dei missili di un attacco avente una portata offensiva pari
a quella della deceduta Unione Sovietica.
Per comprendere a fondo come mai il progetto di scudo venga spesso etichettato con
il nome di “guerre stellari”, e per avere chiaro in quale direzione gli Stati Uniti stanno
trascinando il mondo intero, è meglio fornire qualche dettaglio, senza scendere
eccessivamente negli aspetti tecnici, circa il progetto attuale dello scudo spaziale.
La traiettoria di un missile nucleare intercontinentale (detto anche missile strategico)
a testata multipla si divide in quattro fasi.
La prima è la Boost Phase, o fase di lancio, e dura dai tre ai cinque minuti, a seconda
del tipo di missile e del carburante, liquido o solido, che impiega (se è solido, i tempi
di partenza sono più brevi).
La seconda è la Post-boost Phase, o fase post-lancio, e dura fino a sei minuti.
Comincia quando il razzo vettore si sgancia, lasciando in orbita attorno alla terra una
piattaforma detta PBV (post-boost vehicle), che comprende le varie testate nucleari. Il
PBV, in volo inerziale, ruota e manovra, collocandosi sui punti di partenza ottimali
per le traiettorie assegnate alle varie testate, che libera una dopo l’altra. Questa fase
termina quando tutte le testate si sono sganciate ed hanno preso ciascuna la propria
traiettoria. Qualcuno crede che gli esperimenti sulla messa in orbita di vari oggetti
servissero alle previsioni del tempo?
La piattaforma viene spesso chiamata bus è l’intera fase spesso è indicata come
busing phase.
La terza fase è la Midcourse Phase, o fase di corsa o di crociera, ed è la più lunga:
può durare fino a 20 minuti. La piattaforma è ormai un oggetto inutile e viene
abbandonata nello spazio43, mentre le singole testate proseguono in volo inerziale,
senza alcuna propulsione, come un sasso gettato nel vuoto dello spazio extraatmosferico. Seguono silenziosamente la classica traiettoria a parabola del sasso
lanciato verso l’alto, raggiungono la massima altezza (circa 400 Km a seconda della
gittata) ed iniziano la discesa balistica verso l’atmosfera.
42
43
Rizzo, Guerra e pace nel duemila, cit.
A causa di una semplice conseguenza inerziale, spesso la piattaforma potrebbe finire in orbita attorno alla Terra.
24
La quarta ed ultima fase è la Terminal Phase, o Reentry Phase, la fase del rientro in
caduta libera e - secondo il bizzarro e cinico gergo del Pentagono - “dell’approccio
finale all’obiettivo”. Dura più o meno un minuto.
Complessivamente, la durata del viaggio di una testata nucleare sul “tragitto” spaziale
USA-ex-URSS dura tra i 25 ed i trenta minuti.
Supponiamo, per fissare le idee, che si tratti di un missile diretto sugli USA: è in
questi 25-30 minuti che il sistema di scudo deve intervenire per rilevare l’avvenuto
lancio, stabilire che non si tratta né di un missile amico né di un errore del software di
bordo, localizzare, intercettare e distruggere le testate che trasporta.
L’intero processo (allarme, rilevazione, decisione, azione) sarà completamente
automatico, anche se per ora si ritiene opportuno avvalersi di dispositivi manuali
situati a terra, come ad esempio le cannoniere ABL che hanno il compito di
distruggere il missile44. Comunque, tutta la fase di inseguimento spaziale è affidata ai
sistemi (sia hardware che software) dei satelliti. Qualcuno crede che la tutta la ricerca
degli anni ‘50 e ‘60 sul calcolo automatico, che ha portato all’elevata
informatizzazione odierna, servisse a far arricchire Bill Gates o a donare Windows
all’umanità?
Il primo problema serio che gli americani (e gli alleati europei) devono risolvere, è
che i missili di fabbricazione sovietica rilasciano nello spazio, oltre le testate nucleari
vere e proprie, anche un numero variabile di Decoy (Esche), cioè di testate nucleari
false, solo pezzi di piombo, ma fatti apposta per essere confusi con le testate vere.
Allo stato attuale del progetto, si prevede che il sistema di difesa strategico, lo scudo,
agisca in quattro strati, tanti quante sono le fasi della traiettoria del missile.
Tutto comincia quando si accendono i motori del missile “aggressore”, cioè in Boost
Phase. Il missile parte dalla sua rampa di lancio lasciandosi dietro il “segnale”
costituito dai gas di scarico: una traccia rilevabile dai sensori all’infrarosso collocati
su satellite artificiale a qualche migliaio di chilometri di altezza. Qualcuno crede che
la ricerca scientifica sull’infrarosso, l’UV, ecc. servisse per scopi civili e pacifici,
quali aprire i cancelli automatici o realizzare lampade abbronzanti?
Tale “informazione”, elaborata dai sistemi informatici del satellite, viene analizzata al
fine di individuare il tipo di missile e, in prima approssimazione, quale potrebbe
essere la traiettoria.
44
Luigi Caligaris. “Con lo scudo stellare è il computer a ordinare il contrattacco”, Il Corriere della Sera, 29 agosto
1986.
25
Sarebbe
senza
dubbio il momento
migliore
per
distruggere il vettore
assieme a tutto il suo
carico ma, a causa di
una
serie
di
esperimenti falliti tra
il 1999 ed il 2001,
allo stato attuale
della tecnologia, non
si ritiene ancora
possibile colpire in
questa
fase,
principalmente
a
causa
della
drammatica brevità
della Boost Phase;
domani chissà.
Durante la seconda
fase, i sensori dei
satelliti rilevano e analizzano la posizione del PBV. Attualmente, questa fase
rappresenta il momento migliore per colpire.
A colpire è lo stesso satellite. Qualcuno crede che i satelliti artificiali sono stati
inventati per scopi civili, come far vedere la partita di calcio in TV, o al limite per
spiarci?
Lo scudo ottimale è quello che, direttamente dal satellite, colpisce e distrugge il bus
quando ha ancora a bordo tutte o la maggior parte delle testate e delle esche:
l’efficacia diminuisce al passare dei secondi, mentre il bus rilascia il suo carico.
Se il bus ha rilasciato testate (vere o false che siano) prima di essere distrutto (tra
poco vedremo come), subentra la terza fase di scudo, che agisce durante la Midcourse
Phase. Come già accennato, i progettisti reputano che il problema più importante da
risolvere sia il distinguere le testate vere dalle esche45. A causa della cinematica del
volo orbitale, le testate e le esche si comportano fisicamente allo stesso modo,
pertanto non risultano distinguibili da terra.
Altro aspetto importante è che in questa fase i satelliti rilevano definitivamente le
traiettorie, e quindi gli obiettivi. Si prevede di colpire la maggior parte delle testate in
questa fase, al di fuori dell’atmosfera terrestre.
La fase conclusiva è la più breve. Nel minuto circa che passa dal rientro in atmosfera
delle rimanenti testate ed il loro arrivo sugli obiettivi, si sa già tutto sulla loro
traiettoria. C’è appena il tempo per effettuare la distruzione di quelle testate non
intercettate durante la terza fase. Durante le sperimentazioni che gli USA stanno
45
Il sistema d’arma SS25 ex-sovietico era in grado di trasportare 10 testate confuse tra un centinaio di esche.
26
conducendo, questo ultimo lavoro è affidato alle cannoniere ABL, ma in prospettiva
si prevede di spostare anche questo compito su un satellite artificiale.
La distruzione è affidata a sistemi detti DEW (Directed Energy Weapons - Proiettili
ad Energia Diretta) che di recente hanno sostituito i sistemi KEW (Kinetic Energy
Weapons - Proiettili ad Energia Cinetica), ormai obsoleti da qualche anno ma ancora
riportati su riviste militari e documenti USA.
I sistemi DEW sono quelli che hanno dato origine al mito delle “guerre stellari”. Si
tratta essenzialmente di laser o raggi di particelle subatomiche; la loro caratteristica
generale è il viaggiare alla velocità della luce (il laser) o a velocità prossime ad essa (i
fasci di particelle). Questo significa che, nelle enormi distanze, in gioco, arrivano sul
bersaglio in meno di un decimo di secondo, ridicolizzando i 28.000 Km/h dei vecchi
sistemi KEW46.
Il loro effetto sulle testate nucleari può essere di tre tipi:
1) Functional kill. E’ proprio dei
fasci di particelle; sono progettati
per avere energia di qualche MeV
(Mega elettronVolt) e quindi
possono perforare spessori di molti
centimetri dei materiali più duri, e
una decina di centimetri dei
materiali
usati
nell’industria
aerospaziale. Da anni gli USA
sperimentano piccoli acceleratori
di particelle da installare su
satelliti artificiali. Mica qualcuno
crede che gli acceleratori di particelle servissero a sfasciare gli atomi per trovare il
costituente ultimo della materia? Una volta per tutte: ad un certo livello di
tecnologia, la distinzione tra finalità civili ed i possibili impieghi militari diventa
assai labile, fino a cadere del tutto.
2) Thermal kill. E’ tipico dei laser; consiste nel portare la superficie dell’oggetto
investito ad una temperatura tale da deformarlo o perforarlo, fino a distruggerlo.
3) Impulse kill. E’ un effetto di tipo meccanico, tipico dei vecchi sistemi KEW.
Consiste nel far urtare l’obiettivo da un oggetto, anche molto piccolo, dotato di
elevata energia cinetica, 28.000 Km/h possono bastare. Si tratta in pratica di uno
“schiaffone”. Uno choc, un pugno, un trauma irrimediabile, dovuto all’impatto
sulla testata, che resta distrutta.
Alla luce di queste considerazioni tecniche, lasciando perdere per motivi di spazio
argomenti politicamente importanti come la militarizzazione dello spazio, il pericolo
di arrivare ad una serie (o meglio: una costellazione) di stazioni orbitali da
46
“Balistic Missile Defence Technologies”, U.S. Congress, office of Technology Assessment, U.S. Government
Printing Office, Washington D.C. 2001.
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combattimento, ecc., cerchiamo di trarre qualche conclusione circa lo scenario
politico-militare cercato ad ogni costo dagli Stati Uniti
Lo scenario che si prefigura potrebbe essere il seguente.
Gli USA arrivano a fornirsi di un sistema difensivo di “scudo spaziale”
impenetrabile; come si dice nel gergo strategico (che a volte è anche di cattivo gusto)
del Pentagono, si “santuarizzano”, cioè diventano “santuario”, luogo non vulnerabile
da un’offesa esterna.
E’ facile immaginare le conseguenze strategiche e politiche.
Di fronte all’efficacia dello “scudo” viene meno la convenienza di acquistare o
conservare una “lancia” affilata e potente.
Diventa inutile detenere, o commerciare, enormi missili intercontinentali ex-sovietici
o cinesi. Già si sa che sarebbero fermati alla partenza, o comunque prima dell’arrivo,
da raggi laser o da raggi X o da fasci di particelle subnucleari.
In prospettiva, tutti gli arsenali nucleari tenderanno rapidamente a diventare obsoleti,
inutili.
Questo vale per tutti, tranne che per gli USA, che resterebbero gli unici a far pesare la
minaccia nucleare sul mondo, e per giunta con un sistema di scudo realizzato anche a
spese di tutti gli Stati NATO.
Chi si trova in una situazione di decisiva superiorità strategica ne approfitta per
lanciare ultimatum politici, per imporre interessi e influenze planetarie.
Un pericoloso diktat planetario, per la “salvaguardia dei valori della civiltà
occidentale”, e naturalmente del suo tenore di vita, dei suoi consumi e dei suoi
sprechi a scapito di tutti gli altri abitanti del pianeta.
Il “diktat” globale, forse l’unica vera e pericolosa (per gli altri) globalizzazione alla
quale gli USA tendono: la politica mafiosa circa la quale si accennava all’inizio di
queste note.
Ecco servita la sua realizzazione pratica.
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