Prepararsi al salto di qualità

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Prepararsi al salto di qualità
strategie
GOVERNANCE. Come governare bene le imprese. Seconda puntata
Prepararsi al salto di qualità
Per dare un’organizzazione strutturata a una Pmi, l’imprenditore ha bisogno di
una profonda convinzione, delle competenze adeguate e della volontà di attivare
meccanismi di rottura dello status quo
di Enrico Maria Bignami
Q
Enrico Maria Bignami,
Bignami Associati
consulenza aziendale,
societaria e tributaria
uesto secondo articolo sulla governance delle Pmi, approfondisce il tema di come introdurla. Dopo aver spiegato sullo
scorso numero de “L’Impresa”
(n.5/2015, pag. 75) che cos’è la governance, a cosa serve e perché, adottarla, fa la
differenza, con questo secondo contributo approfondiamo come introdurla nelle
piccole e medie imprese. Un punto molto
delicato, perché serve a identificare il punto
di partenza del processo. La vera domanda
dalla quale partire è: «qual è l’impulso che fa
capire all’imprenditore che è fondamentale
passare a un modello più evoluto e sistematico di gestione dell’azienda, soprattutto
quando questo passaggio può comportare,
almeno inizialmente, un grande sforzo in
termini di cambiamento e si fa fatica a intravedere risultati nel brevissimo termine?»
I punti deboli delle Pmi
Per rispondere al quesito è, innanzitutto,
necessario inquadrare alcune caratteristiche di base del sistema organizzativo e
culturale nelle piccole e medie imprese,
che si possono così sintetizzare:
•non viene normalmente dato grande
peso alla formalizzazione dell’organizzazione, quindi la definizione di “chi fa
che cosa” e delle relative responsabilità
è spesso fumosa e imprecisa, con tutti i
rischi che ne derivano;
• la struttura organizzativa è spesso un
insieme di micro organizzazioni che
coesistono all’interno dell’impresa, con
l’obiettivo principale del fare, ma che
non comunicano tra loro;
•queste micro organizzazioni – all’interno – sono legate dalle conoscenze professionali, dall’insieme delle pratiche,
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dalle esperienze;
t
• utto ciò non è quasi mai formalizzato, neppure in termini di esperienze e
cultura (e “nella testa delle persone”)
e quindi, in generale, con l’uscita delle
persone, succede che il sistema organizzativo e la cultura rischiano fortemente
di perdersi;
• i meccanismi di controllo della gestione
sono spesso insufficienti e le informazioni arrivano tardivamente a destinazione (e, a volte, non arrivano affatto!);
•i meccanismi di scambio e condivisione
delle informazioni e quelli di comunicazione tra le varie micro organizzazioni
sono quasi sempre sporadici, spesso
tardivi;
• esiste tropo spesso il meccanismo
dell’affidamento di compiti, invece di
un processo strutturato di delega (nella
delega, oltre all’affidamento di obiettivi, c’è attribuzione di una specifica
responsabilità e l’obbligo di resoconto
sistematico);
• l’imprenditore è il centro dell’organizzazione, è la persona a cui tutti fanno
riferimento perché è l’unica che decide
(le cd. “organizzazioni a stella”), è quindi troppo concentrato sulla gestione
del quotidiano, e rischia di perdere di
vista l’aspetto strategico ed evolutivo
del proprio ruolo: guardare al futuro dei
mercati, dei prodotti, della tecnologia,
dell’ambiente di riferimento ecc.
Tre situazioni scatenanti
In uno scenario come quello descritto,
molto spesso l’imprenditore ritiene (sigh!)
che il tempo necessario allo sviluppo di un
sistema di governance sia tempo sottratto
ad attività più importanti e remunerative
strategie
La voce di manager e imprenditori
Ecco una serie di contributi in tema di governance, offerti da alcuni imprenditori nei workshop
organizzati da Bignami Associati e Irso, sulle Pmi “costruite per durare”.
• Franco Bernabè: Che caratteristiche devono avere le imprese che durano nel tempo, siano esse
grandi imprese o piccole imprese? Dal punto di vista dei meccanismi che assicurano la durata, non
c’è tanta differenza: servono esattamente le stesse cose.
• Pierofrancesco Gigliotti (G.M. Studio Design & Fashion): Abbiamo lavorato molto, pur essendo
un’azienda molto piccola (fino a pochi mesi con trenta persone), per fare in modo che i collaboratori si
sentissero partecipi dei processi e si identificassero in quello che è l’azienda, il prodotto e come viene
collocato questo prodotto sul mercato.
• Alberto Schiaffino (Engitel): Il concetto di team è un concetto molto importante, soprattutto quan-
do, come nel nostro caso, non si fanno prodotti, ma piuttosto progetti, servizi. Il nostro è veramente un
gruppo non solo di management perché poi non ci siamo solo noi a gestire, ma è un gruppo di persone,
è un gruppo che deve essere molto coeso.
• Matteo Rignano (Belron Italia): Noi siamo una multinazionale tascabile, per noi un punto di foca-
lizzazione è la leadership, lo sviluppo della leadership nel nostro gruppo è forsennato, continuo, costante... dedichiamo una parte importante del nostro tempo a questo fatto, ma se ne vedono i risultati.
• Franco Furnò, (ex ad del gruppo Benetton): Ho un forte credo verso i sistemi di governance, nelle
piccole, nelle medie (aziende), ovunque, nel pubblico e nel privato, ma vorrei spendere una parola di
cautela verso quelli che io chiamo i sistemi, i ritualismi della governance, nel senso che molto spesso
si entra in organizzazioni che sono “a posto” da un punto di vista dell’esistenza di tutti i loro organi,
però poi le cose magari non funzionano, necessariamente. Quindi, sostanza e non solo forma.
• Massimo Di Virgilio (Admiral): Il difetto degli imprenditori è che si innamorano di loro stessi e si
contornano di persone che dicono loro quanto sono bravi, quanto sono capaci e li accompagnano con
una sorta di musica in falsetto verso una destinazione finale non positiva. Uno deve avere la capacità
di non essere vanitoso, di mettersi in discussione e, semmai, di sentirsi ogni tanto con qualcuno terzo.
•
Stefano Papini (Compagnia della Birra): Prima della Compagnia ho lavorato nell’azienda fondata
da mio nonno; era cresciuta nel tempo, aprendo stabilimenti all’estero, a un certo punto ha iniziato a
fare scelte non logiche. E questo non perché il leader dell’azienda fosse meno lucido: in realtà i suoi
sensi erano meno efficaci perché, fintanto che lo stabilimento era uno, c’era il giro del magazzino,
della produzione, della contabilità e quindi c’era proprio la percezione sensoriale dell’azienda. Nel
momento in cui il sistema azienda cresce e quindi non è più possibile questa presenza diretta, nascono
i problemi.
•
Gianluca Venturini Guerrini (Aon Benfield Italia): Abbiamo parlato di leadership, un leader deve
prendere delle decisioni, sono assolutamente d’accordo, sono anche d’accordo che un buon leader a
volte non possa essere un bravo imprenditore e magari un bravo imprenditore non possa essere un
bravo leader.
•
Giambattista Pizzimbone (Biancamano): Il nostro grande problema era che i vari settori eccellenti
non si parlavano. Tutti fuoriclasse, diciamo, tutti al posto giusto, ma non si parlavano.
e, inoltre, che sistematizzare e strutturare
l’impresa gli tolga potere, oltre a “burocratizzare” inutilmente. Quindi, da dove
può partire l’inserimento di un processo
di governance nell’impresa? Fatto salvo
l’imprenditore illuminato, che spontaneamente capisce la necessità e i vantaggi
della governance, di solito scaturisce dal
verificarsi di tre generi di situazioni.
1.
Da una crisi, che l’imprenditore non
riesce a risolvere “come al solito” (la crisi
può avere innumerevoli origini: essere
di mercato, di prodotto, economicofinanziaria ecc. e non deve essere necessariamente drammatica, ma fa emergere
i limiti della struttura dell’impresa).
2.Dalla difficoltà dell’imprenditore di capire come raggiungere degli obiettivi
che si è dato.
3.Dalla consapevolezza dell’imprenditore
di essere sopraffatto dalla sua disorganizzazione e, quindi, di non riuscire più
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ad avere adeguatamente sotto controllo
la propria impresa e – guardandosi in
giro e autonomamente – di capire che è
il momento di fare il salto di qualità verso un’impresa più strutturata, per essere
più solido e tranquillo, e poter meglio
cogliere le opportunità di sviluppo (e
internazionalizzazione).
Da dove cominciare
Per poter adottare un modello di governance nell’impresa, è necessario un percorso di consapevolezza e preparazione su
diversi fronti:
•la presa d’atto che l’imprenditore deve
evolvere e diventare anche il leader di
una squadra;
•mettere “intorno al tavolo” tutte le conoscenze e competenze necessarie allo
sviluppo dell’impresa, interne e anche
esterne;
• organizzare più sistematicamente il “chi
fa che cosa e come”, attribuendo obiettivi e responsabilità precisi ai propri collaboratori, e istituendo adeguati meccanismi di controllo (in sintesi, mettere a
punto un di sistema di delega);
•mettere a punto il sistema dei controlli
per ridurre a un valore accettabile i rischi di errori e frodi;
• mettere a punto il sistema delle informazioni rilevanti in azienda, sia consuntive sui risultati e sui principali indicatori gestionali, sia sui mercati e in
generale per lo sviluppo dell’impresa.
Per fare quanto sopra, l’imprenditore ha
bisogno innanzitutto di esserne profondamente convinto, ha bisogno di acquisire le
competenze che gli mancano e deve mettere a punto meccanismi di rottura dello
status quo. La convinzione è fondamentale: è il motore che, dall’alto, dà l’esempio,
spinge l’organizzazione e conferisce la
necessaria continuità all’azione di cambiamento (le resistenze dell’organizzazione
saranno inizialmente probabilmente molto
forti, come in qualsiasi cambiamento). Le
competenze sono altrettanto importanti: il
processo di implementazione deve portare
a risultati progressivi, ma da subito bisogna che tutti ne percepiscano i benefici,
perché questo migliora e anticipa il successo dell’operazione. Se le competenze ci
possono essere in azienda, bene: il suggerimento è però che acquisirle all’esterno, con
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un processo serio, sistematico e adatto alle
dimensioni e alle risorse disponibili, permette l’implementazione della conoscenza
interna, fa crescere in modo importante
l’impresa e la sua cultura (da qui nasce il
processo di affiancare advisor all’imprenditore, scelti in relazione agli obiettivi).
Che cosa significa diventare
un leader
Vale la pena, infine, chiarire meglio cosa
significa che l’imprenditore deve anche
diventare leader. Il leader è colui che deve
essere in grado di far lavorare una squadra, dove ognuno ha le sue responsabilità;
deve essere colui che guida il processo
decisionale dell’impresa, che fa parlare e
interloquire sistematicamente tra loro i
collaboratori, ascolta i loro punti di vista,
definisce il processo di informazione e si
informa e che, alla fine, decide le questioni
importanti. Rispetto a prima, si scarica
di attività di cui non ha senso occuparsi,
decide in modo più informato e quindi
– come minimo – migliore. In aggiunta,
dovrebbe essere il punto di riferimento dei
collaboratori, per aiutarli e consigliarli nel
loro processo di risoluzione dei problemi:
quindi (cambio epocale!) non più nell’ottica di risolvere loro tout court il problema.
Tutto questo processo potrà certamente
portare a valorizzare le competenze di
alcuni collaboratori e a prendere atto che
altri andranno riposizionati: soprattutto,
emergerà con forza chi ha capito e partecipa al nuovo processo di miglioramento
e chi invece si taglierà fuori da solo. Alla
fine, l’impresa avrà fatto un grande salto
di qualità e sarà pronta per navigare più
tranquillamente e solidamente, anche in
acque tempestose.
Come governare bene
le imprese
  1.Che cos’è, a cosa serve e perché fa la differenza – Pubblicato su “L’Impresa” dell’8
aprile 2015
  2.Come introdurre la governace
In questo numero
  3.Come migliorare la governance
Su “L’Impresa” n°6/2015
  4.Come far crescere l’azienda
Su “L’Impresa” n°7-8/2015