Televisione rebus digitale - Ordine dei giornalisti Lombardia
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Televisione rebus digitale - Ordine dei giornalisti Lombardia
Tabloid Anno XLI N.3 Maggio-Giugno 2011 Direzione e redazione Via A. da Recanate 1 20124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Poste Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 1). Filiale di Milano New Ordine dei Giornalisti della Lombardia A s s o c ia zio ne “ Walter Tobagi”- I stitu to pe r la f orm a z ion e a l G ior n a lis m o “ Ca rlo De M ar t i n o ” Televisione rebus digitale Master Nuovi corsi di specializzazione e formazione permanente Ordine etica e professione in un convegno il 6 ottobre La legge cause civili pretestuose i cronisti alzano la testa Multimedialità colleghi sul web le testate che fanno informazione Sommario New Tabloid n. 3 Maggio-Giugno 2011 4 editoriale Il seme dell’ottimismo e la parola ritrovata di Letizia Gonzales 6 inchiesta Televisioni locali, rebus digitale di Margherita Acierno 11 Si vede quel che si può, non quel che si vuole di Francesco Siliato 17 Sky-Current Tv, divorzio all’italiana di Paolo Pozzi 18 Il digitale? Un flop. Gli Usa puntano sull’IpTv di Dom Serafini 19 iniziative dell’ordine Etica e professione, convegno il 6 ottobre 20 Giornalisti specializzati e formazione permanente di Walter Passerini 22 Carta e online senza più steccati di Maria Comotti 24 Racconti lombardi al Premio Gavinelli 25 Divulgatori scientifici, Milano in prima fila 26 Politica, cronaca, sport. Il sociale dove lo metto? di Eleonora Brianzoli 27 Attori-cronisti, report dalle città fragili di Lidia Baratta 28 La passione criminale dei Tg di Erika Crispo 29 Un giorno in galera da cronisti per caso di Linda Irico e Ignazio Stagno 30 l’angolo della legge Cause civili pretestuose I cronisti rialzano la testa di Mario Consani New Tabloid - Periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Poste Italiane Spa. Sped. Abb. Post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 1). Filiale di Milano - Anno XLI N. 3 / Maggio-Giugno 2011 Direttore responsabile: Letizia Gonzales Redazione: Paolo Pozzi Hanno collaborato: Margherita Acierno, Antonio Andreini, Eleonora Brianzoli, Lidia Baratta, Guido Camera, Frank Cimini, Paolo Colonnello, Maria Comotti, Mario Consani, Erika Crispo, Raffaele Fiengo, Simona Fossati, Alessandro Galimberti, Linda Irico, Pino Rea, Walter Passerini, Dom Serafini, Francesco Siliato, Ignazio Stagno. Tabloid 3 / 2011 32 Io, querelato da Gelli Previti, Bossi e Craxi di Paolo Colonnello 34 Io, inquisito dal pool attendo ancora giustizia di Frank Cimini 35 Meno facili le citazioni per danni La piccola rivincita dei giornalisti di Alessandro Galimberti 36 Se anche il cronista diventa carnefice di Guido Camera 38 l’osservatorio sull’estero Pr e giornalisti, legami pericolosi di Pino Rea 40 colleghi sul web Linkiesta scuote le news di Maria Comotti 42 colleghi in libreria Morte e resurrezione del ‘vecchio’ giornale di Antonio Andreini 44 i numeri 46 testimonianze e ricordi L’addio a Roberto Morrione comandante di Vascello in Rai di Raffaele Fiengo Marilisa, il sorriso di una fantasma birichina di Simona Fossati Realizzazione editoriale: Newton ec srl Milano Progetto grafico e impaginazione: Maria Luisa Celotti Studio Grafica & Immagine Crediti fotografici: Photos, NewPress, Giusy Battaglia, Gin Angri/Buenavista Photo, Valeria Abis/Agenzia Photoviews, FotoMascheroni Foto di copertina: Elaborazione R. Minoia Direzione, redazione e amministrazione: Via Antonio da Recanate 1 20124 Milano Tel: 02/67.71.371 - Fax 02/66.71.61.94 Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia: Letizia Gonzales: presidente Stefano Gallizzi: vicepresidente Paolo Pirovano: consigliere segretario Laura Mulassano: consigliere tesoriere Consiglieri: Franco Abruzzo, Mario Consani, Gabriele Dossena, Roberto Di Sanzo, Laura Hoesch Collegio dei revisori dei conti: Gaetano Belloni (presidente) Aldo Soleri, Angela Battaglia Direttore OgL: Elisabetta Graziani Registrazione n. 213 del 26-05-1970 presso il Tribunale di Milano. Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori della Comunicazione (Roc) Tiratura: 28.000 copie Chiuso in redazione il 31 maggio 2011 Stampa: Italgrafica srl Via Verbano 146 - 28100 Novara Veveri Concessionaria di pubblicità: Newton ec srl Via Dezza 45 - 20144 Milano E.mail: [email protected] Tel: 02/39400290 - Fax: 02/39400289 3 Editoriale Il seme dell’ottimismo e la parola ritrovata Una lettera di cinque facciate. Un allegato di 360 poesie. Una ventata di emozioni, riflessioni, pensieri di una giornalista coraggiosa che vuole scrivere ad una sconosciuta che forse l’ascolta, per raccontare il giornale dove lavora e se stessa. E’ accaduto mentre riflettevo sul senso di questo editoriale e sul bisogno di tornare a ripensare all’uso del linguaggio. Grazie! Tea, perché è proprio delle donne il saper farsi coraggio con leggerezza nei momenti più difficili, parlare di amore volontà, gioia, amicizia, dolore, paura. Scienza e fede, corpo, piacere e cibo, di madri e figli come nella bella testimonianza dell’oncologo Umberto Veronesi ”Dell’amore e del dolore delle donne” pubblicata da Einaudi. Parole, soltanto parole che pesano però e possono diventare impietose e crudeli quanto banali ed ovvie quando raccontano malamente realtà difficili come rom e migranti ai quali don Virginio Colmegna, collega pubblicista, dedica da molti anni la sua attività di sacerdote e narra in un bel libro appena uscito dal Saggiatore, “Non per me solo”. Ai linguaggi che i giornalisti maneggiano per lavoro a volte con troppa disinvoltura e cinismo, al “glossario del disprezzo” così definito da un collega all’indomani dell’apparizione sui muri milanesi di manifesti elettorali che incitavano all’odio ma anche al richiamo del mondo cattolico più qualificato e sensibile, di informazione senza pregiudizi, ai temi sociali come fonte di notizie sono stati dedicati ultimamente due bei convegni patrocinati e sostenuti dall’Ordine, che hanno visto come testimone esperto proprio Don Colmegna a confronto con Alessandra Scaglioni di Radio 24, Ugo Savoia del Corriere della Sera, Giorgio Paolucci de l’Avvenire e Walter Passerini vicedirettore del master di Giornalismo della Statale di Milano Parole in forma di notizie, più di 1.000 dedicate agli atti criminosi soltanto nel 2010 dal Tg1, crimini trasformati in reality show, spettacolarizzazione di casi sensazionali come l’uccisione di due minorenni Yara e Sara, sino all’insana passione di costruire l’audience sulla rappresentazione simulata dei delitti con ricostruzione al computer di luoghi e stanze virtuali sono oggetto dell’articolo di Erika Crispo, un’allieva 4 Tabloid 3 / 2011 Editoriale del master di giornalismo dello Iulm che ha sintetizzato i dati di uno studio delle colleghe Assunta Sarlo e Susanna Ripamonti, presentato al seminario “Media e carcere” promosso in collaborazione con la direzione del carcere di Bollate. Ancora parole come arma di pressione sottoforma di cause civili pretestuose che colpiscono i cronisti giudiziari e non soltanto loro per limitarne la libertà di racconto sono l’argomento di un ampio servizio dedicato alle liti temerarie ed alle esorbitanti pretese di risarcimento avanzate da chi si ritrova protagonista di cronache scomode. Ma c’è una via, un orientamento maturato recentemente in seno alla magistratura per frenare lo smodato utilizzo della richiesta di danni per diffamazione ed è quello di sanzionare il querelante qualora si accerti che le motivazioni erano insussistenti. Ce ne parla Mario Consani, collega consigliere nonchè cronista giudiziario, in un’intervista al giudice Roberto Bichi presidente della prima sezione del Tribunale di Milano che si occupa di cause civili per diffamazione. Ma non solo alle parole è dedicato il numero di Tabloid di questo mese. Nell’intento di continuare ad indagare il mondo dell’informazione, questa volta ritorniamo alla Tv digitale (ne abbiamo parlato un anno fa) ed all’impatto che ha avuto sull’audience, sulla pubblicità, sugli investimenti. L’esauriente inchiesta di Margherita Acierno fa il punto un anno dopo l’introduzione del controverso digitale terrestre nella maggior parte delle regioni italiane. Su luci e ombre di un sistema non ancora a punto compiutamente. Sulle difficoltà incontrate dagli operatori per ottenere i canali di trasmissione, sui problemi finanziari che si sono trovati ad affrontare gli editori senza contare i problemi tecnici che hanno subito gli utenti. Ad esempio io che mi considero nella media dei fruitori televisivi sono una di quelle che devono utilizzare due telecomandi, più un terzo per le pellicole noleggiate, più l’indispensabile decoder, più la chiavetta per vedere in modo intermittente e capriccioso le trasmissioni che mi interessano, saltabeccando fra i numeri che catturano le reti che hanno cambiato canale. Un esercizio di pazienza frammentato da accidenti e alto senso di frustrazione per non essere sufficientemente tecnologica nel maneggiare i vantaggi del progresso. Ma leggendo l’inchiesta mi sono consolata nel ritrovare un’abbondanza di incongruenze e disagi che si verificano da quando c’è stato il passaggio all’era del mitico sistema, valore aggiunto alla qualità dell’immagine. Tormentone che sembra ahimé destinato a durare se è vero che ci aspetta un ulteriore passaggio al sistema più attuale ed efficace della televisione via internet, che prende le iniziali di IpTv. E a proposito di tecnologia spero che abbiate apprezzato la nuova versione della newsletter sempre più stringata, per tenervi informati del nostro lavoro e delle nostre iniziative. Il presidente Letizia Gonzales Tabloid 3 / 2011 5 L’inchiesta viaggio tra le emittenti lombarde Televisioni locali un rebus digitale L’abbandono del sistema analogico è ormai cosa fatta nella metà delle regioni italiane. Ma non ci sono frequenze sufficienti per tutti gli operatori e l’imminente asta è un’incognita, quindi lo switch-off nazionale slitta ancora nel 2012. La Lombardia è l’area più vasta: sono 45 le Tv (62% d’informazione) censite dal Corecom. Con qualche problema d’interferenza di Margherita Acierno 6 Tabloid 3 / 2011 L’inchiesta Entertainment e news: 2 tv su 3 in Lombardia Comunitaria 9% Informativa 62% Commerciale 29% E siamo a dieci. In metà delle regioni italiane, 19,5 milioni di famiglie, si è completato lo switch-off, ovvero il passaggio dalla trasmissione televisiva analogica a quella digitale. Nel secondo semestre 2011 passeranno al digitale terrestre Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, provincia di Foggia e l’anno prossimo toccherà a Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Ma il nuovo calendario per la transizione al Dtt, presentato dal ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani durante la riunione del 1° marzo del Cnid - il Comitato nazionale Italia digitale al quale aderiscono istituzioni e operatori - ha subito incassato il secco no di Aeranti-Corallo e Frt, le principali associazioni delle tivù locali. La ragione della loro bocciatura alle nuove date di switch-off non fa una piega: “Le frequenze disponibili – dicono - non sono sufficienti a garantire a tutte le altre 200 emittenti che oggi operano in tecnica analogica di di- ventare operatori di rete digitale”. E dove sono finite queste frequenze? La risposta sta nella legge di Stabilità 2011, che ha tolto 9 delle 27 frequenze assegnate dal piano nazionale dell’Agcom alle tivù locali per darle entro il 30 settembre ai provider telefonici che parteciperanno all’asta competitiva per la banda larga. Insomma, nelle dieci regioni ancora da digitalizzare il passaggio alla nuova tecnica di trasmissione avverrà con soltanto 18 frequenze, che in molti casi sono anche di scarsa qualità, a rischio quindi di interferenze con le emittenti di Stati adiacenti. Il nuovo scenario per il passaggio al digitale ha dunque aperto l’ennesimo contenzioso tra emittenti e istituzioni, prospetta tempi ben più lunghi per lo switch-off di tutto il Paese e va ad allungare l’elenco di difficoltà che hanno accompagnato in questi anni l’arrivo della nuova televisione. Per le piccole antenne private andare sul Dtt è stato infatti un vero e proprio travaglio, coinciso pure con la più dura crisi economica da quando esistono: fatturati pubblicitari dimezzati, pro- Emittenti locali lombarde: distribuzione per provincia Telemonteneve Espansione TV Televalassina Teleunica Rete 55,La 6 Telesettelaghi Tbne Teletutto, Brescia Telenord, Brescia Punto Tv, RTB Network, Più Valli Tv, Teleboario, Super Tv,Telepontedilegno Canale 11 Telelombardia, Antenna 3, C6, Telereporter, Telecampione, Telenova, Telecity, Milano +,Telestar, Telemilano, Più Blu Lombardia, Tele NBC Mantova Tv, Telemantova Lodi Crema Tv, Telepace Lodi Tabloid 3 / 2011 Bergamo Tv, Videobergamo, Videostar, Videostar 2, Antenna 2, Teleclusone Studio Tv 1, TRS, Telesolregina, Lombardia Tv, Telecor, Prima Rete Lombardia 7 L’inchiesta •Tre immagini del Gruppo Mediapason (Telelombardia e Antenna 3 Lombardia): a destra, nell’ordine, Milanow, nuovo canale digitale all news su Milano e provincia e TopCalcio24, dedicato 24 ore su 24 a Milan, Inter e Juventus. Sotto “Qui Studio a voi Stadio”, trasmissione sportiva di punta di Telelombardia, condotta da Fabio Ravezzani. blemi di ricezione, drastico calo degli ascolti, taglio dei finanziamenti (le misure di sostegno per le circa 600 tivù locali sono scese da 150 a 120 milioni di euro), elevate spese per riconvertire gli impianti di trasmissione per poi ritrovarsi su ciascuna delle frequenze di cui dispongono troppi canali (su ogni frequenza possono essere trasmessi in media sei canali), che in questi tempi di vacche magre rischiano di rimanere vuoti perché non si sa come riempirli. A tutto ciò si aggiunge l’insoddisfazione degli utenti, soprattutto le fasce più anziane, alle prese con la sintonizzazione delle reti tivù, le antenne da orientare, i decoder che non riconoscono automaticamente l’ordine dei canali. Nelle dieci regioni già passate al Dtt 8 il problema più grosso, almeno fino alla metà del 2010, è stato proprio l’ordinamento dei canali, poiché la numerazione non era regolamentata e ciò ha creato molte criticità soprattutto in Lazio e Campania, dove operano numerose emittenti private. Soltanto lo scorso agosto è entrata finalmente in vigore la delibera Agcom n.366 che ha stabilito l’ordinamento automatico dei canali chiamato Lcn (logical channel number): alle tv locali sono andati i canali dal 10 al 19, dal 71 al 99 e dal 601 al 699. Meno ardua, ma pur sempre complessa, è stata la transizione dell’area tecnica 3 (per effettuare lo switch-off l’Italia è stata divisa in 16 aree), ovvero tutta la Lombardia (tranne Mantova), Parma e Piacenza e Piemonte Orien- tale. E’ l’area più vasta, che ospita gli impianti di 100 soggetti e per di più in piena Pianura Padana dove in assenza di schermature orografiche (le montagne) non mancano parecchie interferenze tra emittenti provinciali o interprovinciali, poiché queste ultime spesso convivono sulla stessa frequenza. Soltanto in Lombardia ci sono circa 45 piccole emittenti private che, secondo la Relazione annuale 2010 del Corecom, per circa il 60% ha natura informativa e le più importanti fanno capo a pochi gruppi e circuiti con diffusione regionale ma anche nazionale. Sempre secondo il Corecom, nel 2008 la Lombardia è stata la regione che ha ricevuto il volume di risorse pubbliche più elevato (17 milioni di euro), ma a fattu- Tabloid 3 / 2011 L’inchiesta digitale terrestre in lombardia 1 milione e 300 mila telespettatori Auditel mese aprile 2011 Italia Ascolto medio Copertura Ascolto medio Share Penetrazione Ascolto medio Share Penetrazione Ascolto medio Share Penetrazione Lombardia 10.200.645 1.616.785 56.770.829 9.188.851 Analogica terrestre 2.134.424 18 20,9% 0,0% 18.022.220 20.707 Digitale terrestre 6.382.179 1.360.526 62,6% 84,2% 45.589.313 8.890.475 Satellitare 1.634.422 243.496 16% 15,1% 15.620.683 2.378.603 Fonte: Auditel rapporto mensile aprile 2011. Rilevazioni ed elaborazione Nielsen Tv Audience Measurement Italy. rato invariato, o in calo, le televisioni hanno dovuto investire di più per il passaggio al digitale ricorrendo al credito nel 40% dei casi con un peggioramento progressivo dei conti economici. “Gli investimenti sostenuti dalle nostre tivù sono stati molto alti, pari a circa 80 milioni di euro, con una media di circa 1 milione per ciascuna emittente provinciale e di 4 milioni per quelle regionali”, precisa Maurizio Giunco presidente di Frt ed editore della comasca EspansioneTv. “La Regione Lombardia ci ha aiutati finanziariamente con una dotazione di 5 milioni di euro. E grazie a questi investimenti, ma facendo anche molti sacrifici – aggiunge il presidente di Frt - quasi tutti gli editori lombardi hanno realizzato i nuovi impianti digitali in modo ineccepibile”. In Lombardia, infatti, l’avvio dell’era digitale terrestre è avvenuto in modo abbastanza ordinato se si considerano gli 8,3 milioni di abitanti coinvolti, la vastità del territorio e la sua conformazione con la presenza di montagne e valli. Anche qui comunque non sono mancati i problemi, come l’instabilità delle numerazioni di alcuni canali e la limitazione alla ricezione dovuta a fattori tecnici (vecchie antenne condominiali, filtri di protezione inadeguati, differenti ripetitori e multiplexer). “Credo comunque che la Lombardia si sia distinta positivamente rispetto ad altre regioni, anche perché i nostri editori ed operatori hanno una grande expertise in materia, visto che la televisione privata è nata proprio qui trent’anni fa”, continua Maurizio Giunco. “A ciò si deve aggiungere che gli abitanti di questa regione sono ben disposti all’innovazione tecnologica e sebbene oggi ci sia ancora qualche criticità per l’arrivo del Dtt, credo sia soltanto una fase passeggera e di breve durata”. Leader indiscusso del panorama televisivo lombardo è il Gruppo Me- Forti investimenti delle Tv locali sul Dtt ma i fatturati sono rimasti invariati Tabloid 3 / 2011 diapason presieduto da Sandro Parenzo, che controlla Telelombardia, Antenna3 ed altre piccole emittenti. Del gruppo fanno parte anche altri soci, tra cui Giuseppe Garofalo del gruppo Industria e Innovazione. Mediapason nel 2010 ha fatturato 22 milioni di euro di pubblicità, dà lavoro a 156 dipendenti più 226 collaboratori e le sue redazioni si compongono di 44 giornalisti di cui quattro da poco assunti per il lancio dei nuovi canali digitali del gruppo. “Quando la Lombardia è passata al Dtt noi avevamo già digitalizzato tutta l’area di trasmissione anche nelle province di confine e questo ci ha permesso di arrivare immediatamente in tutte le case”, dice Sara Cipollini amministratore delegato di Mediapason. “Il nostro investimento sulla rete infrastrutturale è stato di oltre 3 milioni di euro”. Telelombardia copre tutta la regione, parte del Piemonte ovest e dell’Emilia Romagna e poi il lago di Garda e Verona, per un totale di 13 milioni di persone. Antenna3 arriva invece in tutte le province lombarde. “Alle nostre due emittenti principali sono stati assegnati i canali 10 e 11 (prima eravamo su 8 e 9) e non c’è dubbio 9 L’inchiesta che questa numerazione del Lcn ci ha favorito parecchio”, aggiunge Cipollini. “L’altro nostro punto di forza è la scelta editoriale con cui abbiamo valorizzato i nostri asset di sempre, ovvero l’informazione del territorio e lo sport, in particolare il calcio”. E infatti le prime due mosse del gruppo sono state proprio lanciare sul Dtt il canale all news Milanow di informazione locale su Milano e provincia e TopCalcio24 dedicato 24 ore su 24 alle squadre Milan, Inter e Juventus. Milanow graficamente è un mix di televisione e web con la finestra video al centro e intorno le altre aree tematiche. Nel palinsesto di Milanow ci sono pillole di news, programmi di approfondimento dedicati a cronaca e politica locale, magazine di lifestyle, cultura e società. TopCalcio24, con una redazione di 20 giornalisti, layout grafico simile a un portale internet, informa in tempo reale sulle novità del mondo calcistico e dei suoi principali protagonisti. A breve Mediapason lancerà anche i canali TopTech, dedicato al mondo hi-tech, e TopMusica. L’altra nuova partenza del gruppo, già on-air da qualche mese, è Canale 6 a tema retrò, che propone infatti molti contenuti di library, tutti digitalizzati, ovvero canzoni popolari e folk e vecchi programmi di artisti ormai affermati che sono nati su Telelombardia e Antenna3. “Abbiamo investito circa 30 milioni tra teatri di posa e attrezzature - aggiunge l’ad di Mediapason - e siamo molto contenti dei risultati ottenuti, tant’è che con i nostri canali facciamo più dell’80% dell’audiance di tutte le emittenti locali lombarde, pari a 6 milioni e 700 mila contatti netti mensili”. Il Gruppo Mediapason, infine, ha anche lanciato la versione hd di tutti i suoi canali. Ma tra i player lombardi c’è anche chi del passaggio al digitale terrestre parla con toni meno entusiastici. Fioravante Cavarretta, direttore generale di Telenova (Edizioni San Paolo), sostiene che “il Dtt darà sicuramente molte opportunità agli editori che intendono ampliare la loro offerta di contenuti, peccato che al momento si è potuto fare ancora poco poiché lo switch-off è coinciso con la forte •Maurizio Giunco (sopra), presidente Frt e di Espansione Tv di Como e, a destra Holiday, nuovo canale dedicato al turismo sui laghi lombardi lanciato da poco nel mix di Espansione Tv. 10 Tabloid 3 / 2011 L’inchiesta •Nella pagina a fianco, gli studi delle emittenti televisive Telemantova (a sinistra) e BresciaPuntoTv. Sotto, Matteo Inzaghi, direttore informazione di Rete 55 di Varese. crisi economica di questi ultimi due anni che ha bloccato nuovi investimenti. A ciò si aggiunge - prosegue Cavarretta – il crollo degli ascolti che in tanti hanno registrato, vista la ciclopica offerta che i telespettatori si sono ritrovati col digitale, e questo ha inciso negativamente anche sulla raccolta pubblicitaria”. C’è poi anche un altro tema che manda Cavarretta su tutte le furie, ovvero la decisione del Ministero dello sviluppo economico di sottrarre frequenze alle locali per destinarla alla gara per la banda mobile. “E’ stato un vero colpo basso che avrà come conseguenza la sparizione di molte emittenti locali per non parlare dei tanti contenziosi che poi si apriranno”. Intanto Telenova prova a tenere il passo col nuovo scenario televisivo lavorando a pieno ritmo sui canali digitali da poco lanciati. Sono Telenova+1, che trasmette a distanza di un’ora il palinsesto del canale principale; Telenova 2, che ha una programmazione a base di fiction, musica classica, documentari, approfondimenti sulle Scritture, oltre alle dirette delle messe del sabato e della domenica dal Duomo di Milano; e in- Tabloid 3 / 2011 fine c’è Telenova 3 SportAction, dedicato al mondo dei motori con news, dibattiti, telecronache di gare motociclistiche e automobilistiche, prove, presentazioni di nuovi modelli. Con le frequenze del suo multiplex ancora libere, Telenova ha deciso di fare cassa affittandole a terzi che per il momento sono MI2015, il canale dedicato all’Expo e Viaggiando Tv, una rete di shopping. “Anche se cominciamo a vedere spiragli di ripresa economica, credo comunque che ci aspettino ancora tempi duri”, conclude il direttore generale dell’emittente. “Per fortuna il grosso degli investi- menti per la transizione al digitale, pari a 4 milioni di euro, li avevamo già completati e oggi siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto”. Telenova, che viaggia su una media di 500mila contatti netti giornalieri, copre tutta la Lombardia, le province di Parma e Piacenza e sfora a Novara, Vercelli, Biella e parte di Alessandria e Asti. Quando nel 2000 l’emittente si era trasferita nella nuova e attuale sede di via Silva a Milano, aveva convertito in digitale tutta la macchina produttiva e di trasmissione per un investimento di 10 miliardi di vecchie lire. Quel grosso lavoro di allora è ancora oggi il fiore Il parere dell’esperto Schizofrenie da decoder: si vede quel che si può, non quel che si vuole La piattaforma digitale terrestre ha fermato la propria crescita. Negli ultimi due mesi la visione televisiva attraverso un decoder terrestre è stabile al 63%, dopo una crescita impetuosa che ha visto salire del 66% in un anno l’utilizzo di un decoder digitale terrestre per seguire la programmazione tv. Fatto sta che star dietro alle bizze dei decoder è diventato un lavoro; sintonizzarsi e risintonizzarsi su canali dalla eccessiva instabilità penalizza il consumo di televisione. In una zona del paese manca un pezzo di Rai, in un’altra è monca Mediaset e le locali si arrangiano un po’ ovunque. Gli ascolti quindi si differenziano non tanto sui gusti dei cittadini, quanto su quello che si riesce a vedere. L’ascolto sale, a far stare le persone davanti alla tv ci pensa la crisi, ma, per esempio in aprile, chi riceve via satellite segue di più tra i canali nativi digitali Rai News e Rai Yo yo, mentre chi segue la Tv da decoder terrestre segue di più Rai 4 e Boing. Schizofrenie da decoder. Gli ingegneri hanno molto sottovalutato la transizione e la politica è alle prese con le proteste degli editori televisivi locali, solo in Italia tanto presenti sulle frequenze, penalizzati dalla necessità di abbandonare frequenze sulle quali trasmettono, a volte loro assegnate da poco, come in Lombardia e nelle regioni digitalizzate a fine 2010, per far sì che il Tesoro incameri i 2,4 miliardi previsti dalla gara per l’assegnazione alle telco di frequenze oggi televisive. Il Ministero per lo Sviluppo economico però prende tempo e a metà aprile ha rinviato alla seconda metà del 2011 la transizione di Liguria, Marche, Umbria, Abruzzo, Toscana e Molise, mentre Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia dovrebbero chiudere la transizione italiana nella prima metà del 2012. Ma siamo già a metà 2011, i contenziosi non sono ancora chiusi e i decoder svolazzano. Francesco Siliato Politecnico di Milano Partner Studio Frasi 11 L’inchiesta La5 Iris K2 47.269 52.735 67.032 71.593 76.467 Rai Real Premium Time Rai Yoyo Rai Movie Rai News top 10, il programma più visto per i primi dieci canali Canale Data Fascia oraria Programma Amm* Boing 19-04-2011 20-21 Spongebob/The Garfield Show 456.524 Rai4 6-04-2011 21-22 Shoft 551.674 La5 26-04-2011 22-23 Quando meno te lo aspetti 401.080 Iris 5-04-2011 22-23 Hollywood Omicide 497.727 K2** 5-04-2011 20-21 Due fantagenitori 344.665 Rai Premium 29-04-2011 22-23 Il maresciallo Rocca 4 346.654 Real Time 12-04-2011 21-22 Il boss delle torte 238.769 Rai Yoyo 2-04-2011 14-15 Barbapapà/L’Albero azzurro/Pingu 238.967 Rai Movie 30-04-2011 22-23 Fantozzi contro tutti/Non dirlo a nessuno 272.554 Rai News 19-04-2011 78 News Meteo traffico/ Dentro la notizia/Rassegna stampa 210.636 Fonte: Elaborazione Starcom su dati Auditel/Agb Aprile 2011. *Audience minuto medio individui. **L’audience di K2 è comprensiva della quota derivante dalla piattaforma analogica stato pensato anzitutto per i tanti turisti che trascorrono la loro vacanza sui laghi della Lombardia. L’altro nuovo canale che partirà a giugno è un blob di video amatoriali spediti dai telespettatori lombardi, una specie di YouTube televisivo per trasmettere sul piccolo schermo scene di vita quotidiana degli abitanti della regione, con un occhio di riguardo ai talenti artistici. Spostandoci nella provincia di Varese, l’emittente leader del territorio, Rete55, col passaggio al digitale ha rinforzato la sua cifra distintiva, ovvero fare informazione Nuovi contenuti e canali tematici sui multiplex (mux) per tutte le Tv locali 12 83.508 Rai 4 86.885 Boing 93.353 97.818 TV digitali Multipiattaforma: i canali più visti 109.282 all’occhiello dell’emittente, che vanta una sede operativa davvero all’avanguardia dove lavorano 55 dipendenti, di cui 12 giornalisti e numerosi collaboratori. “Ora che siamo sul digitale terrestre a far la differenza non sarà più la posizione dei canali sul telecomando, ma la qualità dei contenuti che proponiamo”, rilancia Maurizio Giunco. “Chi già aveva un forte radicamento sul territorio e una buona programmazione è proiettato in breve tempo a una crescita degli ascolti, a differenza di emittenti con mission editoriali deboli che verranno sempre più penalizzate dall’esplosione di centinaia di nuovi canali”. Per Giunco, col digitale terrestre si è passati a una nuova fruizione della televisione dove lo zapping è sparito a vantaggio dei ‘preferiti’, ovvero le reti a cui i telespettatori sono più fedeli. “Con la numerazione automatica ogni emittente ha un numero certo che non verrà dimenticato dal suo pubblico più affezionato, mentre con la vecchia trasmissione analogica il canale cambiava da regione a regione”. Sulla sua emittente Espansione Tv, che ha copertura regionale ma non raggiunge Mantova, il presidente Giunco ha investito 4,5 milioni di euro per la transizione al digitale. “Da sempre la nostra emittente fa informazione sul territorio di Como e continueremo a farlo, perché la cifra distintiva delle tivù locali sul Dtt è proprio il forte localismo. Insomma – conclude Giunco – la nuova tivù digitale è tematica e per le locali questo significa essere anzitutto le televisioni del territorio in cui si trovano”. Espansione Tv, che fa una media 2 milioni e mezzo di contatti mensili, conta su una squadra di lavoro di 27 persone, di cui 8 giornalisti. I nuovi canali del suo Mux sono Holiday e MiaTv. Il primo è dedicato a documentari sui laghi lombardi, molto brevi e prodotti internamente. Il canale trasmette anche in lingua inglese e tedesca proprio perché è glocal. “Puntiamo a fare approfondimento sui temi di carattere nazionale declinati sul nostro territorio”, spiega il direttore del tg Matteo Inzaghi. “Nel nostro palinsesto diamo largo spazio al dibattito e all’approfondimento, che è la formula più gradita al pubblico che ci segue, anagraficamente adulto”. I nuovi canali che Rete55 ha lanciato sul digitale sono due: 55Sport che segue anzitutto la pallacanestro, ma anche calcio e pallavolo; poi è appena partito Malpensa Tv, la rete culturale e turistica di questa area con un palinsesto molto ricco di documentari. L’emittente Bergamo Tv, che fa parte del Gruppo Sesaab (Eco di Bergamo e Radio Alta), per la transizione al digitale ha messo sul tavolo 1 milione di euro e lanciato due nuovi canali, Tabloid 3 / 2011 L’inchiesta forte anche dell’ampliamento della sua copertura che oggi arriva fino a Milano e provincia. Il primo è BG24, rete di informazione locale trasmessa a flusso continuo come su un sito internet. E infatti il canale viene realizzato in sinergia con la redazione web dell’Eco di Bergamo. L’altra nuova partenza è Monza-Brianza Tv, che arriva su tutta questa provincia e che propone rubriche tematiche sul terri- torio passando dai temi dell’economia e della politica locale allo sport, cultura, turismo e informazioni di servizio per il cittadino. “Inutile negare che con lo switch-off gli ascolti siano calati (Bergamo Tv è passata da una media di 270 mila contatti al giorno a 160 mila, ndr) e che la raccolta adv sia in forte flessione”, dice Sergio Villa, direttore di Bergamo Tv. “Ma nonostante ciò noi abbiamo deciso di continuare a investire, perché siamo una storica emittente del nostro territorio, abbiamo 31 impianti e un solido gruppo editoriale alle spalle e questo ci spinge ad essere ottimisti sugli sviluppi di questa nuova avventura”. Anche l’editore Giorgio Tacchino, patron di Telecity Lombardia e del circuito nazionale 7Gold, esce sfiancato dallo switch-off. “Sarebbe stato più utile evitare le corse e fare la transizione a partire dalla prima data indicata dal Ministero, cioè il 2012. In quel caso avremmo avuto più tempo per ammortizzare le grosse perdite economiche che questa terribile crisi ci ha inflitto”. Il gruppo di Tacchino, attivo anche in Piemonte, Liguria e Veneto, per convertire le sue emittenti in digitale ha investito circa 10 milioni di euro e soltanto in Lombardia sul mux di Telecity ha già lanciato tre nuovi canali: Telecity •Nella foto in alto, “Linea d’ombra”, talk show in prime time di Telenova e, qui a sinistra, “Griglia di partenza”, programma dedicato ai motori della Tv delle Edizioni SanPaolo. Tabloid 3 / 2011 13 L’inchiesta 105 è il numero delle emittenti locali assegnatarie di diritti d’uso delle frequenze 36 è il numero delle emittenti locali assegnatarie delle frequenze 61-69 Uhf •I numeri riportati nelle due tabelle qui sopra sono riferiti all’Area tecnica n. 3 ossia la Lombardia (esclusa la provincia di Mantova) e il Piemonte orientale più le province di Parma e Piacenza, così come è stata definita dal Ministero dello sviluppo ecoomico. Significa che 36 emittenti locali su 105 hanno ricevuto assegnazioni frequenziali nei canali dal 61 al 69 che, secondo la legge di stabilità 2010, dovranno essere riassegnate agli operatori di telefonia mobile. Plus, Telecity Musica (concerti live di note orchestre da ballo italiane), Telecity News (notiziari e talkshow sul territorio milanese) e a breve dovrebbe partire anche TelecityCalcio 24. Sulla stessa lunghezza d’onda c’è pure il Gruppo Profit, editore del circuito nazionale Odeon Tv e presente in Lombardia con Telereporter e Telecampione. “Dopo lo switch-off c’è stata una grossa frammentazione degli ascolti che continuiamo a soffrire, anche se è stata regolamentata la numerazione”, dice Italo Elevati consigliere di amministrazione del gruppo. “Nonostante ciò ci siamo già messi al lavoro per rilanciare i nostri vecchi canali, mentre sono ancora allo studio le nuove partenze che, Il parere di Marco Rossignoli, presidente di AerantiCorallo Da fornitori di contenuti a operatorti di rete: battaglia vinta “Sin dall’inizio del percorso verso il digitale terrestre ci siamo impegnati affinché tutte le televisioni locali diventassero operatori di rete. Questo obiettivo, condiviso anche da Frt, è stato il cuore della nostra battaglia e fortunatamente è andato a buon fine”, Marco Rossignoli (nella foto), coordinatore nazionale dell’associazione Aeranti-Corallo che rappresenta 320 emittenti locali, racconta orgoglioso i risultati finora raggiunti. “Se le locali fossero rimaste soltanto fornitori di contenuti, sarebbero sempre state condizionate dal comportamento dell’operatore di rete cioè dai titolari degli impianti di trasmissione. Sarebbero stati infatti questi ultimi a decidere come, cosa e quando trasmettere perché nel rapporto negoziale tra operatore di rete e fornitore di contenuti il soggetto forte è il primo”. L’altro obiettivo di Aeranti-Corallo e Frt è stato evitare che la numerazione sul telecomando penalizzasse le tivù locali. “Il dibattito col Ministero era cominciato col piede sbagliato, poiché inizialmente ci era stato proposto di escludere le locali dal primo arco di numerazione, che va dai canali 1 al 99. Siamo invece riusciti a far assegnare alle piccole emittenti private i numeri dal 10 al 19, dal 71 al 99 e anche dal 601 al 699 e di questo risultato è soddisfatta la maggior parte degli operatori. Tuttavia, resta il problema della qualità delle frequenze assegnate dall’Agcom alle locali, che è inferiore a quella delle tivù nazionali e infatti ancora oggi in alcune regioni (Veneto, Friuli, Romagna) ci sono grossi problemi di interferenze con emittenti di Paesi 14 adiacenti”. Per questa ragione oggi al Tar si contano oltre 100 ricorsi da parte delle tivù locali al piano nazionale frequenze dell’Agcom. L’ultimo contenzioso in ordine di tempo tra imprese televisive locali e Governo si chiama legge di Stabilità 2011, che ha destinato nove delle 27 frequenze dell’intero territorio nazionale (canali 61-69) ai servizi di comunicazione mobile in larga banda. “Nelle regioni ancora da digitalizzare, con questo ridotto numero di frequenze non sarà possibile per tutte le tivù diventare operatori di rete”, spiega Marco Rossignoli. “In Toscana, ad esempio, dove operano 40 tivù la disponibilità di frequenze diminuirà sensibilmente, considerato anche che otto frequenze sono rivendicate dalla Francia. E problemi analoghi ci sono anche in tante altre regioni, senza considerare che, laddove c’è già stato lo switch-off, le frequenze assegnate sui canali 61-69 non verrebbero confermate e pertanto le tivù locali che operano su questi canali dovranno riallocarsi sulle frequenze residue”. Alla legge di Stabilità ha poi fatto seguito il decreto legge n.34 del 2011 con cui sono stati stabiliti alcuni criteri per decidere quali tivù, sia nelle regioni digitalizzate sia in quelle ancora da digitalizzare, potranno accedere alle poche frequenze ormai disponibili e tale selezione verrà effettuata sulla base di graduatorie. “Queste nuove norme cambiano tutto lo scenario per la transizione al digitale, ma soprattutto quella delle graduatorie è una scelta inaccettabile, perché tutti gli attuali concessionari analogici dovrebbero essere legittimati a transitare al digitale a parità di condizioni”. Tabloid 3 / 2011 L’inchiesta se tutto andrà bene, potremmo presentare a partire dalla nuova stagione televisiva”. Per diverse altre piccole emittenti provinciali lombarde, il passaggio al digitale ha fatto toccare il punto più basso delle loro audiance. “Questa transizione è stata disastrosa”, dice Giambattista Bianchi, direttore di BresciaPuntoTv e Tele Mantova (Gruppo Athesis, che edita anche TeleArena di Verona). “Le frequenze che ci sono state assegnate dal Ministero sono le meno pregiate e questo ci crea continue interferenze con altre emittenti. E poi con l’imminente asta per la banda mobile saremo di nuovo nell’occhio del ciclone e ci ritroveremo senza spazio frequenziale sufficiente per trasmettere. Insomma – conclude Bianchi – l’avventura non è finita e credo che non prometta bene”. Il Gruppo Athesis ha investito 3 milioni di euro per la conversione in digitale delle sue emittenti e sta per lanciare due canali all news nei Mux Abbiamo investito circa 500 mila euro per convertire la nostra infrastruttura nella nuova tecnica di trasmissione e possiamo dire senza dubbio che il vantaggio di cui si parlava è reale: la nostra copertura è perfetta, tutti i nostri canali si ricevono molto bene e anche la risposta del mercato è positiva”. Nel mux di Rete Brescia sono on-air i nuovi canali tematici Rbt Virgilio (turismo), Rtb One (sport), Rtb 4You (sul patrimonio culturale museale italiano e internazionale), Rtb Alitlia (dedicato alla cultura islamica e al dialogo interreligioso), Rtb Luce (sulla cultura cristiana nel mondo). E infine Rete Brescia ha in programma anche il lancio di un canale tematico multietnico e multilingue. di BresciaPuntoTv e Tele Mantova. “Per la nostra emittente lo switch-off non è stato come temevamo visto il trend delle regioni che ci hanno preceduto”, dice invece Giacomo Pellegrinelli direttore di TeleBoario, la tivù della Val Camonica. “Lcn ha evitato l’emorragia di ascolti che ha colpito un po’ tutte le tivù locali e adesso siamo in pista con nuovi canali su cui puntiamo parecchio. Sono una rete all news di sport e un’altra di informazione dedicata agli enti e ai comuni della nostra Valle”. Fuori dal coro degli insoddisfatti c’è anche Virgilio Baresi, presidente di Rete Brescia. “Il Passaggio al Dtt è stata una grande avventura, piena di incognite ma oggi siamo molto contenti dei risultati. 20 milioni di famiglie italiane (82%) digitalizzate 40,0 40 35,0 35 30,0 30 25,0 25 20,0 20 15,0 15 10,0 10 5,05 0,00 mar 2010 set 2010 Mil. di famiglie DTT mar 2011 Mil. di ricevitori DTT Fonte: stime E-res su dati Gfk 23,9% feb mar aprile 2011 •Il Tg Monza-Brianza Tv, nuovo canale Dtt del multiplex di Bergamo Tv e, sopra, Luca Bartolini, conduttore di Tethys, programma di TeleBoario dedicato alla scoperta dei luoghi della Val Chiavenna. Tabloid 3 / 2011 25,4% 24,4% nov 25,5% ott 24,5% 19,7% ago 18,9% lug 21,3% 23,0% mag 23,0% 18,0% aprile 2010 21,9% 18,0% Totale TV Digitali: trend share +41% giu sett dic gennaio 2011 Fonte: elaborazione Starcom su darti Auditel Agb - Fascia 2.00/2.00 15 L’inchiesta graduatoria Tv lombarde per le sovvenzioni statali: FATTURATI E OCCUPAZIONE Punti Media Fatturati ’07/’09 Giornalisti prof.* Pubb.Pratic. Telelombardia 12.626.559 15,87 2 TeleCity lomb. 7.749.752 4 12,84 antenna 3 7.907.180 8,75 2 Telenova 7.038.096 8 1 Telereporter 5.114.212 15,75 1 Telecampione 6.172.350 4 0 Bergamo TV 2.969.077 10 1 Telecolor 2.117.132 7,19 3,16 Teletutto 2.861.209 6,85 2,62 Rete 55 2.404.165 3,22 3,59 Espansione TV 1.577.901 8,42 1 teleunica 1.574.417 7,80 0,91 Brescia punto tv 869.204 9 0 Studio TV1 1.318.371 8,52 0,72 Teleboario 1.097.553 0 6,58 Più Valli TV 963.502 1,60 3,73 telesettelaghi 789.303 1,50 4,42 retebrescia 1.813.246 2 1,68 Telemantova 1.024.111 2,96 3,62 la6 1.146.458 0 1,29 videobergamo 447.916 0 2 mantovatv 480.739 0 3,29 odeon24 440.000 0,93 4 Antenna 2 218.321 1 0,91 telebrescia nord 418.742 0 0 più blu lombardia 287.514 0 0 primarete lombardia 1.277.042 0 1 SuperTv 393.867 0 0 videostar2 569.418 0,57 0 trstv 349.332 0 0 videostar 479.113 1,29 0 Telereporter sud 400.573 0 0 canale 11 85.100 0 0 Tele soleregina po 96.762 0 0,70 italia 8 lombardia 1.354.286 0 0 teleliberta’ 110.628 0,65 0,31 telestar l0mbardia 1.017.808 0 0 televalassina t.s.v. 200.484 0 0 lombardia tv 42.327 0 0,30 canale italia 235.212 0 0 lodi crema tv (comunitaria) 11.639 0 0 Tele NBC (comunitaria) 0 0 0 Giorn. tempo det. 4,58 0,67 0,83 2 2,91 0 0 0,37 2,73 0 0 0,22 0 0 0 0 0 0 0,25 0,71 0 0 2,71 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Altri 59,94 36,70 40,75 37,72 21,50 36,17 22,07 19,13 15,40 21,89 14,22 12,80 9,59 8,62 15,28 13,21 10,48 10,23 5,82 6,97 6 4 4 2,52 5 5 2,62 4,48 3,18 4,25 1,18 3,37 3,50 1,99 2 0,92 2 1,55 0,85 1 0 0 Altri tempo det. 0,92 1,16 0,85 2,51 0 2,12 0,02 6,08 3,23 0 0 1,52 0 0,50 2 2,09 0,82 2 1,43 0,94 1,48 0 0,99 0,16 0 0 1 0 0 0,47 0,42 0,41 0 0,69 0,83 0 0,50 0 0,30 0 0 0 Totali punti 3153,35 2116,55 2037,81 1861,54 1774,75 1495,61 1392,05 1221,98 1113,27 1049,40 1001,55 929,06 841,35 825,44 783,88 688,13 620,72 543,03 542,09 299,45 285,97 275,66 216,22 181,22 156,63 154,55 149,71 140,64 138,83 135,85 134,64 109,92 106,35 96,90 86,44 82,36 79,12 49,77 41,53 33,73 0,18 0 •Il Corecom (Comitato regionale di controllo) ha approvato la graduatoria 2010 delle emittenti televisive lombarde che riceveranno i contributi statali previsti dalla legge n. 448 del 1998. La graduatoria riguarda 42 emittenti locali. L’attribuzione del punteggio è avvenuta sulla base di un regolamento e del bando di concorso emanato dal Ministero dello sviluppo economico. *Anche al numero dei giornalisti occupati è assegnato un punteggio. Per l’anno di riferimento, il 2009, in base alla graduatoria del Corecom, il Ministero ha distribuito alle emittenti lombarde 12 milioni e 294 mila euro. 16 Tabloid 3 / 2011 L’inchiesta IL CASO Sky-Current Tv divorzio all’italiana di Paolo Pozzi Guerra di numeri o guerra politica? L’annuncio del divorzio tra Sky Italia e Current Tv ha scatenato il dibattito. Questione di mercato o problemi di libertà di stampa? Current Tv è un network tv fondato nel 2005 da Al Gore, ex candidato presidente democratico in Usa, che trasmette dall’8 maggio 2008 sul canale 130 di Sky Italia. Sky è di proprietà del magnate australiano Rupert Murdock. I numeri sono sempre gli stessi, ma il loro significato cambia a seconda di come li si legge e li si confronta. Vediamo. Sky dice che Current sta registrando una perdita del 40% dei telespettatori nella fascia del prime time. Perdita che viene mitigata in un -18% se si guarda invece all’ascolto medio nell’intero arco della giornata (2.952 rispetto a 3.600 telespettatori). Current, invece, prende a parametro di riferimento l’ultimo triennio di attività e segnala che nel prime time c’è stato un aumento di ascolto del 550% mitigato in un +270% nel day time. I dati su voci non omogenee, non sono confrontabili. Ecco i dati completi (nudi e crudi), riferiti all’ultima rilevazione disponibile di Auditel e Audiweb. E Auditel (nel periodo dal 3/4/11 al 30/4/2011) segnala per Current un ascolto medio giornaliero di 2.878 unità che sale a 5.824 telespettatori nella fascia oraria dalle 20,30 alle 22,30 e si mantiene su 5.066 nella fascia successiva, dopo le 22,30. L’ascolto più basso è tra le 7 del mattino e le 9 con 828 che sale a 1.702 durante la mattinata, cioè tra le 9 e mezzogiorno, a 1.975 da mezzogiorno alle 15, fino a stabilizzarsi intorno alle quattromila nel pomeriggio, ovvero 3.903 dalle 15 alle 18 e 3.836 dalle 18 alle 20,30. I dati Audiweb, invece, segnalano 1.917 utenti unici con 5.000 pagine viste e 1,29 minuti di tempo dedicato da ciascun utente. Tabloid 3 / 2011 auditel emittenti tv Emittenti giorno intero ascolto medio share% fascia 20,30/22,30 ascolto medio share% Rai 1 1.955.451 19,17 5.165.470 19,37 Canale 5 1.841.225 18.05 4.829.947 17,85 9,28 2.957.290 10,93 Rai 2 946.960 Italia 1 837.510 8.1 2.193.553 8,11 Rai 3 825.720 8.09 2.437.865 9,01 Rete 4 673.319 6.60 1.823.347 6,74 Boing 110.222 1,08 197.054 0,73 Rai 4 97.489 0.96 254.610 0,94 La 5 94.282 0.92 236.655 0,87 Iris 87.726 0,86 271.444 1,0 K2 84.322 0,83 155.036 0,57 Rai Premium 75.882 0,74 151.244 0,56 Real Time 72.072 0,71 127.121 0,47 Premium Calcium H/D 69.750 0.68 333.158 1,23 Rai Yoyo 65.952 0.65 119.703 0,44 Sky Sport 1 60.926 0.60 366.250 1,35 Mediaset Extra 55.692 0.55 140.976 0,52 Rai Movie 53.314 0,52 156.420 0,58 Rai News 46.811 0,46 51.711 0,19 0,29 Frisbee 40.788 0.40 78.770 Fox Crime/HD 31.756 0,31 104.541 0,39 Sky Tg24 30.709 0,30 34.149 0,13 La7d 27.000 0,26 52.844 0,20 Sky Calcio 1 24.468 0,24 132.552 0,49 Disney Channel 22.454 0,22 38.188 0,14 auditel gruppi televisivi Azienda giorno intero ascolto medio fascia 20,30/22,30 share% ascolto medio share% Rai 4.151.290 40,70 11.468.523 42,39 Mediaset 3.810.334 37,35 10.108.952 37,36 3,78 1.261.133 4,66 Sky 385.318 La7 359.987 3,53 1.078.530 3,99 Fox 165.119 1,62 415.255 1,53 Switchover Channels 128.046 1.26 237.491 0,88 Discovery 104.313 1,02 185.777 0,69 0,42 Disney 68.193 0,67 112.935 Mtv-Viacom 44.326 0,43 75.910 0,28 Turner 33.647 0.33 50.639 0,19 0,37 7 Gold 23.148 0,23 99.225 De Agostini Editore 20.362 0,20 32.253 0,12 Axn 16.510 0,16 33.075 0,12 Sitcom 15.383 0,15 19.933 0,07 Canale Italia 14.660 0.14 58.775 0,22 17 Qui New York in tutto il mondo il dTt sarà presto sostituito dalla web-tv Il digitale? Un flop Gli Usa puntano sull’IpTv Le televisioni italiane stanno dedicando tempo e ingenti somme di denaro a un fenomeno che, in realtà, è destinato a rimanere in vigore solo per alcuni anni per lasciare poi definitivamente il posto alla tv via internet. Nel Belpaese è poco diffusa la banda larga di Dom Serafini* Solo ora si leggono sulla stampa generalistica italiana ed americana titoli come: “Il flop del digitale terrestre”. Anche la stampa specializzata comincia timidamente ad ammettere che il digitale terrestre (Dtt) è stato un fallimento. Fino a poco tempo fa questa si rifiutava di pubblicare articoli critici del Dtt per paura che le fabbriche di trasmettitori smettessero di fare pubblicità. Eppure, che il Dtt fosse inutile era noto agli esperti sin dal 1999, quando Lupetti Editore di Milano uscì con il mio libro, “La televisione via Internet. Una nuova frontiera”. In seguito, nel 2002, la Rai pubblicò il mio saggio in inglese, “The 10 commandments for the tv of the future”, che spiegava come il passaggio al Dtt sarebbe stato inutile in tutto il mondo e presto sostituito dalla Tv via Internet che prende le iniziali di IpTv. Sia negli Usa che in Italia, solamente ora l’opinione pubbica ed i broadcaster cominciano a capire come il segnale Dtt sia poco “robusto” e poco “versatile”. Negli Usa, però, il problema è meno sentito che in Italia, perché qui solo il 15% delle case riceve la Tv tramite antenne. La soluzione per la Dtt è ora chiara: lo sviluppo delle reti per la banda larga utilizzando le frequenze elettromagnetiche terrestri (Wi-Fi), le linee telefoniche (Dsl), la fibra ottica, il satellite e le linee elettriche. Ma ciò vuol dire guardare al futuro. Nel 2007, in un articolo per il quotidiano Usa 18 “AmericaOggi”, scrissi che il Dtt dimostra come in Italia “si cerchi sempre di legiferare il passato senza mai guardare al futuro. … La Tv digitale si è affermata ormai da anni ed è fruibile tramite Dvd ed Internet. L’altra Tv digitale, quella a cui le reti Tv italiane stanno dedicando tempo e danaro, non servirà… Tra poco le Tv di tutto il mondo metteranno in rete un unico segnale Tv lineare con formato IpTv che potrá essere ricevuto da qualsiasi apparecchio cellulare, iPod, computer e televisore. Il modo con cui questi ricevitori si collegheranno alla ‘rete’ sarà a scelta: tramite linee telefoniche, cavo e Wi-Fi”. Ritorno sull’argomento nel 2009 (sempre per “AmericaOggi”): “ La Dtt è uno standard intermedio fra quello analogico e quello IpTv. La Tv analogica è durata 68 anni e poteva rimanere in funzione per altri anni senza problemi. Ora il Dtt rimarrà in vigore per circa 10 anni poi si passerà inevitabilmente alla IpTv. Nel frattempo si sono bruciati miliardi”. Le scuse erano tante, tra cui, “In Italia la banda larga non è diffusa”. Naturalmente se si fosse sommata la poca Dsl (per via telefonica) con l’altra poca fibra ottica e la molta Wi-Fi, si sarebbe ottenuta una copertura di banda larga capillare. La verità è che sia in Italia che negli Usa i broadcaster hanno avuto paura di cambiare un modello collaudato (seppur in fase di declino) come il broadcast attuale, con uno tecnologicamente piú avanzato ed affidabile ma non ancora collaudato. Eppure, le reti Tv avrebbero tutto l’interesse a passare all’IpTv. Prima di tutto per il risparmio dell’energia elettrica per i trasmettitori. Poi si continuerebbe a monetizzare il segnale anche quando questo non c’è piú (tramite la capacità del video-on-demand dell’IpTv); la copertura fuori i confini (anche mentre si è in volo) per compensare la perdita dell’audience a livello nazionale (dovuta alla frammentazione del pubblico), si darebbe un resoconto dell’audience molto accurato agli inserzionisti pubblicitari e si introdurrebbe l’interattività in modo semplice e remunerativo. *Direttore Media Age - New York Tabloid 3 / 2011 Le iniziative dell’Ordine conclusa la prima parte della ricerca di enrico finzi MILE I S C FA Etica e professione convegno il 6 ottobre Seicento giornalisti lombardi hanno risposto al questionario di AstraRicerche sottolineando l’importanza delle norme deontologiche per svolgere degnamente il proprio lavoro ma segnalano anche numerose difficoltà nel mettere in pratica regole riconosciute e condivise Si è conclusa la prima fase dell’indagine su etica e professione giornalistica condotta da AstraRicerche, per conto dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Per avere dati su cui discutere l’istituto di ricerca presieduto dal sociologo Enrico Finzi, ha effettuato un’indagine demoscopica volta a raccogliere le opinioni dei giornalisti iscritti all’Ordine Lombardo (professionisti, pubblicisti, praticanti: esclusi solo gli iscritti all’Elenco Speciale). I dati raccolti attraverso un questionario proposto a tutti i giornalisti lombardi sono stati presentati in anteprima agli studenti delle scuole di giornalismo milanesi venerdì 13 maggio al Circolo della Stampa di Milano. Circa 600 i giornalisti lombardi che hanno risposto al questionario. Seicento colleghi che sono stati intervistati online da AstraRicerche con il metodo C.a.w.i (Computer aided web interviewing). Già dai primi risultati emerge l’importanza che i giornalisti lombardi attribuiscono al rispetto di norme etiche fondamentali nello svolgimento della professione e, allo stesso tempo, le difficoltà che incontrano oggi a difendere questi principi nella pratica di lavoro di tutti i giorni. Il campione dei colleghi che ha risposto al questionario è composto per il 39,2% da donne e per il 60,8% da uomini. Il bacino di utenza è stato soprattutto a Milano (67,8%) ma c’è da segnalare che dalle province ha risposto il 13,7% dei colleghi del Nord della regione (Varese, Como, Lecco, Sondrio, Monza e Brianza), il 9,5% dall’Est-Lombardia (Bergamo e Brescia) e il 6,7% dalle province del Sud-Lombardia (Cremona, Pavia, Lodi, Mantova) mentre sono arrivate alcune risposte anche da fuori regione pari al 2,3%. Dei 600 giornalisti analizzati nella ricerca il 44,7% è professionista, il 55,3% pubblicista. Abbastanza equamente distribuite le fasce di età e di anzianità professionale del campione preso in esame. Il 33,7% degli intervistati, infatti, ha fatto il suo ingresso nella professione negli anni Novanta, il 25,2% negli anni Duemila, il 22,5% negli anni Ottanta e il 18,5% negli anni Settanta. La seconda parte dell’indagine prevede un questionario sullo stesso tema, l’etica nell’informazione e nella comunicazione, che sarà sottoposto agli utenti dell’informazione, cioè al pubblico, durante il mese di giugno. Un dato interessante da confrontare con le opinioni dei colleghi già raccolte nella prima fase della ricerca. A giugno la seconda parte dell’indagine sullo stesso tema risponderà il pubblico Tabloid 3 / 2011 I dati delle due ricerche (giornalisti e pubblico) saranno presentati all’Università Statale L’intera ricerca (con i risultati sia della prima sia della seconda parte) sarà poi al centro del grande convegno organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia giovedì 6 ottobre 2011 nell’aula magna dell’Università Statale di Milano che prosegue la serie di appuntamenti di riflessione sul futuro del giornalismo. Dopo l’edizione del 2008 che aveva per titolo “Le notizie, le idee, gli italiani e la pubblicità” e quella del 2009 dedicata a “News e lettori tra vecchi e nuovi media” questa volta si parlerà di etica e professione. Applicata però non più solo al giornalismo, ma anche in altri settori della comunicazione, come la pubblicità e le agenzie di pubbliche relazioni. Sono previsti gli interventi di autorevoli rappresentanti di tutto il mondo della comunicazione: giornalisti, pubblicitari, editori e agenzie di pubbliche relazioni. Al centro dell’incontro gli argomenti più dibattuti della professione giornalistica oggi, come i confini del diritto di cronaca, il trattamento delle fonti, il diritto-dovere di informare sono tutti temi che hanno profonde implicazioni etiche. Porre la questione dell’etica nella professione giornalistica è quindi fondamentale per la difesa di una informazione di qualità e del futuro stesso della nostra professione. 19 Le iniziative dell’Ordine si amplia l’offerta formativa del master ifg “walter tobagi” Giornalisti specializzati e formazione permanente La scuola di giornalismo dell’Ordine di Milano e dell’Università Statale, dopo il biennio, si arricchisce di nuovi corsi in economia-finanza, sport e scienza. I bandi per l’accesso e le domande d’ammissione rispettivamente a giugno, novembre e nella primavera del 2012 di Walter Passerini* Se non vogliamo credere alla teoria genetica (giornalisti si nasce), a quella parentale (giornalisti si è se si ha un giusto cognome), a quella relazionale (ci vuole un amico), alle raccomandazioni, ai santi in paradiso, agli astri o alla fortuna, per esclusione non ci resta che credere che giornalisti si diventa. Le strade dell’accesso. Negli anni scorsi si era acceso un bel dibattito sul canale esclusivo per l’ingresso nella professione giornalistica. Un dibattito utile e fertile, oggi forse un po’ appannato. Sono molti i colleghi entrati nella professione grazie alla regolarizzazione di lunghi periodi di abusivato. I praticantati d’ufficio sono stati una legittima risposta a pratiche scorrette da parte degli editori. In quel dibattito la strada maestra per l’acquisizione del praticantato, vista anche la progressiva esiguità delle assunzioni in redazione, venne eletta nelle Scuole: si diceva, consolidiamo un nucleo di buone scuole di formazione al giornalismo, che diventeranno il canale esclusivo alla professione. Fu questa la strada che fece scattare da parte degli Ordini, il Nazionale in testa, un freno rispetto al proliferare di corsi e di scuole, e l’innesco di una relazione virtuosa tra Scuole di giornalismo e Università. Oggi, dopo il Quadro di indirizzi che portò alla disdetta delle precedenti convenzioni, sono riconosciute e convenzionate a livello nazionale 20 15 Scuole, che rappresentano il canale preferenziale per l’accesso alla professione. La riorganizzazione. Nel miglioramento dell’offerta formativa delle Scuole, realizzata insieme da Università e Ordini regionali dei giornalisti, con la supervisione del Nazionale, si è avviata una discussione per definire, alla luce delle trasformazioni in corso (mercato del lavoro, avanzata di Internet, bisogni di nuove competenze), uno o più modelli di riferimento possibili, per un’azione efficace e di qualità nella formazione al giornalismo. E’ in questa chiave che si è rafforzata e sviluppata la collaborazione tra Ordine dei giornalisti della Lombardia, Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo e Università degli Studi di Milano, che ha portato alla definizione di un percorso che appare fortemente innovativo per il futuro della nostra professione. Sono tre •Da sinistra: Walter Passerini e Venanzio Postiglione, rispettivamente vice direttore e direttore del Master “Walter Tobagi”/Ifg dell’Università Statale di Milano. Sopra Stefano Gallizzi, presidente dell’Afg. le nuove linee di azione immaginate dall’accordo: formazione iniziale, formazione specialistica e formazione permanente. Master biennale in giornalismo. La Scuola di giornalismo “Walter Tobagi”, nata dalla fusione tra lo storico master dell’Ifg e il master dell’Università Statale di Milano, concentrerà a partire dal prossimo bando la propria azione su un nucleo di 30 giovani praticanti a biennio, per una formazione di eccellenza più adeguata ai mutamenti dei linguaggi e del mercato, che crei fin dall’ingresso un differenziale competitivo per la domanda di nuovi professionisti. Questa nuova Tabloid 3 / 2011 Le iniziative dell’Ordine formazione d’ingresso, come già avviene, punterà sull’offerta di un mix di conoscenze e competenze, che dotino ciascun praticante di un elevato bagaglio di saperi di base, di saperi pratici e tecnici e di saperi critici. Viste anche le nuove sfide dei mezzi di informazione e del mercato del lavoro, la riorganizzazione dei contenuti sarà sempre più centrata su un’offerta di competenze sui diversi linguaggi (carta stampata, radio, televisione, Internet e agenzie) in un’ottica intermediale, sulle tecniche e sulle abilità professionali e su una forte dimensione etica, come valore e come pratica per la professione. L’offerta formativa così concepita rappresenta una risposta di responsabilità che, al di là del fare dei praticantati una rendita, faciliti l’ingresso dei giovani praticanti in un mercato del lavoro sempre più selettivo, che assomiglia Tabloid 3 / 2011 a volte a un percorso di guerra, in cui l’articolo 1 è spesso un miraggio, in una giungla di formule che si celano a volte pudicamente dietro la figura del “free lance”. La responsabilità del patto formativo con i giovani deve arrivare sino agli sbocchi e al “placement” delle persone che passano dalle scuole. Corsi specialistici. E’ questa l’innovazione più rilevante, che Ordine, Associazione e Università degli Studi di Milano propongono a se stessi e al presente e al futuro della professione. Si tratta dell’offerta, per la prima volta in Italia con questa intenzionalità, di Corsi di perfezionamento in Giornalismo specialistico, che affrontino i temi ritenuti cruciali e a maggiore sviluppo nei prossimi anni. Il primo è il Corso di perfezionamento in Giornalismo economico- finanziario (bando a giugno 2011, svolgimento dal 12 settembre al 4 novembre a tempo pieno), tematica non solo soggetta a grandi sviluppi, ma fortemente in sintonia con il contesto economico e culturale della Lombardia, sede delle maggiori eccellenze in questo campo. Il secondo è il Corso in Giornalismo sportivo, settore fortemente dinamico anche nelle televisioni e nei siti Internet, che apre nuove opportunità in particolare nel territorio lombardo (bando a novembre, svolgimento tra gennaio e marzo 2012). Il terzo sarà invece il Corso di perfezionamento in Giornalismo scientifico, che affronterà i grandi temi della salute, dell’energia, dell’ambiente, dell’alimentazione e delle tecnologie, che rappresentano le maggiori sfide per le persone e per la nostra professione (bando e svolgimento nella primavera 2012). Questi corsi prefigurano una sorta di “terzo anno” di specializzazione per i giovani che escono dai Master biennali in giornalismo. Aggiornamento professionale. Oltre alla formazione d’ingresso (Master biennale) e alla formazione specialistica (Corsi di perfezionamento), vi sarà un’ulteriore offerta formativa, già in buona misura prefigurata e praticata dall’Ordine della Lombardia, che accolga e risponda alle sfide della formazione permanente e “in itinere” dei giornalisti in attività. Verranno così proposti corsi da una pluralità di soggetti qualificati, sui temi dell’aggiornamento professionale, delle tecniche e dei contenuti, con un’attenzione particolare ai “nuovi media”. La sfida è lanciata. Si tratta ora di vedere come reagiranno i giovani colleghi e aspiranti tali, i colleghi in attività o senza lavoro e il mercato. Sarebbe importante avviare un confronto tra le Scuole di giornalismo su questi temi. *Vicedirettore del Master Scuola “Walter Tobagi”/Ifg, Università Statale di Milano e Direttore dei Corsi di perfezionamento in Giornalismo specialistico (www.giornalismo.unimi.it). 21 Le iniziative dell’Ordine il convegno organizzato dall’anso e dall’odg lombardo Carta e online senza più steccati Il dibattito su “Giornalismi e status quo, come si vive il cambiamento in redazione”, promosso dall’Associazione nazionale stampa online, ha fatto il punto della situazione sulla multimedialità nei giornali. Per stare al passo con i tempi e non perdere lettori di Maria Comotti Nessuno può più nascondersi dietro a un…bit: il giornalismo è e sarà sempre di più multimediale, e proprio per questo dovrà trasformarsi per stare al passo con i tempi e soprattutto con i lettori. Senza dimenticare però che, a prescindere dal mezzo di trasmissione delle notizie, sempre di giornalismo si tratta, a livello di deontologia e di garanzie per i suoi attori. Ma qual è la consapevolezza di questo nodo da parte del mondo dell’informazione “tradizionale”? E quali scenari si possono configurare in un’ottica di sviluppo tecnologico e di modelli di informazione? A fare il punto della situazione ci ha pensato l’Anso (Associazione nazionale stampa online), con la tavola rotonda “Giornalismi e status quo, come si vive il cambiamento in redazione” svoltasi lo scorso 29 aprile all’Università Statale di Milano con il patrocinio dell’OdG della Lombardia. La dico- 22 tomia tutt’ora esistente tra “carta” e “online” è stata sottolineata dal vice presidente dell’Anso Benedetto Liberati, così come da Pino Rea (Lsdi.it), moderatore dell’incontro, secondo cui la spinta verso l’innovazione dei grandi giornali tradizionali ha avuto come risposta la resistenza da parte di molte redazioni. La risposta alla paura è la qualità E la palla non poteva che passare a Ferruccio De Bortoli, che è tornato sulle motivazioni alla base della sua lettera dello scorso settembre alla redazione del Corriere della Sera proprio sul tema della multimedialità e della mobilità interna. Allo sciopero di due giorni seguì a febbraio un referendum per l’approvazione di un nuovo “patto” tra Cdr, direttore e azienda. “L’innovazione tecnologica – ha ricordato De Bortoli – ha innescato un cambiamen- to che ha travolto giornalisti ed editori. Ma è stata subìta più che governata, e si continua ad avere troppa paura”. Immotivata, a suo parere, visto che le tecnologie hanno comunque bisogno di buoni professionisti che sappiano garantire ai lettori un giornalismo di qualità e alla Rete un’indipendenza che non è certo scolpita nell’online. “Il panorama è complesso e difficile – ha proseguito il direttore del Corriere – e serve maggiore umiltà e consapevolezza del cambiamento da parte dei giornalisti della carta stampata, nella certezza però che l’informazione di qualità non può essere totalmente gratuita: dalla piazza dei blog arrivano utili contributi, ma in redazione va tolto il rumore di fondo”. La necessità di verificare quanto arriva dal bacino del cosiddetto “citizen journalism”, e quindi in ultima istanza il ruolo insostituibile del professionista è stato un tema sostenuto anche da Vittorio Tabloid 3 / 2011 Le iniziative dell’Ordine • Benedetto Liberati (di fianco al titolo), vice presidente dell’Anso. Al tavolo dei relatori da sinistra: Walter Passerini, Guido Romeo, Luca De Biase, Giuseppe Mancino, Ferruccio De Bortoli, Vittorio Feltri, Giovanni Rossi e Pino Rea Feltri. “Occorre però – ha sottolineato il direttore editoriale di Libero – che non esistano steccati, ecco perché nella mia redazione mi sforzo di promuovere l’intercambiabilità di funzioni tra web e carta stampata. E occorre anche disciplinare la materia a livello contrattuale, con un sindacato che invitiamo a essere meno conservatore”. Modelli di business e tutele La risposta a questa “provocazione” non si è fatta attendere. Giovanni Rossi, segretario generale aggiunto Fnsi, nel ricordare le cifre impressionanti degli ultimi tre anni a livello di vertenze sindacali, accordi per piani di crisi e perdita di posti di lavoro (700), ha voluto sottolineare anche il grande lavoro svolto in termini di innovazione contrattuale. “Per l’online ci vogliono regole – ha però ribadito – senza di cui trovo difficile che si possa avere un lavoro di qualità e una conseguente risposta positiva del mercato”. Certo, non è facile sopravvivere in un mercato come quello dell’online molto affollato e poco remunerato. “Essere ancorati solo ai ricavi pubblicitari è rischioso – ammette Michele Mancino, vicedirettore di Varesenews.it, testata in Rete dal 1997 con 70.000 Tabloid 3 / 2011 accessi quotidiani -. Non esistono modelli di business consolidati, noi ce lo siamo inventati, coinvolgendo nella proprietà, oltre ai giornalisti, le maggiori associazioni di impresa e i sindacati locali. Rimane il fatto che il peccato originale della Rete è la gratuità, prima o poi questo nodo dovrà essere affrontato, magari quando i nativi digitali entreranno nelle stanze dei bottoni”. Ma se il vero problema fosse un altro? Basta spostare l’angolazione del punto di vista e il focus potrebbe concentrarsi non tanto sul pagamento o meno dell’offerta, quanto sul valore che il pubblico attribuisce all’informazione. “Sui giornali di carta – ha osservato Luca De Biase, caporedattore di Nova 24 de il Sole 24 Ore – il lettore rimane in media 25 minuti, sul web 70 secondi. Le persone si comportano in funzione di quello che viene loro offerto: il pubblico vuole l’informazione, ma anche qualcuno che gliela trovi e confezioni”. Nel modo più adatto possibile al mezzo di fruizione. Ecco perché, nell’evoluzione, gli steccati non hanno proprio ragione di essere. “Servono team di giornalisti, designer e programmatori, per riformulare gli oggetti informativi e per creare qualcosa di unico e di valore. Allora sì che ci sarà qualcuno disposto a pagarlo”. Tesi sostenuta anche da Guido Romeo, giornalista scientifico di Wired, tanto più in un periodo come quello attuale in cui il giornalismo si trasforma spesso in “data-journalism”. “Prendiamo il caso Wikileaks – ha osservato – come potrebbe un giornali- sta senza validi supporti tecnologici, consultare e selezionare le migliaia di file scoperti?”. L’etica della responsabilità L’importante, però, nel mare magnum di informazioni che Internet mette a disposizione è di non farsi cogliere dalla “sindrome di Ireneo”, dal nome del protagonista di un racconto di Borges: un uomo che ricordava tutto ma non capiva nulla. Lo ha ricordato Walter Passerini, vice direttore del Master in giornalismo dell’Università Statale di Milano-Ifg, per sottolineare l’importanza fondamentale della formazione. “Internet ha decretato la morte del pubblico – ha osservato Passerini -. Ora esistono i pubblici e la segmentazione. Il modello del giornalismo omnibus, che parla a tutti e a nessuno, non aiuta”. E dove può trovare la sua legittimazione in questo contesto il nuovo giornalista? Nella competenza. Ecco perché le scuole di giornalismo servono, e devono diventare “il canale di accesso esclusivo alla professione. Perché oggi ci troviamo di fronte a giovani tecnicamente competenti, ma eticamente e socialmente poco attrezzati”. E la formazione dovrebbe continuare anche dopo, sotto forma di aggiornamento ai dipendenti, come sottolineato in chiusura dalla presidente dell’Ordine lombardo Letizia Gonzales. “Gli editori hanno investito in macchine e tecnologia e non in risorse umane, sbagliando, perché l’informazione di qualità è uno strumento di democrazia”. 23 Le iniziative dell’Ordine I lavori devono essere consegnati entro il 30 giugno Racconti lombardi al Premio Gavinelli Agli autori dei due articoli migliori andranno 2.500 euro, un terzo vincitore farà invece un reportage di viaggio in una città estera. Quest’anno la decima edizione del concorso riservato ai giovani giornalisti si arricchisce di una sezione, fuori bando, per i video-reporter Torna il concorso “Mauro Gavinelli” riservato ai giovani cronisti. Anche per questa decima edizione al centro dell’interesse la Lombardia in tutti i suoi aspetti: l’economia, la politica, la società, il territorio. Al concorso possono partecipare giornalisti (anche non iscritti all’albo) che non abbiamo superato i 35 anni di età, inviando un articolo che tratti un aspetto qualsiasi della realtà lombarda. Gli articoli pubblicati da una testata giornalistica, anche on line, devono essere recapitati entro il 30 giugno 2011 all’indirizzo del Gruppo Altomilanese dei giornalisti, presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Conti, via Alberto Da Giussano 3, 20025 Legnano (MI). Ai due articoli migliori la giuria assegnerà il premio alla memoria (2.500 euro) offerto dalla famiglia Gavinelli e il premio reportage di viaggio che darà l’opportunità al vincitore di realizzare un servizio giornalistico da una città estera. Fuori bando, in occasione del decennale del concorso, il Gruppo Altomilanese dei giornalisti, in collaborazione con l’Istituto cinematografico “Michelangelo Antonioni”, assegnerà un riconoscimento al miglior servizio audiovisivo pubblicato anche on line nel corso dell’anno. Questo premio sarà offerto dalla città di Busto Arsizio. Il concorso nasce dalla volontà della famiglia Gavinelli di ricordare il proprio congiunto Mauro Gavinelli, scomparso nel 2000. Giornalista appassionato, attento alla formazione 24 professionale soprattutto dei più giovani, Mauro Gavinelli, fu vice caporedattore del quotidiano La Prealpina. L’iniziativa è organizzata dal Gruppo Altomilanese dei Giornalisti, grazie ai contributi dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e dei Comuni di Legnano e Busto Arsizio. La giuria del premio è composta dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales, dal presidente del Gruppo Altomilanese dei Giornalisti, Francesco Chiavarini, da un altro appartenente al Consiglio direttivo dell’associazione, dal direttore dell’Istituto cinematografico “Michelangelo Antonioni”, Andrea W. Castellanza, da un familiare di Gavinelli, da due rappresentanti del Comune di Busto Arsizio e di Legnano. Il bando può essere scaricato sul sito www.giornalistialtomilanese.it. Convegno in collaborazione con la Commissione Ue NewsRom, informazioni e pregiudizi Sfatare tanti luoghi comuni, combattere i pregiudizi e aprire squarci di conoscenza sul mondo Rom. Di questi temi s’è discusso il 12 maggio scorso durante l’incontro “NewsROM. Informare senza pregiudizi” nella Sala Tobagi del Circolo della Stampa di Milano. L’iniziativa, organizzata dall’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia, nell’ambito della “Campagna Dosta!” promossa dal Consiglio d’Europa, coordinata e finanziata dall’Ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar) del Ministero per le Pari Opportunità, ha avuto il patrocinio della Rappresentanza in Italia della Commissione Ue, Federazione nazionale della stampa, dell’Ordine nazionale dei giornalisti, dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Un proficuo confronto. una riflessione da parte degli operatori dell’informazione su come i media raccontano la realtà delle comunità Rom, così spesso al centro della cronaca di quotidiani e telegiornali. Tabloid 3 / 2011 Le iniziative dell’Ordine borse di studio e corsi di aggiornamento Divulgatori scientifici Milano in prima fila L’OdG lombardo ha messo a disposizione 6 assegni da 800 euro ciascuno per seguire il Congresso mondiale dei giornalisti scientifici in Qatar. Un’opportunità irripetibile per i colleghi specializzati nel settore. Patrocinato anche un seminario sui motori di ricerca Fornire un’informazione corretta sulle tematiche che riguardano salute, medicina, scienza e ambiente è un compito sempre più delicato e importante. La richiesta in continuo aumento di informazioni su questi argomenti moltiplica anche l’offerta di notizie che però spesso sono superficiali o addirittura fuorvianti. La formazione di giornalisti adeguatamente preparati per affrontare questi temi è quindi un obiettivo prioritario, con importanti implicazioni etiche e deontologiche. L’Odg della Lombardia, in collaborazione con le associazioni professionali dei giornalisti di questo settore patrocina e sostiene le attività che mirano alla formazione di divulgatori scientifici sempre più preparati e responsabili. Tra le ultime iniziative messe in campo sono da segnalare le sei borse di studio (del valore di 800 euro l’una) messe a disposizione dall’Odg lombardo per Tabloid 3 / 2011 la partecipazione al Congresso mondiale dei giornalisti scientifici (World Federation of Science Journalists) in programma dal 26 al 30 giugno 2011 a Doha (Qatar). Un’opportunità che è stata offerta a chi scrive regolamente di scienza, tecnologia, salute, ambiente, con una corsia preferenziale per i più giovani. L’Odg lombardo, inoltre, ha patrocinato il 1° Corso nazionale di aggiornamento sui motori di ricerca e gli strumenti di Google, organizzato a Milano, sabato 18 giugno 2011, dall’Unamsi (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione), in collaborazione con Tsw Strategies di Treviso. Un seminario formativo per conoscere a fondo i meccanismi di Google e dei motori di ricerca, strumenti di lavoro quotidiano per i giornalisti, che vanno affrontati con particolare capacità critica da parte di chi fa divulgazione scientifica. Freelance 2.0 Digital video web e mobile Si rinnova l’appuntamento con i corsi di Freelance 2.0, organizzati dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e coordinati dal giornalista pubblicista Daniele Cerra, che ripropone anche il corso “Digital video Web e Mobile”, in cui saranno fornite le informazioni essenziali per i giornalisti che vogliono utilizzare gli strumenti digitali per registrare video, pubblicarli, lavorarli e trasmetterli. Le prossime date sono le seguenti: il corso base Freelance 2.0 iniziato a fine maggio proseguirà venerdì 17 e venerdì 24 giugno, venerdì 1 luglio. I corsi Video 2.0 sono in programma per sabato 4 e sabato 11 giugno. I corsi si svolgono dalle ore 9 alle ore 18 full immersion presso il Pime, in via Mosè Bianchi 94 a Milano (linea MM rossa, fermata Lotto). I corsi, a numero chiuso di 20 partecipanti, come sempre sono gratuiti per i disoccupati e gli inoccupati e costano invece 30 euro per tutti gli altri che desiderano frequentarli. 25 Le iniziative dell’Ordine la cronaca del convegno organizzato al villaggio barona il 28 aprile Politica, cronaca, sport e il sociale dove lo metto? Un “tesoretto di notizie” che (non) riempie i giornali. Eppure nel Terzo settore operano più di 12.500 associazioni e ai colleghi che seguono eventi e fatti quotidiani legati al no profit vengono richieste specializzazione e competenza, come negli altri settori del giornalismo di Eleonora Brianzoli* «Occuparsi di sociale non significa parlare delle sfighe (sfortune) del mondo». Una frase che di sicuro raccoglierebbe il consenso di tutti i relatori intervenuti alla quinta edizione del seminario milanese promosso da Redattore Sociale a Milano lo scorso 28 aprile, con il contributo delle Scuole di Giornalismo e dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. A pronunciarla, non a caso, è Elena Paralisiti, direttrice della rivista «Terre di Mezzo». Un esempio di professionalità e competenza nel campo del giornalismo sociale. Due caratteristiche che sembrano essere sottovalutate quando si scrive di notizie legate al mondo del sociale. Le redazioni, ma soprattutto i lettori, pretendono che chi si occupa di economia, di politica o di sport abbia un’esperienza specifica, che lo metta in grado non solo di fornire una cronaca puntuale e veritiera dei fatti ma anche di analizzarli e proporre una chiave di lettura degli avvenimenti. Tutto questo pare non essere richiesto quando si tratta di temi sociali. La rilevanza data a queste notizie, in termini sia di approfondimento sia di spazio, è largamente inferiore all’incidenza che hanno sulla vita dei cittadini. Lo dimostrano gli articoli raccolti e presentati da Parasiliti e Franco Bomprezzi, giornalista e blogger: una vera galleria di errori e leggerezze che copre tutto l’arco della stampa locale, nazionale, quotidiana o periodica. Il primo 26 errore si riscontra nella raccolta delle informazioni e nella verifica dei fatti. Troppo spesso ci si accontenta delle prime fonti a disposizione, senza cercare ulteriori conferme o smentite. A volte, negli esempi esaminati, il cronista non si era neppure spinto a parlare direttamente con i protagonisti delle vicende riportate. Altra pecca spesso riscontrata negli articoli che trattano temi sociali è l’uso a sproposito di termini e definizioni. Parasiliti e Bomprezzi evidenziano come questa disinvoltura nell’utilizzo delle parole porti a divulgare notizie scorrette e, soprattutto, a banalizzare. “Occorre stare in mezzo alla realtà e raccontarla – ha detto don Virginio Colmegna, direttore della Casa della Carità intervenuto alla quinta edizione di Redattore sociale a Milano - Dire che ci sono 25 mila rom che girano a Milano fa paura. Il problema è che a volte si punta a scatenare i sentimenti del pubblico piuttosto che verificare le notizie. Il primo dato che vorrei sottolineare è che sul sociale non si improvvisa: esiste tutto un patrimonio di storie che va regalato alla riflessione, non all’emozione, bisogna riuscire a scavare la notizia e a restituirla al pubblico nella sua complessità. citando tre esempi di notizie che i media avrebbero potuto valorizzare. La prima, la storia di un rifugiato del Mali ospitato nella Casa Tabloid 3 / 2011 Le iniziative dell’Ordine •Nella pagina a fianco, da sinistra: Giorgio Paolucci, Ugo Savoia, Walter Passerini, Alessandra Scaglioni e, (in basso) don Virginio Colmegna, intervenuto al seminario sul “Tesoretto delle notizie” di Redattore sociale (Foto Rosy Battaglia). della Carità, per la legge italiana un clandestino, che dopo aver ottenuto un lavoro e il permesso di soggiorno si è reso protagonista di un’azione di solidarietà concreta nei confronti di due tunisini che viaggiavano in treno con lui, pagando loro il biglietto da Napoli a Milano. La seconda, la forte alleanza stretta tra gli abitanti del quartiere dove sorge il campo rom di via Triboniano a Milano e gli operatori della Casa della carità che lavorano per l’integrazione dei rom: “Il frutto di un’azione di relazione, conoscenza e cambiamento avvenuto attraverso lo ‘stare in mezzo’ alle situazioni”, ha sottolineato Colmegna. La terza, le lezioni che ogni sabato il Conservatorio di Milano impartisce a 27 bimbi rom”. Per questo, reperire informazioni richiede spesso molto tempo e una rete di contatti che è possibile costruire solo dopo alcuni anni di esperienza diretta. In molti casi ci si limita così a raccontare solo vicende particolari elevate al rango di paradigmi di un’intera categoria, con il rischio di scadere nello stereotipo. Dove non arriva il giornalismo arriva l’arte. Al termine del seminario i partecipanti sono stati invitati a partecipare alle prove generali dello spettacolo «Report dalla città fragile» di Gigi Gherzi. Una raccolta di personaggi, storie e vite (vedi box) per raccontare la città, alimentata ogni sera dalle esperienze degli spettatori. *Praticante Master in Giornalismo Scuola “Walter Tobagi”, Università degli Studi di Milano Quando i disagi diventano arte Attori-cronisti, il report dalle città fragili I capelli bianchi ricci spiccano sugli abiti neri da teatrante. Gigi Gherzi accoglie gli spettatori con un sorriso quasi timido, dà a ognuno una matita e chiede di collaborare alla scrittura del suo «Report dalla città fragile». Un’inchiesta sociale che, dal 3 al 29 maggio negli spazi dell’ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano, ha srotolato davanti al pubblico una nuova mappa della città. Composta dalle storie degli abitanti, dei personaggi incontrati e dalle installazioni artistiche del regista Pietro Floridia. Simboli dei luoghi e delle emozioni della città «normale». Quella che non compare nelle colonne dei giornali o nei servizi dei Tg. Una panchina, i mezzi pubblici, le piazze. Ma anche gli arrampicatori sociali, gli «sbagliati», i “nerd”. Maschere di una metropoli che scopre la propria fragilità. Etichette appiccicate nelle pagine di magazine e quotidiani, e quasi mai indagate fino in fondo. All’attore, allora, il compito di riflettere e dare dignità alle storie «normali» di tutti i giorni. Al pubblico quello di dialogare, ogni sera, con le parole di Gherzi. Che, nelle vesti dell’attore-cronista, ha raccolto, attraverso le interviste per le strade e tra i muri dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, le vite dei personaggi della «città fragile». Custodite nei cassetti del grande armadio di legno che fa da sfondo allo spazio scenico. Tabloid 3 / 2011 C’è la storia del manager di una grande multinazionale di semiconduttori, che deve fare i conti con il calvario del tumore. E quella della giovane laureata, che ha smesso di uscire, vedere i suoi amici e prendersi cura della propria casa, perché troppo occupata dal suo nuovo lavoro in un’agenzia di pubblicità. Cade la «giusta distanza» tra lo spettacolo e la platea. E il report, un progetto del «teatro dello spettatore», non è altro che un dono reciproco di parole tra l’attore e il suo pubblico. Che cammina nei vicoli creati dalla scenografia, per disegnare ogni sera una nuova mappa fatta di storie e incontri personali. Due ore di vita, relazioni e incontri, in una comunità provvisoria che si forma attorno allo spazio scenico. Storie contemporanee raccontate nella dimensione antica del teatro, dove gli individui si interrogano e traggono godimento dal riconoscersi nella rappresentazione. E per sei serate, alla fine dello spettacolo, è previsto anche il dibattito con psicologi, sociologi, scrittori e giornalisti, che nella loro esperienza lavorativa si sono imbattuti nelle realtà e nelle atmosfere fragili delle città. Lidia Baratta Praticante del Master in Giornalismo, Scuola “Walter Tobagi”, Università degli Studi di Milano 27 Le iniziative dell’Ordine uno studio sulla distorsione mediatica della tv Nel 2010 il Tg1 ha dedicato mille notizie a fatti criminosi, il doppio del Tg spagnolo, il triplo di quello inglese, quattro volte quello francese. Un reality show che genera angoscia di Erika Crispo* Le notizie dedicate dai mass media a fatti criminali sono forse di più dei crimini stessi. “Ci troviamo di fronte a una vera e propria distorsione mediatica” è la tesi delle due giornaliste Susanna Ripamonti, direttore di CarteBollate e di Assunta Sarlo, caporedattore del mensile E. Nel 2010 il Tg1 ha dedicato 1.000 notizie a fatti criminali, il doppio del Tg pubblico spagnolo, il triplo di quello inglese, quattro volte quello francese e 18 volte l’Ard, il Tg pubblico tedesco. I mezzi di comunicazione di massa sono strumenti potentissimi che contribuiscono in maniera determinante alla costruzione dell’immaginario collettivo, influenzano e informano l’opinione pubblica. Per questo dovrebbero essere il più trasparenti e obiettivi possibile, trasmettendo le informazioni con la giusta cautela senza creare eccessivi allarmismi. Purtroppo ciò non accade, specialmente per quanto riguarda la rappresentazione della criminalità da parte dei media. Negli ultimi 4 mesi i telegiornali in prima serata (in controtendenza Tg3 e Tg La7) hanno dedicato circa 1.200 servizi al caso Scazzi e alla scomparsa di Yara. Abbiamo assistito alla trasformazione della criminalità in reality show, l’informazione televisiva si è spostata dalla criminalità comune alla spettacolarizzazione del caso eccezionale (o reso tale). Come scrive il politolo- 28 go Ilvo Diamanti nel IV rapporto della rappresentazione sociale e mediatica della sicurezza “c’è il sospetto (...) che il tema della criminalità venga popolarizzato, trattato come argomento di vita quotidiana e sceneggiato (quasi estetizzato) per bilanciare la spinta emotiva prodotta dalle preoccupazioni economiche e dalla paura suscitata dalla disoccupazione. Il crimine come reality usato come un antidoto, un tema alternativo a cui appassionarsi. Perché ritenuto maggiormente notiziabile e in grado di tenere alta l’audience”. Ilvo Diamanti ha indagato l’effetto che fa questo tipo di informazione sulle paure della gente. Sei italiani su 10 percepiscono come questione urgente da affrontare i problemi economici, mentre solo il 5% indica la criminalità come emergenza primaria. Le preoccupazioni e le insicurezze sono dettate da altri problemi e fattori come la salute, il futuro dei figli e la crisi economica. Si può dunque a tutti gli effetti parlare di una distorsione dell’informazione visto che i delitti sono addirittura in calo. La criminalità è seguita dai media televisivi in modo “seriale” occupando uno spazio ricorrente e ripetuto ogni sera, che la trasforma in una specie di rubrica “fissa”. A questo proposito giocano un ruolo molto importante le trasmissioni pomeridiane che coniugano intrattenimento e informazione e hanno sempre più peso nel determinare questa FotoMascheroni La passione criminale dei Tg situazione d’insicurezza, di paura, la cosiddetta “angoscia sociale”. I ricercatori sottolineano poi che alcune categorie sociali sono statisticamente più dipendenti dalla televisione e più sensibili al tema. Tra questi: anziani, casalinghe, residenti nelle regioni meridionali, ma soprattutto coloro che per varie ragioni (solitudine, ignoranza, povertà) hanno meno strumenti per decodificare queste notizie. Infatti come ha scritto il sociologo Enrico Pugliese “i media veicolano stereotipi e luoghi comuni che hanno presa tra il pubblico proprio perché ne confermano la visione del mondo”. Per cui l’equazione immigrati uguale criminali è fin troppo semplice. Non è un caso se il 31% degli italiani percepisce gli stranieri come un pericolo per la sicurezza delle persone e il 30% li vede come una minaccia per l’occupazione. Eppure se poniamo a confronto i tassi di criminalità di italiani e stranieri vediamo che sono molto simili: tra i 18 e i 44 anni la criminalità degli italiani è dell’1,5%, mentre per gli stranieri è dell’1,89%, tra i 45 e i 64 anni sono rispettivamente dello 0,65% e dello 0,44%; oltre i 65% anni è in entrambi i casi dello 0,12%. E allora si dovrebbe prendere esempio dai Paesi anglosassoni, dove negli articoli di cronaca solitamente non si fa riferimento alla nazionalità delle persone coinvolte. * Allieva del Master in giornalismo Università Iulm Tabloid 3 / 2011 Le iniziative dell’Ordine una lezione speciale nel carcere di bollate Un giorno in galera da cronisti per caso Due allievi del Master in giornalismo dello Iulm raccontano per New Tabloid e CarteBollate il corso su “Media e carcere”, organizzato dall’Odg Lombardia, dietro le sbarre di Linda Irico e Ignazio Stagno* Ci sono alcune cose che non si possono portare dentro un carcere: cellulari, chiavette Usb, macchine fotografiche. Se il carcere è quello di Bollate, la prima cosa da lasciar fuori sono i pregiudizi. L’immagine del ‘Grand Hotel Bollate’ svanisce appena si varcano le porte che dividono le due realtà: buoni e cattivi, retti e deviati. Le testimonianze non rendono giustizia dell’emozione che dà il primo colpo d’occhio: possenti sbarre attraversano finestre incorniciate di colori, ambienti tappezzati di disegni combattono il grigio di pareti erette per dividere e non per proteggere. Eccoci, con i detenuti, occhi negli occhi, a parlare di ciò che unisce due redazioni così diverse. Cosa c’eravamo persi prima di arrivare qui! Il detenuto non è un caso di cronaca giudiziaria, dietro ogni nome c’è una storia e dietro ogni storia un individuo unico. Le statistiche sono marginali, sono le vicende personali a emergere. La folle paura di Lella di perdere il permesso per un treno in ritardo, per una fila troppo lunga, per la pioggia, per il traffico. Problemi che per noi sono solo scocciature, per lei rischiano di rovinare un percorso che è il punto di svolta per il reinserimento nella società. Si parla di giornalismo con i detenuti. “La pena non deve trasformarsi in una vendetta attraverso le campagne di (dis)informazione sulla stampa”, spiega Enrico. Quando leggiamo una Tabloid 3 / 2011 FotoMas cheroni condanna non ci pensiamo: 15, 20, 30 anni fanno rumore, ma sono sterili numeri stampati su carta. In carcere la percezione cambia: s’intravedono i giorni moltiplicati per le ore in cui un essere umano sarà confinato in una vita che non è la sua. Passeggiamo nei corridoi in attesa del pranzo. Per quanto i libri accumulati sugli scaffali della biblioteca e le stampa del circolo filatelico diano senso di normalità a quelle stanze, girando lo sguardo torna la cruda realtà: le tendine dai colori pastello non nascondono le sbarre. Gli orologi, quelli che ogni dieci passi incontriamo sul nostro cammino, segnano l’ora giusta solo due volte al giorno e mai nello stesso momento. Lo scorrere del tempo non è quello che conosciamo. Pranziamo insieme mangiando una pizza “a chilometro zero”, fatta qui nelle cucine della Coop Abc, dove altri detenuti possono imparare un mestiere che, fuori, potrà dar loro l’opportunità che mancava. Chiacchieriamo, c’imbattiamo nelle loro storie, impariamo a conoscerli. Ma siamo sempre lì, tra sbarre e porte blindate. Con i detenuti e alcune poliziotte andiamo a vedere dove si lavora. Visitiamo la serra. Di questa si occupano sei detenuti. Passeggiando lungo il viale ci fermiamo a guardare alcuni detenuti che si prendono cura di sette cavalli e delle stalle (foto). C’è anche la squadra Cr Bollate che gioca a calcio in terza categoria. Il loro tecnico ci rac- conta degli insulti che i suoi uomini, detenuti, devono subìre durante la partite “Loro non reagiscono - spiega - ma è difficile giocare su campi dove non c’è rispetto”. I detenuti devono mantenere una condotta corretta. Una squalifica significa stare in cella anche la domenica. Poi c’è la sala call center , c’è un cordinatore in giacca e cravatta che dirige il lavoro. Sembra di essere davvero nella sede di una società telefonica: pc e detenuti con le cuffie seduti davanti allo schermo. Guadagnano secondo il contratto nazionale. Dall’altro lato del corridoio c’è un grande salone dove i detenuti in camice bianco, riparano i cellulari guasti. Qualche passo in là e siamo al centro di un palcoscenico: è il teatro, un altro dei fiori all’occhiello del carcere di Bollate. Poi andiamo in sartoria: macchine da cucire, tavoli da disegno e donne che lavorano. Il saluto è forse il momento più difficile. Qui finisce la loro libertà e ricomincia la nostra normalità. Oltre la porta, il piazzale, le nostre auto, le voci dei passanti. Noi fuori, loro dentro. Siamo un po’ spaesati. La confusione del metrò ci riporta all’assenza di disciplina. La metropolitana è quella di ogni giorno, quella della Milano che torna a casa, dopo il lavoro. Ma noi siamo un po’ diversi. Siamo stati in carcere per un giorno. La nostra riflessione continuerà a lungo. * Allievi del Master in giornalismo Università Iulm 29 L’angolo della legge il giudice potrà imporre penali a chi fa richieste danni facili e milionarie Cause civili pretestuose I cronisti rialzano la testa Possibili sanzioni in arrivo contro chi abusa del diritto di difendersi da presunte notizie lesive. Se il giudice accerterà che le motivazioni addotte per chiedere i danni a un giornalista sono insussistenti, false o esagerate, il richiedente sarà chiamato a pagare di Mario Consani* Il giudice Roberto Bichi, presidente della prima sezione del Tribunale di Milano, quella che si occupa di cause civili per diffamazione, intervenendo in un convegno, ha detto che è maturato in seno alla magistratura milanese l’orientamento di sanzionare chi intenta cause civili pretestuose applicando una recente norma di carattere innovativo inserita nel 2009 del Codice di procedura civile. Essa consente al giudice di infliggere d’ufficio una sanzione pecuniaria qualora il giudizio accerti che le motivazioni erano insussistenti, false o esagerate. Ecco l’intervista al giudice Roberto Bichi Dottor Bichi, sembra meno facile intentare cause milionarie per danni ai giornalisti. Chi lo fa pretestuosamente - lei ha osservato - ora può rischiare una sanzione pecuniaria. In effetti la modifica dell’art. 96 c.p.c. ( responsabilità aggravata per lite temeraria) introduce nuove possibilità, in quanto sanziona più efficacemente, rispetto al passato, l’”abuso del processo”, riguardo ad iniziative processuali strumentali, poste in essere con dolosi scopi intimidatori. Tra l’altro, nella più recente interpretazione della Cassazione per poter ipotizzare un diritto risarcitorio a carico di chi ha avviato l’azione di responsabilità per “lite temeraria”, in caso di mala fede, può forse prescindersi dalla totale soccombenza. In pratica, nella anteriore giursprudenza nessuna sanzione era possibile quando vi fosse stato l’accoglimento della domanda risarcitoria, anche se in misura estremamente ridotta rispetto a quanto richiesto. Bastava che l’ “offeso” ottenesse un risarcimento di mille (magari dopo aver chiesto un milione) e la questione finiva lì. Ora invece? Questo approccio può essere rivisto 30 sulla base di spunti e approfondimenti che offre la più recente Cassazione. Dagli orientamenti della Suprema Corte sembra ricavarsi che l’abuso nella richiesta risarcitoria, anche se vi è un parziale riconoscimento, può essere conseguenza di responsabilità, in caso di dolo e mala fede: principi che appaiono di particolare rilievo in caso di richieste risarcitorie abnormi, avanzate con consapevole intento intimidatorio nei confronti del convenuto, ad esempio, appunto, un giornalista che ha fatto un’inchiesta particolarmente sgradita. In pratica, anche se il giornalista viene condannato a risarcire una piccola somma, si sancisce che era pretestuoso avergli chiesto danni per mille volte tanto. Ma in quali casi? Come detto, sempre nel caso in cui l’attore agisca con mala fede o colpa grave. Inoltre va notato che fino all’introduzione del terzo comma dell’art. 96 del codice di procedura civile, l’intepretazione univoca riteneva che la somma liquidata per risarcimento da lite temeraria avesse natura riparatoria di un pregiudizio effettivamente sofferto e non sanzionatoria o afflittiva. Vuol dire che il giornalista doveva comunque provare di aver sofferto un danno effettivo per quella richiesta milionaria ricevuta e poi finita nel nulla o quasi? Una prova non facile... E’ così. Ma non c’è dubbio, invece, che già il solo doversi difendere in un giudizio civile, affrontandone i costi di difesa non indifferenti e i disagi legati alla durata del procedimento e all’incertezza sulla conclusione, costituisca un obiettivo pregiudizio di fatto. In che senso? Se l’azione da cui ci si deve difendere è strumentale, per ciò solo essa può influire sulle scelte e le condotte professionali del giornalista. A seguito della modifica dell’art. 96 c.p.c. è reperibile nell’ordinamento una misura di contrasto particolarmente efficace, in quanto è introdotto un risarcimento-sanzione , misura più idonea per scoraggiare effettivamente una lite essenzialmente temeraria. Al giornalista ora non è più richiesta la prova di aver subito un danno perché possa scattare la sanzione contro chi lo voleva solo intimidire. E’ così? Tabloid 3 / 2011 L’angolo della legge La norma ha carattere generale, ma in effetti si presta particolarmente all’applicazione nei casi cui lei fa riferimento. Dopo la recente modifica dell’art. 96 del codice, il nuovo istituto è qualificato dalla giurisprudenza che ha avuto modo di affrontare il problema in termini di “sanzione di natura pubblicistica” che mira a punire il comportamento processuale della parte, in relazione anche al principio costituzionale della durata del giusto processo, che comporta un divieto dell’abuso di tale strumento. ». A quanto può ammontare questa sanzione? Il legislatore non lo ha stabilito. La misura è rimessa ad una valutazione equitativa del giudice. Noi giudici della prima sezione del tribunale civile ci siamo riuniti per discuterne e, orientativamente, si è ritenuto di applicare il risarcimento sanzionatorio fino a una somma comunque non superiore ad un terzo del risarcimento che era stato chiesto .Per altro l’esame della questione è solo all’inzio e bisogna vedere il complessivo orientamento della giurisprudenza che, via via, maturerà. Resta il problema delle querele spesso pretestuose che i giornalisti devono subire. A suo parere di tecnico del diritto, è immaginabile una soluzione “punitiva” per scoraggiare anche chi insiste pretestuosamente sul fronte penale? Direi che non sembrano riscontrarsi, per quanto concerne l’ambito penale, novità particolari, che possono derivare solo da interventi legislativi. *Consigliere OdG Lombardia Dal Consiglio dell’Ordine della Lombardia I procedimenti disciplinari Qui di seguito diamo conto, come sempre, del lavoro del Consiglio per quanto riguarda i procedimenti disciplinari esaminati negli ultimi due mesi. esposti esaminati : 65 esposti trasferiti ad altro Ordine : 7 archiviazioni: 21 assoluzione: 1 Hanno subito: Avvertimento: Davide Mattellini, per violazione artt. 2 e 48 legge professionale e art. 7 Codice deontologico sul trattamento dei dati personali e della Carta di Treviso. Avvertimento orale: Annibale Carenzo per violazione privacy. Tabloid 3 / 2011 procedimenti disciplinari aperti: 7 procedimenti disciplinari sospesi: 27 Sanzionati: 2 31 L’angolo della legge la testimonianza del cronista giudiziario de la stampa Io, querelato da Gelli Previti, Bossi e Craxi Le denunce dei potenti e le richieste milionarie di risarcimento sono spesso intimidatorie. E le pressioni sono sempre di più. “All’estero il giornalismo investigativo e giudiziario viene visto con rispetto, qui siamo considerati forcaioli” di Paolo Colonnello* A dirla tutta, Silvio Berlusconi mi fa un baffo. Altro che perseguitato dalla giustizia per 24 processi (che poi sono meno) subiti in 20 anni di politica. In 25 anni di cronaca giudiziaria io di processi, intendo come imputato, ne ho dovuti affrontare almeno altrettanti e forse di più. Tutti, o quasi, vinti senza nemmeno farmi votare una leggina in Parlamento. Tutti, o quasi, assai speciosi. Tutti firmati da fior di personaggi della politica e dell’imprenditoria. Tutti prodromici a un unico obiettivo: l’intimidazione, il condizionamento. Nonostante consideri ormai le richieste di risarcimento come incidenti di percorso cui mi sono in un certo senso abituato, la sensazione di disagio, per non dire di spavento, rimane sempre fortissima. Non è mai piacevole ricevere la solita busta piena di timbri e di intimazioni con la quale si viene descritti come criminali della tastiera, faziosi e dissennati, intenti ad imbastire chissà quale complotto ai danni di specchiate società o personaggi di grande onorabilità. Ma quale proporzione può esistere, ad esempio, tra una richiesta danni “fino” a due milioni e mezzo di euro (la cifra non è inventata) e un articolo scritto a piè di pagina per una sentenza definitiva ma non ancora motivata? Quale danno enorme può mai subire una società che, pur quotata in Borsa, chiede che tu e la tua famiglia finiate sulla strada per un 32 articolo comparso sul tuo giornale magari un anno prima e di cui nessuno, se non qualche solerte e interessato ufficio legale, ricorda nemmeno il contenuto? E soprattutto: come è possibile che una volta stabilita la pretestuosità della causa, con vittoria del giornalista, chi per mesi se non anni, ti ha tenuto sulla corda di una richiesta danni stratosferica non debba per nulla rispondere di questo vulnus evidente della libertà di stampa? Devo dire che non mi sono fatto mancare nulla: da Licio Gelli (che mi querelò nel lontano 1987 chiedendomi un risarcimento di 2 miliardi di lire) passando da Craxi, D’Alema, Bossi, Previti, Confalonieri (cause plurime per svariati milioni). In mezzo si sono cimentati imprenditori, multinazionali, segretari di partiti che nemmeno esistono più, ex sindaci, ministri, sottosegretari, agenti segreti, giudici e avvocati. Il campionario è vasto e variegato. Ho subito ovviamente un paio di perquisizioni, diversi “buoni consigli” che ho inteso come minacce, svariati interrogatori da pm, carabinieri, poliziotti e finan- Tabloid 3 / 2011 L’angolo della legge zieri, sono stato pedinato, intercettato e schedato. Comunque so di essere in buona compagnia: non c’è collega di giudiziaria minimamente in vista che non abbia dovuto subire la stessa sorte. Le richieste di solito vanno da un minimo di 50 mila euro a un massimo, appunto, di due milioni e mezzo. Ma alla provvidenza di un buon avvocato non c’è mai fine. In fondo cosa costa chiedere il massimo per ottenere almeno un poco? In un paio di occasioni, infatti, i legali che mi assistevano, nonostante il mio disappunto, hanno preferito transare. Ma se per ogni causa vinta avessi potuto farmi risarcire con solo il 10 per cento di quanto mi era stato chiesto, oggi sarei un uomo molto ricco. Oppure molto meno querelato. Le querele intimidatorie rendono meno liberi i cronisti Invece, attualmente, mi sento semplicemente sottoposto a costanti pressioni che mi provocano periodicamente quella sensazione di disagio e di spavento che coglierebbe qualsiasi persona normale sottoposta a pressioni del genere. Rileggo i miei articoli, ne individuo i passaggi più difficili: e se non sono stato abbastanza chiaro? E se davvero mi è sfuggito un particolare? Possibile che abbia scritto tutte quelle montagne di cazzate che mi vengono addebitate? E se poi ho dimenticato di mettere “secondo le accuse”? E se non ho Tabloid 3 / 2011 aggiunto quella parolina ipocrita che va tanto di moda, quel “presunto” con cui uno pensa di salvarsi l’anima? E lo sanno quei signori che mi chiedono di ripagarli vincendo una lotteria, che spesso si lavora di corsa, tenendo a mente mille cose e che per quanto uno verifichi fonti, documenti, situazioni, l’errore, sempre e comunque involontario (a meno che non si sia mestatori di professione) rimane invariabilmente in agguato per chi tutti i giorni deve occuparsi degli scandali sempre più complicati di questo Paese? Finisce che per quanto uno ci possa fare il callo, per quanto stia sempre attento alla propria onestà personale e intellettuale, ogni volta che dovrà successivamente trattare di quel personaggio, di quell’azienda, di quell’inchiesta, avrà più paura. Sarà meno libero, rischierà di sentirsi condizionato. Ed è esattamente il risultato voluto: una logica terroristica, in fondo. Noi non ne parliamo mai, perché abbiamo già troppo da fare con i processi degli altri. Ma la vita di un cronista giudiziario è spesso una corsa ad ostacoli che nessuno, o pochi, riconoscono. Più si lavora, più si diventa specializzati, più si viene chiamati a mettere mano a casi di cui quasi nessuno si vorrebbe occupare e lentamente si diventa “bruciati”, inevitabilmente legati a un settore del quale molti parlano ma pochissimi conoscono i meccanismi. Non a caso è rarissimo che un giudiziarista possa aspirare a carriere dirigenziali. Si può forse diventare vagamente noti, affermati, ecco. Ma se nel resto del mondo per il giornalismo investigativo e giudiziario c’è un certo rispetto, da noi di solito si viene chiamati “forcaioli”. Intanto querele e cause civili fioccano con sempre maggiore faciliotà, con richieste astronomiche che i nostri stipendi, assai poco adeguati, mai potrebbero esaudire. Si obietterà che a pagare ci pensa l’editore. Vero. Ma basta una scivolata, una condanna, e la reputazione, l’unico nostro preziosissimo bene, è giocata per sempre. Soprattutto si finisce silenziosamente “commissariati” e meno liberi di scrivere: “Mi raccomando, fai attenzione, che per quella vicenda ci sei già costato un patrimonio...”. E chi tutela giovani colleghi mandati allo sbaraglio? Ogni professione ha i suoi rischi ma non tutti i giornalisti sono chiamati quotidianamente ad occuparsi di vicende su cui si può rischiare “in solido” e così di frequente. Per non parlare di quei bravissimi colleghi, giovani per lo più, mandati allo sbaraglio nei palazzi di giustizia senza nemmeno un contratto o un’assicurazione che li possa tutelare da eventuali “aggressioni giudiziarie”. È la stampa, bellezza. Ma questo era Humphrey Bogart e quella era l’America. Qui invece siamo in Italia, dove a pagare sono sempre i più deboli. Nessuno dice che le cause e le richieste di risarcimento non dovrebbero esistere. Sono ben consapevole di poter fare anche grossi danni, soprattutto alle reputazioni di persone che alla fine potrebbero risultare innocenti. E chi si vuole occupare di giudiziaria è giusto che senta l’obbligo di una verifica in più e di un’attenzione particolare a ciò che scrive. La sensazione però, è che ormai si sia arrivati all’abuso delle citazioni e delle querele, usate come arma di pressione. Urgono nuove regole, magari fissando dei contro risarcimenti per cause palesemente infondate o ,peggio, intimidatorie. *inviato speciale de La Stampa 33 L’angolo della legge la testimonianza (controcorrente) di un cronista giudiziario di lungo corso Io, accusato dal pool attendo ancora giustizia Il singolare caso dell’ex inviato del Mattino di Napoli al Palazzaccio di Milano: chiamato in giudizio dai magistrati di Mani Pulite per un articolo pubblicato il 28 aprile 1993, condannato in primo grado, assolto in Appello e ora in attesa della sentenza della Cassazione di Frank Cimini* Ospitiamo l’intervento di Frank Cimini, storico corrispondente del “Mattino” di Napoli e cronista giudiziario da sempre fuori dal coro. La ricostruzione e l’interpretazione degli episodi dell’inchiesta Mani pulite appartengono, naturalmente, a lui. “Latitante ripassi domani”. Era il titolo di un articolo a mia firma apparso su Il Mattino di Napoli del 28 aprile del 1993 dove si parlava dell’accordo tra il mitico pool di “Mani pulite” e gli avvocati della Fiat, concretizzato nell’ufficio del capo della procura di Milano, Francesco Saverio Borrelli. In quell’ufficio venne deciso non solo di non procedere a una richiesta di custodia cautelare in carcere nei confronti di Cesare Romiti (il quale aveva fatto avere a Tonino Di Pietro un memoriale con l’elenco della mazzette pagate pieno di “lacune”), ma anche di non approfondire le indagini. A fianco del mio pezzo c’era un commento del direttore del Mattino Pasquale Nonno, dove si sosteneva che i grandi imprenditori italiani prima si mettono d’accordo con i politici per fare i soldi e poi con i giudici per non andare in galera. Ecco, sono passati 18 anni e il fantasma di quell’inchiostro mi insegue ancora. Perché il pool intentò una causa civile che si è rivelata infinita, tranne che per le pretese di Di Pietro, con il quale Francesco Gaetano Caltagirone, su- 34 bentrato come editore del quotidiano di via Chiatamone, decise di transare versando una cinquantina di milioni di lire, riferiti anche ad articoli scritti da altri. Il pool chiedeva per il mio pezzo circa 400 milioni di lire. In primo grado ebbe ragione, ma in secondo no. La Corte d’appello stabilì che magistrati diversi da Di Pietro non avevano titolo per chiedere risarcimenti. Attendo ancora la Cassazione, che chissà se arriverà prima che io vada in pensione.Quello dei magistrati che quando sono oggetto di critiche si rivolgono ai loro colleghi per ottenere risarcimenti è un problema che non è mai stato affrontato seriamente. Io fui il primo giornalista al mondo a essere citato a giudizio dal mitico “pool”, e quelli furono tempi veramente duri •Il Palazzo di Giustizia di Milano, al centro dell’attenzione mediatica durante gli anni di Mani Pulite e, sopra, la testata del Mattino di Napoli per il quale scriveva Frank Cimini. perché all’epoca anche i giornali e i telegiornali di Berlusconi facevano da megafono alla finta rivoluzione di Mani pulite (cambiarono idea, diciamo così, solo dopo il famoso avviso di garanzia nei confronti di Berlusconi a Napoli, comunicato via Corsera il 21 novembre del 1994). I magistrati del pool, per dirla con un eufemismo, godevano di ottima stampa. E per un motivo molto semplice: gli editori dei giornali erano tutti imprenditori sotto schiaffo, graziati poi proprio per Tabloid 3 / 2011 L’angolo della legge l’appoggio mediatico all’inchiesta che si proponeva di “rivoltare l’Italia come un calzino”. Non fu solo la Fiat ad avere un trattamento di favore. Carlo De Benedetti, infatti, aveva imitato Romiti ammettendo solo una parte delle tangenti pagate. Una storia sulla quale non si farà mai luce fino in fondo perché nessuno di quelli che contano ha interesse a farlo. Non solo dai magistrati ho subito tentativi di intimidazione attraverso cause pretestuose. L’avvocato Geppino Lucibello, amico di Tonino Di Pietro e difensore di molti imputati eccellenti di Mani pulite, mi accusò di aver coordinato una lunga campagna di stampa ai suoi danni facendogli perdere clienti e impedendogli di acquisirne di nuovi. A distanza di anni una sentenza stabilì che non lo avevo diffamato e Lucibello dovette accontentarsi solo di poche migliaia di euro per un articolo (non scritto da me) apparso sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari. Mani pulite fu una “religione” alla quale era molto difficile opporsi, sia per la condizione di paura in cui si trovavano gli imprenditori-editori, sia perché i cronisti le notizie le prendevano allora (e le prendono anche oggi) al 90 per cento dalle procure, che poi ricambiano appoggiandone in modo entusiastico le tesi accusatorie oppure non scrivendo nulla se le cose si mettono male. Nell’inchiesta su Tangentopoli c’erano fughe di notizie tutti i giorni, ma il procuratore capo prese posizione per la prima volta sul tema quando uscirono particolari dell’indagine su un troncone di tangenti al Pci-Pds. La circolare interna all’ufficio finì anch’essa sui giornali e... si salvi chi può. Aprivano fascicoli solo quando uscivano notizie sgradite, e così fanno ancora oggi. Io fui interrogato dal procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio sulla fuga di notizie relativa alla richiesta d’arresto per Marcello Dell’Utri. Misi a verbale che pochi giorni prima la richiesta di arresto per un banchiere era finita prima in una redazione di giornale e poi al giudice che l’avrebbe dovuta valutare. “Ah sì? Ne parlo con Borrelli e indaghiamo”. Ovviamente non successe nulla. *ex caposervizio de Il Mattino Tabloid 3 / 2011 Cause civili: cosa dice la legge Meno facili le citazioni per danni La piccola rivincita dei giornalisti Non è una norma pensata per difendere i giornalisti vessati, quando mai!, ma potrebbe tornare utile per prendersi una rivincita contro chi usa le citazioni per danni come oggetti contundenti, o meglio, come intimidazioni. La modifica all’articolo 96 del codice di procedura civile – di questo parliamo – è stata approvata due anni fa all’interno del cosidetto decreto competitività. La logica è di solare chiarezza: se la giustizia civile in Italia è un malato terminale, con 5 milioni di fascicoli pendenti – che tra l’altro mettono in fuga imprenditori e investitori stranieri – bisogna punire chi “abusa” del processo inventandosi cause inesistenti e impegnando per motivi poco nobili cancellerie e tribunali. Guarda caso proprio come chi, infastidito dalle notizie, soprattutto se vere, incarica l’avvocato di sparare cannonate contro il giornalista, dribblando la giustizia penale e innestando subito la quinta del risarcimento milionario in sede civile. “Tanto, male che vada, qualcosa si ottiene”, è la frase di rito, soprattutto perché si “convincono” aziende e direttori ad andarci più piano con la penna. Fino al 2009 il contrattacco per giornalisti ed aziende era molto difficile: poteva andarti bene, mediamente dopo 4/5 anni per ogni grado di processo, e vederti respinta la domanda di danno, ma poi ottenere il riconoscimento della “responsabilità aggravata” per lite temeraria della controparte diventava impresa impossibile, dovendo dimostrare la mala fede o la colpa grave di chi ti accusava. Da due anni, invece, il giudice (ma anche l’avvocato che resiste alla citazione intimidatoria) può contare sull’arma della dissuasione per chi “abusa” del processo: hai depositato una citazione fondata sul nulla, intimidatoria anche solo per la cifra sproporzionata richiesta? Nella sentenza che accerta l’inesistenza del diritto, o anche solo una lesione epperò minima, il giudice può ordinare il pagamento di una somma “equitativamente determinata” - cioè svincolata da tabelle, parametri o da altre probatio diaboliche - a favore del giornalista ingiustamente trascinato nell’arena processuale. Basterà una sanzione più che altro simbolica a dissuadere poteri forti - e piccoli o grandi ras locali – dall’aggressione premeditata alla libertà di cronaca? Probabilmente no, ma è un piccolo passo nella direzione giusta, e vale la pena di utilizzarlo nell’interesse proprio, della categoria e anche della giustizia. Utile ricordarsene, soprattutto, quando si firma la procura alle liti nello studio del proprio avvocato. Dove non è arrivato il decreto competitività a consolare i giornalisti, invece, è nel processo penale. Qui una norma di contrappasso per “quelli dalla querela facile” è difficile da immaginare, perché la Costituzione riconosce a chiunque (e per fortuna!) la possibilità di agire in giudizio per tutelare i propri diritti. A differenza del civile, però, nell’ambito penale il vaglio di “temerarietà” del querelante è già svolto dalla Procura della Repubblica, in una fase (la valutazione della notitia criminis) in cui il giornalista non è neppure coinvolto e dove generalmente si arena (per archiviazione diretta e tombale) l’80% delle querele, senza costi né pene morali aggiuntive per chi ha solo il torto di fare, e bene, il proprio lavoro. Alessandro Galimberti Segretario Unione nazionale cronisti italiani 35 L’angolo della legge carta di treviso / quale confine fra diritto di cronaca e privacy Se anche il cronista diventa carnefice L’accorato appello dei genitori di Yara Gambirasio ripropone un tema delicato in particolare quando si parla di delitti nei quali sono coinvolti i minori. Le indicazioni del Garante. Cosa dice la legge. Illegittimo pubblicare notizie non indispensabili alla narrazione dei fatti di Guido Camera* “Se qualcuno è un essere pensante, radicato nei propri pensieri e ricordi, per cui sa che deve vivere con se stesso, ci saranno limiti a ciò che permetterà a se stesso di fare.” Le meditazioni di Hannah Arendt a proposito della relazione che esiste tra capacità individuale di pensare e banalità del male, sono tutt’altro che fuori luogo quando si cerca di esprimere un giudizio su come talvolta i mass - media gestiscono l’informazione. Il progresso della società in cui viviamo è infatti legato (anche) al moltiplicarsi delle tecniche di comunicazione, che giova significativamente al processo di democratizzazione globale ma, inevitabilmente, aumenta anche il rischio che un fatto di cronaca si trasformi in un male multiforme ed irrimediabile per il protagonista della notizia/vittima del reato. E’ il caso della tragica vicenda che ha travolto la famiglia di Yara Gambirasio, che dopo avere perso una figlia adolescente senza poter ancora capire per colpa chi e perché l’ha strappata con violenza a una vita ancora da scoprire, subisce da tempo impotente la continua diffusione sui mezzi di informazione di fotografie o video della propria figlia. Maura e Fulvio Gambira- sio, infatti, nonostante sin dallo scorso mese di gennaio abbiano chiesto di rispettare il silenzio stampa sul loro dolore, sono stati costretti più volte a ribadire che venga fermata la diffusione di immagini che, senza alcuna ragione informativa, ritraggono la propria figlia (poco più che una bambina) in momenti spensierati della sua vita. Perciò, lo scorso aprile, i Gambirasio sono stati costretti a diffondere un duro comunicato diretta ai media: “Non capiamo e non giustifichiamo questo continuo accanimento giornalistico nella ricerca di fotografie o di video L’accanimento su particolari di vita privata non fanno parte del diritto di cronaca 36 raffiguranti Yara… Stiamo cercando di ricostruire un nuovo equilibrio familiare e il clima che state creando non ci sta aiutando… Rimarchiamo la nostra volontà di non autorizzare l’emissione di queste immagini, che ai fini investigativi non sono di alcuna utilità”. I genitori di Yara hanno concluso il loro appello al Grande Fratello (nel senso orwelliano dell’espressione) in modo accorato ma molto efficace: “Vi preghiamo di non nascondervi dietro il paravento del diritto di cronaca, abbiate semplicemente rispetto ed umiltà per la nostra situazione”. E’, tra l’altro, un paravento (giustamente) fragile quello del diritto di cronaca, quando i protagonisti della notizia sono minori. Il codice di procedura penale, infatti, al comma 6 dell’articolo 114, espressamente vieta “la pubblicazione delle generalità Tabloid 3 / 2011 L’angolo della legge •Qui a sinistra la cerimonia religiosa durante i funerali di Yara Gambirasio e, nella pagina a fianco, i rilievi della polizia scientifica sul luogo del delitto. e dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato” nonché “la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano portare all’identificazione dei minorenni” . Anche le norme deontologiche della professione giornalistica impongono particolare rigore nell’impedire la diffusione di immagini che riguardano minorenni coinvolti, a qualsiasi titolo, in fatti di cronaca. Bene ha fatto, perciò, il Garante della privacy, a proposito del comunicato della famiglia Gambirasio, ad intervenire per invitare i media a rispettare l’articolo 7 comma 3 del codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica e la Carta di Treviso, che indicano “come requisito essenziale di legittimità per la diffusione dei dati relativi ai minori” un giudizio sull’ “interesse oggettivo del minore”. Il Garante ha spiegato che i mezzi di informazione devono rispettare il “dolore di una famiglia” che, a causa del reiterarsi della diffusione di filmati e immagini della propria figlia vittima di un crimine orrendo, subisce “il sicuro effetto” di essere rinnovato senza alcuna utilità per l’opinione pubblica. Un dolore “inutile”, quello dei genitori, che è drammaticamente cagionato dall’ incapacità di pensare di alcuni giornalisti che, senza riflettere sul senso e le conseguenze delle proprie azioni, calpestano i diritti dell’individuo e mortificano la dignità dell’informazione. Il Garante, nel recente passato, ha spiegato che, relativamente ai dati dei Tabloid 3 / 2011 minori, “il Codice di deontologia introduce una disciplina specifica, riconoscendo come prevalente l’esigenza di salvaguardare la personalità dei minori da indebite interferenze nella loro vita privata da parte degli organi di informazione e di comunicazione di massa” ( 16 settembre 2010, relatore Paissan). Il giornalista ha quindi “l’onere di attenersi alla disciplina sopra richiamata, impedendo che vengano diffuse, anche nel corso di interviste rilasciate da altri soggetti, informazioni idonee a identificare i minori” (ibidem). Secondo le regole della deontologia della professione giornalistica, richiamate nel provvedimento del Garante prima citato, la diffusione di dati relativi a minori può avvenire solo ove “il giornalista reputi, sotto la propria responsabilità, che tale scelta sia giustificata per motivi di rilevante interesse pubblico e sia fatta nell’interesse oggettivo del minore” (conformi le decisioni del 2 ottobre 2008 e del 5 giugno 2008: quest’ultima, in particolare, sottolinea l’importanza del rispetto del criterio deontologico dell’essenzialità dell’informazione che riguarda minorenni). L’articolo 8 della Carta di Treviso è lapidario quando afferma che nei casi di esclusivo “interesse del minore, ad esempio i casi di rapimento o bambini scomparsi”, quando “si ritiene indispensabile la pubblicazione di dati personali e la divulgazione di immagini, andranno tenuti comunque in considerazione il parere dei genitori e delle autorità competenti”. La Carta dei doveri del giornalista, peraltro, spiega che vanno “evitate possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamente il proprio interesse”. Una recente decisione del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (14 gennaio 2009), giudicando un caso analogo, ha spiegato che “se i protagonisti sono minori vanno comunque rispettate le regole deontologiche che garantiscono una loro specifica tutela che non viene meno per il solo fatto che essi non siano più in vita…anche in caso di particolare rilevanza di una notizia per un determinato contesto territoriale e sociale”. Non è quindi mai “legittima la pubblicazione di particolari non indispensabili alla narrazione della notizia di interesse pubblico, che non deve essere arricchita da dati personali che possano condurre all’identificazione del minore deceduto, cui va garantita particolare tutela anche dopo la morte” (ibidem). L’inutile cinismo dei mezzi d’informazione, in casi analoghi a quello che ha visto intervenire il Garante a tutela dei diritti fondamentali della famiglia Gambirasio, cagiona un male soggettivo estremo (l’impossibilità, per chi ha subito l’assassinio di una giovane figlia, di ricostruire il proprio equilibrio familiare lontano dai riflettori) e nel contempo ne arreca uno di natura oggettiva e diffusa alla società in cui viviamo. l messaggio che passano i media, infatti, è ben più potente ed immediato di quello contenuto nella legge; se l’opinione pubblica si convince che tutto è lecito nella rincorsa al primato dello share, si deteriorano le fondamenta culturali e civili della società in cui viviamo e si annebbia la capacità di pensare dell’individuo. E dove la “capacità di pensare dell’individuo è assente, là si trova potenzialmente la banalità del male” (Federico Stella). *avvocato 37 L’osservatorio sull’estero uno studio del pew internet centre americano Pr e giornalisti legami pericolosi In Usa il sorpasso sulla Tv è già avvenuto tra i 18-29enni, ora è la volta dei 30-49enni. E 2/3 degli internauti comprano contenuti digitali. In Cina un terzo della popolazione è online a cura di Pino Rea per Lsdi* Sebbene molti giornalisti non vogliono ammetterlo, gli addetti alle pubbliche relazioni spesso giocano un ruolo chiave nel giornalismo e in maniera crescente questa interazione avviene ormai attraverso il canale dei media digitali, dalle email ai social media. Un recente Libro bianco esplora che cosa funziona e cosa non funziona nel modo con cui giornalisti e comunicatori si incontrano online. Ne sono usciti risultati sorprendenti. MyPRGenie, un sito online che si occupa di social media, ha realizzato un sondaggio interrogando più di 2.400 giornalisti per capire abitudini e preferenze nel loro lavoro in campo digitale per trovare notizie, idee, arricchire servizi e contattare le fonti. Il Report scaturito da questa ricerca (disponibile dopo una semplice registrazione) è diretto soprattutto ai professionisti delle Pr, ma – rileva il KnightDigitalMediaCenter – offre anche dei punti di vista interessanti per i giornalisti. Il 55% dei giornalisti segue su FB o Twitter (come amici o follower) le società di comunicazione o i loro addetti stampa e ritengono che i social media siano "un accettabile canale di comunicazione con le fonti e i loro rappresentanti". Nonostante questo la stragrande maggioranza dei giornalisti interpellati (il 94% circa) preferisce però ricevere i comunicati stampa via mail. Mentre solo l’1,5% dei giornalisti, secondo il sondaggio, preferisce ricevere i comunicati attraverso sistemi di diffusione tipo PRNewswire. Forse basandosi su questa preferenza dei giornalisti per l’ email, MyPRGenie raccomanda vivamente agli addetti alle PR di pubblicare settimanalmente una newsletter e non di affidarsi solo ai comunicati stampa. Questo consente alle strutture di comunicazione di avere una audience più ampia di quella che viene diffusa dalle notizie giornalistiche. Ma le newsletter via mail possono anche ‘’avere un ruolo virale sui network giornalistici. I giornalisti possono segnalare le vostre newsletter ai loro amici e costoro possono abbonarsi’’, spiega il Rapporto. La cosa sorprendente è che solo la metà dei giornalisti che hanno partecipato al sondaggio hanno detto di considerare i link alle fonti una Informazione & pregiudizio S'avanza l'idea del 'tutto falso' In un contesto di disinformazione crescente si va diffondendo la posizione di quelli per cui “tutto quello che ti dicono è falso”, di chi per principio non crede mai a niente, in un pregiudizio uguale e contrario a quello dei media dominanti. Il contesto disinformativo è tale che stanno crescendo in maniera preoccupante quelli che non credono mai a niente, in un pregiudizio uguale e contrario a quello del mainstream. L’osservazione è di Gennaro Carotenuto in un post del suo blog. ‘’Cinque minuti 38 dopo la notizia della morte di Osama Bin Laden la Rete era piena di persone disposte a giurare che non fosse vero, ovviamente senza uno straccio non dico di prova ma neanche d’indizio. Lo stesso era già accaduto quando pochi giorni prima la Rete era piena di persone disposte a spergiurare che Vittorio Arrigoni fosse stato ucciso da un fantomatico “commando sionista”. Per Carotenuto dunque ‘’si sta diffondendo una paralizzante ideologia del ‘tutto quello che ti dicono è falso’.” Tabloid 3 6 / 2011 2007 L’osservatorio sull’estero componente essenziale dei comunicati stampa e che più della metà dei giornalisti che hanno risposto al sondaggio hanno ammesso - come detto - di seguire (come follower) o di essere ‘’amico’’ di società di comunicazione o addetti alle pubbliche relazioni su Twitter, LinkedIn o Facebook. Per poi scoprire che sempre la metà dei giornalisti partecipanti si sono lamentati di aver ricevuto dagli addetti alle pubbliche relazioni delle note irrilevanti via social media. Non si capisce però se sia maggiore o minore la rilevanza delle note inviate via email o altri canali – ma poiché i social media sono molto interpersonali, è possibile che questa irrilevanza in questo ambiente sembri più fastidiosa. Un giornalista su tre condivide i propri articoli su Facebook La maggioranza dei giornalisti (circa il 62%, secondo la Ricerca) usa Facebook nel proprio lavoro – anche se solo il 36% promue e condivide gli articoli su FB. Analogamente, il 56% dei giornalisti interpellati usa Twitter, ma solo il 26% se ne serve per pubblicizzare i propri servizi. Questo può voler dire che i giornalisti sono più interessati ad usare i social media come delle fonti, oppure che i giornalisti sono riluttanti a fare dell’autopromozione. I giornalisti interessati a promuovere e a condividere il loro lavoro attraver- Sui siti giornalistici News su misura? Il lettore dice no so i social media possono seguire i consigli che il Rapporto offre per gli addetti alle Pr: utilizzare bookmark e tag nei loro articoli e inserirli nei siti di bookmarking come Delicious, Digg, Diigo o Reddit. “Il social bookmarking aiuta i motori di ricerca a organizzare i contenuti per argomento e a determinarne la rilevanza attraverso le parole-chiave. Si tratta di seguire i principi della folksonomy – cosa che facilita la costruzione di comunità di persone che condividono interessi comuni. “Il social bookmarking ti consente anche di essere più visibile su internet. I contenuti indicizzati vengono trovati più rapidamente dai motori di ricerca. Tutto ciò aiuta ad avere più link, cosa che è una parte fondamentale di ogni piano di ottimizzazione per i motori di ricerca (Seo)’’. * Libertà di stampa diritto all’informazione La sperimentazione offerta da Facebook Tu guardi la pubblicità e io ti pago La strategia del social engagement, il coinvolgimento attivo dell’utente online nelle operazioni di social marketing, ha compiuto un nuovo passo in avanti con la messa a punto di un sistema di scambio. Se guardi la pubblicità ti pago. Tu mi dai un po’ di attenzione e io, in nome del brand che rappresento, ti dò in cambio qualche moneta virtuale. Scambio ineguale? In ogni caso (per ora solo negli Usa, sembra) Facebook offrirà 1 credit (circa 10 centesimi di dollari) della sua moneta virtuale agli utenti che visioneranno per intero un video pubblicitario pubblicato su FB. Fino ad ora infatti la pubblicità su FB era stata proposta male e risultava spesso nascosta e quindi poco remunerativa. Tabloid 3 / 2011 I risultati del Rapporto del Pew Research Center dimostrano una certa riluttanza delle persone di fronte alla crescente offerta di servizi di personalizzazione dei siti web di alcune grandi testate giornalistiche. Secondo Roy Greenslade (foto in basso): "i lettori vogliono ancora essere sorpresi’’. Nonostante la convinzione che il mondo digitale sia per sua natura 'attivo', determinando una partecipazione istintiva e convinta da parte degli utenti, la constatazione del ruolo mediocre dei social media sul piano del traffico convogliato verso i siti di informazione farebbe pensare piuttosto a un atteggiamento fondamentalmente passivo da parte delle persone. Almeno per quanto riguarda le grandi testate giornalistiche. L’osservazione è di Pier Luca Santoro che in un articolo sul Rapporto sull’ informazione online pubblicato da Pew Research Center pochi giorni fa, cita a sostegno di questa impressione anche la convinzione in questo senso di Roy Greenslade, giornalista del Guardian ed acuto osservatore di cose mediatiche. "C’è grande entusiasmo fra i pionieri digitali sull’idea di poter offrire ai lettori un flusso di Informazione personalizzata, ma i lettori, per il momento, sembrano freddi di fronte a questa possibilità’’. 39 Colleghi sul web start up condivisa da 70 soci e 13 giornalisti Linkiesta scuote le news Ha debuttato il 31 gennaio, ma ha già fatto parlare di sé. Per i contenuti, ma anche perché è la prima società editoriale italiana online ad azionariato diffuso di Maria Comotti Già la testata, con quel sapore irriverente e veloce da linguaggio sms, prometteva bene. Idem come sopra per quanto riguarda la formula societaria: una start up condivisa da oltre 70 soci, ognuno dei quali non può detenere più del 5% del capitale, tutti elencati (www.linkiesta.it/la-societa) nero su bianco, dalla A di Tommaso Amirante alla V di Guido Roberto Vitale. Per non parlare della dichiarazione d’intenti, quella del giorno di debutto del quotidiano, 31 gennaio 2011, dove si parlava di “progetto editoriale innovativo che crede a una squadra giovane che lavora in un contesto contrattuale certo”. Una frase che nel panorama lavorativo odierno suona come un proclama rivoluzionario. E poi? Il direttore Jacopo Tondelli (classe 1978) e la sua squadra (9 giornalisti a Milano e 4 a Roma, di cui 6 assunti a tempo indeterminato, 5 collaboratori coordinati e continuativi, 2 praticanti con contratto annuale) non hanno deluso le aspettative. Linkiesta in pochi mesi ha già fatto parlare di sé, per il lavoro sul nucleare, per i “dossier di memoria” (come ad esempio quello in cui, dichiarazioni alla mano, si è evidenziato quante volte il ministro Tremonti abbia cambiato idea sul versante economico), per la notizia dell’ipotesi dell’opa francese su Parmalat, data con dieci giorni di anticipo rispetto alla concorrenza. D’impatto la home page, con la notizia d’apertura, spesso corredata da fotogallery o infografica, a seguire news, interviste, approfondimenti relativi alle diverse sezioni del quotidiano. Ogni giorno (viene caricata alle 7.20) è possibile ascoltare la rassegna stampa, un viaggio guidato da Bruno Perini nelle pagine dei principali quotidiani italiani, scaricabile anche come podcast. E il meglio delle notizie, questa volta internazionali, ritorna anche nella sezione esteri, con link agli articoli citati sulle testate straniere. In home page è presente anche la classifica •Nelle foto Gin Angri: la redazione de Linkiesta e il direttore Jacopo Tondelli www.linkiesta.it Sedi: Milano e Roma 40 degli articoli più letti e quella dei più commentati (ovviamente la possibilità di lasciare il proprio pensiero, di twittare o segnalare e condividere sui social network è ben indicata alla fine di ogni articolo). Spazio anche ai blog (ce ne sono già una cinquantina): chiunque fosse interessato a proporre il proprio può scrivere a redazione@ linkiesta.it. La risposta dei lettori è positiva: si è raggiunta la soglia psicologica dei 10.000 utenti unici, le pagine viste oscillano tra le 20-25.000, per un tempo medio di permanenza di 3-4 minuti. «Per ora - racconta il direttore – costi e previsioni funzionano. L’investimento iniziale è stato di 1,5 milioni di euro, e il break even è previsto al terzo anno. Il problema dei ricavi ce lo si pone dal sesto mese in poi. Per ora siamo partiti con un modello pubblicitario classico, e gli inserzionisti stanno rispondendo bene, interessati al nostro target preciso: persone ben informate, molti under 40 che vivono perlopiù a Milano e Roma e nelle città medio-grandi, con un buon livello di istruzione. Per quanto riguarda l’altro modello di ricavo, quello degli abbonamenti, al momento ci sono dei pre-abbonati (amici o sostenitori, con una riduzione del 60% per under 30, insegnanti di scuola e personale universitario e di centri di formazione, nda). In seguito studieremo modelli che sfruttino appieno le potenzialità del mezzo e probabilmente in futuro qualcosa sarà in chiaro e qualcosa no». Tabloid 3 / 2011 Colleghi sul web Segnalati dalla redazione Utile e stimolante. Per vivere e capire meglio la città di Milano. Questo settimanale, online ogni mercoledì, offre ai lettori la possibilità di essere aggiornati, tramite segnalazioni e recensioni, sull’offerta culturale del capoluogo lombardo (nelle rubriche Musica, Arte, Teatro e Cinema), ma anche di riflettere e informarsi, grazie ai numerosi contributi che caratterizzano la home page e che riguardano temi di attualità e politica milanese. Riflessioni non solo da leggere, ma anche da vedere, grazie alla galleria fotografica in apertura e ai video. L’ideatore (e direttore) di questa testata è Luca Beltrami Gadola, imprenditore edile, professore a contratto alla Bovisa, autore ogni martedì della rubrica Controcanto su Repubblica ma, soprattutto, profondo sostenitore della necessità di far convivere e incontrare le diverse realtà che compongono Milano. Il progetto nasce quasi per scommessa tre anni fa, ma ben presto si arricchisce di contenuti e lettori: oggi il giornale si avvale del contributo di circa 100 persone, di cui 15 possono definirsi collaboratori fissi. In redazione, oltre al direttore, la coordinatrice Giulia Mattace Raso. Fino a oggi completamente autofinanziata, la testata sta aprendosi alla pubblicità. I numeri sono interessanti: oltre 100.000 pagine viste in media al mese, per un totale di 1.212.157 nel 2010 e 24.000 iscritti alla mailing list. In home page è disponibile anche la versione stampabile. www.arcipelagomilano.org Quando l’informazione locale è 2.0 La forza e il potere aggregante delle notizie microlocali l’hanno capita già in tempi non sospetti. Vaol.it nasce nel maggio del 2003 dall’iniziativa di Giovanni Luca Papa, allora in forze a una testata locale. L’idea era quella di privilegiare l’informazione relativa a una piccola porzione della Valtellina, ma con il passare del tempo l’input, arrivato dagli stessi lettori, è stato quello di estendere la copertura anche alla zona dell’Alto lago di Como. «La linea editoriale – spiega il direttore, che nel 2009 ha lasciato il precedente impiego per dedicarsi anima e corpo a Vaol – è quella di privilegiare la forza dei fatti, nudi e crudi: tutto quello che c’è da aggiungere, lo fa il lettore». Il coinvolgimento del pubblico è evidente: in apertura, di fianco alle immagini sulle notizie del giorno, spicca l’elenco degli articoli più commentati, insieme alla foto e video gallery. Non manca la lista www.vaol.itl dei servizi più popolari su Facebook Dir. resp.: G.L.Papa e l’indicazione dei sondaggi a cui i Chiavenna (Sondrio) lettori vengono chiamati a partecipare. E’ stato attivato anche un canale su Youtube (www.youtube.com/user/Vaolwebvideo). I risultati ci sono: 15.000 contatti al giorno, con oltre 1.100.000 pagine viste al mese. In redazione, oltre al direttore, 2 contratti a progetto cui si aggiungono i collaboratori che gestiscono blog tematici integrati nel sito. «Il break even è ampiamente superato – conclude Papa – Se raggiungeremo gli obiettivi 2011 aumenteremo organici e copertura del territorio». Infobergamo.it impegno e intrattenimento C’è un grande amore dietro Infobergamo.it, il primo mensile telematico a Bergamo iscritto al Registro della stampa e arrivato ormai all’85° numero. E’ quello di Graziano Paolo Vavassori (pubblicista, ideatore e direttore della testata) per la scrittura e il servizio ai lettori. Nata come Gpvava.com, bimestrale, la testata diventa mensile nel 2004. «Ci siamo accorti – spiega il direttore - che i lettori erano tanti e che avevamo in mano uno strumento che non solo poteva recare piacere a noi, che siamo ormai 15, di cui 7 iscritti all’Ordine, ma che poteva anche aiutare gli altri». Il mensile, oltre a una Bacheca e a una sezione Turismo con le indicazioni di quanto avviene in città e provincia, una sezione Politica con i temi di attualità locale, propone rubriche di intrattenimento (Arte e Città, Saloni e Motori, Salute e Bellezza, Libri e Pensieri), ma anche sezioni come la rubrica Famiglie. «Ogni anno – racconta Vavassori - scegliamo un tema e lo approfondiamo. Ora ci stiamo occupando di malattie oncologiche». Grande cura per le foto e spazio per la creatività dei lettori, che possono inviare poesie e racconti (redazione@ infobergamo.it). Apolitico, gratuito, non contiene pubblicità, nemmeno nella newsletter mensile (quasi 1.000 iscritti). I numeri dei primi mesi del 2011: oltre 140.000 accessi per più di www.infobergamo.it 30.000 lettori al mese. Dir.resp.: Graziano Paolo Vavassori Sede: Bergamo Tabloid 3 / 2011 41 Colleghi in libreria UN DIVERSO SISTEMA DI INFORMAZIONE PER IL NOSTRO PAESE: UN SOGNO? Morte e resurrezione del “vecchio” giornale Dobbiamo tornare a un diffuso giornalismo di qualità, per ritrovare quella piena libertà di informazione che sta alla base di ogni democrazia di Antonio Andreini Secondo alcuni profeti del web, il giornale del futuro avrà non più di otto pagine, una redazione web che aggiorna 24 ore su 24 sui fatti del giorno e andrà in edicola solo quando si vuole approfondire un dato avvenimento. Sarebbe la campana a morto per il quotidiano. Ma la nascita, e il successo di vendite, di un nuovo giornale a diffusione nazionale -“il Fatto Quotidiano”, fondato nel 2009 e diretto da Antonio Padellaro,- ha rappresentato una controtendenza rispetto alla crisi della stampa. In realtà, chiudono periodici e quotidiani, le redazioni vengono decimate e i ricavi della pubblicità sono in costante calo. Probabilmente va scomparendo il giornale nella forma che ha avuto negli ultimi decenni. Tutto ciò accade in un’Italia che, per quanto riguarda la libertà d’espressione e i diritti umani, sta vivendo un’emergenza per cui Freedom House -l’istituto autonomo americano di ricerca che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo e stila una classifica degli Stati in relazione L’autore Enrico Pedemonte, esperto di Rete e giornalismo, ha lavorato al “Secolo XIX”, è stato corrispondente da New York de “L’Espresso” e caporedattore di “la Repubblica”. “Personal Media” è il titolo di un suo saggio del 1988 (Bollati). e del blog che tiene attualmente. 42 alla libertà di stampa- l’ha degradata tra i paesi “parzialmente liberi” (partly free), al 73º posto assieme al Tonga. In un panorama tanto desolato ha suscitato grande interesse, non solo tra gli “addetti ai lavori” ma anche tra i semplici lettori, la pubblicazione di un saggio, “Morte e resurrezione dei giornali: chi li uccide, chi li salverà”, di Enrico Pedemonte. Un libro che, sin dal titolo e sottotitolo, sembra andare molto avanti rispetto alle analisi fatte fino ad ora: mentre certi esperti hanno parlato prima di “morte della carta stampata” e di “neo-cannibalismo mediatico”, poi di “fusione mediatica” tra vecchio e nuovo, ora questo studio annuncia la resurrezione di un fantomatico Lazzaro gutemberghiano. En- rico Pedemonte, dopo aver approfondito ciò che sta succedendo nel mondo dell’informazione negli Stati Uniti e in Europa, ci spiega come i nuovi media e le informazioni gratuite fornite dalla rete siano “altro” rispetto al giornale tradizionale, al quale spetta l’onore, e l’onere, di essere un baluardo della Democrazia, di cui è valore inalienabile un’informazione libera, indipendente e di qualità, che sappia svolgere il ruolo essenziale di “cane da guardia del potere” e di punto di incontro delle comunità. Pedemonte racconta la crisi della carta stampata e ne coglie le motivazioni più profonde, prima di suggerire come lo stesso concetto di servizio pubblico debba essere ripensato e rovesciato, nella consapevolezza del ruolo irrinunciabile del “quarto potere” e della sua fondamentale importanza nella vita civile di ogni collettività moderna. Alla ipotetica domanda se sia possibile “sognare” un diverso sistema di informazione nel nostro Paese ora che Internet sta cambiando le regole del gioco, Pedemonte risponde quindi positivamente, delineando uno schema di “ipergiornale” nel quale la partecipazione dei lettori-cittadini diventa un ingrediente fondamentale. Così se, come afferma Heghel, “il giornale è la preghiera del mattino dell’uomo moderno”, anche noi laici possiamo ancora “pregare”. Enrico Pedemonte, “Morte e resurrezione dei giornali”, Garzanti, Milano, 2011, pagg. 237, € 14.60 Tabloid 3 / 2011 Colleghi in libreria Arrivati in redazione M. Portanova, G. Rossi, F. Stefanoni: Mafia a Milano, Melampo, Milano, 2011, pagg. 496, € 18.50 In centinaia di pagine di fatti, nomi e luoghi, tre cronisti raccontano oltre mezzo secolo di mafia nella città e nell’interland del capoluogo lombardo. Giovanni Caprara: Lo spazio, il quarto ambiente, Il Sole 24 Ore, Milano, 2011, pagg. 208, € 24 La vita, i fasti e la gloria di Luigi G. Napolitano, pioniere della microgravità, narrata da uno dei massimi esperti della divulgazione scientifica. Queste le news ...per i giornalisti Grazie alla Rete, può, oggi, l’informazione fare a meno dei giornalisti? La proliferazione senza fine di produttori di comunicazione che si sta realizzando con la diffusione dei social network comporta grandi mutazioni e non minaccia solo la vita dei giornali, ma anche quella dei giornalisti. Cambia, per esempio, il loro profilo professionale: non sono più i portatori esclusivi della notizia, ma selezionatori e interpreti dei sistemi informativi che tendono sempre più a sostituirsi al “vecchio” lavoro redazionale. Nell’anno del centenario della nascita di Mc Luhan, Michele Mezza, giornalista di lungo Michele Mezza: corso e ideatore di Rai News 24, in “Sono le news, bellezza!” analizza il nuovo mondo Sono le news, dell’informazione per individuare perdenti e bellezza!, vincenti di una “guerra” che sta selezionando Donzelli, Roma, la specie del giornalismo. E nota che i tempi 2011, pagg. 194, sono maturi per una svolta radicale nella € 18 nostra professione: per non figurare come retrobottega di una comunicazione “altra”, il nuovo giornalismo esige filiere produttive alternative, nuove soluzioni editoriali e organizzazioni redazionali. Come lascia intuire sin dal titolo di questo suo puntuale saggio, Mezza trova che questa “guerra” costituisca più una chance che un pericolo per la nostra professione, delineando la figura di un nuovo mediatore, “capace di governare le potenze tecnologiche, di declinare linguaggi sociali, di dare un’anima all’informatizzazione Antonio De Vito: Stranitalia, Miraggi, Torino, 2010, pagg. 232, € 17.50 Gli anni (st)ruggenti di Prodi e Berlusconi, nello strano Paese in cui tutto è “normale” ma nulla lo è davvero, visti da un giornalista pensionato che, come sempre, dice la sua. Edoardo Segantini: Hedy Lamarr, la donna gatto, Rubettino, Soveria Mannelli, 2011, pagg. 260, € 16 Le sette vite di una diva scienziata che odiò a morte il nazismo e, per combatterlo, inventò il sistema che oggi permette il funzionamento dei telefonini. della vita, bruciando ogni nostalgia e conservatorismo”. In pratica, il giornalismo ha un futuro degno del suo grande passato, a patto che i giornalisti non si limitino a decidere solo se questa o quella “è la notizia”, ma quale senso dare alla mole di notizie che comunque arriva agli occhi di tutti. Il nuovo mondo del libro digitale I libri stanno vivendo il cambiamento più profondo dall’era di Gutemberg. Dopo anni in cui si è solo parlato di ebook, di “libri digitali”, i tempi sono maturi per una loro diffusione presso il grande pubblico, grazie a dei nuovi supporti mediatici che rendono completo servizio alla principale funzione del binomio scrittura-lettura e, per costo e semplicità d’uso, sono ormai alla portata di tutti. Così, nelle “librerie digitali” si possono trovare ormai titoli di ogni genere. L’ebook è dunque una realtà. Ma che cos’è e cosa sta dietro un libro digitale in particolare e l’ “editoria digitale” in generale? In che cosa si differenzia dall’editoria tradizionale? Ce lo spiega una specialista, Letizia Sechi, in un saggio pubblicato da Apogeo nei Pocket. Un agile manuale, utile per conoscere linguaggi, Letizia Sechi: strumenti, produzione Editoria digitale, e distribuzione dei libri digitali. Pocket Apogeo, Milano, 2010, pagg. 196, € 7.90 Tabloid 3 / 2011 43 I numeri Primo piano in queste due pagine la nostra realtà “fotografata” in cifre 123 professionisti 243 2 miliardi 122 milioni c pubblicisti 75 elenco speciale È il totale degli investimenti pubblicitari netti gennaio-marzo 2011 (-3,2%), suddivisi tra: Televisione: 1.202,5 milioni (-2,9% rispetto al periodo omogeneo dell’anno precedente); Stampa: 504,1 milioni (-5,9%) di cui 323 milioni (-4,6%) sui quotidiani a pagamento, 10,4 milioni (-54,1%) sui quotidiani free/pay press) e 170 milioni (-2,1%) sui periodici; Internet: 126,5,milioni (+14,9%); Radio: 99,4 milioni (-5%); Direct mail: 129,7 milioni (+1%) Affissioni: 25 milioni (-25,1%); Transit: 22,2 milioni (-13,9%). Cinema: 9,8 milioni (-22,5%). Out of Home Tv 2 milioni (-7,2%). Cards: 718 mila (-12,4%). praticanti Sono le nuove iscrizioni all’Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1/1/2011 al 31/5/2011. quotidiani su carta il calo rallenta Testata Fonte: Nielsen Media Research. La Tv comprende anche le rilevazioni relative ai marchi Sky, Fox e Tv digitali. I sei giornali di provincia della Lombardia certificati Ads Testata 100 Diffusione Variazione* Diffusione Ads Var % Corriere della Sera 491.518 -5,3% La Repubblica 449.459 -5,1% La Gazzetta dello Sport 333.458 -4,2% Il Sole 24 Ore 266.881 -5,1% La Stampa 277.562 -6,4% Corriere Sport-Stadio 193.241 -8,3% Il Messaggero 192.519 -4,1% Il Giornale 182.104 -2,0% Il Resto del Carlino 145.480 -5,0% La Nazione 116.117 -5,8% Avvenire 106.863 +0,3% Libero 106.239 -5,9% Tuttosport 99.355 -7,1% Italia Oggi 88.866 +0,4% 79.737 -3,6% L’Eco di Bergamo 51.406 -3,7% Il Gazzettino Il Giornale di Brescia 46.236 0% Il Fatto Quotidiano 77.843 76.953 -14,9% // La Provincia di Como (Lc-So-Va) 39.858 -6,2% Il Secolo XIX La Gazzetta di Mantova 31.152 -4,2% Il Tirreno 76.224 -4,3% 74.017 -1,8% 63.328 -3,5% La Provincia di Cremona 21.660 -3,8% Il Mattino La Provincia Pavese 20.103 -7,5% Giornale di Sicilia Fonte: Ads (Accertamento diffusione stampa) media mobile febbraio 2011-marzo 2010. *Variazione percentuale rispetto alla media mobile dei 12 mesi dell’anno precedente. 44 Fonte: Ads, media mobile febbraio 2011-marzo 2010 Tabloid 3 / 2011 I numeri portali & motori Azienda i QUOTIDIANI ONLINE Utenti unici Pagine viste Microsoft* 4.418.600 40.932 La Repubblica 1.620.998 13.125 5:55 Libero 3.158.568 72.704 Corriere della Sera 1.327.706 10.404 5:41 Virgilio (Telecom It.) 2.952.551 41.262 Gazzetta Sport 644.090 4.184 3:38 Yahoo La Stampa 387.827 2.384 5:01 Il Sole 24 Ore 326.354 1.243 2:43 Testata Utenti unici Pagine viste* Tempo** 2.480.872 34.700 Leonardo.it 869.732 5.747 Tiscali 637.435 11.332 Corriere dello Sport 276.232 2.081 4:03 AlterVista 601.105 4.441 Il Fatto Quotidiano 273.735 1.495 5.24 Google (il maggiore motore di ricerca) non viene certificato da Audiweb. *Contiene anche il servizio Messenger, Windows e il motore di ricerca Bing advertising Azienda Utenti unici Pagine viste Manzoni Adv 1.988.249 17.630 Tiscali Adv 1.850.632 18.798 Banzai Adv 1.659.828 13.191 Sole24Ore WebSystem 989.106 6.395 In questa pagina sono riportati i dati relativi ad Audiweb (l’ultima rilevazione è di aprile 2011). Le Pagine viste sono calcolate in migliaia (000) web radio Testata Utenti unici Pagine viste Il Giornale 181.309 832 3:46 Tuttosport 180.368 1.075 3:51 Quotidiani Espresso 174.178 876 2:45 L’Unità 158.237 641 3:23 Quotidiano Libero 127.561 338 2:33 Il Messaggero 119.985 687 4:05 Il Mattino 100.044 809 6:00 Quotidiano.Net 75.489 462 2:34 Gazzettino 75.060 1.022 7:08 Leggo 74.486 433 3,53 Quotidiano.net 71.151 421 2:29 Il Secolo XIX 49.163 312 3:57 Il Resto del Carlino 40.592 126 2:00 La Nazione 36.832 114 1:47 Radio Deejay 84.504 682 Unione Sarda 35.978 452 4:50 Radio 105 38.964 240 Il Giornale di Sicilia 28.187 124 2:47 LatteMiele 31.030 108 Il Tempo 25.002 60 1:44 Radio Virgin 23.570 99 Radio 101 20.786 66 M20 17.241 85 Radio Capital 11.624 37 Radio 24 11.370 86 AffarItaliani* DagoSpia 66.796 5.435 3,40 429.594 3.064 4,30 Ansa 406.369 2.298 3,23 4.589 SportMediaset 336.116 2.724 4,47 367 VideoMediaset 299.500 1.985 4,17 271.153 1.709 3,03 Lettera 43 42.782 201 IlPost 26.463 185 Sky.it 15.257 37 *AffariItaliani viene conteggiato da Audiweb nel portale Libero, il dato qui riportato è quello certificato da Nielsen Tabloid 3 / 2011 Pagine viste Tempo 712.899 Mediaset.it YouReporter.it Utenti unici Rai Utenti unici Pagine viste 435.047 Agenzie e tv online Testata TgCom* i siti di news Testata Fonte: Audiweb aprile 2011 su dati Nielsen. *N. pagine in migliaia (000) **Tempo espresso in minuti e secondi per utente. 198.397 2.074 3,56 Adnkronos 90.664 216 1,49 La7 27.266 142 3,57 *Nel calcolo di TgCom, da novembre 2010, è compreso anche Panorama.it 45 Testimonianze e ricordi Il ritratto di un giornalista serio, preparato, rigoroso e indipendente L’addio a Roberto Morrione, comandante di Vascello in Rai I primi passi in un giornale scolastico, la collaborazione con Enzo Biagi fino alla direzione del Tg1 e la fondazione di RaiNews 24. L’ultima fatica a fianco di don Ciotti Eravamo compagni di scuola, al liceo “Virgilio” di Roma, nella succursale di Monteverde Vecchio, divenuta poi liceo “Manara”. Roberto era in un’altra sezione, con Bernardo Bertolucci, ma ci ha unito uno “scontro editoriale” scolastico. Morrione aveva creato un vero giornale, stampato in tipografia e con una bella carta bianca. Si chiamava “Il Vascello”: prendeva il nome dalla località storica, lì vicino, dove si combattè per la Repubblica romana. Roberto era già allora, da ragazzo, serio, colto e impegnato. Il padre, generale dei carabinieri, monarchico, aveva dato l’impronta severa alla famiglia. Prima di diventare “Bacillo rosso” alla Rai, dove era stato chiamato da Enzo Biagi a “ Rt, Rotocalco televisivo”, Roberto poteva essere definito un conservatore illuminato. Contro “Il Vascello” ho messo in piedi un giornale ciclostilato e semiclandestino, assai più modesto: poche pagine da corridoio della scuola. L’ho chiamato “Il Corsaro”, con intendimenti non proprio di cultura. Il preside ci ha chiamati e obbligati alla fusione. E’ nata così una nuova testata “Il Vascello corsaro”. Della compagnia faceva parte anche Nino Criscenti, cattolico, anche lui futuro bravo giornalista Rai. E’ nata però anche una grande amicizia “per cambiare il mondo”. Volevamo fare un giornale per tutte le scuole superiori d’Italia. Nei lunghi discorsi Roberto metteva già un rigore giornalistico che io appena abbozzavo: ricordo che se dicevo “Alto Adige”, mi ricordava che storicamente si trattava di “Sud Tirolo” come giustamente si definivano gli abitanti di quelle valli. Siamo sempre rimasti in contatto. Ricordo le sue cronache per il Tg delle ultime ore di Enrico Berlinguer. I politici, poveracci, dicevano che aveva spostato centinaia di migliaia di voti verso il Pci. Non capivano che il giornalismo è il giornalismo. Quando era nella direzione del Tg1, prima di creare Rai News24, si era trovato in contrapposizione con Bruno Vespa. Ora dirigeva la parte giornalistica di “Libera” con Don Ciotti. Mi dispiace solo che non abbia fatto a tempo a vedere l’Italia risanata che sta nascendo e che il suo giornalismo indipendente ha contribuito a rendere possibile. Raffaele Fiengo Marilisa, il sorriso di una fantasma birichina Difficile parlare di un’amica scomparsa in un attimo quando hai il suo sorriso solare e la sua allegria sempre davanti, quando sei distratta e alzi il telefono per chiamarla oppure chiacchieri comunque con lei. Marilisa Verti, vulcanica, esplosiva, con le sue idee “birichine” (come usava chiamarle lei), con la sua indole battagliera e indomabile, ha lasciato il segno in tutti quelli che l’hanno conosciuta. Marilisa Verti è scomparsa improvvisamente il 10 aprile scorso, aveva 55 anni, si doveva sposare il 18 giugno. Redattore a L’Europeo, direttore di Società Civile, negli anni novanta sceglie la libera professione e collabora con prestigiose testate. E’ stata per tre legislature Proboviro della Lombarda e delegata più volte ai congressi della FnsiI. Lei ha inventato il nome Senza Bavaglio, corrente nazionale all’interno della Fnsi, e a lei è venuta in mente la geniale formula dei fantasmi dell’informazione, poi copiati da tutti. Insieme a noi è stata anche l’entusiasta fondatrice dell’Usgf (Unione Sindacale Giornalisti Freelance), l’Organismo di base dei freelance, l’ultimo progetto sindacale in cui credeva molto. Bastava uno sguardo per comprenderci. Ciao Marilisa, ci mancherai. Sarai sempre con noi. Simona Fossati 46 Tabloid 3 / 2011