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Interessante il parallelo tra il fondo sovrano libico Lia e quello cinese Cic.
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Oltre al problema
della gestione da parte di uno Stato di investimenti provenienti da un altro Paese sovrano, si evidenzia un ulteriore rischio per gli investitori comuni che, non essendo a conoscenza della presenza di investitori “politicizzati” all’interno della compagine azionaria di un’azienda, non possono calcolare i rischi ad essi associati.
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Il caso dell’editore inglese Pearson, azionista del
quotidiano Financial Times, del settimanale
I
economico The Economist e della rinomata casa editrice Penguin, ne è un palese esempio.
Una volta venuta alla luce la presenza del Lia
come investitore, il titolo ha infatti subito un
calo in borsa, nonostante un recente incremento dei profitti annunciato nel febbraio scorso.
Epa / Corbis / M. Messara
di Alessandro Arduino
26 . east . europe and asia strategies
recenti sconvolgimenti che stanno caratterizzando
l’Africa settentrionale hanno una ricaduta diretta non
solo sugli equilibri geopolitici dell’Europa, ma anche
sui Paesi del Bric, con la Repubblica Popolare di Cina in
primo piano. Molti paralleli sono stati tracciati tra il collasso dei regimi autoritari dell’Africa del Nord e l’attuale situazione in Estremo Oriente. Un altro parallelo, meno osservato, ma sempre più attuale, è legato alla tracciabilità dell’operato dei fondi sovrani nei mercati globali.
Il fondo sovrano libico, Libya Investment Authority (Lia),
è stato creato nell’agosto del 2006, un anno prima dell’omologo cinese (Cic). La data non è casuale, ma segue
l’annuncio da parte dell’amministrazione americana
Bush di depennare il regime libico dalla lista dei “cattivi”, rimuovendo Tripoli dalla scomoda compagnia dell’Iran e della Corea del Nord.
Nel 1980 un embargo delle Nazioni Unite imposto alla
Libia, a causa del supporto da parte del regime del colonnello Gheddafi alle azioni di terrorismo nei confronti di
Europa e Stati Uniti, aveva messo in letargo le riserve di
greggio del Paese per un ventennio.
Nel 2003, in seguito all’annullamento delle sanzioni
delle Nazioni Unite, la Libia si era riaffacciata sui mercati energetici, offrendo le proprie riserve petrolifere a
un’Europa alla ricerca di nuovi approvvigionamenti dopo la crisi nigeriana. In breve la Libia ha potuto genera-
re un surplus finanziario tale da permettere il lancio di
un fondo sovrano del valore di 40 miliardi di dollari, cifra che si suppone abbia raggiunto i 72 miliardi alla fine
del 2010. Dopo essersi avvantaggiato della voracità occidentale per i rifornimenti di petrolio, il Lia ha potuto
ulteriormente incrementare la propria esposizione negli
investimenti esteri grazie all’intrinseca debolezza che ha
caratterizzato i mercati finanziari occidentali dal 2007 a
oggi. Un ulteriore vantaggio per il Lia è derivato dalle
pressioni delle aziende del settore energetico sui propri
governi nazionali per riaprire nuovi canali diplomatici
con il colonnello Gheddafi e poter, in cambio, godere di
un accesso preferenziale agli investimenti diretti sul territorio libico.
Partendo da queste premesse, una delle differenze più
lampanti con il fondo sovrano della Repubblica Popolare di Cina (che ad oggi assomma a 284 miliardi di dollari)
è connessa al fatto che il Lia fa parte della prima generazione dei fondi sovrani, quella legata all’utilizzo di introiLa raffineria di Collombey nel Vallese, dell’olandese Oilinvest,
a sua volta di proprietà della Libyan Investment Authority.
ti derivanti esclusivamente dalla vendita del petrolio. Invece il Cic, come il Gic e il Temasek di Singapore, fa parte della seconda generazione di fondi sovrani, il cui surplus in valuta estera deriva da una proficua bilancia commerciale. I fondi sovrani della prima generazione, che
hanno origine già negli anni Cinquanta, costituiscono ancora la maggioranza in termini quantitativi e il loro operato si basa su investimenti ad alto rischio e alta redditività per schermare le proprie economie dagli sbalzi del
valore del petrolio. Nel caso specifico del Lia, le informazioni in possesso degli esperti del settore lasciano intendere come il fondo sia utilizzato più come cassaforte di
famiglia da parte di Gheddafi che non come strumento finanziario per favorire uno sviluppo sostenibile del Paese, come avviene invece nel caso del cinese Cic.
Il se comunque è d’obbligo, in quanto l’operato del Lia,
come degli omologhi fondi sovrani di prima generazione,
è caratterizzato da una estrema segretezza nella diversificazione degli investimenti. Per la maggior parte dei fondi sovrani, con l’unica eccezione della Norvegia, la mancanza di trasparenza e la totale riservatezza nell’operato
è la norma ed è comune anche a Cic e Lia, ma con un par-
Afp / Getty Images / F. Coffrini
Fondo sovrano libico:
monito per la Cina
FINANZA INTERNAZIONALE
Il ministro delle Finanze libico,
Abd-al-Hafid al-Zulaytini.
numero 36 . giugno 2011 . 27
urante lo stesso periodo la Francia dell’amministrazione Sarkozy ha aperto le porte alle società
di Stato libiche per l’acquisizione di aerei e tecnologia nucleare a uso civile, nonché per commesse di
materiale bellico a uso difensivo, per un totale di 13 miliardi di dollari. Nel contempo gli accordi intrapresi con
l’Italia, che riceve il 38% del petrolio e del gas naturale libico, comprendono l’inserimento del Lia, con quote azionarie minoritarie, all’interno di società come UniCredit,
Eni e Juventus.
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Marjorie Scardino, ceo di Pearson.
Da questo punto di vista la similitudine con il Cic si ferma al caso Blackstone, in cui il fondo di private equity
americano ha visto la possibilità di operare in Cina trattando lo yuan subito dopo la cessione di poco meno del
10% delle proprie quote azionarie al fondo sovrano cinese. Nonostante la presenza del Cic all’interno delle maggiori banche cinesi garantisca alle società straniere in cui
investe un trattamento preferenziale in caso di collocamenti in Cina, non vi sono stati casi così clamorosi come
quello del Lia con la società canadese Verenex Energy Inc.
La società in questione, specializzata in esplorazioni nel
settore petrolifero, era stata oggetto delle attenzioni della China National Petroleum Co. che ne aveva tentato la
scalata offrendo 480 miliardi di dollari. Nel contempo il
Lia si è aggiudicato l’acquisizione della società canadese
per soli 320 miliardi di dollari. Probabilmente la scelta
della Verenex è da considerare alla luce del timore di perdere i remunerativi investimenti già in essere in territorio libico anche da parte di altre società canadesi. Inoltre
il veto opposto dal Lia nei confronti del colosso petroli-
fero cinese non è legato solo a ragioni prettamente economiche, ma lascia trasparire la volontà politica di arginare l’imperante influenza delle aziende di Stato cinesi nell’Africa settentrionale.
Se il Cic intrattiene stretti rapporti con gli omologhi
orientali Gic e Temasek di Singapore, il Lia dal momento della sua creazione ha sviluppato un partenariato con
il fondo sovrano del Qatar, stabilendo nel 2007 un fondo
d’investimento comune del valore di 2 miliardi di dollari con obbiettivi preferenziali nel settore edilizio. Per
quanto concerne i servizi finanziari, il Cic si orienta maggiormente verso Wall Street e alla sede di Hong Kong ha
recentemente affiancato un ufficio di rappresentanza a
Toronto, mentre il Lia ha preferito Londra come centro
nevralgico delle proprie operazioni finanziarie, tramite
la società Dalia Advisory Ltd. Registrata nel 2009, la società ha i suoi uffici nel cuore della City ed è il punto di
contatto tra il Lia e le istituzioni finanziarie inglesi ed europee in generale. Non a caso Dalia tra i propri direttori
annovera Saif Gheddafi.
al punto di vista della diversificazione degli investimenti non risulta agevole localizzare le tipologie scelte dai fondi sovrani. Similmente al Cic,
il Lia ha preferito orientarsi sulle economie dei Paesi
emergenti e in particolar modo quelle dei vicini Paesi
africani. In queste aree risulta particolarmente difficile
verificare la provenienza dei capitali e al contempo appare ostico poter congelare conti bancari e altri asset finanziari, a causa di un’evidente carenza di volontà politica e di leggi adeguate. Al contrario, i recenti congelamenti di 32 miliardi di dollari di capitali libici negli Stati Uniti e degli investimenti diretti del Lia in Europa, a
partire dall’editore inglese Pearson sino alle raffinerie
olandesi di Tamoil, sono un monito per le azioni del Cic
e degli altri fondi sovrani all’interno dei Paesi con sistemi finanziari e di controllo più efficienti. La stessa Svizzera, pur rispettando le direttive imposte dalla risoluzione 1973 delle Nazioni Unite, sta adottando molta cautela nella gestione dei patrimoni personali delle famiglie libiche riconducibili all’entourage del clan Gheddafi. Da
un lato vi è l’esigenza di prevenire fughe di capitali appartenenti alla popolazione libica e dall’altro lo spettro
di una crescente influenza di Singapore come sistema
bancario alternativo a quello elvetico. In questo contesto
il congelamento dei beni del Lia in Occidente ha portato
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Epa / Corbis / Y. Yik
ticolare distinguo: il Cic ha un meccanismo di controllo
interno che obbliga la propria leadership a informare dettagliatamente il Consiglio di Stato sugli esiti degli investimenti posti in essere.
Inoltre, al fine di controbilanciare l’accresciuta importanza del Cic in seno al sistema bancario cinese, Pechino
ha permesso – tramite il Safe – alla Banca centrale di porre sotto il proprio controllo una porzione di riserve in valuta estera superiori a quelle messe in gioco dal Cic ed ancor più lontane dai riflettori dei media.
Citando il sito internet ufficiale del Lia, che risulta ancora in fase di costruzione da cinque anni a questa parte,
i maggiori responsabili del fondo sovrano sono da ascriversi tra le più importanti personalità del mondo finanziario libico, a partire dal governatore e dal direttore esecutivo della Banca centrale.
Nonostante ciò le opinioni degli addetti ai lavori lasciano supporre che l’operato del fondo sia influenzato direttamente dal clan Gheddafi. A differenza del Cic, la cui gestione strategica è affidata solamente a cittadini cinesi, il
Lia ha usufruito di personale non libico ed è probabile
che le prime indiscrezioni sulla composizione del fondo
e sulla volontà di mantenere un’elevata liquidità con una
ridotta esposizione verso Europa e Stati Uniti, provengano proprio da queste fonti. Già nel 2007 con il riallacciarsi dei rapporti diplomatici tra la Libia del colonnello
Gheddafi e la Gran Bretagna dell’amministrazione Blair,
il Lia è entrato al 15% nell’azionariato di British Petrol
(Bp), che contemporaneamente si è visto aggiudicare un
accordo per l’esplorazione e l’estrazione di greggio in territorio libico del valore di 900 milioni di dollari. A partire da questo accordo il Lia ha perseguito una politica di
M&A di società occidentali ad alta tecnologia, promettendo facilitazioni nell’ingresso a investimenti preferenziali in Libia.
Lawrence Lau Juen-yee,
presidente della Cic International di Hong Kong.
alla luce le numerose lacune del sistema legislativo per
la codifica dell’operato dei fondi sovrani sia all’interno
dell’Europa che negli Stati Uniti.
Oltre al problema della gestione da parte di uno Stato
di investimenti provenienti da un altro Paese sovrano, si
incorre parallelamente in un ulteriore rischio per gli investitori comuni che, non essendo a conoscenza della
presenza di investitori “politicizzati” all’interno della
compagine azionaria di un’azienda, non possono calcolare i rischi ad essi associati. Il caso dell’editore inglese
Pearson, azionista del quotidiano Financial Times, del
settimanale economico The Economist e della rinomata
casa editrice Penguin ne è un palese esempio. Una volta
venuta alla luce la presenza del Lia come investitore, il
titolo ha subito un calo in borsa, nonostante un recente
incremento dei profitti annunciato nel febbraio scorso.
Quindi la sorte del Lia, per la prima volta, porta alla luce
un caso concreto di rischi legati a investimenti governativi all’interno di compagini aziendali private. In questo
caso, non solo per le influenze che essi possono generare
nelle politiche del Paese che ne riceve gli investimenti,
ma anche per i comuni azionisti, che assistono inermi all’esposizione a rischi politici di cui non si conosce la portata. Soprattutto quando non vi è un sistema legislativo
atto a monitorarli e contenerli. Nel contempo, le azioni
svolte dalla coalizione europea e americana nei confronti del Lia costituiscono un precedente che servirà al Cic
e agli altri fondi sovrani per valutare i nuovi investimenti in Occidente.
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