CAP.I

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CAP.I
Dedicato a tutti coloro che
lottano ed amano la vita in ogni
sua forma
A Cinzia e Lisa
CAP.I
“Ho deciso di trasferirmi in Italia.” Annunciò il ragazzo con decisione. “Grazie ad un mio amico inizierò
a lavorare nel mondo della moda o dell’animazione.”
La notizia cadde tra i commensali come una bomba.
Gli spaghetti, sapientemente arrotolati nelle forchette, rimasero a mezz’aria.
Gli occhi di Libero e Giovanna, dopo essersi sgranati, si guardarono reciprocamente.
Stefano aspettava, con la baldanza dei giovani, che l’ira dei genitori si scatenasse.
Per cinque lunghi minuti, tutto rimase fermo, irreale. Era come se la pellicola di un film si fosse
inceppata, dando spazio ad un solo fotogramma, immobile.
Le tende di pizzo di Sangallo, allegramente scostate dal vento, smisero di frusciare. I bicchieri,
all’interno della cristalliera dell’800, sembravano di ghiaccio. Il lungo tavolo della sala da pranzo sembrava
separare anni luce i tre commensali. La luce vivace del lampadario di Murano, che li sovrastava, gettava su di
loro ombre immobili, intatte, come se si trattasse di un paesaggio inanimato.
Il precario equilibrio del mondo che si ferma, venne rotto dalle parole gelide della madre:
“Non partirai. Il discorso è chiuso.”
Appoggiò la forchetta sul piatto senza alleggerirla del suo contenuto e, scusandosi, lasciò la sala da
pranzo. Percorse i lunghi corridoi della villa d’epoca che ospitava l’Ambasciata Italiana in Germania e si
rifugiò, delusa, nella camera da letto che divideva con il marito.
Nella sala da pranzo non si proferiva parola: padre e figlio, guardandosi, sembravano imitare le tante
statuine di porcellana che facevano bella mostra di sé sui mobili d’epoca.
Stefano riprese a mangiare, per nulla sconvolto dall’atteggiamento della madre. La conosceva fin
troppo bene per non prevedere la sua reazione.
Sempre assetato di esperienze nuove, stufo di essere il bello della classe o della scuola, voleva,
conseguito ormai il diploma, buttarsi nella vita. Guadagnare uno stipendio da spendere come meglio credeva,
era diventato il suo sogno da anni. Stanco di dover rendere conto a sua madre di ogni suo movimento, voleva
librarsi, solitario, nei cieli della vita.
“Ti sembra questo il modo di turbare tua madre?” Tuonò suo padre infrangendo il silenzio con la
violenza di una pallottola.
“Non mi sembra di aver detto nulla di strano!” Rispose imperturbato, continuando a mangiare.
“Nulla di strano?”. Montò su tutte le furie Libero, sbattendo un pugno sul tavolo.
Stefano rimase un po’ sorpreso: suo padre era sempre stato un tipo mite in famiglia. Non si era mai
curato molto dei rapporti familiari e aveva lasciato la gestione e l’educazione del suo unico figlio, in mano alla
moglie.
“Non capisco perché ti arrabbi tanto. Di solito sei così tranquillo!”
“Non sfottermi, hai capito? Ti ricordo che fin quando abiterai sotto il nostro tetto, dovrai sottostare alle
nostre regole! Intesi?”
“Certo.” Rispose il giovane con grinta “L’ho sempre fatto! Ed è per questo che ho deciso di andare a
vivere per conto mio. Ho deciso di tornare in Italia. Sono stufo di vivere in Germania! Riaprirò la casa di Milano
e mi stabilirò lì!”
“E con quali soldi?”
“Con quelli che guadagnerò facendo dei lavoretti.”
“Tu hai la testa bacata! Hai idea di quanto costi la vita in Italia e che cosa significhi mantenersi
all’Università?”
“Sono pronto a provare. Volevate che mi laureassi, no? Che differenza fa se lo faccio qui o in Italia?”
“Qui ho la possibilità di farti frequentare i corsi più prestigiosi: ho molte conoscenze. In Italia ho perso
tutti i contatti, non saprei come aiutarti.” Libero smorzò un po’ i toni della discussione ed ora sembrava quasi
scusarsi con il figlio, poiché non poteva assicurargli un aiuto concreto.
“Non ci sarà bisogno di nessun aiuto. Sono sempre stato il più bravo della classe. Voglio diventare un
ingegnere, riuscirò ad entrare tranquillamente in qualsiasi corso anche in Italia.”
“Tua madre aveva pensato addirittura agli Stati Uniti. Sarebbe stata una grande occasione per te! Altri
al tuo posto ci metterebbero la firma!”
“Gli altri non sono me e poi ho studiato tanto. Adesso ho voglia di divertirmi un po’ e se per far questo
mi pagano….beh….tanto meglio!”
“Tua madre non te lo perdonerà mai, figliolo!”
“Quando mi vedrà sulle copertine dei giornali, vedrai che cambierà idea e se ne vanterà con le sue
amiche dell’ambasciata!”
“Quando ti vedrà sulle copertine?!? Che novità è questa?”
“Come credi che possa mantenermi studiando? Farò il fotomodello, lavorerò nelle discoteche. Lì
pagano bene! Lo sai quanto prendono le cubiste?”
“No e non mi interessa. Non vorrai andare a fare lo spogliarellista, spero!”
“Che cosa ci sarebbe di male? Se mi pagano bene!”
“Ma con quali valori sei cresciuto? Mi fai paura! È questo il risultato di tutti i sacrifici che abbiamo
fatto? Sei sempre andato in scuole private di altissimo livello, conosci perfettamente quattro lingue, e adesso ti
abbassi a questo? Uno stipendio alto lo prenderai in qualità di miglior ingegnere sulla piazza, ci siamo intesi?”
“La mamma mi ha sempre incoraggiato ad avere cura del mio corpo ed è quello che ho fatto
praticando sempre sport agonistico. Ti piacevano le medaglie vinte nelle gare di nuoto!”
“Lo sport insegna a soffrire, a lavorare sodo per raggiungere un traguardo! Mi spieghi che cosa c’entra
tutto questo con il diventare fotomodello o animatore in una spiaggia?”
“Ho 19 anni ed ho diritto alle mie scelte. Non ti ho chiesto di finanziare i miei sogni: mi arrangerò.
Partirò tra due giorni per avere il tempo di sistemarmi a Milano e partire per la Sardegna. Andrò con un mio
amico che mi anticipa i soldi per il viaggio ed io ricambierò il favore ospitandolo a Milano.”
“Vuoi fare come ti pare? Con le tue gambe? Accomodati pure! Ma l’appartamento a Milano non è a tua
disposizione. Hai fatto i conti senza l’oste, caro mio. Lo abbiamo promesso il mese scorso ad un amico e non
intendo ritirare la mia parola. Tu e il tuo amico dovrete arrangiarvi.”
Detto questo si congedò per raggiungere sua moglie in camera e riferirle le novità.
CAP. II
Stefano lasciò la casa dei suoi genitori in una fredda mattina di settembre. Sua madre non volle
nemmeno salutarlo. Non gli parlava dalla sera in cui lui aveva reso noti i suoi piani di vita.
Non riusciva a capire come quel figlio, che era stato sempre creta tra le sue mani, potesse decidere di
vivere seguendo i propri capricci. Suo marito le aveva raccontato tutti i programmi balzani del figlio, senza
approvarne neanche uno. Lei, invece, si scoprì a fantasticare su una carriera brillante del figlio nel mondo
dello spettacolo. Un figlio copertina! L’idea non le dispiaceva affatto! Proprio come aveva ventilato Stefano.
Lo guardò partire, con gli occhi pieni di lacrime, da dietro le tende di pizzo con i putti che abbellivano
la loro camera da letto.
Lo guardò con rimpianto, ma anche con orgoglio, ammirando le belle spalle larghe e dritte, i capelli
color del miele che venivano arruffati dal vento, che quella mattina spirava gelido. “È proprio un bel ragazzone
il mio Stefano!”, pensò con orgoglio e, in cuor suo, sperò di rivederlo sulle pagine patinate. Covò l’idea di
inviare, almeno per i primi tempi, di nascosto dal marito, dei soldi al figlio per permettergli di vivere senza
problemi.
Libero, accanto al figlio, lo abbracciò a lungo.
Prima di vederlo salire in macchina, gli disse:
“Figliolo, ti chiedo solo un impegno: la laurea. Decidi di vivere pure come vuoi, ma non rovinare il
grande dono che hai. Sei un ragazzo dotato di grosse capacità: non sciuparle!”
“Non ti preoccupare papà! Sarai orgoglioso di me. Non deluderò nessuno dei due, vedrete!”
Detto questo lo strinse nuovamente a sé. Si volse verso la finestra, da dove aveva intravisto la
sagoma di sua madre e, alzato il braccio in segno di saluto, le inviò un bacio. Lasciatosi alle spalle il suo
passato, salì sulla macchina sportiva per iniziare a rincorrere il suo futuro.
Con la musica a tutto volume e l’andatura allegra, raggiunse la casa del suo amico Alfredo.
Riempirono la macchina con i loro sogni e le loro speranze:
“Ho trovato una camera in un ostello per giovani. Non sarà un granché ma rappresenterà la nostra
prima dimora da indipendenti!” lo informò Alfredo mentre l’auto sfrecciava verso l’Italia.
“Non vedo l’ora! Basta che ci sia un letto comodo! Il resto non conta!”
“Vedrai che ci divertiremo come pazzi con le ragazze.”
“Non credo che avrò molto tempo per questo! Dovrò anche studiare sodo e frequentare i corsi
universitari. La sera dovrò lavorare e poi…… dovrò pur dormire!”
“Fai discorsi da vecchio! Per fare questa vita potevi restare in Germania, almeno ti avrebbero
finanziato i tuoi!”
“No. Sono venuto via perché non sopportavo più mia madre: è troppo oppressiva. Le voglio molto
bene, ma vivere con lei è opprimente fino all’ennesima potenza. I miei mi mancheranno, ma ho voglia di libertà
ed indipendenza. Essere figlio unico a volte può essere soffocante!”
“Ho lasciato i miei per fare la bella vita: soldi, ragazze e divertimento!”
“Credo che prima o poi dovrai includere nella tua lista un po’ di sacrificio: senza quello non si ottiene
nulla!”
“Sei peggio di tua madre! Mi sembra di essere partito con mia nonna!”
Stefano scoppiò a ridere e decise di non approfondire l’argomento. Aveva le idee molto chiare: era
stato già inserito negli esami di ammissione e aveva tutte le carte in regola per superarli brillantemente.
L’alloggio era più che spartano, ma l’aria di libertà che vi si respirava, bastava ai due giovani per
godere in ogni istante quell’avventura.
Tornati dalla Sardegna, grazie alle conoscenze di Alfredo, riuscirono a trovare un lavoretto per una
pubblicità di biancheria intima. Il fisico prestante di Stefano, il suo bel volto e la carica di simpatia che lo
metteva sempre al centro dell’attenzione, fecero il resto.
In breve si ritrovò in un mondo patinato in cui gli uomini si specchiavano e curavano il proprio aspetto
fisico più delle donne. Iniziò ad imparare i primi trucchi del mestiere e ben presto imparò che sul lavoro
nessuno ti è amico.
L’invidia era palpabile e il senso di antagonismo veniva portato all’estremo.
Stefano viveva il tutto in modo scanzonato perché quella non era la sua vita. Il suo futuro era
l’Università; quello, per lui, era solamente un lavoro ben retribuito e poco impegnativo, che gli avrebbe
consentito di frequentare i corsi e studiare per gli esami.
Si impegnò molto per superare gli esami di ammissione e con molta soddisfazione accolse la notizia di
essersi classificato primo: l’obiettivo era stato centrato, adesso iniziava la grande avventura fatta di tanti
sacrifici. Ma anche di grandi gratificazioni.
CAP. III
In breve tempo, Stefano ed Alfredo riuscirono a mettere insieme i soldi necessari per pagare la
cauzione di un appartamento decente, non lontano dalla stazione della metropolitana, che permetteva loro di
spostarsi liberamente e in poco tempo.
Dopo il primo mese arrivarono i soldi dalla Germania; Stefano li conservò per l’acquisto dei libri.
Iniziarono le lezioni e per i primi tre mesi fu difficile conciliare studio e lavoro. Stefano riceveva
moltissime offerte ed era sempre tormentato dalla scelta tra studio e guadagno. Aveva bisogno di soldi, ma
voleva rimanere in pari con gli esami che sarebbero iniziati in primavera. Il suo orgoglio non gli permetteva di
fallire nello studio e si era ridotto a dormire pochissime ore per notte. Ben presto, il super lavoro segnò il suo
bel viso ed i fotografi iniziarono a lamentarsi del suo aspetto così sbattuto.
“Devi fare una scelta” lo esortava Alfredo “O il lavoro o la laurea. Non puoi reggere questi ritmi!”
“Devo solamente trovare una soluzione che concili queste due cose. Vedrai che ci riuscirò!”
Nonostante la tenacia e la sua capacità di apprendere, gli permisero di passare il primo esame con un
buon punteggio, non si ritenne soddisfatto: voleva ottenere il massimo per dimostrare ai suoi genitori di aver
avuto ragione e di potercela fare.
Il colpo di fortuna arrivò al secondo anno di corso quando, un famosissimo agente, accortosi di lui, gli
procurò favolosi contratti. In un primo tempo diffidò dell’offerta, ma poi, Alfredo lo convinse ad accettare. In
questo modo Stefano ebbe il tempo necessario da dedicare ai suoi studi e il denaro sufficiente per vivere
senza tirare troppo la cinghia.
Gli anni successivi furono faticosi, ma pieni di successi: all’università era riuscito a farsi notare dai
docenti; spesso andava a colloquio con loro prima degli esami, per capire meglio l’orientamento del professore
che lo avrebbe interrogato. Chiedeva spesso spiegazioni e, durante le lezioni, faceva domande intelligenti che
“rincuoravano” i professori, ma creavano il disappunto dei colleghi di studio.
Molte volte riuscì a saltare l’appello ufficiale grazie al buon risultato conseguito nelle prove scritte,
affrontate durante l’anno accademico. Riuscì così a diluire lo studio, preparando più esami nello stesso
periodo. Alla fine del terzo anno era perfettamente in pari.
Gilberto, il suo agente, aveva tenuto fede ai patti iniziali, garantendogli lavori interessanti, ben pagati e
non concentrati nella stessa settimana.
Stefano inviava ai suoi genitori tutte le pagine delle riviste che lo ritraevano. Sua madre le raccoglieva
una per una e spesso le mostrava alle sue amiche con orgoglio. Ad ogni esame fotocopiava il libretto e
spediva a suo padre la prova che non stava sprecando il suo talento.
Libero e Giovanna erano orgogliosi di quel figlio testardo che, a modo suo, voleva insegnar loro
qualcosa. Si resero conto che, ormai, era pronto per correre con le proprie gambe.
L’ultimo anno di studi, Stefano era molto provato: era stanco di quella vita così stressante ed i rapporti
con Alfredo iniziarono ad incrinarsi. Per oltre un anno, aveva sopportato le feste ed il via vai di donne nel loro
appartamento. Aveva partecipato alle orge organizzate dall’amico, ma si era sempre rifiutato di fumare gli
spinelli. A lungo andare, però, quella vita così disordinata, iniziò a creargli dei problemi circa il suo rendimento
universitario.
Per la prima volta venne bocciato a due esami di fila: venne colpito profondamente nell’orgoglio e
divenne sempre più nervoso ed irascibile. Si vergognava talmente tanto che non disse niente ai suoi genitori.
La goccia traboccò una sera:
“Insomma, la volete finire? Sono stanco di respirare questo odore acre che mi dà alla testa e di sentire
i vostri lamenti libidinosi! Devo studiare! La settimana prossima ho un appello e domani devo lavorare tutto il
giorno! Sono stufo di questa situazione! La casa sembra un porcile, devo essere sempre io a sistemare tutto! I
patti non erano questi!”
Alfredo, poco lucido per via della miscela tra droga ed alcool che ormai faceva costantemente parte
della sua vita, con la lingua impastata rispose:
“Sei come tua madre: un rompiballe! Se non ti sta bene, vattene! Io resto qui. È questo il grazie che mi
merito? Lavori grazie a me e ti sei staccato da quella palla di famiglia snob che hai, proprio grazie a me.
Adesso che ti manca poco alla laurea ti senti tre cavoli! Sei un rompiballe come tua madre. Uno snob viziato!”
Detto questo gli chiuse in faccia la porta della camera e continuò a fare bagordi, più rumorosamente di prima!