LO `SCANDALO` DELLE LACRIME

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LO `SCANDALO` DELLE LACRIME
LIBERTÀ
SIA LODATO GESÙ CRISTO
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20 GENNAIO 2015 | Anno CV
“Se voi non imparate a piangere non siete buoni cristiani”
SPED. IN A.P. - DL 353/2003 - (C.L. n. 46/2004)
SASSARI - Aut. Poste It. SPA n.140/2008 - € 1
Settimanale dell’Arcidiocesi di Sassari
LO ‘SCANDALO’ DELLE LACRIME
Nuoro, otto imputati
per la setta “Onde Delta”
TRUFFA AI DANNI
DELLA BUONA FEDE
Don Francesco Marruncheddu
A
busare della buona fede della gente continua ad essere
uno dei mestieri più antichi
del mondo. Quando poi le
persone sono in un momento difficile della propria esistenza, magari
in seguito ad un lutto o ad un evento traumatico, eccole trasformarsi in
facili vittime di predatori senza scrupoli che le depredano con ancora
maggiore facilità. È quanto accaduto
a Nuoro, dove otto individui hanno
>>> continua a pag. 3
Malattia a puntate
ROVINARSI
PER GIOCO
Leonarda Tola
U
n grido d’allarme viene dalla
Asl di Olbia sull’impennata
delle patologie da gioco d’azzardo: in dieci anni 170 famiglie sono state prese in carico per la
presenza di un componente “giocatore patologico” e sono stati 350 i nuclei
familiari assistiti. In Italia l’industria
dell’azzardo gira 87 miliardi l’anno
potendo contare su ‘contribuenti’ che
si ‘tassano’ ognuno per 1300 euro, e
in Sardegna per 1500, per soddisfare
>>> continua a pag. 3
I lettori ci scrivono
Libertà
e diritto
di satira?
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don Mario Simula
U
n metodo da grande maestro e da grande comunicatore. Il metodo di chi ascolta
lamenti, storie e lacrime e sa trarre da
ogni frammento di vita la “sapienza”,
perché nessuno sia non “giovani-museo”.
Francesco, davanti ai giovani di Manila, abbandona i fogli e legge la parabola della vita. “Perdonatemi perché non ho letto quasi niente di ciò che
avevo preparato. Ma c’è un’espressione che mi
consola un po’: “La realtà è superiore all’idea”.
E la realtà che voi avete presentato, la realtà che
voi siete è superiore a tutte le risposte che io
avevo preparato”. Dal faccia a faccia scaturiscono filoni preziosissimi di ricerca e di impegno.
“Solo quando siamo capaci di piangere sulle cose che voi avete vissuto possiamo capire
qualcosa e rispondere qualcosa”. Com-patire è
la cifra per capire e per rispondere. Una parola saggissima ma vuota non scalfisce l’anima.
“Certe realtà della vita si vedono soltanto con
gli occhi puliti dalle lacrime. Invito ciascuno
di voi a domandarsi: io ho imparato a piangere?”. Penso alle parole “uguali”, penosamente
uguali della politica: ricettari di bla-bla infecondi
e fuorvianti. Penso all’alchimia insensibile della
grande finanza. Penso alle analisi dotte e impersonali della saccente scienza economica. Nessuna di queste persone deve piangere, altrimenti dove va a finire l’obiettività? Nessuna di esse
deve mettere a repentaglio il proprio tornaconto:
stessi altissimi stipendi, che uno basterebbe per
mille. Nessuna di esse può vedere declassata la
professionalità con l’inquinamento del “volontariato” e dei sentimenti. Cosa ne sanno, loro, del
pianto. E non vogliono saperne. Per non essere
“deboli”. Loro usano il bisturi sulla pelle degli altri. Non conoscono le lacrime che puliscono gli
occhi e il cuore.
“Quando ci fanno la domanda: perché i bambini soffrono? Che la nostra risposta sia il silenzio o la parola che nasce dalle lacrime. Siate
coraggiosi, non abbiate paura di piangere!”.
Se non nascerà una moltitudine di giovani che
apprende questo “coraggio”, si perderà il senso
della vicinanza, il profumo della solidarietà, la
forza della condivisione di un dolore che è inevi-
Visita Pastorale
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tabilmente maleodorante.
“Abbiamo tante informazioni, ma non sappiamo che farcene”. Chi non conosce la misura
esorbitante della disoccupazione? Chi non è al
corrente di uomini e donne incatenati o confinati
sui tetti per protesta? Chi non fa il conto alla rovescia sugli ultimi spiccioli della cassa integrazione
e guarda disperato il baratro della povertà estrema? Le informazioni sono tante e di tutti. “Ma non
sappiamo che farcene”. È una denuncia semplice e spietata. La può fare soltanto un testimone
scomodo. Scomodo anche per chi, nella Chiesa,
dovrebbe fremere, rimetterci la faccia e le poche
risorse. E’ meglio essere dalla parte delle “informazioni”! I numeri stordiscono, danno la sensazione della soluzione dietro l’angolo, ostentano
“un impegno” che camuffa mancanza di coerenza, asservimento ai poteri costituiti. Soprattutto a
quelli finanziari che dimenticano - ma anche se lo
ricordassero? – che accumulare oltre ogni decenza, affamando il mondo, è rubare, è omicidio, è crimine contro l’umanità.
“Non abbiamo bisogno di giovani-museo,
ma di giovani sapienti!” La sapienza è “imparare ad amare!”.
Questa rivoluzione può dare una svolta alla
realtà, orientandola verso la giustizia, il bene comune, il cambiamento irreversibile. Con la perseveranza del tempo. Con la fiducia incrollabile
del futuro.
“Se voi avete solo l’informazione siete
chiusi alle sorprese. L’amore ti apre alle sorprese, l’amore è sempre una sorpresa[…]Lasciati sorprendere dall’amore di Dio! Non abbiate paura delle sorprese, che ti scuotono,ti
mettono in crisi, ma ci mettono in cammino[…]”. L’amore alla crisi, l’amore al subbuglio
interiore, l’amore alla lotta profondamente pacifica della giustizia possono aprire ferite e delusioni. Ma “ci mettono in cammino”. Il fiume è
ormai irresistibile. E’ solo questione di circostanze e di consapevolezze. “Non giovani da museo,
ma giovani sapienti. Per essere sapienti, usare i
tre linguaggi: pensare bene, sentire bene e fare
bene. E per essere sapienti lasciarsi sorprendere dall’amore di Dio, e vai, e spendi la vita!”.
Sorpresi dall’amore di Dio, ma pronti ad andare
e a spendere la vita.
Vita diocesana
Parrocchia
Religioni
S.Lorenzo martire a confronto
Banari
a Stintino
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InformaCaritas
Piccolo
glossario sulle
migrazioni
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I lettori ci scrivono
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
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“DIRITTO IMPERITURO DELLA SATIRA?”
D
i “forza eterna” (= “force
eternelle”) e di “diritto imperituro della satira” parlava Hollande, qualche
ora dopo la strage dei redattori
della Charlie Hebdon. Poi, ecco
tutti i grandi potenti del mondo in
testa alla manifestazione parigina, con un numero di partecipanti
senza pari. Tutti convinti del “diritto imperituro” e dell’assoluto criterio della satira, nel caso con le
vignette disegnate con una matita
simbolo a significarlo e per affermare la verità e la libertà? Beh,
forse non proprio tutti.
Diceva molto bene un musulmano di Parigi, intervistato durante
la manifestazione: “La mia libertà
non è assoluta, ma limitata: cessa
quando lede i diritti dell’altro”. E allora, che ha dato a questi ‘soloni’politici il potere di definire la satira
con la matita criterio assoluto di
libertà e verità? Non saprei se la
paura che il fatto tragico si ripeta e
perciò l’urlo che dice: “Siamo forti,
nessuno potrà smentirci”?; oppure una sorta di ignoranza ancestrale, propria dei politici, per cui
si fanno affermazioni con parole
improprie e messaggi improbabili.
Ma costoro - ossia chi ha parlato
e urlato - sono pienamente consci
di quello che dicono? Come pos-
sono affermare che una povera,
seppur originale forma di comunicazione qual è la satira, possa
sentirsi svincolata da ogni dovere
e possa autoproclamarsi “assoluta”? Come può una tale forma di
non farsi un esame di coscienza
per tutte le violenze perpetrate in
questi ultimi decenni?
Sì può, per esempio, mettere alla
berlina il mite e dotto Papa Benedetto XVI, esponendolo sistematicamente alla mercè dei lettori
ridanciani del giornale satirico?
E ciò per anni e anni, addirittura
tenendo fissa sul giornale la sua
immagine.
Come può una forma di comunicazione originale, ma anche censurabile quando trita tutti i bersagli preferiti e li ripropone in una
solenne presa in giro, con offese
assurde, come può – ripeto – presumere che nessuno si offenda,
quando vengono toccate corde e
persone così sensibili da scatenare reazioni anche violente? E
dov’è il rispetto della persona, il
diritto alla fama e il dovere di non
diffamare nessuno, che è reato
pressoché in ogni parte del mondo?
Meraviglia, forse, che in varie parti del mondo stia montando la reazione musulmana e se assumes-
LIBERTÀ E RESPONSABILITÀ
D
opo i fatti di Parigi il dibattito si è soffermato sulla
possibilità di convivenza
tra Islam e Occidente,
sul concetto di libertà e se essa
sia un valore assoluto che non
conosce limitazioni, se alla libertà
si debbano porre degli argini perché non travalichi fino all’offesa e
alla denigrazione dell’altro e delle
sue convinzioni più profonde. Nella cultura degli occidentali il concetto di “libertà”, quasi un totem,
rimanda ad una condizione intellettuale e morale che non tollera
restringimenti o condizionamenti ,
pena la negazione stessa del termine libertà. Tuttavia è altrettanto
intuitivo che ogni manifestazione
di libertà, del pensiero e dell’azione, non possa essere intesa in
senso assoluto, comprendendo
nell’essere liberi la pretesa di essere “sciolti” da ogni freno o limi-
te. Così come la libertà è prerogativa imprescindibile dell’essere
uomo, altrettanto necessario è
che vi sia la consapevolezza che
nell’agire libero è chiamata in causa la responsabilità.
Si è liberi, ma anche e contemporaneamente, responsabili delle manifestazioni del pensiero
e delle azioni, capaci e pronti a
“rispondere” delle conseguenze
che l’esercizio della libertà può
innescare. Un’educazione alla
responsabilità è la chiave del dilemma libertà sì o no. La responsabilità esige che si mettano in
conto e si considerino gli effetti,
come ricaduta della libertà esercitata. Se a seguito dell’espressione totalmente svincolata da
remore si lasciano a terra i cocci
e sanguinano le ferite inferte alle
persone, se c’è libertà di offesa
e di derisione , di sarcasmo che
N.3 | ANNO CV
LIBERTÀ
PERIODICO ARCIDIOCESI DI SASSARI
Proprietà
ARCIDIOCESI DI SASSARI
Reg. Trib. Sassari
n.9 - 13/10/2008
Direttore responsabile: Paolo Atzei
Vice Direttore: Leonarda Tola
Caporedattore: Mario Simula
se anche carattere di violenza?
No, certamente. E allora, dove sta
il “diritto assoluto” di fare satira in
modo indiscriminato verso persone e istituzioni di ogni genere?
Da dove nasce l’assurda rivendicazione che la satira sia anche
criterio di libertà e verità? Solo
perché lo hanno pensato i francesi, in questo frangente e qualche
secolo fa nella famosa rivoluzione sottoponendo alla ghigliottina centinaia di migliaia presunti
nemici della libertà del popolo?
O solo perché stavolta c’è stata
l’unica voce e la grande manifestazione dei potenti della terra?
E che dire degli altrettanto ‘sacri
diritti’ legati ad altri ‘piccoli’ della
storia, in altre parti del mondo? O
della sproporzione di attenzione
ad altri fatti di violenze e morti?
Certo, anche i mass-media sono
potenti e pieni di diritti, ma essi
stessi manipolati dai potenti. Per
cui, non interessano i 2.000 trucidati in Nigeria, nella strage degli islamici di Boko Haram, né le
decine di altri cristiani morti per
aggressioni mirate alle Chiese.
No, tutto questo non interessa.
Interessa solo mettere in evidenza, comunicare ciò che conta per
i potenti, per i soldi, per prevaricare, per idolatrare qualcuno e
dominare altri.
Nessuno ha fatto, fra tanta violenza e tante minacce verbali,
neppure un accenno a Dio.
Come mai? Facile spiegarlo: essendo il solo “Assoluto”, ossia
libero davvero da tutti e tutto,
cioè che non dipende da niente e
nessuno, né dalle forme umane
di comunicazione, né dal tempo
che passa, il solo citarlo poteva
sembrare mettere in gioco l’assoluto che non è ogni altro da Lui.
Così, non nominarlo ha fatto alzare ancor più la cresta di tanti
piccoli uomini ‘dei a se stessi’.
Così è, se vi pare. Non era facile
dire questo quel giorno, appare
più facile e coraggiosamente necessario, oggi, a luci già un po’
spente, mentre milioni di musulmani, giustificati, urlano per dire:
“Non toccateci Maometto, il profeta, altrimenti…”. Continuano le
matite di chiunque per disegnarlo,
incidendolo e profanandone l’immagine. Allora, signor Hollande,
come la mettiamo con i diritti assoluti della satira? Ci ha pensato,
lei e i suoi connazionali, quanti rischi concreti con i suoi “Charlie”?
Pensi bene in seguito quello che
dice!... Non me ne voglia.
corrode come soda caustica, allora quella libertà travalica fino ad
invadere lo spazio ‘sacro e involabile’ della dignità dell’altro e del
diritto di ogni persona al rispetto
per sé e per le rappresentazioni
che egli dà di sé e della sua vita.
Principalmente in ordine ai principi religiosi e agli affetti primari.
A Parigi e in Europa si rivendica
la laicità come conquista suprema
di parole e pensieri che nascono
e si esplicano esclusivamente
nell’orizzonte della storia e della
esperienza. Ma una laicità adulta
è quella che riconosce alle fedi,
alle religioni, cristianesimo, ebraismo e islam un posto al tavolo
della cultura e della storia e di essere parte determinante nella costruzione di quella cultura e della
storia del mondo multireligioso e
plurale di oggi.
Il dialogo è possibile tra musul-
mani e occidentali; l’islam dovrà
recidere la sorgente e sradicare
il male che produce l’aberrazione
del terrorismo, l’assassinio efferato di quelli che sono additati come
nemici da trucidare. Riconoscendo, Corano alla mano, nel delitto e
nella violenza la negazione della
fratellanza che essi predicano.
L’occidente cristiano deve guardare all’Islam sano, che c’è e
deve essere aiutato ad estendersi e a rivelarsi, associandolo nel
contrasto al terrorismo e adottando il dialogo e l’educazione.
Le seconde e terze generazioni
degli immigrati musulmani in Italia
e in Europa frequentano le nostre
scuole e imparano la convivenza
e la tolleranza. Aiutiamoli ad essere i difensori della civiltà che
esclude l’odio.
Lettera firmata
Lettera firmata
Gruppo redazionale: Gianfranco Addis, Antonio Brundu, Mariantonia Fara, Francesco Marruncheddu, Pietro Meloni, Marcello Mura, Michele Spanu
Hanno collaborato a questo numero: Paolo Atzei, Antonio Brundu, Mariantonia Fara, Francesco Marruncheddu, Franco Nuvoli, Pietro Meloni, Diego Pinna, Tonino Satta, Alessia Serra,
Mario Simula, Michele Spanu, Leonarda Tola.
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16/2003, vi informiamo che i
dati in nostro possesso saranno mantenuti riservati e verranno trattati esclusivamente
per soddisfare gli obblighi previsti dalla normativa in vigore.
Primo Piano
>>> continua da pag. 1
costituito una psico-setta denominata “Onde Delta”, tutti
poi denunciati per associazione per delinquere finalizzata
all’esercizio abusivo della professione di medico, psicologo
e psicoterapeuta.
L’indagine, iniziata nel gennaio 2013, come ha spiegato
il vice questore aggiunto di
Nuoro Fabrizio Mustaro è stata portata avanti dalla seconda
sezione della Squadra mobile
di Nuoro e dalla Guardia di Finanza, ed ha prodotto l’inquisizione di Lucia Dettori, 47 anni,
insospettabile architetto di Orgosolo, considerata la santona
della setta, il suo compagno
Luigi Franceschini, 42 anni di
Pesaro, le due sorelle dell’architetto, e altre 4 persone di
Pesaro, Treviso e Sassari. La
banda, sfruttando la debolezza
di tanti ignari “clienti”, ha raggirato per almeno cinque anni
centinaia di persone in Sardegna, nella Penisola e persino
in Brasile. Cosa cercavano i
malcapitati truffati?
Un po’ di pace e serenità
dopo esistenze o situazioni difficili e avverse. E non a
caso l’architetto e il suo “staff”
proponevano corsi di training
a pagamento in tutta Italia e
all’estero, promettendo il raggiungimento della felicità attraverso la meditazione, l’uso di
>>> continua da pag. 1
sostanze psicoattive e altre terapie consigliate. Un imbroglio
a base di una presunta “fede”
mischiata alla medicina e a
fasulle trovate psicoterapeutiche. La setta si proponeva di
migliorare la vita delle persone
riattivando l’uso di particolari
onde del cervello, denominate
appunto Delta. Da qua il nome
dell’”associazione”, una vera
e propria setta che operava
anche attraverso l’uso di sostanze pericolose, come allucinogeni e farmaci per curare
malattie gravi. Molto varia la
clientela di questi truffatori, tra
i raggirati casalinghe, commercianti, dipendenti pubblici, ma
anche personaggi del mondo
dello spettacolo. La truffa rendeva davvero bene: il giro d’affari accertato finora è di oltre
400 mila euro, ma le indagini
proseguono.
Fatti degni del medioevo
più triste, dove creduloneria e
sedicenti alchimisti potevano
pure trovare facile alloggio. È
vero che spesso homo homini
lupus, purtroppo. Ma approfittare delle disgrazie altrui per
speculare, tra l’altro mettendo
a repentaglio la salute, o la
stessa vita (oltre che i portafogli) di persone innocenti è inqualificabile. Ma bisognerebbe
insegnare sempre di più a rifuggire da santoni, maghi, sedicenti terapeuti e persone
senza scrupolo comparse
nella tua vita in un momento
di buio.
Bene sempre passare attraverso persone e strutture
autorizzate e competenti per
non dover poi assommare
ai drammi della vita anche
quello di un raggiro dove ti
rubano soldi e dignità.
la smania compulsiva del gioco.
La nostra isola è fra le quattro regioni a più alto sperpero
del reddito familiare sacrificato a
Gratta e Vinci, slotmachine e
videopoker.
La dipendenza da gioco,
ludopatia, assume le caratteristiche di una patologia che si
insinua all’interno della famiglia
come elemento dirompente di
disgregazione e porta spesso
alla separazione e allo sfascio.
IL malato di gioco è nella maggior parte dei casi un maschio
che si lascia invischiare nella
ripetitività compulsiva fino a
perdere cognizione del tempo e
della giornata, bruciata davanti
ad una slotmachine nella esasperata rincorsa di “allineamenti“ di numeri e segni vincenti,
nell’allucinazione da tintinnio di
monete che esaltano l’illusione
della vincita della vita. Purtroppo vittime del gioco d’azzardo
sono anche le donne, figure se
è possibile ancora più penose
e sconvolgenti nella caduta di
dignità che trasmettono, immobilizzate davanti ad un monitor,
imprigionate da un incantesimo
perverso che inebetisce.
Si tratta di una malattia vera
che ammorba l’anima e annebbia l’intelligenza e il sentimento,
inducendo all’esibizione, senza
pudore, della dipendenza da
una “droga pulita” che all’appa-
renza non compromette il fisico,
ma di fatto sottrae energia vitale e capacità di controllo degli
impulsi, inducendo uno stato di
perdita di sé e di schiavitù.
I SERD territoriali, Servizi
contro le dipendenze, nelle nostre province fanno un grande
lavoro di aiuto e di intervento
nella convinzione, maturata
attraverso l’esperienza, che
un’azione efficace di contrasto
sia la terapia di gruppo che ha
avuto risultati eccellenti in molti
casi: il 90% delle persone che
hanno seguito correttamente
questa modalità terapeutica riesce a liberarsi dalla dipendenza
e il restante 10%, pur se non
lascia del tutto, passa ad una
condizione di minor coinvolgimento.
Fondamentale è la prevenzione che gli stessi SERD adottano come pratica di intervento,
ricorrendo a psicologi assistenti
sociali e psichiatri che fanno
opera di informazione incontrando gli adolescenti, considerata categoria a rischio. Si rivelano utili i tentativi di parlare del
fenomeno nelle scuole e ai giovani, per esempio con rappresentazioni, come fa il Teatro del
Segno all’interno di un progetto
condiviso da enti e associazioni.
L’altro fronte per arginare il fenomeno è la pressione
dell’opinione pubblica perché
sia fermata l’aggressione di
una pubblicità irresponsabile.
Grave è che a lucrare sulle miserie della dipendenza da gioco
d’azzardo sia lo Stato, che ne è
il principale promotore e destinatario dei guadagni. Qualcosa
si muove con la dissuasione e
il disincentivo a frequentare gli
esercizi commercial in cui si gioca. Evidentemente non basta.
In preparazione alla memoria liturgica/3
“NON MERITO CHE DIO MI FACCIA TANTA GRAZIA”
P
adre Francesco Zirano,
ormai prigioniero, trascorre così venti giorni nel
carcere del palazzo del
pascià Soleimàn, nativo di Catania, che ha rinnegato la fede cristiana, ha fatto fortuna come maomettano e ora specula sul frate.
Assegnandogli come prezzo di
riscatto l’enorme cifra di 3.000 ducati d’oro – equivalenti 17 volte al
riscatto chiesto per fra Francesco
Serra – egli fa capire ai giannizzeri che non gli interessa la morte
del frate bensì il suo valore venale. I giannizzeri, invece, per l’odio
verso i cristiani loro nemici ne vogliono la testa a tutti i costi.
Al cugino Francesco Serra, ancora schiavo, che venerdì 17 gennaio riesce a visitarlo in carcere
dicendogli che vogliono bruciarlo
vivo, p. Zirano risponde umilmente: Non merito che Dio mi faccia
tanta grazia. Piaccia alla Maestà
divina che io mi veda bruciato
come cristiano. Alla notizia datagli una settimana dopo dal cugino
nuovamente in visita che “senza
dubbio domani sarai condannato
a morte”, il beato replica: Piaccia
a Dio che con la mia morte i rinnegati riconoscano quanto male han
fatto rinnegando la fede in mezzo
a questi infedeli. Il beato appare
così meno preoccupato per la sua
vita e più per il ritorno a Dio dei
cristiani apostati.
Di fatto, l’indomani 25 gennaio
1603, il Diwàn o Gran Consiglio
della città, formato da circa 500800 capi giannizzeri, impone al
pascià la propria decisione di voler morto il frate prigioniero. Motivi della condanna: è spia dei re
di Cuco e di Spagna; ha sottratto
alla città quattro schiavi. Ma quando comunicano all’interessato la
sentenza comportante l’essere
scuoiato vivo e che la sua pelle,
riempita di paglia, venga poi apposta alla porta più frequentata
della città, detta Bab-azoun (“porta bella”), egli non si abbatte, anzi
ringrazia Dio per averlo “scelto”
pur se “indegno servo”. Gli uscie-
ri-boia, invece, sorpresi da tale
atteggiamento gli propongono:
“Frate, se accetti di farti turco, non
ti recheremo alcun danno, ma ti
lasceremo libero”.
Il suo no deciso, che lo porta
subito ad esser trascinato verso il
supplizio con catena al collo lungo
l’ampia via del mercato, lo rende
ora spettacolo per la numerosa
folla accorsa, che lo maltratta con
spintoni, sputi e schiaffi. Ma il suo
procedere assorto in preghiera
induce qualcuno a rinnovargli la
proposta di convertirsi all’islam
per aver salva la vita. La sua risposta, oltre che netta, è ora più
chiara: proclama che solo la fede
cristiana porta salvezza, per cui,
nato in essa, vi vuole pure morire.
Ultima analoga proposta gli
viene fatta da un rinnegato greco
quando, fuori porta Babason, è
ormai collocato nudo in un fosso
di mezzo metro e legato con le
mani a due pali sì da apparire un
crocifisso. Il suo ulteriore deciso
diniego fissa ora per sempre i due
aneliti fondamentali della sua vita:
Io sono cristiano e religioso del
mio Padre san Francesco e come
tale voglio morire; e supplico Dio
che vi illumini perché lo abbiate
a conoscere. Ai quattro carnefici
non resta che procedere: lo spellano mentre lui riprende a pregare, invocando per aiuto Cristo,
Maria e i santi, fra cui san Paolo
apostolo di cui la Chiesa celebra
quel giorno la festa della conversione. Ma mentre gli strappano
l’ultimo lembo di pelle, quello ombelicale, muore con in bocca le
parole di Gesù in croce: Nelle tue
mani, Signore, affido il mio spirito.
fra Umberto Zucca
vicepostulatore
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Politica&Società
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
Sindaci schierati
IN BREVE
LICEO MARCONI / L’Università degli
Studi di Sassari interviene a sostegno
del Liceo Scientifico “Guglielmo Marconi” offrendo spazi idonei a garantire la
continuità dell’attività didattica. L’istituto cittadino di via Solari, come è noto,
da sabato scorso è del tutto inagibile, a
causa del cedimento del controsoffitto.
L’Ateneo è in contatto con la direzione
dell’Istituto e ha già stabilito di destinare per lo svolgimento delle lezioni
scolastiche alcune aule del polo didattico di via Vienna e dei Dipartimenti di
Giurisprudenza e Scienze economiche
aziendali in viale Mancini e via Muroni.
L’Università degli Studi di Sassari, ancor più in un momento difficile come
questo, si sente in dovere di fare la propria parte a servizio delle istituzioni del
territorio e del mondo della scuola in
particolare. Le aule saranno disponibili immediatamente a partire da questa
settimana.
ARCHEOLOGIA / Gli scavi di Monte
Prama saranno al centro di una giornata di studi in programma a Roma,
all’Accademia Nazionale dei Lincei a
palazzo Corsini, mercoledì 21 gennaio dalle 9.30. L’evento, organizzato
dall’Università degli Studi di Sassari e
dall’Accademia nel quadro della convenzione con la Fondazione Balzan,
prenderà in esame “I riti della morte
e del culto di Monte Prama - Cabras”.
L’obiettivo della manifestazione, proposta dall’accademico dei Lincei Mario
Torelli, è quello di presentare i risultati della ricerca “Archeologia di Monte
Prama” sviluppata nel corso dell’anno
2014. La ricerca è diretta dalla Soprintendenza per i beni archeologici di
Cagliari e Oristano (Alessandro Usai,
Emerenziana Usai), dall’Università di
Sassari (Paolo Bernardini, Pier Giorgio
Spanu e Raimondo Zucca) e dall’Ateneo cagliaritano (Gaetano Ranieri).
VITALIZI / Il presidente del Consiglio
regionale della Sardegna, Gianfranco
Ganau interviene in merito alla proposta di legge sui vitalizi che a breve verrà istruita in prima commissione.
“Il testo all’esame - chiarisce ancora
una volta il presidente Ganau – non
è altro che la sintesi “perfetta” delle
posizioni emerse in conferenza di capigruppo e nell’Ufficio di Presidenza,
così come ampiamente “manifestato”
dalle diverse anime politiche presenti
in Consiglio”.
Il presidente, su mandato dei capigruppo, si è limitato a svolgere questo compito. “Il risultato è sicuramente una proposta di legge più restrittiva - aggiunge
Ganau - rispetto alle indicazioni date
durante i lavori della Conferenza dei
presidenti delle assemblee legislative
delle regioni e delle province autonome
che indicato i capisaldi per intervenire
su un tema così complesso, riducendo
i rischi di successo di eventuali ricorsi”.
“Ricordo infine - conclude il presidente
del Consiglio - che i vitalizi sono stati
aboliti a partire da questa legislatura, la
quale come è noto ha inoltre provveduto con apposita delibera dell’Ufficio
di Presidenza a bloccare l’incremento
ISTAT di quelli attualmente in erogazione”.
GUAI A CHI TOCCA
IL FONDO UNICO
“N
oi siamo pacifisti. Non ci piace
il conflitto e siamo per la collaborazione istituzionale. Ma
se qualcuno ci tocca il Fondo
unico, come dice Papa Francesco, gli diamo un pugno”.
L’assemblea dell’Anci che si
è svolta nei giorni scorsi ad
Abbasanta ha espresso senza
troppi giri di parole la preoccupazione dei sindaci che si
trovano a dover gestire bilanci
sempre più magri. Sono stati
in 250 (su 350 iscritti) quelli
che si sono ritrovati all’assemblea generale convocata da
Anci e Cal, il Consiglio delle
autonomie locali, e tutti hanno
chiesto all’unanimità la modifica di alcuni punti della Legge Finanziaria e la correzione
della riforma sugli Enti locali.
I sindaci sono compatti più
che mai: le differenze di colore
politico tra un primo cittadino
e l’altro non sembrano influire più di tanto quando si tratta
di garantire servizi e far qua-
drare i conti. Per prima cosa
chiedono lo stralcio dell’articolo 5, quello che assegna
all’Agenzia regionale Area (ex
Iacp) le funzioni di studio, progettazione e attuazione delle
opere pubbliche. I primi cittadini vogliono che questo punto
sia affrontato con una legge ad
hoc. Ma non solo. Il comma 2
dello stesso articolo prevede,
una volta assegnati ad Area i
nuovi poteri, l’attivazione di un
fondo unico per infrastrutture e
opere di interesse locale. Per
i sindaci la responsabilità del
Fondo deve essere assegnata
ai Comuni e non eventualmente alla Regione.
La richiesta di concertazione avanzata dai sindaci si
estende pure ai fondi europei,
per i quali l’Anci sollecita alla
Regione “chiarezza sulla programmazione”, ha detto ad Abbasanta il presidente dell’Anci
Pier Sandro Scano. “È necessario – ha aggiunto – sapere
quale sia con esattezza la direzione dello sviluppo voluta
Bonorva
SOLIDARIETÀ AL SINDACO
U
na lettera con polvere sospetta è
stata recapitata nei
giorni scorsi al sindaco di Bonorva Giammario Senes. Il primo cittadino
ha subito portato la busta,
senza mittente e affrancata
a Cagliari, al comando della
compagnia dei carabinieri.
La missiva non conteneva
alcuna minaccia. I militari
stanno effettuando accertamenti per far luce sull’episodio ma sembra prevalere
l’ipotesi del gesto di un mitomane. Immediata la solidarietà del mondo politico
regionale.
“A nome del Partito democratico della Sardegna
e mio personale esprimo
solidarietà al sindaco Giammario Senes e ai componenti della giunta comunale
di Bonorva per l’inquietante
gesto intimidatorio di cui
sono stati oggetto”, ha affermato in una nota il segretario regionale del Pd Renato
Soru. “Nessun malessere,
nessuna divergenza possono giustificare atti ignobili
come quello di cui sono stati
vittime il sindaco Senes e
la sua giunta. Ci auguriamo
che su questo episodio sia
fatta luce al più presto”, ha
concluso Soru. Anche il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau ha
espresso vicinanza al sindaco di Bonorva. “Quanto è
accaduto è un atto ignobile
e vile che va condannato
con forza”, dichiara Ganau.
“L’auspicio è che vengano al più presto individuati
i responsabili. Nessun atto
intimidatorio potrà condizionare l’operato degli amministratori locali. Il Consiglio
regionale è pronto a fare la
sua parte sempre al fianco
dei sindaci e dei rappresentanti locali”.
(m.sp)
dalla Giunta”. La relazione,
approvata all’unanimità, tocca
anche il fronte del definanziamento, altro terreno di scontro
tra Anci e Regione. Tutto ruota intorno all’assestamento di
bilancio col quale il 24 ottobre
scorso, attraverso la legge 19,
sono state cancellate le risorse ai Comuni che in quella
data con avevano appaltato
le opere. Nella stessa norma
è previsto un fondo di recupero, ma l’Anci lo considera “una
risposta non adeguata per ragioni di principio e di merito”.
Su questo tema ad Abbasanta
sono intervenuti molti sindaci
che hanno elencato diverse
infrastrutture locali finite in
soffitta: secondo le stime dei
primi cittadini ci sono oltre 100
milioni di lavori bloccati. Per
questo motivo le fasce tricolori
della Sardegna vogliono che
in Finanziaria venga inserita la
modifica della legge 19.
All’assemblea di Abbasanta, come unico esponente
dell’esecutivo, ha partecipato
Cristiano Erriu, l’assessore
degli Enti locali che è stato il
predecessore di Scano. L’assessore ha già fatto sapere
che accoglierà la proposta sui
sub-ambiti e sulle convenzioni all’interno nelle Unioni dei
Comuni, questo su base volontaria e senza il vincolo dei
10mila abitanti o del numero
minimo di quattro amministrazioni, come scritto nello stesso
disegno di legge della Giunta.
Michele Spanu
Sanità
DEFINITO
IL TETTO DI SPESA
PER LE CASE DI CURA
L
a sanità privata accreditata non potrà
costare alle casse regionali più di
99.286.800 euro quest’anno, lo stesso tetto di spesa
complessivo deliberato per
il 2014.
La ripartizione, decisa
dalla Giunta Pigliaru con una
delibera approvata a fine dicembre che ha parzialmente modificato i criteri, si basa
per il 95% sull’importo storico assegnato a ciascuna
struttura accreditata e per il
5% sul parametro della qualità organizzativa.
Il provvedimento, inoltre,
rinvia a una decisione successiva il tetto di spesa per
il futuro “Mater Olbia”, l’ex
ospedale San Raffaele. Per
le sette cliniche private accreditate della Asl 8 di Cagliari sono previsti nel complesso 75.117.959 euro. A
Sassari, per il Policlinico
Sassarese la Asl avrà a disposizione un massimo di
8.956.766 euro.
(m.sp)
Territorio
a cura di Antonio Brundu
Crolla il soffitto, lezioni nuovamente sospese
PAURA AL MARCONI
L
a pioggia ha allagato la
sala computer, i calcinacci hanno invaso i corridoi,
i laboratori, qualche aula.
Il crollo di una parte del controsoffitto, al liceo scientifico Marconi di Sassari, avrebbe potuto
causare danni più importanti,
soprattutto alle persone, se si
fosse verificato durante l’orario
di lezione. Per fortuna, il cedimento è avvenuto venerdì notte
e gli 860 studenti, sabato mattina, sono tornati a casa. La loro
scuola, nel quartiere del Latte
Dolce, ha subito danni importanti e resterà inagibile ancora
per diverso tempo, stando ai
primi accertamenti dei vigili del
fuoco.
Lezioni sospese sino a data
da stabilirsi, hanno fatto sapere
anche sul sito dalla scuola. Alla
riapertura dell’edificio, sono stati i collaboratori scolastici a rendersi conto di quanto accaduto
e fermare i ragazzi prima dell’in-
gresso in aula. Il controsoffitto
in cartongesso è crollato in più
parti, insieme ai calcinacci e alle
gocce d’acqua che hanno continuato a cadere su banchi e sedie. Il cedimento ha interessato
tutta la scuola, raggiungendo
laboratori, aule e soprattutto la
sala computer, dove sono presenti attrezzature di valore. Immediato l’intervento dei vigili del
fuoco che, dopo il sopralluogo,
hanno dichiarato inagibile l’intero complesso scolastico.
Le infiltrazioni potrebbero
aver danneggiato le strutture
portanti del caseggiato, interessato da lavori di manutenzione
e impermeabilizzazione del tetto. Un intervento cominciato in
estate e ancora non completato. L’arrivo delle piogge ha fatto
il resto.
“L’impresa è a lavoro per
questo – ha detto la dirigente
scolastica Angela Fadda – ma
per poter realizzare la copertu-
I lavoratori scendono da S.Pantaleo
FINISCE LA PROTESTA
C’
è una nuova piccola speranza nella vertenza della
Romangia Servizi, dopo l’incontro dei giorni
scorsi tra il Comune di Sorso,
azienda e sindacati. La scorsa settimana, dopo sei giorni
di protesta sul tetto del Duomo di San Pantaleo, i quattro
lavoratori sono tornati a terra.
Sospensione
momentanea
perché, in ogni caso, nessuno
dei 40 padri di famiglia senza
lavoro ha intenzione di mollare
la presa.
“La vertenza si sposterà
verso il Consiglio comunale –
ha spiegato Antonio Sechi, rsa
Ugl – sino a quando non ci sa-
ranno risposte positive, attese
già nell’incontro di mercoledì
prossimo in Regione”.
Un segnale di apertura,
dunque, in attesa di confrontarsi con gli assessori regionali
al lavoro, enti locali e programmazione. Per salvare la partecipata del Comune di Sorso e
garantire stabilità ai 40 operai,
servirà almeno un milione e
200 mila euro all’anno, nonostante i tagli dello Stato ai comuni, a Sorso circa 3 milioni di
euro.
“L’attenzione resterà alta
come la mobilitazione – ha aggiunto Simone Testoni dell’Ugl
– sino a che non avremo risposte”.
ra ha dovuto fare una serie di
fori. Il tetto colabrodo non ha
retto alle prime piogge di venerdì notte che, tra l’altro, erano
state anche previste”. Tragedia scampata mentre, in questi
giorni, è in corso la battaglia
della preside, docenti e alunni,
alla ricerca di una struttura di
riserva. Il Marconi di via Solari,
nel quartiere del Latte Dolce, è
una delle scuole più numerose
di Sassari con 860 studenti, tutti da sistemare in altre strutture
per evitare la perdita delle lezioni.
Parto trigemellare a Sassari
TRIPLO FIOCCO ROSA
T
re fiocchi rosa in un
colpo solo hanno riempito di gioia una famiglia di Sassari. Parto
trigemellare nei giorni scorsi
per Letizia Usai che, nel reparto di Ginecologia dell’Azienda
ospedaliero universitaria, ha
dato alla luce Sophia, Alessia
e Sara Congiu.
Grande festa per papà
Dario e il figlio più grande,
Emanuele, 4 anni, mista a
preoccupazione per le tre
piccole che, tutte sotto i due
chili, sono state trasferite nelle incubatrici. Evento storico
anche per la città, sottolineato
dalla vicinanza del presidente
del Consiglio comunale, Antonio Piu: “Ho partecipato alla
festa della famiglia – ha detto
Piu – assicurando la vicinanza del Comune”.
Il parto, con taglio cesareo, è stato eseguito dai medici Giampiero Capobianco,
Luisa Iervolino e Matteo Busacca, insieme all’infermiera
Annamaria Mura. Professionisti che hanno assicurato assistenza e vicinanza, fisica e
morale, alla famiglia delle tre
nuove arrivate. “Vorrei ringraziare tutta l’equipe – ha raccontato mamma Letizia – per
averci seguito in questi mesi.
“Desideravamo un fratellino a Emanuele e invece avrà
tre sorelline”. Le bimbe torneranno a casa tra qualche
giorno.
5
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
Emergenza acqua
Cuccureddu: “Mai successo in Italia”
CASTELSARDO
SENZA MINORANZA
L’
A
veva auto-denunciato
le irregolarità della
sua stessa lista, sconfitta alle comunali del
maggio scorso a Castelsardo,
chiedendo l’annullamento delle elezioni e il voto anticipato.
E invece ha ottenuto la decadenza della sua minoranza: i
cinque consiglieri della lista di
Matteo Santoni, eletti con vizi
di forma insanabili, saranno sostituiti con i primi dei non eletti
della maggioranza.
Lo ha deciso nei giorni scorsi il Tar Sardegna e il sindaco,
Franco Cuccureddu, continuerà a governare Castelsardo
senza il controllo dell’opposizioni. “Credo non sia mai successo in Italia – ha commentato il primo cittadino – che un
rappresentante della propria
lista faccia un ricorso al Tar ed
ottenga l’esclusione dal Consiglio dei suoi stessi consiglieri”.
La storia era cominciata nel
mese di giugno, all’indomani
della tornata elettorale. Antonio Giuseppe Capula aveva
presentato ricorso per le irregolarità della lista Castelsardo
3.0, legate alla mancanza di
alcuni documenti personali dei
candidati, come i certificati di
iscrizioni alle liste elettorali. Secondo Capula, rappresentante
di lista di Santoni, il gruppo non
avrebbe dovuto partecipare
alle elezioni così come successo alla terza lista, Nuovi orizzonti per Castelsardo, guidata
da Piero Sanna ed esclusa anzitempo dalla competizione. La
richiesta: l’annullamento delle
elezioni. E invece, la beffa: il
Tar ha convalidato la consultazione e disposto l’uscita dal
Consiglio dei cinque eletti della lista incriminata. Esperienza
amministrativa finita dunque
per Matteo Santoni, ex sindaco, Maria Assunta Palmas, Roberto Fiori, Loredana Bianco e
Daniele Gazzano.
ALLARME SICCITÀ
NEL NORD OVEST
emergenza acqua non
è più solo quella dei
rubinetti. A guardare
i bacini della Nurra,
sarà un anno drammatico per
l’agricoltura del Nord Sardegna.
A far paura sono proprio i
numeri resi noti da Coldiretti:
l’invaso del Cuga contiene 11
milioni di metri cubi d’acqua
a fronte di una capacità di 26
milioni, nel Temo 33 milioni su
78, nel Coghinas 105 su 223 e
infine, nel Liscia, 50 su 100 milioni. “Record storico negativo”
secondo Coldiretti che metterà
a rischio buona parte dei raccolti. “Non si possono programmare le colture – ha spiegato il
presidente Battista Cualbu – se
non sappiamo quanta acqua
possiamo avere a disposizione”.
I numeri sono relativi alle rilevazioni dello scorso novembre. Oltre alla siccità, anche il
problema della mancata programmazione e l’assenza di
collegamenti tra i diversi bacini
e l’utilizzo di grandi pozzi. “La
Regione – ha aggiunto Cualbu
- non ha ancora istituito il tavolo
di confronto con le associazioni
di categoria e anche le previsioni del tempo non danno segnali incoraggianti.
Se non ci sarà un confronto – ha aggiunto - rischieremo
di non poter irrigare i campi e
di non avere abbastanza acqua per soddisfare il fabbisogno dei cittadini”. Il
vertice in Regione
sarà necessario anche per affrontare il
problema dei costi.
Secondo Coldiretti,
con le tariffe attuali,
è impossibile fare
agricoltura moderna. Il mondo delle
campagne del Nord
Ovest dell’Isola sta
vivendo, ancora, un
dramma profondo.
A Ittiri e Ossi
ALTRE DUE VITE SPEZZATE
D
ue vite spezzate a pochi chilometri e a poche
ore di distanza, l’una
dall’altra. Con la stessa
tragica scelta: mettere fine alla
propria esistenza, rifiutare la vita
con un gesto drammatico quanto doloroso, soprattutto per chi
resta. Giuseppe Canu di Ossi e
Giovanni Antonio Carta di Ittiri
sono arrivati nei giorni scorsi al
tragico epilogo al quale, probabilmente, hanno pensato e ripensato più volte.
Un gesto impossibile da capire, difficile persino da raccontare.
Non c’è notizia, infatti, neppure
CAMPAGNA
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2015
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per un giornale o un giornalista: il
suicidio è sempre una decisione
personale, certamente estrema
ma, non per questo, fenomeno
da “sbattere” sulle prime pagine.
È una scelta maturata nell’intimo
dei due giovani, dovuta a situazioni non precisate.
Potremo pensare ad eventuali difficoltà economiche? Delusioni d’amore o amicizie finite?
Stanchezza di vivere generale?
Domande che resteranno senza
risposta, così come resterà muta
la richiesta dei familiari delle due
vittime che, da giorni, continuano
a chiedersi il perché di tutto que-
sto. Non ci sarà, purtroppo, nessun perché. Nel silenzio e nella
preghiera, anche la Redazione di
Libertà si è limitata e si limiterà a
queste poche righe, nel rispetto
dei due ragazzi e delle loro famiglie. Nel silenzio, con modalità
differenti, Giuseppe e Giovanni
Antonio hanno “rifiutato” il dono
della Vita forse, per loro, troppo
grande da sopportare. Senza
voler entrare necessariamente
in concezioni teologiche o filosofiche, viviamo da cristiani nella
certezza dell’infinita misericordia
di Dio.
(a.br.)
Potete effettuare il vostro Oppure attivate il vostro
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Magistero del Papa
INTERVENTI DI FRANCESCO
GIUSTIZIA SOCIALE
E DIGNITÀ UMANA
Indispensabile per la realizzazione di questi obiettivi nazionali è l’imperativo morale di
assicurare la giustizia sociale
e il rispetto della dignità umana. La grande tradizione biblica prescrive per tutti i popoli il
dovere di ascoltare la voce dei
poveri e di spezzare le catene
dell’ingiustizia e dell’oppressione, che danno origine a palesi
e scandalose disuguaglianze
sociali. La riforma delle strutture
sociali che perpetuano la povertà e l’esclusione dei poveri, prima di tutto richiede una conversione della mente e del cuore.
I Vescovi delle Filippine hanno
chiesto che quest’anno sia proclamato “Anno dei Poveri”. Spero che questa profetica istanza
determini in ciascuno, a tutti i livelli della società, il fermo rifiuto
di ogni forma di corruzione che
distolga risorse dai poveri. Possa essa ispirare la volontà di
uno sforzo concertato per includere ogni uomo, donna e bambino nella vita della comunità.
(Incontro con le Autorità e il
corpo diplomatico, Manila, 16
gennaio 2015)
IL RIPOSO DI GIUSEPPE
Le Scritture parlano poco di san
Giuseppe e, là dove lo fanno,
spesso lo troviamo mentre riposa, con un angelo che in sogno
gli rivela la volontà di Dio. Nel
brano evangelico che abbiamo
appena ascoltato, troviamo Giuseppe che riposa non una, ma
due volte. Questa sera vorrei
riposare nel Signore con tutti
voi. Ho bisogno di riposare nel
Signore con le famiglie, e ricordare la mia famiglia: mio padre,
mia madre, mio nonno, mia nonna… Oggi io riposo con voi e
vorrei riflettere con voi sul dono
della famiglia. (Discorso alle
famiglie al Mall of Asia Arena,
Manila 16 gennaio 2015)
QUEL DOLORE CHE ACCECA
Molti di voi hanno sofferto tanto, non solo per la distruzione
causata dall’uragano, ma per
la perdita di familiari e amici.
Oggi affidiamo alla misericordia di Dio quanti sono morti, e
invochiamo la sua consolazione e la sua pace su coloro che
ancora piangono. Ricordiamo
in modo speciale coloro a cui
il dolore rende difficile vedere
il modo di andare avanti. Allo
stesso tempo, ringraziamo il
Signore per quanti hanno faticato in questi mesi per portare via le macerie, per visitare i
malati e i morenti, per confortare i sofferenti e per seppellire i
morti. La loro bontà ed il generoso aiuto giunto da moltissime
persone di tutto il mondo sono
un segno reale che Dio non
ci abbandona mai! (Incontro
con i superstiti del tifone Yolanda, Cattedrale di Palo, 17
gennaio 2015)
L’Approfondimento
IL CORAGGIO DI PIANGERE
Gesù nel Vangelo ha pianto,
ha pianto per l’amico morto. Ha
pianto nel suo cuore per quella famiglia che aveva perso la
figlia. Ha pianto nel suo cuore
quando ha visto quella povera
madre vedova che portava al
cimitero suo figlio. Si è commosso e ha pianto nel suo cuore quando ha visto la folla come
pecore senza pastore. Se voi
non imparate a piangere non
siete buoni cristiani. E questa
è una sfida. Jun ci ha lanciato
questa sfida. E quando ci fanno
la domanda: perché i bambini
soffrono? Perché succede questo o quest’altro di tragico nella
vita? Che la nostra risposta sia
il silenzio o la parola che nasce
dalle lacrime. Siate coraggiosi,
non abbiate paura di piangere!
(Incontro con i giovani, Manila, 18 gennaio 2015)
di Francesco Marruncheddu
SCHERZA COI FANTI E LASCIA STARE I SANTI
S
i alla libertà di parola
e di pensiero si. No al
terrorismo, nel modo
più assoluto. Ma no
anche alla presa in giro e al
vilipendio di ogni Religione e
di ogni credo e cultura, sia la
fede Cristiana, quella Musulmana o Induista e qualunque
altra. Papa Francesco durante
la conferenza stampa sul volo
papale per le Filippine con
poche sagge parole ha inquadrato il problema che sta alla
base dei drammatici giorni di
sangue parigini. Il terrorismo,
la morte, nemmeno a dirlo,
sono da condannare senza remore e senza se e ma, i terroristi, specie se in nome di una
fede o di una religione, sono
assassini da combattere senza sosta e da fermare. Non si
uccide in nome di Dio, come ci
ricorda il Papa.
Ma in quella parola di Bergoglio in aereo c’è tutto il sunto del rispetto dovuto ad ogni
confessione religiosa: “non
si può reagire violentemente, ma se il dr. Gasbarri, mio
grande amico, dice una parolaccia contro la mia
mamma, gli parte
un pugno, è normale”, come dire: “non
andare a cercartela,
non provocare su
campi sensibili e delicati”.
Su una mamma,
su ciò che hai di più
caro, non si scherza, non si fa ironia.
E così sulla religione. Quasi un ribadire l’antico adagio:
“scherza coi fanti ma lascia
stare i Santi”, perchè se poi
provochi sai bene cosa ti può
capitare. Certe cose scattano da sè. Basterebbe il buon
senso, più semplicemente: il
rispetto e la prudenza, ai quali
ci richiama Francesco. Dovuto
ai Musulmani se si parla del
profeta Maometto, dovuto a
noi Cristiani quando si parla di
Dio, della Trinità Santissima,
della Madonna.
Certe vignette di Charlie
Hebdo, spiace constatarlo,
sono delle vere e proprie bestemmie. Sì alla laica libertà di
espressione, che va garantita,
ma fino a quando non offende.
La libertà non può prescindere dal rispetto. Esiste infatti
anche la libertà di Credo e di
Culto, e questa libertà viene
offesa.
La stampa, la satira, hanno
piena libertà fino a dove non
offendono. Vedere vignette
volgari, offensive su Gesù o
sulla Madonna o sul Papa,
non può farci piacere, anzi,
ci offende e ci addolora. Nel
mondo non sono tutti miti Cristiani, ed esistono purtroppo
gli estremisti. Sbagliano gravemente, e diventano orribili
assassini, ma Papa Francesco, dopo la giusta condanna,
dà una spallata al “buonismo”
e ci ricorda: se provochi te la
stai cercando e ti tieni quello
che la provocazione ha fomentato. Come un pugno, se
tocchi la mamma, la figura più
sacra. Il Papa, da par suo, non
ci sta all’ipocrisia buonista e
farisaica, e dice esattamente
come va, piaccia o no: se tocchi ciò che uno ha di più sacro
(la mamma, e dunque Dio),
poi è chiaro che inneschi una
reazione che devi aspettarti. Il
Papa, da pastore che non la
manda a dire, ci ricorda il rispetto e la prudenza e che la
libertà di religione e la libertà
di espressione sono tutti e due
diritti umani fondamentali, che
devono coesistere con rispetto. Lascia stare “i santi”, siano
cristiani, siano musulmani. E
porta rispetto. Con Dio e con
le mamme non si gioca.
7
8
La seconda Visita pastorale di Mons. Atzei
SCHEDA
Abitanti: 597
Nuclei familiari: 295
Ultimi amministratori
parrocchiali:
Padre Luciano Pusceddu
(2005 – 2007)
Don Tonino Canu
(2007 – 2008)
Don Luca Collu
(2008 – 2009)
Don Paolo Tirotto
(2009 – 2014)
Don Gian Paolo Sini
(2014 – …)
Organismi:
Consulta Pastorale (assente)
Cons. Affari Economici (assente)
Gruppi e collaboratori:
Gruppo Ministranti
Volontariato Vicenziano
Gruppo decoro della chiesa
Comitati: S. Lorenzo,
Madonna di Cea,
S. Michele, S. Antonio di Padova
SALUTO DEL PARROCO
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
QUEI BANCHI OCCUPATI DAGLI UOMINI
E chi l’avrebbe mai detto? A Banari, nelle domeniche e festività, i banchi della parrocchiale
San Lorenzo occupati dagli uomini attestano la loro fede e rimandano alla ragione che, nel
tempo, ha motivato la loro partecipazione alla liturgia. Banari non è un’eccezione nel contesto delle comunità cristiane dell’Isola, piuttosto, entra nel novero delle non molte altre che
registrano un tale rilievo, ossia la presenza significativa della componente maschile.
Per esempio, pensando alla comunità d’origine della mia famiglia, non ho dubbi nell’affermare che la presenza degli uomini era dovuta, oltre che alla grazia della fede, all’attenzione
educativa che l’anziano parroco riservava a loro: si intratteneva nel piazzale per ricordare
aneddoti del passato, per discutere dei problemi delle famiglie, del lavoro nei campi, di questioni politiche, argomenti ripresi negli incontri di catechesi per gli adulti, uomini e donne, distintamente, nel pomeriggio di ogni domenica, e che si concludevano con la benedizione eucaristica. Anche se, devo aggiungere, non tutti gli uomini entravano all’inizio della Messa, ma
“a predica ultimata”, come si allora diceva. Siamo agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso.
Nel ministero di predicazione, svolto in non poche parrocchie dell’Isola, ho potuto rilevare
una varia presenza maschile: si va gradatamente dalle poche unità fino a una partecipazione che, in alcune comunità, è quasi pari a quella delle donne. Ho chiesto a qualche anziano
sacerdote quale fosse la ragione di una tale diversità. Mi è stato spiegato che dipende dalla
formazione iniziale ricevuta (o non ricevuta) in continuità e che negli anni è stata così ben
assimilata (o meno) da dare come frutto una maggiore (o minore, o addirittura talvolta quasi
nulla) partecipazione. E sappiamo quanto sia difficile scalfire scelte, in un senso o nell’altro,
che le convinzioni personali e i comportamenti comunitari hanno come codificato. Anche a
Banari.
Con buona pace dei luoghi comuni sulla prassi di fede dei nostri uomini. E con tutta l’attualità
e l’urgenza dell’invito ad ogni comunità (famiglie, sacerdoti, catechisti e operatori pastorali),
perché non smetta di evangelizzare ogni persona e tutta la persona, in ogni fase e situazione
esistenziale. In tal modo la cosiddetta nuova evangelizzazione e relativi frutti coincidono con
la migliore tradizione del recente e più lontano passato.
Eccellenza reverendissima,
è sempre motivo di gioia per una comunità parrocchiale la presenza del
Pastore. In questi mesi, le occasioni
sono state varie (le Cresime, il 90°
di don Piero Sanna), avvenimenti
sempre lieti, ma la Visita Pastorale è
percepita come evento fondamentale per i fedeli che vedono nell’Arcivescovo, successore degli Apostoli, la
presenza di Cristo e della Sua Chiesa, venuto per confortare, rianimare,
accompagnare nella fede la porzione
di popolo che è Banari. Piccola comunità, nevvero, ma tuttavia bisognosa di attenzioni come ogni comunità parrocchiale che ha già visitato,
ma con delle caratteristiche originali
sue proprie che fanno di questa piccola porzione del popolo santo di Dio
unica del suo genere. L’età media da
queste parti è molto alta e la frequenza ai sacramenti è molto bassa, ma,
in occasioni di festa e divertimento si
è ben visto che qui, mutuando una
frase di un film recente, “non è un paese per vecchi”! Il paese si muove, si
vede il fermento l’ingegno che gli abitanti di Banari profondono nel voler
vedere i loro sforzi ben ripagati nella
buona riuscita degli eventi e tutte le
varie fasce d’età si sentono coinvolte; al contrario difficilmente si vede lo
stesso impegno e passione per quanto riguarda il vivere e testimoniare la
fede ricevuta. Confido e prego possa
accadere la medesima cosa nell’essere e sentirsi veri cristiani, ancor più
mediante la visita del nostro pastore. La preghiera continua al Signore
per loro è sempre la medesima: “che
nessuno si perda di quelli che mi hai
dato”: sono certo che le nostre preghiere non rimarranno inascoltate.
Ringraziando ancora il Signore per la
sua presenza in mezzo a noi, desideriamo con tutto il cuore che la Visita Pastorale porti frutti abbondanti
di fede, ritrovata e rinnovata, graditi
a Dio e efficaci per tutti gli abitanti di
questo piccolo paese di Banari.
ANTEFATTI
E APERTURA
DELLA VISITA
Antefatti della Visita sono stati due momenti che l’hanno
preceduta: l’amministrazione delle Cresime (5 ottobre
2014) e il 90° compleanno di
don Piero Sanna, banarese,
parroco emerito di Bessude
(11 novembre 2014). A questi
“avvenimenti lieti” accennava
l’amministratore
parrocchiale, domenica 7 dicembre, nel
saluto di apertura della Visita.
Egli, don Gian Paolo Sini,
auspicava che i banaresi delle “varie fasce di età” mostrino
“lo stesso impegno e la stessa
passione nell’essere veri cristiani”, come per “la buona riuscita degli altri eventi civili” nei
quali tutti si sentano coinvolti.
Nell’omelia, padre Paolo,
dopo aver ringraziato per le
parole di affetto sincero e di
stima, riprende il tema della 2°
domenica di Avvento che è
andare incontro al Signore.
La sua prima venuta nella carne umana e ultima nella gloria
sono rese attuali in ogni celebrazione eucaristica: il primo
momento apre all’attesa del
secondo. L’attesa è confortata dal ricordo delle liberazioni
operate dal Signore a beneficio
del suo popolo. Giovanni Battista annuncia imminente la
venuta del Messia. L’apostolo Pietro esorta ad impiegare
bene il tempo che il Signore
ci offre come opportunità di
salvezza. Per l’evangelista
Marco il cammino al seguito
di Gesù è come un permanente apprendistato: si impara a
conoscere Gesù, stando con
Lui e facendo esperienza di
Lui. Ogni comunità cristiana
deve essere questa scuola:
cammino di libertà verso la patria, imparando i passi per raggiungerla, vivendo ogni tratto
come tempo della consolazione e della pazienza di Dio, con
gioia e speranza.
Al termine della Messa, il sindaco Gian Piero Cordedda,
ricordando le molte presenze dell’Arcivescovo a Banari,
in circostanze gioiose e tristi,
chiedeva che anche stavolta
egli non faccia mancare “una
parola di incoraggiamento
per tutti”.
Dopo aver offerto il quadro dei
dati, con una terza età (dai 60
anni) numericamente (224) più
prossima alla fascia anagrafi-
ca media (30-60: 260) più che
alla prima (0-30: appena 113!),
ricorda che “Chiesa e Comune sono veri baluardi delle
nostre realtà”. Banari, nonostante i piccoli numeri e il contesto economico sfavorevole,
fa di tutto per “non rassegnarsi
a questo lento declino”. E ciò,
grazie alla solidarietà, alla collaborazione, al fervore delle
iniziative. E grazie anche alla
nuova guida spirituale mandata a questa comunità.
L’INCONTRO
CON I MALATI
E CON DON PIERO
SANNA
Torniamo a Banari, a causa dei
molti impegni intercorsi (lunedì
8, solennità dell’Immacolata,
martedì 9 Conferenza Episcopale Sarda), mercoledì 10,
per la Visita di alcuni malati,
piccola rappresentanza degli
oltre trenta che don Gian Paolo incontra almeno una volta
al mese. Nell’insieme, i pochi visitati sono uno spaccato
dell’esistenza sofferente di una
parte della comunità. Ecco la
centenaria che continua a pre-
San Lorenzo Martire - Banari
A cura di P.P.
gare e ringraziare il Signore; il
marito e papà allettato, colpito
da ictus appena andato in pensione; la figlia, croce e delizia
di una mamma che per lei, ogni
giorno, continua a farsi in quattro con inesauribile pazienza e
tutto l’amore possibile. C’è, infine, don Piero Sanna che per
qualche tempo ha potuto dare
una mano per piccole collaborazioni ai parroci nei primi anni
di pensionamento, poi, venute
meno le forze, si è ritirato nella casa della sorella sposata.
Come avevamo promesso, ci
siamo fermati a pranzo con lui,
sereno, lucido, memore. Lo abbiamo ancora una volta benedetto, lodando e ringraziando il
Signore per lui e per tutti i sacerdoti malati.
LA MESSA
E LA VERIFICA
Alle 17,00, di fronte al gruppo di
fedeli che normalmente partecipano alla Messa feriale, e forse
quel giorno di Visita qualcuno
in più, l’Arcivescovo presiede
l’Eucaristia concelebrata da
don Gian Paolo. La liturgia di
questo mercoledì della seconda
settimana di Avvento è tutta centrata sul venire del Signore in
soccorso alla nostra stanchezza. Dio, grande e potente, creatore di ogni cosa e operatore
di prodigi, “non si affatica, né
si stanca”, ma “dà forza allo
stanco e moltiplica il vigore
allo spossato”. Fa piangere di
gioia il solo pensiero che il Creatore possa concentrare su di
me la sua azione provvidente,
la sua sollecitudine paterna e
da piccola creatura defettibile,
mi senta innalzato e reso forte
della di lui forza. Di più: conosce talmente bene la mia stanchezza che attraverso il Figlio
mi dice: “Venite a me, voi tutti
che siete affaticati e oppressi
e io vi ristorerò”. C’è quindi,
una fatica insopportabile, quasi
doppia, quando non capiamo il
perché della nostra condizione
e dalla quale continua a insistere il peso degli affanni quotidiani. E c’è una fatica motivata che
ci permette di non subire la vita,
ma di coglierne il segreto cristiano, per cui in Cristo “il giogo è
dolce e il carico leggero”. È
“l’amore di Dio che ci solleva” e rende tutto più leggero.
Introducendo la verifica, don
Gian Paolo, ringrazia ancora per la presenza del Pastore
della Chiesa turritana, e fa alcune considerazioni ribadendo
quanto anticipato all’inizio della
Visita, ossia che il breve tempo
di presenza non gli consente di
fare particolari rilievi, ma solo di
ascoltare.
Da qui:
- la non perfetta conoscenza
della comunità, pur di fronte a
una significativa serie di atti ministeriali svolti in questi mesi;
- i piccoli numeri e l’anagrafe
percentualmente alta della popolazione;
- la sensazione che la comunità, pur piccola, mostra di avere
grandi energie, ordinate a tante
belle iniziative;
- la coscienza e anche l’orgoglio
della propria identità cristiana e
civile;
- la visione della parrocchia come luogo comunitario
dell’esperienza di fede;
- l’allontanarsi dei giovani dalla
vita ecclesiale, quando cominciano a frequentare le scuole
superiori o a lavorare, lo sforzo
comune per aiutarli a essere fi-
duciosi verso il futuro.
Anche il Sindaco, invitato a intervenire, e qualche altra persona, sottolineano le difficoltà
del rapporto con i giovani, lo
spopolamento del territorio
e la crisi socio-economico, la
fatica per non soccombere e
non rassegnarsi, le virtuosità
amministrative, la convinzione che “quanto più forte è la
Chiesa, più salda è la comunità tutta”. E perciò la disponibilità a collaborare per la stessa
causa che è per il bene della
comunità.
Catechesi. 17 i fanciulli e i ragazzi che frequentano il catechismo, due le catechiste e altrettante le collaboratrici. Vari
i tentativi già messi in atto per
coinvolgere le famiglie;
Liturgia. Da encomiare il gruppo di volontarie che provvede
alla pulizia e al decoro della
Chiesa. C’è un gruppo di chierichetti. Normalmente, partecipa alla Messa quotidiana un
gruppo di una quindicina di
fedeli. In certi periodi, la Messa
domenicale vede varie assenze
di fedeli impegnati altrimenti e
altrove (sport, caccia, vendemmia, funghi…). I servizi liturgici
vengono svolti da alcuni volontari. C’è il coro de “Su Cuncordu” in alcune circostanze,
normalmente si canta senza il
sostegno del suono.
Carità. Viene svolta nei modi
più normali e semplici delle nostre comunità, tramite la rete di
conoscenze dei bisogni e le risposte che convocano le varie
disponibilità. Non c’è una Caritas organizzata.
LE CONCLUSIONI
Sono quelle tratte dall’Arcivescovo al termine della verifica.
- Banari ha una sua bella
storia civile e cristiana, di
cui la comunità è attrice. In
quest’ultimo decennio, col
passaggio rapido di sacerdoti
che l’hanno guidata, si è forse
un po’ attenuato il necessario
rapporto di fiducia e mutua
disponibilità, e si è attestata
qualche traccia di indifferenza e trascuratezza nella pratica cristiana.
- Don Gian Paolo è venuto
con i migliori propositi. Può
essere questo il momento
opportuno per ri-cominciare
a tessere sia l’ordito umano che civile della comunità,
sia quello religioso che indispensabilmente lega i punti
della stessa rete (persone e
relazioni). L’importante è non
creare sdoppiamenti previ nel
sentire e nell’agire dei battezzati, ossia di tutti i membri di
una stessa comunità. Segreto
sarà essere “pastore di tutto il
gregge”: conoscerlo, condurlo al pascolo, nutrirlo, custodirlo, tenerlo unito, difenderlo
dai ‘lupi’, dando la vita per tutti, nonché riorganizzando meglio le strutture pastorali.
- E tutto ciò, considerando che
oggi la crisi non riguarda solo
la comunità cristiana. Si tratta,
infatti, di crisi delle comunità:
civili, religiose, scolastiche e
di ogni altra istituzionale. Bisogna affrontare a monte il discorso, a partire dalle ragioni
costitutive, formative, operative della comunità. In una parola: ricominciare dalla fede,
dall’educazione sistematica,
dal senso della Chiesa come
presentata dal Concilio Vaticano II, ossia come Popolo di
Dio, di cui anche il sacerdote
fa parte avendo come ministero la cura e il “perfezionamento” dei membri di quel Popolo.
Da qui, la necessità di ascoltare, recepire, valutare, collaborare per tutto ciò che è vero,
bello, buono, onesto, tende
all’unità.
- Quanto ai giovani, essi sono
una sfida: bisogna ricondurli
a Cristo, perché incontrino o
ritrovino se stessi, aiutarli a
leggere i segni della storia, ad
avere fiducia e speranza. La
Chiesa e ogni comunità potrà
ancora contare se investirà a
fondo perduto e con vera passione evangelizzatrice.
- Doverosa, infine, una parola memore e grata alle Suore
del Getsemani, la cui presenza e opera per la formazione
dei bambini ha segnato per
decenni la vita di questa comunità, così come la loro
collaborazione pastorale (catechismo, visita ai malati, conoscenza delle famiglie) ha
favorito quelle mediazioni ecclesiali semplici: soltanto ora
che mancano rileviamo l’importanza e l’efficacia.
9
10
Vita diocesana
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
L’ingresso del viceparroco
La cronaca dell’ordinazione di Fra Luca
“LA MIA VOCAZIONE
È LEGATA AL ROSARIO”
DON ALESSANDRO PILO
ARRIVA A S.GIUSEPPE
L
a chiesa di San Giuseppe, gremita di fedeli
durante la celebrazione vespertina di sabato
10 gennaio 2015, animata dal
coro San Pio X, saluta Don
Alessandro Pilo in occasione
del suo ingresso come Viceparroco, fissato per questo
mese dal decreto del Vescovo
Mons. Padre Paolo Atzei.
La nomina, pensata per coadiuvare il Parroco Don Massimiliano Salis nell’intensa attività pastorale che la parrocchia
richiede, giunge al termine del
periodo natalizio come previsto da tempo per consentire a
Don Alessandro di ultimare gli
studi biblici a Roma con la licenza in Sacra Scrittura.
Nell’intervento al termine
della celebrazione eucaristica,
che il parroco gli ha chiesto di
presiedere, Don Alessandro fa
riferimento proprio alla sua for-
mazione. Nel ringraziare prioritariamente e intensamente
il Signore ha chiesto a tutti di
accoglierlo come un fratello, in
umiltà e semplicità, accettandolo unitamente ai suoi limiti e
sottolineando la necessità che
tutti insieme presbiteri e fedeli laici, lavorino coesi e vicendevolmente disponibili per far
crescere il Popolo di Dio.
Durante l’omelia Don Massimiliano è andato indietro nel
tempo per ricordare gli anni
del Seminario arcivescovile di
Sassari allorché conobbe Don
Alessandro, allora dodicenne e
lui diciannovenne e per sottolineare la stima e l’affetto che
hanno caratterizzato e caratterizzano il loro rapporto. Ora il
Signore li ha rimessi sulla stessa strada per riprendere, ancora insieme, il percorso sulla via
della santificazione nell’offerta
quotidiana della propria vita
ministeriale per il bene della comunità parrocchiale che
oggi gioisce insieme a tutta la
Chiesa diocesana.
Oltre ai fedeli di San Giuseppe, con i catechisti, l’Azione Cattolica, gli Scout e gli altri
gruppi, in Chiesa erano presenti, con Mons. Dino Pittalis,
anche i parrocchiani di San Nicola e Santa Caterina, comunità di origine di Don Alessandro
e nel cui territorio tuttora risiedono i propri familiari.
Al termine della celebrazione eucaristica, come popolo in
festa, i presenti hanno personalmente salutato Don Alessandro e i familiari durante il
rinfresco allestito nella saletta
nei pressi dell’altare maggiore
e dedicata a Mons. G. Masia.
Tonino Satta
IN BREVE
La Società italiana per la bioetica e i comitati etici (Sibce) ha
rinnovato le proprie cariche elettive. Dopo due mandati di
Filippo Maria Boscia, la presidenza è passata a Francesco
Bellino, docente di bioetica dell‘Università di Bari. Del nuovo
consiglio direttivo, fanno parte Benedetta Saponaro, Giuseppe Battimelli, Mario Oppes (vicepresidenti), Claudio Meloni,
Giovanni Battista Cavazzuti, Gerardo Cela e Teodoro Brescia. Eletti revisori Gianfranco Salzillo, Franco Arosio e Vincenzo De Filippis. Antonino Leocata e il presidente uscente
Filippo Maria Boscia sono i presidenti onorari. “Sono onorato
per la mia elezione, in continuità con i miei predecessori mi
impegno a rilanciare il ruolo e l‘attività della Sibce”, ha detto il
neopresidente Bellino. La Sibce, società scientifica operante
nel campo della formazione, della ricerca e della consulenza
in campo bioetico, si ispira alla cultura personalista e annovera tra i fondatori il cardinale Elio Sgreccia, già presidente
della Pontificia Accademia della Vita. Le cariche sono state
rinnovate nei giorni scorsi all‘Università di Bari durante l‘XI
congresso nazionale e il convegno “La cultura della vita in un
mondo in crisi”, alla presenza del rettore Antonio Uricchio e di
monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari­Bitonto e
di filosofi e bioeticisti di fama internazionale.
C
i sono anni che non
si dimenticano, soprattutto quando la
grazia di Dio “corona
l’anno con i suoi benefici” (cf.
Sal 64,12). Quest’anno, senza
dubbio, resterà indimenticabile
per la comunità di Santa Maria
di Betlem, che dopo tre mesi
dal grande evento della beatificazione del servo di Dio P.
Francesco Zirano, ha vissuto
l’ordinazione sacerdotale di Fra
Luca Atzeni, giovane sassarese appartenente all’ordine dei
Frati minori convenutali, ordinato sabato 10 gennaio dall’Arcivescovo Mons. Paolo Atzei.
La comunità di Santa Maria
si è preparata con un triduo predicato dal rettore del seminario
diocesano, don Diego Pinna,
che ha tracciato un profilo del
sacerdote commentando gli
spunti offerti dalla parola di Dio
del Tempo di Natale, soprattutto
nelle Lettere di San Giovanni:
il prete è colui che vigila nella
preghiera e in essa riconosce
Gesù Figlio di Dio venuto nella
carne, lo può annunciare nella
verità e incontrare nell’Eucaristia. Il triduo, sempre molto partecipato, ha visto soprattutto la
presenza numerosa degli Scout
e delle associazioni, e si è concluso con la testimonianza,
commossa e grata, dello stesso Fr. Luca: “La mia vocazione
è legata profondamente alla
Chiesa del Rosario: sono nato
proprio nel palazzo antistante
nel 1977, a casa di mia nonna,
e in quel santuario, dopo tanti
anni, durante i lavori di restauro
degli altari, ho ricevuto un’illuminazione che mi ha cambiato
la vita, ho incontrato il Signore,
la cui via ormai avevo dimenticato”. Da quel momento, anche
grazie all’aiuto di don Pietrino
Mulas, la sua vita cambia: decisiva è stata l’esperienza presso
la comunità dei frati conventuali
ad Oristano, per un week-end
vocazionale, che lo ha letteralmente conquistato, facendo nascere in lui il desiderio di unirsi
a quella ‘compagnia’ per vivere
profondamente il Vangelo e seguire il Maestro.
Ad assistere al rito dell’ordinazione una folla di fedeli che
ha riempito l’imponente santuario mariano: molto bella la
presenza di tante coccinelle
e lupetti che circondavano le
prime file, accanto ai numerosi
sacerdoti concelebranti, fra cui
vari confratelli dell’ordine dei
Conventuali, preti diocesani ed
altri amici.
Concelebravano
anche
Mons. Pietro Meloni, Vescovo emerito di Nuoro e l’Abate
di Sorres P. Antonio Musi. La
presentazione del candidato è
spettata a P. Salvatore Sanna,
Ministro Provinciale dell’Ordine,
il quale ha brevemente ripercorso l’itinerario formativo di Fr.
Luca, iniziato con una chiamata
forte come quella di Zaccheo e
trascorsa sempre nella ricerca
appassionata del Signore, nonostante le difficoltà del cammino. Nell’omelia, l’Arcivescovo
ha anzitutto commentato le letture della Festa del battesimo
del Signore e ne ha spiegato
il significato: esso rappresenta una seconda epifania, una
manifestazione della gloria di
Cristo, proclamato Figlio di Dio
nelle acque del Giordano dalla
voce stessa del Padre celeste.
Successivamente il presule si
è soffermato a spiegare le caratteristiche e gli impegni del
ministro sacro, sottolineando
l’importanza della preghiera,
dalla quale nasce l’apostolato
e la necessità di essere fedele
cooperatore del Vescovo.
Non ha mancato poi di offrire
dei preziosi consigli, raccomandando soprattutto la disponibilità al ministero della riconciliazione, soprattutto a servizio dei
numerosi fedeli che si recano
nelle chiese conventuali alla
ricerca della misericordia di
Dio. Mons. Atzei ha concluso
la sua riflessione rivolgendosi
ai numerosi giovani presenti,
invitandoli tutti a riflettere sulla
bellezza della chiamata alla vita
consacrata, e a rispondere con
generosità alla voce di Dio: con
la stessa fede appassionata del
Beato Francesco Zirano e, nel
suo piccolo, con l’entusiasmo
del novello sacerdote Fra Luca,
a cui auguriamo un felice e fedele Ministero.
D. P.
11
Sorso, Santa Monica ospita 200 ragazzi
LA FESTA DELL’ACR
“DAI VITA ALLA PACE”
S
ette parrocchie, duecento ragazzi e circa 30
educatori.Non sono certo i numeri a raccontare
la bellezza di una giornata insieme ma ciò che si è celebrato.
A Santa Monica, domenica 18
gennaio, l’Azione Cattolica Ragazzi ha dedicato un’intera giornata al tema della pace.
L’attenzione
specifica
in
quest’anno associativo era tutta
dedicata alla ricerca della pace
con tenacia e perseveranza.
Tre scienziati un po’ “svogliati” hanno cercato di presentare
le proprie scoperte da inviare al
Premio Nobel; invenzioni però
incomplete, non funzionanti...
insomma un lavoro davvero scadente perchè fatto senza forza
di volontà. Il compito dei ragazzi partecipanti è stato proprio
quello di aiutare gli scienziati a
riscoprire appunto tenacia e perseveranza.
I bambini hanno quindi potuto capire che anche la pace è
un’invenzione che richiede impegno e costanza, sentimenti
che vanno costantemente rinno-
vanti per non stancarci mai
di perseguirla.
Gradita la visita del Vicario Generale Mons.Mario
Simula che con Don Nicola,
parroco di Santa Monica, e
Don Andrea Stara assistente diocesano ACR, ha celebrato la Messa.
Nell’omelia più volte don
Mario ha ripreso il concetto
di impegno personale: nel
disegno di Dio ogni nostro sforzo
fa parte del progetto che Lui ha
pensato per noi.
La pace, negli obiettivi della festa, è stata presentata non
solo come “assenza di guerra”
ma anche, e soprattutto dal punto di vista della cooperazione internazionale.
Le attività a cui i ragazzi hanno partecipato hanno portato un
po’ di entusiasmo nei tre strani
scienziati che così sono riusciti a
completare le loro invenzioni: un
impianto elettrico, un pozzo e un
ponte: scoperte e invenzioni non
fini a se stesse ma che possono rendere più facile la vita, per
esempio, in un villaggio africano
in cui non c’è sicuramente l’acqua corrente.
Bans, inni acr e tanta gioia
hanno reso la giornata una vera
festa in tutti i sensi.
L’equipe diocesana ha infine
ringraziato, di cuore, la grandissima ospitalità ricevuta dal
Parroco don Nicola e dall’Azione Cattolica della parrocchia di
Santa Monica.
Alessia Serra
Paolo Brosio a Sassari
G
DALLO SPETTACOLO
ALLA CONVERSIONE
rande folla all’Auditorium
“Giovanni Paolo II” del
Seminario Arcivescovile
di Sassari domenica 18
gennaio scorso per l’incontro con
Paolo Brosio, celebre giornalista,
conduttore televisivo e scrittore,
reso ancora più famoso dal suo
cammino di conversione mariana, avvenuto a Medjugorje, che
lo ha portato a passare da uomo
di spettacolo dentro il tunnel di
una mondanità sfrenata e priva di
valori religiosi a convinto devoto
della Madonna, vero figlio della
Chiesa, e appassionato divulgatore della grazia e della misericordia
riscoperte nella conversione. Un
Auditorium davvero strapieno di
persone, ammiratori e curiosi, che
hanno ascoltato la sua testimonianza, porgendo anche domande
interessanti domande al noto giornalista sulla sua vita e sul fenomeno Medjugorje.
Paolo ha ripercorso la sua esperienza: Il 2 febbraio 2009 arriva a
Medjugorje in un momento di forte difficoltà della sua vita per una
serie di vicende famigliari e matrimoniali che lo hanno spinto ad uno
stile di vita dissennato che lo ha allontanato dai valori famigliari e dai
principi etici fondamentali.
Come ha scritto nel suo primo
best seller per la Piemme Mondadori, “A un Passo dal Baratro”, Paolo ha poi trovato nella Fede e nella preghiera l’antidoto per il dolore
e la sofferenza dell’esistenza. Un
dolore ed una sofferenza che non
aveva mai conosciuto prima del
giorno del suo 53° compleanno.
Tante vicende drammatiche lo
hanno colpito nel giro di due anni
e lo hanno spinto per dimenticare queste sofferenze in un vortice
senza fondo dal quale è risorto
solo dopo l’incontro con la Fede
e la preghiera che ha scoperto in
Bosnia Erzegovina, a Medjugorje.
Oggi Paolo, dopo 5 anni di conversione, è ancora più motivato e
convinto delle proprie scelte esistenziali e ha trovato nella Fede
Cristiana e in particolare nell’aiuto
della Madonna, una motivazione
fondamentale per avvicinarsi alla
Parola di Dio e al Vangelo. Come
dice sempre lui stesso: “Le parole
di Maria nei messaggi di Medjugorje mi hanno cambiato la vita,
salvato dal baratro e sopratutto
mi hanno fatto scoprire Gesù nella Messa quotidiana, nel Vangelo,
nella confessione e nell’Eucaristia. La preghiera è tutto”. Durante la serata c’è stato anche il
collegamento televisivo in
diretta con Canale 5 all’interno della trasmissione di
Barbara D’Urso “Pomeriggio Cinque”. Nel prossimo
numero di Libertà riporteremo la nostra intervista con
Paolo.
F.M.
Con i missionari degli emigrati italiani in Svizzera
RICORDANDO DON GERMANO
A
ppena tornato al Padre celeste don Germano Foddai,
avevo promesso al Coordinatore dei Missionari degli
Emigrati Italiani in Svizzera, don
Carlo De Stasio, che sarei andato ad
animare alcuni giorni di spiritualità,
anche in memoria di don Germano.
Ho mantenuto la parola, pur tra i
molteplici impegni di questo periodo
a causa ella seconda Visita pastorale a Sassari.
Così, loro (i Missionari) e il sottoscritto abbiamo deciso di incontrarci a Tavernerio (Como), nella bella
casa di esercizi dei Saveriani, che ho
raggiunto in taxi da Milano e loro in
pullman da Basilea dove erano tutti
convenuti. Ho introdotto gli incontri un po’ emozionato, ricordando la
promessa fatta a don Carlo: volevo
vedere i tratti di Don Germano nel
volto di una quarantina di colleghi.
Si è parlato della nuova evangelizzazione nei Paesi dell’Europa,
tra cui la Svizzera. Non diversi gli
scenari che caratterizzano l’attuale
momento, a livello culturale, sociale,
economico, comunicativo, religioso.
Il quadro generale di riferimento è
stato completato dai partecipanti
nella sua peculiarità elvetica. Anche
qui, il secolarismo la fa da padrone,
una serie di leggi e leggine tengono
tutto in ordine (o quasi), di fatto la
maggioranza è lontana dalla prassi
cristiana. Quindi, l’aspetto economico che “deve funzionare come un
orologio e far tornare sempre i conti”,
e quello della comunicazione difficile
da recepire nella varietà dei messaggi perché non tutti conoscono bene
il tedesco della Svizzera. Infine, lo
scenario religioso, in maggioranza
ancora cristiano, per via della prevalenza dei cattolici e dei cosiddetti
‘riformati’, e con una non piccola presenza di musulmani e di altre fedi.
In questi scenari insiste l’azione
dei missionari per i nostri emigrati.
In primo luogo, si tratta ormai della
terza generazione, ossia di pronipoti
dei primi emigrati degli anni ‘50. Una
generazione, quest’ultima, che non è
diversa da quella dei nostri giovani
quanto a pratica cristiana. Non solo,
ma anche una generazione che non
si ritrova facilmente nella liturgia
delle Chiese che sono in Svizzera.
Infatti, in alcune diocesi, ad “amministrare” le parrocchie ci sono donne,
teologhe competenti, che guidano la
comunità, organizzando il ministero
pastorale, introducendo le celebra-
zioni e tenendo l’omelia, contattando e convocando i sacerdoti per la
sola necessaria Eucaristia. E con
loro tutto il Consiglio di Amministrazione che vigila, decide, governa
strutture e persone, in tutti i sensi,
giunge perfino, unitamente alla comunità, a determinare accoglienza o
disapprovazione verso questo o quel
sacerdote. Non parliamo del culto
mariano, qualcosa di così sfumato
che non ha nulla a che fare con la
nostra intensa devozione alla Madre
di Dio. Ma, pro bono pacis e per spirito ecumenico, qualcuno rinuncia a
qualcosa, cioè a tanto!...
E dopo anni di emigrazione, per
esempio, si sta riuscendo a fare il
presepio o ad introdurre la festa di
qualche Santo o Santa dei luoghi di
origine degli immigrati. Tra l’altro, i
missionari, non sono neppure tutti
di origine italiana, perché le nostre
diocesi, mancando le vocazioni,
sono poco propense ad inviare sacerdoti per questa missione speciale
in Svizzera come in Germania o in
Francia.
Torniamo a don Germano. I suoi
confratelli dello stesso cantone tedesco lo ricordano per la sua personalità schiva, la discrezione, la compe-
tenza teologica, l’attenzione agli altri,
l’ordine e le buone maniere. “Ma è
stato così poco tempo tra noi. Quando cominciavamo a conoscerci, il
Padre l’ha voluto con sé”.
L’amico più caro, don Luigi, si
commuove al solo ricordo, soprattutto “per le atroci sofferenze che
ha sopportato con una forza incredibile”. Abbiamo pregato per lui nella
Messa di mercoledì 14 gennaio. E
alla fine del Corso, tutti hanno firmato un indirizzo di saluto preparato per
i familiari e che è stato consegnato
proprio in questi giorni. Per dire che
tutti sono vicini, pregano per loro e
per don Germano, e benedicono con
affetto i suoi. Nel messaggio che ho
lasciato ai Missionari ho detto che
svolgano con grande amore e passione la loro Missione in Svizzera.
In risposta, mi è stato richiesto un
sacerdote che ‘sostituisca’ don Germano!...
pp
12
Vita diocesana
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
“Dialogando” a Stintino/1
Messaggio del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso
per il Convegno Internazionale
“Dialogando, identità culturali
e religioni a confronto”
Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso porge i più cordiali saluti a S. E.
R. Mons. Paolo Mario Virgilio Atzei, Arcivescovo di Sassari, agli organizzatori,
alle Autorità intervenute e ai partecipanti
al Convegno Internazionale “Dialogando,
identità culturali e religioni a confronto”,
che si svolge a Sassari e Stintino nei giorni
16 e 17 gennaio 2015.
Come indica significativamente il sottotitolo “Bridging Differences”, il dialogo ha lo
scopo di gettare dei ponti di stima, comprensione e amicizia fra popoli di culture e
religioni differenti per contribuire efficacemente alla costruzione della pace.
Quasi in spirituale sintonia con il vostro
Convengo, Papa Francesco, parlando al
Corpo Diplomatico accreditato presso la
Santa Sede il 12 gennaio, ha affermato
che non si possono costruire ponti tra gli
uomini, dimenticando Dio. Ma neppure si
possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri. Per questo è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni, e
il confronto con i non credenti, affinché non
prevalgano mai le differenze che separano
e feriscono, ma, pur nella diversità, vinca il
desiderio di costruire legami veri di amicizia tra tutti i popoli.
Dopo i drammatici fatti di Parigi, molti in
Europa provano angoscia e paura di fronte
al rischio di attacchi terroristici o di azioni
di singoli squilibrati, che sarebbe difficile
prevedere o fermare. Ecco perché al Comune di Stintino, all’Arcidiocesi di Sassari
e all’associazione culturale “Il Tempo della
Memoria” va il plauso di questo Pontificio
Consiglio per aver incluso, nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Prima
Guerra mondiale, un incontro tra docenti,
giornalisti, esponenti religiosi e politici delle
comunità cristiane, ebraiche e musulmane
in Italia, in Europa e nel Medio Oriente, con
l’auspicio che questi giorni offrano un’occasione propizia di apertura e dialogo, e
-facendo memoria degli orrori della guerra
- aiutino tutti a sconfiggere i pregiudizi e ad
abbattere le barriere dell’odio, radicandoci
nel segno opposto, che è “giustizia, pace e
gioia nello Spirito Santo” (Rom 14,17).
Un’autentica costruzione della pace non è
possibile se essa non è unita alla lotta contro la povertà sia materiale, sia spirituale,
e al rispetto per tutto il creato, la custodia
di “questo nostro ambiente, che troppo
spesso non usiamo per il bene, ma sfruttiamo avidamente a danno l’uno dell’altro”
(cfr. Francesco, Al Corpo Diplomatico,
12.01.2015). E tale ammonimento risuona
ancora più urgente e significativo per voi,
radunati in un luogo di incomparabile bellezza, qual è la Baia dell’Asinara a Stintino!
Vi auguriamo, infine, che sia riflettendo su
“Religioni e identità culturali”, sia sul “Ruolo dei media nel dialogo interreligioso” possiate contribuire, insieme con i seguaci di
tutte le tradizioni religiose, all’edificazione
di un mondo che non sia mai più teatro
di liti planetarie, ma luogo di accoglienza,
condivisione e amore per tutti, e in particolare, di farvi voce di chi non ha più voce,
perché ha perduto la speranza.
Dal Vaticano, 13 gennaio 2015
Jean -Louis Cardinal Tauran,
Presidente
Miguel Angel Ayuso Guixot, MCCJ,
Segretario
RELIGIONI E IDENTITÀ CULTURALI
A CONFRONTO
I
l pensiero di Papa Francesco
enunciato
nell’Esortazione
Apostolica Evangelii Gaudium:
“Il dialogo interreligioso è una
condizione necessaria per la pace
nel mondo, e pertanto è un dovere
per i cristiani come per le altre comunità religiose” ha costituito il filo
conduttore del convegno: “Dialogando - Religioni ed identità culturali a confronto” che si è tenuto nei
giorni scorsi a Sassari e Stintino. Il
tema della pace, reso ancora più
stringente dai recenti avvenimenti
di Parigi, è stato necessariamente
ripreso negli interventi che si sono
succeduti in questi due giorni di intenso lavoro con confronti incisivi
e sicuramente costruttivi.
L’idea di organizzare l’incontro,
formulata
dall’Amministrazione
comunale di Stintino, dall’Arcidiocesi di Sassari e dall’Associazione
culturale “Il tempo della Memoria”,
ha trovato così, nell’attualità delle
tematiche oggetto del nutrito programma e nella stessa valenza
dei relatori, un’opportunità di arricchimento culturale per il numeroso pubblico che ha seguito con
interesse i lavori.
Alla tavola rotonda, tenuta
nell’aula Eleonora d’Arborea,
il Rettore Massimo Carpinelli,
nell’esprimere il compiacimento
dell’Ateneo per aver voluto ospitare il convegno nell’Università di
Sassari fondata dai gesuiti, evidenzia che nella società odierna, multietnica e multi religiosa,
diventa sempre più importante la
conoscenza della religione per conoscere la cultura di un popolo.
Il sindaco di Sassari, Nicola
Sanna, auspica che il Mediterraneo che unisce popoli di diverse
culture, diventi un mare di pace. E
Sassari, città tollerante nel rispetto
reciproco, dà il suo contributo, con
questo convegno, per abbattere il
muro dell’ignoranza il cui risultato
non può che essere il conseguimento della pace.
Nel primo intervento, il prof.
Sheikl Sadeq Naboulsi Ahmad,
porta all’attenzione il fatto che ciascuno di noi visita paesi, conosce
altre località ma non fa nessuno
sforzo per visitare il proprio fratello. Egli, sui rapporti tra cristiani
e musulmani, sottolinea che c’è
una nebulosa che impedisce a
causa della posizione ideologica
esagerata, l’incontro tra occidente ed oriente. E’ tuttora prevalente la vendetta e la vendetta della
vendetta. Per superare questa
situazione, è bene riprendere la
cultura dell’avvicinamento. Ciò
significa una maggiore apertura,
l’occidente deve capire l’oriente e l’oriente non deve guardare
l’occidente come un nemico. Se
maturerà questa consapevolezza
allora il fondamentalismo sarà destinato ad essere cancellato come
popolo, come gruppo. La religione, sostiene, è uno strumento di
conoscenza e deve diventare un
ponte per l’amicizia tra i popoli. In-
fine, auspica che come la vostra è
una terra di pace, possa diventarlo
anche la nostra.
Nel secondo intervento, Mr
Sheikh Ali Assan Ramadan, richiamando quanto detto dal Sindaco auspica che il Mediterraneo
possa diventare realmente un
mare di pace. Egli sottolinea che
non può ipotizzarsi alcun legame
tra l’Islam e i fatti di Parigi, come
invece si può pensare in occidente, fatti che sono attribuibili soltanto ai fondamentalisti. Per superare, comunque, la convinzione
sul coinvolgimento dell’Islam, è
fondamentale l’intrapresa di un
dialogo favorito dalla conoscenza.
I lavori sono proseguiti il giorno
successivo nella sala consiliare
del Comune di Stintino.
Nei saluti di rito, il sindaco,
Antonio Deiana, ha sottolineato l’esigenza, avvertita in ambito
comunale, di intraprendere un
percorso per favorire l’incontro
tra i popoli attraverso il dialogo.
Per questo non è sufficiente un
solo convegno ma è bene che si
istituzionalizzi un appuntamento
annuale per dibattere le varie problematiche che attengono al dialogo interreligioso.
Nella sua riflessione, il presidente del Consiglio Regionale della Sardegna, Gianfranco
Ganau, sostiene che l’intrapresa
del dialogo interreligioso non può
essere condizionata da fatti contigenti, ma deve essere considerata un fatto culturale e come tale
va affrontato di giorno in giorno.
Precisa, inoltre, che il fondamentalismo non c’entra nulla con la
religione dato che la religione di
per sé è amore per tutti gli uomini.
Il prefetto di Sassari, Salvatore Mulas, afferma che negli ultimi
70 anni è cambiato il tessuto sociale, è avanzato in civiltà. In questo periodo c’è stata la fine della
segregazione razziale ma anche
vicende gravi di pulizia etnica.
Ora, per il progresso dei popoli è
necessario che essi si conoscano
e si riconoscano e proseguano il
loro camino nel dialogo.
Mons. Paolo Atzei, vescovo
metropolita di Sassari, dice che
ciò che stiamo vivendo a Stintino
si pone all’interno di una centra-
lità mediterranea aperta a tutti i
continenti. È una piccola Galilea
delle genti, come dice il Vangelo
di Matteo. Il luogo che diventa laboratorio eccellente per il futuro
per le persone che si incontrano con apertura di cuore. Così
l’umanità si arricchisce con l’auspicio di vivere insieme in modo
costruttivo. E vale quanto ha detto Papa Paolo Vi, con pazienza e
anche gioia.
Mons. Giancarlo Zichi dà lettura del messaggio augurale inviato dal Cardinale Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per
il dialogo interreligioso.
L’intervento di S.E. Mons. William Hanna Shomali, vescovo
ausiliare del patriarca di Gerusalemme, previsto a chiusura della
Cerimonia di apertura, è improntato alla speranza in quanto crede nella possibilità di un dialogo
nonostante i fatti negativi che si
succedono come a Parigi, in Siria, in Irak. Con riferimento ai fatti
di Parigi, specifica che gli errori
commessi riguardano i terroristi e
i caricaturisti. Rileva, al riguardo,
che tutti hanno diritto di espressione ma non deve mancare il rispetto della fede diversa dalla nostra. Noi, per esempio, possiamo
urtare la sensibilità dei musulmani
offrendo loro cibo o una bibita che
per loro è proibito. Per questo, insegnare la religione musulmana è
importante. D’altra parte, abbiamo
delle cose in comune: il digiuno,
l’elemosina, il valore della famiglia. E’ importante poi, far seguire
al dialogo intellettuale, quello esistenziale. Pertanto è possibile stabilire rapporti di amicizia e di aiuto
reciproco. Così a Gaza, dopo i
quasi due mesi di guerra, 1200 cristiani sono andati ad aiutare i musulmani per la ricostruzione della
loro casa distrutta. In Turchia,
invece, i musulmani hanno, di recente, aiutato i cristiani in stato di
povertà a seguito del terremoto
che aveva distrutto i loro villaggi
12 anni fa. Si tratta di esempi molto importanti anche perché rimangono poi nella memoria collettiva.
Franco Nuvoli
(Continua nel prossimo numero)
La Parola di Dio
III Domenica del Tempo Ordinario (ANNO B)
13
LETTURE: Giona 3, 1-5.10; Salmo 24; 1 Corinzi 7, 29-31; Marco 1, 14-20
OGGI È IL TEMPO FAVOREVOLE PER LA RISPOSTA
Q
uando Dio convoca per
la sua missione, le nostre risposte possono
essere molteplici.
Si può rispondere aderendo
con entusiasmo alla sua chiamata, anche se comporta una rinuncia radicale.
Ci può essere la risposta “forzata” di Giona, ribelle perché non
ama la conversione di Ninive.
Anche una terza risposta è
possibile: quella di chi dice: “Sì, ci
sono!” e poi non fa quello che Dio
vuole, ma ciò che è più comodo e
congeniale al suo modo di pensare. La Parola di Dio ci interpella su
questo aspetto della vita del credente e del discepolo.
Il primo chiamato di cui ci
parla la Scrittura, oggi, è Giona.
Uomo stranamente e talmente
geloso del dono che Dio ha fatto
a Israele, da rifiutare la chiamata:
non vuole che Ninive si converta.
E scappa da Dio. Dio lo insegue
attraverso segni e avvenimenti.
Finché il profeta non si piega. Annuncia e i niniviti si convertono al
Signore.
Siamo così gelosi della nostra fede da rifiutarne l’annuncio ai lontani e ai vicini scomodi?
Forse noi non diciamo di no
a Dio. Ma siamo di quelli che rispondono a Lui, avendo già in
mente un altro progetto: il nostro,
non quello di Dio. Spinti da una
presunzione sottile e non riconosciuta, portiamo la “nostra no-
tizia” che non è “bella” come
quella del Vangelo. Una notizia dura, inflessibile, nella quale
il “precetto” prevale sull’amore,
“l’imposizione” prende il posto della persuasione educativa, lenta e
paziente. Annunciatori di “un rigore” sconosciuto al Signore. Senza
accorgerci che questo “rigore” nasconde l’esercizio di “un potere”
sulle persone e sulle coscienze, e
non svela la disponibilità del servitore inutile e povero, fedele al
Signore che lo mando ai peccatori
e non ai giusti. Sono questo annunciatore? Sono questo laico
“integro” che forse ha smarrito
il senso di che cosa significhi
“guardarsi allo specchio”?
Andrea e Pietro, Giacomo e
Giovanni sono chiamati che prendono Gesù sul serio. L’adesione
a Lui è totale e pronta. Coincide
con una liberazione profonda
condizione essenziale del “SI”: lasciare reti, barca, padre per continuare ad essere pescatori, ma “di
uomini”. I “quattro” non sono persone senza fragilità, anzi. Soprattutto sono, persone dell’amore. E
quando si ama, ogni uomo diventa padre, madre, fratello e sorella
con i quali condividere l’avventura
del Vangelo.
Anche perché “il tempo si è
fatto, ormai, breve”. Ce lo ricorda san Paolo: “Questo vi dico,
fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli
che hanno moglie, vivano come
se non l’avessero; coloro che
piangono, come se non piangessero e quelli che godono
come se non godessero; quelli che comprano, come se non
possedessero; quelli che usano del mondo, come se non
ne usassero appieno: perché
«Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni;
sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro»
passa la scena di questo mondo!”. Il nostro compito è “vivere
come se”: vivere con intensità la
vita senza idolatrare la vita. Interpretandola con quel distacco che
la rende vera, gioiosa, al riparo
da affanni inutili. Libera. L’evangelizzatore sceglie questo stile di
Vangelo e riesce a comunicarlo
con passione e serenità e lo
vive non di malavoglia, ma con
ilarità e semplicità di cuore.
Mi ritorna alla mente una parola di don Milani: “Dio non mi
chiederà ragione del numero
dei salvati, ma del numero degli evangelizzati”. Tu presbitero,
tu laico, tu catechista, tu lettore,
tu diacono, tu accolito non sei
chiamato a salvare nessuno.
Salvare è compito di Dio. Tu devi
soltanto evangelizzare, con umiltà, con fedeltà, con perseveranza,
con discrezione, con una venerazione profonda della persona che
avvicini, con la finezza di chi non
impone il proprio modo di pensare.
Nessuno si può allontanare per
colpa nostra. Come nessuno si
può avvicinare attratto dai miraggi
del nostro Vangelo facile e a poco
prezzo.
Nessuno si deve allontanare
perché ha trovato noi al centro
dell’annuncio e non Gesù. Come
nessuno deve avvicinarsi solo
perché ha trovato noi al centro
dell’annuncio, rendendogli opaco
Gesù.
Don Mario Simula
L’interpretazione del Cantico nei Padri della Chiesa/9
L’AMORE È FORTE COME LA MORTE
“D
io è il profumo perfetto”, aveva affermato il
teologo Atenagora nel
secondo secolo (Supplica per i Cristiani 13). Il linguaggio
simbolico del “profumo” apparve ai
Padri della Chiesa molto adatto a
descrivere la vita divina: “Dio possiede ogni odore soave e tutti gli
effluvi degli aromi”, diceva Sant’Ireneo di Lione agli inizi del terzo secolo (Contro le Eresie 4,14,3). Nel
giorno della creazione Dio ha donato all’uomo “il respiro profumato
della sua divinità”, sentenziava il
misterioso libro delle Ricognizioni
Pseudo Clementine (4,9,1).
Sant’Ambrogio vescovo invita
i credenti ad accogliere dal Cristo
Risorto il profumo della risurrezione
e a diffonderlo nel mondo: “Del profumo della fede olezza l’anima che
apre il cuore a Cristo, accogliendo
l’odore della sepoltura del Signore,
per credere che la sua carne non ha
conosciuto la corruzione e non ha
esalato il cattivo odore della morte,
ma è risorta effondendo il profumo
di quel fiore della vita che è sempre
verdeggiante” (La Verginità 62).
Nel “pane della parola di Dio”
Sant’Ambrogio trovava la segreta
energia per poter gustare la “sobria
ebbrezza dell’Eucaristia”. Nell’estasi suscitata dalla partecipazione alla
“mensa eucaristica”, egli sentiva la
pregustazione del futuro banchetto
celeste: “Buona è l’ebbrezza spirituale che non fa vacillare il corpo,
ma sa sollevare i passi del cuore.
Buona è l’ebbrezza del calice della
salvezza, che allontana la tristezza
della coscienza colpevole e infonde la gioia della vita eterna” (Commento al Salmo 118,21,4). Nell’inno
Splendor paternae gloriae, da lui
composto per il canto liturgico nella
comunità, il vescovo della Chiesa
Milanese invitava i fedeli a pregare
dicendo: “esultanti beviamo la sobria ebbrezza dello Spirito”: “laeti
bibamus sobriam ebrietatem Spiritus”.
Ambrogio, giunto al Battesimo
in età matura ed elevato nel medesimo tempo al sacerdozio e all’episcopato, aveva partecipato quando
era ancora giovanissimo al rito della
consacrazione della sorella Marcellina, che riceveva dal Papa Liberio il
velo delle vergini al canto del “Cantico dei Cantici”. Divenuto vescovo,
oltre vent’anni più tardi, dedicò alla
sorella il trattato “Sulle vergini consacrate”, facendo del de virginibus
un autentico inno all’amore vergi-
nale con le parole del Cantico, per
offrire l’interpretazione cristiana del
poema biblico: il Verbo di Dio, che
viveva eternamente “nel grembo
del Padre”, nacque come uomo dal
“grembo di una vergine” affinché
le vergini consacrate, e anche tutti
i cristiani, sentissero il desiderio di
“correre dietro il profumo dello sposo” (Cantico 1,4).
La risurrezione di Gesù di Nazaret, che i cristiani sono chiamati
a testimoniare con il profumo delle
virtù, annunzia e realizza la “salvezza universale” dell’umanità,
come profetizzava l’evangelista
San Giovanni raccontando l’episodio dell’unzione di Betania: “tutta la
casa fu ripiena del profumo dell’unguento” (Giovanni 12,1-8). Gesù
Cristo è “immortale nella morte”,
afferma Sant’Ambrogio: “immortalis
in morte”. E nel mistero della sua
risurrezione riempie la Chiesa del
“profumo dell’immortalità” (Il Sacramento dell’incarnazione del Signore 4,9).
Mistero della fede! Gli uomini
che non hanno fede pensano che
“Cristo non è Dio” perché “è morto”.
E anche i credenti che seguono la
dottrina dell’Arianesimo affermano
che Gesù non è Dio perché è an-
dato incontro alla morte, mentre è
risaputo che Dio non può morire.
I veri cristiani invece credono che
“Gesù è Dio” proprio perché “è
morto” e “nella morte è rimasto immortale”.
Gli uomini che credono alla risurrezione di Cristo e vivono la risurrezione quotidiana, testimoniando nel
mondo il suo amore, diffondono sulla terra “il profumo dell’immortalità”.
È proprio nella morte che il Figlio di
Dio si fa vicinissimo ad ogni uomo
e a tutta l’umanità. La morte è l’unica realtà comune a tutti gli uomini.
La risurrezione svela che “la morte”
non fa morire “l’amore”. La risurrezione di Cristo, sorgente della risurrezione dei cristiani, è fonte della
“vita immortale”, nella quale l’uomo
“vivrà con Dio per sempre”. “Morte
e risurrezione” appaiono come la
perfetta “epifania dell’Amore”.
+ Pietro Meloni
14
InformaCaritas
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
A cura di Gianfranco Addis
Seminario formativo per giornalisti
CAPIRE E RACCONTARE
LA MOBILITÀ UMANA
N
ella Caritas comunicare significa offrire agli
organi di stampa (e alla
comunità) tutti gli strumenti utili affinché il parlare di
temi delicati, come l’immigrazione, sia corretto e fuori da stereotipi discriminatori.
Con questo convincimento
il Coordinamento regionale comunicazione delle Caritas della
Sardegna ha organizzato il Seminario formativo per giornalisti
e comunicatori, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti
della Sardegna, l’Unione Cattolica Stampa italiana (UCSI)
della Sardegna e l’Agenzia giornalistica Il Redattore Sociale:
Capire e raccontare la mobilità
umana: immigrati, profughi e
ROM, oltre le discriminazioni,
che si è tenuto a Sassari nella
sede de La Nuova Sardegna,
lunedì 19 gennaio 2015.
Filo conduttore del Seminario
è stata la Carta di Roma, protocollo deontologico sottoscritto
il 13 giugno 2008 dal Consiglio
Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, circa l’informazione concernente
rifugiati, richiedenti asilo, vittime
della tratta e migranti.
Sono intervenuti: Mario Girau
(Presidente UCSI Sardegna),
Stefania Russo (Responsabile dell’area immigrazione della
Delegazione Caritas Sardegna)
e Raffaella Cosentino (giornalista freelance e collaboratrice
dell’Agenzia Il Redattore Sociale).
Stefania Russo ha portato
l’esperienza delle Caritas e il
loro lavoro di mediazione civile,
sociale e culturale, affermando come sia interesse primario
della Caritas che l’informazione
sia sempre corretta, perché le
distorsioni nella comunicazione
provocano difficoltà alla comunità stessa. Il percorso di assistenza per la Caritas deve essere sempre accompagnato da un
percorso di comunicazione ca-
pace di favorire la conoscenza
delle persone e delle situazioni.
Raffaella Cosentino ha rimarcato l’importanza dell’uso corretto dei termini nella comunicazione sociale. L’uso improprio
delle parole carica l’informazione di falsità che spesso alimenta sentimenti razzisti e forma
stereotipi privi di verità.
Il termine clandestino, ad
esempio, è utilizzato solitamente come sinonimo di immigrato,
definendo più che altro una etichetta politica e mediatica visto
che il clandestino non esiste
come status giuridico.
Destabilizzanti sono le informazioni errate come per gli
incentivi (40 euro) agli immigrati, contributo dato invece alle
associazioni che si occupano
dell’accoglienza.
E proprio il termine accoglienza viene spesso caricato
più di senso religioso che di
dovere previsto dall’articolo 10
della Costituzione Italiana e dalla Convenzione di Ginevra.
L’informazione viene distorta
anche con la nazionalità e l’etnicizzazione dei reati, quando
viene rimarcata ogni volta che
il reato è commesso da un:
romeno, albanese, arabo, costruendo stereotipi (noi sardi
ne sappiamo qualcosa!) necessari spesso a giustificare false
emergenze.
Emergenza è definita la
massiccia migrazione dall’Africa verso il continente europeo
(nel 2011 si è parlato di tsunami umano) senza considerare
quanto scritto nel rapporto annuale statistico dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i rifugiati (UNHCR) in cui si
legge che i 4/5 dei rifugiati del
mondo sono ospitati dai paesi in
via di sviluppo o confinanti con
gli stati in conflitto. Di questo
esodo appena il 3,9% ha interessato Malta e Italia.
Comunicare correttamente è
proprio una questione di giustizia sociale.
PICCOLO GLOSSARIO
Immigrati, clandestini, rifugiati, sfollati, profughi….
Sono tutti uguali?
- Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e
presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di
Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di
protezione internazionale. Fino al momento della decisione
finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente
asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza
documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti, cioè, sia da migranti
irregolari che da potenziali rifugiati.
- Un rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status
di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui
rifugiati, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito
come una persona che: ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche,
si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o
non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione
di tale paese’. Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi
può dimostrare una persecuzione individuale.
- Un beneficiario di protezione umanitaria è colui che - pur
non rientrando nella definizione di ‘rifugiato’ ai sensi della
Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione
individuale - necessita comunque di una forma di protezione
in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani. In base
alle direttive europee questo tipo di protezione viene definita ‘sussidiaria’. La maggior parte delle persone che sono
riconosciute bisognose di protezione in Italia (oltre l’80% nel
2007) riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari
anziché lo status di rifugiato.
- Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei
migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un
altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso
è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei
trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni
della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di
un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’
s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme
di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.
- Un migrante/immigrato è colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro
e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al
rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.
- Un migrante irregolare, comunemente definito come ‘clandestino’, è colui che a) ha fatto ingresso eludendo i controlli
di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo
la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto
‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento.
In Limba
15
Dicios antigos e vida moderna
LEA A MARIDU TOU CUN SU DIFETU SOU
S
os antigos teniant s’usu
de impreare peràulas
pagas pro dare indicos
mannos in sa vida de cadadie. Fit s’impreu de sos dìcios.
Unu de cussos, chi de seguru
ogni mama ripitiat a sas fizas, fit:
“Lea a maridu tou cun su difetu
sou”.
Proite ogni mama? Ca fit dovere de sa mama a dare cussizos sabios a sas fizas, massimu
candho custas detzidiant de si
cojuare, cosa chi, a narrer sa veridade, in sos tempos passados,
fit naturale comente su nascher.
Fit una realtade istorica e sotziale
seculare, mancari in ogni tempus
e logu non siant mancadas sas
feminas chi non si sunt cojuadas,
ma fint un’ecetzione. Sas leges
e ritmos fint cussos de: nascher,
crescher, cojuaresi, fagher fizos
e imbetzare a costas a sa pessone chi su destinu, o sos parentes
etotu, aiat dadu.
Duncas, dadu chi a si cojuare
cheriat, e cheret, narrer a istare
cun d’unu omine giamadu maridu, a sa mama tocaiat de dare a
sa fiza sos segretos pro chi aerat
potidu superare sas difiicurtades
de caratere chi s’omine, leadu
pro cumpagnu a vida, podiat
tenner. Dae semper, sa cuntentesa de duas pessones chi istant
paris est fata dae sa bona sorte
chi Deus lis dat, dae su saludu
e dae sa paghe chi bi regnat intro de domo. Si est beru chi su
fatu eretu, ligadu a sas annadas
bonas, a su saludu, a sos partos
chi andhant a deretu e gai sighindhe, est beru puru chi una bona
parte de sa cuntentesa tra maridu e muzere risultat dae s’armonia chi regnat tra issos duos. E
custa no est cosa de su tempus
passadu, ma balet meda, meda,
oe puru. Pro cussu sas mamas,
e fintzas chie mama non fit, cussizaiant a sas cojuadas noas, e
de frecuente puru a sas “cojuadas betzas”, de leare su maridu issoro cun sos difetos chi
issos teniant. Cheriat narrer chi
deviant cumpatire, chi deviant
cumprendher, chi deviant avitare pro non brigare. Ogni femina
manna aiat già isperimentadu
chi a istare a mata a candhela
cun su maridu non daiat profetu, ne pro sa pessone singula ne
pro sa familia.
Candho si agataiant pessones de giudu, massimu mamas
e parentes de s’omine, daiant su
matesii cussizu puru a su maridu, pro chi non si esserat cumportadu che padronu o domadore de ainos arestes, comente, a
bortas, caligunu, pius animale
che pessone, si leaiat s’abitudine de fagher, pustis chi, sendhe
innamorendhe, si fit mustratu
totu mele, mele.
Custu dìciu antigu e antigoriu podet servire ancora in dies
de oe? A mie paret chi tiat dare
profetu, non naro in assolutu, ma
nessì unu pagu, proite, mi paret
chi tra maridu e muzere oe si
cumpatint guasi nudha. Difatis
est fatzile chi in logu de si cumpatire, e de chircare de si cumprendher, si chirrient luego sas cosas
e ognunu sigat sa vida a contu
sou, partindhe fintzas su frutu de
sas dies de amore passadas umpare. E sas poberas criaduras innotzentes, cosa chi non si podet
isperrare, s’agatant che chirriolos
de istratzu, tiradas dae un’ala a
s’atera chentza peruna piedade.
Mariantonia Fara
Alimentos Sardos in dies de festa
70 RETZETAS DE SA TRADITZIONE
U
nu donu agradessidu
meda est istadu pro
me custu lìberu de Costantina Frau, iscritora
sedilesa, autora de lìberos de
alimentatzione e de romanzos e
contos pro pitzinnos in italianu e
sardu, e no est, ebbia, unu lìberu de retzetas comente narat su
tìtulu. “Alimentos sardos in dies
de festa” est una testimonia de
sas abitudines alimentares de
sa Sardigna, ma puru de traditziones, de folclore e de religiosidade.
S’autora faghet una anàlisi
de sa nàschida de sas festas e
de sas recurrèntzias e aprufundit s’isàminu de sas caraterìsticas particulares issoro.
Su lìberu est iscritu in sardu
e in italianu, descriet a sa minuda totu sos ammanizos de sos
alimentos in totu sos passazos
tochende puru sas tènnicas de
tràbagliu de su pastore e de su
massaju, e custu est frutu de
un’istùdiu longu e de chircas e
intervistas fatas in su territòriu.
In s’antepòsidu, unu tzinnu a
sas traditziones populares mediterraneas e cristianas introduit
a s’argumentu, chi posca isvilupat in 13 capìtulos in sos cales
aprufundit sas usàntzias de sa
Sardigna.
Sos meses de s’annu sunt su
riferimentu pro sas festas e sas
recurrèntzias pius de importu,
cun sa descritzione de s’ammanizu de sos màndigos e de sos
durches tìpicos, comintzende
dae Bennarzu cun Santu Antoni
de su fogu e Carresegare e posca, Carèsima, Prammas, Pasca Manna, Pasca de Fiores, su
Tusorzu, su Messonzu de su trigu e de su laore, Nostra Segnora de Mesaustu, sa Binnenna,
Sos Santos e Pasca de Nadale.
S’autora non trascurat sos
màndigos pòberos, antzis ammustrat chi sa natura nos donat
ervas e frutos, chi pro tempòrios
sunt istados s’alimentu primarzu de s’òmine, e cun pagu infadu podent èssere impreados
in giambu de cussos màndigos
tropu refinados e pagu sanos
chi oe sunt in sas bancas nostras.
Custu lìberu est un’intzitu pro torrare a custu connotu
fatu de ischires antigos, de nuscos e sabores ismentigados,
de sos cales si nde podet aer
bonu proe pro sa salude, ma
est un’intzitu puru pro torrare a
pretziare e avaloriare sos frutos
naturales chi sa terra nos donat,
pro nos pònnere in armonia cun
nois matessi, cun sos àteros e
cun sa natura ispantosa de sa
terra nostra.
Domitilla Mannu
16
In Calendario
Libertà | 20 GENNAIO 2015 | Anno CV | numero 3
SAN GIOVANNI BOSCO
31 Gennaio 2015
Parrocchia San Giovanni Bosco
S. Messa
ore 18,00
Parrocchia N. S. Latte Dolce (Salesiani)
Triduo nei giorni 28-29-30 gennaio
alle ore 17,00
S. Messa
ore 18, 00
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per tornare a sentire come mai ti aspetteresti
Quando l’udito comincia a perdere
forza, le parole arrivano al cervello
sfocate e diventa difficile seguire il filo
del discorso. Lo Speech Guard è un
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