“Sempre caro mi fu quest`ermo colle…” G

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“Sempre caro mi fu quest`ermo colle…” G
“Sempre caro
mi fu
quest’ermo colle…”
G. Leopardi
L’ameno colle di San Quirico rappresenta il vertice di un piccolo sistema collinare posto tra i Comuni di
Ranco e Angera.
La cima, situata a 411 metri circa sul livello del mare, poco più di 200 metri sopra
la superficie del sottostante lago, è posta entro i confini amministrativi di Angera.
San Quirico però fa strettamente parte anche del patrimonio culturale e storico di Ranco, paese da cui si
accede alla sommità del monte attraverso ombrosi e suggestivi percorsi (tra cui citiamo quelli che
partono da via Fermi, da via Ronchetto e da via San Martino). La comunità ranchese vi sale in festa il 25
aprile, mentre quella angerese il Lunedì dell’Angelo.
Dalla sua cima, piuttosto scoscesa, si gode un panorama superbo sul lago Maggiore (vedi la rassegna
fotografica presente su questo sito). Dal versante sud è splendida la vista sul basso lago e sulle Rocche di
Angera ed Arona.
La vegetazione arborea prevalente è rappresentata dal castagneto frammisto a betulle, querce e,
specialmente sui versanti più ombrosi e più prossimi alla cima, a tratti abbastanza estesi coperti da pino
silvestre. Sul piazzale della chiesa fa mostra di sé un bell’esemplare di rosa canina.
Peraltro un tempo le colture della vite coprivano i fianchi del colle fin quasi al vertice e la copertura
boschiva era assai più limitata. Ancora oggi nei boschi sono presenti numerosi terrazzamenti (tecnica
importata nel Meridione d’Italia dai Saraceni nel IX° secolo e diffusasi poi rapidamente in tutta la
penisola); è questo un segnale dell’antica vocazione vinicola dell’area, come dimostra altresì il tralcio
di vite presente sul gonfalone comunale. Sui versanti angeresi è in atto un recupero della qualità
vitivinicola per la produzione di un vino a Indicazione Geografica Tipica (IGT), in particolare nella
zona della Cascina Magatta e della Cascina Piano (in cima alla Valcastellana).
Nella parte ranchese residuano vigneti in prossimità della Cascina Caravalle. Un tempo era coperta da
vigne anche tutta l’area del Ronchetto.
L’origine geologica è rappresentata da antichissimi (risalgono infatti al periodo permiano) e caratteristici
porfidi color mattone, verdastro e cioccolato su cui si sono depositati materiali morenici all’epoca
delle grandi glaciazioni. Nel sistema collinare sono presenti alcune sorgenti quasi perenni, nel senso
che si prosciugano solo in occasione di eccezionali periodi siccitosi.
Sulla sommità è posta una chiesetta (vedi rassegna fotografica del sito) di cui si ha notizia sicura sin dal
1200 anche se è probabile che le sue radici siano in realtà molto più antiche. Essa è dedicata al Santo
martire Quirico, ucciso durante le persecuzioni di Diocleziano all’età di 3 anni a Tarso (in Asia Minore)
e alla madre, la Santa martire Giulitta.
Molteplici sono le leggende a proposito della origine della chiesetta. Tutte hanno in comune la presenza
di un eremita sulla sommità del colle, di cui parlano pure numerose altre leggende.
Secondo una di queste leggende la chiesa fu eretta durante le invasioni dei Longobardi, allorquando un
Santo monaco cristiano si era rifugiato sul colle per scampare alle persecuzioni. Un altro eremita
(secondo talune fonti addirittura il fratello) si era rifugiato sul monte sopra Massino, il San Salvatore.
I due eremiti si scambiavano la unica cazzuola e l’unico martello che possedevano con dei poderosi
lanci aldisopra del lago da un colle all’altro fino a che riuscirono a completare le loro costruzioni.
Un’altra leggenda narra che, nel quarto secolo, per volere di Sant’Ambrogio, San Giulio insieme al
fratello Giuliano accorse ad Angera per aiutare i cristiani a erigere un tempio. I pagani, però,
distruggevano nottetempo ciò che i cristiani costruivano durante il giorno. Sul punto di abbandonare
l’opera, San Giulio ebbe alfine la felice idea di costruire la chiesetta sulla cima del vicino colle ove si
ritirò in romitaggio finchè riuscì a condurre a termine l’impresa. In ciò fu aiutato da Giuliano che,
analogamente, aveva iniziato ad erigere una chiesetta sul Monte San Salvatore. Anche in questa
leggenda i due santi si lanciavano l’unica cazzuola e l’unico martello a loro disposizione aldisopra delle
acque lacustri.