N° 1 QUADERNI DI STORIA 30/01/03

Transcript

N° 1 QUADERNI DI STORIA 30/01/03
N°11
QVADERNI DI STORIA
30/09/04
Dve parole ……… …
su una
Magnifica nave
Di Cesare Brunori
C.P. 88 – 25121 BRESCIA
C.P. 251- 24121 BERGAMO
C.P. 565 – 10100 TORINO
[email protected]
C. Corr. Postale n. 21882766
Intestato ad Ezio Sangalli
AVVISO
Vuoi aiutare il nostro impegno?
Fai leggere i “QVADERNI”
(CONSIGLIA A QUALCUNO QUESTO SITO INTERNET)
E, soprattutto, CONSIGLIA LA
LETTURA a chi
NON appartiene all’Ambiente
“L’obiettivo che ci siamo posti, infatti, è di spingere ad una lettura
diversa della Storia, a far nascere dei dubbi e curiosità nelle persone
comuni, quelle che non si sono mai occupate specificatamente di
politica, che hanno ricevuto una cultura storica scolastica di parte, ma
che sono oneste e legate da un insieme di valori Tradizionali. Persone
sane, lavoratrici, non condizionate dall’appartenenza ad un “Area”
politica sclerotizzata, alla quale volenti o nolenti anche noi
apparteniamo e vorremmo però aprire al mondo reale, seppur
schifoso, nel quale viviamo, perché chi lo può e vuole fare si rigeneri.
Entriamo in contatto davvero con il Popolo, “quello che lavora”, c’è
ancora molto da recuperare, ci sono ancora persone in ordine.”
NELLA FOTOGRAFIA: l’equipaggio della nave Bismarck schierato sul ponte della corazzata
**************************************************************
Prefazione
Questa volta, vi raccontiamo una bella storia, fatta di coraggio, d’orgoglio e di fedeltà.
È la storia di una grande corazzata, la più moderna mai costruita, per quei tempi, che si batté
nell’Oceano Atlantico contro una torma di segugi inglesi, forse invidiosi della sua maestosità.
Corazzate, incrociatori da battaglia, portaerei, caccia, aerosiluranti, si lanciarono tutti su di lei, ma
era impossibile affondare “ l’inaffondabile “ ed era pericoloso avvicinarglisi.
Maestosa e terribile! Vedere la sua immensa prua frangere le onde dell’oceano come fossero
risacca di spiaggia, dava un’impressione di potenza, d’invincibilità.
Sentire il tuono dei suoi cannoni metteva i brividi.
I giovani marinai che vivevano nel suo ventre n’erano fieri, quasi fossero sue creature, e il
comandante credeva in un sogno, come tanti suoi connazionali, come milioni di giovani europei:
una grande e potente Europa sotto il vessillo del Reich tedesco, un nuovo Sacro Romano Impero.
La sua immensa nave era il vanto della Kriegsmarine, la Marina da guerra tedesca ed egli sapeva
di avere una gran responsabilità nel governarla. Adolf Hitler stesso l’aveva ispezionata, nel maggio
1941, restandone ammirato.
Le grandi battaglie navali non mostravano il colore del sangue che era ben visibile tra i fanti o i
carristi. Anche i marinai sono uomini in carne ed ossa, ma là, in mezzo all’Oceano, da miglia di
distanza, l’unica cosa visibile era la sagoma della loro casa, la nave, ed essi, spesso, dopo aver
combattuto tra il fragore assordante dei cannoni, gli scoppi delle granate e le urla degli ufficiali,
affondavano con essa scomparendo tra i flutti.
Questa storia è dedicata a loro, a tutti i guerrieri di marina caduti compiendo il proprio dovere.
La corazzata Bismarck fa fuoco contro la nave Hood
All’inizio del 2004 avevamo messo a vostra disposizione un numero di
telefono cellulare: 3487342929.
Questo numero non è più attivo. Per prenderci contatto vi preghiamo di
rivolgervi direttamente ad uno di noi, o di usare i nostri recapiti postali
ed e-mail presenti in copertina. GRAZIE.
Otto Von Bismarck, unificatore della Germania nel secondo Reich, era conosciuto come il “Cancelliere di ferro” per il
suo modo intransigente di fare politica. Il 14 febbraio 1939, Frau Dorothea Von Loewenfeld, nipote di Bismarck,
battezzò la nave davanti ad una folla immensa; a tutti sembrò che la nuova corazzata incarnasse perfettamente lo spirito
battagliero del cancelliere. Il 24 agosto 1940, la nave fu ufficialmente consegnata alla Kriegsmarine. I lavori nei
cantieri di Blohm und Voss, presso Amburgo, erano proceduti in gran segreto e per la cerimonia d’entrata in servizio
nessun civile era presente. Al comando della nave fu posto il “Kaptain zür See” Ernst Lindemann. All’età di 45 anni
era all’apice della carriera. Uomo di grandi qualità umane e professionali, era stato in servizio attivo durante la prima
guerra mondiale ed era noto per la sua autodisciplina e per la propria dedizione al lavoro. A parte gli altri ufficiali,
l’equipaggio della Bismarck era formato in gran parte da giovani reclute sui vent’anni. Erano tutti volontari e
provenivano da ogni angolo della Germania. Molti di loro, erano al primo imbarco e quasi nessuno immaginava cosa
volesse dire trovarsi in mezzo all’oceano ma erano giovani motivati e pieni d’orgoglio. La Bismarck era l’incarnazione
dei sogni d’ogni ammiraglio. Era veloce, 30 nodi (quasi 60 kmh), e con un profilo snello ed elegante. Lunghezza: 250
metri; larghezza: 36 metri. Nel punto di maggiore ampiezza aveva un dislocamento pari a circa 45000 tonnellate. Ben
il 44% del peso totale, era costituito dalle corazzature che avevano uno spessore compreso tra i 14 e i 35 centimetri
secondo la zona da proteggere. A completare il tutto vi erano i suoi otto cannoni da 380 millimetri guidati dai radar
disposti su quattro torri gemelle, i più grandi mai montati su una nave da guerra tedesca. Queste caratteristiche ne
facevano la corazzata più moderna al mondo e un nemico temibile per le navi da battaglia della flotta britannica. Dopo
la conquista della Francia, la guerra stava volgendo a favore dei tedeschi. Nei cieli sopra la Manica, si combatteva la
“Battaglia d’Inghilterra” e gli inglesi dovevano fare i conti con la catastrofica perdita di navi mercantili che rendeva
sempre più duro il razionamento. Gli U-Boot (sommergibili tedeschi) e le navi corsare di superficie affondarono
migliaia di tonnellate di merci e le rotte dei convogli che partivano dal Canada con i rifornimenti erano in serio pericolo.
Nei piani del Grand’Ammiraglio, Erich Raeder, comandante della Kriegsmarine, la Bismarck avrebbe dovuto
raggiungere l’Oceano Atlantico con l’incrociatore pesante Prinz Eugen, anch’esso nuovo di zecca, per ricongiungersi
con gli incrociatori pesanti Scharnhorst e Gneisenau ancorati a Brest, di ritorno da una lunga serie di successi contro i
convogli britannici. Una simile flotta in mezzo all’atlantico avrebbe sicuramente tagliato ogni rifornimento agli inglesi e
li avrebbe costretti alla resa. Bisogna ricordare che a quell’epoca non esistevano radar a lungo raggio né tanto meno
sorveglianza satellitare perciò una flotta in mezzo all’oceano se supportata da un’efficiente rete di rifornimenti, sarebbe
stata inarrestabile. Hitler, tuttavia, era restio a rischiare le proprie navi nell’oceano e quindi Reader inizialmente tenne
all’oscuro il Führer circa tale progetto. Gli inglesi avevano provato in prima persona l’efficacia dei corsari di superficie
ma ritenevano improbabili altre sortite tuttavia, per quanto fu possibile, seguirono con attenzione l’avanzamento dei
preparativi. Nel frattempo, tre settimane dopo la consegna, la Bismarck intraprese un lungo programma di esercitazioni
e addestramento nel golfo di Danzica per poi ritornare nei cantieri di Amburgo per le finiture. Tutte le prove andarono
superbamente, la nave aveva dimostrato capacità superiori alle attese. In febbraio, un fatto divertente ruppe la noia
dell’attesa. Si trattò dell’”adozione” della Bismarck da parte del sommergibile U-556 del comandante Herbert
Wohlfarth che aspettava anch’esso il completamento dei lavori. Con l’“adozione” il minuscolo U-Boot si riprometteva
di proteggere la maestosa corazzata. A marzo la nave tornò nel Baltico dove si unì all’incrociatore pesante Prinz Eugen
per continuare le esercitazioni. Era giunto il momento di dare il via all’operazione, ma il 6 aprile la Gneisenau
all’ancora nel golfo di Brest fu colpita prima da un siluro e successivamente bombardata e messa quindi fuori servizio.
La Scharnhorst, invece, a causa dei lavori di riparazione non sarebbe stata pronta prima di luglio. La forza offensiva fu
in sostanza dimezzata ancor prima che la missione prendesse il via. Poi, il 23 aprile 1941, il Prinz Eugen fu danneggiato
da una mina e dovette restare in riparazione fino ai primi di maggio. Nonostante che la flotta fosse ridotta a due sole
unità, l’Alto Comando della Marina, nominò comandante della stessa l’Ammiraglio Gunther Lütjens. Aveva 51 anni
ed era un uomo austero che mostrava raramente un’emozione. Lütjens era un eccellente comandante e aveva già
dimostrato la sua padronanza delle tattiche navali guidando con successo gli attacchi della Gneisenau e della
Scharnhorst contro i convogli mercantili, impegnando gli inglesi in una lunga caccia senza successo. Lütjens e
Lindemann erano diversissimi in tutto fuorché nella dedizione al lavoro. Tuttavia, Lindemann temeva che potessero
nascere dei contrasti sulle decisioni da prendere e per questo avrebbe preferito un superiore più malleabile. Il 5 maggio
Hitler ispezionò l’equipaggio e visitò la nave dimostrando interesse e attenzione alle spiegazioni fornitegli dagli
ufficiali, cosa che riempì d’orgoglio i marinai fieri di aver ricevuto tanta attenzione. Tuttavia, com’è noto, Hitler non
amava il mare e aveva dichiarato più volte di non intendersi di strategie navali. Dopo la visita del Führer, la nave fu
pronta per entrare in azione. La missione “Rheinubung”, Esercitazione Reno, prevedeva di far rotta verso il mar di
Norvegia passando tra penisola dello Jutland e le coste meridionali di Svezia e Norvegia per dirigersi verso il Mare del
Nord, transitando tra l’Islanda e le isole Faer Oer. Il 17 maggio, finito di caricare le scorte, la Bismarck salpò da
Gotenhafen (oggi Gdynia) con a bordo 2206 uomini.
Nonostante la vittoria nella “Battaglia d’Inghilterra” e l’imminente invasione tedesca di Creta, gli Inglesi non
abbassarono la guardia e rimasero in stato di allerta, anche se Churchill credeva che i tedeschi non avrebbero mai
preso il largo nell’oceano. Il maltempo nel frattempo favoriva l’avanzata della Bismarck in gran segreto. Attorno alle
13 del 20 maggio, quando la Bismarck e il Prinz Eugen stavano percorrendo lo Skagerrak, lo stretto fra lo Jutland e la
Norvegia, per arrivare a Bergen comparve l’incrociatore svedese Gotland che inviò un messaggio via etere. Come
Lütjens aveva temuto, la Svezia neutrale era un covo di spie ed ora anche gli inglesi si sarebbero messi sulle loro
tracce. Il 21 maggio, le due navi sostarono nei fiordi protetti di Bergen per rifornire di nafta; il Prinz Eugen che aveva
un’autonomia più limitata mentre la Bismarck non si rifornì nonostante fosse buon’abitudine rifornire ad ogni
occasione possibile. Così la corazzata lasciò Bergen con 1100 tonnellate di nafta in meno nelle sue cisterne.
Inspiegabilmente le navi sostarono tutto il giorno sotto un cielo terso quasi ad invitare il nemico ad una ricognizione,
cosa che appunto avvenne. Verso le 13.15, uno Spitfire fotografò le navi. L’Ammiragliato britannico seppe dov’era
esattamente la Bismarck ma ancora non si sapeva dove fosse diretta. La flotta salpò verso sera e quella stessa notte le
bombe inglesi caddero sui fiordi ormai deserti. La caccia alla Bismarck era cominciata. Dall’altra parte la Royal
Navy si stava mobilitando in massa incaricando delle operazioni il comandante in capo dell’Home Fleet sir John
Tovey. Il cinquantaseienne ammiraglio era molto popolare tra i suoi subordinati e cordiali nonché un buon tattico.
Molto saldo nelle sue decisioni non temeva i contrasti con i suoi superiori come lo stesso Churchill , a cui piaceva
credersi uno stratega navale e che preferiva quindi ammiragli che erano d’accordo con lui. Cominciò a muovere i suoi
pezzi sulla scacchiera dalla nuova ammiraglia King George V alla fonda a Scapa Flow, nelle isole Orcadi. Tovey
intuì che i tedeschi preparavano una sortita nell’Atlantico e, quindi, ordinò agli incrociatori Norfolk e Suffolk di
pattugliare il canale di Danimarca, vicino alla Groenlandia, mentre agli incrociatori Birmingham e Manchester ordinò
di pattugliare il varco fra Islanda e Isole Faer Oer. Tovey ordinò anche al viceammiraglio Lancelot Holland, a bordo
dell’incrociatore pesante da battaglia, trasformato in corazzata Hood, di lasciare Scapa Flow insieme alla nuova
corazzata Prince Of Wales per dirigersi verso l’Islanda. Intanto, la Bismarck navigava verso nord ed il mare aperto.
Lütjens aveva deciso di passare per il canale di Danimarca, a nord dell’Islanda, costeggiando il limite dei ghiacci
confortato da un messaggio radio, errato, del Gruppo Nord che non segnalava movimenti delle navi britanniche, non
sapendo quindi che l’intera Home Fleet si stava mobilitando. Lindemann avrebbe preferito il più ampio varco fra
l’Islanda e le Faer Oer. Come aveva temuto, non andava d’accordo con Lütjens. Mentre le navi si muovevano Reader
andò a ragguagliare Hitler sull’andamento della guerra in mare. Avvisò anche il Führer che la Bismarck e il Prinz
Eugen avevano preso la via dell’Atlantico. Hitler ne fu visibilmente scontento, e chiese se fosse possibile richiamare
la nave, ma era tardi. Saggiamente, Reader tenne per se, che gli inglesi erano già sulle tracce della nave. Verso la sera
del 23 maggio, quando la flotta tedesca stava attraversando il canale, avvenne il primo contatto con il nemico. Gli
idrofoni e il radar della Bismarck avevano captato per un istante una nave a prua. Era il Suffolk del contrammiraglio
Wake-Walker che stava pattugliando la zona proprio in cerca dei tedeschi. Subito si unì alla nave inglese, la Norfolk,
ed entrambe si misero all’inseguimento della Bismarck. Lütjens aumentò la velocità dirigendosi verso il mare aperto
ma tutti i suoi tentativi di scrollarsi di dosso gli inseguitori furono vani. Non lo sapeva, ma il Suffolk era dotato di un
radar sofisticatissimo al tempo e con una portata superiore a quello tedesco. Quasi 400 km più a sud, il
viceammiraglio Holland a bordo della Hood, aveva ricevuto il messaggio dei due incrociatori inglesi e si dirigeva a
tutta forza per portarsi in contatto al più presto con la nave tedesca. La “Potente Hood” era il simbolo della potenza
navale britannica del primo dopoguerra nonché l’orgoglio della Royal Navy ed insieme alla nuovissima Prince Of
Wales, le cui artiglierie erano ancora da mettere a punto, andavano a dar battaglia alla Bismarck. Holland aveva
studiato un piano audace. Proseguendo per l’attuale rotta avrebbe intercettato la Bismarck intorno alle 02.00 di notte,
cioè a quella latitudine poco dopo il tramonto. La nave Hood si sarebbe avvicinata di prua alla sinistra del nemico
emergendo dall’oscurità mentre i tedeschi si sarebbero stagliati contro le ultime luci, con l’evidente sorprendente
effetto. Nonostante fosse un piano brillante con molti vantaggi inevitabilmente presentava anche degli svantaggi, in
primis quello di rinunciare ad usare tutte le artiglierie e quindi al vantaggio di disporre dei 18 cannoni di grosso
calibro contro gli otto della Bismarck. La situazione con le sole torri prodiere era di parità, inoltre c’era il rischio di
un’esposizione maggiore ai colpi dei tedeschi ma Holland pensò che fosse la soluzione migliore. Tuttavia il piano
rischiò di saltare quando, verso mezzanotte, il Suffolk e la Norfolk persero il contatto. In realtà i tedeschi avevano
accostato un poco ad ovest seguendo il limite della banchisa e, quindi, quando verso le 02.45, il Suffolk, riprese il
contatto, la nave Hood, si trovava su una rotta parallela alla Bismarck leggermente a prua. La battaglia sarebbe
cominciata subito dopo l’alba. Alle 05.00, Holland diede l’ordine “pronti a entrare in azione”, mentre in quel
momento gli idrofoni del Prinz Eugen avevano rilevato il suono d’eliche a forte velocità. Quando Lütjens e
Lindemann lessero il messaggio del capitano Brinkmann non ebbero più dubbi: gli inglesi stavano arrivando. Alle
05.44, la Hood e la Prince Of Wales virarono e puntarono sulle navi tedesche. Holland, come aveva progettato,
avrebbe attaccato di prua rinunciando a metà dell’artiglieria disponibile. Alle 05.49, segnalò al capitano Leach, sulla
Prince Of Wales, di concentrare il fuoco sulla nave di testa non accorgendosi che si trattava del Prinz Eugen e non
della Bismarck. Alle 05.52 gli inglesi si trovavano a poco meno di 20 km quando aprirono il fuoco. Mentre le prime
bordate cadevano vicino alle navi tedesche alzando immense colonne d’acqua, Lütjens diede il tanto atteso ordine.
“Fuoco!” La battaglia era appena cominciata e già si metteva male per l’ammiraglio Holland che,dopo la prima salva
si accorse di aver concentrato il fuoco sulla nave sbagliata. Le due navi, che avanzano in formazione serrata,
presentavano un unico bersaglio ai tedeschi il cui tiro era molto preciso. Un proiettile del Prinz Eugen colpì la Hood
ed esplose alla base dell’albero maestro innescando un incendio di vaste proporzioni. Holland segnalò una virata di
20° a sinistra, aveva deciso che non poteva più permettersi di aver una potenza di fuoco dimezzata. Ma mentre la
Hood accostava, gli uomini del giovane primo direttore di tiro, Adalbert Schneider, aiutati dall’incendio trovarono
la giusta distanza e la terza bordata della Bismarck arrivò a forcella della nave inglese, la quarta fu quella decisiva.
Uno o più proiettili da 380 millimetri colpirono la Hood tra il centro della nave e le torri di poppa, perforando il ponte
superiore scarsamente corazzato ed esplosero all’interno, probabilmente nei pressi di una santabarbara (deposito di
munizioni). Ne seguì una terribile esplosione che letteralmente spezzò la nave in due tronconi. Erano trascorsi solo
sei minuti dall’inizio della battaglia e la Hood, simbolo della potenza inglese, stava colando a picco in mezzo a
un’enorme colonna di fumo nero. Degli oltre 1400 uomini a bordo solo tre si salvarono. La Prince Of Wales dovette
far strane manovre per evitare i rottami della Hood esponendosi al fuoco della Bismarck. Un proiettile della Bismarck
attraversò la plancia uccidendo tutti tranne il capitano Leach ma il danno fu limitato poiché non esplose. La nave
inglese venne colpita ben sette volte, mentre i suoi nuovi cannoni da 356 millimetri si incepparono tutti, uno ad uno,
così che Leach decise di allontanarsi facendo far fumo alla propria nave per camuffare la ritirata. Le perdite furono di
undici marinai più nove feriti. La Prince Of Wales, mentre si allontanava, sul ponte della Bismarck il capitano
Lindemann protestava invano con l’ammiraglio Lütjens che aveva ordinato il cessate il fuoco. Avrebbe voluto seguir
la nave e incolparla, ma Lütjens non si lasciò convincere, gli ordini erano chiari: non impegnare la nave in battaglia se
non in caso d’assoluta necessità. Inoltre, anche la Bismarck aveva subito dei danni. Un proiettile della Prince Of
Wales aveva, infatti, perforato la nave a prua mentre un altro aveva perforato la fiancata appena sotto la cintura
corazzata. I fori fecero imbarcare molta acqua alla nave che era appruata e sbandava a sinistra. Per ripristinare
l’assetto furono ordinati degli allagamenti di compensazione. Il problema più grave fu che gli allagamenti a prua
avevano reso inservibili le oltre 1000 tonnellate di nafta immagazzinate nelle cisterne. Divenne evidente la gravità
della decisione di Lütjens di non rifornirsi a Bergen. Lindemann suggerì di ridurre la velocità per riparare le avarie
ma l’ammiraglio rifiutò. Aveva già deciso di dirigersi a Saint-Nazaire in Francia. Oltretutto, la Norfolk e Suffolk che
avevano seguito impotenti la battaglia si erano già rimesse all’inseguimento in compagnia della Prince Of Wales. La
notizia dell’affondamento della nave Hood non tardò ad arrivare in Inghilterra dove ebbe un effetto traumatizzante.
Insieme alla nave Hood se n’erano andati altri due incrociatori, nel Mediterraneo; i tedeschi avevano quasi preso
Creta e a maggio erano state affondate ben 511.000 tonnellate di naviglio mercantile. Per Churchill, le cose si stavano
mettendo davvero male. La notizia fu accolta in tono opposto a Berlino dove Reader telefonò a Hitler per
comunicargli la favolosa notizia. Stavolta, Reader tenne per se le proprie preoccupazioni sulla decisione di Lütjens di
far rotta verso la Francia. Nel frattempo altre navi si mettevano in caccia della Bismarck. La King George V, seguita
dall’incrociatore Repulse e dalla portaerei Victorious si diressero a tutta forza verso la banchisa della Groenlandia.
Tovey, infatti, ancora non sapeva che rotta avrebbe preso i tedeschi. Più a sud est si mosse anche la vecchia corazzata
Rodney che era di scorta a un convoglio, mentre, ancora più a sud, la Forza H composta dagli incrociatori Renown e
Sheffield e dalla portaerei Ark Royal, era salpata da Gibilterra. Lütjens intanto aveva deciso di separarsi dal Prinz
Eugen per permettergli di proseguire verso sud per rifornirsi e compiere attacchi contro i convogli mercantili. La
Bismarck avrebbe invertito bruscamente la rotta impegnando le navi inglesi mentre il Prinz Eugen avrebbe continuato
per la sua rotta. Nome in codice dell’operazione: “Hood”. Verso le 18, mentre le navi entravano in un banco di
nebbia, l’operazione fu eseguita con successo. Ci fu uno scambio di colpi a distanza senza danni tranne che per due
cannoni della Prince Of Wales che s’incepparono nuovamente. Il Prinz Eugen poté così continuare per la sua rotta ma
ora la Bismarck restava sola. Continuò quindi la propria rotta verso sud sempre seguita dalle navi inglesi in
formazione serrata in poppa a sinistra. Il Suffolk con il suo prezioso radar in testa, la Prince Of Wales al centro e la
Norfolk di Wake-Walker in coda. Più tardi l’avvistamento di U-Boot in zona costrinse gli inseguitori ad assumere una
rotta a zig-zag. Poiché la Bismarck seguiva una rotta dritta verso sud ad ogni tratto di sinistra dello zig-zag(sud-est) il
radar del Suffolk perdeva il contatto per poi riprenderlo in ogni tratto verso destra. Alle 21,00, Lütjens comunicò con
il Gruppo Ovest che era impossibile sbarazzarsi dei nemici a causa del radar e vista la situazione della nafta che
avrebbe fatto rotta direttamente verso St-Nazaire. La flotta tedesca mentre si divideva, Tovey ordinò alla portaerei
Victorious di staccarsi dalla flotta per seguire una rotta che avrebbe portato la portaerei a circa 180 km dalla
Bismarck per eseguire un attacco aereo. Alle 22,00, del 24 maggio, l’attacco aereo partì. La squadriglia era composta
di nove aerei aerosiluranti Swordfish (pesce-spada), dei biplani a ruote fisse, veri residuati bellici della guerra 1518. Circa un’ora e mezzo dopo, con l’aiuto della Norfolk, trovarono la rotta da seguire ed il bersaglio. Nonostante
sembrassero zanzare all’attacco di un orso grigio, la contraerea non riuscì a colpire nessuno dei seppur lenti
Swordfish che poterono così lanciare i propri siluri. Un solo colpo fu messo a segno dagli inglesi senza provocare
danni ingenti, ma solo riaprendo le vecchie ferite della nave che dovette rallentare ulteriormente la propria velocità a
16 nodi, lasciando dietro di sé una scia di nafta. Nelle prime ore del 25 maggio, le forze inglesi cominciarono a
serrare la morsa. La Victorious era ancora nelle vicinanze, pronta a sferrare un altro attacco, la King George V e la
Repulse stavano accostando da ovest a tutta forza e sarebbero arrivate intorno alle 09,00. La Rodney era ancora più a
sud-est e sarebbe arrivata verso le 10,00, mentre la Ramillies, più a sud, non sarebbe arrivata prima delle 11,00. La
Renown, l’Ark Royal e lo Sheffield, che insieme componevano la Forza H, si trovavano ancora a più di 1500 km a
sud. Il 25 maggio l’ammiraglio Lütjens compiva 52 anni e, oltre agli auguri di Hitler, decise di farsi il miglior regalo
possibile. Non gli era sfuggito che i suoi inseguitori si mantenevano in formazione di poppa alla sua sinistra oltretutto
percorrendo una rotta a zig-zag quasi a volerlo invitare a tentare una fuga a destra. Alle 03,00, il momento fu ritenuto
opportuno; la fuga avvenne con successo e la Bismarck compì una lunga virata verso nord-est tagliando la rotta dei
propri inseguitori e ritrovandosi alle loro spalle. Sul Suffolk, gli inglesi furono particolarmente stupiti di non rilevare
più la Bismarck sul radar e pensarono che i tedeschi avessero accostato leggermente ad ovest, ma i minuti passavano
e della Bismarck nessuna traccia. Alle 05,00, l’ammiraglio Wake-Walker divulgò notizia d’aver perso contatto.Nella
sala tattica della King George V, l’ammiraglio Tovey, guardò perplesso la carta nautica. Per mantenere la massima
segretezza aveva ordinato il silenzio radio, cosi che le navi inglesi comunicavano, raramente, la loro posizione e
quindi il posizionamento delle proprie forze fu approssimativo. Quando Tovey decise quindi di riposizionare le
proprie navi per la caccia, la mattina del 25 maggio, gli inglesi erano ovunque non ci fosse la Bismarck.
L’ammiraglio Lütjens non riuscì a credere di aver eluso, dopo due giorni, il radar britannico e commise una
leggerezza: interruppe il silenzio radio. Anche dopo le 08.45, quando il Gruppo Ovest gli comunicò che gli inglesi
sembravano aver perso contatto, inviò altri due messaggi via etere. L’errore è ancora più notevole se si considera che
proprio in quei giorni gli inglesi riuscirono a decrittare il codice d’Enigma, la macchina che i tedeschi usavano per
mandare messaggi cifrati. Gli inglesi intercettarono i messaggi ma, incredibilmente, sbagliarono ad interpretarli. Le
intercettazioni davano la Bismarck più a sud-est dell’ultima posizione rilevata, indice che stava facendo rotta verso la
Francia. Anziché comunicare la posizione, l’Ammiragliato trasmise solo i rilevamenti. Pare che Tovey volesse
effettuare, di persona, i calcoli basandosi su eventuali rilevamenti delle proprie navi per stabilire la posizione della
Bisamrck in modo più accurato. A bordo della King George V, i dati furono mal interpretati e diedero una posizione
di 150 km più a nord rispetto al punto in cui era effettivamente la Bismarck. Tovey credette, quindi , che la nave
facesse rotta verso la Norvegia. Il capitano Dalrymple-Hamilton, a bordo della Rodney, si rese conto dell’errore e
fece rotta verso Brest per tagliare la strada ai tedeschi. Verso mezzogiorno Lütjens parlò all’equipaggio: “Marinai
della corazzata Bismarck! Vi siete coperti di gloria! L’affondamento della Hood ha avuto un grande valore non solo
militare, perché quella nave era l’orgoglio dell’Inghilterra. Quindi, il nemico riunirà le proprie forze per distruggerci.
Il popolo tedesco è con voi,e noi combatteremo finche i nostri cannoni non saranno incandescenti e finche non ci sarà
rimasto nemmeno un proiettile. Noi marinai dovremo vincere o morire!”. Fu chiaro a tutti che il destino della
Bismarck stava per essere deciso. Infatti, alle 10.30, un aereo Catalina della marina inglese avvistò la nave mentre si
trovava a più di 1000 km da Brest. È da notare che, sull’aereo inglese (di fabbricazione U.S.A.), si trovava anche un
guardiamarina statunitense. Va ricordato che “ufficialmente” gli stati uniti, nella prima parte del conflitto, si
sarebbero limitati a fornire solamente i materiali e non uomini…Dopo una fuga durata ben 30 ore gli inglesi poterono
riposizionare le loro forze e stringere il cerchio. Partì quindi un attacco aereo dalla portaerei Ark Royal che si trovava
su una rotta parallela ad un centinaio di km di distanza. Verso le 18,00, gli aerosiluranti Swordfish arrivarono sul
bersaglio, picchiarono ed attaccarono. Incredibilmente solo tre dei 15 piloti si resero conto che stavano attaccando
una loro nave! Era lo Sheffield che stava seguendo la Bismarck per dirigere l’attacco aereo. Fortunosamente nessun
colpo andò a segno. Intanto il capitano Herbert Wohlfarth vide dal suo sottomarino U-556 sfilare davanti a se l’Ark
Royal e la Renown. Ironia della sorte, si ricordò dell’adozione della Bismarck, ma non poté far nulla. Era rimasto
senza siluri ed a corto di nafta. Fu ordinato un nuovo attacco verso le 21,00, che stavolta diede il colpo decisivo. I 15
Swordfish misero a segno due colpi contro la corazzata tedesca, ma un colpo fu inferto al “tallone d’Achille” d’ogni
nave: i timoni. L’altro non provocò danni. Dopo il colpo, i timoni restarono bloccati nel mezzo di una virata a sinistra
a tutta forza. Era ancora possibile governare la nave con le sole eliche, ma era assai difficoltoso e non c’era modo di
effettuare una riparazione a causa delle condizioni del mare. Poco dopo mezzanotte, Lütjens radiotelegrafò un ultimo
messaggio al popolo tedesco: “Impossibile governare la nave Stiamo combattendo sino all’ultimo proiettile. Lunga
vita al Führer! In un messaggio personale, per Hitler, aggiunse: “Combatteremo sino alla fine confidando in lei,
mein Fuhrer, con immutabile fede nella vittoria tedesca.” Hitler rispose con queste parole: “Tutta la Germania è
con voi. Ciò che può essere fatto sarà fatto. Il modo in cui compite il vostro dovere rafforzerà la nostra nazione
nella sua lotta per la sopravvivenza. Adolf Hitler.” La battaglia finale era vicina. Nell’attesa che le due corazzate
King George V e la Rodney arrivassero sul posto, cinque cacciatorpediniere assunsero una posizione “ a rete” attorno
alla Bismarck. Si trattava del Cossack, del Maori, dello Zulu, del Sikh e del cacciatorpediniere polacco Piorun. A
causa delle condizioni meteo e dell’oscurità le navi persero contatto visivo verso le 4. Mentre il cielo si schiariva
arrivò un'altra nave inglese da sud, l’incrociatore Dorsetshire. I marinai della Bismarck attendevano ansiosamente
l’alba poiché il Gruppo Ovest aveva comunicato che sarebbero decollati dei bombardieri dalla Francia e una flotta di
U-Boot era in avvicinamento. Anche se il tempo peggiorava, erano notizie che infondevano speranza. Arrivò anche
un messaggio di Hitler: “Tutta la Germania è con voi. Quello che può essere fatto, sarà fatto. L’adempimento del
vostro dovere rafforzerà il nostro popolo nella lotta per il suo destino.” Tovey intanto pianificava l’attacco per la
mattina seguente. La King George V e la Rodney si sarebbero avvicinate, da ovest, con il vento in poppa, avendo di
prua i tedeschi che avrebbero avuto alle spalle le prime luci del mattino. Le due corazzate inglesi si sarebbero
avvicinate, velocemente, di prua, per offrir minor bersaglio ed eventualmente avrebbero avuto l’appoggio della
Norfolk da nord e del Dorsetshire da sud. Tovey contava inoltre sulla stanchezza accumulata dai telemetristi e dai
direttori di tiro della Bismarck, che erano già stati in tensione per quattro giorni e quattro notti. Giunse infine il giorno
e la battaglia ebbe inizio. Era il 26 maggio 1941. Alle 08.43, le corazzate britanniche entrarono in contatto con la
Bismarck avvicinandosi di poppa a sinistra. Alle 8.47 fu la vecchia corazzata Rodney a sparare la salva d’apertura
seguita dalla King George V. Dopo pochi minuti la Bismarck, ben che impossibilitata a manovrare, rispose al fuoco.
Alle 08.59, dopo solo dodici minuti di battaglia, un proiettile da 406 millimetri della Rodney esplose presso le torri
prodiere della Bismarck, mettendole fuori uso. Subito dopo, una granata da 203 millimetri della Norfolk distrusse la
centrale di tiro prodiera. La battaglia era appena iniziata e già la Bismarck lottava con un occhio cieco e una mano
troncata. Verso le 09.15, anche la centrale di tiro poppiera andò fuori uso. Le artiglierie, poche rimaste, continuarono
a sparare in modo confuso ed impreciso. Alle 09.23, la Bismarck sparò la sua ultima salva. Intanto i britannici
continuavano a rovesciare sui tedeschi una grandinata di proiettili diminuendo sempre più la distanza. Tovey aveva
l’ordine di affondare la Bismarck. Gli inglesi spararono contro i tedeschi 2876 granate, 719 delle quali di grosso
calibro. Circa 400 granate colpirono la nave che pur essendo un relitto in fiamme, non affondava. Il fuoco continuò
ben che la Bismarck fosse una carcassa semidistrutta con incendi che divampavano, ovunque, mentre i marinai
tedeschi già abbandonavano la nave. Alle 10.15 Tovey ordinò di cessare il fuoco. Mentre i proiettili colpivano ancora
la Bismarck, fu dato l’ordine di auto-affondarsi e di abbandonare la nave. Gli uomini si radunavano sui ponti, i
proiettili inglesi continuavano ad esplodere. In meno di un amen, i ponti si riempirono di sangue e di pile di cadaveri.
Gli inglesi abbandonavano il teatro della battaglia, alle 10.29 giunse nei pressi della Bismarck, il Dorsetshire che
lanciò un siluro, poi un altro alle 10.36. Alle 10.39, la Bismarck affonda. Sulla scena, insieme al Dorsetshire, arrivò
anche il cacciatorpediniere Maori per raccogliere i superstiti. Nelle gelide acque dell’Oceano si trovavano più di 1000
uomini, molti dei quali feriti o mutilati, tutti coperti da una coltre di nafta. Le navi inglesi lanciarono delle cime, ma
pochi erano in grado di arrampicarsi fin sopra la nave. Poco dopo il Dorsetshire comunicò un probabile avvistamento
(mai confermato) di U-Boot in zona. Le navi britanniche abbandonarono rapidamente la zona. In tutto furono
recuperati 110 uomini, mentre altre centinaia furono lasciate nell’Oceano deserto. Altri tre uomini furono salvati
dall’U-Boot U-47, verso le 19,00. Altri due, furono tratti in salvo dalla nave meteorologica Sachsenwald, verso le
22.35. Sul luogo dell’affondamento fu mandato l’incrociatore spagnolo Canarias, ma non trovò che relitti e cadaveri
per poi rinunciare definitivamente il 30 maggio. Di un equipaggio di 2206 ne furono tratti in salvo 115. La notizia
dell’affondamento fu un tonico per gli inglesi e Churchill ne comunicò notizia alle ore 11,00, del 27 maggio. Il giorno
dopo, Churchill scrisse un promemoria segretissimo a Sir Dudley Pound, Primo Lord del Mare. L’argomento era il
Prinz Eugen, sempre al largo da qualche parte nell’Oceano. Churchill sperava di coinvolgere gli Stati Uniti nella
cattura dell’incrociatore tedesco, precipitando in tal modo la situazione. Le sibilline parole di Churchill furono:
“Sarebbe meglio che fosse localizzato da una nave degli Stati Uniti, il che potrebbe indurlo ad aprire il fuoco,
provocando un incidente per il quale il governo degli Stati Uniti sarebbe molto riconoscente…”.
A mezzogiorno, Hitler fu informato dell’affondamento della Bismarck. Fin dal primo istante era stato contrario
all’uscita della corazzata nell’Atlantico. Alla collera del Führer, Reader rispose con il ragionamento: “Se la perdita
era un duro colpo, era servita ad uno scopo importante”. Nella ricerca della Bismarck, gli inglesi avevano impegnato
cinque corazzate, tre incrociatori da battaglia, due portaerei, tredici incrociatori, trentatré cacciatorpediniere e otto
sottomarini. Una diversione come questa aveva senza dubbio contribuito al successo dell’invasione di Creta. Questa è
un'altra storia……….
La rotta della Bismarck e delle Navi inglesi
Per chi desiderasse approfondire l’argomento trattato, offriamo una
breve bibliografia:
L. Kennedy, Caccia alla Bismarck, Edizioni Mondadori, Milano, 1997
B.B. Schofield, La fine della Bismarck, Ediz. Mursia, 1990
R.D. Ballard, Il ritrovamento della Bismarck, Edizioni Mondadori, Milano, 1990
L’ammiraglio Gunther Lutjens
Marinai della Bismarck sul ponte della loro nave
“La guerra è il dominio del pericolo;
il coraggio è quindi innanzitutto
la prima qualità dell’uomo di guerra”.
Il comandante Ernst Lindeman
Karl von Clausewitz
VI CONSIGLIAMO DI.....
Il testo che vi presentiamo rappresenta una perla miliare per chi vuole approfondire e capire gli
ultimi eventi targati USA. Esso è la logica continuazione degli altri due precedenti lavori: “11
settembre, colpo di stato in USA” e “Chi comanda in America”.
Avvalendosi di fonti il più attendibili possibile (fra cui giornali di vari paesi, siti Internet, inchieste
poco seguite dalla stampa, fughe di notizie, contraddizioni nelle versioni ufficiali dei fatti, inchieste,
ecc...) l'autore ci aiuta a capire il complesso intreccio di interessi e di personaggi che si cela dietro il
paravento della cosiddetta “guerra al terrorismo” continuamente propinataci dai mass-media da
ormai tre anni.
Il testo è di facile lettura ed accessibile a tutti e riporta in nota, in fondo ad ogni pagina, le fonti da
cui sono state acquisite le notizie, di volta in volta citate.
Fra i fattori scatenanti della famigerata “guerra al terrorismo”, oltre agli interessi geolopitici ed
energetici, l'autore include anche il fanatismo biblico protestante della destra cristiana conservatrice
americana che ha un ruolo caratteristico nella forma mentis dello staff dell'attuale presidente USA.
Fattore, questo, poco conosciuto e praticamente ignorato dai media, ma che ha il suo peso non
indifferente nelle decisioni del governo statunitense. Per approfondire questo discorso, però, è
meglio fare riferimento a “Chi comanda in America”, che sviluppa meglio quest'aspetto.
Proseguendo con la lettura del libro, si avrà anche modo di capire meglio il ruolo dei servizi segreti
nell'intera vicenda (“guerra al terrorismo” e situazione in Medioriente), ed emergerà anche qualche
nuovo elemento d'analisi fra cui il traffico di diamanti in Africa. Insomma, le sorprese non
mancano!
Il testo non è particolarmente lungo ed è suddiviso in 15 capitoli cui segue poi un'appendice
d’approfondimento in tre parti. Una di quest’appendice esamina il ruolo della superpotenza nel
continente africano, argomento tabù per i mezzi d'informazione ufficiali, mentre le altre due
riguardano sempre questo multiforme e non ben identificato “terrorismo”.
Non si trova in tutte le comuni librerie, ma più facilmente in quelle che vendono abitualmente testi
dedicati alla controinformazione.
“Osama Bin Mossad”, Casa Ed. Effedieffe. Prezzo: 11 Euro
Quadrelli Roberto