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Scienza e Fede alla luce del miracolo
Intervento del Prof. Carlo Jovine alla Conferenza-evento
“Giovanni Paolo II: un percorso di santità”
Roma, 27 marzo 2014
Tutti noi che siamo stati testimoni della vita e delle opere di Giovanni Paolo II nei
lunghi anni del suo Pontificato, abbiamo potuto constatare la grandezza dell’uomo,
del religioso, del Papa.
Instancabile nella sua opera di apostolato.
Aperto al dialogo con le altre religioni.
Attento alle necessità dei più poveri.
Strenuo difensore della libertà e della dignità dell’uomo, nel lavoro e nella tutela
della vita e della famiglia.
Vicino ai giovani.
Grande comunicatore.
Un dono di Dio all’Umanità e alla Chiesa.
Osservando il percorso della sua vita, sorge spontanea una domanda: chi avrebbe
scommesso su un uomo che a nove anni perde la madre, a quindici il fratello
maggiore e a diciott’anni il padre? Un uomo che va a lavorare in fabbrica, che si
occupa di poesia e di teatro durante l’oppressione nazista, che sceglie la vocazione
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religiosa sotto la dominazione comunista? Ripeto, chi avrebbe scommesso su un
uomo il cui destino pareva segnato da difficoltà insormontabili? E invece quell’uomo
diventa Vescovo, Cardinale e infine Papa, contribuendo al crollo del Comunismo e
lasciando un segno indelebile nella storia del nostro tempo.
I non credenti devono prendere atto di un destino eccezionale.
Per chi crede, è quanto mai chiaro il disegno della Provvidenza.
Io ho avuto il grande onore d’essere nominato, dalla Congregazione delle Cause dei
Santi, nella Consulta medica di sette specialisti che, stabilendo la “inspiegabilità
scientifica” della guarigione di suor Normand dal Morbo di Parkinson, ha posto le
premesse per la beatificazione di Giovanni Paolo II.
Quando mi fu conferito tale incarico, il mio primo impegno fu quello di sgombrare il
campo da ogni suggestione legata all’enorme fascino di un personaggio come Papa
Wojtyla, per concentrarmi esclusivamente sull’oggettività scientifica del caso. Devo
dire che la prima cosa che mi ha colpito è stata la grande mole di documenti
specialistici e testimoniali raccolti dai competenti organi della Chiesa nel corso del
processo canonico: un lavoro accuratissimo teso alla ricerca della verità al di là di
ogni ragionevole dubbio.
Voglio sottolineare che le due guarigioni scientificamente non spiegabili che Mons.
Slawomir Oder, postulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione, ha
presentato alla Congregazione delle Cause dei Santi per il riconoscimento dei due
miracoli attribuiti a Papa Wojtyla, sono solo una minima parte dei casi esaminati. In
tutto il mondo sono stati infatti segnalati moltissimi casi di guarigioni
scientificamente non spiegabili attribuite all’intercessione di Giovanni Paolo II.
Affinché una guarigione scientificamente non spiegabile venga considerata dalla
Chiesa un miracolo, deve avere tre caratteristiche: dev’essere istantanea, totale e
risolutiva.
A tale proposito, voglio ricordare che le sessantanove guarigioni miracolose avvenute
a Lourdes sono state recentemente riesaminate alla luce delle nuove tecnologie
scientifiche, e sono state tutte confermate come guarigioni scientificamente non
spiegabili.
Senza entrare nello specifico della straordinaria guarigione che ho avuto modo di
esaminare quale componente della Consulta medica, vorrei evidenziare in questa sede
le implicazioni che ne scaturiscono in merito al rapporto tra Scienza e Fede. Un
rapporto che proprio Giovanni Paolo II contribuì ad approfondire e chiarificare,
fornendo un contributo alla riflessione teologica e al pensiero filosofico moderno che
rimane tra i suoi lasciti fondamentali.
Il fisico italiano Antonino Zichichi, in un suo libro, definì Giovanni Paolo II «il Papa
che amava la Scienza», ricordando, tra l’altro, il suo incoraggiamento al “Manifesto
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di Erice” per una scienza dal volto umano e la simbolica richiesta di perdono a
Galileo Galilei per il processo intentato dalla Chiesa nel 1633.
Un orientamento – quello di Giovanni Paolo II – che espresse la sua “summa” nella
celebre Enciclica “Fides et Ratio”, con la bellissima metafora introduttiva delle due
ali: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza
verso la contemplazione della verità».
Nel lungo testo della Lettera Enciclica pubblicata nel 1998, il Sommo Pontefice si
rivolgeva inoltre, in modo esplicito, agli scienziati: «Nell’esprimere la mia
ammirazione ed il mio incoraggiamento a questi valorosi pionieri della ricerca
scientifica, ai quali l’umanità tanto deve del suo presente sviluppo, sento il dovere di
esortarli a proseguire nei loro sforzi restando sempre in quell’orizzonte sapienziale, in
cui alle acquisizioni scientifiche e tecnologiche s’affiancano i valori filosofici ed
etici, che sono manifestazione caratteristica ed imprescindibile della persona umana».
Fu proprio Giovanni Paolo II a dare vita alla grande alleanza tra Fede e Scienza,
affermando che l’uomo poteva avvicinarsi alla conoscenza del Creatore anche
attraverso l’interpretazione del meraviglioso libro della Natura, utilizzando gli
strumenti propri della ragione umana.
Nell’insegnamento di Giovanni Paolo II, Fede e Ragione non si escludono, come
vorrebbero le tendenze più superficiali e materialiste del pensiero contemporaneo,
ma, al contrario, si completano e si sostengono a vicenda. L’intelligenza umana non è
limitata all’ambito meramente empirico, ma è in grado di ascendere dall’esperienza
del reale a forme di conoscenza che trascendono l’ordine sensibile delle cose.
Nella cupola della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma è incisa
una celebre frase di Giovanni Paolo II: «La scienza ha radici nell’Immanente, ma
porta l’uomo verso il Trascendente». E sempre nella “Fides et Ratio” troviamo
scritto: «Una grande sfida che ci aspetta è quella di saper compiere il passaggio, tanto
necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento».
Con queste parole il grande Pontefice riconosce all’intelletto umano la capacità di
tendere verso la conoscenza di Dio.
Come spiega il Prof. Zichichi, è fondamentale che questi concetti vengano diffusi il
più possibile, per contrapporsi ai falsi teoremi della cultura dominante. La Scienza è
una sorgente di valori che, in sintonia con i valori della Fede, potranno migliorare in
futuro la qualità di vita dell’uomo, cancellando le molte aberrazioni dell’epoca
contemporanea.
Di recente è stato pubblicato un libro che pone una particolare attenzione nel rendere
comprensibili questi concetti anche a chi non ha una preparazione specialistica in
materia. Il libro, edito da Mondadori, è intitolato “Intervista su Dio”. Sottotitolo: “Le
parole della fede, il cammino della ragione”. Ne è autore Sua Eminenza il Cardinale
Camillo Ruini, intervistato da Andrea Galli, giornalista del quotidiano “Avvenire”.
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La forma dell’intervista si rivela particolarmente efficace perché consente di
articolare, già nella domanda, una premessa che consente al lettore di orientarsi,
anche in assenza di una specifica conoscenza dell’argomento.
Io stesso ho trovato in questo libro uno strumento e una guida. Un guida preziosa per
approfondire alcune riflessioni conseguenti alla straordinaria esperienza che ho
vissuto in qualità di medico che ha esaminato il miracolo della beatificazione. E
quindi di persona che ha toccato con mano le implicazioni del rapporto tra Fede e
Scienza argomentate da Papa Wojtyla.
Il Cardinale Ruini spiega che «scopo di questo libro è presentare le motivazioni
razionali della fede in Dio», e alla domanda «Nei confronti di quali personalità di
sente debitore?», cita il grande teologo canadese Bernard Lonergan, che «mi ha
aiutato a capire che eravamo entrati in un nuovo paradigma culturale, nel quale le
scienze hanno un grande ruolo, e che la teologia andava ripensata in questo contesto».
Esiste un’attività nell’immanente legata alla nostra ragione che permette la
distinzione netta e profonda fra l’uomo e le altre creature viventi, e ciò viene
sottolineato nel libro “Intervista su Dio”, ove si rivendica l’irriducibile originalità
della ragione umana da cui partono le domande fondamentali per arrivare a Dio.
E le domande fondamentali che anche uno scienziato umilmente deve porsi, nel
continuo interrogarsi in senso socratico “più so, più so di non sapere”, sono le eterne
domande che assillano l’uomo: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo; cos’è la
vita, cos’è la morte; chiuderemo gli occhi per l’eterno e, all’enigma di essere vissuti,
subentrerà l’enigma di non esserci più?
Seguendo un filo prettamente razionale, possiamo dire che “fare scienza” è capire la
logica della natura, è scoprire che esistono leggi fondamentali che regolano ogni
fenomeno: dall’universo dei quark alla nostra terra con foreste ed oceani, dai pianeti
alle stelle, al cosmo intero…
È la scienza che ci dice che quattordici miliardi di anni fa vi è stato un atto, che
possiamo definire “creativo”, per cui un punto di diametro prossimo allo zero e di
densità infinita, in cui erano contenuti lo spazio ed il tempo, è esploso dando origine
al tutto, regolato da leggi precise che vengono scoperte dalla scienza giorno dopo
giorno.
L’insieme di queste leggi rappresenta la logica che governa il mondo. Una logica da
cui discende la nostra vita. E allora viene da chiedersi: esiste un Creatore di questa
logica?
Il credente dice di sì, combinando tra loro fede e ragione.
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L’ateismo risponde di no. Ma non sa spiegare quel “no”. Non arriva a quel “no” per
un atto di ragione ma paradossalmente di sola fede. Ma fede nel “no” vuol dire fede
nel nulla: vale a dire un controsenso logico.
Personalmente, da un punto di vista scientifico, condivido l’impostazione del Prof.
Zichichi, il quale afferma: «La Scienza è frutto di un formidabile rigore logicomatematico, che trova nella Natura il confronto diretto con l’opera del Creatore».
Come credente e come uomo di scienza, anch’io sono convinto che, dal punto di vista
del pensiero razionale, sia molto più logico un atto di fede nel Creatore. Valorizzando
la capacità della ragione – come spiega Papa Wojtyla – di partire dal Fenomeno per
arrivare al Fondamento, di compiere il percorso dall’Immanente al Trascendente,
cogliendo il significato e la portata della nozione di Dio. La quale non dissolve il
Mistero ma ne rivela l’intima natura: non già un limite, ma piuttosto una forma di
rispetto per la nostra libertà, alla quale Dio non si impone, ma si propone per essere
cercato e abbracciato nell’atto illuminante della Fede.
Scrive in una sua poesia Giovanni Paolo II: «I pensieri si staccano dalle parole; si
entra col pensiero nel tutto…».
Per smentire il presunto antagonismo tra Fede e Scienza – un concetto purtroppo
ancora assai diffuso nella cultura di massa, e che esercita una deleteria influenza sulla
nostra visione del mondo – voglio ora rendervi partecipi del pensiero di alcuni illustri
uomini di scienza mettendo insieme un “collage” di citazioni.
Galileo Galilei: «Nelle mie scoperte scientifiche ho appreso più col concorso della
divina grazia che con i telescopi». E ancora: «La Natura e la Bibbia sono due libri
scritti dallo stesso Autore».
Isaac Newton: «Non credo che l’Universo si possa spiegare solo con cause naturali,
e sono costretto ad imputarlo alla saggezza e all’ingegnosità di un Essere intelligente.
Io mi vedo come un fanciullo che gioca sulla riva del mare e si diverte a scoprire un
ciottolo più levigato o una conchiglia più bella del consueto, mentre davanti a me si
estende inesplorato l’immenso oceano della Verità».
Albert Einstein: «La mia religione consiste nell’umile adorazione di un Essere
infinito spirituale di natura superiore, che rivela se stesso nei piccoli particolari che
noi possiamo percepire coi nostri sensi deboli e insufficienti».
Ad Einstein si deve inoltre un aforisma assai noto anche presso il grande pubblico:
«La scienza senza la religione è zoppa. La religione senza la scienza è cieca».
Arno Penzias (fisico, Premio Nobel, agnostico, che scoprì la radiazione cosmica di
fondo, considerata la più importante prova sperimentale a favore del “Big Bang”):
«Tutto ebbe inizio in un preciso istante e da un’origine inafferrabile che sta fuori dal
tempo e dallo spazio, dalla materia e dalle leggi fisiche che regolano questo Universo.
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Se l’energia del “Big Bang” fosse stata appena superiore o appena inferiore tutto si
sarebbe autodistrutto. Invece fu misteriosamente perfetta».
Max Plank (fisico, Premio Nobel): «Religione e scienza non si escludono, ma si
completano e si condizionano a vicenda; è un dato indubitabile della ricerca fisica che
le pietre elementari dell’edificio del mondo non giacciono una accanto all’altra
isolate e senza coesione, ma sono connesse secondo un piano unico per cui tra tutti
gli eventi della natura domina una legalità universale, da noi fino ad un certo punto
conoscibile».
Wernher von Braun (capostipite del programma spaziale americano): «Più si
comprende la complessità dell’Universo, più dobbiamo ammirare il progetto inerente
su cui esso si basa. Credere che tutto l’Universo sia accaduto per caso sarebbe in
contrasto con l’oggettività della stessa scienza».
E infine una personalità scientifica al cui ricordo sono legato anche a titolo personale:
Sir John Eccles, Premio Nobel per la medicina, che nel 1981 conferì un premio ad
una mia pubblicazione scientifica. «Il nostro essere dotato di ragione, unico tra tutte
le forme di materia vivente – scrive Eccles – che ci permette di fare scienza
dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande e di vivere i nostri sentimenti di
amore e libertà avvertendo che il cosmo non è qualcosa che gira perennemente senza
senso, ci fa comprendere che siamo tutti parte di un grande disegno».
Le parole di questi grandi scienziati che, nello sviluppo delle loro ricerche, hanno
compreso e sentito che vi è un ordine tanto preciso che sarebbe irrazionale attribuire
al caso, sono la prova di ciò che afferma Giovanni Paolo II nella parte finale della
“Fides et Ratio”: «Lo scienziato è ben consapevole che la ricerca della verità, anche
quando riguarda una realtà limitata del mondo o dell’uomo, non termina mai; rinvia
sempre verso qualcosa che è al di sopra dell’immediato oggetto degli studi, verso gli
interrogativi che aprono l’accesso al Mistero».
E noi uomini che “tagliamo con la lama del passo lo spazio del grande Mistero” –
come scrive in una sua poesia Giovanni Paolo II – dobbiamo far nostro
l’insegnamento per cui Scienza e Fede sono due ali che permettono allo spirito
umano di elevarsi, e la Ragione è lo strumento che consente, a noi esseri dotati di
intelletto, di percorrere umilmente la strada che porta dal Fenomeno al Fondamento,
dall’Immanente al Trascendente.
Prof. Carlo Jovine
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La conferenza-evento “Giovanni Paolo II: un percorso di santità” si è svolta a Roma il 27 marzo
2014, presso la Chiesa Santa Maria Immacolata e San Giuseppe Benedetto Labre, luogo di
esposizione perpetua della reliquia di Karol Wojtyla.
Insieme al Prof. Jovine, hanno partecipato in qualità di relatori all’evento: Sua Eminenza il Card.
Camillo Ruini; Padre Boguslaw Turek, sottosegretario della Congregazione delle Cause dei Santi;
Mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni
Paolo II. Nel ruolo di moderatore, il Dott. Marcello Terramani, responsabile dell’Area Religione
dell’associazione “Res Magnae” (www.resmagnae.org). Saluto ai presenti a cura del Dott. Marco
Italiano, Presidente dell’associazione “Res Magnae”, che ha organizzato l’evento con la
collaborazione del social network “Orbisphera” (www.orbisphera.com).
Il Prof. Carlo Jovine è Primario Neurologo dell’Ospedale S. Giovanni Battista dell’Ordine di
Malta, Perito ufficiale della Congregazione delle Cause dei Santi e del Supremo Tribunale della
Segnatura Apostolica. Ha fatto parte della Consulta medica di sette qualificati esperti che ha
stabilito la “inspiegabilità scientifica” della guarigione di Suor Normand dal morbo di Parkinson,
premessa della beatificazione di Giovanni Paolo II.
www.carlojovine.net
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