Televisione rebus digitale - Ordine dei giornalisti Lombardia

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Televisione rebus digitale - Ordine dei giornalisti Lombardia
Tabloid
Anno XLI N.3
Maggio-Giugno 2011
Direzione e redazione
Via A. da Recanate 1
20124 Milano
tel. 026771371
fax 0266716194
http:/www.odg.mi.it
e-mail: [email protected]
Poste Italiane Spa Sped.
abb. post. DIn: 353/2003
(conv.in L27/2/2004 n.46) art.1
(comma 1). Filiale di Milano
New
Ordine dei Giornalisti
della Lombardia
A s s o c ia zio ne “ Walter Tobagi”- I stitu to pe r la f orm a z ion e a l G ior n a lis m o “ Ca rlo De M ar t i n o ”
Televisione
rebus digitale
Master
Nuovi corsi
di specializzazione
e formazione
permanente
Ordine
etica
e professione
in un convegno
il 6 ottobre
La legge
cause civili
pretestuose
i cronisti
alzano la testa
Multimedialità
colleghi sul web
le testate
che fanno
informazione
Sommario
New Tabloid n. 3 Maggio-Giugno 2011
4 editoriale
Il seme dell’ottimismo e la parola ritrovata
di Letizia Gonzales
6 inchiesta
Televisioni locali, rebus digitale
di Margherita Acierno
11 Si vede quel che si può, non quel che si vuole
di Francesco Siliato
17 Sky-Current Tv, divorzio all’italiana
di Paolo Pozzi
18 Il digitale? Un flop. Gli Usa puntano sull’IpTv
di Dom Serafini
19 iniziative dell’ordine
Etica e professione, convegno il 6 ottobre
20 Giornalisti specializzati e formazione permanente
di Walter Passerini
22 Carta e online senza più steccati
di Maria Comotti
24 Racconti lombardi al Premio Gavinelli
25 Divulgatori scientifici, Milano in prima fila
26 Politica, cronaca, sport. Il sociale dove lo metto?
di Eleonora Brianzoli
27 Attori-cronisti, report dalle città fragili
di Lidia Baratta
28 La passione criminale dei Tg
di Erika Crispo
29 Un giorno in galera da cronisti per caso
di Linda Irico e Ignazio Stagno
30 l’angolo della legge
Cause civili pretestuose
I cronisti rialzano la testa
di Mario Consani
New Tabloid - Periodico ufficiale
del Consiglio dell’Ordine
dei giornalisti della Lombardia
Poste Italiane Spa. Sped. Abb. Post.
Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004
n. 46) art. 1 (comma 1).
Filiale di Milano - Anno XLI
N. 3 / Maggio-Giugno 2011
Direttore responsabile:
Letizia Gonzales
Redazione: Paolo Pozzi
Hanno collaborato:
Margherita Acierno, Antonio Andreini,
Eleonora Brianzoli, Lidia Baratta, Guido
Camera, Frank Cimini, Paolo Colonnello, Maria Comotti, Mario Consani, Erika
Crispo, Raffaele Fiengo, Simona Fossati,
Alessandro Galimberti, Linda Irico, Pino Rea, Walter Passerini, Dom Serafini,
Francesco Siliato, Ignazio Stagno.
Tabloid 3 / 2011
32 Io, querelato da Gelli
Previti, Bossi e Craxi
di Paolo Colonnello
34 Io, inquisito dal pool
attendo ancora giustizia
di Frank Cimini
35 Meno facili le citazioni per danni
La piccola rivincita dei giornalisti
di Alessandro Galimberti
36 Se anche il cronista diventa carnefice
di Guido Camera
38 l’osservatorio sull’estero
Pr e giornalisti, legami pericolosi
di Pino Rea
40 colleghi sul web
Linkiesta scuote le news
di Maria Comotti
42 colleghi in libreria
Morte e resurrezione del ‘vecchio’ giornale
di Antonio Andreini
44 i numeri
46 testimonianze e ricordi
L’addio a Roberto Morrione
comandante di Vascello in Rai
di Raffaele Fiengo
Marilisa, il sorriso di una fantasma birichina
di Simona Fossati
Realizzazione editoriale:
Newton ec srl Milano
Progetto grafico e impaginazione:
Maria Luisa Celotti
Studio Grafica & Immagine
Crediti fotografici:
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Gin Angri/Buenavista Photo, Valeria
Abis/Agenzia Photoviews,
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Foto di copertina: Elaborazione R. Minoia
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20124 Milano
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dei giornalisti della Lombardia:
Letizia Gonzales: presidente
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Laura Mulassano: consigliere tesoriere
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Roberto Di Sanzo, Laura Hoesch
Collegio dei revisori dei conti:
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Aldo Soleri, Angela Battaglia
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presso il Tribunale di Milano.
Testata iscritta al n. 6197 del Registro
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Chiuso in redazione il 31 maggio 2011
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Editoriale
Il seme dell’ottimismo
e la parola ritrovata
Una lettera di cinque facciate. Un allegato di 360 poesie. Una ventata
di emozioni, riflessioni, pensieri di una giornalista coraggiosa che vuole scrivere ad una sconosciuta che forse l’ascolta, per raccontare il
giornale dove lavora e se stessa. E’ accaduto mentre riflettevo sul senso
di questo editoriale e sul bisogno di tornare a ripensare all’uso del
linguaggio. Grazie! Tea, perché è proprio delle donne il saper farsi coraggio con leggerezza nei momenti più difficili, parlare di amore volontà,
gioia, amicizia, dolore, paura. Scienza e fede, corpo, piacere e cibo, di
madri e figli come nella bella testimonianza dell’oncologo Umberto Veronesi ”Dell’amore e del dolore delle donne” pubblicata da Einaudi.
Parole, soltanto parole che pesano però e possono diventare impietose e
crudeli quanto banali ed ovvie quando raccontano malamente realtà difficili come rom e migranti ai quali don Virginio Colmegna, collega pubblicista, dedica da molti anni la sua attività di sacerdote e narra in un bel
libro appena uscito dal Saggiatore, “Non per me solo”.
Ai linguaggi che i giornalisti maneggiano per lavoro a volte con troppa disinvoltura e cinismo, al “glossario del disprezzo” così definito da
un collega all’indomani dell’apparizione sui muri milanesi di manifesti
elettorali che incitavano all’odio ma anche al richiamo del mondo cattolico più qualificato e sensibile, di informazione senza pregiudizi, ai
temi sociali come fonte di notizie sono stati dedicati ultimamente due
bei convegni patrocinati e sostenuti dall’Ordine, che hanno visto come
testimone esperto proprio Don Colmegna a confronto con Alessandra Scaglioni di Radio 24, Ugo Savoia del Corriere della Sera, Giorgio Paolucci
de l’Avvenire e Walter Passerini vicedirettore del master di Giornalismo
della Statale di Milano
Parole in forma di notizie, più di 1.000 dedicate agli atti criminosi
soltanto nel 2010 dal Tg1, crimini trasformati in reality show, spettacolarizzazione di casi sensazionali come l’uccisione di due minorenni Yara
e Sara, sino all’insana passione di costruire l’audience sulla rappresentazione simulata dei delitti con ricostruzione al computer di luoghi
e stanze virtuali sono oggetto dell’articolo di Erika Crispo, un’allieva
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Tabloid 3 / 2011
Editoriale
del master di giornalismo dello Iulm che ha sintetizzato i dati di uno
studio delle colleghe Assunta Sarlo e Susanna Ripamonti, presentato al
seminario “Media e carcere” promosso in collaborazione con la direzione
del carcere di Bollate.
Ancora parole come arma di pressione sottoforma di cause civili pretestuose che colpiscono i cronisti giudiziari e non soltanto loro per
limitarne la libertà di racconto sono l’argomento di un ampio servizio
dedicato alle liti temerarie ed alle esorbitanti pretese di risarcimento avanzate da chi si ritrova protagonista di cronache scomode. Ma
c’è una via, un orientamento maturato recentemente in seno alla magistratura per frenare lo smodato utilizzo della richiesta di danni per
diffamazione ed è quello di sanzionare il querelante qualora si accerti che le motivazioni erano insussistenti. Ce ne parla Mario Consani,
collega consigliere nonchè cronista giudiziario, in un’intervista al
giudice Roberto Bichi presidente della prima sezione del Tribunale di
Milano che si occupa di cause civili per diffamazione. Ma non solo alle
parole è dedicato il numero di Tabloid di questo mese. Nell’intento di
continuare ad indagare il mondo dell’informazione, questa volta ritorniamo alla Tv digitale (ne abbiamo parlato un anno fa) ed all’impatto che ha avuto sull’audience, sulla pubblicità, sugli investimenti.
L’esauriente inchiesta di Margherita Acierno fa il punto un anno dopo
l’introduzione del controverso digitale terrestre nella maggior parte
delle regioni italiane. Su luci e ombre di un sistema non ancora a punto
compiutamente. Sulle difficoltà incontrate dagli operatori per ottenere
i canali di trasmissione, sui problemi finanziari che si sono trovati ad
affrontare gli editori senza contare i problemi tecnici che hanno subito
gli utenti. Ad esempio io che mi considero nella media dei fruitori televisivi sono una di quelle che devono utilizzare due telecomandi, più
un terzo per le pellicole noleggiate, più l’indispensabile decoder, più
la chiavetta per vedere in modo intermittente e capriccioso le trasmissioni che mi interessano, saltabeccando fra i numeri che catturano le
reti che hanno cambiato canale. Un esercizio di pazienza frammentato da
accidenti e alto senso di frustrazione per non essere sufficientemente
tecnologica nel maneggiare i vantaggi del progresso. Ma leggendo l’inchiesta mi sono consolata nel ritrovare un’abbondanza di incongruenze
e disagi che si verificano da quando c’è stato il passaggio all’era del
mitico sistema, valore aggiunto alla qualità dell’immagine. Tormentone
che sembra ahimé destinato a durare se è vero che ci aspetta un ulteriore passaggio al sistema più attuale ed efficace della televisione via
internet, che prende le iniziali di IpTv. E a proposito di tecnologia
spero che abbiate apprezzato la nuova versione della newsletter sempre
più stringata, per tenervi informati del nostro lavoro e delle nostre
iniziative.
Il presidente
Letizia Gonzales
Tabloid 3 / 2011
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L’inchiesta
viaggio tra le emittenti lombarde
Televisioni locali
un rebus digitale
L’abbandono del sistema analogico è ormai cosa fatta nella metà delle regioni
italiane. Ma non ci sono frequenze sufficienti per tutti gli operatori e l’imminente
asta è un’incognita, quindi lo switch-off nazionale slitta ancora nel 2012.
La Lombardia è l’area più vasta: sono 45 le Tv (62% d’informazione) censite
dal Corecom. Con qualche problema d’interferenza
di Margherita Acierno
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L’inchiesta
Entertainment e news: 2 tv su 3 in Lombardia
Comunitaria 9%
Informativa 62%
Commerciale 29%
E siamo a dieci. In metà delle regioni
italiane, 19,5 milioni di famiglie, si è
completato lo switch-off, ovvero il
passaggio dalla trasmissione televisiva analogica a quella digitale.
Nel secondo semestre 2011 passeranno al digitale terrestre Liguria,
Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo,
Molise, provincia di Foggia e l’anno
prossimo toccherà a Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Ma il nuovo
calendario per la transizione al Dtt,
presentato dal ministro dello Sviluppo
Economico Paolo Romani durante
la riunione del 1° marzo del Cnid - il
Comitato nazionale Italia digitale al
quale aderiscono istituzioni e operatori - ha subito incassato il secco no
di Aeranti-Corallo e Frt, le principali
associazioni delle tivù locali. La ragione della loro bocciatura alle nuove
date di switch-off non fa una piega:
“Le frequenze disponibili – dicono
- non sono sufficienti a garantire a
tutte le altre 200 emittenti che oggi
operano in tecnica analogica di di-
ventare operatori di rete digitale”. E
dove sono finite queste frequenze?
La risposta sta nella legge di Stabilità 2011, che ha tolto 9 delle 27
frequenze assegnate dal piano nazionale dell’Agcom alle tivù locali per
darle entro il 30 settembre ai provider
telefonici che parteciperanno all’asta
competitiva per la banda larga. Insomma, nelle dieci regioni ancora da
digitalizzare il passaggio alla nuova
tecnica di trasmissione avverrà con
soltanto 18 frequenze, che in molti
casi sono anche di scarsa qualità, a
rischio quindi di interferenze con le
emittenti di Stati adiacenti.
Il nuovo scenario per il passaggio al
digitale ha dunque aperto l’ennesimo
contenzioso tra emittenti e istituzioni,
prospetta tempi ben più lunghi per
lo switch-off di tutto il Paese e va ad
allungare l’elenco di difficoltà che
hanno accompagnato in questi anni
l’arrivo della nuova televisione. Per le
piccole antenne private andare sul Dtt
è stato infatti un vero e proprio travaglio, coinciso pure con la più dura
crisi economica da quando esistono:
fatturati pubblicitari dimezzati, pro-
Emittenti locali lombarde: distribuzione per provincia
Telemonteneve
Espansione TV
Televalassina
Teleunica
Rete 55,La 6
Telesettelaghi
Tbne
Teletutto, Brescia
Telenord, Brescia
Punto Tv, RTB
Network, Più Valli Tv,
Teleboario, Super
Tv,Telepontedilegno
Canale 11
Telelombardia,
Antenna 3, C6,
Telereporter,
Telecampione,
Telenova, Telecity,
Milano +,Telestar,
Telemilano, Più
Blu Lombardia,
Tele NBC
Mantova Tv,
Telemantova
Lodi Crema Tv,
Telepace Lodi
Tabloid 3 / 2011
Bergamo Tv,
Videobergamo,
Videostar,
Videostar 2,
Antenna 2,
Teleclusone
Studio Tv 1, TRS, Telesolregina,
Lombardia Tv, Telecor, Prima Rete
Lombardia
7
L’inchiesta
•Tre immagini del Gruppo Mediapason
(Telelombardia e Antenna 3
Lombardia): a destra, nell’ordine,
Milanow, nuovo canale digitale all news
su Milano e provincia e TopCalcio24,
dedicato 24 ore su 24 a Milan, Inter
e Juventus. Sotto “Qui Studio a voi
Stadio”, trasmissione sportiva
di punta di Telelombardia, condotta
da Fabio Ravezzani.
blemi di ricezione, drastico calo degli
ascolti, taglio dei finanziamenti (le misure di sostegno per le circa 600 tivù
locali sono scese da 150 a 120 milioni
di euro), elevate spese per riconvertire
gli impianti di trasmissione per poi
ritrovarsi su ciascuna delle frequenze
di cui dispongono troppi canali (su
ogni frequenza possono essere trasmessi in media sei canali), che in
questi tempi di vacche magre rischiano di rimanere vuoti perché non si sa
come riempirli. A tutto ciò si aggiunge
l’insoddisfazione degli utenti, soprattutto le fasce più anziane, alle prese
con la sintonizzazione delle reti tivù,
le antenne da orientare, i decoder che
non riconoscono automaticamente
l’ordine dei canali.
Nelle dieci regioni già passate al Dtt
8
il problema più grosso, almeno fino
alla metà del 2010, è stato proprio
l’ordinamento dei canali, poiché la
numerazione non era regolamentata e
ciò ha creato molte criticità soprattutto in Lazio e Campania, dove operano
numerose emittenti private. Soltanto
lo scorso agosto è entrata finalmente
in vigore la delibera Agcom n.366 che
ha stabilito l’ordinamento automatico dei canali chiamato Lcn (logical
channel number): alle tv locali sono
andati i canali dal 10 al 19, dal 71 al
99 e dal 601 al 699.
Meno ardua, ma pur sempre complessa, è stata la transizione dell’area
tecnica 3 (per effettuare lo switch-off
l’Italia è stata divisa in 16 aree), ovvero
tutta la Lombardia (tranne Mantova),
Parma e Piacenza e Piemonte Orien-
tale. E’ l’area più vasta, che ospita gli
impianti di 100 soggetti e per di più
in piena Pianura Padana dove in assenza di schermature orografiche (le
montagne) non mancano parecchie
interferenze tra emittenti provinciali
o interprovinciali, poiché queste ultime spesso convivono sulla stessa
frequenza. Soltanto in Lombardia ci
sono circa 45 piccole emittenti private
che, secondo la Relazione annuale
2010 del Corecom, per circa il 60%
ha natura informativa e le più importanti fanno capo a pochi gruppi e
circuiti con diffusione regionale ma
anche nazionale. Sempre secondo
il Corecom, nel 2008 la Lombardia
è stata la regione che ha ricevuto il
volume di risorse pubbliche più elevato (17 milioni di euro), ma a fattu-
Tabloid 3 / 2011
L’inchiesta
digitale terrestre in lombardia
1 milione e 300 mila telespettatori
Auditel mese aprile 2011
Italia
Ascolto medio
Copertura Ascolto medio
Share
Penetrazione
Ascolto medio
Share
Penetrazione
Ascolto medio
Share Penetrazione
Lombardia
10.200.645
1.616.785
56.770.829
9.188.851
Analogica terrestre
2.134.424
18
20,9% 0,0%
18.022.220
20.707
Digitale terrestre
6.382.179
1.360.526
62,6%
84,2%
45.589.313 8.890.475
Satellitare
1.634.422
243.496
16%
15,1%
15.620.683
2.378.603
Fonte: Auditel rapporto mensile aprile 2011. Rilevazioni
ed elaborazione Nielsen Tv Audience Measurement Italy.
rato invariato, o in calo, le televisioni
hanno dovuto investire di più per
il passaggio al digitale ricorrendo
al credito nel 40% dei casi con un
peggioramento progressivo dei conti
economici. “Gli investimenti sostenuti dalle nostre tivù sono stati molto
alti, pari a circa 80 milioni di euro,
con una media di circa 1 milione per
ciascuna emittente provinciale e di 4
milioni per quelle regionali”, precisa
Maurizio Giunco presidente di Frt ed
editore della comasca EspansioneTv.
“La Regione Lombardia ci ha aiutati
finanziariamente con una dotazione
di 5 milioni di euro. E grazie a questi
investimenti, ma facendo anche molti
sacrifici – aggiunge il presidente di Frt
- quasi tutti gli editori lombardi hanno
realizzato i nuovi impianti digitali in
modo ineccepibile”.
In Lombardia, infatti, l’avvio dell’era
digitale terrestre è avvenuto in modo
abbastanza ordinato se si considerano gli 8,3 milioni di abitanti coinvolti,
la vastità del territorio e la sua conformazione con la presenza di montagne
e valli. Anche qui comunque non sono
mancati i problemi, come l’instabilità
delle numerazioni di alcuni canali e la
limitazione alla ricezione dovuta a fattori tecnici (vecchie antenne condominiali, filtri di protezione inadeguati, differenti ripetitori e multiplexer).
“Credo comunque che la Lombardia
si sia distinta positivamente rispetto
ad altre regioni, anche perché i nostri editori ed operatori hanno una
grande expertise in materia, visto che
la televisione privata è nata proprio
qui trent’anni fa”, continua Maurizio
Giunco. “A ciò si deve aggiungere che
gli abitanti di questa regione sono ben
disposti all’innovazione tecnologica e
sebbene oggi ci sia ancora qualche
criticità per l’arrivo del Dtt, credo sia
soltanto una fase passeggera e di
breve durata”.
Leader indiscusso del panorama
televisivo lombardo è il Gruppo Me-
Forti investimenti delle Tv locali sul Dtt
ma i fatturati sono rimasti invariati
Tabloid 3 / 2011
diapason presieduto da Sandro Parenzo, che controlla Telelombardia,
Antenna3 ed altre piccole emittenti.
Del gruppo fanno parte anche altri
soci, tra cui Giuseppe Garofalo del
gruppo Industria e Innovazione. Mediapason nel 2010 ha fatturato 22 milioni di euro di pubblicità, dà lavoro a
156 dipendenti più 226 collaboratori
e le sue redazioni si compongono di
44 giornalisti di cui quattro da poco
assunti per il lancio dei nuovi canali
digitali del gruppo. “Quando la Lombardia è passata al Dtt noi avevamo
già digitalizzato tutta l’area di trasmissione anche nelle province di confine
e questo ci ha permesso di arrivare
immediatamente in tutte le case”,
dice Sara Cipollini amministratore
delegato di Mediapason. “Il nostro
investimento sulla rete infrastrutturale è stato di oltre 3 milioni di euro”.
Telelombardia copre tutta la regione,
parte del Piemonte ovest e dell’Emilia Romagna e poi il lago di Garda
e Verona, per un totale di 13 milioni
di persone. Antenna3 arriva invece
in tutte le province lombarde. “Alle
nostre due emittenti principali sono
stati assegnati i canali 10 e 11 (prima
eravamo su 8 e 9) e non c’è dubbio
9
L’inchiesta
che questa numerazione del Lcn ci
ha favorito parecchio”, aggiunge Cipollini. “L’altro nostro punto di forza
è la scelta editoriale con cui abbiamo
valorizzato i nostri asset di sempre,
ovvero l’informazione del territorio e
lo sport, in particolare il calcio”. E infatti le prime due mosse del gruppo
sono state proprio lanciare sul Dtt il
canale all news Milanow di informazione locale su Milano e provincia e
TopCalcio24 dedicato 24 ore su 24
alle squadre Milan, Inter e Juventus.
Milanow graficamente è un mix di
televisione e web con la finestra video al centro e intorno le altre aree
tematiche. Nel palinsesto di Milanow
ci sono pillole di news, programmi di
approfondimento dedicati a cronaca
e politica locale, magazine di lifestyle,
cultura e società. TopCalcio24, con
una redazione di 20 giornalisti, layout
grafico simile a un portale internet,
informa in tempo reale sulle novità del
mondo calcistico e dei suoi principali protagonisti. A breve Mediapason
lancerà anche i canali TopTech, dedicato al mondo hi-tech, e TopMusica.
L’altra nuova partenza del gruppo, già
on-air da qualche mese, è Canale 6 a
tema retrò, che propone infatti molti
contenuti di library, tutti digitalizzati,
ovvero canzoni popolari e folk e vecchi programmi di artisti ormai affermati che sono nati su Telelombardia
e Antenna3. “Abbiamo investito circa
30 milioni tra teatri di posa e attrezzature - aggiunge l’ad di Mediapason
- e siamo molto contenti dei risultati
ottenuti, tant’è che con i nostri canali
facciamo più dell’80% dell’audiance
di tutte le emittenti locali lombarde,
pari a 6 milioni e 700 mila contatti
netti mensili”. Il Gruppo Mediapason,
infine, ha anche lanciato la versione
hd di tutti i suoi canali.
Ma tra i player lombardi c’è anche
chi del passaggio al digitale terrestre
parla con toni meno entusiastici. Fioravante Cavarretta, direttore generale
di Telenova (Edizioni San Paolo), sostiene che “il Dtt darà sicuramente
molte opportunità agli editori che
intendono ampliare la loro offerta di
contenuti, peccato che al momento
si è potuto fare ancora poco poiché
lo switch-off è coinciso con la forte
•Maurizio Giunco (sopra), presidente
Frt e di Espansione Tv di Como e, a
destra Holiday, nuovo canale dedicato
al turismo sui laghi lombardi lanciato
da poco nel mix di Espansione Tv.
10
Tabloid 3 / 2011
L’inchiesta
•Nella pagina a fianco, gli studi
delle emittenti televisive
Telemantova (a sinistra)
e BresciaPuntoTv.
Sotto, Matteo Inzaghi, direttore
informazione di Rete 55 di Varese.
crisi economica di questi ultimi due
anni che ha bloccato nuovi investimenti. A ciò si aggiunge - prosegue
Cavarretta – il crollo degli ascolti che
in tanti hanno registrato, vista la ciclopica offerta che i telespettatori si
sono ritrovati col digitale, e questo
ha inciso negativamente anche sulla
raccolta pubblicitaria”. C’è poi anche
un altro tema che manda Cavarretta
su tutte le furie, ovvero la decisione
del Ministero dello sviluppo economico di sottrarre frequenze alle locali
per destinarla alla gara per la banda
mobile. “E’ stato un vero colpo basso
che avrà come conseguenza la sparizione di molte emittenti locali per non
parlare dei tanti contenziosi che poi
si apriranno”. Intanto Telenova prova
a tenere il passo col nuovo scenario
televisivo lavorando a pieno ritmo sui
canali digitali da poco lanciati. Sono
Telenova+1, che trasmette a distanza di un’ora il palinsesto del canale
principale; Telenova 2, che ha una
programmazione a base di fiction,
musica classica, documentari, approfondimenti sulle Scritture, oltre alle
dirette delle messe del sabato e della
domenica dal Duomo di Milano; e in-
Tabloid 3 / 2011
fine c’è Telenova 3 SportAction, dedicato al mondo dei motori con news,
dibattiti, telecronache di gare motociclistiche e automobilistiche, prove,
presentazioni di nuovi modelli.
Con le frequenze del suo multiplex
ancora libere, Telenova ha deciso di
fare cassa affittandole a terzi che per
il momento sono MI2015, il canale
dedicato all’Expo e Viaggiando Tv,
una rete di shopping. “Anche se cominciamo a vedere spiragli di ripresa
economica, credo comunque che ci
aspettino ancora tempi duri”, conclude il direttore generale dell’emittente.
“Per fortuna il grosso degli investi-
menti per la transizione al digitale,
pari a 4 milioni di euro, li avevamo già
completati e oggi siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto”. Telenova,
che viaggia su una media di 500mila
contatti netti giornalieri, copre tutta
la Lombardia, le province di Parma e
Piacenza e sfora a Novara, Vercelli,
Biella e parte di Alessandria e Asti.
Quando nel 2000 l’emittente si era
trasferita nella nuova e attuale sede di
via Silva a Milano, aveva convertito in
digitale tutta la macchina produttiva e
di trasmissione per un investimento di
10 miliardi di vecchie lire. Quel grosso
lavoro di allora è ancora oggi il fiore
Il parere dell’esperto
Schizofrenie da decoder: si vede
quel che si può, non quel che si vuole
La piattaforma
digitale terrestre ha
fermato la propria
crescita. Negli
ultimi due mesi la
visione televisiva
attraverso un decoder terrestre è
stabile al 63%, dopo una crescita
impetuosa che ha visto salire
del 66% in un anno l’utilizzo di
un decoder digitale terrestre per
seguire la programmazione tv.
Fatto sta che star dietro alle bizze
dei decoder è diventato un lavoro;
sintonizzarsi e risintonizzarsi
su canali dalla eccessiva
instabilità penalizza il consumo di
televisione. In una zona del paese
manca un pezzo di Rai, in un’altra
è monca Mediaset e le locali si
arrangiano un po’ ovunque. Gli
ascolti quindi si differenziano
non tanto sui gusti dei cittadini,
quanto su quello che si riesce a
vedere. L’ascolto sale, a far stare
le persone davanti alla tv ci pensa
la crisi, ma, per esempio in aprile,
chi riceve via satellite segue di più
tra i canali nativi digitali Rai News
e Rai Yo yo, mentre chi segue la
Tv da decoder terrestre segue di
più Rai 4 e Boing. Schizofrenie
da decoder. Gli ingegneri hanno
molto sottovalutato la transizione
e la politica è alle prese
con le proteste degli editori
televisivi locali, solo in Italia
tanto presenti sulle frequenze,
penalizzati dalla necessità di
abbandonare frequenze sulle
quali trasmettono, a volte loro
assegnate da poco, come
in Lombardia e nelle regioni
digitalizzate a fine 2010, per
far sì che il Tesoro incameri i
2,4 miliardi previsti dalla gara
per l’assegnazione alle telco
di frequenze oggi televisive.
Il Ministero per lo Sviluppo
economico però prende tempo
e a metà aprile ha rinviato alla
seconda metà del 2011 la
transizione di Liguria, Marche,
Umbria, Abruzzo, Toscana e
Molise, mentre Puglia, Basilicata,
Calabria e Sicilia dovrebbero
chiudere la transizione italiana
nella prima metà del 2012.
Ma siamo già a metà 2011, i
contenziosi non sono ancora
chiusi e i decoder svolazzano.
Francesco Siliato
Politecnico di Milano
Partner Studio Frasi
11
L’inchiesta
La5
Iris
K2
47.269
52.735
67.032
71.593
76.467
Rai
Real
Premium Time
Rai Yoyo Rai Movie Rai News
top 10, il programma più visto
per i primi dieci canali
Canale
Data
Fascia oraria Programma
Amm*
Boing
19-04-2011
20-21
Spongebob/The Garfield Show
456.524
Rai4
6-04-2011
21-22
Shoft
551.674
La5
26-04-2011
22-23
Quando meno te lo aspetti
401.080
Iris
5-04-2011
22-23
Hollywood Omicide
497.727
K2**
5-04-2011
20-21
Due fantagenitori
344.665
Rai Premium 29-04-2011
22-23
Il maresciallo Rocca 4
346.654
Real Time
12-04-2011
21-22
Il boss delle torte
238.769
Rai Yoyo
2-04-2011
14-15
Barbapapà/L’Albero azzurro/Pingu
238.967
Rai Movie
30-04-2011
22-23
Fantozzi contro tutti/Non dirlo a nessuno 272.554
Rai News
19-04-2011
78
News Meteo traffico/
Dentro la notizia/Rassegna stampa
210.636
Fonte: Elaborazione Starcom su dati Auditel/Agb Aprile 2011. *Audience minuto medio
individui. **L’audience di K2 è comprensiva della quota derivante dalla piattaforma analogica
stato pensato anzitutto per i tanti
turisti che trascorrono la loro vacanza sui laghi della Lombardia. L’altro
nuovo canale che partirà a giugno è
un blob di video amatoriali spediti dai
telespettatori lombardi, una specie
di YouTube televisivo per trasmettere sul piccolo schermo scene di
vita quotidiana degli abitanti della
regione, con un occhio di riguardo
ai talenti artistici. Spostandoci nella
provincia di Varese, l’emittente leader
del territorio, Rete55, col passaggio
al digitale ha rinforzato la sua cifra
distintiva, ovvero fare informazione
Nuovi contenuti e canali tematici
sui multiplex (mux) per tutte le Tv locali
12
83.508
Rai 4
86.885
Boing
93.353
97.818
TV digitali Multipiattaforma: i canali più visti
109.282
all’occhiello dell’emittente, che vanta
una sede operativa davvero all’avanguardia dove lavorano 55 dipendenti,
di cui 12 giornalisti e numerosi collaboratori.
“Ora che siamo sul digitale terrestre a
far la differenza non sarà più la posizione dei canali sul telecomando, ma
la qualità dei contenuti che proponiamo”, rilancia Maurizio Giunco. “Chi
già aveva un forte radicamento sul
territorio e una buona programmazione è proiettato in breve tempo a una
crescita degli ascolti, a differenza di
emittenti con mission editoriali deboli
che verranno sempre più penalizzate
dall’esplosione di centinaia di nuovi
canali”. Per Giunco, col digitale terrestre si è passati a una nuova fruizione
della televisione dove lo zapping è
sparito a vantaggio dei ‘preferiti’, ovvero le reti a cui i telespettatori sono
più fedeli. “Con la numerazione automatica ogni emittente ha un numero
certo che non verrà dimenticato dal
suo pubblico più affezionato, mentre
con la vecchia trasmissione analogica
il canale cambiava da regione a regione”. Sulla sua emittente Espansione
Tv, che ha copertura regionale ma
non raggiunge Mantova, il presidente
Giunco ha investito 4,5 milioni di euro
per la transizione al digitale. “Da sempre la nostra emittente fa informazione sul territorio di Como e continueremo a farlo, perché la cifra distintiva
delle tivù locali sul Dtt è proprio il forte
localismo. Insomma – conclude Giunco – la nuova tivù digitale è tematica
e per le locali questo significa essere
anzitutto le televisioni del territorio in
cui si trovano”. Espansione Tv, che fa
una media 2 milioni e mezzo di contatti mensili, conta su una squadra di
lavoro di 27 persone, di cui 8 giornalisti. I nuovi canali del suo Mux sono
Holiday e MiaTv. Il primo è dedicato
a documentari sui laghi lombardi,
molto brevi e prodotti internamente.
Il canale trasmette anche in lingua
inglese e tedesca proprio perché è
glocal. “Puntiamo a fare approfondimento sui temi di carattere nazionale
declinati sul nostro territorio”, spiega il direttore del tg Matteo Inzaghi.
“Nel nostro palinsesto diamo largo
spazio al dibattito e all’approfondimento, che è la formula più gradita
al pubblico che ci segue, anagraficamente adulto”. I nuovi canali che
Rete55 ha lanciato sul digitale sono
due: 55Sport che segue anzitutto
la pallacanestro, ma anche calcio e
pallavolo; poi è appena partito Malpensa Tv, la rete culturale e turistica di questa area con un palinsesto
molto ricco di documentari.
L’emittente Bergamo Tv, che fa parte
del Gruppo Sesaab (Eco di Bergamo
e Radio Alta), per la transizione al
digitale ha messo sul tavolo 1 milione
di euro e lanciato due nuovi canali,
Tabloid 3 / 2011
L’inchiesta
forte anche dell’ampliamento della
sua copertura che oggi arriva fino a
Milano e provincia. Il primo è BG24,
rete di informazione locale trasmessa
a flusso continuo come su un sito
internet. E infatti il canale viene realizzato in sinergia con la redazione web
dell’Eco di Bergamo. L’altra nuova
partenza è Monza-Brianza Tv, che
arriva su tutta questa provincia e che
propone rubriche tematiche sul terri-
torio passando dai temi dell’economia e della politica locale allo sport,
cultura, turismo e informazioni di servizio per il cittadino. “Inutile negare
che con lo switch-off gli ascolti siano
calati (Bergamo Tv è passata da una
media di 270 mila contatti al giorno a
160 mila, ndr) e che la raccolta adv
sia in forte flessione”, dice Sergio
Villa, direttore di Bergamo Tv. “Ma
nonostante ciò noi abbiamo deciso
di continuare a investire, perché siamo una storica emittente del nostro
territorio, abbiamo 31 impianti e un
solido gruppo editoriale alle spalle
e questo ci spinge ad essere ottimisti sugli sviluppi di questa nuova
avventura”.
Anche l’editore Giorgio Tacchino, patron di Telecity Lombardia e
del circuito nazionale 7Gold, esce
sfiancato dallo switch-off. “Sarebbe
stato più utile evitare le corse e fare
la transizione a partire dalla prima
data indicata dal Ministero, cioè il
2012. In quel caso avremmo avuto
più tempo per ammortizzare le grosse perdite economiche che questa
terribile crisi ci ha inflitto”. Il gruppo
di Tacchino, attivo anche in Piemonte, Liguria e Veneto, per convertire le
sue emittenti in digitale ha investito
circa 10 milioni di euro e soltanto in
Lombardia sul mux di Telecity ha
già lanciato tre nuovi canali: Telecity
•Nella foto in alto, “Linea d’ombra”,
talk show in prime time di Telenova
e, qui a sinistra, “Griglia di partenza”,
programma dedicato ai motori della
Tv delle Edizioni SanPaolo.
Tabloid 3 / 2011
13
L’inchiesta
105
è il numero delle
emittenti locali
assegnatarie di
diritti d’uso delle
frequenze
36
è il numero delle
emittenti locali
assegnatarie
delle frequenze
61-69 Uhf
•I numeri riportati nelle due tabelle qui sopra sono riferiti all’Area tecnica n. 3
ossia la Lombardia (esclusa la provincia di Mantova) e il Piemonte orientale più
le province di Parma e Piacenza, così come è stata definita dal Ministero dello
sviluppo ecoomico. Significa che 36 emittenti locali su 105 hanno ricevuto
assegnazioni frequenziali nei canali dal 61 al 69 che, secondo la legge di stabilità
2010, dovranno essere riassegnate agli operatori di telefonia mobile.
Plus, Telecity Musica (concerti live
di note orchestre da ballo italiane),
Telecity News (notiziari e talkshow
sul territorio milanese) e a breve dovrebbe partire anche TelecityCalcio
24. Sulla stessa lunghezza d’onda
c’è pure il Gruppo Profit, editore del
circuito nazionale Odeon Tv e presente in Lombardia con Telereporter
e Telecampione. “Dopo lo switch-off
c’è stata una grossa frammentazione
degli ascolti che continuiamo a soffrire, anche se è stata regolamentata
la numerazione”, dice Italo Elevati
consigliere di amministrazione del
gruppo. “Nonostante ciò ci siamo già
messi al lavoro per rilanciare i nostri
vecchi canali, mentre sono ancora
allo studio le nuove partenze che,
Il parere di Marco Rossignoli, presidente di AerantiCorallo
Da fornitori di contenuti a operatorti di rete: battaglia vinta
“Sin dall’inizio del percorso verso il digitale
terrestre ci siamo impegnati affinché
tutte le televisioni locali diventassero
operatori di rete. Questo obiettivo,
condiviso anche da Frt, è stato il cuore
della nostra battaglia e fortunatamente
è andato a buon fine”, Marco Rossignoli (nella foto),
coordinatore nazionale dell’associazione Aeranti-Corallo
che rappresenta 320 emittenti locali, racconta orgoglioso
i risultati finora raggiunti. “Se le locali fossero rimaste
soltanto fornitori di contenuti, sarebbero sempre state
condizionate dal comportamento dell’operatore di rete
cioè dai titolari degli impianti di trasmissione. Sarebbero
stati infatti questi ultimi a decidere come, cosa e
quando trasmettere perché nel rapporto negoziale tra
operatore di rete e fornitore di contenuti il soggetto
forte è il primo”. L’altro obiettivo di Aeranti-Corallo e
Frt è stato evitare che la numerazione sul telecomando
penalizzasse le tivù locali. “Il dibattito col Ministero era
cominciato col piede sbagliato, poiché inizialmente ci
era stato proposto di escludere le locali dal primo arco
di numerazione, che va dai canali 1 al 99. Siamo invece
riusciti a far assegnare alle piccole emittenti private
i numeri dal 10 al 19, dal 71 al 99 e anche dal 601 al
699 e di questo risultato è soddisfatta la maggior parte
degli operatori. Tuttavia, resta il problema della qualità
delle frequenze assegnate dall’Agcom alle locali, che
è inferiore a quella delle tivù nazionali e infatti ancora
oggi in alcune regioni (Veneto, Friuli, Romagna) ci sono
grossi problemi di interferenze con emittenti di Paesi
14
adiacenti”. Per questa ragione oggi al Tar si contano
oltre 100 ricorsi da parte delle tivù locali al piano
nazionale frequenze dell’Agcom. L’ultimo contenzioso in
ordine di tempo tra imprese televisive locali e Governo
si chiama legge di Stabilità 2011, che ha destinato
nove delle 27 frequenze dell’intero territorio nazionale
(canali 61-69) ai servizi di comunicazione mobile in
larga banda. “Nelle regioni ancora da digitalizzare, con
questo ridotto numero di frequenze non sarà possibile
per tutte le tivù diventare operatori di rete”, spiega
Marco Rossignoli. “In Toscana, ad esempio, dove
operano 40 tivù la disponibilità di frequenze diminuirà
sensibilmente, considerato anche che otto frequenze
sono rivendicate dalla Francia. E problemi analoghi ci
sono anche in tante altre regioni, senza considerare
che, laddove c’è già stato lo switch-off, le frequenze
assegnate sui canali 61-69 non verrebbero confermate
e pertanto le tivù locali che operano su questi canali
dovranno riallocarsi sulle frequenze residue”. Alla legge
di Stabilità ha poi fatto seguito il decreto legge n.34
del 2011 con cui sono stati stabiliti alcuni criteri per
decidere quali tivù, sia nelle regioni digitalizzate sia in
quelle ancora da digitalizzare, potranno accedere alle
poche frequenze ormai disponibili e tale selezione verrà
effettuata sulla base di graduatorie. “Queste nuove
norme cambiano tutto lo scenario per la transizione al
digitale, ma soprattutto quella delle graduatorie è una
scelta inaccettabile, perché tutti gli attuali concessionari
analogici dovrebbero essere legittimati a transitare al
digitale a parità di condizioni”.
Tabloid 3 / 2011
L’inchiesta
se tutto andrà bene, potremmo presentare a partire dalla nuova stagione
televisiva”.
Per diverse altre piccole emittenti
provinciali lombarde, il passaggio al
digitale ha fatto toccare il punto più
basso delle loro audiance. “Questa
transizione è stata disastrosa”, dice Giambattista Bianchi, direttore
di BresciaPuntoTv e Tele Mantova
(Gruppo Athesis, che edita anche
TeleArena di Verona). “Le frequenze
che ci sono state assegnate dal Ministero sono le meno pregiate e questo ci crea continue interferenze con
altre emittenti. E poi con l’imminente
asta per la banda mobile saremo di
nuovo nell’occhio del ciclone e ci ritroveremo senza spazio frequenziale
sufficiente per trasmettere. Insomma
– conclude Bianchi – l’avventura non
è finita e credo che non prometta bene”. Il Gruppo Athesis ha investito 3
milioni di euro per la conversione in
digitale delle sue emittenti e sta per
lanciare due canali all news nei Mux
Abbiamo investito circa 500 mila euro
per convertire la nostra infrastruttura
nella nuova tecnica di trasmissione
e possiamo dire senza dubbio che
il vantaggio di cui si parlava è reale:
la nostra copertura è perfetta, tutti i
nostri canali si ricevono molto bene
e anche la risposta del mercato è
positiva”. Nel mux di Rete Brescia
sono on-air i nuovi canali tematici Rbt
Virgilio (turismo), Rtb One (sport), Rtb
4You (sul patrimonio culturale museale italiano e internazionale), Rtb
Alitlia (dedicato alla cultura islamica
e al dialogo interreligioso), Rtb Luce
(sulla cultura cristiana nel mondo). E
infine Rete Brescia ha in programma
anche il lancio di un canale tematico
multietnico e multilingue.
di BresciaPuntoTv e Tele Mantova.
“Per la nostra emittente lo switch-off
non è stato come temevamo visto il
trend delle regioni che ci hanno preceduto”, dice invece Giacomo Pellegrinelli direttore di TeleBoario, la tivù
della Val Camonica. “Lcn ha evitato
l’emorragia di ascolti che ha colpito
un po’ tutte le tivù locali e adesso
siamo in pista con nuovi canali su cui
puntiamo parecchio. Sono una rete
all news di sport e un’altra di informazione dedicata agli enti e ai comuni
della nostra Valle”. Fuori dal coro
degli insoddisfatti c’è anche Virgilio
Baresi, presidente di Rete Brescia. “Il
Passaggio al Dtt è stata una grande
avventura, piena di incognite ma oggi siamo molto contenti dei risultati.
20 milioni di famiglie italiane (82%) digitalizzate
40,0
40
35,0
35
30,0
30
25,0
25
20,0
20
15,0
15
10,0
10
5,05
0,00
mar 2010
set 2010
Mil. di famiglie DTT
mar 2011
Mil. di ricevitori DTT
Fonte: stime E-res su dati Gfk
23,9%
feb
mar aprile
2011
•Il Tg Monza-Brianza Tv, nuovo
canale Dtt del multiplex di Bergamo
Tv e, sopra, Luca Bartolini, conduttore
di Tethys, programma di TeleBoario
dedicato alla scoperta dei luoghi
della Val Chiavenna.
Tabloid 3 / 2011
25,4%
24,4%
nov
25,5%
ott
24,5%
19,7%
ago
18,9%
lug
21,3%
23,0%
mag
23,0%
18,0%
aprile
2010
21,9%
18,0%
Totale TV Digitali: trend share
+41%
giu
sett
dic gennaio
2011
Fonte: elaborazione Starcom su darti Auditel Agb - Fascia 2.00/2.00
15
L’inchiesta
graduatoria Tv lombarde per le sovvenzioni statali: FATTURATI E OCCUPAZIONE
Punti
Media Fatturati ’07/’09 Giornalisti prof.* Pubb.Pratic.
Telelombardia
12.626.559
15,87
2
TeleCity lomb.
7.749.752
4
12,84
antenna 3
7.907.180
8,75
2
Telenova
7.038.096
8
1
Telereporter
5.114.212
15,75
1
Telecampione
6.172.350
4
0
Bergamo TV
2.969.077
10
1
Telecolor
2.117.132
7,19
3,16
Teletutto
2.861.209
6,85
2,62
Rete 55
2.404.165
3,22
3,59
Espansione TV
1.577.901
8,42
1
teleunica
1.574.417
7,80
0,91
Brescia punto tv
869.204
9
0
Studio TV1
1.318.371
8,52
0,72
Teleboario
1.097.553
0
6,58
Più Valli TV
963.502
1,60
3,73
telesettelaghi
789.303
1,50
4,42
retebrescia
1.813.246
2
1,68
Telemantova
1.024.111
2,96
3,62
la6
1.146.458
0
1,29
videobergamo
447.916
0
2
mantovatv
480.739
0
3,29
odeon24
440.000
0,93
4
Antenna 2
218.321
1
0,91
telebrescia nord
418.742
0
0
più blu lombardia
287.514
0
0
primarete lombardia
1.277.042
0
1
SuperTv
393.867
0
0
videostar2
569.418
0,57
0
trstv
349.332
0
0
videostar
479.113
1,29
0
Telereporter sud
400.573
0
0
canale 11
85.100
0
0
Tele soleregina po
96.762
0
0,70
italia 8 lombardia
1.354.286
0
0
teleliberta’
110.628
0,65
0,31
telestar l0mbardia
1.017.808
0
0
televalassina t.s.v.
200.484
0
0
lombardia tv
42.327
0
0,30
canale italia
235.212
0
0
lodi crema tv (comunitaria) 11.639
0
0
Tele NBC (comunitaria)
0
0
0
Giorn. tempo det.
4,58
0,67
0,83
2
2,91
0
0
0,37
2,73
0
0
0,22
0
0
0
0
0
0
0,25
0,71
0
0
2,71
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Altri
59,94
36,70
40,75
37,72
21,50
36,17
22,07
19,13
15,40
21,89
14,22
12,80
9,59
8,62
15,28
13,21
10,48
10,23
5,82
6,97
6
4
4
2,52
5
5
2,62
4,48
3,18
4,25
1,18
3,37
3,50
1,99
2
0,92
2
1,55
0,85
1
0
0
Altri tempo det.
0,92
1,16
0,85
2,51
0
2,12
0,02
6,08
3,23
0
0
1,52
0
0,50
2
2,09
0,82
2
1,43
0,94
1,48
0
0,99
0,16
0
0
1
0
0
0,47
0,42
0,41
0
0,69
0,83
0
0,50
0
0,30 0
0
0
Totali punti
3153,35
2116,55
2037,81
1861,54
1774,75
1495,61
1392,05
1221,98
1113,27
1049,40
1001,55
929,06
841,35
825,44
783,88
688,13
620,72
543,03
542,09
299,45
285,97
275,66
216,22
181,22
156,63
154,55
149,71
140,64
138,83
135,85
134,64
109,92
106,35
96,90
86,44
82,36
79,12
49,77
41,53
33,73
0,18
0
•Il Corecom (Comitato regionale di controllo) ha approvato la graduatoria 2010 delle emittenti televisive lombarde che
riceveranno i contributi statali previsti dalla legge n. 448 del 1998. La graduatoria riguarda 42 emittenti locali. L’attribuzione
del punteggio è avvenuta sulla base di un regolamento e del bando di concorso emanato dal Ministero dello sviluppo
economico. *Anche al numero dei giornalisti occupati è assegnato un punteggio. Per l’anno di riferimento, il 2009, in base
alla graduatoria del Corecom, il Ministero ha distribuito alle emittenti lombarde 12 milioni e 294 mila euro.
16
Tabloid 3 / 2011
L’inchiesta
IL CASO
Sky-Current Tv
divorzio all’italiana
di Paolo Pozzi
Guerra di numeri o guerra politica?
L’annuncio del divorzio tra Sky Italia
e Current Tv ha scatenato il dibattito.
Questione di mercato o problemi
di libertà di stampa? Current Tv è
un network tv fondato nel 2005 da
Al Gore, ex candidato presidente
democratico in Usa, che trasmette
dall’8 maggio 2008 sul canale 130
di Sky Italia. Sky è di proprietà del
magnate australiano Rupert Murdock.
I numeri sono sempre gli stessi, ma
il loro significato cambia a seconda
di come li si legge e li si confronta.
Vediamo. Sky dice che Current sta
registrando una perdita del 40% dei
telespettatori nella fascia del prime
time. Perdita che viene mitigata in un
-18% se si guarda invece all’ascolto
medio nell’intero arco della giornata
(2.952 rispetto a 3.600 telespettatori).
Current, invece, prende a parametro
di riferimento l’ultimo triennio di
attività e segnala che nel prime time
c’è stato un aumento di ascolto del
550% mitigato in un +270% nel day
time. I dati su voci non omogenee,
non sono confrontabili. Ecco i
dati completi (nudi e crudi), riferiti
all’ultima rilevazione disponibile di
Auditel e Audiweb. E Auditel (nel
periodo dal 3/4/11 al 30/4/2011)
segnala per Current un ascolto medio
giornaliero di 2.878 unità che sale a
5.824 telespettatori nella fascia oraria
dalle 20,30 alle 22,30 e si mantiene
su 5.066 nella fascia successiva,
dopo le 22,30. L’ascolto più basso
è tra le 7 del mattino e le 9 con 828
che sale a 1.702 durante la mattinata,
cioè tra le 9 e mezzogiorno, a 1.975
da mezzogiorno alle 15, fino a
stabilizzarsi intorno alle quattromila
nel pomeriggio, ovvero 3.903
dalle 15 alle 18 e 3.836 dalle 18
alle 20,30. I dati Audiweb, invece,
segnalano 1.917 utenti unici con
5.000 pagine viste e 1,29 minuti di
tempo dedicato da ciascun utente.
Tabloid 3 / 2011
auditel emittenti tv
Emittenti
giorno intero
ascolto medio share%
fascia 20,30/22,30
ascolto medio share%
Rai 1 1.955.451
19,17 5.165.470
19,37
Canale 5 1.841.225
18.05
4.829.947
17,85
9,28 2.957.290
10,93
Rai 2 946.960
Italia 1 837.510 8.1 2.193.553
8,11
Rai 3 825.720
8.09 2.437.865
9,01
Rete 4 673.319
6.60
1.823.347
6,74
Boing 110.222
1,08 197.054
0,73
Rai 4 97.489 0.96 254.610
0,94
La 5 94.282
0.92
236.655
0,87
Iris 87.726
0,86 271.444
1,0
K2 84.322
0,83 155.036
0,57
Rai Premium 75.882
0,74 151.244
0,56
Real Time
72.072
0,71
127.121
0,47
Premium Calcium H/D
69.750
0.68
333.158
1,23
Rai Yoyo 65.952
0.65
119.703
0,44
Sky Sport 1 60.926 0.60 366.250
1,35
Mediaset Extra 55.692
0.55 140.976
0,52
Rai Movie 53.314
0,52
156.420
0,58
Rai News
46.811
0,46 51.711
0,19
0,29
Frisbee 40.788 0.40 78.770
Fox Crime/HD 31.756
0,31 104.541
0,39
Sky Tg24 30.709
0,30
34.149
0,13
La7d 27.000
0,26 52.844
0,20
Sky Calcio 1 24.468 0,24 132.552
0,49
Disney Channel 22.454
0,22 38.188
0,14
auditel gruppi televisivi
Azienda
giorno intero
ascolto medio
fascia 20,30/22,30
share%
ascolto medio
share%
Rai 4.151.290
40,70 11.468.523
42,39
Mediaset 3.810.334
37,35
10.108.952
37,36
3,78 1.261.133
4,66
Sky 385.318 La7 359.987
3,53 1.078.530
3,99
Fox 165.119
1,62 415.255
1,53
Switchover Channels 128.046
1.26
237.491
0,88
Discovery 104.313
1,02
185.777
0,69
0,42
Disney
68.193
0,67 112.935
Mtv-Viacom 44.326 0,43 75.910
0,28
Turner 33.647
0.33
50.639
0,19
0,37
7 Gold
23.148
0,23 99.225
De Agostini Editore 20.362
0,20 32.253
0,12
Axn 16.510
0,16
33.075
0,12
Sitcom
15.383
0,15 19.933
0,07
Canale Italia 14.660
0.14 58.775
0,22
17
Qui
New York
in tutto il mondo il dTt sarà presto sostituito dalla web-tv
Il digitale? Un flop
Gli Usa puntano sull’IpTv
Le televisioni italiane stanno dedicando tempo e ingenti somme di denaro a un fenomeno
che, in realtà, è destinato a rimanere in vigore solo per alcuni anni per lasciare poi
definitivamente il posto alla tv via internet. Nel Belpaese è poco diffusa la banda larga
di Dom Serafini*
Solo ora si leggono sulla stampa generalistica italiana ed americana titoli
come: “Il flop del digitale terrestre”.
Anche la stampa specializzata comincia timidamente ad ammettere
che il digitale terrestre (Dtt) è stato
un fallimento. Fino a poco tempo
fa questa si rifiutava di pubblicare
articoli critici del Dtt per paura che
le fabbriche di trasmettitori smettessero di fare pubblicità. Eppure, che il
Dtt fosse inutile era noto agli esperti
sin dal 1999, quando Lupetti Editore
di Milano uscì con il mio libro, “La
televisione via Internet. Una nuova
frontiera”. In seguito, nel 2002, la
Rai pubblicò il mio saggio in inglese,
“The 10 commandments for the tv
of the future”, che spiegava come il
passaggio al Dtt sarebbe stato inutile
in tutto il mondo e presto sostituito
dalla Tv via Internet che prende le
iniziali di IpTv. Sia negli Usa che in
Italia, solamente ora l’opinione pubbica ed i broadcaster cominciano a
capire come il segnale Dtt sia poco
“robusto” e poco “versatile”. Negli
Usa, però, il problema è meno sentito che in Italia, perché qui solo il
15% delle case riceve la Tv tramite
antenne. La soluzione per la Dtt è
ora chiara: lo sviluppo delle reti per la
banda larga utilizzando le frequenze
elettromagnetiche terrestri (Wi-Fi), le
linee telefoniche (Dsl), la fibra ottica,
il satellite e le linee elettriche. Ma ciò
vuol dire guardare al futuro. Nel 2007,
in un articolo per il quotidiano Usa
18
“AmericaOggi”, scrissi che il Dtt dimostra come in Italia “si cerchi sempre di legiferare il passato senza mai
guardare al futuro. … La Tv digitale si
è affermata ormai da anni ed è fruibile tramite Dvd ed Internet. L’altra Tv
digitale, quella a cui le reti Tv italiane
stanno dedicando tempo e danaro,
non servirà… Tra poco le Tv di tutto
il mondo metteranno in rete un unico segnale Tv lineare con formato
IpTv che potrá essere ricevuto da
qualsiasi apparecchio cellulare, iPod,
computer e televisore. Il modo con
cui questi ricevitori si collegheranno
alla ‘rete’ sarà a scelta: tramite linee
telefoniche, cavo e Wi-Fi”.
Ritorno sull’argomento nel 2009
(sempre per “AmericaOggi”): “ La Dtt
è uno standard intermedio fra quello
analogico e quello IpTv. La Tv analogica è durata 68 anni e poteva rimanere in funzione per altri anni senza
problemi. Ora il Dtt rimarrà in vigore
per circa 10 anni poi si passerà inevitabilmente alla IpTv. Nel frattempo
si sono bruciati miliardi”. Le scuse
erano tante, tra cui, “In Italia la banda
larga non è diffusa”. Naturalmente se
si fosse sommata la poca Dsl (per via
telefonica) con l’altra poca fibra ottica
e la molta Wi-Fi, si sarebbe ottenuta
una copertura di banda larga capillare. La verità è che sia in Italia che
negli Usa i broadcaster hanno avuto
paura di cambiare un modello collaudato (seppur in fase di declino) come
il broadcast attuale, con uno tecnologicamente piú avanzato ed affidabile
ma non ancora collaudato.
Eppure, le reti Tv avrebbero tutto
l’interesse a passare all’IpTv. Prima
di tutto per il risparmio dell’energia
elettrica per i trasmettitori. Poi si continuerebbe a monetizzare il segnale
anche quando questo non c’è piú
(tramite la capacità del video-on-demand dell’IpTv); la copertura fuori i
confini (anche mentre si è in volo) per
compensare la perdita dell’audience
a livello nazionale (dovuta alla frammentazione del pubblico), si darebbe
un resoconto dell’audience molto accurato agli inserzionisti pubblicitari e
si introdurrebbe l’interattività in modo
semplice e remunerativo.
*Direttore Media Age - New York
Tabloid 3 / 2011
Le iniziative
dell’Ordine
conclusa la prima parte della ricerca di enrico finzi
MILE
I
S
C
FA
Etica e professione
convegno il 6 ottobre
Seicento giornalisti lombardi hanno risposto al questionario di AstraRicerche sottolineando
l’importanza delle norme deontologiche per svolgere degnamente il proprio lavoro ma
segnalano anche numerose difficoltà nel mettere in pratica regole riconosciute e condivise
Si è conclusa la prima fase dell’indagine su etica e professione giornalistica condotta da AstraRicerche, per
conto dell’Ordine dei Giornalisti della
Lombardia.
Per avere dati su cui discutere l’istituto di ricerca presieduto dal sociologo
Enrico Finzi, ha effettuato un’indagine demoscopica volta a raccogliere le opinioni dei giornalisti iscritti
all’Ordine Lombardo (professionisti,
pubblicisti, praticanti: esclusi solo gli
iscritti all’Elenco Speciale).
I dati raccolti attraverso un questionario proposto a tutti i giornalisti
lombardi sono stati presentati in
anteprima agli studenti delle scuole
di giornalismo milanesi venerdì 13
maggio al Circolo della Stampa di
Milano.
Circa 600 i giornalisti lombardi che
hanno risposto al questionario. Seicento colleghi che sono stati intervistati online da AstraRicerche con
il metodo C.a.w.i (Computer aided
web interviewing).
Già dai primi risultati emerge l’importanza che i giornalisti lombardi attribuiscono al rispetto di norme etiche
fondamentali nello svolgimento della
professione e, allo stesso tempo, le
difficoltà che incontrano oggi a difendere questi principi nella pratica di
lavoro di tutti i giorni. Il campione dei
colleghi che ha risposto al questionario è composto per il 39,2% da donne
e per il 60,8% da uomini. Il bacino di
utenza è stato soprattutto a Milano
(67,8%) ma c’è da segnalare che dalle province ha risposto il 13,7% dei
colleghi del Nord della regione (Varese, Como, Lecco, Sondrio, Monza e
Brianza), il 9,5% dall’Est-Lombardia
(Bergamo e Brescia) e il 6,7% dalle
province del Sud-Lombardia (Cremona, Pavia, Lodi, Mantova) mentre
sono arrivate alcune risposte anche
da fuori regione pari al 2,3%.
Dei 600 giornalisti analizzati nella
ricerca il 44,7% è professionista,
il 55,3% pubblicista. Abbastanza
equamente distribuite le fasce di
età e di anzianità professionale del
campione preso in esame.
Il 33,7% degli intervistati, infatti, ha
fatto il suo ingresso nella professione
negli anni Novanta, il 25,2% negli anni Duemila, il 22,5% negli anni Ottanta e il 18,5% negli anni Settanta.
La seconda parte dell’indagine prevede un questionario sullo stesso tema, l’etica nell’informazione e nella
comunicazione, che sarà sottoposto
agli utenti dell’informazione, cioè al
pubblico, durante il mese di giugno.
Un dato interessante da confrontare
con le opinioni dei colleghi già raccolte nella prima fase della ricerca.
A giugno la seconda parte dell’indagine
sullo stesso tema risponderà il pubblico
Tabloid 3 / 2011
I dati delle due ricerche
(giornalisti e pubblico)
saranno presentati
all’Università Statale
L’intera ricerca (con i risultati sia della
prima sia della seconda parte) sarà
poi al centro del grande convegno
organizzato dall’Ordine dei giornalisti
della Lombardia giovedì 6 ottobre
2011 nell’aula magna dell’Università
Statale di Milano che prosegue la
serie di appuntamenti di riflessione
sul futuro del giornalismo.
Dopo l’edizione del 2008 che aveva
per titolo “Le notizie, le idee, gli italiani e la pubblicità” e quella del 2009
dedicata a “News e lettori tra vecchi
e nuovi media” questa volta si parlerà di etica e professione. Applicata
però non più solo al giornalismo, ma
anche in altri settori della comunicazione, come la pubblicità e le agenzie
di pubbliche relazioni.
Sono previsti gli interventi di autorevoli rappresentanti di tutto il mondo della comunicazione: giornalisti,
pubblicitari, editori e agenzie di pubbliche relazioni.
Al centro dell’incontro gli argomenti
più dibattuti della professione giornalistica oggi, come i confini del diritto di cronaca, il trattamento delle
fonti, il diritto-dovere di informare
sono tutti temi che hanno profonde
implicazioni etiche.
Porre la questione dell’etica nella
professione giornalistica è quindi
fondamentale per la difesa di una
informazione di qualità e del futuro
stesso della nostra professione.
19
Le iniziative
dell’Ordine
si amplia l’offerta formativa del master ifg “walter tobagi”
Giornalisti specializzati
e formazione permanente
La scuola di giornalismo dell’Ordine di Milano e dell’Università Statale, dopo il biennio, si
arricchisce di nuovi corsi in economia-finanza, sport e scienza. I bandi per l’accesso e le
domande d’ammissione rispettivamente a giugno, novembre e nella primavera del 2012
di Walter Passerini*
Se non vogliamo credere alla teoria
genetica (giornalisti si nasce), a quella
parentale (giornalisti si è se si ha un
giusto cognome), a quella relazionale
(ci vuole un amico), alle raccomandazioni, ai santi in paradiso, agli astri o alla
fortuna, per esclusione non ci resta che
credere che giornalisti si diventa.
Le strade dell’accesso. Negli anni
scorsi si era acceso un bel dibattito
sul canale esclusivo per l’ingresso
nella professione giornalistica. Un
dibattito utile e fertile, oggi forse un
po’ appannato. Sono molti i colleghi
entrati nella professione grazie alla
regolarizzazione di lunghi periodi di
abusivato. I praticantati d’ufficio sono stati una legittima risposta a pratiche scorrette da parte degli editori.
In quel dibattito la strada maestra
per l’acquisizione del praticantato,
vista anche la progressiva esiguità
delle assunzioni in redazione, venne
eletta nelle Scuole: si diceva, consolidiamo un nucleo di buone scuole di
formazione al giornalismo, che diventeranno il canale esclusivo alla
professione. Fu questa la strada che
fece scattare da parte degli Ordini, il
Nazionale in testa, un freno rispetto
al proliferare di corsi e di scuole, e
l’innesco di una relazione virtuosa tra
Scuole di giornalismo e Università.
Oggi, dopo il Quadro di indirizzi che
portò alla disdetta delle precedenti
convenzioni, sono riconosciute e
convenzionate a livello nazionale
20
15 Scuole, che rappresentano il canale preferenziale per l’accesso alla
professione.
La riorganizzazione. Nel miglioramento dell’offerta formativa delle
Scuole, realizzata insieme da Università e Ordini regionali dei giornalisti,
con la supervisione del Nazionale,
si è avviata una discussione per definire, alla luce delle trasformazioni
in corso (mercato del lavoro, avanzata di Internet, bisogni di nuove
competenze), uno o più modelli di
riferimento possibili, per un’azione
efficace e di qualità nella formazione
al giornalismo. E’ in questa chiave
che si è rafforzata e sviluppata la
collaborazione tra Ordine dei giornalisti della Lombardia, Associazione
Walter Tobagi per la formazione al
giornalismo e Università degli Studi
di Milano, che ha portato alla definizione di un percorso che appare
fortemente innovativo per il futuro
della nostra professione. Sono tre
•Da sinistra: Walter Passerini e
Venanzio Postiglione, rispettivamente
vice direttore e direttore del Master
“Walter Tobagi”/Ifg dell’Università
Statale di Milano. Sopra Stefano
Gallizzi, presidente dell’Afg.
le nuove linee di azione immaginate
dall’accordo: formazione iniziale, formazione specialistica e formazione
permanente.
Master biennale in giornalismo.
La Scuola di giornalismo “Walter Tobagi”, nata dalla fusione tra lo storico
master dell’Ifg e il master dell’Università Statale di Milano, concentrerà a
partire dal prossimo bando la propria
azione su un nucleo di 30 giovani
praticanti a biennio, per una formazione di eccellenza più adeguata ai
mutamenti dei linguaggi e del mercato, che crei fin dall’ingresso un differenziale competitivo per la domanda
di nuovi professionisti. Questa nuova
Tabloid 3 / 2011
Le iniziative
dell’Ordine
formazione d’ingresso, come già avviene, punterà sull’offerta di un mix di
conoscenze e competenze, che dotino ciascun praticante di un elevato
bagaglio di saperi di base, di saperi
pratici e tecnici e di saperi critici. Viste anche le nuove sfide dei mezzi
di informazione e del mercato del
lavoro, la riorganizzazione dei contenuti sarà sempre più centrata su
un’offerta di competenze sui diversi
linguaggi (carta stampata, radio, televisione, Internet e agenzie) in un’ottica intermediale, sulle tecniche e sulle
abilità professionali e su una forte dimensione etica, come valore e come
pratica per la professione. L’offerta
formativa così concepita rappresenta
una risposta di responsabilità che,
al di là del fare dei praticantati una
rendita, faciliti l’ingresso dei giovani
praticanti in un mercato del lavoro
sempre più selettivo, che assomiglia
Tabloid 3 / 2011
a volte a un percorso di guerra, in cui
l’articolo 1 è spesso un miraggio, in
una giungla di formule che si celano
a volte pudicamente dietro la figura
del “free lance”. La responsabilità del
patto formativo con i giovani deve
arrivare sino agli sbocchi e al “placement” delle persone che passano
dalle scuole.
Corsi specialistici. E’ questa l’innovazione più rilevante, che Ordine,
Associazione e Università degli Studi
di Milano propongono a se stessi
e al presente e al futuro della professione. Si tratta dell’offerta, per
la prima volta in Italia con questa
intenzionalità, di Corsi di perfezionamento in Giornalismo specialistico,
che affrontino i temi ritenuti cruciali
e a maggiore sviluppo nei prossimi
anni. Il primo è il Corso di perfezionamento in Giornalismo economico-
finanziario (bando a giugno 2011,
svolgimento dal 12 settembre al 4
novembre a tempo pieno), tematica
non solo soggetta a grandi sviluppi, ma fortemente in sintonia con il
contesto economico e culturale della
Lombardia, sede delle maggiori eccellenze in questo campo. Il secondo
è il Corso in Giornalismo sportivo,
settore fortemente dinamico anche
nelle televisioni e nei siti Internet, che
apre nuove opportunità in particolare
nel territorio lombardo (bando a novembre, svolgimento tra gennaio e
marzo 2012).
Il terzo sarà invece il Corso di perfezionamento in Giornalismo scientifico, che affronterà i grandi temi della
salute, dell’energia, dell’ambiente,
dell’alimentazione e delle tecnologie, che rappresentano le maggiori
sfide per le persone e per la nostra
professione (bando e svolgimento
nella primavera 2012). Questi corsi
prefigurano una sorta di “terzo anno” di specializzazione per i giovani
che escono dai Master biennali in
giornalismo.
Aggiornamento professionale.
Oltre alla formazione d’ingresso (Master biennale) e alla formazione specialistica (Corsi di perfezionamento),
vi sarà un’ulteriore offerta formativa, già in buona misura prefigurata
e praticata dall’Ordine della Lombardia, che accolga e risponda alle
sfide della formazione permanente e
“in itinere” dei giornalisti in attività.
Verranno così proposti corsi da una
pluralità di soggetti qualificati, sui temi dell’aggiornamento professionale, delle tecniche e dei contenuti, con
un’attenzione particolare ai “nuovi
media”. La sfida è lanciata.
Si tratta ora di vedere come reagiranno i giovani colleghi e aspiranti tali,
i colleghi in attività o senza lavoro e
il mercato. Sarebbe importante avviare un confronto tra le Scuole di
giornalismo su questi temi.
*Vicedirettore del Master Scuola
“Walter Tobagi”/Ifg, Università
Statale di Milano e Direttore dei
Corsi di perfezionamento
in Giornalismo specialistico
(www.giornalismo.unimi.it).
21
Le iniziative
dell’Ordine
il convegno organizzato dall’anso e dall’odg lombardo
Carta e online
senza più steccati
Il dibattito su “Giornalismi e status quo, come si vive il cambiamento in redazione”,
promosso dall’Associazione nazionale stampa online, ha fatto il punto della situazione
sulla multimedialità nei giornali. Per stare al passo con i tempi e non perdere lettori
di Maria Comotti
Nessuno può più nascondersi dietro
a un…bit: il giornalismo è e sarà sempre di più multimediale, e proprio per
questo dovrà trasformarsi per stare
al passo con i tempi e soprattutto
con i lettori. Senza dimenticare però che, a prescindere dal mezzo di
trasmissione delle notizie, sempre
di giornalismo si tratta, a livello di
deontologia e di garanzie per i suoi
attori. Ma qual è la consapevolezza
di questo nodo da parte del mondo
dell’informazione “tradizionale”? E
quali scenari si possono configurare
in un’ottica di sviluppo tecnologico
e di modelli di informazione? A fare
il punto della situazione ci ha pensato l’Anso (Associazione nazionale
stampa online), con la tavola rotonda
“Giornalismi e status quo, come si
vive il cambiamento in redazione”
svoltasi lo scorso 29 aprile all’Università Statale di Milano con il patrocinio
dell’OdG della Lombardia. La dico-
22
tomia tutt’ora esistente tra “carta” e
“online” è stata sottolineata dal vice
presidente dell’Anso Benedetto Liberati, così come da Pino Rea (Lsdi.it),
moderatore dell’incontro, secondo
cui la spinta verso l’innovazione dei
grandi giornali tradizionali ha avuto
come risposta la resistenza da parte
di molte redazioni.
La risposta alla paura
è la qualità
E la palla non poteva che passare a
Ferruccio De Bortoli, che è tornato
sulle motivazioni alla base della sua
lettera dello scorso settembre alla redazione del Corriere della Sera proprio
sul tema della multimedialità e della
mobilità interna. Allo sciopero di due
giorni seguì a febbraio un referendum
per l’approvazione di un nuovo “patto”
tra Cdr, direttore e azienda. “L’innovazione tecnologica – ha ricordato De
Bortoli – ha innescato un cambiamen-
to che ha travolto giornalisti ed editori.
Ma è stata subìta più che governata,
e si continua ad avere troppa paura”.
Immotivata, a suo parere, visto che le
tecnologie hanno comunque bisogno
di buoni professionisti che sappiano
garantire ai lettori un giornalismo di
qualità e alla Rete un’indipendenza
che non è certo scolpita nell’online. “Il
panorama è complesso e difficile – ha
proseguito il direttore del Corriere – e
serve maggiore umiltà e consapevolezza del cambiamento da parte dei
giornalisti della carta stampata, nella
certezza però che l’informazione di
qualità non può essere totalmente
gratuita: dalla piazza dei blog arrivano utili contributi, ma in redazione va
tolto il rumore di fondo”. La necessità
di verificare quanto arriva dal bacino
del cosiddetto “citizen journalism”,
e quindi in ultima istanza il ruolo insostituibile del professionista è stato
un tema sostenuto anche da Vittorio
Tabloid 3 / 2011
Le iniziative
dell’Ordine
• Benedetto Liberati (di fianco al titolo),
vice presidente dell’Anso. Al tavolo dei
relatori da sinistra: Walter Passerini,
Guido Romeo, Luca De Biase, Giuseppe
Mancino, Ferruccio De Bortoli, Vittorio
Feltri, Giovanni Rossi e Pino Rea
Feltri. “Occorre però – ha sottolineato il
direttore editoriale di Libero – che non
esistano steccati, ecco perché nella
mia redazione mi sforzo di promuovere l’intercambiabilità di funzioni tra web
e carta stampata. E occorre anche disciplinare la materia a livello contrattuale, con un sindacato che invitiamo
a essere meno conservatore”.
Modelli di business e tutele
La risposta a questa “provocazione”
non si è fatta attendere. Giovanni Rossi, segretario generale aggiunto Fnsi,
nel ricordare le cifre impressionanti
degli ultimi tre anni a livello di vertenze sindacali, accordi per piani di crisi
e perdita di posti di lavoro (700), ha
voluto sottolineare anche il grande lavoro svolto in termini di innovazione
contrattuale. “Per l’online ci vogliono
regole – ha però ribadito – senza di
cui trovo difficile che si possa avere
un lavoro di qualità e una conseguente
risposta positiva del mercato”. Certo,
non è facile sopravvivere in un mercato come quello dell’online molto
affollato e poco remunerato. “Essere
ancorati solo ai ricavi pubblicitari è
rischioso – ammette Michele Mancino, vicedirettore di Varesenews.it,
testata in Rete dal 1997 con 70.000
Tabloid 3 / 2011
accessi quotidiani -. Non esistono
modelli di business consolidati, noi
ce lo siamo inventati, coinvolgendo
nella proprietà, oltre ai giornalisti, le
maggiori associazioni di impresa e i
sindacati locali. Rimane il fatto che il
peccato originale della Rete è la gratuità, prima o poi questo nodo dovrà
essere affrontato, magari quando i nativi digitali entreranno nelle stanze dei
bottoni”. Ma se il vero problema fosse
un altro? Basta spostare l’angolazione
del punto di vista e il focus potrebbe
concentrarsi non tanto sul pagamento
o meno dell’offerta, quanto sul valore
che il pubblico attribuisce all’informazione. “Sui giornali di carta – ha osservato Luca De Biase, caporedattore di
Nova 24 de il Sole 24 Ore – il lettore
rimane in media 25 minuti, sul web 70
secondi. Le persone si comportano in
funzione di quello che viene loro offerto: il pubblico vuole l’informazione,
ma anche qualcuno che gliela trovi
e confezioni”. Nel modo più adatto
possibile al mezzo di fruizione. Ecco
perché, nell’evoluzione, gli steccati
non hanno proprio ragione di essere.
“Servono team di giornalisti, designer
e programmatori, per riformulare gli
oggetti informativi e per creare qualcosa di unico e di valore. Allora sì che
ci sarà qualcuno disposto a pagarlo”.
Tesi sostenuta anche da Guido Romeo, giornalista scientifico di Wired,
tanto più in un periodo come quello
attuale in cui il giornalismo si trasforma spesso in “data-journalism”.
“Prendiamo il caso Wikileaks – ha osservato – come potrebbe un giornali-
sta senza validi supporti tecnologici,
consultare e selezionare le migliaia di
file scoperti?”.
L’etica della responsabilità
L’importante, però, nel mare magnum
di informazioni che Internet mette a disposizione è di non farsi cogliere dalla
“sindrome di Ireneo”, dal nome del
protagonista di un racconto di Borges:
un uomo che ricordava tutto ma non
capiva nulla. Lo ha ricordato Walter
Passerini, vice direttore del Master in
giornalismo dell’Università Statale di
Milano-Ifg, per sottolineare l’importanza fondamentale della formazione.
“Internet ha decretato la morte del
pubblico – ha osservato Passerini -.
Ora esistono i pubblici e la segmentazione. Il modello del giornalismo omnibus, che parla a tutti e a nessuno,
non aiuta”. E dove può trovare la sua
legittimazione in questo contesto il
nuovo giornalista? Nella competenza.
Ecco perché le scuole di giornalismo
servono, e devono diventare “il canale
di accesso esclusivo alla professione. Perché oggi ci troviamo di fronte
a giovani tecnicamente competenti,
ma eticamente e socialmente poco
attrezzati”. E la formazione dovrebbe
continuare anche dopo, sotto forma
di aggiornamento ai dipendenti, come
sottolineato in chiusura dalla presidente dell’Ordine lombardo Letizia
Gonzales. “Gli editori hanno investito in macchine e tecnologia e non in
risorse umane, sbagliando, perché
l’informazione di qualità è uno strumento di democrazia”.
23
Le iniziative
dell’Ordine
I lavori devono essere consegnati entro il 30 giugno
Racconti lombardi
al Premio Gavinelli
Agli autori dei due articoli migliori andranno 2.500 euro, un terzo vincitore farà invece
un reportage di viaggio in una città estera. Quest’anno la decima edizione del concorso
riservato ai giovani giornalisti si arricchisce di una sezione, fuori bando, per i video-reporter
Torna il concorso “Mauro Gavinelli”
riservato ai giovani cronisti. Anche
per questa decima edizione al centro dell’interesse la Lombardia in tutti
i suoi aspetti: l’economia, la politica,
la società, il territorio. Al concorso
possono partecipare giornalisti
(anche non iscritti all’albo) che non
abbiamo superato i 35 anni di età,
inviando un articolo che tratti un
aspetto qualsiasi della realtà lombarda. Gli articoli pubblicati da una
testata giornalistica, anche on line,
devono essere recapitati entro il 30
giugno 2011 all’indirizzo del Gruppo
Altomilanese dei giornalisti, presso
lo studio dell’avvocato Fabrizio Conti, via Alberto Da Giussano 3, 20025
Legnano (MI). Ai due articoli migliori la giuria assegnerà il premio alla
memoria (2.500 euro) offerto dalla
famiglia Gavinelli e il premio reportage di viaggio che darà l’opportunità
al vincitore di realizzare un servizio
giornalistico da una città estera.
Fuori bando, in occasione del decennale del concorso, il Gruppo
Altomilanese dei giornalisti, in collaborazione con l’Istituto cinematografico “Michelangelo Antonioni”,
assegnerà un riconoscimento al miglior servizio audiovisivo pubblicato
anche on line nel corso dell’anno.
Questo premio sarà offerto dalla città
di Busto Arsizio. Il concorso nasce
dalla volontà della famiglia Gavinelli
di ricordare il proprio congiunto Mauro Gavinelli, scomparso nel 2000.
Giornalista appassionato, attento
alla formazione
24
professionale soprattutto dei più giovani, Mauro Gavinelli, fu vice caporedattore del quotidiano La Prealpina.
L’iniziativa è organizzata dal Gruppo
Altomilanese dei Giornalisti, grazie
ai contributi dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e dei Comuni di
Legnano e Busto Arsizio. La giuria
del premio è composta dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales, dal
presidente del Gruppo Altomilanese
dei Giornalisti, Francesco Chiavarini,
da un altro appartenente al Consiglio direttivo dell’associazione, dal
direttore dell’Istituto cinematografico
“Michelangelo Antonioni”, Andrea W.
Castellanza, da un familiare di Gavinelli, da due rappresentanti del Comune di Busto Arsizio e di Legnano.
Il bando può essere scaricato sul sito
www.giornalistialtomilanese.it.
Convegno in collaborazione con la Commissione Ue
NewsRom, informazioni e pregiudizi
Sfatare tanti luoghi comuni, combattere i pregiudizi e aprire squarci di
conoscenza sul mondo Rom. Di questi temi s’è discusso il 12 maggio
scorso durante l’incontro “NewsROM. Informare senza pregiudizi”
nella Sala Tobagi del Circolo della Stampa di Milano. L’iniziativa,
organizzata dall’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia, nell’ambito
della “Campagna Dosta!” promossa dal Consiglio d’Europa, coordinata
e finanziata dall’Ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar)
del Ministero per le Pari Opportunità, ha avuto il patrocinio della
Rappresentanza in Italia della Commissione Ue, Federazione nazionale
della stampa, dell’Ordine nazionale dei giornalisti, dell’Ordine dei giornalisti
della Lombardia e dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Un proficuo
confronto. una riflessione da parte degli operatori dell’informazione su
come i media raccontano la realtà delle comunità Rom, così spesso al
centro della cronaca di quotidiani e telegiornali.
Tabloid 3 / 2011
Le iniziative
dell’Ordine
borse di studio e corsi di aggiornamento
Divulgatori scientifici
Milano in prima fila
L’OdG lombardo ha messo a disposizione 6 assegni da 800 euro ciascuno per seguire
il Congresso mondiale dei giornalisti scientifici in Qatar. Un’opportunità irripetibile per i
colleghi specializzati nel settore. Patrocinato anche un seminario sui motori di ricerca
Fornire un’informazione corretta
sulle tematiche che riguardano salute, medicina, scienza e ambiente
è un compito sempre più delicato e
importante. La richiesta in continuo
aumento di informazioni su questi
argomenti moltiplica anche l’offerta
di notizie che però spesso sono superficiali o addirittura fuorvianti. La
formazione di giornalisti adeguatamente preparati per affrontare questi
temi è quindi un obiettivo prioritario,
con importanti implicazioni etiche e
deontologiche.
L’Odg della Lombardia, in collaborazione con le associazioni professionali dei giornalisti di questo settore
patrocina e sostiene le attività che
mirano alla formazione di divulgatori scientifici sempre più preparati
e responsabili. Tra le ultime iniziative messe in campo sono da segnalare le sei borse di studio (del
valore di 800 euro l’una) messe a
disposizione dall’Odg lombardo per
Tabloid 3 / 2011
la partecipazione al Congresso mondiale dei giornalisti scientifici (World
Federation of Science Journalists) in
programma dal 26 al 30 giugno 2011
a Doha (Qatar). Un’opportunità che è
stata offerta a chi scrive regolamente
di scienza, tecnologia, salute, ambiente, con una corsia preferenziale
per i più giovani.
L’Odg lombardo, inoltre, ha patrocinato il 1° Corso nazionale di aggiornamento sui motori di ricerca e
gli strumenti di Google, organizzato
a Milano, sabato 18 giugno 2011,
dall’Unamsi (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione), in
collaborazione con Tsw Strategies
di Treviso.
Un seminario formativo per conoscere a fondo i meccanismi di Google e dei motori di ricerca, strumenti
di lavoro quotidiano per i giornalisti,
che vanno affrontati con particolare
capacità critica da parte di chi fa divulgazione scientifica.
Freelance 2.0
Digital video
web e mobile
Si rinnova
l’appuntamento
con i corsi di
Freelance 2.0,
organizzati
dall’Ordine dei
Giornalisti della Lombardia
e coordinati dal giornalista
pubblicista Daniele Cerra, che
ripropone anche il corso “Digital
video Web e Mobile”, in cui
saranno fornite le informazioni
essenziali per i giornalisti che
vogliono utilizzare gli strumenti
digitali per registrare video,
pubblicarli, lavorarli e trasmetterli.
Le prossime date sono le
seguenti: il corso base Freelance
2.0 iniziato a fine maggio
proseguirà venerdì 17 e venerdì
24 giugno, venerdì 1 luglio. I corsi
Video 2.0 sono in programma per
sabato 4 e sabato 11 giugno. I
corsi si svolgono dalle ore 9 alle
ore 18 full immersion presso il
Pime, in via Mosè Bianchi 94 a
Milano (linea MM rossa, fermata
Lotto). I corsi, a numero chiuso
di 20 partecipanti, come sempre
sono gratuiti per i disoccupati e
gli inoccupati e costano invece
30 euro per tutti gli altri che
desiderano frequentarli.
25
Le iniziative
dell’Ordine
la cronaca del convegno organizzato al villaggio barona il 28 aprile
Politica, cronaca, sport
e il sociale dove lo metto?
Un “tesoretto di notizie” che (non) riempie i giornali. Eppure nel Terzo settore operano più
di 12.500 associazioni e ai colleghi che seguono eventi e fatti quotidiani legati al no profit
vengono richieste specializzazione e competenza, come negli altri settori del giornalismo
di Eleonora Brianzoli*
«Occuparsi di sociale non significa
parlare delle sfighe (sfortune) del
mondo». Una frase che di sicuro raccoglierebbe il consenso di tutti i relatori intervenuti alla quinta edizione
del seminario milanese promosso da
Redattore Sociale a Milano lo scorso 28 aprile, con il contributo delle
Scuole di Giornalismo e dell’Ordine
dei giornalisti della Lombardia. A pronunciarla, non a caso, è Elena Paralisiti, direttrice della rivista «Terre di
Mezzo». Un esempio di professionalità e competenza nel campo del giornalismo sociale. Due caratteristiche
che sembrano essere sottovalutate
quando si scrive di notizie legate al
mondo del sociale. Le redazioni, ma
soprattutto i lettori, pretendono che
chi si occupa di economia, di politica
o di sport abbia un’esperienza specifica, che lo metta in grado non solo
di fornire una cronaca puntuale e veritiera dei fatti ma anche di analizzarli
e proporre una chiave di lettura degli
avvenimenti. Tutto questo pare non
essere richiesto quando si tratta di
temi sociali. La rilevanza data a queste notizie, in termini sia di approfondimento sia di spazio, è largamente
inferiore all’incidenza che hanno sulla
vita dei cittadini. Lo dimostrano gli
articoli raccolti e presentati da Parasiliti e Franco Bomprezzi, giornalista e blogger: una vera galleria di
errori e leggerezze che copre tutto
l’arco della stampa locale, nazionale, quotidiana o periodica. Il primo
26
errore si riscontra nella raccolta delle
informazioni e nella verifica dei fatti.
Troppo spesso ci si accontenta delle prime fonti a disposizione, senza
cercare ulteriori conferme o smentite. A volte, negli esempi esaminati,
il cronista non si era neppure spinto
a parlare direttamente con i protagonisti delle vicende riportate. Altra
pecca spesso riscontrata negli articoli che trattano temi sociali è l’uso
a sproposito di termini e definizioni.
Parasiliti e Bomprezzi evidenziano
come questa disinvoltura nell’utilizzo
delle parole porti a divulgare notizie
scorrette e, soprattutto, a banalizzare. “Occorre stare in mezzo alla realtà
e raccontarla – ha detto don Virginio
Colmegna, direttore della Casa della Carità intervenuto alla quinta edizione di Redattore sociale a Milano
- Dire che ci sono 25 mila rom che
girano a Milano fa paura. Il problema
è che a volte si punta a scatenare i
sentimenti del pubblico piuttosto che
verificare le notizie. Il primo dato che
vorrei sottolineare è che sul sociale
non si improvvisa: esiste tutto un
patrimonio di storie che va regalato alla riflessione, non all’emozione,
bisogna riuscire a scavare la notizia
e a restituirla al pubblico nella sua
complessità. citando tre esempi di
notizie che i media avrebbero potuto
valorizzare. La prima, la storia di un
rifugiato del Mali ospitato nella Casa
Tabloid 3 / 2011
Le iniziative
dell’Ordine
•Nella pagina a fianco, da sinistra:
Giorgio Paolucci, Ugo Savoia, Walter
Passerini, Alessandra Scaglioni e,
(in basso) don Virginio Colmegna,
intervenuto al seminario sul “Tesoretto
delle notizie” di Redattore sociale
(Foto Rosy Battaglia).
della Carità, per la legge italiana un
clandestino, che dopo aver ottenuto
un lavoro e il permesso di soggiorno
si è reso protagonista di un’azione di
solidarietà concreta nei confronti di
due tunisini che viaggiavano in treno con lui, pagando loro il biglietto
da Napoli a Milano. La seconda, la
forte alleanza stretta tra gli abitanti
del quartiere dove sorge il campo
rom di via Triboniano a Milano e gli
operatori della Casa della carità che
lavorano per l’integrazione dei rom:
“Il frutto di un’azione di relazione, conoscenza e cambiamento avvenuto
attraverso lo ‘stare in mezzo’ alle situazioni”, ha sottolineato Colmegna.
La terza, le lezioni che ogni sabato il
Conservatorio di Milano impartisce a
27 bimbi rom”. Per questo, reperire
informazioni richiede spesso molto
tempo e una rete di contatti che è
possibile costruire solo dopo alcuni
anni di esperienza diretta. In molti
casi ci si limita così a raccontare solo
vicende particolari elevate al rango
di paradigmi di un’intera categoria,
con il rischio di scadere nello stereotipo. Dove non arriva il giornalismo
arriva l’arte. Al termine del seminario i partecipanti sono stati invitati a
partecipare alle prove generali dello
spettacolo «Report dalla città fragile»
di Gigi Gherzi. Una raccolta di personaggi, storie e vite (vedi box) per raccontare la città, alimentata ogni sera
dalle esperienze degli spettatori.
*Praticante Master in Giornalismo
Scuola “Walter Tobagi”, Università
degli Studi di Milano
Quando i disagi diventano arte
Attori-cronisti, il report dalle città fragili
I capelli bianchi ricci spiccano sugli abiti neri da teatrante.
Gigi Gherzi accoglie gli spettatori con un sorriso quasi
timido, dà a ognuno una matita e chiede di collaborare
alla scrittura del suo «Report dalla città fragile».
Un’inchiesta sociale che, dal 3 al 29 maggio negli spazi
dell’ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano, ha
srotolato davanti al pubblico una nuova mappa della
città. Composta dalle storie degli abitanti, dei personaggi
incontrati e dalle installazioni artistiche del regista Pietro
Floridia. Simboli dei luoghi e delle emozioni della città
«normale». Quella che non compare nelle colonne
dei giornali o nei servizi dei Tg. Una panchina, i mezzi
pubblici, le piazze. Ma anche gli arrampicatori sociali,
gli «sbagliati», i “nerd”. Maschere di una metropoli che
scopre la propria fragilità. Etichette appiccicate nelle
pagine di magazine e quotidiani, e quasi mai indagate
fino in fondo. All’attore, allora, il compito di riflettere
e dare dignità alle storie «normali» di tutti i giorni. Al
pubblico quello di dialogare, ogni sera, con le parole di
Gherzi. Che, nelle vesti dell’attore-cronista, ha raccolto,
attraverso le interviste per le strade e tra i muri dell’ex
ospedale psichiatrico Paolo Pini, le vite dei personaggi
della «città fragile». Custodite nei cassetti del grande
armadio di legno che fa da sfondo allo spazio scenico.
Tabloid 3 / 2011
C’è la storia del manager di una grande multinazionale
di semiconduttori, che deve fare i conti con il calvario del
tumore. E quella della giovane laureata, che ha smesso di
uscire, vedere i suoi amici e prendersi cura della propria
casa, perché troppo occupata dal suo nuovo lavoro in
un’agenzia di pubblicità.
Cade la «giusta distanza» tra lo spettacolo e la platea. E
il report, un progetto del «teatro dello spettatore», non è
altro che un dono reciproco di parole tra l’attore e il suo
pubblico. Che cammina nei vicoli creati dalla scenografia,
per disegnare ogni sera una nuova mappa fatta di storie
e incontri personali. Due ore di vita, relazioni e incontri,
in una comunità provvisoria che si forma attorno allo
spazio scenico. Storie contemporanee raccontate
nella dimensione antica del teatro, dove gli individui
si interrogano e traggono godimento dal riconoscersi
nella rappresentazione. E per sei serate, alla fine dello
spettacolo, è previsto anche il dibattito con psicologi,
sociologi, scrittori e giornalisti, che nella loro esperienza
lavorativa si sono imbattuti nelle realtà e nelle atmosfere
fragili delle città.
Lidia Baratta
Praticante del Master in Giornalismo, Scuola “Walter
Tobagi”, Università degli Studi di Milano
27
Le iniziative
dell’Ordine
uno studio sulla distorsione mediatica della tv
Nel 2010 il Tg1 ha dedicato mille notizie a fatti criminosi,
il doppio del Tg spagnolo, il triplo di quello inglese, quattro
volte quello francese. Un reality show che genera angoscia
di Erika Crispo*
Le notizie dedicate dai mass media
a fatti criminali sono forse di più dei
crimini stessi. “Ci troviamo di fronte a una vera e propria distorsione
mediatica” è la tesi delle due giornaliste Susanna Ripamonti, direttore
di CarteBollate e di Assunta Sarlo,
caporedattore del mensile E.
Nel 2010 il Tg1 ha dedicato 1.000
notizie a fatti criminali, il doppio del
Tg pubblico spagnolo, il triplo di
quello inglese, quattro volte quello
francese e 18 volte l’Ard, il Tg pubblico tedesco.
I mezzi di comunicazione di massa
sono strumenti potentissimi che contribuiscono in maniera determinante
alla costruzione dell’immaginario collettivo, influenzano e informano l’opinione pubblica. Per questo dovrebbero essere il più trasparenti e obiettivi
possibile, trasmettendo le informazioni
con la giusta cautela senza creare eccessivi allarmismi.
Purtroppo ciò non accade, specialmente per quanto riguarda la rappresentazione della criminalità da parte
dei media. Negli ultimi 4 mesi i telegiornali in prima serata (in controtendenza Tg3 e Tg La7) hanno dedicato
circa 1.200 servizi al caso Scazzi e alla
scomparsa di Yara.
Abbiamo assistito alla trasformazione
della criminalità in reality show, l’informazione televisiva si è spostata
dalla criminalità comune alla spettacolarizzazione del caso eccezionale
(o reso tale). Come scrive il politolo-
28
go Ilvo Diamanti nel IV rapporto della
rappresentazione sociale e mediatica
della sicurezza “c’è il sospetto (...) che
il tema della criminalità venga popolarizzato, trattato come argomento di
vita quotidiana e sceneggiato (quasi
estetizzato) per bilanciare la spinta
emotiva prodotta dalle preoccupazioni
economiche e dalla paura suscitata
dalla disoccupazione. Il crimine come reality usato come un antidoto,
un tema alternativo a cui appassionarsi. Perché ritenuto maggiormente
notiziabile e in grado di tenere alta
l’audience”.
Ilvo Diamanti ha indagato l’effetto che
fa questo tipo di informazione sulle
paure della gente. Sei italiani su 10
percepiscono come questione urgente da affrontare i problemi economici,
mentre solo il 5% indica la criminalità
come emergenza primaria.
Le preoccupazioni e le insicurezze sono dettate da altri problemi e fattori
come la salute, il futuro dei figli e la crisi
economica. Si può dunque a tutti gli
effetti parlare di una distorsione dell’informazione visto che i delitti sono addirittura in calo. La criminalità è seguita
dai media televisivi in modo “seriale”
occupando uno spazio ricorrente e
ripetuto ogni sera, che la trasforma in
una specie di rubrica “fissa”.
A questo proposito giocano un ruolo
molto importante le trasmissioni pomeridiane che coniugano intrattenimento e informazione e hanno sempre più peso nel determinare questa
FotoMascheroni
La passione
criminale dei Tg
situazione d’insicurezza, di paura, la
cosiddetta “angoscia sociale”.
I ricercatori sottolineano poi che alcune categorie sociali sono statisticamente più dipendenti dalla televisione
e più sensibili al tema. Tra questi: anziani, casalinghe, residenti nelle regioni
meridionali, ma soprattutto coloro che
per varie ragioni (solitudine, ignoranza, povertà) hanno meno strumenti
per decodificare queste notizie. Infatti
come ha scritto il sociologo Enrico Pugliese “i media veicolano stereotipi e
luoghi comuni che hanno presa tra il
pubblico proprio perché ne confermano la visione del mondo”.
Per cui l’equazione immigrati uguale
criminali è fin troppo semplice. Non è
un caso se il 31% degli italiani percepisce gli stranieri come un pericolo per la
sicurezza delle persone e il 30% li vede
come una minaccia per l’occupazione. Eppure se poniamo a confronto i
tassi di criminalità di italiani e stranieri
vediamo che sono molto simili: tra i 18
e i 44 anni la criminalità degli italiani
è dell’1,5%, mentre per gli stranieri è
dell’1,89%, tra i 45 e i 64 anni sono
rispettivamente dello 0,65% e dello
0,44%; oltre i 65% anni è in entrambi
i casi dello 0,12%.
E allora si dovrebbe prendere esempio dai Paesi anglosassoni, dove negli
articoli di cronaca solitamente non si
fa riferimento alla nazionalità delle persone coinvolte.
* Allieva del Master
in giornalismo Università Iulm
Tabloid 3 / 2011
Le iniziative
dell’Ordine
una lezione speciale nel carcere di bollate
Un giorno in galera
da cronisti per caso
Due allievi del Master in giornalismo dello Iulm raccontano
per New Tabloid e CarteBollate il corso su “Media e
carcere”, organizzato dall’Odg Lombardia, dietro le sbarre
di Linda Irico e Ignazio Stagno*
Ci sono alcune cose che non si
possono portare dentro un carcere:
cellulari, chiavette Usb, macchine
fotografiche. Se il carcere è quello
di Bollate, la prima cosa da lasciar
fuori sono i pregiudizi. L’immagine
del ‘Grand Hotel Bollate’ svanisce
appena si varcano le porte che dividono le due realtà: buoni e cattivi,
retti e deviati. Le testimonianze non
rendono giustizia dell’emozione che
dà il primo colpo d’occhio: possenti
sbarre attraversano finestre incorniciate di colori, ambienti tappezzati
di disegni combattono il grigio di
pareti erette per dividere e non per
proteggere. Eccoci, con i detenuti,
occhi negli occhi, a parlare di ciò che
unisce due redazioni così diverse.
Cosa c’eravamo persi prima di arrivare qui! Il detenuto non è un caso di
cronaca giudiziaria, dietro ogni nome
c’è una storia e dietro ogni storia un
individuo unico. Le statistiche sono
marginali, sono le vicende personali
a emergere. La folle paura di Lella
di perdere il permesso per un treno
in ritardo, per una fila troppo lunga,
per la pioggia, per il traffico. Problemi
che per noi sono solo scocciature,
per lei rischiano di rovinare un percorso che è il punto di svolta per il
reinserimento nella società. Si parla
di giornalismo con i detenuti. “La
pena non deve trasformarsi in una
vendetta attraverso le campagne
di (dis)informazione sulla stampa”,
spiega Enrico. Quando leggiamo una
Tabloid 3 / 2011
FotoMas
cheroni
condanna non ci pensiamo: 15, 20,
30 anni fanno rumore, ma sono sterili
numeri stampati su carta. In carcere
la percezione cambia: s’intravedono
i giorni moltiplicati per le ore in cui un
essere umano sarà confinato in una
vita che non è la sua. Passeggiamo
nei corridoi in attesa del pranzo. Per
quanto i libri accumulati sugli scaffali
della biblioteca e le stampa del circolo filatelico diano senso di normalità
a quelle stanze, girando lo sguardo
torna la cruda realtà: le tendine dai
colori pastello non nascondono le
sbarre. Gli orologi, quelli che ogni
dieci passi incontriamo sul nostro
cammino, segnano l’ora giusta solo
due volte al giorno e mai nello stesso
momento. Lo scorrere del tempo non
è quello che conosciamo. Pranziamo
insieme mangiando una pizza “a chilometro zero”, fatta qui nelle cucine
della Coop Abc, dove altri detenuti
possono imparare un mestiere che,
fuori, potrà dar loro l’opportunità che
mancava. Chiacchieriamo, c’imbattiamo nelle loro storie, impariamo a
conoscerli. Ma siamo sempre lì, tra
sbarre e porte blindate. Con i detenuti e alcune poliziotte andiamo a
vedere dove si lavora. Visitiamo la
serra. Di questa si occupano sei detenuti. Passeggiando lungo il viale ci
fermiamo a guardare alcuni detenuti
che si prendono cura di sette cavalli e
delle stalle (foto). C’è anche la squadra Cr Bollate che gioca a calcio in
terza categoria. Il loro tecnico ci rac-
conta degli insulti che i suoi uomini,
detenuti, devono subìre durante la
partite “Loro non reagiscono - spiega
- ma è difficile giocare su campi dove
non c’è rispetto”. I detenuti devono
mantenere una condotta corretta.
Una squalifica significa stare in cella
anche la domenica. Poi c’è la sala call
center , c’è un cordinatore in giacca e
cravatta che dirige il lavoro. Sembra
di essere davvero nella sede di una
società telefonica: pc e detenuti con
le cuffie seduti davanti allo schermo.
Guadagnano secondo il contratto
nazionale. Dall’altro lato del corridoio
c’è un grande salone dove i detenuti
in camice bianco, riparano i cellulari
guasti. Qualche passo in là e siamo
al centro di un palcoscenico: è il teatro, un altro dei fiori all’occhiello del
carcere di Bollate. Poi andiamo in
sartoria: macchine da cucire, tavoli
da disegno e donne che lavorano. Il
saluto è forse il momento più difficile.
Qui finisce la loro libertà e ricomincia
la nostra normalità. Oltre la porta, il
piazzale, le nostre auto, le voci dei
passanti. Noi fuori, loro dentro. Siamo un po’ spaesati. La confusione
del metrò ci riporta all’assenza di
disciplina. La metropolitana è quella
di ogni giorno, quella della Milano
che torna a casa, dopo il lavoro. Ma
noi siamo un po’ diversi. Siamo stati
in carcere per un giorno. La nostra
riflessione continuerà a lungo.
* Allievi del Master
in giornalismo Università Iulm
29
L’angolo
della legge
il giudice potrà imporre penali a chi fa richieste danni facili e milionarie
Cause civili pretestuose
I cronisti rialzano la testa
Possibili sanzioni in arrivo contro chi abusa del diritto di difendersi da presunte notizie
lesive. Se il giudice accerterà che le motivazioni addotte per chiedere i danni a un
giornalista sono insussistenti, false o esagerate, il richiedente sarà chiamato a pagare
di Mario Consani*
Il giudice Roberto Bichi, presidente della prima sezione del Tribunale di Milano, quella che si occupa di cause civili per
diffamazione, intervenendo in un convegno, ha detto che è maturato in seno alla magistratura milanese l’orientamento
di sanzionare chi intenta cause civili pretestuose applicando una recente norma di carattere innovativo inserita nel 2009
del Codice di procedura civile. Essa consente al giudice di infliggere d’ufficio una sanzione pecuniaria qualora il giudizio
accerti che le motivazioni erano insussistenti, false o esagerate. Ecco l’intervista al giudice Roberto Bichi
Dottor Bichi, sembra meno facile intentare cause milionarie per
danni ai giornalisti. Chi lo fa pretestuosamente - lei ha osservato
- ora può rischiare una sanzione
pecuniaria.
In effetti la modifica dell’art. 96 c.p.c.
( responsabilità aggravata per lite temeraria) introduce nuove possibilità, in
quanto sanziona più efficacemente, rispetto al passato, l’”abuso del processo”, riguardo ad iniziative processuali
strumentali, poste in essere con dolosi
scopi intimidatori. Tra l’altro, nella più
recente interpretazione della Cassazione per poter ipotizzare un diritto
risarcitorio a carico di chi ha avviato
l’azione di responsabilità per “lite temeraria”, in caso di mala fede, può
forse prescindersi dalla totale soccombenza. In pratica, nella anteriore
giursprudenza nessuna sanzione era
possibile quando vi fosse stato l’accoglimento della domanda risarcitoria,
anche se in misura estremamente ridotta rispetto a quanto richiesto.
Bastava che l’ “offeso” ottenesse
un risarcimento di mille (magari
dopo aver chiesto un milione) e la
questione finiva lì. Ora invece?
Questo approccio può essere rivisto
30
sulla base di spunti e approfondimenti che offre la più recente Cassazione.
Dagli orientamenti della Suprema
Corte sembra ricavarsi che l’abuso
nella richiesta risarcitoria, anche se
vi è un parziale riconoscimento,
può essere conseguenza di responsabilità, in caso di dolo e mala fede:
principi che appaiono di particolare
rilievo in caso di richieste risarcitorie
abnormi, avanzate con consapevole
intento intimidatorio nei confronti del
convenuto, ad esempio, appunto, un
giornalista che ha fatto un’inchiesta
particolarmente sgradita.
In pratica, anche se il giornalista
viene condannato a risarcire una
piccola somma, si sancisce che
era pretestuoso avergli chiesto
danni per mille volte tanto. Ma in
quali casi?
Come detto, sempre nel caso in cui
l’attore agisca con mala fede o colpa
grave.
Inoltre va notato che fino all’introduzione del terzo comma dell’art. 96 del
codice di procedura civile, l’intepretazione univoca riteneva che la somma liquidata per risarcimento da lite
temeraria avesse natura riparatoria di
un pregiudizio effettivamente sofferto
e non sanzionatoria o afflittiva.
Vuol dire che il giornalista doveva
comunque provare di aver sofferto
un danno effettivo per quella richiesta milionaria ricevuta e poi
finita nel nulla o quasi? Una prova
non facile...
E’ così. Ma non c’è dubbio, invece,
che già il solo doversi difendere in un
giudizio civile, affrontandone i costi di
difesa non indifferenti e i disagi legati
alla durata del procedimento e all’incertezza sulla conclusione, costituisca
un obiettivo pregiudizio di fatto.
In che senso?
Se l’azione da cui ci si deve difendere è strumentale, per ciò solo essa
può influire sulle scelte e le condotte
professionali del giornalista.
A seguito della modifica dell’art. 96
c.p.c. è reperibile nell’ordinamento
una misura di contrasto particolarmente efficace, in quanto è introdotto
un risarcimento-sanzione , misura più
idonea per scoraggiare effettivamente
una lite essenzialmente temeraria.
Al giornalista ora non è più richiesta la prova di aver subito
un danno perché possa scattare
la sanzione contro chi lo voleva
solo intimidire. E’ così?
Tabloid 3 / 2011
L’angolo
della legge
La norma ha carattere generale, ma
in effetti si presta particolarmente
all’applicazione nei casi cui lei fa riferimento.
Dopo la recente modifica dell’art. 96
del codice, il nuovo istituto è qualificato dalla giurisprudenza che ha
avuto modo di affrontare il problema in termini di “sanzione di natura
pubblicistica” che mira a punire il
comportamento processuale della
parte, in relazione anche al principio
costituzionale della durata del giusto
processo, che comporta un divieto
dell’abuso di tale strumento. ».
A quanto può ammontare questa
sanzione?
Il legislatore non lo ha stabilito. La
misura è rimessa ad una valutazione
equitativa del giudice. Noi giudici della prima sezione del tribunale civile ci
siamo riuniti per discuterne e, orientativamente, si è ritenuto di applicare
il risarcimento sanzionatorio fino a
una somma comunque non superiore
ad un terzo del risarcimento che era
stato chiesto .Per altro l’esame della
questione è solo all’inzio e bisogna
vedere il complessivo orientamento della giurisprudenza che, via via,
maturerà.
Resta il problema delle querele
spesso pretestuose che i giornalisti devono subire. A suo parere di
tecnico del diritto, è immaginabile
una soluzione “punitiva” per scoraggiare anche chi insiste pretestuosamente sul fronte penale?
Direi che non sembrano riscontrarsi,
per quanto concerne l’ambito penale,
novità particolari, che possono derivare solo da interventi legislativi.
*Consigliere OdG Lombardia
Dal Consiglio dell’Ordine della Lombardia
I procedimenti disciplinari
Qui di seguito diamo conto, come
sempre, del lavoro del Consiglio
per quanto riguarda i procedimenti
disciplinari esaminati negli ultimi
due mesi.
esposti esaminati : 65
esposti trasferiti
ad altro Ordine : 7
archiviazioni: 21
assoluzione: 1
Hanno subito:
Avvertimento: Davide Mattellini,
per violazione artt. 2 e 48 legge
professionale e art. 7 Codice
deontologico sul trattamento dei
dati personali e della Carta di
Treviso.
Avvertimento orale: Annibale
Carenzo per violazione privacy.
Tabloid 3 / 2011
procedimenti
disciplinari aperti: 7
procedimenti
disciplinari sospesi: 27
Sanzionati: 2
31
L’angolo
della legge
la testimonianza del cronista giudiziario de la stampa
Io, querelato da Gelli
Previti, Bossi e Craxi
Le denunce dei potenti e le richieste milionarie di risarcimento sono spesso
intimidatorie. E le pressioni sono sempre di più. “All’estero il giornalismo
investigativo e giudiziario viene visto con rispetto, qui siamo considerati forcaioli”
di Paolo Colonnello*
A dirla tutta, Silvio Berlusconi mi fa
un baffo. Altro che perseguitato dalla
giustizia per 24 processi (che poi sono meno) subiti in 20 anni di politica.
In 25 anni di cronaca giudiziaria io
di processi, intendo come imputato,
ne ho dovuti affrontare almeno altrettanti e forse di più. Tutti, o quasi,
vinti senza nemmeno farmi votare
una leggina in Parlamento. Tutti, o
quasi, assai speciosi. Tutti firmati
da fior di personaggi della politica e
dell’imprenditoria. Tutti prodromici a
un unico obiettivo: l’intimidazione, il
condizionamento.
Nonostante consideri ormai le richieste di risarcimento come incidenti
di percorso cui mi sono in un certo
senso abituato, la sensazione di disagio, per non dire di spavento, rimane
sempre fortissima. Non è mai piacevole ricevere la solita busta piena di
timbri e di intimazioni con la quale si
viene descritti come criminali della
tastiera, faziosi e dissennati, intenti
ad imbastire chissà quale complotto
ai danni di specchiate società o personaggi di grande onorabilità.
Ma quale proporzione può esistere,
ad esempio, tra una richiesta danni
“fino” a due milioni e mezzo di euro
(la cifra non è inventata) e un articolo scritto a piè di pagina per una
sentenza definitiva ma non ancora
motivata? Quale danno enorme può
mai subire una società che, pur quotata in Borsa, chiede che tu e la tua
famiglia finiate sulla strada per un
32
articolo comparso sul tuo giornale
magari un anno prima e di cui nessuno, se non qualche solerte e interessato ufficio legale, ricorda nemmeno
il contenuto? E soprattutto: come è
possibile che una volta stabilita la
pretestuosità della causa, con vittoria del giornalista, chi per mesi se
non anni, ti ha tenuto sulla corda di
una richiesta danni stratosferica non
debba per nulla rispondere di questo vulnus evidente della libertà di
stampa?
Devo dire che non mi sono fatto
mancare nulla: da Licio Gelli (che mi
querelò nel lontano 1987 chiedendomi un risarcimento di 2 miliardi di
lire) passando da Craxi, D’Alema,
Bossi, Previti, Confalonieri (cause
plurime per svariati milioni). In mezzo si sono cimentati imprenditori,
multinazionali, segretari di partiti che
nemmeno esistono più, ex sindaci,
ministri, sottosegretari, agenti segreti, giudici e avvocati. Il campionario è vasto e variegato. Ho subito
ovviamente un paio di perquisizioni,
diversi “buoni consigli” che ho inteso
come minacce, svariati interrogatori
da pm, carabinieri, poliziotti e finan-
Tabloid 3 / 2011
L’angolo
della legge
zieri, sono stato pedinato, intercettato e schedato. Comunque so di
essere in buona compagnia: non c’è
collega di giudiziaria minimamente
in vista che non abbia dovuto subire
la stessa sorte. Le richieste di solito
vanno da un minimo di 50 mila euro a
un massimo, appunto, di due milioni
e mezzo. Ma alla provvidenza di un
buon avvocato non c’è mai fine. In
fondo cosa costa chiedere il massimo per ottenere almeno un poco?
In un paio di occasioni, infatti, i legali
che mi assistevano, nonostante il mio
disappunto, hanno preferito transare.
Ma se per ogni causa vinta avessi
potuto farmi risarcire con solo il 10
per cento di quanto mi era stato chiesto, oggi sarei un uomo molto ricco.
Oppure molto meno querelato.
Le querele intimidatorie
rendono meno liberi i cronisti
Invece, attualmente, mi sento semplicemente sottoposto a costanti
pressioni che mi provocano periodicamente quella sensazione di disagio
e di spavento che coglierebbe qualsiasi persona normale sottoposta a
pressioni del genere. Rileggo i miei
articoli, ne individuo i passaggi più
difficili: e se non sono stato abbastanza chiaro? E se davvero mi è
sfuggito un particolare? Possibile che
abbia scritto tutte quelle montagne di
cazzate che mi vengono addebitate?
E se poi ho dimenticato di mettere
“secondo le accuse”? E se non ho
Tabloid 3 / 2011
aggiunto quella parolina ipocrita che
va tanto di moda, quel “presunto” con
cui uno pensa di salvarsi l’anima? E lo
sanno quei signori che mi chiedono
di ripagarli vincendo una lotteria, che
spesso si lavora di corsa, tenendo a
mente mille cose e che per quanto
uno verifichi fonti, documenti, situazioni, l’errore, sempre e comunque
involontario (a meno che non si sia
mestatori di professione) rimane invariabilmente in agguato per chi tutti
i giorni deve occuparsi degli scandali sempre più complicati di questo
Paese? Finisce che per quanto uno
ci possa fare il callo, per quanto stia
sempre attento alla propria onestà
personale e intellettuale, ogni volta
che dovrà successivamente trattare
di quel personaggio, di quell’azienda, di quell’inchiesta, avrà più paura.
Sarà meno libero, rischierà di sentirsi
condizionato. Ed è esattamente il
risultato voluto: una logica terroristica, in fondo.
Noi non ne parliamo mai, perché abbiamo già troppo da fare con i processi degli altri. Ma la vita di un cronista
giudiziario è spesso una corsa ad
ostacoli che nessuno, o pochi, riconoscono. Più si lavora, più si diventa specializzati, più si viene chiamati
a mettere mano a casi di cui quasi
nessuno si vorrebbe occupare e
lentamente si diventa “bruciati”, inevitabilmente legati a un settore del
quale molti parlano ma pochissimi
conoscono i meccanismi. Non a caso
è rarissimo che un giudiziarista possa
aspirare a carriere dirigenziali. Si può
forse diventare vagamente noti, affermati, ecco. Ma se nel resto del mondo
per il giornalismo investigativo e giudiziario c’è un certo rispetto, da noi
di solito si viene chiamati “forcaioli”.
Intanto querele e cause civili fioccano
con sempre maggiore faciliotà, con
richieste astronomiche che i nostri
stipendi, assai poco adeguati, mai
potrebbero esaudire. Si obietterà che
a pagare ci pensa l’editore. Vero. Ma
basta una scivolata, una condanna, e
la reputazione, l’unico nostro preziosissimo bene, è giocata per sempre.
Soprattutto si finisce silenziosamente
“commissariati” e meno liberi di scrivere: “Mi raccomando, fai attenzione,
che per quella vicenda ci sei già costato un patrimonio...”.
E chi tutela giovani colleghi
mandati allo sbaraglio?
Ogni professione ha i suoi rischi ma
non tutti i giornalisti sono chiamati
quotidianamente ad occuparsi di
vicende su cui si può rischiare “in
solido” e così di frequente. Per non
parlare di quei bravissimi colleghi,
giovani per lo più, mandati allo sbaraglio nei palazzi di giustizia senza
nemmeno un contratto o un’assicurazione che li possa tutelare da
eventuali “aggressioni giudiziarie”.
È la stampa, bellezza. Ma questo
era Humphrey Bogart e quella era
l’America. Qui invece siamo in Italia, dove a pagare sono sempre i più
deboli. Nessuno dice che le cause e le richieste di risarcimento non
dovrebbero esistere. Sono ben consapevole di poter fare anche grossi
danni, soprattutto alle reputazioni
di persone che alla fine potrebbero risultare innocenti. E chi si vuole
occupare di giudiziaria è giusto che
senta l’obbligo di una verifica in più
e di un’attenzione particolare a ciò
che scrive. La sensazione però, è
che ormai si sia arrivati all’abuso delle
citazioni e delle querele, usate come arma di pressione. Urgono nuove
regole, magari fissando dei contro
risarcimenti per cause palesemente
infondate o ,peggio, intimidatorie.
*inviato speciale de La Stampa
33
L’angolo
della legge
la testimonianza (controcorrente) di un cronista giudiziario di lungo corso
Io, accusato dal pool
attendo ancora giustizia
Il singolare caso dell’ex inviato del Mattino di Napoli al Palazzaccio di Milano: chiamato in
giudizio dai magistrati di Mani Pulite per un articolo pubblicato il 28 aprile 1993, condannato
in primo grado, assolto in Appello e ora in attesa della sentenza della Cassazione
di Frank Cimini*
Ospitiamo l’intervento di Frank Cimini, storico corrispondente del “Mattino” di Napoli e cronista giudiziario
da sempre fuori dal coro. La ricostruzione e l’interpretazione degli episodi
dell’inchiesta Mani pulite appartengono, naturalmente, a lui.
“Latitante ripassi domani”. Era il titolo
di un articolo a mia firma apparso su
Il Mattino di Napoli del 28 aprile del
1993 dove si parlava dell’accordo
tra il mitico pool di “Mani pulite” e
gli avvocati della Fiat, concretizzato
nell’ufficio del capo della procura di
Milano, Francesco Saverio Borrelli.
In quell’ufficio venne deciso non solo di non procedere a una richiesta
di custodia cautelare in carcere nei
confronti di Cesare Romiti (il quale
aveva fatto avere a Tonino Di Pietro
un memoriale con l’elenco della mazzette pagate pieno di “lacune”), ma
anche di non approfondire le indagini. A fianco del mio pezzo c’era un
commento del direttore del Mattino
Pasquale Nonno, dove si sosteneva
che i grandi imprenditori italiani prima
si mettono d’accordo con i politici per
fare i soldi e poi con i giudici per non
andare in galera. Ecco, sono passati 18 anni e il fantasma di quell’inchiostro mi insegue ancora. Perché
il pool intentò una causa civile che
si è rivelata infinita, tranne che per
le pretese di Di Pietro, con il quale
Francesco Gaetano Caltagirone, su-
34
bentrato come editore del quotidiano
di via Chiatamone, decise di transare
versando una cinquantina di milioni di
lire, riferiti anche ad articoli scritti da
altri. Il pool chiedeva per il mio pezzo
circa 400 milioni di lire. In primo grado
ebbe ragione, ma in secondo no. La
Corte d’appello stabilì che magistrati
diversi da Di Pietro non avevano titolo per chiedere risarcimenti. Attendo
ancora la Cassazione, che chissà se
arriverà prima che io vada in pensione.Quello dei magistrati che quando
sono oggetto di critiche si rivolgono
ai loro colleghi per ottenere risarcimenti è un problema che non è mai
stato affrontato seriamente. Io fui il
primo giornalista al mondo a essere
citato a giudizio dal mitico “pool”, e
quelli furono tempi veramente duri
•Il Palazzo di Giustizia di Milano,
al centro dell’attenzione mediatica
durante gli anni di Mani Pulite e,
sopra, la testata del Mattino di Napoli
per il quale scriveva Frank Cimini.
perché all’epoca anche i giornali e
i telegiornali di Berlusconi facevano
da megafono alla finta rivoluzione di
Mani pulite (cambiarono idea, diciamo così, solo dopo il famoso avviso
di garanzia nei confronti di Berlusconi
a Napoli, comunicato via Corsera il 21
novembre del 1994). I magistrati del
pool, per dirla con un eufemismo,
godevano di ottima stampa. E per
un motivo molto semplice: gli editori
dei giornali erano tutti imprenditori
sotto schiaffo, graziati poi proprio per
Tabloid 3 / 2011
L’angolo
della legge
l’appoggio mediatico all’inchiesta che
si proponeva di “rivoltare l’Italia come
un calzino”. Non fu solo la Fiat ad
avere un trattamento di favore. Carlo
De Benedetti, infatti, aveva imitato
Romiti ammettendo solo una parte
delle tangenti pagate. Una storia sulla quale non si farà mai luce fino in
fondo perché nessuno di quelli che
contano ha interesse a farlo. Non
solo dai magistrati ho subito tentativi di intimidazione attraverso cause pretestuose. L’avvocato Geppino
Lucibello, amico di Tonino Di Pietro e
difensore di molti imputati eccellenti di
Mani pulite, mi accusò di aver coordinato una lunga campagna di stampa
ai suoi danni facendogli perdere clienti
e impedendogli di acquisirne di nuovi. A distanza di anni una sentenza
stabilì che non lo avevo diffamato e
Lucibello dovette accontentarsi solo
di poche migliaia di euro per un articolo (non scritto da me) apparso sulla
“Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari.
Mani pulite fu una “religione” alla quale era molto difficile opporsi, sia per la
condizione di paura in cui si trovavano
gli imprenditori-editori, sia perché i
cronisti le notizie le prendevano allora
(e le prendono anche oggi) al 90 per
cento dalle procure, che poi ricambiano appoggiandone in modo entusiastico le tesi accusatorie oppure non
scrivendo nulla se le cose si mettono
male. Nell’inchiesta su Tangentopoli
c’erano fughe di notizie tutti i giorni,
ma il procuratore capo prese posizione per la prima volta sul tema quando
uscirono particolari dell’indagine su un
troncone di tangenti al Pci-Pds. La circolare interna all’ufficio finì anch’essa
sui giornali e... si salvi chi può. Aprivano fascicoli solo quando uscivano
notizie sgradite, e così fanno ancora
oggi. Io fui interrogato dal procuratore
aggiunto Gerardo D’Ambrosio sulla
fuga di notizie relativa alla richiesta
d’arresto per Marcello Dell’Utri. Misi
a verbale che pochi giorni prima la
richiesta di arresto per un banchiere
era finita prima in una redazione di
giornale e poi al giudice che l’avrebbe
dovuta valutare. “Ah sì? Ne parlo con
Borrelli e indaghiamo”. Ovviamente
non successe nulla.
*ex caposervizio de Il Mattino
Tabloid 3 / 2011
Cause civili: cosa dice la legge
Meno facili le citazioni per danni
La piccola rivincita dei giornalisti
Non è una norma pensata per difendere i giornalisti vessati, quando
mai!, ma potrebbe tornare utile per prendersi una rivincita contro chi
usa le citazioni per danni come oggetti contundenti, o meglio, come
intimidazioni. La modifica all’articolo 96 del codice di procedura civile
– di questo parliamo – è stata approvata due anni fa all’interno del
cosidetto decreto competitività. La logica è di solare chiarezza: se la
giustizia civile in Italia è un malato terminale, con 5 milioni di fascicoli
pendenti – che tra l’altro mettono in fuga imprenditori e investitori
stranieri – bisogna punire chi “abusa” del processo inventandosi cause
inesistenti e impegnando per motivi poco nobili cancellerie e tribunali.
Guarda caso proprio come chi, infastidito dalle notizie, soprattutto se
vere, incarica l’avvocato di sparare cannonate contro il giornalista,
dribblando la giustizia penale e innestando subito la quinta del
risarcimento milionario in sede civile. “Tanto, male che vada, qualcosa
si ottiene”, è la frase di rito, soprattutto perché si “convincono”
aziende e direttori ad andarci più piano con la penna. Fino al
2009 il contrattacco per giornalisti ed aziende era molto difficile:
poteva andarti bene, mediamente dopo 4/5 anni per ogni grado di
processo, e vederti respinta la domanda di danno, ma poi ottenere
il riconoscimento della “responsabilità aggravata” per lite temeraria
della controparte diventava impresa impossibile, dovendo dimostrare
la mala fede o la colpa grave di chi ti accusava. Da due anni, invece,
il giudice (ma anche l’avvocato che resiste alla citazione intimidatoria)
può contare sull’arma della dissuasione per chi “abusa” del processo:
hai depositato una citazione fondata sul nulla, intimidatoria anche
solo per la cifra sproporzionata richiesta? Nella sentenza che accerta
l’inesistenza del diritto, o anche solo una lesione epperò minima, il
giudice può ordinare il pagamento di una somma “equitativamente
determinata” - cioè svincolata da tabelle, parametri o da altre
probatio diaboliche - a favore del giornalista ingiustamente trascinato
nell’arena processuale. Basterà una sanzione più che altro simbolica a
dissuadere poteri forti - e piccoli o grandi ras locali – dall’aggressione
premeditata alla libertà di cronaca? Probabilmente no, ma è un piccolo
passo nella direzione giusta, e vale la pena di utilizzarlo nell’interesse
proprio, della categoria e anche della giustizia. Utile ricordarsene,
soprattutto, quando si firma la procura alle liti nello studio del
proprio avvocato. Dove non è arrivato il decreto competitività a
consolare i giornalisti, invece, è nel processo penale. Qui una
norma di contrappasso per “quelli dalla querela facile” è difficile
da immaginare, perché la Costituzione riconosce a chiunque (e per
fortuna!) la possibilità di agire in giudizio per tutelare i propri diritti. A
differenza del civile, però, nell’ambito penale il vaglio di “temerarietà”
del querelante è già svolto dalla Procura della Repubblica, in una fase
(la valutazione della notitia criminis) in cui il giornalista non è neppure
coinvolto e dove generalmente si arena (per archiviazione diretta e
tombale) l’80% delle querele, senza costi né pene morali aggiuntive
per chi ha solo il torto di fare, e bene, il proprio lavoro.
Alessandro Galimberti
Segretario Unione nazionale cronisti italiani
35
L’angolo
della legge
carta di treviso / quale confine fra diritto di cronaca e privacy
Se anche il cronista
diventa carnefice
L’accorato appello dei genitori di Yara Gambirasio ripropone un tema delicato in particolare
quando si parla di delitti nei quali sono coinvolti i minori. Le indicazioni del Garante.
Cosa dice la legge. Illegittimo pubblicare notizie non indispensabili alla narrazione dei fatti
di Guido Camera*
“Se qualcuno è un essere pensante,
radicato nei propri pensieri e ricordi,
per cui sa che deve vivere con se stesso, ci saranno limiti a ciò che permetterà a se stesso di fare.”
Le meditazioni di Hannah Arendt a
proposito della relazione che esiste tra
capacità individuale di pensare e banalità del male, sono tutt’altro che fuori
luogo quando si cerca di esprimere un
giudizio su come talvolta i mass - media gestiscono l’informazione.
Il progresso della società in cui viviamo
è infatti legato (anche) al moltiplicarsi
delle tecniche di comunicazione, che
giova significativamente al processo
di democratizzazione globale ma, inevitabilmente, aumenta anche il rischio
che un fatto di cronaca si trasformi in
un male multiforme ed irrimediabile
per il protagonista della notizia/vittima
del reato.
E’ il caso della tragica vicenda che ha
travolto la famiglia di Yara Gambirasio,
che dopo avere perso una figlia adolescente senza poter ancora capire
per colpa chi e perché l’ha strappata con violenza a una vita ancora da
scoprire, subisce da tempo impotente
la continua diffusione sui mezzi di informazione di fotografie o video della
propria figlia. Maura e Fulvio Gambira-
sio, infatti, nonostante sin dallo scorso
mese di gennaio abbiano chiesto di
rispettare il silenzio stampa sul loro
dolore, sono stati costretti più volte
a ribadire che venga fermata la diffusione di immagini che, senza alcuna
ragione informativa, ritraggono la propria figlia (poco più che una bambina)
in momenti spensierati della sua vita.
Perciò, lo scorso aprile, i Gambirasio
sono stati costretti a diffondere un duro comunicato diretta ai media: “Non
capiamo e non giustifichiamo questo
continuo accanimento giornalistico
nella ricerca di fotografie o di video
L’accanimento su particolari di vita privata
non fanno parte del diritto di cronaca
36
raffiguranti Yara… Stiamo cercando di
ricostruire un nuovo equilibrio familiare
e il clima che state creando non ci sta
aiutando… Rimarchiamo la nostra volontà di non autorizzare l’emissione di
queste immagini, che ai fini investigativi non sono di alcuna utilità”. I genitori
di Yara hanno concluso il loro appello
al Grande Fratello (nel senso orwelliano dell’espressione) in modo accorato
ma molto efficace: “Vi preghiamo di
non nascondervi dietro il paravento del
diritto di cronaca, abbiate semplicemente rispetto ed umiltà per la nostra
situazione”. E’, tra l’altro, un paravento
(giustamente) fragile quello del diritto di cronaca, quando i protagonisti
della notizia sono minori. Il codice di
procedura penale, infatti, al comma 6
dell’articolo 114, espressamente vieta “la pubblicazione delle generalità
Tabloid 3 / 2011
L’angolo
della legge
•Qui a sinistra la cerimonia religiosa
durante i funerali di Yara Gambirasio
e, nella pagina a fianco, i rilievi della
polizia scientifica sul luogo del delitto.
e dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati
dal reato” nonché “la pubblicazione
di elementi che anche indirettamente
possano portare all’identificazione dei
minorenni” .
Anche le norme deontologiche della
professione giornalistica impongono
particolare rigore nell’impedire la diffusione di immagini che riguardano
minorenni coinvolti, a qualsiasi titolo,
in fatti di cronaca.
Bene ha fatto, perciò, il Garante della
privacy, a proposito del comunicato
della famiglia Gambirasio, ad intervenire per invitare i media a rispettare
l’articolo 7 comma 3 del codice deontologico relativo al trattamento dei
dati personali nell’esercizio dell’attività
giornalistica e la Carta di Treviso, che
indicano “come requisito essenziale
di legittimità per la diffusione dei dati
relativi ai minori” un giudizio sull’ “interesse oggettivo del minore”.
Il Garante ha spiegato che i mezzi di
informazione devono rispettare il “dolore di una famiglia” che, a causa del
reiterarsi della diffusione di filmati e
immagini della propria figlia vittima di
un crimine orrendo, subisce “il sicuro
effetto” di essere rinnovato senza alcuna utilità per l’opinione pubblica. Un
dolore “inutile”, quello dei genitori, che
è drammaticamente cagionato dall’
incapacità di pensare di alcuni giornalisti che, senza riflettere sul senso
e le conseguenze delle proprie azioni,
calpestano i diritti dell’individuo e mortificano la dignità dell’informazione.
Il Garante, nel recente passato, ha
spiegato che, relativamente ai dati dei
Tabloid 3 / 2011
minori, “il Codice di deontologia introduce una disciplina specifica, riconoscendo come prevalente l’esigenza
di salvaguardare la personalità dei
minori da indebite interferenze nella
loro vita privata da parte degli organi
di informazione e di comunicazione di
massa” ( 16 settembre 2010, relatore
Paissan).
Il giornalista ha quindi “l’onere di attenersi alla disciplina sopra richiamata,
impedendo che vengano diffuse, anche nel corso di interviste rilasciate
da altri soggetti, informazioni idonee
a identificare i minori” (ibidem).
Secondo le regole della deontologia
della professione giornalistica, richiamate nel provvedimento del Garante
prima citato, la diffusione di dati relativi
a minori può avvenire solo ove “il giornalista reputi, sotto la propria responsabilità, che tale scelta sia giustificata
per motivi di rilevante interesse pubblico e sia fatta nell’interesse oggettivo
del minore” (conformi le decisioni del
2 ottobre 2008 e del 5 giugno 2008:
quest’ultima, in particolare, sottolinea
l’importanza del rispetto del criterio
deontologico dell’essenzialità dell’informazione che riguarda minorenni).
L’articolo 8 della Carta di Treviso è lapidario quando afferma che nei casi
di esclusivo “interesse del minore, ad
esempio i casi di rapimento o bambini scomparsi”, quando “si ritiene
indispensabile la pubblicazione di
dati personali e la divulgazione di immagini, andranno tenuti comunque in
considerazione il parere dei genitori e
delle autorità competenti”.
La Carta dei doveri del giornalista,
peraltro, spiega che vanno “evitate
possibili strumentalizzazioni da parte
degli adulti portati a rappresentare e a
far prevalere esclusivamente il proprio
interesse”. Una recente decisione del
Consiglio dell’Ordine dei giornalisti
della Lombardia (14 gennaio 2009),
giudicando un caso analogo, ha spiegato che “se i protagonisti sono minori
vanno comunque rispettate le regole
deontologiche che garantiscono una
loro specifica tutela che non viene
meno per il solo fatto che essi non
siano più in vita…anche in caso di
particolare rilevanza di una notizia per
un determinato contesto territoriale e
sociale”. Non è quindi mai “legittima
la pubblicazione di particolari non indispensabili alla narrazione della notizia
di interesse pubblico, che non deve
essere arricchita da dati personali che
possano condurre all’identificazione
del minore deceduto, cui va garantita particolare tutela anche dopo la
morte” (ibidem). L’inutile cinismo dei
mezzi d’informazione, in casi analoghi
a quello che ha visto intervenire il Garante a tutela dei diritti fondamentali
della famiglia Gambirasio, cagiona un
male soggettivo estremo (l’impossibilità, per chi ha subito l’assassinio
di una giovane figlia, di ricostruire il
proprio equilibrio familiare lontano dai
riflettori) e nel contempo ne arreca
uno di natura oggettiva e diffusa alla
società in cui viviamo. l messaggio
che passano i media, infatti, è ben
più potente ed immediato di quello
contenuto nella legge; se l’opinione
pubblica si convince che tutto è lecito
nella rincorsa al primato dello share,
si deteriorano le fondamenta culturali
e civili della società in cui viviamo e
si annebbia la capacità di pensare
dell’individuo. E dove la “capacità di
pensare dell’individuo è assente, là
si trova potenzialmente la banalità
del male” (Federico Stella).
*avvocato
37
L’osservatorio
sull’estero
uno studio del pew internet centre americano
Pr e giornalisti
legami pericolosi
In Usa il sorpasso sulla Tv è già avvenuto tra i 18-29enni,
ora è la volta dei 30-49enni. E 2/3 degli internauti comprano
contenuti digitali. In Cina un terzo della popolazione è online
a cura di Pino Rea per Lsdi*
Sebbene molti giornalisti non vogliono ammetterlo, gli addetti alle
pubbliche relazioni spesso giocano
un ruolo chiave nel giornalismo e
in maniera crescente questa interazione avviene ormai attraverso il
canale dei media digitali, dalle email
ai social media.
Un recente Libro bianco esplora che
cosa funziona e cosa non funziona
nel modo con cui giornalisti e comunicatori si incontrano online. Ne sono
usciti risultati sorprendenti.
MyPRGenie, un sito online che si
occupa di social media, ha realizzato un sondaggio interrogando più
di 2.400 giornalisti per capire abitudini e preferenze nel loro lavoro in
campo digitale per trovare notizie,
idee, arricchire servizi e contattare
le fonti.
Il Report scaturito da questa ricerca (disponibile dopo una semplice
registrazione) è diretto soprattutto
ai professionisti delle Pr, ma – rileva
il KnightDigitalMediaCenter – offre
anche dei punti di vista interessanti
per i giornalisti.
Il 55% dei giornalisti segue su FB
o Twitter (come amici o follower) le
società di comunicazione o i loro addetti stampa e ritengono che i social
media siano "un accettabile canale
di comunicazione con le fonti e i loro
rappresentanti".
Nonostante questo la stragrande
maggioranza dei giornalisti interpellati (il 94% circa) preferisce però ricevere i comunicati stampa via mail.
Mentre solo l’1,5% dei giornalisti, secondo il sondaggio, preferisce ricevere i comunicati attraverso sistemi
di diffusione tipo PRNewswire.
Forse basandosi su questa preferenza dei giornalisti per l’ email, MyPRGenie raccomanda vivamente agli
addetti alle PR di pubblicare settimanalmente una newsletter e non di
affidarsi solo ai comunicati stampa.
Questo consente alle strutture di comunicazione di avere una audience
più ampia di quella che viene diffusa dalle notizie giornalistiche. Ma le
newsletter via mail possono anche
‘’avere un ruolo virale sui network
giornalistici. I giornalisti possono segnalare le vostre newsletter ai loro
amici e costoro possono abbonarsi’’,
spiega il Rapporto.
La cosa sorprendente è che solo la
metà dei giornalisti che hanno partecipato al sondaggio hanno detto
di considerare i link alle fonti una
Informazione & pregiudizio
S'avanza l'idea del 'tutto falso'
In un contesto di disinformazione crescente si va
diffondendo la posizione di quelli per cui “tutto
quello che ti dicono è falso”, di chi per principio
non crede mai a niente, in un pregiudizio uguale e
contrario a quello dei media dominanti. Il contesto
disinformativo è tale che stanno crescendo in
maniera preoccupante quelli che non credono mai
a niente, in un pregiudizio uguale e contrario a
quello del mainstream. L’osservazione è di Gennaro
Carotenuto in un post del suo blog. ‘’Cinque minuti
38
dopo la notizia della morte di Osama Bin Laden la
Rete era piena di persone disposte a giurare che
non fosse vero, ovviamente senza uno straccio non
dico di prova ma neanche d’indizio. Lo stesso era
già accaduto quando pochi giorni prima la Rete era
piena di persone disposte a spergiurare che Vittorio
Arrigoni fosse stato ucciso da un fantomatico
“commando sionista”. Per Carotenuto dunque ‘’si
sta diffondendo una paralizzante ideologia del ‘tutto
quello che ti dicono è falso’.”
Tabloid 3
6 / 2011
2007
L’osservatorio
sull’estero
componente essenziale dei comunicati stampa e che più della metà
dei giornalisti che hanno risposto al
sondaggio hanno ammesso - come
detto - di seguire (come follower) o
di essere ‘’amico’’ di società di comunicazione o addetti alle pubbliche relazioni su Twitter, LinkedIn o
Facebook.
Per poi scoprire che sempre la metà
dei giornalisti partecipanti si sono
lamentati di aver ricevuto dagli addetti alle pubbliche relazioni delle
note irrilevanti via social media. Non
si capisce però se sia maggiore o
minore la rilevanza delle note inviate
via email o altri canali – ma poiché
i social media sono molto interpersonali, è possibile che questa irrilevanza in questo ambiente sembri
più fastidiosa.
Un giornalista su tre condivide
i propri articoli su Facebook
La maggioranza dei giornalisti (circa
il 62%, secondo la Ricerca) usa Facebook nel proprio lavoro – anche
se solo il 36% promue e condivide
gli articoli su FB. Analogamente, il
56% dei giornalisti interpellati usa
Twitter, ma solo il 26% se ne serve per pubblicizzare i propri servizi.
Questo può voler dire che i giornalisti
sono più interessati ad usare i social media come delle fonti, oppure
che i giornalisti sono riluttanti a fare
dell’autopromozione.
I giornalisti interessati a promuovere
e a condividere il loro lavoro attraver-
Sui siti giornalistici
News su misura?
Il lettore dice no
so i social media possono seguire i
consigli che il Rapporto offre per gli
addetti alle Pr: utilizzare bookmark e
tag nei loro articoli e inserirli nei siti di
bookmarking come Delicious, Digg,
Diigo o Reddit.
“Il social bookmarking aiuta i motori
di ricerca a organizzare i contenuti
per argomento e a determinarne la
rilevanza attraverso le parole-chiave.
Si tratta di seguire i principi della folksonomy – cosa che facilita la costruzione di comunità di persone che
condividono interessi comuni.
“Il social bookmarking ti consente
anche di essere più visibile su internet. I contenuti indicizzati vengono
trovati più rapidamente dai motori di
ricerca. Tutto ciò aiuta ad avere più
link, cosa che è una parte fondamentale di ogni piano di ottimizzazione
per i motori di ricerca (Seo)’’.
* Libertà di stampa
diritto all’informazione
La sperimentazione offerta da Facebook
Tu guardi la pubblicità e io ti pago
La strategia del social engagement, il coinvolgimento attivo dell’utente
online nelle operazioni di social marketing, ha compiuto un nuovo
passo in avanti con la messa a punto di un sistema di scambio. Se
guardi la pubblicità ti pago. Tu mi dai un po’ di attenzione e io, in nome
del brand che rappresento, ti dò in cambio qualche moneta virtuale.
Scambio ineguale? In ogni caso (per ora solo negli Usa, sembra) Facebook
offrirà 1 credit (circa 10 centesimi di dollari) della sua moneta virtuale agli
utenti che visioneranno per intero un video pubblicitario pubblicato su FB.
Fino ad ora infatti la pubblicità su FB era stata proposta male e risultava
spesso nascosta e quindi poco remunerativa.
Tabloid 3 / 2011
I risultati del Rapporto del Pew
Research Center dimostrano una
certa riluttanza delle persone
di fronte alla crescente offerta
di servizi di personalizzazione
dei siti web di alcune grandi
testate giornalistiche. Secondo
Roy Greenslade (foto in basso):
"i lettori vogliono ancora
essere sorpresi’’. Nonostante
la convinzione che il mondo
digitale sia per sua natura
'attivo', determinando una
partecipazione istintiva e
convinta da parte degli utenti, la
constatazione del ruolo mediocre
dei social media sul piano del
traffico convogliato verso i siti
di informazione farebbe pensare
piuttosto a un atteggiamento
fondamentalmente passivo da
parte delle persone. Almeno per
quanto riguarda le grandi testate
giornalistiche. L’osservazione
è di Pier Luca Santoro che in
un articolo sul Rapporto sull’
informazione online pubblicato
da Pew Research Center pochi
giorni fa, cita a sostegno di
questa impressione anche la
convinzione in questo senso di
Roy Greenslade, giornalista del
Guardian ed acuto osservatore
di cose mediatiche. "C’è grande
entusiasmo fra i pionieri digitali
sull’idea di poter offrire ai
lettori un flusso di Informazione
personalizzata, ma i lettori, per
il momento, sembrano freddi di
fronte a questa possibilità’’.
39
Colleghi
sul web
start up condivisa da 70 soci e 13 giornalisti
Linkiesta
scuote le news
Ha debuttato il 31 gennaio, ma ha già fatto parlare di
sé. Per i contenuti, ma anche perché è la prima società
editoriale italiana online ad azionariato diffuso
di Maria Comotti
Già la testata, con quel sapore irriverente e veloce da linguaggio sms,
prometteva bene. Idem come sopra
per quanto riguarda la formula societaria: una start up condivisa da oltre
70 soci, ognuno dei quali non può
detenere più del 5% del capitale, tutti
elencati (www.linkiesta.it/la-societa)
nero su bianco, dalla A di Tommaso
Amirante alla V di Guido Roberto Vitale. Per non parlare della dichiarazione
d’intenti, quella del giorno di debutto
del quotidiano, 31 gennaio 2011, dove si parlava di “progetto editoriale
innovativo che crede a una squadra
giovane che lavora in un contesto
contrattuale certo”. Una frase che nel
panorama lavorativo odierno suona
come un proclama rivoluzionario. E
poi? Il direttore Jacopo Tondelli (classe 1978) e la sua squadra (9 giornalisti
a Milano e 4 a Roma, di cui 6 assunti a
tempo indeterminato, 5 collaboratori
coordinati e continuativi, 2 praticanti
con contratto annuale) non hanno deluso le aspettative. Linkiesta in pochi
mesi ha già fatto parlare di sé, per il
lavoro sul nucleare, per i “dossier di
memoria” (come ad esempio quello
in cui, dichiarazioni alla mano, si è
evidenziato quante volte il ministro
Tremonti abbia cambiato idea sul
versante economico), per la notizia
dell’ipotesi dell’opa francese su Parmalat, data con dieci giorni di anticipo
rispetto alla concorrenza. D’impatto
la home page, con la notizia d’apertura, spesso corredata da fotogallery o
infografica, a seguire news, interviste,
approfondimenti relativi alle diverse
sezioni del quotidiano. Ogni giorno
(viene caricata alle 7.20) è possibile ascoltare la rassegna stampa, un
viaggio guidato da Bruno Perini nelle
pagine dei principali quotidiani italiani, scaricabile anche come podcast.
E il meglio delle notizie, questa volta internazionali, ritorna anche nella
sezione esteri, con link agli articoli
citati sulle testate straniere. In home
page è presente anche la classifica
•Nelle foto Gin Angri: la redazione de
Linkiesta e il direttore Jacopo Tondelli
www.linkiesta.it
Sedi: Milano e Roma
40
degli articoli più letti e quella dei più
commentati (ovviamente la possibilità di lasciare il proprio pensiero, di
twittare o segnalare e condividere sui
social network è ben indicata alla fine di ogni articolo). Spazio anche ai
blog (ce ne sono già una cinquantina):
chiunque fosse interessato a proporre
il proprio può scrivere a redazione@
linkiesta.it.
La risposta dei lettori è positiva: si
è raggiunta la soglia psicologica dei
10.000 utenti unici, le pagine viste
oscillano tra le 20-25.000, per un
tempo medio di permanenza di 3-4
minuti. «Per ora - racconta il direttore
– costi e previsioni funzionano. L’investimento iniziale è stato di 1,5 milioni
di euro, e il break even è previsto al
terzo anno. Il problema dei ricavi ce lo
si pone dal sesto mese in poi.
Per ora siamo partiti con un modello pubblicitario classico, e gli inserzionisti stanno rispondendo bene,
interessati al nostro target preciso:
persone ben informate, molti under
40 che vivono perlopiù a Milano e
Roma e nelle città medio-grandi,
con un buon livello di istruzione. Per
quanto riguarda l’altro modello di ricavo, quello degli abbonamenti, al
momento ci sono dei pre-abbonati
(amici o sostenitori, con una riduzione
del 60% per under 30, insegnanti di
scuola e personale universitario e di
centri di formazione, nda). In seguito studieremo modelli che sfruttino
appieno le potenzialità del mezzo e
probabilmente in futuro qualcosa sarà
in chiaro e qualcosa no».
Tabloid 3 / 2011
Colleghi
sul web
Segnalati dalla redazione
Utile e stimolante. Per vivere e capire meglio la città di Milano. Questo
settimanale, online ogni mercoledì, offre ai lettori la possibilità di essere
aggiornati, tramite segnalazioni e recensioni, sull’offerta culturale del capoluogo
lombardo (nelle rubriche Musica, Arte, Teatro e Cinema), ma anche di riflettere e
informarsi, grazie ai numerosi contributi che caratterizzano la home page e che
riguardano temi di attualità e politica milanese. Riflessioni non solo da leggere,
ma anche da vedere, grazie alla galleria fotografica in apertura e ai video.
L’ideatore (e direttore) di questa testata è Luca Beltrami Gadola, imprenditore
edile, professore a contratto alla Bovisa, autore ogni martedì della rubrica
Controcanto su Repubblica ma, soprattutto, profondo sostenitore della necessità
di far convivere e incontrare le diverse realtà che compongono Milano. Il progetto
nasce quasi per scommessa tre anni fa, ma ben presto si arricchisce di contenuti e lettori: oggi il giornale si avvale
del contributo di circa 100 persone, di cui 15 possono definirsi collaboratori fissi. In redazione, oltre al direttore, la
coordinatrice Giulia Mattace Raso. Fino a oggi completamente autofinanziata, la testata sta aprendosi alla pubblicità.
I numeri sono interessanti: oltre 100.000 pagine viste in media al mese, per un totale di 1.212.157 nel 2010 e 24.000
iscritti alla mailing list. In home page è disponibile anche la versione stampabile.
www.arcipelagomilano.org
Quando l’informazione
locale è 2.0
La forza e il potere aggregante delle notizie microlocali
l’hanno capita già in tempi non sospetti. Vaol.it nasce nel
maggio del 2003 dall’iniziativa di Giovanni Luca Papa,
allora in forze a una testata locale. L’idea era quella di
privilegiare l’informazione relativa a una piccola porzione
della Valtellina, ma con il passare del tempo l’input,
arrivato dagli stessi lettori, è stato quello di estendere
la copertura anche alla zona dell’Alto lago di Como.
«La linea editoriale – spiega il direttore, che nel 2009 ha
lasciato il precedente impiego per dedicarsi anima e
corpo a Vaol – è quella di privilegiare
la forza dei fatti, nudi e crudi: tutto
quello che c’è da aggiungere, lo
fa il lettore». Il coinvolgimento del
pubblico è evidente: in apertura, di
fianco alle immagini sulle notizie del
giorno, spicca l’elenco degli articoli
più commentati, insieme alla foto
e
video gallery. Non manca la lista
www.vaol.itl
dei servizi più popolari su Facebook
Dir. resp.: G.L.Papa
e l’indicazione dei sondaggi a cui i
Chiavenna (Sondrio)
lettori vengono chiamati a partecipare.
E’ stato attivato anche un canale
su Youtube (www.youtube.com/user/Vaolwebvideo).
I risultati ci sono: 15.000 contatti al giorno, con oltre
1.100.000 pagine viste al mese. In redazione, oltre
al direttore, 2 contratti a progetto cui si aggiungono
i collaboratori che gestiscono blog tematici integrati
nel sito. «Il break even è ampiamente superato –
conclude Papa – Se raggiungeremo gli obiettivi 2011
aumenteremo organici e copertura del territorio».
Infobergamo.it
impegno e intrattenimento
C’è un grande amore dietro Infobergamo.it, il primo
mensile telematico a Bergamo iscritto al Registro
della stampa e arrivato ormai all’85° numero. E’ quello
di Graziano Paolo Vavassori (pubblicista, ideatore e
direttore della testata) per la scrittura e il servizio ai
lettori. Nata come Gpvava.com, bimestrale, la testata
diventa mensile nel 2004. «Ci siamo accorti – spiega
il direttore - che i lettori erano tanti e che avevamo
in mano uno strumento che non solo poteva recare
piacere a noi, che siamo ormai 15, di cui 7 iscritti
all’Ordine, ma che poteva anche aiutare gli altri». Il
mensile, oltre a una Bacheca e a una sezione Turismo
con le indicazioni di quanto avviene in città e provincia,
una sezione Politica con i temi di attualità locale,
propone rubriche di intrattenimento (Arte e Città, Saloni
e Motori, Salute e Bellezza, Libri e Pensieri), ma anche
sezioni come la rubrica Famiglie. «Ogni anno – racconta
Vavassori - scegliamo un tema e lo approfondiamo. Ora
ci stiamo occupando di malattie oncologiche». Grande
cura per le foto e spazio
per la creatività dei lettori,
che possono inviare poesie
e racconti (redazione@
infobergamo.it). Apolitico,
gratuito, non contiene
pubblicità, nemmeno nella
newsletter mensile (quasi
1.000 iscritti). I numeri dei
primi mesi del 2011: oltre
140.000 accessi per più di
www.infobergamo.it
30.000 lettori al mese.
Dir.resp.: Graziano
Paolo Vavassori
Sede: Bergamo
Tabloid 3 / 2011
41
Colleghi
in libreria
UN DIVERSO SISTEMA DI INFORMAZIONE PER IL NOSTRO PAESE: UN SOGNO?
Morte e resurrezione
del “vecchio” giornale
Dobbiamo tornare a un diffuso giornalismo di qualità, per ritrovare
quella piena libertà di informazione che sta alla base di ogni democrazia
di Antonio Andreini
Secondo alcuni profeti del web, il
giornale del futuro avrà non più di
otto pagine, una redazione web che
aggiorna 24 ore su 24 sui fatti del
giorno e andrà in edicola solo quando
si vuole approfondire un dato avvenimento. Sarebbe la campana a morto
per il quotidiano. Ma la nascita, e
il successo di vendite, di un nuovo
giornale a diffusione nazionale -“il
Fatto Quotidiano”, fondato nel 2009
e diretto da Antonio Padellaro,- ha
rappresentato una controtendenza
rispetto alla crisi della stampa. In realtà, chiudono periodici e quotidiani,
le redazioni vengono decimate e i
ricavi della pubblicità sono in costante calo. Probabilmente va scomparendo il giornale nella forma che ha
avuto negli ultimi decenni. Tutto ciò
accade in un’Italia che, per quanto
riguarda la libertà d’espressione e i
diritti umani, sta vivendo un’emergenza per cui Freedom House -l’istituto autonomo americano di ricerca
che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo e stila
una classifica degli Stati in relazione
L’autore
Enrico Pedemonte, esperto di
Rete e giornalismo, ha lavorato al
“Secolo XIX”, è stato corrispondente
da New York de “L’Espresso” e
caporedattore di “la Repubblica”.
“Personal Media” è il titolo di un
suo saggio del 1988 (Bollati).
e del blog che tiene attualmente.
42
alla libertà di stampa- l’ha degradata
tra i paesi “parzialmente liberi” (partly
free), al 73º posto assieme al Tonga.
In un panorama tanto desolato ha
suscitato grande interesse, non solo
tra gli “addetti ai lavori” ma anche tra
i semplici lettori, la pubblicazione di
un saggio, “Morte e resurrezione dei
giornali: chi li uccide, chi li salverà”,
di Enrico Pedemonte.
Un libro che, sin dal titolo e sottotitolo, sembra andare molto avanti
rispetto alle analisi fatte fino ad ora:
mentre certi esperti hanno parlato
prima di “morte della carta stampata” e di “neo-cannibalismo mediatico”, poi di “fusione mediatica” tra
vecchio e nuovo, ora questo studio
annuncia la resurrezione di un fantomatico Lazzaro gutemberghiano. En-
rico Pedemonte, dopo aver approfondito ciò che sta succedendo nel
mondo dell’informazione negli Stati
Uniti e in Europa, ci spiega come i
nuovi media e le informazioni gratuite
fornite dalla rete siano “altro” rispetto al giornale tradizionale, al quale
spetta l’onore, e l’onere, di essere
un baluardo della Democrazia, di cui
è valore inalienabile un’informazione
libera, indipendente e di qualità, che
sappia svolgere il ruolo essenziale
di “cane da guardia del potere” e di
punto di incontro delle comunità.
Pedemonte racconta la crisi della
carta stampata e ne coglie le motivazioni più profonde, prima di suggerire
come lo stesso concetto di servizio
pubblico debba essere ripensato e
rovesciato, nella consapevolezza
del ruolo irrinunciabile del “quarto
potere” e della sua fondamentale
importanza nella vita civile di ogni
collettività moderna.
Alla ipotetica domanda se sia possibile “sognare” un diverso sistema
di informazione nel nostro Paese ora
che Internet sta cambiando le regole
del gioco, Pedemonte risponde quindi positivamente, delineando uno
schema di “ipergiornale” nel quale
la partecipazione dei lettori-cittadini
diventa un ingrediente fondamentale. Così se, come afferma Heghel, “il
giornale è la preghiera del mattino
dell’uomo moderno”, anche noi laici
possiamo ancora “pregare”.
Enrico Pedemonte, “Morte e resurrezione dei giornali”, Garzanti,
Milano, 2011, pagg. 237, € 14.60
Tabloid 3 / 2011
Colleghi
in libreria
Arrivati in redazione
M. Portanova,
G. Rossi,
F. Stefanoni:
Mafia a Milano, Melampo,
Milano, 2011,
pagg. 496, € 18.50
In centinaia di pagine di
fatti, nomi e luoghi, tre
cronisti raccontano oltre
mezzo secolo di mafia
nella città e nell’interland
del capoluogo lombardo.
Giovanni Caprara:
Lo spazio, il quarto
ambiente, Il Sole 24 Ore,
Milano, 2011,
pagg. 208, € 24
La vita, i fasti e la
gloria di Luigi G.
Napolitano, pioniere della
microgravità, narrata
da uno dei massimi
esperti della divulgazione
scientifica.
Queste le news
...per i giornalisti
Grazie alla Rete, può, oggi, l’informazione fare a meno
dei giornalisti? La proliferazione senza fine di produttori
di comunicazione che si sta realizzando con la
diffusione dei social network comporta grandi mutazioni
e non minaccia solo la vita dei giornali, ma
anche quella dei giornalisti. Cambia, per
esempio, il loro profilo professionale: non
sono più i portatori esclusivi della notizia,
ma selezionatori e interpreti dei sistemi
informativi che tendono sempre più a
sostituirsi al “vecchio” lavoro redazionale.
Nell’anno del centenario della nascita di Mc
Luhan, Michele Mezza, giornalista di lungo
Michele Mezza: corso e ideatore di Rai News 24, in “Sono
le news, bellezza!” analizza il nuovo mondo
Sono le news,
dell’informazione per individuare perdenti e
bellezza!,
vincenti di una “guerra” che sta selezionando
Donzelli, Roma,
la specie del giornalismo. E nota che i tempi
2011, pagg. 194,
sono maturi per una svolta radicale nella
€ 18
nostra professione: per non figurare come
retrobottega di una comunicazione “altra”,
il nuovo giornalismo esige filiere produttive alternative,
nuove soluzioni editoriali e organizzazioni redazionali.
Come lascia intuire sin dal titolo di questo suo puntuale
saggio, Mezza trova che questa “guerra” costituisca più
una chance che un pericolo per la nostra professione,
delineando la figura di un nuovo mediatore, “capace
di governare le potenze tecnologiche, di declinare
linguaggi sociali, di dare un’anima all’informatizzazione
Antonio De Vito:
Stranitalia, Miraggi,
Torino, 2010, pagg. 232,
€ 17.50
Gli anni (st)ruggenti di
Prodi e Berlusconi,
nello strano Paese in
cui tutto è “normale”
ma nulla lo è davvero,
visti da un giornalista
pensionato che, come
sempre, dice la sua.
Edoardo Segantini:
Hedy Lamarr, la donna
gatto, Rubettino,
Soveria Mannelli, 2011,
pagg. 260, € 16
Le sette vite di una diva
scienziata che odiò a
morte il nazismo e, per
combatterlo, inventò il
sistema che oggi
permette il funzionamento dei telefonini.
della vita, bruciando ogni nostalgia e conservatorismo”.
In pratica, il giornalismo ha un futuro degno del suo
grande passato, a patto che i giornalisti non si limitino
a decidere solo se questa o quella “è la notizia”, ma
quale senso dare alla mole di notizie che comunque
arriva agli occhi di tutti.
Il nuovo mondo
del libro digitale
I libri stanno vivendo il cambiamento più profondo
dall’era di Gutemberg.
Dopo anni in cui si è solo parlato di ebook, di “libri
digitali”, i tempi sono maturi per una loro diffusione
presso il grande pubblico, grazie a dei nuovi supporti
mediatici che rendono completo servizio alla principale
funzione del binomio scrittura-lettura e, per costo e
semplicità d’uso, sono ormai alla portata di tutti. Così,
nelle “librerie digitali” si possono trovare ormai titoli di
ogni genere. L’ebook è dunque una realtà.
Ma che cos’è e cosa
sta dietro un libro digitale in
particolare e l’ “editoria digitale”
in generale? In che cosa
si differenzia dall’editoria
tradizionale? Ce lo spiega una
specialista, Letizia Sechi, in un
saggio pubblicato da Apogeo
nei Pocket. Un agile manuale,
utile per conoscere linguaggi,
Letizia Sechi:
strumenti, produzione
Editoria digitale,
e distribuzione dei libri digitali.
Pocket Apogeo,
Milano, 2010,
pagg. 196, € 7.90
Tabloid 3 / 2011
43
I numeri
Primo
piano
in queste due pagine
la nostra realtà
“fotografata” in cifre
123 professionisti
243
2 miliardi
122 milioni
c
pubblicisti
75 elenco
speciale
È il totale degli investimenti pubblicitari netti
gennaio-marzo 2011 (-3,2%),
suddivisi tra:
Televisione: 1.202,5 milioni (-2,9%
rispetto al periodo omogeneo dell’anno
precedente);
Stampa: 504,1 milioni (-5,9%) di cui 323
milioni (-4,6%) sui quotidiani a pagamento,
10,4 milioni (-54,1%) sui quotidiani free/pay
press) e 170 milioni (-2,1%) sui periodici;
Internet: 126,5,milioni (+14,9%);
Radio: 99,4 milioni (-5%);
Direct mail: 129,7 milioni (+1%)
Affissioni: 25 milioni (-25,1%);
Transit: 22,2 milioni (-13,9%).
Cinema: 9,8 milioni (-22,5%).
Out of Home Tv 2 milioni (-7,2%).
Cards: 718 mila (-12,4%).
praticanti
Sono le nuove iscrizioni all’Ordine
dei giornalisti della Lombardia
dal 1/1/2011
al 31/5/2011.
quotidiani su carta
il calo rallenta
Testata
Fonte: Nielsen Media Research. La Tv comprende
anche le rilevazioni relative ai marchi Sky, Fox e Tv
digitali.
I sei giornali di provincia
della Lombardia certificati Ads
Testata
100
Diffusione Variazione*
Diffusione Ads
Var %
Corriere della Sera
491.518
-5,3%
La Repubblica
449.459
-5,1%
La Gazzetta dello Sport 333.458
-4,2%
Il Sole 24 Ore
266.881
-5,1%
La Stampa
277.562
-6,4%
Corriere Sport-Stadio
193.241
-8,3%
Il Messaggero
192.519
-4,1%
Il Giornale
182.104
-2,0%
Il Resto del Carlino
145.480
-5,0%
La Nazione
116.117
-5,8%
Avvenire
106.863
+0,3%
Libero
106.239
-5,9%
Tuttosport
99.355
-7,1%
Italia Oggi
88.866
+0,4%
79.737
-3,6%
L’Eco di Bergamo
51.406
-3,7%
Il Gazzettino
Il Giornale di Brescia
46.236
0%
Il Fatto Quotidiano
77.843
76.953
-14,9%
//
La Provincia di Como (Lc-So-Va)
39.858
-6,2%
Il Secolo XIX
La Gazzetta di Mantova
31.152
-4,2%
Il Tirreno
76.224
-4,3%
74.017
-1,8%
63.328
-3,5%
La Provincia di Cremona
21.660
-3,8%
Il Mattino
La Provincia Pavese
20.103
-7,5%
Giornale di Sicilia
Fonte: Ads (Accertamento diffusione stampa) media mobile febbraio
2011-marzo 2010. *Variazione percentuale rispetto alla media mobile
dei 12 mesi dell’anno precedente.
44
Fonte: Ads, media mobile febbraio 2011-marzo 2010
Tabloid 3 / 2011
I numeri
portali & motori
Azienda
i QUOTIDIANI ONLINE
Utenti unici
Pagine viste
Microsoft*
4.418.600
40.932
La Repubblica
1.620.998
13.125
5:55
Libero
3.158.568
72.704
Corriere della Sera
1.327.706
10.404
5:41
Virgilio (Telecom It.)
2.952.551
41.262
Gazzetta Sport
644.090
4.184
3:38
Yahoo
La Stampa
387.827
2.384
5:01
Il Sole 24 Ore
326.354
1.243
2:43
Testata
Utenti unici Pagine viste* Tempo**
2.480.872
34.700
Leonardo.it
869.732
5.747
Tiscali 637.435
11.332
Corriere dello Sport
276.232
2.081
4:03
AlterVista
601.105
4.441
Il Fatto Quotidiano
273.735
1.495
5.24
Google (il maggiore motore di ricerca) non viene
certificato da Audiweb. *Contiene anche il servizio
Messenger, Windows e il motore di ricerca Bing
advertising
Azienda
Utenti unici Pagine viste
Manzoni Adv
1.988.249 17.630
Tiscali Adv
1.850.632
18.798
Banzai Adv
1.659.828
13.191
Sole24Ore WebSystem 989.106
6.395
In questa pagina sono riportati i dati relativi
ad Audiweb (l’ultima rilevazione è di aprile 2011).
Le Pagine viste sono calcolate in migliaia (000)
web radio
Testata
Utenti unici Pagine viste
Il Giornale
181.309
832
3:46
Tuttosport
180.368
1.075
3:51
Quotidiani Espresso
174.178
876
2:45
L’Unità
158.237
641
3:23
Quotidiano Libero
127.561
338
2:33
Il Messaggero
119.985
687
4:05
Il Mattino
100.044
809
6:00
Quotidiano.Net
75.489
462
2:34
Gazzettino
75.060
1.022
7:08
Leggo
74.486
433
3,53
Quotidiano.net
71.151
421
2:29
Il Secolo XIX
49.163
312
3:57
Il Resto del Carlino
40.592
126
2:00
La Nazione
36.832
114
1:47
Radio Deejay
84.504
682
Unione Sarda
35.978
452
4:50
Radio 105
38.964
240
Il Giornale di Sicilia
28.187
124
2:47
LatteMiele
31.030 108
Il Tempo
25.002
60
1:44
Radio Virgin
23.570
99
Radio 101
20.786
66
M20
17.241
85
Radio Capital
11.624
37
Radio 24
11.370
86
AffarItaliani*
DagoSpia
66.796
5.435
3,40
429.594
3.064
4,30
Ansa 406.369
2.298
3,23
4.589
SportMediaset 336.116
2.724
4,47
367
VideoMediaset
299.500
1.985
4,17
271.153
1.709
3,03
Lettera 43
42.782
201
IlPost
26.463
185
Sky.it 15.257
37
*AffariItaliani viene conteggiato da Audiweb nel portale
Libero, il dato qui riportato è quello certificato da Nielsen
Tabloid 3 / 2011
Pagine viste Tempo
712.899 Mediaset.it
YouReporter.it
Utenti unici Rai
Utenti unici Pagine viste
435.047
Agenzie e tv online
Testata
TgCom*
i siti di news
Testata
Fonte: Audiweb aprile 2011 su dati Nielsen. *N. pagine in migliaia (000)
**Tempo espresso in minuti e secondi per utente.
198.397
2.074
3,56
Adnkronos
90.664
216
1,49
La7
27.266
142
3,57
*Nel calcolo di TgCom, da novembre 2010, è compreso anche Panorama.it
45
Testimonianze
e ricordi
Il ritratto di un giornalista serio, preparato, rigoroso e indipendente
L’addio a Roberto Morrione,
comandante di Vascello in Rai
I primi passi in un giornale scolastico, la collaborazione con Enzo Biagi fino alla
direzione del Tg1 e la fondazione di RaiNews 24. L’ultima fatica a fianco di don Ciotti
Eravamo compagni di scuola, al liceo “Virgilio” di
Roma, nella succursale di Monteverde Vecchio,
divenuta poi liceo “Manara”. Roberto era in un’altra
sezione, con Bernardo Bertolucci, ma ci ha unito uno
“scontro editoriale” scolastico. Morrione aveva creato
un vero giornale, stampato in tipografia e con una bella
carta bianca. Si chiamava “Il Vascello”: prendeva il nome
dalla località storica, lì vicino, dove si combattè per la
Repubblica romana. Roberto era già allora, da ragazzo,
serio, colto e impegnato.
Il padre, generale dei carabinieri, monarchico, aveva
dato l’impronta severa alla famiglia. Prima di diventare
“Bacillo rosso” alla Rai, dove era stato chiamato da
Enzo Biagi a “ Rt, Rotocalco televisivo”, Roberto poteva
essere definito un conservatore illuminato.
Contro “Il Vascello” ho messo in piedi un giornale
ciclostilato e semiclandestino, assai più modesto: poche
pagine da corridoio della scuola. L’ho chiamato “Il
Corsaro”, con intendimenti non proprio di cultura.
Il preside ci ha chiamati e obbligati alla fusione. E’
nata così una nuova testata “Il Vascello corsaro”. Della
compagnia faceva parte anche Nino Criscenti, cattolico,
anche lui futuro bravo giornalista Rai.
E’ nata però anche una grande amicizia “per cambiare
il mondo”. Volevamo fare un giornale per tutte le
scuole superiori d’Italia. Nei lunghi discorsi Roberto
metteva già un rigore giornalistico che io appena
abbozzavo: ricordo che se dicevo “Alto Adige”, mi
ricordava che storicamente si trattava di “Sud Tirolo”
come giustamente si definivano gli abitanti di quelle
valli. Siamo sempre rimasti in contatto. Ricordo le sue
cronache per il Tg delle ultime ore di Enrico Berlinguer.
I politici, poveracci, dicevano che aveva spostato
centinaia di migliaia di voti verso il Pci. Non capivano
che il giornalismo è il giornalismo. Quando era nella
direzione del Tg1, prima di creare Rai News24, si
era trovato in contrapposizione con Bruno Vespa.
Ora dirigeva la parte giornalistica di “Libera” con Don
Ciotti. Mi dispiace solo che non abbia fatto a tempo
a vedere l’Italia risanata che sta nascendo e che il
suo giornalismo indipendente ha contribuito a rendere
possibile. Raffaele Fiengo
Marilisa, il sorriso di una fantasma birichina
Difficile parlare di un’amica scomparsa in un attimo quando hai il suo sorriso solare e la sua allegria sempre davanti,
quando sei distratta e alzi il telefono per chiamarla oppure chiacchieri comunque con lei. Marilisa Verti, vulcanica, esplosiva,
con le sue idee “birichine” (come usava chiamarle lei), con la sua indole battagliera e indomabile, ha lasciato il segno in tutti
quelli che l’hanno conosciuta. Marilisa Verti è scomparsa improvvisamente il 10 aprile scorso,
aveva 55 anni, si doveva sposare il 18 giugno. Redattore a L’Europeo, direttore di Società Civile,
negli anni novanta sceglie la libera professione e collabora con prestigiose testate. E’ stata per
tre legislature Proboviro della Lombarda e delegata più volte ai congressi della FnsiI. Lei ha
inventato il nome Senza Bavaglio, corrente nazionale all’interno della Fnsi, e a lei è venuta in
mente la geniale formula dei fantasmi dell’informazione, poi copiati da tutti. Insieme a noi è stata
anche l’entusiasta fondatrice dell’Usgf (Unione Sindacale Giornalisti Freelance), l’Organismo di
base dei freelance, l’ultimo progetto sindacale in cui credeva molto. Bastava uno sguardo per
comprenderci. Ciao Marilisa, ci mancherai. Sarai sempre con noi.
Simona Fossati
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Tabloid 3 / 2011