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Stefano Micelli, Marco Simoni, Irene Tinagli Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 1 Stefano Micelli, Marco Simoni, Irene Tinagli Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 2 RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano Alessio Liquori e Raoul Minetti per il contributo fondamentale alla stesura delle tre proposte. Ringraziano altresì sentitamente Fabrizio Baroni, Innocenzo Cipolletta, Giuseppe De Rita, Maurizio Ferrera e Nicola Rossi per gli utilissimi commenti su una stesura preliminare. Grazie a Marco Palillo per il prezioso aiuto nelle attività di ricerca e di benchmark internazionale. Un ringraziamento particolare a Stefania Multari di Confartigianato e Enrico Amadei della Confederazione Nazionale della Piccola e Media Impresa. L’appendice statistica è stata realizzata da Sergio de Ferra, dottorando della London School of Economics. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 3 Indice 1. INTRODUZIONE. Giovani e lavoro: la vera emergenza nazionale 5 2. C A PITOLO 1. Il mondo fuori: analisi e confronto internazionale di Irene Tinagli 8 3. C A PITOLO 2. Tre proposte per ripartire dai giovani di Marco Simoni 39 4. CAPITOLO 3. Il caso dell’artigiano: un’occasione per crescere di Stefano Micelli 53 5. APPENDICE STATISTICA. I numeri del quindicennio perso (1994 – 2009) di Sergio de Ferra 68 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 4 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 5 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile INTRODUZIONE Giovani e lavoro: la vera emergenza nazionale L’Italia deve ricominciare ad investire sul proprio futuro. Da troppo tempo lo sguardo della politica ha smesso di puntare avanti, schiacciando il nostro paese sul presente e sul passato, togliendogli slancio e prospettiva. È urgente invertire questa tendenza, occuparsi del presente pensando al tempo prossimo e a dove vogliamo che l’Italia sia tra cinque, dieci anni. Mossi da questa convinzione abbiamo elaborato la campagna che presentiamo in queste pagine, una campagna corredata da una serie ampia di proposte che offriamo al dibattito pubblico e politico. Abbiamo scelto di concentrarci sulla disoccupazione giovanile e sulle politiche per contrastarla, perché il tema dei giovani non è un dettaglio ma il cuore di un grande paese. Pensiamo che l’allarmante, a volte tragica, situazione economica vissuta dalla maggioranza dei giovani del nostro paese sia la vera urgenza nazionale e il frutto più chiaro del fallimento della politica degli ultimi quindici anni. Concentrarsi sul tema dei giovani significa, dunque, occuparsi di molte cose: della parte più fresca e creativa del paese, del futuro di tutti noi e di una politica che torni a mettere al centro della discussione il bene comune. Il bene comune non è una ricetta preconfezionata ma frutto dell’elaborazione, dell’approfondimento e della discussione pubblica. Eppure, nei mesi durante i quali i bollettini dell’ISTAT diramavano dati sempre più allarmanti sulla condizione delle giovani generazioni, abbiamo sentito poche idee e poche proposte arrivare da chi dovrebbe occuparsi non solo di amministrare il presente ma di costruire il futuro. La disoccupazione giovanile in Italia è molto più alta della media dei paesi dell’Europa occidentale, nel nostro paese è più facile essere disoccupati se si è giovani rispetto a qualsiasi altra classe di età. Non c’è da stupirsi, dunque, se siamo il paese in cui i giovani adulti fanno più fatica ad uscire dalla casa dei propri genitori o se la natalità è più bassa di quanto si registri in Germania, Francia o Inghilterra. Negli ultimi dieci anni il reddito pro capite in Italia è calato, mentre aumentava, sia pur di poco, nei paesi a noi vicini. Le conseguenze della stagnazione economica italiana sono avvertite soprattutto dai giovani. E questo significa che – a meno di un intervento tempestivo – la prospettiva è ancora più difficile della situazione di oggi, perché la stagnazione economica sta indebolendo socialmente ed economicamente la spina dorsale dell’Italia del futuro prossimo. www.italiafutura.it 5 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 6 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile In altre parole, quello dei giovani non è uno tra i tantissimi problemi che affliggono il nostro paese ma la questione centrale sulla quale concentrarsi per tornare a investire sul futuro, invertire la spirale del declino e tornare a trovare le ragioni dell’orgoglio nazionale anche per quello che facciamo, oltre che per quello che siamo. Le statistiche e le analisi economiche sono importanti per comprendere le dimensioni e la gravità del problema che abbiamo davanti e, soprattutto, per elaborare risposte efficaci. Ma per riconoscere l’urgenza di mettere in moto buone politiche è sufficiente ascoltare i racconti, le storie, la vita vissuta dai giovani italiani. Migliaia di risposte sono arrivate sul nostro sito web, in cui chiedevamo una testimonianza sul mondo del lavoro. Una parte, largamente maggioritaria, racconta storie difficilissime. La storia di chi non riesce a trovare lavoro e vede mortificate le proprie capacità: è anche la storia di una società che rinuncia a quelle competenze e quell’entusiasmo. Sono meno drammatici i racconti di chi, scoraggiato da troppe barriere, ha deciso di trovare fortuna altrove, generalmente con buoni risultati. C’è da essere orgogliosi della capacità dei giovani italiani di mietere successo in giro per il mondo, ma c’è da preoccuparsi per la nostra incapacità di attrarre talenti o mantenere i nostri. Gli inglesi lo chiamano brain drain, la bilancia commerciale delle intelligenze, che ci vede posizionati sempre peggio rispetto agli altri paesi europei. Le altre storie difficili si concentrano sul lavoro precario, che estende le sue caratteristiche alla vita delle persone; la mancanza di trasparenza, e a volte la corruzione; il senso di impotenza davanti a politiche miopi e corporative: tratti distintivi di un paese che non cura il futuro. Eppure, in un contesto difficile, con risorse economiche sempre più ridotte, con opportunità negate, nonostante grandi ostacoli, i giovani italiani sono protagonisti di grandi sforzi e di un lavoro silenzioso ma fondamentale che ha aiutato l’Italia a non declinare ulteriormente, a non trasformare le enormi difficoltà in una resa. E, sempre senza negare i contesti difficili, sono tante anche le storie di orgoglio che abbiamo ricevuto. Di giovani ricercatori che portano avanti le nostre università. Di chi, tra mille ostacoli burocratici porta avanti l’azienda familiare, o cerca di iniziare una piccola attività artigiana, preservando e innovando con grande entusiasmo le nostre tradizioni. Abbiamo ricevuto le tante storie di giovani lavoratori e professionisti senza i quali la nostra economia non potrebbe funzionare. Persone spesso con un contratto flessibile che sanno di essere indispensabili per l’azienda, la pubblica amministrazione, la scuola o l’ospedale nei quali lavorano. Noi siamo convinti che l’Italia di oggi sia una combinazione di declino e potenzialità. Di opportunità negate, di rendite prepotenti che convivono accanto ad una straordinaria capacità di lavoro, di dedizione, di impegno. Dipende, dunque, dalla politica e dai decisori pubblici la scelta di quale strada prevarrà: se quella del declino inevitabile, di una nazione che tra le tante spaccature dovrà annoverare anche quella del ritorno dell’emigrazione di massa e della disoccupazione crescente, con punte estreme nel meridione, oppure quella della ripresa eco- www.italiafutura.it 6 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 7 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile nomica fondata sul lavoro, che offre opportunità soprattutto ai giovani di mettere le loro energie nelle istituzioni, nelle aziende, nei luoghi di lavoro in cui si trovano, sicuri che il loro impegno sarà riconosciuto fino in fondo. Noi crediamo che la differenza tra la prima e la seconda possibilità, tra declino e futuro, passi anche dall’impegno. Ed è con senso di partecipazione civica che Italia Futura ha preparato questa campagna, coinvolgendo studiosi, professionisti, esperti, appassionati e volontari. Il lavoro di queste pagine comprende tre parti. La prima è quella dell’analisi, per capire nel dettaglio quanto è rilevante il problema della disoccupazione giovanile e cosa si fa nel resto del mondo. Irene Tinagli traccia un quadro molto difficile, sottolineando quanto nel nostro paese la crisi abbia colpito soprattutto i giovani, mentre la politica ha deciso di sottovalutare il problema. Allo stesso tempo, lo sguardo sui nostri vicini europei ci mostra un’amplissima varietà di interventi possibili per invertire la rotta. La seconda parte è quella delle proposte. Marco Simoni ne individua tre, che riguardano il fisco e l’evasione fiscale, l’imprenditoria giovanile e la formazione del capitale umano. Sono proposte che non esauriscono la necessità di interventi ampi di politica economica per rilanciare la crescita. Ma sono proposte che, se attuate, potrebbero attivare circoli virtuosi di conoscenza, produttività e crescita, mentre riannodano il tessuto del patto fiscale logorato. La terza parte suggerisce un focus importante che proponiamo alla discussione: quello sull’artigianato. Stefano Micelli spiega come l’artigianato sia uno degli anelli di congiunzione più forte tra l’economia globalizzata e la nostra cultura, uno dei modi con i quali l’Italia può girare la globalizzazione a suo vantaggio e crescere grazie all’apertura dei mercati anziché temerla e averne paura: a patto di compiere alcune precise scelte politiche. L’appendice a questi capitoli offre al lettore un ampio compendio di dati comparati, utili alla lettura ma, soprattutto, a fotografare la situazione di estrema difficoltà della nostra economia e della nostra società. Il nostro punto di partenza è netto: il tema dell’occupazione giovanile è la vera emergenza nazionale e, come ogni questione complessa, va affrontata con strumenti adeguati e multiformi, parte dei quali è individuata nelle pagine che seguono. Come sempre, offriamo le nostre competenze e le nostre analisi al dibattito, lanciando una campagna di discussione che coinvolgerà migliaia di italiani di tutte le età, convinti che sia ora di voltare pagina. www.italiafutura.it 7 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 8 C A P I TO L O 1 IL MONDO FUORI: ANALISI E CONFRONTO INTERNAZIONALE di Irene Tinagli 1. Disoccupazione giovanile: agire ora per cambiare il futuro 2. Il fenomeno: dati e confronto internazionale 11 3. Analisi: possibili cause e fattori collegati 15 3.1 Istruzione e abbandono scolastico 15 3.2 Formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro 18 3.3 Precarietà e qualità del lavoro 4. 9 21 Quali politiche? 25 4.1 Politiche per l’istruzione 25 4.2 Formazione professionale 27 4.3 Ammortizzatori sociali 30 4.4 Incentivi fiscali per l’assunzione di giovani 34 4.5 Misure normative relative al mercato del lavoro: il contratto unico 35 4.6 Promozione e supporto della cultura imprenditoriale 36 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 9 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 1. Disoccupazione giovanile: agire ora per cambiare il futuro La crisi economica globale ha colpito in modo particolarmente grave le generazioni più giovani, sia in Europa che negli Stati Uniti. L’Italia, che grazie alla cassa integrazione è riuscita ad attutire, in parte, gli effetti sull’occupazione “adulta”, ha tuttavia ceduto in maniera preoccupante sul fronte di quella giovanile. Stando agli ultimi dati disponibili, oggi in Italia circa il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è disoccupato. Sono giovani che non studiano più, che magari hanno conseguito il diploma o la laurea, che cercano lavoro, ma che non trovano niente. A questi andrebbero poi aggiunti quelli che non cercano nemmeno più. A che serve gloriarsi della relativa tenuta dell’occupazione “adulta”, quando abbiamo oltre due milioni di giovani in uno stato di totale smarrimento e abbandono? È come se gli effetti peggiori della crisi fossero stati scaricati su di loro. Ma scaricare il peso di questa crisi sui giovani significa buttare dalla finestra quello che ben presto busserà alla porta come un dramma di portata ancora maggiore. La disoccupazione giovanile ha pericolosi effetti di lungo periodo. Numerose ricerche hanno dimostrato che essere disoccupati da giovani influenza pesantemente gli sviluppi di carriera e, in modo particolare, i livelli retributivi futuri. Questo ha effetti non solo sulla vita dei giovani in questione ma sull’economia del Paese, che si ritroverà con una forza lavoro più debole, che verserà meno contributi e tasse nelle casse dello stato e avrà una capacità di consumo più bassa. Come se non bastasse la disoccupazione ha un effetto significativo sulla salute psicologica e fisica dei giovani. Ormai da anni studi scientifici dimostrano come il trovarsi disoccupati aumenti la probabilità per i giovani di essere vittime di criminalità, alcolismo, droga, incidenti e suicidi1. Nonostante la gravità della situazione e delle sue ricadute future, in Italia molti politici tendono a minimizzare il fenomeno. D’altronde un giovane tipicamente non ha una famiglia da mantenere e può spesso contare sulla famiglia di origine come ammortizzatore per le sue difficoltà economiche, quindi gli effetti sociali del fenomeno non si vedono subito. Ma questo non può tranquillizzarci e giustificare l’inazione alla quale stiamo assistendo. Il Piano di azione per l’occupazione dei giovani, “Italia 2010”, lanciato dal Governo nel Settembre 2009, presenta considerazioni giuste ed interessanti riguardanti il fenomeno e le sue cause, Per approfondimenti si rimanda agli studi condotti da Anne Hammarström presso il Dipartimento di Medicina Sociale dell’Istituto Karolinska a Luleå, in Svezia. 1 www.italiafutura.it 9 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 10 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ma purtroppo non indica né quali siano in concreto le misure al vaglio del governo né tantomeno quando saranno implementate. L’Italia non può più permettersi di lasciare in sospeso le centinaia di migliaia di giovani che sono, oggi, senza lavoro e senza prospettive. Lavorare per aiutare questi giovani significa lavorare per ricostruire un paese non solo più competitivo, ma più forte, più ottimista e felice. E occorre farlo oggi, non domani. L’analisi proposta nel presente documento si pone un duplice obiettivo. Da un lato, quello di capire le dimensioni reali del fenomeno anche in relazione agli altri paesi europei. Dall’altro, quello di identificare, attraverso un lavoro di confronto internazionale, le dimensioni più critiche sulle quali intervenire per arginare il fenomeno e alcune misure di policy rivelatesi utili in altri paesi. www.italiafutura.it 10 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 11 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 2. Il fenomeno: dati e confronto internazionale Dall’analisi comparata dei dati italiani con quelli di un campione selezionato di paesi, emergono alcuni spunti interessanti di riflessione che aiutano ad inquadrare la questione dell’occupazione giovanile in Italia. > Innanzitutto, il primo elemento che emerge dai dati è come il tasso di disoccupazione giovanile in Italia sia uno dei più elevati tra i paesi europei. Gli ultimi dati disponibili, relativi a Settembre 2010, indicano un tasso del 26,4% (dato destagionalizzato). Si tratta di un dato inferiore solo ai tre paesi che più di ogni altro hanno sofferto della crisi: Spagna, Grecia e Irlanda (vedi Figura 1). D I S O C C U PA Z I O N E T R A I G I OVA N I ( 1 5 - 2 4 ) Spagna 42,5 32,1 Grecia Irlanda 29,1 Italia 26,4 Svezia 25 Francia 24,4 Belgio 24,4 EU27 20,3 EA16 20 19,8 Portogallo Regno Unito 19,2 Stati Uniti Danimarca 17,9 12,2 8,9 Austria Paesi Bassi 8,6 Germania 8,5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Figura 1. Disoccupazione tra i giovani 15-24, ultimo mese disponibile (Settembre 2010) Fonte: Eurostat www.italiafutura.it 11 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 12 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile > In secondo luogo, un’analisi più approfondita delle serie storiche e di altre caratteristiche del fenomeno mostra come la disoccupazione giovanile in Italia non sia legata solo alle dinamiche della disoccupazione complessiva, ma abbia sue caratteristiche peculiari e strutturali, che vanno oltre gli effetti della crisi e del sistema occupazionale nel suo complesso. Questo lo si vede da due dati chiave: innanzitutto dal fatto che, mentre per paesi come la Spagna o l’Irlanda, la disoccupazione giovanile è esplosa con la crisi, ma era ampiamente sotto controllo negli anni precedenti, la situazione italiana nel 2006 era già molto preoccupante rispetto ad altri paesi. Precisamente l’Italia aveva il secondo tasso più elevato d’Europa dopo la Grecia (vedi Tabella 1). Un altro elemento che mette in luce la specificità del fenomeno della disoccupazione giovanile in Italia è il fatto che essa ha un rapporto altissimo rispetto a quella degli adulti. La disoccupazione tra i giovani registra sempre, anche negli altri paesi, tassi più alti di quella rilevata tra gli adulti, ma normalmente si tratta di un rapporto che va da 2:1 (se si con- D I S O C C U PA Z I O N E – E T À 1 5 - 2 4 2009 2008 2007 Spagna Irlanda Grecia Italia Svezia Francia Belgio Finlandia Portogallo Regno Unito Stati Uniti Canada Australia Danimarca Germania Austria Norvegia Giappone Svizzera Paesi Bassi Media OCSE 37.9 25.9 25.8 25.4 25 22.4 21.9 21.6 20 18.9 17.6 15.3 11.6 11.2 11 10 9.2 9.1 8.2 7.3 16.4 24.6 12.5 22.1 21.3 19.4 18.1 18 15.7 16.4 14.1 12.8 11.6 8.9 7.6 10.4 8.1 7.5 7.2 7 5.6 12.7 18.2 10 22.9 20.3 18.9 18.7 18.8 15.7 16.6 14.4 10.5 11.2 9.4 7.9 11.7 8.7 7.3 7.7 7.1 6.3 12 2006 17.9 9.8 25.2 21.6 21.3 21.3 20.5 17.6 16.2 13.9 10.5 11.6 10 7.7 13.6 9.1 8.6 8 7.7 6.9 12.5 Tabella 1. Dati annuali: la disoccupazione giovanile prima e dopo la crisi www.italiafutura.it 12 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 13 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile fronta con la fascia 25-54) a 3:1 (se si confronta con quella 55-64). Vale a dire che la disoccupazione giovanile è generalmente due o tre volte superiore a quella adulta (a seconda della fascia di età alla quale si rapporta). In Italia, invece, la disoccupazione giovanile è di quasi quattro volte superiore a quella degli adulti in fascia di età 25-54 e addirittura più di sette volte superiore a quella degli adulti in età 55-64. Un dato che, come mostra la Tabella 2, non ha confronti con nessun paese Ocse considerato (a parte la Norvegia dove la proporzione tra disoccupazione giovanile e adulta è altissima semplicemente perché quest’ultima è quasi inesistente, circa all’1%). Persino la Spagna, che ha un tasso di disoccupazione giovanile alle stelle, non rileva uno squilibrio così alto tra disoccupazione giovanile e adulta, a dimostrazione del fatto che la questione “giovani” in Spagna è molto legata alla crisi e all’andamento generale dell’occupazione. Da noi invece, non sembra essere così, la disoccupazione tra i giovani, infatti, sembra avere una componente peculiare e strutturale che va oltre il problema generale della crisi e della disoccupazione totale. R A P P O RTO T R A D I S O C C U PA Z I O N E G I OVA N I (15-24) E A D U LT I Adulti in età 55-64 Adulti in età 25-54 Norvegia Italia Grecia Svezia Irlanda Belgio Austria Regno Unito Francia Finlandia Australia Spagna Svizzera Stati Uniti Portogallo Danimarca Canada Paesi Bassi Germania Media OCSE 8.36 7.47 5.61 4.81 4.32 4.29 4.17 4.11 3.56 3.43 3.41 3.13 2.93 2.67 2.60 2.38 2.19 1.92 1.38 2.88 3.68 3.63 2.90 4.03 2.40 3.22 2.38 3.10 2.91 3.27 2.58 2.30 2.22 2.12 2.15 2.15 2.15 2.35 1.51 2.25 Tabella 2. Il rapporto tra disoccupazione giovanile e adulta www.italiafutura.it 13 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 14 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile > Infine un’altra caratteristica preoccupante dell’occupazione/disoccupazione giovanile in Italia è l’elevata diseguaglianza territoriale.Vi sono regioni italiane in cui il tasso di disoccupazione giovanile si avvicina al 40%. Secondo un rapporto di Confartigianato pubblicato a Maggio 2010, nel 2009, in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni era superiore al 30%: in Sicilia al 38,5%, in Basilicata al 38,3%, in Campania al 38,1%, in Puglia al 32,6%, in Calabria al 31,8% e nel Lazio al 30,6%. In Sardegna addirittura risultava del 44,7%. Al contrario vi sono regioni in cui è di dieci o anche quindici punti percentuali inferiori alla media nazionale, come in Toscana (17,8%), in Valle d’Aosta (17,5%), in Veneto (14,4%) e in Trentino-Alto Adige (10,1%). La situazione del lavoro giovanile al sud sconta inevitabilmente questioni legate non solo ai giovani, ma più in generale allo sviluppo e alla crescita complessiva della zona, argomenti che vanno oltre gli scopi del presente lavoro. Ad ogni modo, molte delle considerazioni e analisi condotte in questa sede, come quelle riguardanti il ruolo dell’istruzione e della lotta all’abbandono scolastico, hanno un ruolo chiave in tutte le regioni italiane, a partire proprio da alcune aree del sud in cui abbandono scolastico e formazione dei giovani sono problematiche molto rilevanti. www.italiafutura.it 14 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 15 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 3. Analisi: possibili cause e fattori collegati Il fenomeno della disoccupazione giovanile è chiaramente legato a numerosi fattori. Nell’analisi ne abbiamo identificati tre ritenuti particolarmente critici, soprattutto in relazione alla situazione italiana: 1) istruzione e abbandono scolastico, 2) formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro, 3) qualità del lavoro e precarietà. 3.1 Istruzione e abbandono scolastico Nonostante ci sia una naturale preoccupazione per i giovani più istruiti che faticano a trovare lavoro, di fatto la disoccupazione giovanile è assai più pronunciata tra le persone che non terminano gli studi che tra i laureati e, in modo particolare, tra coloro che non riescono a terminare le scuole superiori. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Ocse, il tasso di disoccupazione tra coloro che non hanno terminato le scuole superiori è, in media, tre volte più alto del tasso di disoccupazione tra coloro che hanno un titolo universitario e quasi il doppio rispetto a coloro che hanno ottenuto un diploma superiore. In Italia, pur essendo tra i paesi in cui il titolo di studio garantisce di meno contro la disoccupazione, questo gap è comunque rilevante: il tasso di disoccupazione tra chi non finisce le superiori è quasi il doppio di quello rilevato tra chi ottiene il diploma. TA S S O D I D I S O C C U PA Z I O N E P E R T I TO L O D I S T U D I O Senza Con diploma Con diploma superiore superiore laurea Germania Spagna Belgio Stati Uniti Francia Canada Irlanda 16.5 13.2 10.8 10.1 9.8 9.1 8.2 7.2 9.3 5.7 5.3 5.6 5.5 4.8 3.3 5.8 3.2 2.4 4.0 4.1 3.0 segue www.italiafutura.it 15 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 16 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile continua dalla pagina precedente Finlandia Portogallo Italia Svezia Grecia Austria Regno Unito Norvegia Danimarca Paesi Bassi Media OCSE Media EU 19 8.1 7.6 7.4 7.1 6.8 6.3 6.2 3.8 3.5 3.4 8.7 10.6 5.4 6.6 4.6 4.1 7.2 2.9 3.7 1.3 2.2 2.1 4.9 5.3 3.3 5.8 4.3 3.3 5.7 1.7 2.0 1.3 2.3 1.6 3.2 3.2 Tabella 3. Tasso percentuale di disoccupazione (25-64) per titolo di studio Fonte: Oecd, Education at a lance 2010, i dati si riferiscono al 2008 Questi differenziali si riscontrano anche nella probabilità di un giovane tra i 20 e i 29 anni di essere “neet”, ovvero non inserito né in un percorso di studio né in alcuna forma di attività lavorativa. Le percentuali di giovani in condizione di “neet” sono in media circa il doppio tra quelli che non hanno terminato le superiori rispetto a chi, invece, ha ottenuto il diploma. Un gap che tende ad attenuarsi con l’età ma che è particolarmente accentuato tra i giovani nella fascia di età tra i 20 e i 24 anni. ETÀ 20-24 Senza Con diploma diploma superiore superiore Austria Danimarca Paesi Bassi Francia Irlanda Belgio Regno Unito 13.4 5.8 2.6 21.5 15.8 17.8 16.5 2.8 1.5 0.7 6.2 4.6 5.2 5.2 ETÀ 25-29 Con laurea n.d. n.d. n.d. 4.1 3.9 6.2 4.4 Senza Con Con diploma diploma superiore superiore 10.7 4.2 2.4 15.2 9.4 14.8 7.1 2.3 n.d. 1.0 8.9 4.9 7.1 4.6 laurea n.d. 2.3 0.6 4.4 2.7 3.9 1.9 segue www.italiafutura.it 16 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 17 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile continua dalla pagina precedente Spagna Finlandia Portogallo Stati Uniti Canada Germania Svezia Grecia Italia Media OCSE Media EU 19 16.8 10.8 10.4 13.7 10.5 11.1 13.6 14.1 11.9 13.2 14.2 6.1 4.5 4.3 5.9 5.2 5.6 7.0 7.5 7.2 4.9 5.0 6.6 n.d. 17.3 4.5 4.0 4.1 n.d. 20.0 6.6 7.3 7.7 12.7 n.d. 8.3 9.6 10.5 16.2 9.8 9.8 9.1 10.8 11.7 7.6 4.8 6.8 6.9 6.0 6.1 4.4 10.6 6.2 5.5 5.8 6.2 3.0 10.8 2.4 3.4 3.3 2.9 12.9 7.3 4.5 4.6 Tabella 4. Giovani non occupati né in programmi di formazione (%) per età e titolo di studio Fonte: Ocse Non solo ma, sempre secondo i dati dell’Ocse, nella maggioranza dei paesi sviluppati le persone con un titolo di istruzione universitaria (equivalente alla nostra laurea specialistica) guadagnano almeno il 50 % in più di quelle con il diploma di scuola superiore. Così come i differenziali di salario tra chi possiede un diploma di scuole superiori e chi ha solo una licenza di scuola media vanno dal 15 al 30%. Differenziali salariali che sono analoghi a quelli riscontati anche in Italia, pur con qualche particolarità (in Italia per esempio, tali differenziali sembrano diminuire per le fasce d’età più giovani, e il titolo di laurea, pur avendo un effetto positivo sui redditi di lungo periodo di chi trova lavoro, non sembra aumentare però in modo sostanziale la probabilità di trovare lavoro tra i più giovani, così come mostrato anche in tabella). È evidente quindi che l’istruzione e l’abbandono scolastico durante le scuole superiori (“dispersione scolastica”) sono una dimensione chiave della lotta alla disoccupazione giovanile. Si tratta di quel fenomeno che in ambito internazionale è chiamato “early school leavers” e che determina una grave carenza delle competenze di base necessarie per una partecipazione attiva al mercato del lavoro. Proprio per la sua importanza per la crescita e la competitività di un paese, questo indicatore era stato incluso tra gli obiettivi della conferenza di Lisbona, che aveva fissato come obiettivo per il 2010 la riduzione della quota media degli early school leavers al 10%. www.italiafutura.it 17 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 18 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Su questo fronte l’Italia si trova in una situazione molto difficile perché, nonostante alcuni miglioramenti registrati negli ultimi anni, ha ancora uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d’Europa, pari a circa il 20%. Un dato che, stando alle fonti Ocse, è dieci punti sopra l’obiettivo di Lisbona, e molto superiore a quello di altri paesi europei come Francia, Germania, Danimarca e Belgio che sono tra l’11% e il 12%. Fa peggio di noi solo la Spagna, che, non a caso, ha una disoccupazione giovanile che sfiora il 42%. In sintesi, oggi in Italia un ragazzo su cinque non consegue né diploma né qualifica professionale e 19.000 studenti sembrano letteralmente “scomparire” dopo essersi iscritti al primo anno della scuola secondaria superiore. In alcune regioni come Sardegna e Sicilia, il 30% di ragazzi è fornito unicamente della licenza media. Questo fenomeno rappresenta un ostacolo enorme per lo sviluppo sia di questi giovani che di molte nostre regioni e del paese nel complesso. Tanto più che, proprio nelle regioni del meridione, l’impatto dell’istruzione su occupazione e salari futuri è particolarmente accentuato e, intervenendo sulla riduzione della dispersione scolastica in queste aree, si potrebbero ottenere grandi progressi nella lotta alla disoccupazione giovanile. Secondo uno studio condotto dalla Banca d’Italia, i vantaggi della maggiore istruzione si accentuano nelle aree più deboli del paese e per i gruppi più svantaggiati. Nel Mezzogiorno, nel 2007 erano nelle forze di lavoro il 74% dei laureati, il 63% dei diplomati e solo il 51% delle persone con un diploma di scuola media. Un congruo investimento da parte dello Stato in istruzione verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali, a parità di prelievo, e dai minori costi derivanti dall’aumento del tasso di occupazione. Lo studio mostra quindi che, nel lungo periodo, la maggior spesa pubblica necessaria a finanziare un dato aumento del livello di istruzione, sarebbe più che compensata, specie nelle regioni meridionali, dall’aumento delle entrate fiscali, a parità di struttura di prelievo, e dai minori costi derivanti dall’aumento del tasso di occupazione. In media, il rendimento fiscale sarebbe infatti compreso tra il 3,9% e il 4,8% nel caso di co-finanziamento e sarebbe solo lievemente inferiore nel caso in cui la spesa gravasse interamente sul bilancio pubblico. 3.2 Formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro Le analisi condotte tra i paesi europei mostrano il ruolo fondamentale della formazione professionale e dell’apprendistato come modi per facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, con particolare riferimento a coloro che non perseguono percorsi di studio universitari. Non è un caso se i paesi con i più bassi tassi di disoccupazione giovanile sono proprio quelli che hanno un sistema di formazione professionale più sviluppato e funzionante come Germania, Austria, e Danimarca. La chiave di successo della formazione in questi paesi sembra essere soprattutto il collegamento molto forte tra formazione e percorsi di apprendistato. In Germania, per esempio, i due strumenti fanno parte dello stesso percorso di www.italiafutura.it 18 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 19 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile preparazione al mondo del lavoro, per questo il sistema di formazione professionale tedesco si chiama “sistema duale” di alternanza scuola-lavoro, che viene organizzato in due luoghi di formazione: la scuola, Berufsschule, e l’azienda. In Italia, invece, la formazione tecnica e professionale è una cosa separata e ben diversa dai percorsi di apprendistato, ed entrambi gli strumenti non risultano ancora sufficientemente sviluppati e funzionanti. La formazione tecnica e professionale in Italia non ha quell’immagine positiva e “professionalizzante” che ha in altri paesi e forse questa percezione della scuola professionale come una scuola “di ripiego” la rende una scelta poco perseguita dai nostri giovani. Mentre in Germania oltre il 50% dei giovani sceglie un percorso di studi tecnico-professionale, una percentuale che sale al 60% nei Paesi Bassi e addirittura all’80% in Austria (dati Eurostat), in Italia queste scuole hanno un peso minoritario nelle scelte dei giovani. Né sembra, almeno dai primi segnali, che la riforma della scuola superiore operativa da Settembre 2010 sia sufficiente a modificare significativamente la situazione. Secondo i dati del MIUR l’istruzione professionale in Italia ha registrato nel 2010 un calo delle iscrizioni del 2% fermandosi al 20%, contro il 49,3% dei Licei e il 31% degli istituti tecnici. E, questo, nonostante prima della crisi economica tra i diplomati tecnici e professionali, a tre anni dal titolo, lavorassero il 75,5% (81% per gli istituti ad indirizzo industriale) dei giovani contro il 26,8% dei liceali (23% per i licei classici). Sul fronte dell’apprendistato la situazione è ancora più complessa e preoccupante. Negli ultimi 10-15 anni si sono succeduti vari interventi legislativi in materia (dalla L.196/97, alla 276/03 fino all’art. 23 della L.112/08).Tuttavia questa attenzione normativa non è stata, fino ad ora, in grado di risolvere i nodi più critici dell’apprendistato e di renderlo un valido strumento per la formazione dei giovani e la loro occupabilità. Al contrario, i continui mutamenti dello scenario normativo di riferimento sembrano aver generato ulteriori confusioni e rallentato in molti casi il processo di diffusione di questo strumento e la sua efficacia. Nel complesso, le varie forme di apprendistato2 coprivano nel 2008 il 17% dell’occupazione tra i 15 e i 29 anni. Un dato in diminuzione nell’ultimo anno: mentre nel 2008 gli apprendisti sono stati 646 mila, nel 2009 il numero è sceso a 567 mila, un calo del In Italia esistono tre tipologie di apprendistato (L.276/2003): a) contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione: possono essere assunti in tutti i settori di attività i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto i 15 anni. Ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio di competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego, o dai soggetti privati accreditati mediante l’accertamento dei crediti formativi secondo quanto stabilito dalla legge n. 53 del 28 marzo 2003. La registrazione della qualifica conseguita va effettuata nel libretto formativo; b) contratto di apprendistato professionalizzante: possono essere assunti in tutti i settori di attività i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Tale contratto è finalizzato al raggiungimento di una qualificazione professionale attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali. Il riconoscimento dei risultati raggiunti viene certificato nel libretto formativo; c) contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione: tramite tale tipologia possono essere assunti, in tutti i settori di attività, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di titoli di studio di livello secondario, universitari, dell’alta formazione e la specializzazione tecnica superiore. 2 www.italiafutura.it 19 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 20 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 12%. Ma al di là della diminuzione quantitativa dell’apprendistato la notizia più preoccupante è che solo il 20% dei giovani in apprendistato riceve qualsiasi tipo di formazione. E in molti casi i giovani che sono inseriti in attività di formazione non completano il percorso. In Italia, in media, solo il 64% termina il percorso formativo previsto (dati Isfol). Non solo, i rapporti di monitoraggio dell’Isfol riportano come spesso gli stessi programmi di formazione non coprono tutte le ore previste per legge. In sintesi l’apprendistato, che in molti altri paesi rappresenta un perno fondamentale nella lotta alla disoccupazione giovanile, è uno strumento che in Italia non riesce ancora a decollare, vittima di enormi ritardi nell’applicazione delle normative e dell’accavallarsi di riforme che intervengono quando le precedenti non sono ancora completate (come nel caso della riforma introdotta dall’art. 23 della L.112/2008). E, soprattutto, vittima di una frammentazione regionale altissima che va ben oltre il bisogno di andare incontro alle specificità del mercato del lavoro e che impedisce di dare ai giovani una base minima di competenze standard necessarie per un’adeguata crescita professionale. Basta pensare che la legge attualmente in vigore non fissa nemmeno gli standard minimi di formazione per l’apprendistato dei minori. Questa confusione normativa è forse una delle cause che ne ha determinato la scarsa diffusione dello strumento tra i giovanissimi, un vero peccato visto che potrebbe rappresentare uno strumento chiave per recuperare e tenere comunque all’interno di percorsi formativi quei ragazzi che non riescono a terminare gli studi. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio Isfol disponibile, “nel 2006 sono stati 36.905 i minori assunti con contratto di apprendistato: il 20,1% in meno rispetto all’anno precedente. Per il 2007 si conferma la tendenza ad occupare sempre meno i minori, che rappresentano ormai solo il 6,5% degli apprendisti occupati. Nonostante sia istituito il dirittodovere all’istruzione e formazione per i ragazzi fino a 18 anni, nel 2006 hanno partecipato alle attività di formazione esterna poco più di 8.800 apprendisti minori, scesi nel 2007 a 6.500 circa. La formazione esterna, quindi, raggiunge una quota modesta di adolescenti che espletano il diritto-dovere di istruzione e formazione in apprendistato, anche considerando che talora le attività formative organizzate coprono solo una parte del percorso obbligatorio di 240 ore.” Anche sulle altre forme di apprendistato i progressi sembrano lenti e modesti, anche se, per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, è intervenuta una nuova riforma volta a semplificarne l’utilizzo e aumentarne la diffusione.Tuttavia, anche questa riforma (introdotta dall’art. 23 della L.112/2008) presenta luci ed ombre. Motivata dal tentativo di semplificare le procedure e sbloccare lo stallo attuativo, la legge ha eliminato, tra le altre cose, sia il limite inferiore di due anni per la stipulazione di contratti sia la regolamentazione pubblica dei profili formativi. Questi ultimi, infatti, non sono più affidati a regioni e province autonome, ma alla contrattazione collettiva, ovvero ad aziende e sindacati. Il positivo intento semplificatore è controbilanciato da alcuni rischi importanti. Infatti, accorciando la possibile permanenza in azienda, si diminuisce ulteriormente l’incentivo ad investire nella formazione del giovane, un rischio reso più concreto www.italiafutura.it 20 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 21 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile dall’estromissione dell’ente pubblico che avrebbe dovuto garantire quell’elemento di formazione esterna necessaria per una preparazione di base più completa, solida e flessibile nonché a garantire un’uniformità degli standard qualitativi. Una scelta che, in un certo senso, ci allontana dai modelli come quello tedesco, imperniato su una forte compenetrazione tra formazione aziendale e formazione scolastica e un’alta collaborazione tra pubblico e privato. 3.3 Precarietà e qualità del lavoro Nel corso degli anni Novanta, in risposta ad un periodo di espansione economica che non generava posti di lavoro, molti paesi europei hanno avviato politiche volte a flessibilizzare il mercato del lavoro. In alcuni casi, come in Italia, queste iniziative più che modificare la regolamentazione delle forme di lavoro tradizionali , hanno introdotto nuove forme contrattuali a tempo determinato meno costose e più flessibili. Queste riforme hanno portato benefici per un certo periodo, dando impulso ad un calo sostanziale della disoccupazione in molti paesi, tra i quali spicca in modo particolare la Spagna, dove il tasso di disoccupazione è passato dal 22% all’8% nel 2007. Tuttavia gli iniziali entusiasmi non avevano tenuto conto di alcuni aspetti fondamentali. Innanzitutto, non modificando in modo sostanziale la flessibilità di chi era già stabilmente inserito nel mercato del lavoro, le riforme non hanno introdotto un vero dinamismo e ricambio nelle persone, competenze e modi di lavorare; né hanno indotto le imprese ad investire di più in formazione e ammodernamento della loro forza lavoro. In secondo luogo, e proprio a causa di quanto appena descritto, tali riforme non hanno contribuito a migliorare né la qualità del lavoro generato né la produttività del sistema nel lungo periodo (che ha visto uno stallo negli ultimi anni in paesi come la Spagna e addirittura un calo in Italia). Numerosi economisti a livello internazionale hanno analizzato questo fenomeno, mostrando che la diffusione del lavoro temporaneo è una misura che facilita sia la creazione che la distruzione di lavoro. Gli studi evidenziano inoltre che gli effetti di “distruzione” sono particolarmente pronunciati in quei sistemi, come la Spagna e l’Italia, in cui il divario tra flessibilità del lavoro temporaneo e rigidità di quello a tempo indeterminato è più pronunciato3. Altri hanno dimostrato come questa dualità del mercato del lavoro aumenti la sua volatilità e danneggi la produttività e la crescita del paese4. Altri addirittura sostengono che questa situazione, nel lungo periodo, possa avere effetti perversi e portare ad un aumento della disoccupazione5. In Bentolila S., P. Cahuc, J. J. Dolado, and T. Le Barbanchon (2010), “Unemployment and Temporary Jobs in the Crisis: Comparing France and Spain”, FEDEA, Madrid. 4 Boeri T. and P. Garibaldi (2007), "Two Tier Reforms of Employment Protection Legislation. A Honeymoon Effect?" Economic Journal,: F357-F385 5 Blanchard, O. J. and A. Landier (2002), “The Perverse Effects of Partial Labor Market Reform: Fixed Duration Contracts in France”, Economic Journal 112, 214-244.; Cahuc, P. and F. Postel-Vinay (2002), “Temporary Jobs, Employment Protection and Labor Market Performance”, Labor Economics 9, 63-91. 3 www.italiafutura.it 21 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 22 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Un elemento ancora più preoccupante è legato al fatto che, visto che la flessibilizzazione non ha toccato le posizioni lavorative già stabili, le nuove forme contrattuali sono state utilizzate per lo più per le nuove entrate nel mercato del lavoro, ovvero i giovani. Questo significa che intere nuove generazioni di lavoratori hanno avuto maggiore flessibilità nell’entrare nel mercato del lavoro, ma non altrettante nel costruirvi una carriera, poiché si sono scontrate con il muro della rigidità di chi è entrato prima di loro. Questo implica, per molti giovani, la permanenza per periodi più o meno lunghi in posizioni lavorative più deboli, meno gratificanti e peggio retribuite, con conseguenze negative non solo sulla loro vita privata, ma su tutta la capacità di crescita del paese (questa maggiore fragilità della forza lavoro si tradurrà infatti in minori consumi, minore contribuzione fiscale, minore produttività e minore crescita). In Italia sono precari il 10,7% dei lavoratori tra i 25 e i 54 anni (il 14,6% delle donne), una percentuale che sale al 44,4% tra i giovani con lavoro dipendente (15-24) con un incremento di 2 punti rispetto ai livelli pre-crisi. Altri paesi con elevati tassi di lavoro temporaneo tra i giovani sono Francia e Spagna (51,2% e 55,9%), che sono anche, probabilmente non a caso, paesi ad elevato tasso di disoccupazione giovanile. Al contrario, l’Austria si ferma al 35,6%, la Danimarca al 23,6 % e l’Inghilterra all’11, 9% (la media Ocse è del 24,5%). Sembra quindi emergere una correlazione positiva tra diffusione dei contratti temporanei e disoccupazione giovanile. In realtà vi sono anche paesi, come la Germania e l’Olanda, in cui tale correlazione appare invertita e dove si hanno elevati tassi di lavoro temporaneo tra i giovani ma bassi livelli di disoccupazione giovanile. Come si spiega questo fenomeno? Nel caso della Germania è dovuto al fatto che il lavoro temporaneo in quel paese è associato alla grande diffusione dell’apprendistato e del particolare sistema di alternanza scuola-lavoro. Un sistema che, se da un lato incrementa statisticamente i numeri del lavoro temporaneo, dall’altro, però, rappresenta una forma di lavoro temporaneo altamente formativo che aiuta i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro. Nel caso dell’Olanda, invece, il binomio “alto ricorso ai contratti temporanei e bassa disoccupazione giovanile” è legato al particolare sistema di ammortizzatori sociali e di agenzie ed enti intermedi di collegamento tra giovani e mondo del lavoro, che stimolano i giovani ad essere attivi e agevolano la transizione da un lavoro all’altro (vedi Box 3). In sostanza, gli unici casi in cui la diffusione di lavoro temporaneo tra i giovani è associata ad una maggiore probabilità di occupazione sono quelli in cui il lavoro temporaneo è legato all’esistenza di istituzioni terze, ben funzionanti, che aumentano la formazione e l’occupabilità dei giovani e a meccanismi di ammortizzatori sociali che supportano tali percorsi. In paesi come l’Italia e la Spagna, in cui gli istituti preposti a fare formazione professionale e a garantire i collegamenti tra formazione e lavoro sono debolissimi, il lavoro temporaneo non ha aiutato l’occupabilità dei giovani. www.italiafutura.it 22 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 23 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile L AVO R ATO R I T E M P O R A N E I – E T À 1 5 - 2 4 1994 2006 2007 2008 Germania Spagna Portgallo Svezia Francia Paesi Bassi Italia Finlandia Austria Belgio Norvegia Grecia Irlanda Danimarca Regno Unito Media OCSE 38 74,4 24,2 40,7 26,5 16,7 18 22 17,9 31,1 11,8 20,7 57,6 66,1 49,3 58,4 50,8 43,6 40,9 44,2 35,2 30 28,7 25 10,9 22,4 12,8 25,1 57,5 62,8 52,6 57,3 52,5 45,1 42,3 42,4 34,9 31,6 27,3 27 19,2 22,2 13,3 25,2 56,6 59,4 54,2 53,8 51,5 45,2 43,3 39,7 34,9 29,5 25,5 29,2 22 23,5 12 24,7 2009 57,2 55,9 53,5 53,4 51,2 46,5 44,4 39 35,6 33,2 32,4 28,4 25 23,6 11,9 24,5 Tabella 5. Giovani occupati con contratti temporanei come % degli occupati in età 15-24 Fonte: Ocse Germania e Olanda rappresentano però, casi abbastanza isolati. In generale, la diffusione del lavoro temporaneo tra i giovani, in Europa, non sembra aver migliorato in modo sostanziale l’occupazione nel lungo periodo. Se andiamo a vedere i dati della diffusione del lavoro temporaneo, tra i giovani in età 15-24 negli anni Novanta e l’andamento della disoccupazione 15 anni dopo nella fascia di età successiva (25-55), vediamo che, la correlazione tra le due variabili è positiva, vale a dire: a maggiori tassi di lavoro temporaneo, tra i giovani a metà degli anni ‘90, corrispondono maggiori tassi di disoccupazione tra gli adulti in età 25-55 nel 2008 e 2009. Un effetto che, come mostra la Figura 2 (alla pagina seguente), si nota sia prima dell’esplosione della crisi in Europa (confrontando il dato con la disoccupazione del 2008) sia, in modo più accentuato, nel periodo più caldo della crisi (disoccupazione del 2009). www.italiafutura.it 23 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 24 2 4 6 8 % lavoratori disoccupati 25-54 (2008) 10 20 0 % lavoratori temporanei 15/24 (1994) 0 % lavoratori temporanei 15/24 (1994) 20 40 40 60 50 80 60 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 2 5 10 15 20 % lavoratori disoccupati 25-54 (2009) Figura 2. Correlazione tra lavoro giovanile temporaneo e disoccupazione prima e durante la crisi www.italiafutura.it 24 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 25 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4. Quali politiche? Gli strumenti disponibili al legislatore per promuovere e supportare l’occupazione giovanile intervenendo sulle tre dimensioni chiave descritte in precedenza (istruzione, formazione, lavoro), sono di vario genere e spaziano dalle politiche per l’istruzione agli incentivi fiscali per l’assunzione, dagli ammortizzatori sociali all’imprenditorialità. In questa sezione viene condotta una review dei principali strumenti di policy che, nel corso degli anni, sono stati adottati in vari paesi o indicati dagli esperti come misure utili, portando esempi specifici e, dove possibile, alcune riflessioni sull’efficacia delle politiche prese in esame. 4.1 Politiche per l’istruzione Come discusso anche nelle sezioni precedenti del rapporto, l’istruzione ha un ruolo molto importante per l’occupabilità dei giovani: maggiore è il livello d’istruzione ottenuto, minore la probabilità di essere disoccupati. Le politiche legate all’istruzione sono, quindi, un’arma fondamentale per la lotta alla disoccupazione, in particolare quelle politiche che mirano ad affrontare due questioni chiave: da un lato, misure volte a combattere l’abbandono scolastico prima che siano terminati i percorsi di scuola superiore; dall’altro, misure volte a flessibilizzare i percorsi educativi e formativi sulle capacità e attitudini del giovane in modo da motivarli e aiutarli a sviluppare al meglio il proprio potenziale. Un esempio in tal senso è rappresentato dal sistema educativo danese (vedi Box 1), indicato da molte analisi ed enti internazionali come il migliore in Europa. Un sistema incentrato su una forte personalizzazione dei percorsi formativi dei ragazzi, in modo da tener conto delle preferenze, dei bisogni e delle capacità di apprendimento degli studenti per massimizzare la motivazione e le possibilità di successo. Un sistema che è, inoltre, rinforzato da borse di studio e supporti finanziari che incoraggiano i ragazzi a proseguire gli studi e a raggiungere presto una propria autonomia. Un insieme di misure che, come descritto nel Box 1, ha dato fino ad oggi buoni risultati. Investire in politiche per l’istruzione, come quelle danesi, rappresenta chiaramente uno strumento ampio e di lungo respiro e con un impatto importante di spesa (la Danimarca spende circa il 6,7% del suo PIL per l'istruzione). Tuttavia le politiche per l’istruzione possono essere www.italiafutura.it 25 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 26 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile declinate anche in modi più specifici e tradursi in alcune misure immediatamente implementabili e a costo zero. Per esempio, una misura che sarebbe particolarmente efficace, soprattutto in Italia, è quella di far coincidere il termine dell’obbligo scolastico con il conseguimento di un titolo di studio. In questo modo, si potrebbe combattere in modo assai più efficace, l’abbandono scolastico (oggi molti ragazzi, di fatto, considerano terminato l’obbligo scolastico alla terza media, iscrivendosi ai primi due anni delle superiori ma senza frequentare nemmeno). Invece, anche l’ultima riforma della scuola, ha perso questa preziosa occasione. Anzi, con l’ulteriore abbassamento dell’obbligo scolastico a 15 anni, varato nel 2010, il rischio che molti giovani considerino concluso il percorso di studi alla fine della terza media è ancora più elevato. Un provvedimento che va in controtendenza con gli orientamenti di molti paesi europei, dove si cerca progressivamente di aumentare l’obbligo scolastico verso i 18 anni. In paesi come Germania, Austria, Belgio e Ungheria, l’obbligo è già a 18 anni, mentre in altri, come i Paesi Bassi, numerosi benefici ed ammortizzatori sociali sono legati al proseguimento degli studi fino a 18 anni. Box 1. Le politiche per l’istruzione in Danimarca Il sistema educativo danese viene ormai indicato da molte analisi ed enti internazionali come il migliore in Europa. Un sistema la cui parola chiave è flessibilità e supporto. Esso si basa, infatti, sullo sviluppo di percorsi formativi fortemente personalizzati che tengano conto delle preferenze, dei bisogni e delle capacità di apprendimento degli studenti, al fine di massimizzare le loro possibilità di successo. Per motivare e supportare l’istruzione dei giovani, lo Stato danese concede aiuti, prestiti e sovvenzioni agli studenti che frequentano istituti e programmi approvati dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’agenzia danese per il sostegno all’educazione (Danish Educational Support Agency) eroga inoltre borse di studio per sostenere il costo della vita degli studenti e favorire gli scambi con l’estero. Borse che prevedono assegni di 340 euro per coloro che vivono insieme ai genitori e 690 euro per coloro che vivono da soli. Le borse di studio e i prestiti sono versati sotto forma di rate mensili in un conto corrente bancario personale dello studente (NemKonto), che le autorità pubbliche usano quando devono erogare denaro. Al termine dei loro studi, gli studenti iniziano a pagare parte dei prestiti di Stato. Il rimborso deve iniziare un anno dopo la fine di quello in cui hanno completato i loro studi. La durata del periodo di rimborso non deve essere superiore a 15 anni. Circa la metà di tutti gli studenti fa uso di prestiti statali. Esistono poi 45 centri di orientamento giovanile comunale che forniscono servizi di orientamento per i giovani fino all'età di 25 anni, offrendo una guida alla difficile transizione tra scuola dell’obbligo, istruzione superiore e mercato del lavoro attraverso lo scambio di esperienze, conoscenze e buone pratiche. Anche grazie a questo sistema di orientamento e stimolo verso il mondo del lavoro, moltissimi www.italiafutura.it 26 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 27 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile giovani danesi, nonostante i consistenti aiuti ricevuti durante gli studi, hanno il loro primo contatto con il mercato del lavoro quando sono ancora studenti. Nel 2008, il 48% dei giovani (16 anni) ha ottenuto un lavoro per studenti (Student job). Mentre per quelli di età compresa fra i 23-24 anni, la quota è salita al 70%, che è appena inferiore al tasso del 71 dell’Olanda, noto per essere uno dei più alti d'Europa. Questo insieme di misure, unite ad un estensivo sistema di ammortizzatori sociali per i giovani, fa sì che la Danimarca registri un tasso di abbandono scolastico tra i più bassi dei paesi Ocse (11,5%, quasi la metà di quello italiano), un tasso di disoccupazione giovanile molto contenuto, nonché uno dei tassi di “emancipazione” dei giovani più alti d’Europa, vale a dire un’altissima percentuale di giovani che lasciano la famiglia di origine già al compimento dei 18 anni. L’assenza di “bamboccioni”, in Danimarca, affonda le proprie radici non solo in questioni culturali ma anche in politiche ben mirate e coordinate. 4.2 Formazione Professionale Gli strumenti legati alla formazione professionale e ai percorsi di apprendistato sono considerati tra gli strumenti più efficaci per aiutare l’inserimento nel mondo del lavoro e combattere la disoccupazione giovanile. Tra i sistemi considerati d’eccellenza vi sono quello tedesco, con una forte focalizzazione sull’alternanza scuola-lavoro, ma anche sistemi formativi professionali ben strutturati come il Vocational Education and Training programme (VET) danese o il sistema dei post-diplomi professionalizzanti introdotti in Francia. Anziché passare in rassegna le caratteristiche specifiche di ciascuno, è importante individuare quali siano i criteri, le principali chiavi di successo, di un sistema di formazione professionale davvero efficace. Dall’analisi dei casi più positivi sono emersi 4 elementi fondamentali: 1. Forte coinvolgimento delle imprese. In Germania, per esempio, la parte del contratto di formazione svolta in azienda (un’altra parte viene svolta a scuola) viene stipulato direttamente tra studente e azienda. Anche i programmi dei corsi di formazione regionale vengono discussi e approvati da un consiglio con forte rappresentanza delle imprese. 2. Forte collegamento con le istituzioni scolastiche e con la formazione “esterna” all’azienda. Una formazione coordinata e finanziata dagli enti locali secondo standard di qualità che rispondono a criteri regionali e nazionali, per bilanciare la necessità di andare incontro alle specificità del mercato locale con una certa uniformità qualitativa in tutto il paese. 3. Percorsi altamente personalizzati: l’obiettivo non è tanto insegnare un mestiere ma formare il giovane e renderlo pronto per il mercato del lavoro professionale in tutti i suoi aspetti, in un modo che sappia coltivare e valorizzare al meglio i suoi interessi e le sue attitudini. Questo è quanto avviene, in particolare, nei Paesi Bassi, in Danimarca e quanto cerca di fare l’Inghilterra con il programma NDYP (vedi Box 3). www.italiafutura.it 27 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 28 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4. Forte enfasi sui percorsi di apprendistato o di stage qualificanti (e retribuiti). Molti paesi come l’Inghilterra, la Danimarca e la Germania, per esempio, hanno puntato molto sulla creazione di posti di apprendistato. Di particolare successo l’accordo triennale firmato dal Governo tedesco nel 2004 con le associazioni imprenditoriali, in cui le aziende tedesche si impegnavano a creare 30.000 nuovi posti per apprendisti e 25.000 percorsi di formazione per giovani in cerca di lavoro (Patto Nazionale per la Formazione Professionale). In Germania l’industria, tradizionalmente, investe molto nella formazione e nell’assunzione dei giovani. I dati dicono che, ogni anno, le aziende tedesche investono 28 miliardi di euro e formano un milione e seicentomila giovani attraverso apprendistati. L’accordo firmato nel 2004 non ha fatto che rafforzare questa sensibilità ed è stato considerato così positivamente da essere rinnovato nel 2007 per il triennio successivo. La questione della retribuzione sta, inoltre, emergendo come tema chiave per l’occupazione giovanile. La diffusione di stage non retribuiti in molti paesi europei ha fatto scattare un campanello d’allarme. Non solo la mancanza di retribuzione è un problema per il giovane, ma rischia di sminuire il lavoro, togliendo incentivi sia per l’impresa a valorizzare e formare il giovane, sia per il giovane ad impegnarsi al massimo, togliendo ogni vera efficacia allo strumento stage. In risposta a questo problema il governo francese nel 2006 ha siglato un accordo con imprenditori, sindacati, enti di formazione e associazioni studentesche, trasformato poi in legge e, nel 2008, in un decreto attuativo. La legge ha stabilito che, a partire dal quarto mese di tirocinio, scatta il dovere di erogare una retribuzione mensile pari ad almeno un terzo del salario minimo garantito (lo SMIC, più o meno 1300 euro al mese). Nel 2009, Sarkozy ha annunciato di voler anticipare quest'obbligo a partire dal terzo mese di tirocinio, estendendolo anche al settore pubblico, e di voler introdurre un bonus di 3mila euro a favore di ogni azienda che assuma uno stagista. È ancora presto per valutare l’efficacia delle misure francesi ma è necessario evidenziare alcuni suoi possibili effetti perversi. L’aumento dei costi dello stage inevitabilmente porta ad una riduzione dell’offerta; tuttavia, se la domanda di stage continua ad eccedere l’offerta, come nel caso dell’Italia (dove molti ragazzi si lamentano di non trovare uno stage nemmeno gratis), il rischio è che gli stage non retribuiti continuino ad esistere (per di più fuori dal sistema legale). Infine, occorre ricordare che gli stage gratuiti (e molte altre forme di lavoro temporaneo sotto retribuito) sono molto più diffusi nel settore pubblico che in quello privato: aumentare i loro costi solo per quest’ultimo difficilmente può risolvere il problema. www.italiafutura.it 28 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 29 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Box 2. Il sistema di formazione duale in Germania In Germania la formazione professionale è regolamentata dalla legge del 14 agosto 1969, riformata nel 2005 ed entrata in vigore il 1 aprile dello stesso anno (la Berufsbildungsgesetz - BBiG). La BBiG ha l’obiettivo di assicurare ai giovani opportunità di formazione sempre migliori e di offrire una formazione professionale di qualità per tutti. In particolare, la legge riformata prevede una maggiore autonomia d’azione e maggiori responsabilità per gli attori della formazione professionale a livello nazionale e locale (Länder). In questa legge – sia nella versione attuale che in quella precedente – lo Stato ha dichiarato che la formazione professionale extrascolastica è responsabilità del settore pubblico, anche se poi la gestione effettiva viene condotta congiuntamente tra imprese, Camere del lavoro (datori di lavoro), sindacati (lavoratori), Länder e Stato federale. Nel cosidetto sistema duale di formazione tedesco, gli studenti passano tre o quattro giorni alla settimana sul posto di lavoro e due giorni presso la Berufsschule. La formazione si svolge in base a un contratto di lavoro fra l'azienda, che provvede alla formazione, e lo studente interessato. Il contratto di formazione professionale definisce gli obiettivi della formazione (a seconda della professione prescelta), la durata, il numero di ore dedicate ogni giorno alla formazione, le modalità di pagamento e la remunerazione dello studente. Mentre, nelle esperienze danese e francese, pur prevedendo l’ipotesi di vera alternanza lavorativa, si richiede che, nel rapporto tra studente e impresa, si inserisca anche l’istituto nel quale deve essere svolta la formazione in aula, il sistema duale tedesco prevede che il contratto di lavoro venga stipulato direttamente fra studente e impresa.Tuttavia, anche in Germania, come negli altri paesi, l’organizzazione di questo tipo di formazione non è comunque mai lasciata completamente alla libertà delle parti, in quanto sono sempre indicati i requisiti minimi di accesso, di durata e di ripartizione del carico di ore fra formazione in aula e sul luogo di lavoro. La responsabilità della pianificazione, della gestione e del percorso di formazione, ma anche del reclutamento dei formatori è del Consiglio dei rappresentanti degli imprenditori (Betriebsrat). Le attività di formazione sul luogo di lavoro vengono finanziate dalle aziende, mentre il percorso scolastico nell’ambito della Berufsschule viene sovvenzionato dai Länder. Così, accanto ai programmi quadro nazionali, i Länder tedeschi intervengono nella definizione del curriculum accanto agli operatori dei vari settori economici, per assicurare un’aderenza maggiore alle caratteristiche del mercato locale, fino ad arrivare ai curricula personalizzati elaborati coinvolgendo lo studente, l’istituto che fornisce la formazione teorica e l’impresa che ha stipulato il contratto con lo studente stesso. Gli studenti che hanno completato la formazione professionale nell’ambito del sistema duale sono pronti per intraprendere una professione; infatti, la formazione sul luogo di lavoro li ha abituati a ogni aspetto del mondo del lavoro. Nella maggior parte dei casi, al completamento della formazione, in alternanza, gli studenti trovano lavoro nelle stesse aziende dove hanno svolto la formazione pratica. www.italiafutura.it 29 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 30 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4.3 Ammortizzatori sociali In Italia quando si parla di ammortizzatori sociali si fa riferimento per lo più al sistema di cassa integrazione, un sistema rivolto ai lavoratori stabilmente inseriti nel mercato del lavoro. Tuttavia in molti paesi europei - come per esempio nei Paesi Bassi e in Danimarca - esistono sistemi di ammortizzatori sociali che supportano l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Non si tratta di sussidi di disoccupazione, ma di misure che aiutino il giovane nelle fasi di ricerca del lavoro o di transizione da un lavoro all’altro, misure vincolate ad alcune condizioni di “attività”, ad un effettivo impegno in attività di formazione e di guida personalizzata. È chiaro che questi ammortizzatori devono essere inquadrati in un sistema più ampio di Welfare che sappia utilizzarli come strumenti d’attivazione per stimolare l’intraprendenza e le potenzialità dei giovani inoccupati e non come meri sussidi per casi estremi di disoccupazione ed inattività. Uno dei casi analizzati, quello dei Paesi Bassi, è sintetizzato nel Box 4, ed evidenzia proprio l’importanza di un’azione coordinata su vari fronti e continuativa nel tempo. Ma quali sono le caratteristiche essenziali dei sistemi di maggior successo? Dall’analisi emergono quattro punti chiave: 1. Sono sistemi fortemente legati alla formazione, quindi, tendono a ricollocare rapidamente il giovane disoccupato dentro percorsi formativi che gli permettano di acquistare le competenze necessarie a restare competitivi nel mercato del lavoro. 2. Si fondano su un forte coordinamento tra enti locali e autorità centrali, in una prospettiva decentrata, che permetta vicinanza al cittadino, ma inserita in un quadro di regolamentazione e coordinamento centrale molto efficace che assicuri certi standard qualitativi in tutto il paese. 3. Nascono, come nel caso olandese, da iniziative che vedono il coinvolgimento di tutte le parti interessate, dai sindacati al mondo delle imprese passando per le autorità pubbliche. 4. Sono sistemi legati all’impegno, all’attivazione, e, dato non irrilevante, ai risultati, come nel caso del “New Deal for Young People”, l’ambizioso programma attuato dal governo inglese e sintetizzato nel Box 3, in cui, non solo i giovani perdono i benefici se abbandonano i percorsi di formazione previsti per il loro inserimento nel mondo del lavoro, ma anche le agenzie che gestiscono i programmi ricevono parte dei fondi sulla base dei risultati ottenuti. Chiaramente non si tratta di sistemi a impatto zero sul bilancio dello Stato, anche se i costi variano molto a seconda dei programmi messi in piedi (si va da misure molto specifiche e controllate come il programma inglese NDYP, con basso impatto sulle casse dello Stato, a programmi molto costosi come quello danese). Tuttavia, i costi vanno confrontati con i risultati: nel caso della Danimarca, per esempio, è vero che questo paese registra la più alta spesa www.italiafutura.it 30 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 31 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile in politiche del lavoro di tutti i paesi Ocse, ma è altrettanto vero che esso ha uno dei tassi di disoccupazione (giovanile ed adulta) più bassi dei paesi occidentali, con tutto ciò che questo comporta in termini di riduzione del disagio sociale e della povertà, formazione della forza lavoro, contribuzione fiscale e così via. Per quanto riguarda l’Italia, il sistema di ammortizzatori sociali è prevalentemente ancorato al sistema della cassa integrazione e alle indennità ordinarie di disoccupazione, entrambe misure che tendono ad escludere i giovani6 e, soprattutto, misure che supportano le condizioni più estreme di inattività ma che non stimolano la riqualificazione, la formazione, l’attività e l’occupabilità. Aprire un dibattito serio e concreto sulla possibilità di modificare ed integrare l’attuale sistema di ammortizzatori sociali, in modo da supportare la formazione e l’occupabilità dei giovani, potrebbe rappresentare un importante passo per affrontare la questione dell’occupazione giovanile in Italia. Box 3. Il “Nuovo Patto per i Giovani” del Regno Unito Il “New Deal for Young People” (NDYP) è stato introdotto in Gran Bretagna nel 1998 come una delle misure fondamentali di welfare per contrastare la disoccupazione giovanile. Possono partecipare i giovani che rientrano nella fascia d’età 18-24 e che cercano un’occupazione da almeno sei mesi. Il programma prevede un piccolo stipendio che però è vincolato alla partecipazione al programma di formazione/inserimento. L’obiettivo del programma è aumentare il livello di occupazione dei giovani fornendo nuove competenze ed esperienze di lavoro. Come funziona Il giovane in cerca di lavoro firma un accordo (Jobseeker Agreement) che viene visualizzato da un Personal Adviser, il quale traccia un piano d’azione fortemente individualizzato.Viene svolta quindi una valutazione rapida delle sue competenze e viene stimata la sua distanza dal mercato del lavoro attraverso strumenti di valutazione standardizzati. Dopo questo approccio iniziale, la prima fase di NDYP - chiamata Gateway - prevede consulenza e aiuto intensivo nella ricerca di un lavoro per circa quattro mesi. Il Personal Adviser incontra ogni due settimane il ragazzo, lo aiuta a compilare un CV, discute sulle sue prospettive di carriera e sui lavori che può ottenere con le competenze già acquisite. I giovani che non hanno trovato lavoro entro la fine del periodo di “Gateway” sono obbligati a scegliere fra una delle seguenti quattro opzioni: formazione a tempo pieno o apprendistato, lavoro nel settore Un giovane agli inizi della carriera lavorativa spesso non rientra dentro questo sistema di garanzie, perché occorrono 12 mesi di contributi versati; per non parlare dei giovani che lavorano con uno status di collaboratori, partite iva o altre forme del genere, molto diffuse ma con scarse protezioni sociali. 6 www.italiafutura.it 31 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 32 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile del volontariato, il lavoro in una task force ambientale o occupazione sovvenzionata. È il Personal Adviser, previo accordo con l’interessato, che decide quale delle opzioni è più adatta. Durante questa seconda fase, che dura dai sei agli otto mesi, il giovane non viene più considerato disoccupato. Se il ragazzo rimane comunque disoccupato a termine di questo secondo periodo, il Personal Adviser continuerà a svolgere il suo ruolo di counseling per altre 26 settimane. Il NDYP è un programma fortemente individualizzato che mira a costruire un percorso specifico per il giovane in cerca di lavoro che lo conduca ad ottenere un’occupazione e nuove competenze. Il Personal Adviser svolge un ruolo guida fondamentale: da un lato, pianifica scientificamente una strategia d’azione che vada incontro alle esigenze del ragazzo, dall’altro, svolge una funzione esterna di controllo e di motivazione. Il programma è sottoposto a valutazioni rigorose, i fornitori privati, per esempio, vengono pagati in base ai risultati raggiunti. Inoltre, sono previste sanzioni durante il periodo delle 26 settimane, se il giovane non accetta un lavoro o si rifiuta di partecipare a corsi di formazione. Risultati A maggio del 2007 hanno partecipato a questo programma circa 90.000 ragazzi, mentre molti altri partecipavano ad altri programmi come il New Deal for Lone Parents (14.000 giovani) o il New Deal for Disabled People (18.000 giovani). I tassi di abbandono nella seconda fase, inizialmente alti, sono calati dal 1999 al 2007. Molti studi hanno, inoltre, dimostrato come il punto di forza del NDYP sia il rapporto di tutoring che si viene a instaurare tra Personal Adviser e giovane disoccupato. Il punto più debole sembra, invece, essere la creazione di occupazione sostenibile nel lungo periodo: per questo il Governo sta vagliando misure per incentivare e premiare i fornitori provati in tal senso. Box 4. I Paesi Bassi e l’occupazione giovanile: una strategia integrata e di lungo periodo Da circa dieci anni i Paesi Bassi perseguono politiche molto aggressive per combattere la disoccupazione giovanile. I numerosi provvedimenti intrapresi si fondano su due principi chiave. Da un lato, un sistema di ammortizzatori sociali legati a formazione e lavoro (flexsicurity); dall’altro, una grande enfasi sul ruolo dell’istruzione e della formazione e una ferma lotta all’abbandono scolastico. I principali provvedimenti, adottati dalla fine degli anni Novanta ad oggi, ruotano attorno a questi temi principali e sono: 1999 Flexibility and Security Act, vuole incoraggiare i contratti di lavoro flessibili, superando la rigidità tradizionale del mercato del lavoro aprendolo alle sfide e alle opportunità della contemporaneità, senza però alimentare l’insicurezza sociale e la precarietà. La legge prevede forme di coinvolgimento attivo di tutti gli attori sociali e predispone norme a tutela dei lavoratori flessibili che www.italiafutura.it 32 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 33 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ne garantiscono il reddito e la sicurezza sociale. Il limite del periodo di prova è fissato a due mesi. Viene, inoltre, introdotto un numero massimo di tre contratti a tempo determinato che non devono superare complessivamente i tre anni, oltre i quali è conferito al lavoratore il diritto di ottenere un’occupazione permanente. 2002 Legge SUWI, istituisce la Struttura per l’Amministrazione del Lavoro e del Reddito (SUWI), definendo soggetti, ruoli e coordinamento tra le attività. Uno dei perni della struttura è rappresentato dai Centri per il Lavoro e il Reddito (CWI), che sono il punto di riferimento per tutti i potenziali richiedenti di indennità che cercano un lavoro e che necessitano un sussidio. È un istituto pubblico che si occupa di funzioni comprendenti diversi servizi come la gestione della banca dati nazionale dei posti vacanti, l’intermediazione attiva, la divulgazione delle informazioni, la consulenza, la preparazione dei candidati al lavoro e al sussidio, la determinazione della difficoltà nell’immettere i soggetti nel mercato del lavoro e l’accertamento della possibilità di reintrodurli nel programma. L’idea di un unico punto di accesso (ovvero uno sportello unico) è centrale nell’esperienza del CWI. Il CWI assicura l’esistenza di un mercato del lavoro trasparente e si coordina con i comuni che sono responsabili per il reintegro di coloro che fanno domanda all’Assistenza Nazionale. I comuni ricevono fondi ed incentivi per il reintegro dal Fondo per il Lavoro e il Reddito (FWI) ed affidano poi la gestione dei servizi ad agenzie private. 2003 Youth Unemployment Action Plan, un piano con l’obiettivo di ridurre la disoccupazione giovanile creando 40.000 nuovi posti per giovani e promuovendo il ritorno dei giovani disoccupati a percorsi di formazione. Il piano prevedeva 31 misure, tra cui incentivi fiscali per la formazione, finanziamento integrativo per il CWI per consulenze individuali, etc.Tra le misure più significative del piano vi è la: Youth Employment Task Force (2003-2007), che ha avuto un ruolo chiave nel promuovere la cooperazione tra Ministeri ed altri soggetti interessati, nel sensibilizzare le aziende e l’opinione pubblica sull’importanza dell’assunzione di giovani e nel promuovere i contatti fra imprese e giovani disoccupati. 2007 The “Qualification law”, obbliga i giovani disoccupati che non hanno concluso il ciclo d’educazione di base, a frequentare un programma d’educazione a tempo pieno fino al diciottesimo anno d’età. Per i giovani 18-27 che non hanno concluso la scuola secondaria, invece, è stato introdotto l’obbligo di frequentare un percorso di formazione che porti al conseguimento di un diploma o di un lavoro. 2009 Youth Unemployment Action Plan, un nuovo piano da 250 milioni di euro per investire sulla formazione dei giovani attraverso cinque azioni principali: 1) mantenere i giovani nelle scuole per un periodo più lungo possibile, incentivando la formazione professionale; 2) coinvolgere gli enti locali attraverso accordi che predispongano misure concrete; 3) creare un sistema che faccia incontrare le richieste dei datori di lavoro e i talenti dei giovani; 4) incentivare la possibilità di apprendimento, attraverso stage, apprendistato e volontariato; 5) prestare particolare attenzione ai giovani con minori opportunità. www.italiafutura.it 33 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 34 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4.4 Incentivi fiscali per l’assunzione di giovani Di incentivi per l’assunzione di determinati gruppi sociali (giovani, donne, disabili o altre categorie considerate “a rischio”) si parla in molte occasioni, anche se gli esperti sono spesso scettici sulla loro efficacia per alcuni motivi che vedremo in dettaglio più avanti. Gli incentivi all’assunzione possono assumere varie forme, dalla defiscalizzazione degli oneri sociali a veri e propri sussidi agli stipendi (wage subsidies), e possono essere indirizzati o alla creazione di nuova occupazione in generale, senza restrizioni sulle categorie di persone assunte (in tal caso vengono usati come strumenti anti-ciclici) oppure all’assunzione di categorie specifiche di persone (donne, giovani, etc.). Tra i più recenti esempi di utilizzo della leva fiscale mirata all’assunzione dei giovani troviamo gli Stati Uniti, dove, a Marzo 2010 è stata approvata la legge "Employing Youth for the American Dream Act" (EYADA), che stanzia 8 miliardi di dollari per incentivare le imprese ad assumere giovani svantaggiati e a rischio disoccupazione e per supportare formazione e assistenza ai giovani. Gli incentivi all’assunzione, nel complesso, non sono certo strumenti nuovi: varie tipologie di incentivi per promuovere l’occupazione, infatti, hanno iniziato a diffondersi già nella seconda metà degli anni Settanta in Nord America e in Europa. Sia il Canada che gli Stati Uniti hanno fatto ampio uso di questi strumenti, ma solo i programmi a portata più generale hanno avuto successo. Specificamente: l’Employment Tax Credit Program, adottato in Canada tra il 1978-81 ed il New Jobs Tax Credit, adottato negli Stati Uniti nel 1977, una misura che prevedeva un sussidio ai salari per tutte le assunzioni che superavano il 2% di aumento rispetto all’anno precedente. Al contrario, le numerose iniziative “mirate” a gruppi sociali specifici, come, per esempio, il programma statunitense Work Incentive Program (WIN), per le famiglie povere, ed il Targeted Jobs Tax Credit (TJTC), per i lavoratori svantaggiati, sembrano aver avuto risultati più deludenti. È impossibile riassumere in poche righe le ragioni dello scarso successo di programmi molto diversi tra loro per obiettivi, risorse e requisiti; ad ogni modo, i principali motivi per cui le iniziative focalizzate su gruppi specifici di lavoratori si sono rivelate deludenti sono: 1. Burocrazia. Spesso gli incentivi fiscali, soprattutto quando sono mirati a gruppi specifici, richiedono l’espletamento di lunghe procedure burocratiche. Le procedure servono a verificare l’eligibilità e limitare gli abusi, ma il risultato è quello di disincentivare le aziende a farvi ricorso. Per questo si rileva spesso un elevato livello di sottoutilizzo di questi strumenti. 2. Non incisività sulle caratteristiche della domanda: se il datore di lavoro, a torto o a ragione, pensa che un disoccupato di lungo periodo o un giovane neodiplomato o una donna non siano adatti alle caratteristiche del lavoro svolto nella sua azienda, difficilmente cambierà idea per uno sconto sulle tasse. A meno che non vi siano misure che intervengano sulla formazione e riqualificazione del lavoratore, difficilmente gli incentivi saranno capaci di modificare la struttura della domanda, soprattutto nel lungo periodo. www.italiafutura.it 34 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 35 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile In conclusione, e come indicano anche gli esperti, le politiche migliori per aumentare l’occupabilità di fasce più a rischio sono misure che combinano sussidi ai salari con formazione, assistenza nella ricerca di lavoro e di crescita professionale: solo con questi interventi si riescono ad ottenere risultati efficaci nel migliorare l’occupazione e i livelli salariali delle categorie più a rischio. 4.5 Misure normative relative al mercato del lavoro: il contratto unico Nonostante molti aspetti legati al fenomeno della disoccupazione giovanile abbiano radici in larga parte socio-economiche, tra le politiche attivabili per contrastarla vi sono anche strumenti giuridici legati al funzionamento del mercato del lavoro. Infatti, così come hanno rilevato molti economisti, alcune problematiche legate all’occupazione giovanile sono state amplificate in alcuni paesi da un’incompleta e mal attuata deregolamentazione del mercato del lavoro che ha dato luogo al cosiddetto “mercato duale”. Si intende per mercato duale un mercato da un lato estremamente flessibile, volatile e con scarse, se non nulle, forme di protezione sociale per una fascia di lavoratori (tipicamente le generazioni più recenti) e, dall’altro, ancora strettamente regolato e protetto per le fasce di lavoratori già stabilmente inserite nel lavoro. L’Italia e la Spagna sembrano essere tra i paesi europei quelli maggiormente esposti a questo problema. Forse, anche per questo, sono i due paesi in cui numerosi giuristi ed economisti si sono confrontati sulla possibilità di una riforma del lavoro che contribuisse a rettificare le storture causate da un sistema normativo inadeguato. Uno dei perni delle proposte degli esperti, sia spagnoli sia italiani, è l’introduzione di una specifica forma di contratto che andrebbe a sostituire tutte le decine di tipologie di contratti a tempo determinato attualmente vigenti sia in Italia che in Spagna. Si tratterebbe, quindi, di un “contratto unico”, come viene definito dai suoi stessi propositori, che sia a tempo indeterminato ma che preveda un sistema di tutele crescenti col passare del tempo trascorso in quell’impiego. Al di là dei dettagli tecnici del contratto, che variano molto a seconda delle proposte prese in considerazione (solo in Italia vi sono almeno quattro disegni di legge in materia), il senso generale dell’idea del contratto unico è quello di creare un contratto a tempo indeterminato con alcune specificità. Si prevede infatti che l’azienda, nei primi anni del rapporto di lavoro (in alcune proposte sono specificati i primi 3 anni), possa interromperlo per motivi economici. Un’interruzione a fronte della quale il lavoratore avrà però diritto ad un’indennità di licenziamento che cresce con l’anzianità acquisita nell’impresa e, in alcune proposte, anche a benefici aggiuntivi come un trattamento complementare di disoccupazione a carico dell’impresa. Trascorsi i primi tre anni nel rapporto di lavoro (durata che varia a seconda del progetto di legge), scattano tutte le tutele tradizionali a favore del lavoratore. Questa proposta cerca così di andare incontro sia all’esigenza di garantire a milioni di persone una serie di www.italiafutura.it 35 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 36 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile diritti e tutele da cui sono attualmente escluse, sia all’esigenza di mantenere un minimo di flessibilità all’ingresso e di non reintrodurre quelle rigidità iniziali per il datore di lavoro che rappresentano spesso i principali freni alla crescita dell’occupazione. L’obiettivo della proposta è quello di ridurre la volatilità nel mercato del lavoro per i più giovani, incentivare e supportare la loro formazione ed avviamento al lavoro e garantire un minimo di tutele alle fasce di lavoratori attualmente più deboli, in modo da attenuare l’impatto sociale di fasi di crisi economica come quelle che stiamo attraversando. Si tratterebbe quindi di uno strumento normativo che potrebbe avere importanti ricadute su variabili economiche e sociali. 4.6 Promozione e supporto della cultura imprenditoriale Molti paesi si stanno accorgendo dell’importanza della nuova imprenditoria come mezzo, non solo per rinnovare il tessuto economico e produttivo, ma anche per generare nuova occupazione. Un recente studio della Kauffman Foundation ha mostrato come dal 1977 al 2005 la crescita di occupazione negli Stati Uniti è stata quasi interamente guidata dalla creazione di start-up. Le imprese esistenti hanno bruciato, in media, 1 milione di posti di lavoro all’anno, mentre le nuove imprese, nel loro primo anno di attività hanno generato 3 milioni di posti di lavoro. Ma come si promuove l’imprenditoria tra i giovani? Le misure adottate nei vari Paesi per incentivare la nuova imprenditoria variano considerevolmente. Molte sono focalizzate sulla formazione, per creare una nuova generazione di imprenditori e aziende all’avanguardia. In Francia, per esempio, vi sono due programmi pubblici nazionali volti ad aumentare la cultura e le competenze imprenditoriali tra i giovani: il programma Enterprises Cadettes, che si basa sulla cooperazione tra imprese locali e banche e il programma Graines d’Entrepreneurs, che viene realizzato attraverso una partnership tra governi regionali e il sistema delle camere di commercio e dell’industria. Programmi analoghi sono stati realizzati negli Stati Uniti (per esempio il Junior Achievement, il National Foundation for Teaching Entrepreneurship, ed il REAL, ovvero il Rural Entrepreneurship through Enterprise) e in Canada dove è stato creato il Centre for Education and Enterprise (CEED), assieme ad altre iniziative regionali come la South Peace Secondary School in British Columbia o il Centre for Entrepreneurship and Development (CEED) in Nova Scotia. In altri casi si adottano agevolazioni fiscali e prestiti agevolati, come i programmi inglesi Prince’s Trust-Business (PTB) per le start-up ed il Livewire, oppure come il programma canadese Youth Business, che fornisce prestiti agevolati ed altri servizi di supporto all’imprenditoria giovanile. Programmi analoghi sono presenti in Australia (Young Aussie Enterprises ed il Nescafe Big Breakfast), in Portogallo (come il Sistema de Apoio jovens Emresarios, che www.italiafutura.it 36 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 37 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile copre il 50% dei capitali necessari, o il Quiosque do Invetidor, che aiuta i giovani imprenditori ad identificare e sfruttare opportunità di business) e in Spagna (come la Escuela Taller, rivolta soprattutto ai giovani tra i 18 e i 25 anni con scarse professionalità). Anche l’Italia ha adottato un approccio di incentivi fiscali con la Legge 95/95 che prevedeva sia finanziamenti agevolati che a fondo perduto per i giovani tra i 18 e i 29 anni residenti in alcune aree specifiche del paese che avviassero un’impresa nuova. Una misura la cui efficacia è stata però fortemente messa in discussione da una serie di inchieste su abusi e sulla concessione dei finanziamenti ad aziende che, di fatto, non rispondevano ai criteri richiesti. Al di là dei vari episodi che possono aver creato scetticismo su alcuni strumenti adottati in passato, il tema era e resta di grande attualità per l’Italia, soprattutto alla luce delle dinamiche dell’imprenditorialità giovanile degli ultimi anni, anche prima degli effetti della crisi. Come è evidenziato dai rapporti Cerved, già negli anni tra il 2000 e il 2007 le aziende “giovani” (definite come quelle realtà produttive in cui il titolare, tutti i soci o tutti gli amministratori non abbiano ancora compiuto 35 anni alla nascita dell’impresa) hanno subito una forte contrazione, sia nel settore industriale che in quello dei servizi e, sia nelle forme giuridiche più semplici (ditte individuali) che in quelle più complesse (società di persone e società di capitali), con cali che vanno dai 5 ai 13 punti percentuali. A Z I E N D E “ G I OVA N I ” 2000 2007 Servizi Ditte individuali Società di persone Società di capitali Industria Ditte individuali Società di persone Società di capitali 39.10% 59% 23% 23.80% – 53.60% 27.20% 23.40% Variazioni % 32.80% 46% 17.10% 18.60% 40% 41.20% 20.50% 19.30% - 6.30 - 13.00 - 5.90 - 5.20 – - 12.40 - 6.70 - 4.10 Tabella 6. Incidenza delle imprese “giovani” (2000-2007) www.italiafutura.it 37 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 38 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Nell’industria, tra il 2000 e il 2007, la quota di imprese giovani sulle nuove nate si è ridotta dal 53,6% al 41,2% per le ditte individuali, dal 27,2% al 20,5% per le società di persone e dal 23,4% al 19,3% per le società di capitale7. Stesso trend si rileva nel settore dei servizi. Complessivamente nel 2000 il 39,1% delle aziende nate nei servizi “business to business” erano imprese under 35; la percentuale ha toccato un picco nel 2002 (il 40,3%), ma poi è costantemente calata ed è scesa al 32,8% nel 20078. È chiaro che un aumento “quantitativo” delle start-up giovani non implica necessariamente un aumento qualitativo delle stesse e del tessuto economico-produttivo del paese. Per questo è importante che politiche volte a rafforzare la capacità imprenditoriale delle nuove generazioni includano percorsi che stimolino l’imprenditorialità, che rendano familiari le nuove tecnologie, le più avanzate conoscenze manageriali e i processi di internazionalizzazione. Particolarmente importante, poi, è un’assidua attività di mentorship per le aziende nei primi anni di vita e anche prima della fase di start-up. Non è solo l’assenza di fondi che penalizza i giovani imprenditori, ma la mancanza di attività di stimolo, indirizzo e supporto manageriale. In Italia si parla spesso della necessità di rafforzare il mercato del venture capital, ossia di quelle organizzazioni che finanziano e supportano le imprese dalla nascita alla quotazione in borsa. Ma i venture capital crescono dove sono le buone idee, perché di questo si alimentano: di molte e buone idee imprenditoriali. Numerosi venture capital nazionali ed internazionali segnalano che il flusso di progetti realizzabili proveniente dall’Italia è ancora scarso e debole. Per questo è importante agire su vari fronti, dalla formazione al supporto progettuale pre-avviamento. In quest’ottica integrata le politiche per l’imprenditorialità giovanile possono divenire buoni strumenti di crescita occupazionale e di riqualificazione del sistema produttivo del paese. Interessante notare come il calo delle imprese giovani sia stato frenato dalla crescita rapida e strutturale dell’imprenditoria straniera. Tra il 2000 e il 2007, la percentuale di nascite di ditte individuali giovani non italiane è passata dal 12,8% al 30,4%. 8 È’ importante sottolineare come tale calo sia solo in parte attribuibile alle dinamiche demografiche del nostro paese, che hanno visto un calo del peso dei giovani tra i 18 e i 34 anni sulla popolazione totale dal 24,6% nel 2000 al 21,2% nel 2007. Se si rapporta il numero di imprenditori sotto i 35 anni alla popolazione della corrispondente classe di età per neutralizzare l’effetto demografico, si nota come la quota di giovani che ha avviato una nuova attività produttiva si riduce da 15,6 su 10.000 nel 2000 a 11,8 su 10.000 nel 2007. 7 www.italiafutura.it 38 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 39 C A P I TO L O 2 TRE PROPOSTE PER RIPARTIRE DAI GIOVANI di Marco Simoni 1. Introduzione 40 2. Una regola fiscale: legare il recupero dell’evasione alla riduzione delle tasse. A partire dai giovani 43 3. Tagliare tre nodi: difficoltà di credito, eccessiva tassazione, peso della burocrazia 46 4. Uno scambio tra generazioni: finanziare le borse di studio innalzando di un anno l’età pensionabile 50 39 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 40 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile INTRODUZIONE Il tema della disoccupazione giovanile in Italia ha due facce. Da un lato è legato alla debolissima dinamica della crescita del nostro paese che, negli ultimi dieci anni, ha fatto registrare il più basso tasso di crescita del mondo. Inevitabilmente, i giovani, che si trovano all’inizio del loro percorso lavorativo, pagano maggiormente la riduzione di opportunità che la crisi porta con sé. La mancanza di politiche orientate alla crescita economica e il pesante fardello del debito pubblico pesano soprattutto sulle giovani generazioni. A queste ragioni, strettamente economiche, si sommano ragioni relative alle scelte distributive operate dai governi degli ultimi venti anni in termini di spesa, di regolamentazione del mercato del lavoro, di (mancate) liberalizzazioni. La fragilità occupazionale delle generazioni giovani e la sostanziale assenza di supporto pubblico che esse ricevono dallo Stato sono dati, crediamo, evidenti non solo dalle statistiche ma dall’esperienza quotidiana della maggioranza degli italiani. È importante riconoscere che se la politica può far molto per correggere le storture distributive e gli incentivi perversi che sembrano caratterizzare l’Italia contemporanea, essa però non può tutto. La ripresa economica, una nuova stagione di crescita e l’aumento dell’occupazione giovanile dipendono largamente dalla ripresa dell’attività privata, dal migliore funzionamento dei mercati, dall’accelerazione della produttività e da un fisco più snello ed equilibrato. Questo per dire, in poche parole, che il tema della disoccupazione giovanile non è una questione settoriale ma è la questione economica e sociale principale per la nostra nazione, che riguarda la ricerca di un modello di sviluppo per il paese. È ormai chiaro che, esaurito il modello di sviluppo del dopoguerra, negli scorsi venti anni la classe politica non è stata in grado di individuare una nuova traccia sulla quale l’economia potesse ripartire, traccia verso la quale, al contrario, è urgente orientarsi. Pertanto, le tre proposte che presentiamo qui non vanno lette come esaustive. Esse non possono sostituire o compensare altri capitoli fondamentali che, pur riguardando solo indirettamente i giovani, proprio dei giovani andrebbero a maggior beneficio. Su ognuno di questi capitoli l’intervento della politica dovrebbe essere coraggioso e sostanziale e, su molti di essi, Italia Futura è intervenuta più volte negli scorsi mesi. È auspicabile un alleggerimento della tassazione sul lavoro, in parte compensata da una più attenta e non distorsiva tassazione sulle attività finanziarie e sulle rendite. È urgente una ripresa vigorosa delle liberalizzazioni dei mercati www.italiafutura.it 40 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 41 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile e delle professioni: l’Italia continua ad essere, tra i grandi paesi europei, quello con il più alto tasso di regolamentazione, con una conseguente presenza di rendite monopolistiche che strozzano le opportunità di crescita. È necessario – come richiamato recentemente anche dal Governatore Draghi – un intervento unificante sulla disciplina del mercato del lavoro che, favorendo il lavoro stabile, renda più serena la vita delle persone e contribuisca ad una ripresa della produttività. Ormai da anni alcune proposte importanti e autorevoli sono presenti sul tavolo e sarebbe ora che la politica le prendesse seriamente. È fondamentale tornare a investire sulla formazione e sulla ricerca, portando a termine riforme che da venti anni vengono scritte per poi arenarsi all’ultima boa, lasciando gli studenti italiani sempre meno preparati rispetto ai loro colleghi europei e le nostre università dimenticate dalle classifiche internazionali. Le proposte che presentiamo qui non hanno la dimensione di riforme di sistema, non prefigurano grandi interventi. Tuttavia, direttamente o indirettamente, affrontano tutti i temi appena richiamati: il tema della riforma fiscale, il tema del lavoro dipendente, il tema della semplificazione burocratica, il tema della produttività e dell’innovazione, il tema della formazione e del capitale umano. Sono dunque tre proposte ambiziose che, se attuate, consentirebbero, crediamo, un salto di qualità nell’arco di pochi anni, con riferimento a tre questioni: quella degli squilibri distributivi, quella del patto fiscale tra cittadini, quella della crescita economica. Iniziando dalla prima, in Italia, esiste un evidente squilibrio distributivo a svantaggio delle generazioni giovani. Questo avviene per il sommarsi di tre fattori, tra loro separati. Primo, la debolissima dinamica del mercato del lavoro con riguardo ai gruppi più giovani; secondo, la povertà di risorse di welfare a cui i giovani possono accedere; terzo, il fatto che i lavori non stabili si concentrino essenzialmente tra i giovani. Questo squilibrio distributivo va corretto per due ragioni: la prima è un’elementare ragione di giustizia sociale. La seconda è relativa al fatto che il sistematico depauperamento delle generazioni giovani equivale al depauperamento del futuro del paese. Pertanto, ognuna delle tre proposte contiene elementi di ridistribuzione a favore dei giovani italiani. Tuttavia, in ognuna delle proposte, è costantemente presente la richiesta esplicita di un’assunzione di responsabilità, come parte necessaria di un nuovo patto di convivenza, fondato sulla giustizia e orientato alla crescita. Secondo, qualsiasi politica economica, anche se basata sul principio dell’equilibrio di bilancio, ha bisogno di risorse che vanno raccolte o la cui destinazione va modificata. Noi crediamo che parte fondamentale della crisi italiana si manifesti in una slabbratura del patto sociale tra cittadini e fisco da un lato, e tra diversi gruppi di contribuenti dall’altro. Di conseguenza, in Italia non è più possibile suggerire capitoli di spesa in maniera credibile senza contemporaneamente indicare voci di entrata. Inoltre, questo legame non deve essere meramente funzionale o quantitativo, ma deve essere presente con chiarezza un legame di sostanza tra capitoli di maggiore spesa (o minori entrate) e capitoli di entrate (o minore spesa). Un nuovo patto fiscale tra lo stato e i cittadini deve fondarsi sulla trasparenza delle misure, sulla chiarezza e responsabilità nell’impiego dei fondi pubblici e sulla conseguente onestà dei www.italiafutura.it 41 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 42 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile contribuenti. È necessario invertire lo schema che ha caratterizzato l’Italia del passato recente nel quale si combinavano una sostanziale irresponsabilità nella gestione della spesa pubblica, caratterizzata da discrezionalità senza accountability, con una sostanziale tolleranza nei confronti dell’evasione fiscale. Infine, ognuna di queste tre proposte è pensata per favorire la crescita economica, perché senza la fine del lungo ventennio della stagnazione economica, ogni altro obiettivo sarà precluso. Nell’individuare le tre proposte abbiamo dunque cercato di evitare elementi distorsivi, tentando di ridurre l’impatto intrusivo dello stato nel mercato, mentre, al contrario, si aumenta l’intervento pubblico per sostenere i fattori che incrementano la produttività e la competitività. Questo ha compreso un peso minore della tassazione, una maggiore facilità nell’attività privata e un sostegno forte alla formazione delle persone che sono il capitale più importante del paese. Sono tre proposte che guardano con grande fiducia e speranza all’Italia del futuro prossimo. www.italiafutura.it 42 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 43 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile P R O P O S TA 1 Una regola fiscale: legare il recupero dell’evasione alla riduzione delle tasse. A partire dai giovani In Italia la pressione fiscale sul lavoro dipendente è eccessiva, il cuneo fiscale – ossia il costo del lavoro dovuto alla pressione fiscale – è superiore alla media europea ed è una delle cause delle deboli dinamiche occupazionali. Questo giudizio è condiviso dal mondo accademico, imprenditoriale, sindacale. Allo stesso tempo l’Italia è uno dei paesi Europei in cui l’evasione fiscale è più elevata, facendo sorgere nel lavoro dipendente la sensazione di pagare l’illegalità contributiva due volte. La prima volta perché, a causa dell’evasione, finisce per pagare troppo chi – imprese e lavoratori dipendenti – non può evadere. La seconda volta perché, a causa di un’imposizione sul lavoro troppo elevata, le opportunità occupazionali sono inferiori rispetto a quelle che potrebbero essere. Stime recenti del Sole 24 Ore suggeriscono che l’ammontare complessivo di mancate entrate supera i 100 miliardi di euro, il che significa che oltre il 15% del PIL, secondo le stime dell’ISTAT, sfugge all’imposizione. Il contrasto all’evasione fiscale ha caratterizzato tutti i governi degli ultimi quindici anni. Tuttavia, in assenza di meccanismi di responsabilità e trasparenza nell’uso delle risorse aggiuntive così recuperate, la lotta all’evasione è stata spesso vissuta dai contribuenti come un’ingiusta caccia al capro espiatorio, svolta con metodi draconiani ma, soprattutto, finalizzata ad alimentare una spesa pubblica troppo spesso non produttiva e non gestita secondo criteri di efficienza ed efficacia. Basti pensare che il debito pubblico negli ultimi dieci anni è continuato ad aumentare, raggiungendo livelli talmente alti da mettere a repentaglio le possibilità di futura crescita economica. Per interrompere questo circolo vizioso è necessario ristabilire un patto fiscale trasparente che, da un lato leghi lo Stato ai cittadini, dall’altro sia fattore di coesione tra i cittadini, a diverso titolo contribuenti e fruitori di servizi pagati con la fiscalità generale. Per ricostruire il patto fiscale pensiamo sia necessario che lo Stato inizi a chiedere meno risorse ai suoi cittadini e allo stesso tempo pretenda che quanto chiesto venga corrisposto. Soprattutto è importante che i cittadini abbiano la percezione di come questo legame li vincoli a un rapporto di reciproco rispetto. Per questa ragione, proponiamo che il recupero dell’evasione venga utilizzato per ridurre l’imposizione. È una proposta che nei suoi principi generali era stata enunciata negli scorsi mesi da Italia Futura e, che ora, può essere formulata in maniera puntuale. Negli ultimi www.italiafutura.it 43 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 44 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile tre anni, diverse manovre finanziarie hanno ascritto oltre 35 miliardi di euro di maggiori entrate al recupero dell’evasione. Nella più recente manovra correttiva, caratterizzata da tagli orizzontali e nuove entrate, queste ultime sono state quasi interamente dipendenti da una previsione di un recupero dell’evasione fiscale pari a 8 miliardi di euro.Vi sono due errori fondamentali in questa impostazione. Innanzitutto, inserire a bilancio preventivo un aumento delle entrate dovuto a un ipotetico recupero dell’evasione significa esporsi all’incertezza che tale recupero non avvenga e, dunque, prepararsi a dover affrontare un buco di bilancio in un momento successivo. Alternativamente, qualora il recupero dell’evasione fiscale fosse superiore alle attese, significa – da un punto di vista pratico – ipotizzare di trovarsi con delle risorse aggiuntive da usare in maniera discrezionale e, dunque, in balia della trattativa politica ex-post. Si ricordano, a questo proposito, poco edificanti discussioni su un fantomatico “tesoretto”, termine con cui governi di qualche anno addietro avevano identificato un extra-gettito non programmato. In entrambi i casi, sia quando si ascrivano preventivamente a bilancio risorse non ancora recuperate dall’evasione, sia quando ci si trovi ex-post ad aver tassato i cittadini senza una ragione chiara e, dunque, con delle risorse inutilizzate, si sta violando un elementare principio di trasparenza che dovrebbe legare chi paga le tasse a chi quelle tasse ha il dovere di usarle a fini precisi e certi. Allo stesso tempo, in presenza di una tassazione così elevata, pensare di continuare a recuperare l’evasione a fini di aumento della spesa, significa perseverare nei comportamenti che hanno portato il paese ad avere il terzo maggiore debito pubblico dei paesi industrializzati. Noi proponiamo pertanto di approvare una nuova regola fiscale. Questa regola prevede che la Ragioneria Generale dello Stato stimi ex-post, ovvero alla fine di ogni esercizio finanziario annuale, l’ammontare dell’evasione fiscale recuperata al netto dei costi sostenuti per il recupero stesso. La stessa norma deve prevedere che tali risorse vengano interamente impegnate per ridurre il cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti in età compresa tra i 15 e i 34 anni, fino a che non raggiunga un valore del 10% inferiore alla media della vecchia UE a 15 (cfr l’allegato per una tabella riassuntiva). Una volta raggiunto questo risultato, successive riduzioni del cuneo legate al recupero dell’evasione riguarderanno le altre classi di età. Alcune stime, per quanto approssimate, possono dare un’idea della dimensione di questa proposta. I calcoli più prudenti, in eccesso, su dati della contabilità nazionale, suggeriscono che il gettito fiscale, associabile al cuneo fiscale sui lavoratori dipendenti tra i 15 e i 34 anni, è pari a circa 80 miliardi di euro l’anno (dati riferiti al 2008). Si tratta, ripetiamo, di una stima in eccesso. Calcoli basati sul reddito individuale medio dei dipendenti giovani suggeriscono cifre notevolmente più contenute ma le nostre conclusioni, qualora le cifre reali fossero più basse ne verrebbero rafforzate. La manovra correttiva varata nella primavera del 2010, come già ricordato, ha previsto per l’esercizio successivo maggiori entrate, a seguito del recupero dell’evasione fiscale, pari a 8 miliardi di euro. Ipotizzando che tale cifra venisse raggiunta, www.italiafutura.it 44 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 45 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile l’applicazione della regola fiscale che noi suggeriamo consentirebbe di ridurre il cuneo fiscale per i dipendenti tra i 15 e i 34 anni del 10%. Confermando un recupero dell’evasione di eguale portata per due anni successivi, dunque pienamente nei parametri delle manovre finanziarie dei governi più recenti, sarebbe possibile ridurre il cuneo circa del 20% in due anni per i giovani, consentendo di intervenire nella riduzione anche per altre fasce d’età. Il vantaggio economico derivante dalla riduzione del cuneo dovrebbe essere equamente ripartito tra lavoratori – nella parte relativa all’Irpef – e imprese. Essa determinerebbe, dunque, da un lato, un beneficio visibile in termini di salario netto, dall’altro, una riduzione non indifferente del costo del lavoro. Noi crediamo che questa proposta abbia tre pregi fondamentali. Innanzitutto dimostra, sulla base di semplici stime verificabili e replicabili su dati pubblici, che è possibile ridurre il carico fiscale e l’evasione fiscale semplicemente modificando le scelte politiche. In altre parole, una politica più lungimirante avrebbe potuto prendere questo provvedimento già da tempo, solo la mancanza di volontà, e non cause esterne, determinano lo svantaggio economico di cui soffrono i giovani italiani oggi. Secondo, se approvata, una riforma del genere avrebbe immediati effetti benefici sul reddito dei giovani lavoratori dipendenti. Essi sarebbero visibili, invertendo la tendenza degli ultimi quindici anni che ha visto i giovani sempre svantaggiati in termini distributivi: questa è una ragione importante che giustifica la proposta di cominciare dai più giovani nella riduzione dell’imposizione fiscale.Terzo, la riduzione del costo del lavoro, che andrebbe perseguita anche con altri strumenti di politica economica non indirizzati prioritariamente ai giovani e, dunque, non discussi in questa sede, avrebbe l’effetto di incentivare l’assunzione di nuove persone, contribuendo a favorire l’occupazione stabile nel nostro paese. Ridurre il costo del lavoro standard aiuta a rendere meno profittevole, dal punto di vista dei costi, l’assunzione con contratti a flessibilità estrema e, dunque, favorisce l’occupazione stabile. Questo potrà avere anche effetti positivi sulla produttività del lavoro che, come documentato da recenti studi, ha sofferto negativamente di un eccessivo proliferare dell’uso di contratti di lavoro precari. Infine, la regola fiscale, una volta approvata, riduce la discrezionalità di spesa per il tempo in cui è in vigore. Legare in tal modo il recupero dell’evasione alla riduzione delle tasse contribuisce a restituire valore etico all’onestà contributiva. Valore etico che non dipende da norme astratte e lontane ma dal patto di convivenza tra cittadini che condanni comportamenti scorretti, non dal pulpito di uno Stato assente e inefficiente, ma dalla vicinanza di chi, da quel comportamento onesto, riceverà un beneficio diretto. In questi anni la lotta all’evasione ha avuto sempre il volto minaccioso di una sanzione, spesso preventiva, e quello ottuso della burocrazia che complica la vita dei cittadini e delle imprese. Al contrario, le armi più incisive per la lotta all’evasione sono quelle della chiarezza ed efficacia della spesa, della riduzione dei carichi di imposta eccessivi e di regole che rendano chiaramente percepibili le sue conseguenze antisociali. www.italiafutura.it 45 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 46 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile P R O P O S TA 2 Tagliare tre nodi: difficoltà di credito, eccessiva tassazione, peso della burocrazia Secondo un recente rapporto curato dalla Banca Mondiale, l’Italia è all’ottantesimo posto per quanto riguarda la facilità di fare impresa. Si tratta di un risultato talmente grave e negativo dall’essere persino di difficile decifrazione. Tutti i paesi dell’Europa occidentale, gran parte dei paesi americani e asiatici, ma anche quasi tutti i paesi dell’Europa orientale hanno un sistema di regole, tassazione, infrastrutture materiali e immateriali, che consentono una facilità dell’attività privata maggiore che da noi. Questo dato sintetico spiega forse meglio di tante analisi economiche le ragioni della lunga stagnazione italiana e del decennio di crescita quasi zero che è alle nostre spalle. Senza una sana, remunerativa e creativa attività privata l’economia non può crescere. Le imprese private in Italia sono moltissime e molte riescono a mietere grandi successi nonostante gli ostacoli posti dal sistema. Le piccole e medie imprese, “multinazionali tascabili” come a volte vengono chiamate, hanno sostenuto negli anni passati la nostra economia riuscendo a farci evitare il peggio. Non basta più. Per questo è urgente operare per invertire la logica, per strutturare un sistema che contribuisca a sostenere e coadiuvare gli sforzi di impresa, in particolare quelli delle imprese nuove. Anche in questo ambito è fondamentale investire sui giovani, sulla loro creatività e energia. In questo momento, segnato dai postumi della crisi internazionale, lavorare per favorire l’imprenditorialità giovanile trova due ragioni ulteriori. La prima è legata alla necessità diffusa di innovazione, presente in molti sistemi industriali e particolarmente acuta nel nostro. Uno dei fattori – causa e conseguenza allo stesso tempo – della lunga stagnazione economica è stata l’incapacità del sistema Italia di favorire l’emersione e la specializzazione di imprese in settori emergenti. I nostri settori di specializzazione sono gli stessi di vent’anni fa, mentre sono cambiati in Germania, in Francia e negli altri paesi europei. Dare una spinta all’imprenditorialità giovanile, ossia favorire il percorso di chi vuole lavorare e competere nell’economia globalizzata, significa moltiplicare le probabilità che innovazioni positive e di successo possano nascere, crescere e rafforzarsi. Da un altro punto di vista, le attività imprenditoriali possono cercare di raccogliere non solo una domanda di innovazione nel campo dei prodotti industriali o delle nuove tecnologie, www.italiafutura.it 46 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 47 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ma anche nell’ambito dei servizi alle imprese e alle persone. Favorire l’imprenditorialità giovanile significa pertanto anche allargare il bacino di servizi a cui i cittadini possono accedere, dando modo all’offerta di trovare meno barriere di quelle che esistono oggi e incontrare la propria domanda. Inoltre, da un punto di vista occupazionale, il settore dei servizi è un bacino di potenziali grandi dimensioni non ancora del tutto sviluppate, in particolare nel meridione. Gli ostacoli individuati dalla Banca Mondiale sono già noti a chiunque, nel nostro paese, provi a cominciare una nuova impresa senza avere alle spalle una struttura già avviata o forti capitali. Primo: la pesantezza degli adempimenti burocratici. In Italia rimane difficile espletare le pratiche per aprire un’azienda e, nonostante la diffusione di “sportelli unici”, manca un sistematico supporto per chi volesse farsi imprenditore. Secondo: il peso della tassazione è un formidabile ostacolo sia per quanto riguarda la sua dimensione, sia per la difficoltà e il tempo necessari all’adempimento dei doveri fiscali.Terzo: in Italia è ancora molto difficile ottenere credito in assenza di corpose garanzie reali. Le conseguenze di questi ostacoli si traducono in bassi tassi di innovazione, debolezza nelle dinamiche di crescita – comprese le dinamiche occupazionali – e lo spreco di tante idee e talenti che nel nostro paese non riescono a tradursi in fatti ed economia vera. Per invertire questa china noi suggeriamo tre tipi di intervento: sul versante del credito, su quello del fisco e sul peso della burocrazia. La difficoltà di accesso, ad un credito di mercato, adatto a finanziare attività che prosperino, è uno degli ostacoli più seri alla nascita di nuove aziende e di giovani imprenditori di prima generazione. In Italia la forma tipica dei sostegni alle nuove imprese si è basata in passato sui cosiddetti contributi a fondo perduto e su finanziamenti agevolati. Entrambe queste forme di supplenza alla difficoltà dell’accesso al credito hanno il limite di non supportare l’idea di responsabilità individuale e di rischio che devono, al contrario, essere legati a qualunque idea imprenditoriale di successo. Un’impresa crea ricchezza solo se sopravvive sul suo mercato e, dunque, con una struttura di costi adeguata e con un business plan che tenga in considerazione il livello d’investimento necessario alla fase iniziale. Tuttavia, nel nostro paese, rimane molto difficile accedere al credito solo sulla base di una buona idea e di un buon business plan, in assenza di garanzie reali. Anche i diversi fondi di garanzia esistenti per le piccole e medie imprese, compreso Confidi, garantiscono normalmente solo una parte dell’investimento previsto. Questo riduce drasticamente la platea dei potenziali imprenditori, diminuendo le opportunità individuali e le opportunità di crescita sociale. Noi crediamo, al contrario, che vi siano tutte le ragioni per cui lo Stato debba credere nelle giovani generazioni e nelle loro idee, senza paternalismi, ma consentendo che alcuni limiti imposti dalle condizioni di mercato in Italia vengano superati. Questo si concretizza nella proposta di alzare il massimale affinché le garanzie concesse dal Fondo Centrale di Garanzia – con il supporto della Cassa depositi e prestiti – raggiunga il 100% per le nuove imprese in www.italiafutura.it 47 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 48 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile cui l’imprenditore, o la maggioranza dei soci, abbia meno di 34 anni, e nessuno dei soci sia già titolare di imprese. In altre parole, ove un progetto imprenditoriale sia già ritenuto meritevole di garanzia parziale e, dunque, ad un punto in cui solo le condizioni finanziarie e personali dell’aspirante giovane imprenditore – una mancanza di disponibilità di capitali – potrebbero ostacolarne lo sviluppo. È importante che la selezione sulla qualità e il merito dei potenziali investitori e dei loro piani, rimanga in mano al mercato e dunque alle banche e agli istituti di garanzia già esistenti, senza alcun intervento statale che finirebbe per distorcere gli incentivi. L’intervento pubblico è tuttavia utile affinché l’accesso al credito si ampli per includere chi volesse iniziare, con buone idee, ma alcun capitale. Dal punto di vista della semplificazione fiscale proponiamo una completa esenzione dagli oneri fiscali – ad esclusione di quelli sociali per i dipendenti – per le nuove imprese in cui la maggioranza dei titolari abbia meno di 34 anni e non risulti già titolare di altre imprese. Questa esenzione dovrebbe durare per tre anni, con una possibile estensione a cinque, per le aziende che decidessero di quotarsi nel mercato azionario delle piccole imprese. Questo intervento avrebbe tre benefici diretti. Il primo è quello del sostegno economico indiretto: una nuova impresa godrà di un periodo iniziale di alleggerimento fiscale, al fine di supportare i momenti in cui i costi e l’incertezza sono maggiori. Secondo, forse di importanza addirittura superiore, l’esenzione fiscale porta con sé l’alleggerimento degli adempimenti burocratici nel periodo iniziale, in cui è bene che l’imprenditore si concentri sulla sostanza del suo business, al fine di una piena sostenibilità competitiva. Terzo, questo sostegno non comporta trasferimenti economici a fondo perduto, o altre spese dirette da parte dello Stato e, dunque, non pesa direttamente sui conti pubblici e – con la clausola legata alla quotazione sul mercato azionario – mira a spingere le imprese fuori dal nanismo. Una misura di sostegno alle imprese così concepita – legata all’età dell’imprenditore – avrebbe necessità di approvazione preventiva da parte della Commissione Europea. Gli esperti di diritto comunitario consultati da Italia Futura suggeriscono come possibile e probabile una sua approvazione, ove questa misura fosse motivata dal grave stato di sofferenza economica e sociale in cui versano le generazioni giovani, come documentato altrove in questa pubblicazione. Nonostante gli adempimenti fiscali rappresentino la parte più gravosa degli obblighi burocratici necessari alla nascita di una nuova attività, essi non sono certamente gli unici. La semplificazione normativa, necessaria a facilitare la nascita di nuove imprese, comprende decine di interventi nella disciplina dei diversi settori di attività. Come anche detto altrove, una politica di liberalizzazioni sicuramente coadiuverebbe lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile. Tuttavia, anche in assenza di uno sforzo complessivo, è possibile ottenere risultati immediati istituendo in maniera selettiva e non casuale centri per l’imprenditoria giovanile, concentrandosi nelle aree del paese nelle quali aprire una nuova azienda appare un’impresa proibitiva. Ribaltando le logiche assistenziali che tradizionalmente in Italia hanno affievolito lo spirito imprenditoriale, ingabbiandolo nella logica dei contributi pubblici, i centri per l’imprendi- www.italiafutura.it 48 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 49 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile toria giovanile dovrebbero fornire consulenze di tipo manageriale e legale che aiutino la fase di start-up di nuove imprese. Una serie di servizi di incubazione – offerti ad un costo ridotto ma non completamente gratuiti – dovranno essere finalizzati a coprire i gap di know-how manageriale e legale che si riscontrano soprattutto nelle aree depresse del paese. La missione di questi centri dovrà essere duplice: da una parte favorire l’incubazione di nuove imprese dal lato della tecnica manageriale, dall’altra ridurre l’intermediazione burocratica fornendo direttamente gli strumenti interpretativi di tipo legale. Al momento, i servizi pubblici alla nascita di imprese – prerogativa degli enti locali – sono una delle forme in cui si manifesta l’enorme diversità territoriale del nostro paese: ricevere aiuto per aprire una nuova impresa è un’esperienza molto diversa se fatta nel Nord o nel Mezzogiorno, dove i costi di start-up, anche solo per le consulenze più semplici, sono proibitivi. Per questa ragione è necessario un intervento dal centro che assicuri un servizio di semplificazione soprattutto nelle aree più depresse del paese, dove è maggiore il bisogno di un tessuto imprenditoriale più robusto e la debolezza degli enti locali non assicura il supporto necessario. Una nuova cultura dell’imprenditorialità e della funzione sociale dell’impresa passa anche per un rinnovato patto tra lo stato e i suoi cittadini, centrato da un lato sull’organizzazione di un sistema che favorisca lo sviluppo di buone iniziative dei singoli, dall’altro sulla capacità delle persone di prendersi fino in fondo le proprie responsabilità, senza scorciatoie e mettendosi in gioco direttamente. www.italiafutura.it 49 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 50 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile P R O P O S TA 3 Uno scambio tra generazioni: finanziare le borse di studio innalzando di un anno l’età pensionabile Uno degli aspetti più problematici della disoccupazione giovanile in Italia riguarda la cosiddetta disoccupazione intellettuale. Una fetta ampia, infatti, di giovani laureati rimane a lungo disoccupata: nel 2009 la percentuale di laureati era persino leggermente superiore tra i disoccupati che tra gli occupati. Questo dato certamente dipende dalla fragilità complessiva del sistema competitivo e dalla scarsa capacità dell’economia italiana di mettere a frutto, fino in fondo, il capitale umano di cui dispone. Da un altro punto di vista, tuttavia, questo dato nasconde un paradosso della stagnazione economica ed occupazionale italiana, ossia la sproporzione tra i percorsi di formazione scelti dagli studenti e le necessità del sistema produttivo. Dati raccolti ed elaborati dall’Unione delle Camere di Commercio e dal Ministero del Lavoro mostrano un costante squilibrio tra l’offerta e la domanda di laureati. Dati del 2009 indicano che in Italia c’è scarsità di laureati in ingegneria, in materie economico-statistiche, in medicina e nelle scienze naturali. Si verificano gravi eccessi di offerta, invece, per i laureati in materie politiche-sociali, in materie umanistiche, in biologia e in geologia. In altre parole, la difficoltà di molti giovani laureati a trovare un’occupazione deriva anche da queste incoerenze qualitative tra domanda e offerta. Nel 2009 ciò ha comportato un eccesso totale di offerta di circa 44mila persone con titoli di studio non richiesti dal sistema produttivo, mentre allo stesso tempo, l’economia italiana non riusciva a trovare 35mila persone laureate in materie ad alta domanda. Nel 2008 questo squilibrio aveva toccato quasi la cifra di 70mila laureati mancanti nelle discipline più adatte al mercato del lavoro italiano. Questo dato va sommato ad altre statistiche allarmanti. In Italia, i lavoratori in possesso di un titolo di studio universitario continuano a essere molto inferiori rispetto agli altri grandi paesi europei: circa la metà rispetto all’Inghilterra e quasi la metà della Germania. A peggiorare la prospettiva, in Italia oltre il 50% degli iscritti all’università non riesce a raggiungere il titolo di studio: si tratta del peggior dato tra tutti i paesi dell’OCSE. Questo dato, in parte, si capisce facendo riferimento a un altro dato internazionale: l’Italia è il paese dell’OCSE dalla più bassa percentuale di studenti universitari che riceve borse di studio. La povertà di aiuti economici agli studenti universitari ha due effetti deteriori: da un lato riduce fortemente la potenzialità degli studi superiori come veicolo di mobilità sociale, dall’altro priva il paese di migliaia di giovani laureati che abbandonano gli studi, o non vi accedono, per ragioni legate al reddito di partenza. www.italiafutura.it 50 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 51 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile È dunque necessaria una politica che, puntando sulle eccellenze accademiche presenti in Italia e sulla motivazione dei suoi migliori studenti, affronti entrambi i nodi: quello del mismatch tra domanda e offerta di capitale umano e quello sulla scarsità di supporto alla formazione superiore. Il cuore di questa proposta è quello dunque di aumentare drasticamente il numero di borse di studio, sia per consentire ad un numero maggiore di studenti di completare gli studi universitari che per orientare la scelta degli studi verso discipline maggiormente richieste dal nostro sistema produttivo. Gli studenti più meritevoli dovrebbero poter accedere all’università senza dover pagare le tasse di iscrizione e ricevendo un modesto contributo per vitto e alloggio. Il sostegno finanziario allo studente dovrà essere rigidamente vincolato al superamento, in tempo e a pieni voti, degli esami universitari. L’idea di fondo è, dunque, di favorire uno shock formativo e di opportunità per l’Italia che, nel giro di pochi anni, una o due legislature, sia in grado di accrescere drasticamente il capitale umano del paese, mentre viene rimesso in moto l’ascensore sociale. Sono tre i dettagli qualificanti di questa proposta. Il primo riguarda il modo in cui queste borse devono essere erogate, per rispondere al mismatch tra domanda e offerta. Con cadenza biennale il Ministero del Lavoro individua le aree disciplinari che corrispondono alle necessità produttive del paese, ossia quelle in cui la domanda di lavoro è superiore all’offerta. In maniera corrispondente dovranno essere ripartiti i fondi a disposizione delle borse di studio, ed assegnati alle venti migliori università italiane, secondo la più recente classifica stilata dal Ministero dell’Università. Le borse di studio saranno assegnate agli studenti direttamente dalle università, che provvederanno ai bandi legati ai corsi di studio cui sono orientate. La gestione e la responsabilità nella selezione, accoglienza e monitoraggio degli studenti rimarranno appannaggio degli enti di formazione che, gestendo in maniera oculata le risorse, potranno ulteriormente beneficiarne. Questa proposta naturalmente non supera la necessità di una riforma complessiva del sistema universitario e della ricerca, che gli ultimi governi hanno finora mancato di attuare. Individua però un elemento fondamentale per riaffermare il valore sociale e collettivo dell’educazione superiore e il supporto che lo Stato deve dare agli studenti meritevoli. Il secondo dettaglio riguarda i numeri: per essere un vero shock, la dimensione del finanziamento dovrà riguardare circa 100mila studenti universitari l’anno a regime, ossia distribuiti sui diversi anni di corso. Questo numero comporta un costo notevole, da noi stimato in circa 1,2 miliardi di euro l’anno. Noi proponiamo che questa misura venga finanziata attraverso l’aumento permanente di un anno dell’età di pensionamento per le pensioni di vecchiaia e anzianità, sia per gli uomini che per le donne. Secondo i calcoli della Ragioneria Generale dello Stato riferite alla manovra finanziaria della primavera 2010, l’aumento di un anno dell’età di pensionamento consente un risparmio pari a circa la cifra necessaria a finanziare lo shock di formazione da noi proposto. www.italiafutura.it 51 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 52 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Pensiamo sia significativo legare direttamente un sacrificio chiesto alle coorti più anziane del nostro paese ad una misura che, non solo favorisca i giovani, ma, aumentando la qualità del capitale umano e in prospettiva la produttività e la competitività del paese, contribuisca anche alla ripresa della nostra economia e dunque alla sostenibilità del sistema pensionistico. Mentre è urgente un riequilibrio delle risorse pubbliche spese a favore delle generazioni più giovani, e la nostra proposta va in questa direzione, è altrettanto importante unire le generazioni da un patto di responsabilità che si rafforza legando tra loro voci di spesa e voci di entrata. Questa proposta ha anche la caratteristica utile – sia pur indiretta – di favorire la competizione tra università, dato che le migliori venti attrarranno gli studenti più bravi e una quota di finanziamenti pubblici non indifferente. Se gestite in maniera oculata, queste risorse possono beneficiare gli istituti riceventi in maniera più che proporzionale al loro ammontare, con ulteriori effetti positivi sul livello della formazione offerta a tutti gli studenti italiani. www.italiafutura.it 52 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 53 C A P I TO L O 3 IL CASO DELL’ARTIGIANO: UN’OCCASIONE PER CRESCERE di Stefano Micelli 1. Un decennio vissuto pericolosamente 54 2. Una nuova credibilità internazionale 56 3. Il lavoro artigiano e la piccola impresa nelle catene globali del valore 57 4. Innovazione e piccola impresa: un binomio da ripensare 59 5. Internazionalizzare il lavoro artigiano 61 6. Quattro proposte per un nuovo artigianato 63 6.1 Una task force per integrare l'artigianato italiano con le economie emergenti 64 6.2 Oltre il Made in Italy: un marchio per la valorizzazione internazionale dell'artigianato 65 6.3 Una Ivy league delle scuole dell'artigianato 66 6.4 Un nuovo modo di raccontare l'artigianato italiano 67 53 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 54 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 1. Un decennio vissuto pericolosamente L’Italia è un paese di piccole imprese. Le statistiche ce lo ricordano continuamente. In Italia le imprese comprese nella classe fra 1 e 19 addetti costituiscono il 98,3% del nostro sistema imprenditoriale; la stessa statistica, nel Regno Unito si attesta al 94,9%; in Germania, scende al 93,4%. Se si considera il solo comparto industriale, le imprese con meno di 20 addetti sono oltre 430.000 e pesano per quasi 1.800.000 addetti, più di un terzo degli addetti del manifatturiero (37,9%). Il peso della piccola impresa continua a rappresentare un aspetto caratterizzante del nostro sistema produttivo e ci contraddistingue rispetto alla generalità delle economie avanzate. Nonostante il quadro delle statistiche nazionali e internazionali confermi una fotografia a cui siamo sostanzialmente abituati, nel corso dell’ultimo decennio il sistema industriale italiano ha conosciuto profonde trasformazioni. Dal 2000 ad oggi, l’industria nazionale ha dovuto confrontarsi con tre shock importanti: l’introduzione dell’euro, l’entrata a pieno titolo della Cina nel commercio internazionale e la diffusione delle nuove tecnologie nella gestione delle imprese. Questi shock hanno messo in discussione alcuni degli elementi su cui si è fondata la competitività del Made in Italy tradizionale. Lungo tutto il corso degli anni ’90, il successo della produzione italiana nel mondo è stato legato principalmente al successo del modello dei distretti industriali. Nel corso degli ultimi dieci anni, è cresciuta sensibilmente l’importanza di una nuova generazione di medie imprese capaci di proporsi in modo originale e innovativo sul mercato internazionale. Le caratteristiche salienti delle medie imprese che rappresentano la nuova ossatura del Made in Italy sono presto dette. Le nuove medie imprese italiane hanno saputo costruire un percorso di crescita internazionale investendo in reti distributive e, aspetto particolarmente importante, avviando nuovi rapporti di fornitura a scala globale. Sono imprese che hanno costruito il loro vantaggio competitivo sulla ricerca e sulla comunicazione a scapito della manifattura in senso stretto: spesso hanno delocalizzato la produzione per concentrarsi sulle fasi a maggior valore aggiunto della catena del valore. Sono aziende che hanno mantenuto un rapporto forte con il territorio selezionando, tuttavia, i propri interlocutori sulla base di know how e competenze. A fronte di questi importanti cambiamenti, la piccola impresa artigiana ha subito un ridimensionamento delle proprie performance economiche collocandosi, quando possibile, a ri- www.italiafutura.it 54 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 55 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile dosso delle imprese leader di mercato. La crisi economica, innescata dalla finanza americana nel corso del 2008, ha accentuato ancora di più questo processo selettivo, attivando una nuova fase di differenziazione dei risultati economici. I dati forniti dall’Istat a metà 2010 forniscono una conferma che la crisi ha colto in controtempo le piccole e le microimprese, in particolare quelle meno “agganciate” a un circuito di crescita internazionale. Per contro, molte medie imprese hanno dimostrato di poter reagire alle difficoltà di mercato in termini relativamente brevi, riassorbendo in alcuni casi in un solo biennio la riduzione del fatturato legata alla crisi del 2008. In questo contesto, è lecito domandarsi se e come è possibile rilanciare la competitività della piccola impresa a carattere artigianale in una fase di crescente globalizzazione dei processi economici. La risposta non è scontata. La media impresa che ha svolto storicamente la funzione di traino della piccola impresa sui mercati internazionali, oggi tende a guardare al potenziale delle economie emergenti per attingere a competenze manifatturiere a basso costo. Per questo la piccola impresa artigiana è chiamata a fare oggi un nuovo salto di qualità, reinventando il proprio posizionamento sul mercato. www.italiafutura.it 55 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 56 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 2. Una nuova credibilità internazionale Se è vero che la piccola impresa oggi soffre la competizione internazionale, è altrettanto vero che in questi anni la figura dell’artigiano è stata ampiamente rivalutata. La crisi che si è abbattuta sull’economia mondiale e le critiche che la finanza ha attirato sul proprio operato hanno contribuito a ridare lustro e legittimità all’economia reale e al ruolo dell’artigiano. Negli Stati Uniti alcuni libri sulla modernità del lavoro artigiano hanno conosciuto un certo successo; anche il Financial Times ha dedicato una sua prima pagina alle virtù del lavoro manuale e alla necessità di valorizzare il ruolo degli artigiani in campo sociale e economico. A prima vista, questo rilancio della figura dell’artigiano potrebbe suggerire connotazioni regressive. In molti percepiscono la scelta dell’artigianato come una versione elegante del cosiddetto “downshifting”, ovvero una riduzione delle aspettative di carriera e del proprio livello di materiale in cambio di una maggiore attenzione alla qualità della propria vita sociale: meglio vivere facendo qualcosa con le proprie mani, vedendo ogni giorno i risultati del proprio lavoro, piuttosto che contribuire, spesso in modo inconsapevole, a un processo di alienazione che oggi segna in misura sempre più importante anche i lavori cosiddetti intellettuali. Questa scelta “no global”, nel senso stretto del termine, per quanto interessante sul piano umano, rischia di far apparire il lavoro artigiano come una ritirata rispetto alla possibilità di proporre il proprio talento nel mondo della creatività e dell’innovazione. In realtà non è così. Oggi sono proprie le grandi imprese più dinamiche e innovative a livello internazionale a rilanciare la figura del lavoro artigiano come ingrediente essenziale della competitività sui mercati. Molte case di moda (Louis Vuitton, Gucci, Kiton, Dolce e Gabbana per citarne alcune) hanno promosso campagne pubblicitarie per mettere in risalto il contributo del lavoro artigianale alla qualità del loro prodotto. Il lavoro artigiano è cura, attenzione al dettaglio, personalizzazione, cultura. Il contributo del lavoro artigiano non è cruciale solamente nei settori tradizionali come l’abbigliamento e la calzatura. Di recente Jonathan Ive, responsabile del design di Apple, ha sottolineato l’importanza di recuperare un rapporto diretto con la materia come ingrediente essenziale nell’innovazione del prodotto high-tech. La sensibilità dell’artigiano è cruciale nella sperimentazione di nuove soluzioni e di nuovi materiali. Se si vuole essere davvero eccellenti – ha scritto Thomas Friedman sul New York Times – non basta essere nella media (“average”): si deve fare qualcosa in più, a tutti i livelli. Recuperare uno spirito artigianale (Friedman usa esplicitamente la parola “artisan”) è uno dei modi per uscire dalla crisi. www.italiafutura.it 56 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 57 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 3. Il lavoro artigiano e la piccola impresa nelle catene globali del valore Come ripensare il ruolo del lavoro artigiano per la competitività della piccola impresa in uno scenario di economia globale? Un’analisi sulle piccole imprese che hanno avviato in questi anni percorsi di successo parla di un nuovo modo di essere artigiani, non solo a scala locale. Rivela una nuova capacità di dialogo con il mondo della creatività e del design, ma anche con il mondo dell’industria e della distribuzione. Il vantaggio competitivo dei nuovi artigiani deriva nella maggior parte dei casi dalla capacità di trovare un nuovo ruolo all’interno delle catene globali del valore a scala internazionale. La gestione di questo nuovo posizionamento competitivo richiede una grande attenzione. Il lavoro artigiano costa. Tradizionalmente abbiamo pensato in termini di contrapposizione fra prodotto artigiano (di qualità, ma costoso) e prodotto industriale (di scarsa qualità, ma economico). Quanto emerge dall’attività del nuovo artigiano è il superamento di questa contrapposizione e la ricerca di nuove complementarietà. Il lavoro artigiano rilancia la sua competitività quando attiva, completa o arricchisce le filiere industriali. Il nuovo artigiano, insomma, non compete più con l’industria, ma diventa parte integrante di catene del valore a cui contribuisce con la sua specificità. Qualche esempio. Da sempre le imprese artigiane svolgono un’attività di prototipazione e di produzione di prime serie per le filiere dell’abbigliamento e della calzatura. La traduzione dei bozzetti degli stilisti in manufatti pronti per la produzione in serie è cruciale per ottenere economie di scala nel processo industriale. Il valore prodotto dall’impresa artigiana dipende dal fatto che grazie a queste prime collezioni è possibile mettere in moto economie che verranno garantite da processi industriali consolidati, magari in paesi emergenti. Dobbiamo considerare l’artigiano in contrapposizione con l’industria? Piuttosto il contrario. Il lavoro artigiano dimostra la sua complementarietà con l’industria anche proponendosi a valle della filiera. Si pensi, ad esempio, al caso dell’edilizia sostenibile. In questo caso le imprese artigiane fanno proprie le economie di scala delle imprese che producono componenti a livello industriale per svolgere una funzione cruciale di adattamento, necessaria soprattutto quando queste nuove tecnologie vengono applicate a edifici già esistenti. In questo caso, il valore del lavoro artigiano dipende dalla capacità di configurare e combinare in modo originale elementi già disponibili sul mercato. Anche per il cosiddetto artigianato artistico non vale più la contrapposizione con l’industria e la grande distribuzione. È vero che spesso liutai, maestri vetrai, ceramisti, gioiellieri www.italiafutura.it 57 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 58 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile danno vita ad oggetti che devono il loro valore alla loro esclusività. Immaginiamo volentieri la bottega di questi artigiani, in pieno centro storico, in contrapposizione con la catena di montaggio della fabbrica sorta nella zona industriale appena fuori città. In realtà già oggi il lavoro di questi artigiani può costituire il punto di partenza per produzioni in serie. Il rapporto sui mestieri d’arte e sui saperi tradizionali, curato dalla senatrice francese Catherine Dumas, racconta la storia di Serge Mansau, creatore di vere e proprie sculture in vetro che le grandi case di moda hanno spesso utilizzato come flaconi per i propri profumi. I flaconi prodotti in serie per Dior, Kenzo e Azzaro, solo per fare alcuni nomi, nulla tolgono al valore della produzione originale dello stesso Mansau. Tutti questi esempi confermano la necessità che la piccola impresa si dimostri capace di produrre valore attraverso un nuovo dialogo con l’industria e la distribuzione. La piccola impresa artigiana, in altre parole, è chiamata a diventare ingrediente essenziale di processi manifatturieri che hanno bisogno, in fasi specifiche, di creatività, capacità di adattamento e di risoluzione dei problemi. Questo non implica che le filiere siano necessariamente italiane al cento per cento: è possibile contribuire con un servizio “su misura” anche a catene del valore solo in parte nazionali mantenendo un ruolo specifico e visibile. Come promuovere una sua presenza originale nelle catene globali del valore? Vale la pena soffermarsi su due grandi tematiche che riflettono altrettanti possibili capitoli di una nuova economia industriale per la piccola impresa: innovazione e internazionalizzazione. www.italiafutura.it 58 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 59 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4. Innovazione e piccola impresa: un binomio da ripensare Un elemento che oggi qualifica il lavoro artigiano è la specificità del suo percorso di innovazione. Si tratta di un tema cruciale per la competitività dell’impresa artigiana, sul quale vale la pena soffermarsi. Una ricerca di Censis - Confartigianato ha messo a fuoco alcuni aspetti tipici del processo di innovazione dell’impresa artigiana a partire da un’analisi condotta su un campione di piccole imprese dinamiche. Dalla ricerca emerge che l’impresa artigiana investe una quota rilevante di ore lavorate (oltre il 10%) in attività di ricerca e sperimentazione. Questo sforzo di ricerca si svolge prevalentemente all’interno del perimetro proprietario dell’impresa; l’artigiano stenta a costruire un dialogo con soggetti come l’università o con altri enti di ricerca. Altro aspetto rilevante riguarda l’esito di questo percorso di ricerca: nella stragrande maggioranza dei casi le innovazioni introdotte si traducono in un vantaggio competitivo sul mercato, qualificando l’attività di impresa ben oltre gli standard di mercato. Nel caso delle aziende artigiane della sub-fornitura, questo sforzo di innovazione contribuisce in maniera essenziale alla competitività delle imprese committenti. Un terzo delle imprese analizzate da Confartigianato dichiara di adottare un comportamento attivo verso le imprese leader, proponendo soluzioni innovative e lavorando in partnership per risolvere i problemi. Anche in un comparto oggi particolarmente delicato come quello delle lavorazioni conto terzi, una quota importante delle imprese artigiane pratica un’innovazione che si traduce in servizi a valore aggiunto. La creatività dell’artigiano, la sua capacità di trovare soluzioni innovative e di trasferirle continuamente al prodotto, costituisce un ingrediente essenziale della manifattura di qualità, indipendentemente dal legame ufficiale con la ricerca scientifica e tecnologica. Il problema, allora, è come allargare la platea delle imprese artigiane che sono in grado di mettere in moto questi comportamenti e come moltiplicarne il valore. Un aspetto essenziale su cui riflettere è legato al contesto sociale e culturale entro al quale l’artigiano si trova ad operare e a sviluppare il proprio percorso di innovazione. Un esempio di progetto in grado di arricchire le relazioni dell’artigiano e stimolare l’innovazione è stato recentemente promosso da CNA Vicenza. Con l’aiuto di alcuni designer di fama internazionale (nel caso specifico Aldo Cibic e Martino Gamper), CNA Vicenza ha selezionato un gruppo di giovani talenti provenienti dal Royal College of Art e li ha ospitati nel vicentino per farli lavorare a stretto contatto con alcuni artigiani attivi in diversi ambiti, dalla www.italiafutura.it 59 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 60 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ceramica al plexiglass. Nell’arco di pochi mesi, giovani promesse del design e artigiani dall’esperienza consolidata hanno imparato a convivere sviluppando una serie di prototipi che sono stati presentati ufficialmente a conclusione del progetto. Altro esempio interessante di creazione di nuove connessioni sociali e professionali è quello del Museo Zauli a Faenza. Il museo sta sviluppando una politica di promozione culturale che punta a legare l’artigianato e l’arte contemporanea per rinnovare radicalmente i linguaggi espressivi della ceramica. Il progetto punta a creare nuovi legami fra mondi che a lungo si sono parlati poco e male. I risultati sono già oggi di grande interesse e superano la dimensione della sperimentazione. In un territorio in forte crisi, la ricostruzione di un nuovo contesto e di nuovi linguaggi ha consentito di generare rapidamente un ritorno economico misurabile. In alcuni casi l’emergere di questi legami nasce in modo spontaneo. Il collettivo Gate 08, ad esempio, è un gruppo di designer di tutto il mondo che ha deciso di avviare una collaborazione con un gruppo di artigiani per proporsi in modo innovativo sul mercato. Gate 08 ha proposto i risultati di questa collaborazione al Salone del Mobile di Milano e, a più riprese, a Udine presso sedi commerciali e istituzionali. In questo caso Confartigianato sta svolgendo un ruolo importante nel qualificare questa esperienza attraverso lo strumento del contratto di rete, per dare al progetto forza di mercato e visibilità presso la distribuzione. In tutte queste esperienze, ciò che emerge è l’importanza di una dimensione sociale nel processo di innovazione. L’artigiano innova attraverso il dialogo diretto, attraverso un confronto che lo mette in gioco come persona a tutto tondo. Il mondo dei distretti ha probabilmente esaurito un ciclo di creatività “manifatturiera”, ma chi esce da questa esperienza è pronto a rilanciare la propria esperienza entro un nuovo orizzonte professionale e culturale. I casi ora citati sono solo una selezione dei tanti fermenti che stanno caratterizzando tutta l’Italia manifatturiera. Si tratta di incentivare progetti che puntano ad arricchire il contesto del lavoro artigiano puntando a stimoli nuovi, capaci di innescare dinamiche innovative originali. www.italiafutura.it 60 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 61 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 5. Internazionalizzare il lavoro artigiano Internazionalizzazione e artigianato sono parole che, secondo alcuni, non vanno d’accordo. Se guardiamo i dati dell’export questa convinzione si rafforza. Sono infatti le medie e le grandi imprese a garantire in maniera rilevante l’export nazionale. L’artigianato concorre alla presenza del prodotto italiano sui mercati internazionali solo in minima parte. In realtà il tema dell’internazionalizzazione non può essere ricondotto semplicemente alla capacità di esportare prodotti e servizi. Oggi l’internazionalizzazione ha a che fare con la conoscenza, e non solo con le merci. Le reti trasformano il nostro modo di essere “internazionali”, allargando sensibilmente l’orizzonte geografico dell’agire dell’impresa artigiana. Il cambiamento in atto è profondo e richiede – nuovamente – di utilizzare il punto di vista delle catene globali del valore. L’impresa artigiana oggi ha la possibilità di informarsi diversamente sui propri fornitori guardando a un orizzonte internazionale; può ripensare il proprio rapporto con il mercato cercando – individualmente o in partnership – di candidarsi a svolgere fasi specifiche di catene del valore a livello globale. La maturità delle tecnologie e dei servizi disponibili in rete consente forme nuove di specializzazione a livello internazionale prima riservate alle aziende di maggiori dimensioni. Alcuni esempi. Sul versante della commercializzazione del prodotto la rete propone nuove opportunità di commercio elettronico.Tradizionalmente questo canale non è stato utilizzato dalle imprese del Made in Italy, in parte perché poco adatto a comunicare la flessibilità e la versatilità delle nostre imprese artigiane, in parte perché inadeguato nel comunicare la ricchezza di contenuti storici, artistici e cultuali del prodotto artigiano. Rispetto alla prima metà degli anni 2000 il contesto, oggi, è profondamente mutato. L’introduzione della banda larga e l’innovazione nelle piattaforme di e-commerce hanno consentito di arricchire gli strumenti del commercio elettronico: è migliorato il potenziale di interazione fra domanda e offerta ed è aumentata la possibilità di comunicare il valore di prodotti complessi grazie alla multimedialità. Nel campo del commercio elettronico business to business si sono imposte piattaforme globali come www.alibaba.com che hanno saputo intermediare l’offerta di produzioni cinesi presso le imprese e i compratori occidentali. Piattaforme come Alibaba contano oggi milioni di contatti giornalieri e un volume di transazioni considerevole. Non si tratta di compravendite basate solo sul prezzo: esiste la possibilità di gestire processi di personalizzazione delle www.italiafutura.it 61 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 62 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile offerte anche per pochi pezzi. Questo consente di ripensare il proprio modo di acquistare e di vendere on line. Chris Anderson, editor di Wired, ha indicato Alibaba come una delle piattaforme su cui si costruirà quella che lui stesso ha definito la prossima rivoluzione industriale (“The next industrial revolution”): grazie alle nuove piattaforme di commercio elettronico è possibile costruire auto su misura (come nel caso dell’americana Local Motors), acquistare e vendere circuiti integrati personalizzati, persino gestire la produzione di prodotti high tech. Insomma un universo di opportunità per artigiani di nuova generazione disposti a raccogliere la sfida. Per la piccola impresa italiana, questi nuovi ambienti di lavoro rappresentano una sfida non da poco. Oggi il traffico italiano conta su Alibaba per l’1% delle transazioni contro il 60% delle imprese cinesi e il 7% delle imprese americane. Anche nel campo del commercio elettronico business to consumer, lo scenario è molto cambiato in questi ultimi anni. Nel campo dell’hand made si sono consolidate a livello internazionale piattaforme di commercio elettronico in grado di rappresentare delle opportunità anche per l’artigianato italiano. Esty.com costituisce un esempio interessante in questo campo. Inoltre, i recenti successi di piattaforme come Yoox.com dimostrano la possibilità di sviluppare canali di distribuzione capaci di comunicare la ricchezza del prodotto Made in Italy. In generale, la disponibilità di nuovi strumenti gestionali e di reti a banda larga consente di ripensare il posizionamento delle imprese artigiane nelle filiere internazionali. Attività come la prototipazione e lo sviluppo di prime serie, come accennato in precedenza, possono essere svolte per nuovi committenti a scala globale. Le imprese artigiane specializzate in queste attività in campi diversi come la confezione o la produzione di stampi possono inserirsi e consolidare un proprio posizionamento competitivo anche senza una filiera completamente Made in Italy. Dall’insieme di queste esperienze emerge un quadro di nuove opportunità per il mondo della piccola impresa artigiana che deve essere preso sul serio, e in tempi brevi. Le economie con cui l’impresa artigiana è chiamata ad orientarsi sono complesse. Esiste un problema di affidabilità delle controparti, di messa a punto di nuove competenze, di tutela della proprietà intellettuale, soprattutto perché le opportunità di crescita che questi strumenti consentono guardano principalmente ad Est, verso le economie emergenti dell’Asia. www.italiafutura.it 62 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 63 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 6. Quattro proposte per un nuovo artigianato Esiste un consistente spazio di politica industriale per un rilancio dell’artigianato italiano. Il quadro che emerge da un’analisi del comparto suggerisce iniziative diverse, alcune a scala nazionale, altre in una proiezione internazionale. Tutte hanno in comune l’obiettivo di promuovere la qualità del lavoro artigiano come un tratto distintivo della nostra industria nazionale presente - in forme diverse - nella grande, nella media e nella piccola impresa. Questo ingrediente essenziale ha consentito ai quattro grandi settori del Made in Italy (alimentazione, casa-arredo, moda, meccanica) di mantenere nel tempo la propria competitività a livello internazionale. Innocenzo Cipolletta ha definito questa straordinaria capacità di flessibilità e di adattamento alla domanda internazionale “industria su misura”. Se il Made in Italy è stato “industria su misura”, nella piccola impresa così come in quella di maggiori dimensioni, ciò si deve a una qualità del lavoro che oggi riconosciamo come artigianale. Abbiamo già cominciato a comunicare e a promuovere il lavoro artigiano in modo nuovo. Chi ha seguito le attività del padiglione italiano all’Expo di Shanghai ha potuto apprezzare il successo riscosso dallo spazio dedicato al lavoro artigiano. Nel parallelepipedo di plexiglass in cui sono stati ospitati i nostri artigiani, si sono alternate presenze di grandi imprese ormai consolidate (ad es. Ferragamo), istituzioni di prestigio (ad es. l’Opificio delle pietre dure di Firenze) e laboratori artigiani di talento (ad es. i liutai di Cremona). Il lavoro artigiano è stato presentato come l’enzima che consente alla nostra imprenditorialità di raggiungere l’eccellenza nella qualità e la passione per il dettaglio. Il riconoscimento di questo tratto nazionale deve suggerire una prospettiva unificante fra piccola e grande impresa. Il lavoro artigiano costituisce probabilmente il vero denominatore comune di tanta parte dell’industria italiana. Riconoscere la sua importanza significa prima di tutto mettere da parte le tante contrapposizioni fra il fronte della piccola impresa, in sofferenza per la crisi degli ultimi due anni, e quello delle imprese più consolidate, ormai proiettate in uno scenario internazionale. Il problema da affrontare con urgenza è capire in che modo l’artigianato, che oggi qualifica la piccola impresa italiana, può essere valorizzato a scala globale. Quattro sono le priorità da affrontare con la massima urgenza. www.italiafutura.it 63 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 64 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 6.1 Una task force per integrare l’artigianato italiano con le economie emergenti Il primo obiettivo da perseguire è l’inserimento delle piccole imprese artigiane all’interno delle catene globali del valore. La piccola impresa artigiana non può pensare di competere a livello internazionale perpetuando un approccio mercantile: non si tratta necessariamente di imporre il prodotto della piccola impresa sui mercati internazionali. Piuttosto, si tratta di trovare delle forme di partenariato che consentano alla piccola impresa di valorizzare le proprie competenze all’interno di nuove relazioni con l’industria e la distribuzione. Come accennato in precedenza, alcune esperienze di partenariato sono già state avviate con successo: in diversi contesti, piccole imprese di matrice artigianale hanno saputo inserirsi in processi di divisione del lavoro a scala internazionale. Per favorire un’accelerazione di questi processi di integrazione è necessaria una politica industriale su due fronti. Un primo fronte è legato allo sviluppo di reti di impresa capaci di aggregare una massa critica di competenze distintive in grado di proporsi efficacemente su uno scenario internazionale. Difficile pensare che siano le singole imprese a dialogare con i nuovi protagonisti della manifattura industriale nel Far East: più verosimile che gruppi selezionati e organizzati di aziende artigiane possano diventare interlocutori di strutture industriali in forte crescita. Lo strumento del contratto di rete costituisce lo strumento cardine per favorire questa proiezione internazionale e per questo deve essere promosso e comunicato a scala nazionale. Un secondo fronte riguarda la cooperazione internazionale. Le nostre imprese devono poter essere aiutate e sostenute nel confronto con economie e culture percepite come lontane e poco praticabili. In passato il Ministero dello Sviluppo Economico ha promosso una task force per rendere produttivo l’incontro fra partner russi e italiani e favorire la reciproca conoscenza fra imprenditori. La task force ha avuto il merito di affrontare molto pragmaticamente le priorità percepite degli operatori economici e favorire l’identificazione di soluzioni sul piano della concretezza. Questo stesso modello operativo oggi deve essere replicato per favorire l’integrazione delle nostre reti di impresa con le realtà produttive più dinamiche in Cina e in India. www.italiafutura.it 64 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 65 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 6.2 Oltre il Made in Italy: un marchio per la valorizzazione internazionale dell’artigianato Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a un lungo confronto sul tema del marchio Made in Italy. La legge Reguzzoni-Versace (L.55 del 2010) ha rappresentato un importante punto di arrivo per la salvaguardia delle esigenze di informazione e trasparenza verso il consumatore finale: quando saranno predisposti i regolamenti attuativi i consumatori saranno in grado di stabilire con precisione l’origine delle merci e il luogo della manifattura di settori cruciali come il tessile e la pelletteria. Difficile pensare, tuttavia, che il marchio Made in Italy – anche quando esteso ad altri settori - possa davvero valorizzare, di per sé, la piccola impresa artigiana nell’economia internazionale. In passato il marchio Made in Italy è stato utile nel rimarcare la differenza fra un modello industriale di matrice fordista (tipico di grandi economie come quella americana) e un modello industriale come quello italiano, profondamente radicato nella tradizione artigiana e nella cultura dei territori. Questa demarcazione non è più proponibile in uno scenario globale: le nuove economie emergenti hanno certamente sviluppato apparati produttivi tipici della produzione di massa (si pensi al sistema industriale cinese), ma continuano a essere caratterizzate da una consistente presenza di lavoro artigiano. La tradizione italiana dell’artigianato che ambisce a proiettarsi nel mondo ha bisogno di linguaggi nuovi, capaci di incontrare e riconoscere il valore di culture diverse. L’Italia non può pensare di essere l’unico paese depositario di competenze artigiane: deve, piuttosto, diventare il paese promotore dell’artigianato a livello internazionale. Deve diventare il punto di riferimento di una nuova cultura della produzione che fa dell’uomo e del lavoro artigiano un elemento essenziale della qualità materiale e immateriale delle merci. L’artigianato, come è stato per l’agricoltura, ha bisogno di marchi e riconoscimenti inclusivi. Se guardiamo all’esperienza Slow Food, vediamo un brand capace di dare senso e includere tradizioni diverse (i presidi locali in Italia e nel mondo). Slow Food non difende l’Italia; promuove la cultura del cibo nel nostro paese e nel mondo. Grazie a un linguaggio aperto e universale, il nome Slow Food è stato accolto praticamente dappertutto. È ovvio che fra i beneficiari di questo straordinario successo vi siano state anche imprese italiane: Eataly, ad esempio, ha appena ampliato la sua rete distributiva con un importante sbarco negli Stati Uniti; Grom, la catena di gelaterie di qualità che ha conosciuto una grande crescita in questi ultimi anni, beneficia anch’essa delle esternalità positive generate da Slow Food e dai suoi presidi. È importante che nell’ambito dell’artigianato emerga al più presto un progetto simile a quello promosso da Carlo Petrini. I fermenti culturali di questi anni dimostrano che esiste un interesse globale per un nuovo riconoscimento del lavoro artigiano (si pensi al movimento dei makers negli Stati Uniti, già oggi organizzato attorno a eventi e riviste di settore). L’Italia deve diventare il punto di riferimento di questa cultura del lavoro promuovendo attività di www.italiafutura.it 65 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 66 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ricerca, di promozione e, ovviamente, marchi e etichette riconoscibili. Al pari di Slow Food, un’iniziativa di innovazione sociale di questo tipo, richiede slancio e imprenditorialità da parte di istituzioni, associazioni di categoria, operatori della cultura e mondo delle imprese. 6.3 Una Ivy league delle scuole dell’artigianato La formazione del nuovo artigiano non ha ancora istituzioni qualificate. Mentre l’artigianato evolveva e si trasformava sotto la spinta delle pressioni del mercato, le scuole dei mestieri si limitavano a riproporre la figura dell’artigiano della tradizione. Non è solo una questione di accesso alle nuove tecnologie, che spesso le scuole non sono in grado di garantire perché in ritardo rispetto al mondo delle imprese ma è, più in generale, un problema di impianto formativo che oggi richiede un abbinamento più stretto fra competenze manuali e strumenti culturali evoluti. Come riproporre una formazione artigiana al passo coi tempi? La predisposizione di nuovi curricula, capaci di interpretare il nuovo ruolo dell’artigiano nell’economia globale, richiede una riflessione di carattere nazionale. Il nuovo artigiano ha bisogno di scuole che ne rilancino il profilo e la visibilità oltre la scala regionale e che ne proiettino la legittimità in un orizzonte internazionale. È necessario avviare al più presto una serie di corsi di eccellenza che facciano leva su quanto di meglio abbiamo saputo sviluppare nelle diverse regioni per attrarre nel nostro paese talenti di tutto il mondo, interessati ai mestieri artigiani e alla cultura italiana. L’insieme di scuole dovrà costituire una Ivy league dell’artigianato che potrà condividere alcune risorse di base (si pensi all’offerta didattica di carattere generalista) e che potrà specializzarsi in aree elettive coerenti con le diverse vocazioni territoriali. In generale, il rilancio della formazione artigiana favorirebbe una diversa percezione del lavoro manuale nella società italiana. Studi recenti di Confartigianato confermano la ritrosia dei giovani italiani nell’intraprendere un percorso di lavoro artigiano perché poco attratti dalle offerte della piccola impresa di carattere artigianale. Percorsi formativi di eccellenza, orientati a studenti nazionali e internazionali, in grado di fornire sbocchi professionali sia nella media che nella piccola impresa, potrebbero trainare in maniera sensibile tutto il comparto. Queste stesse scuole di eccellenza potranno inoltre diventare le piattaforme di scambio e di integrazione tra competenze artistiche e altri campi del sapere. Come richiamato in precedenza, i percorsi di innovazione nel mondo artigiano passano attraverso la socializzazione e l’esperienza diretta di nuovi saperi. Le scuole avranno la funzione di interfaccia fra artigianato e mondo del design, dell’arte contemporanea, dell’ingegneria, delle scienze ambientali: saranno queste istituzioni a legittimare e a gestire quei percorsi di incontro che hanno bisogno di mediazione e accompagnamento. www.italiafutura.it 66 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 67 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 6.4 Un nuovo modo di raccontare l’artigianato italiano Il racconto dell’artigianato di qualità ha seguito, tradizionalmente, una trama territoriale. Il radicamento dell’impresa artigiana all’interno dei distretti ha favorito una promozione dell’impresa artigiana per aree geografiche omogenee. L’Italia ha promosso il vetro di Murano, l’oreficeria di Valenza, la lavorazione del corallo di Torre del Greco. La lista potrebbe continuare a lungo. Il confronto con mercati nuovi, diversi per cultura e per richieste dai mercati tradizionali, spinge a ripensare il nostro modo di comunicare la competenza artigiana, favorendo l’aggregazione di competenze e lavorazioni coerenti con le richieste di mercati specifici. CNA, ad esempio, ha promosso la pubblicazione di un libro-catalogo dal titolo “Fatto per te” che raccoglie i profili di una quarantina di artigiani che, sparsi su tutta la penisola, sono a disposizione per confezionare abiti e accessori su misura per clienti russi. In questo caso, la narrazione delle eccellenze riflette il punto di vista della domanda, non più quello della geografia dell’offerta. Cataloghi simili sono già stati prodotti con successo per altri settori, come quello della casa sostenibile e della moda. In alcuni casi il problema non è solo quello di raccontare un artigianato che già esiste e opera sul mercato; si tratta, invece, di aggregare e rendere visibili operatori che devono conoscersi e sviluppare progetti comuni. Il progetto DNA Italia, la fiera delle tecnologie per i beni culturali, ad esempio, è stato un importante momento di incontro per operatori del settore, che ha consentito di mescolare e presentare pubblicamente eccellenze della ricerca scientifica assieme a competenze artigianali tipiche del restauro. In questo, così come in altri casi analoghi, l’obiettivo è quello di dar vita a momenti fieristici e di confronto che consentono alle piccole imprese di confrontarsi e di dialogare in forme non dissimili da quelle che tradizionalmente caratterizzano i distretti (non a caso la letteratura chiama questo tipo di eventi temporary cluster). Per molti settori del Made in Italy questa riorganizzazione della comunicazione distrettuale è particolarmente urgente. La promozione delle reti di piccole imprese all’estero richiede una maggiore attenzione alle richieste del mercato e una attenta selezione dei partecipanti. Nel sistema casa, così come nella moda e nella meccanica, la possibilità di arrivare al mercato con proposte integrate e coerenti rappresenta un elemento distintivo rispetto alla concorrenza. È importante accelerare la produzione di nuovi cataloghi e di nuove aggregazioni di imprese a scala nazionale in vista di una più aggressiva proiezione internazionale. In questa prospettiva le associazioni di categoria giocano un ruolo particolarmente cruciale avendo una lettura locale e nazionale della distribuzione delle imprese. www.italiafutura.it 67 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 68 A P P E N D I C E S TAT I S T I C A I NUMERI DEL QUINDICENNIO PERSO (1994-2009) di Sergio de Ferra 1. Introduzione 70 2. Dati economici Crescita del Pil Pil pro capite Apertura dell’economia Investimenti esteri Diseguaglianza Squilibri regionali Nascita di imprese 74 3. Finanza Pubblica Debito pubblico Deficit Pressione fiscale Spesa pubblica Intervento dello Stato nella crisi economica 78 4. Mercato del lavoro Tasso di disoccupazione Tasso di disoccupazione per gruppi Cuneo fiscale Differenza di salario tra i sessi Uscita dalla forza lavoro Incidenti mortali sul lavoro Differenze regionali nell’occupazione 82 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 5. 18-11-2010 0:09 Pagina 69 Istruzione Punteggio nel test PISA Numero di alunni per insegnante Abbandono scolastico Laureati in materie scientifiche Cultura Brain Drain 86 6. Istituzioni e Concorrenza Corruzione Attività professionali Prezzi dell’energia Fiducia nelle istituzioni 89 7. 93 Innovazione Ricerca e Sviluppo Internet Brevetti 8. Popolazione Percentuale della popolazione a rischio di povertà Effetto dell’intervento pubblico sulla povertà Numero di figli per donna Giovani Popolazione carceraria Stranieri 95 9. Salute Obesità Bevande alcoliche Tabacco Durata della vita Sistema sanitario 99 10. Ambiente Automobili Energie rinnovabili Inquinamento dell’aria Tasse sull’ambiente 101 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 70 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile A P P E N D I C E S TAT I S T I C A 1. Introduzione Il declino economico del nostro paese costituisce sempre di più uno dei principali argomenti del dibattito pubblico italiano, sia a livello accademico che tra i politici e sui media. È purtroppo frequente, tuttavia, che questo dibattito, nonostante la sua pressante importanza, sia condotto in termini dilettanteschi, inadeguati, facendo ricorso al sentito dire, ad informazioni di dubbio valore e persino agli insulti. Anche quando dei dati vengono portati a sostegno delle diverse tesi, questi sono spesso presentati in maniera poco seria, urlati e confusi in una miriade di informazioni discordanti. Questa raccolta di indicatori comparati sulla situazione economica dell’Italia in Europa, vuole offrire, al contrario, un contributo di chiarezza. Abbiamo selezionato circa cinquanta indicatori, tratti dai dati degli istituti statistici e delle organizzazioni internazionali. Il criterio alla base della nostra scelta è stato quello di far emergere un’immagine imparziale delle condizioni materiali in cui vivono gli italiani del 2010, con uno sguardo al passato più recente ma cercando di intravedere nei dati quello che riservano i prossimi anni. In altre parole, abbiamo voluto capire quale sia la qualità della vita in Italia, quali siano le possibilità, materiali e non, degli italiani e come è cambiato il paese negli ultimi quindici anni. Tra gli indicatori strettamente economici quelli che più ci sono sembrati significativi sono stati la crescita del Pil, il livello del debito pubblico, i dati sull’intervento dello Stato durante la recente crisi finanziaria e le fortissime differenze tra le regioni italiane in termini di occupazione. Tra i dati non economici, sono particolarmente rilevanti la classifica internazionale sul livello della corruzione, la performance scolastica degli alunni italiani, l’investimento in ricerca del nostro paese, il numero di giovani che vivono ancora in famiglia e il numero di auto per abitante. È, inoltre, da menzionare la performance dell’Italia in termini degli indicatori sulla sanità. Il fiacco andamento della crescita desta particolare preoccupazione. Già nell’arco di un decennio, una scarsa crescita del Pil determina un forte peggioramento degli standard di vita se si confronta il paese con i vicini che corrono più veloci. La posizione relativa dell’Italia rispetto ai suoi partner europei e agli Stati Uniti è, dunque, oggi più arretrata rispetto a quanto non fosse quindici anni fa. Allo stesso tempo, le economie emergenti dell’Europa dell’Est e www.italiafutura.it 70 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 71 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile dell’Asia crescono molto velocemente, facendo sì che gli standard di vita in alcune di esse siano oggi comparabili, se non superiori, a quelli italiani. Preoccupa anche il fatto che la crescita susciti scarso interesse nei media. Come si è detto, le conseguenze sulla qualità della vita di un piccolo cambiamento nella crescita sono enormi, ma questo dato importante viene troppo frequentemente ignorato. Le dimensioni del debito pubblico italiano sono gigantesche. Dopo il Giappone e la Grecia, la cui condizione di finanza pubblica non è certo invidiabile, l’Italia ha il terzo debito pubblico più grande tra i paesi OCSE. Questo non è un fatto recente, dovuto alla crisi finanziaria internazionale, ma persistente da ormai più di quindici anni. Un debito pubblico di simili dimensioni costringe ogni anno l’Italia a destinare enormi risorse al pagamento degli interessi su di esso, spesso posseduto da investitori stranieri. Queste risorse potrebbero essere certamente investite in modo più efficace, nella forma di migliori servizi per i cittadini o di un abbassamento delle tasse. Inoltre, il nostro paese risulta gravemente esposto alle fluttuazioni difficilmente prevedibili dei mercati finanziari. Fortunatamente, negli anni recenti non si sono verificati forti attacchi speculativi ai danni del debito pubblico italiano. Non si può però escludere che ciò non avvenga mai ed è doveroso premunirsi riducendo velocemente l’ammontare del nostro debito pubblico. Le conseguenze negative di questo enorme debito si sono fatte recentemente sentire. Durante la crisi finanziaria del 2008-2009, tutti i maggiori paesi europei sono intervenuti attivamente a sostegno dei propri sistemi industriali. Da un punto di vista teorico, l’efficacia di simili politiche di stampo keynesiano è tuttora discussa. Per l’Italia, tuttavia, una simile scelta era comunque esclusa dalle opzioni disponibili: l’impossibilità di registrare eccessivi deficit di bilancio a causa del debito troppo pesante ha fatto sì che gli aiuti concessi dallo Stato italiano durante il 2008 siano stati addirittura inferiori a quelli dei cinque anni precedenti. La media dei paesi europei ha invece triplicato la percentuale del Pil destinata ad aiuti di Stato. Oltre a soffrire di una generica arretratezza economica nei confronti dei propri partner, l’Italia si caratterizza per una condizione fortemente diseguale all’interno delle proprie regioni. È noto che esistano forti differenze tra le diverse regioni d’Italia, ma le dimensioni del fenomeno non sono talvolta ben percepite. In Italia, la variazione nell’occupazione fra le regioni è la maggiore in Europa, superiore a quella della Germania dopo l’unificazione. Appare evidente come questo sia uno dei più gravi problemi economici dell’Italia e come, se si vuole riportare il paese a competere con le principali economie europee, sia necessario che il Meridione possa godere di una condizione economica comparabile con quella delle regioni del Nord. Anche i dati di natura non strettamente economica offrono un quadro non roseo della situazione del paese. La classifica recentemente presentata dall’organizzazione internazionale Transparency International ci restituisce l’immagine di un’Italia dove la corruzione è un www.italiafutura.it 71 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 72 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile fenomeno pervasivo. Questo malcostume diffuso fa sì che la posizione del nostro paese sia bassissima, penultima in Europa. Il nostro paese è inoltre superato per percezione della corruzione da moltissimi paesi emergenti o di scarsa tradizione democratica. Un dato particolarmente scoraggiante è quello riferito alle abilità degli studenti quindicenni della scuola italiana, misurato dal test PISA elaborato dall’OCSE. La performance degli alunni italiani è notevolmente inferiore a quella di quasi tutti i loro omologhi europei. Questo fatto dovrebbe suscitare enorme preoccupazione. Una bassa qualità dell’istruzione, infatti, può seriamente compromettere la competitività futura del paese, riducendo le possibilità degli studenti di oggi nel mercato del lavoro di domani. Appare importantissimo avviare un programma di miglioramento e rinnovamento del sistema educativo italiano. L’investimento in ricerca delle aziende italiane è molto scarso, così come la loro domanda di brevetti. La ricerca, seppure spesso non offra profitti nel breve periodo, migliora le possibilità tecnologiche del paese, permettendo alle sue imprese di competere sui mercati internazionali e trainandone la crescita nel lungo periodo. Uno scarso investimento in ricerca farà sì che la nostra produttività non possa mantenere il passo di quella dei nostri competitors, europei e non. Sarebbe dunque auspicabile che le imprese italiane investissero di più in ricerca, possibilmente favorite dalla politica che dovrebbe generare le condizioni necessarie perché questo investimento sia profittevole. Un dato di cui in passato si è molto discusso, seppur in termini approssimativi e dispregiativi, è quello riferito ai cosiddetti “bamboccioni”, i giovani e meno giovani che ancora vivono con i propri genitori. Effettivamente questo fenomeno è fortemente diffuso in Italia, molto più che nel resto dei paesi europei. Quasi la metà degli uomini italiani tra i 25 e i 32 anni vive ancora con i propri genitori. Questo è probabilmente segno di una scarsità di opportunità lavorative e, in generale, di poca fiducia nel futuro. Questo dato scende al di sotto del venti per cento in Germania, Francia e Gran Bretagna. Le abitudini degli italiani riguardo ai trasporti sono piuttosto peculiari. Nonostante il reddito per abitante non sia particolarmente elevato, l’Italia si caratterizza per il maggior numero di auto per abitante in Europa. La passione degli italiani per i motori può forse spiegare in parte questo fenomeno. È possibile, tuttavia, che cause meno romantiche siano alla radice di questo fenomeno, come la carenza dei servizi di trasporto pubblico. Un tale numero di auto è ovviamente dannoso per l’ambiente. Inoltre esso comporta gravi costi sia dal punto di vista energetico che da quello della congestione dei servizi urbani, come le strade e i parcheggi. Gli italiani si distinguono positivamente dai loro concittadini europei per le loro migliori abitudini alimentari e di salute. L’incidenza dell’obesità e del consumo di alcool e tabacco è notevolmente inferiore a quella registrata negli altri paesi d’Europa e l’aspettativa media di vita è alta. Inoltre, il sistema sanitario italiano è stato classificato come il secondo migliore al mondo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. www.italiafutura.it 72 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 73 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Questa raccolta di indicatori non nasce con l’obiettivo di dipingere un’immagine del paese senza speranza. È, anzi, proprio il nostro amore per l’Italia e la fiducia nelle sue possibilità di riprendersi che ci spinge a studiare, senza pregiudizi, quali siano le sue attuali condizioni. Non si può negare che il quadro offerto sia piuttosto fosco. È però possibile trovare nei dati alcune indicazioni di un certo ottimismo e di un desiderio degli italiani di “far funzionare le cose”, prima tra tutte la loro superiore attenzione alla salute o, da un punto di vista politico, il sentimento di fiducia nei confronti dell’Unione Europea. La speranza è quella che riguardando a questi indicatori tra cinque o dieci anni molto sia cambiato, certi che questo non avverrà senza l’impegno del paese. www.italiafutura.it 73 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 74 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 2. Dati economici C R E S C I TA D E L P I L 1994-2001 2001-2006 2006-2009 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 4.7% 3.3% 6.8% 4.5% 3.6% 5.7% 1.9% 1.0% 3.3% 1.7% 0.9% 2.6% - 0.4% - 0.5% 0.2% 0.2% - 1.7% - 0.7% 1994-2009 1.8% 1.1% 2.9% 1.8% 0.9% 2.2% Fonte dati: AMECO, serie Gross domestic product at 2000 market prices (OVGD) In Italia, la crescita del Pil è stata molto scarsa negli ultimi quindici anni. Essa è la più bassa nel gruppo di paesi da noi considerato. In un arco di quindici anni, anche un divario di un solo punto percentuale in termini di crescita causa forti divergenze nel Pil e, dunque, negli standard di vita. La crescita italiana è inferiore a quella dei suoi partner in tutti i sottoperiodi considerati, la fine degli anni Novanta (con l’eccezione della Germania), i primi anni Duemila, gli ultimi 3 anni. In quest’ultimo triennio la performance italiana è stata particolarmente negativa, segno che la crisi economica ha colpito pesantemente un sistema già in difficoltà. UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito PIL PRO CAPITE 1994 2001 2009 19 971 22 509 12 751 20 757 18 546 22 718 24 399 26 400 16 779 24 943 20 043 29 607 23 530 25 359 16 042 24 003 21 284 27 802 Unità: euro, 1 GBP = 1,64 EUR (Tasso di cambio medio anno 2000) Fonte dati: AMECO, serie Gross domestic product at 2000 market prices (OVGD) www.italiafutura.it 74 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 75 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Il Pil Pro Capite (PPC) dell’Italia è più basso di quello dei principali partner europei, ad eccezione della Spagna. Questo indice misura approssimativamente il reddito di ciascun cittadino ed è dunque comunemente usato come misura degli standard di vita del paese. Questa misura indica dunque come gli standard di vita italiani siano tuttora più bassi rispetto alle altre economie avanzate europee. È da notare, inoltre, come il Pil Pro Capite dei principali paesi europei sia aumentato tra il 2001 e il 2009, anche tenendo conto degli effetti della crisi, contrariamente a quanto accaduto in Italia. Nel nostro paese, dunque, gli standard di vita sono oggi peggiori di quelli che si avevano nel 2001. A P E RT U R A D E L L’ E C O N O M I A 1994 2001 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 42% 38% 32% 35% 34% 40% 57% 56% 45% 49% 43% 42% 2009 54% 61% 35% 39% 38% 38% (Importazioni + Esportazioni)/Pil Fonte dati: elaborazione su dati AMECO, serie DMGT, DXGT, UVGD Questo indicatore consiste nella somma di esportazioni ed importazioni come percentuale del Pil. Esso differisce dal rapporto tra il saldo commerciale e il Pil, che è invece calcolato come la differenza tra esportazioni e importazioni in percentuale del Pil. Questo dato è comunemente utilizzato come misura dell’apertura dell’economia di un paese agli scambi internazionali di beni e servizi. Secondo questo indicatore, l’Italia è moderatamente aperta agli scambi internazionali, all’incirca come Francia, Spagna e Regno Unito. La Germania è però notevolmente più aperta. Nell’ultimo quindicennio, infatti, il valore di questo dato per l’economia tedesca aumenta di ben 23 punti percentuali, segno di un notevole processo di apertura economica. www.italiafutura.it 75 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 76 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile INVESTIMENTI ESTERI 2001 2008 Questa tabella mostra la media dei flussi di investimento diretto estero UE 15 2.6 2.3 (FDI) in entrata ed uscita dai diversi Germania 1.7 2.4 paesi europei. Questo dato è un ulteSpagna 5 4.7 riore indicatore dell’integrazione con Francia 5.5 5.2 l’estero del sistema economico. Gli Italia 1.6 1.3 investimenti diretti esteri sono, in Regno Unito 3.8 4.7 Italia, di scarse dimensioni se conInvestimenti diretti esteri in rapporto al Pil frontati con gli altri paesi europei Fonte dati: elaborazione EUROSTAT, e la media UE. In particolare, Gerserie [tsier130] - Market Integration - Foreign Direct Investment (FDI) intensity mania, Francia e Regno Unito risultano particolarmente integrate a livello internazionale da questo punto di vista. L’attrattività di un paese per gli investimenti diretti esteri può essere considerata come un segno della fiducia degli investitori internazionali nel suo sistema economico ed istituzionale. UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 1998 D I S E G UAG L I A N Z A 2001 2005 2008 29 25 34 28 31 32 29 25 33 27 29 35 29.9 26.1 31.8 27.7 32.8 34.6 30.4 30.2 31.3 28.1 31 34 Indice di Gini L’indice di Gini è una comune misura di diseguaglianza dei redditi. Questo indice è compreso tra valori di 0 e 100 e cresce all’aumentare della diseguaglianza dei redditi. Esso si aggira tuttavia in un intervallo attorno al valore di 30 per tutti i paesi più avanzati. In Italia la diseguaglianza dei redditi è abbastanza elevata, se confrontata con la Francia o i paesi nordici. Essa è tuttavia diminuita nell’ultimo decennio. Una certa diseguaglianza dei redditi, seppure fisiologica in un sistema economico di mercato, può ridurre la coesione sociale. Inoltre essa può essere interpretata come segno di una certa iniquità del sistema economico. www.italiafutura.it 76 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 77 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile SQUILIBRI REGIONALI <75% >125% 2000 2007 2000 Germania Francia Spagna Italia Regno Unito 0 3 21 22 1 0 3 2 29 3 38 18 18 57 29 2007 39 18 20 25 28 Percentuale della popolazione residente in regioni al di sotto e al di sopra del reddito medio europeo Fonte: Centro Studi Confindustria, Scenari Economici, Autunno 2010, elaborazione su dati Eurostat L’Italia è l'unico dei principali paesi europei in cui una grande frazione della popolazione vive in regioni con un reddito pro capite al di sotto del 75% della media europea e, allo stesso tempo, un altrettanto consistente frazione della popolazione vive in regioni significativamente più ricche della media UE (125% del reddito pro capite). Inoltre, quest'ultima quota si è fortemente ridotta negli ultimi anni. Questa è una diretta conseguenza dei dati visti precedentemente, in particolare dell'inferiore crescita dell'Italia rispetto agli altri paesi europei. In Spagna, la percentuale della popolazione residente in regioni più povere della media UE si è fortemente ridotta dal 2000 al 2007. Lo scoppio della bolla immobiliare, tuttavia, potrebbe riportare a livelli più alti questo valore. In Francia, Germania e Regno Unito, la frazione della popolazione residente in regioni il cui reddito pro capite è inferiore al 75% della media UE, è pressoché nulla. È da notare che stiamo qui confrontando l'Italia con la media UE 27 includendo quindi anche i paesi di più recente accesso all'UE. Se si utilizzasse come metro di confronto la media UE 15 sarebbe ancora superiore la frazione della popolazione italiana che figurerebbe nelle colonne di sinistra. N A S C I TA D I I M P R E S E 2007 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 9.46 9.55 10.14 8.38 14.28 In Italia, la percentuale di nuove imprese nate ogni anno, è inferiore a quella nei principali paesi europei. La nascita di nuove imprese è particolarmente dinamica nel Regno Unito. La lentezza delle procedure burocratiche necessarie per avviare un’impresa è probabilmente un fattore determinante di questo dato. Rapporto percentuale tra il numero di nuove imprese e quello di imprese attive Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsier150] - Business demography; Birth rate www.italiafutura.it 77 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 78 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 3. Finanza Pubblica 1995 UE 15 Belgio Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 69.7 130.4 55.6 63.3 55.5 121.5 51.2 D E B I TO P U B B L I C O 2001 2006 2007 62.3 106.6 58.8 55.5 56.9 108.8 37.7 – 88.1 67.6 39.6 63.7 106.6 43.4 – 84.2 64.9 36.1 63.8 103.6 44.5 2008 – 89.6 66.3 39.8 67.5 106.3 52.1 2009 – 96.2 73.4 53.2 78.1 116 68.2 Debito delle amministrazioni pubbliche in percentuale del Pil9 Il debito pubblico italiano è tra i più elevati in Europa e nel mondo. Questo non accade solamente a causa della recente crisi finanziaria internazionale. Come evidenziano i dati, questo fenomeno colpisce il paese da ormai più di quindici anni. Un paese che nel 1995 si trovava in una situazione peggiore della nostra, il Belgio, ha avviato negli ultimi decenni un forte programma di risanamento. Questo l’ha portato, tra il 1995 e il 2008, a ridurre il proprio rapporto debito/Pil di oltre 40 punti percentuali. In Italia, nello stesso arco di tempo, la riduzione è stata di soli 15 punti. Essa, inoltre, sembra essere fortemente rallentata a partire dal 2001, se si esclude la parentesi del 2007. Un elevato debito pubblico costringe ogni anno il paese a destinare una gran parte dei suoi introiti fiscali esclusivamente alla spesa per interessi. Esso impedisce, inoltre, l’avviamento di progetti pubblici necessari per il paese e lo espone all’andamento incontrollabile dei mercati finanziari internazionali. Per il rispetto dei parametri di Maastricht, il debito pubblico di ogni paese europeo dovrebbe essere inferiore al 60% del proprio Prodotto interno lordo. I dati per l’UE-15 sulla finanza pubblica a partire dal 2006 non sono disponibili a causa dell’inaffidabilità dei dati per la Grecia. Questi saranno resi disponibili da Eurostat nel corso di Novembre 2010. 9 www.italiafutura.it 78 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 79 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile UE 15 Belgio Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 1995 DEFICIT 2001 2006 2007 2008 2009 - 1.8 - 0.9 - 2.2 - 3.2 - 2.6 - 2.8 - 0.1 - 1.3 0.4 - 2.8 - 0.6 - 1.5 - 3.1 0.5 – - 0.3 0.3 1.9 - 2.7 -1.5 - 2.7 – - 1.3 0.1 - 4.2 - 3.3 - 2.7 -5 – -6 -3 - 11.1 - 7.5 - 5.3 - 11.4 – 0.2 -1.6 2 - 2.3 - 3.4 - 2.7 Deficit delle amministrazioni pubbliche in percentuale del Pil Fonte dati: EUROSTAT, serie [teina200] - General government deficit and surplus I dati sul deficit e sul debito sono strettamente connessi. Solo attraverso avanzi di bilancio positivi (surplus) è possibile infatti ridurre l’ammontare del debito pubblico, mentre l’accumularsi dei deficit, anno dopo anno, forma il debito pubblico. La soglia da non superare per il rispetto dei parametri di Maastricht è del 3%. Questa viene superata 5 volte dall’Italia tra il 1998 e il 2008, 4 da Francia e Regno Unito, 3 dalla Germania e 2 dalla Spagna. Per ridurre sensibilmente il proprio debito l’Italia dovrebbe registrare forti surplus per diversi anni, seguendo l’esempio del Belgio. Questi surplus, per una semplice constatazione aritmetica, possono essere ottenuti solamente per mezzo di un aumento delle tasse, già elevate, o di una riduzione della spesa pubblica. Alternativamente, se l’Italia riuscisse ad ottenere una rapida crescita del Pil, oltre a veder migliorare i propri standard di vita, risolverebbe il problema del debito pubblico. Essendo questo misurato in rapporto al Pil, infatti, un aumento del Prodotto interno lordo ridurrebbe drasticamente questo dato, senza imporre dolorose decisioni di finanza pubblica. UE 15 Belgio Germania Spagna Francia Italia Regno Unito PRESSIONE FISCALE 1998 2002 2005 2006 2009 45.7 49.5 45.9 37.8 50.1 46.2 39.4 – 48.8 43.7 40.4 50.4 45.4 41.5 – 48.1 44.5 34.7 48.4 46.6 40.4 44.4 49.7 44.4 38.4 49.5 44.4 39.1 44.7 49.4 43.5 39.4 50.4 43.8 40.8 Entrate statali in percentuale del Pil Fonte dati: EUROSTAT, serie [tec00021] - Total general government revenue; General government www.italiafutura.it 79 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 80 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile La pressione fiscale italiana è in linea con quella nei principali paesi europei. Questa è più elevata rispetto a Germania, Regno Unito e Spagna ma più ridotta rispetto a Francia e Belgio. Si assiste, in Italia e in Germania, a un processo di riduzione della pressione fiscale che si interrompe all’incirca nel 2005, seguito da un aumento negli ultimi anni. Sia in Belgio che in Francia, caratterizzati da una pressione fiscale piuttosto elevata, si assiste ad una certa riduzione del carico fiscale negli ultimi anni. La forte riduzione delle entrate fiscali spagnole nel 2009 è da attribuirsi alla forte crisi economica che ha colpito questo paese. 1998 UE 15 Belgio Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 47.5 50.4 48 41.1 52.7 49.2 39.5 SPESA PUBBLICA 2002 2006 46.8 49.8 48.1 38.9 52.6 47.4 41.1 – 48.6 45.3 38.4 52.7 48.7 44.2 2007 2009 – 48.4 43.6 39.2 52.3 47.9 44 – 54.2 47.5 45.8 56 51.9 51.6 Spesa pubblica in percentuale del Pil Fonte dati: EUROSTAT, serie [tec00023] - Total general government expenditure; General government La spesa pubblica in Italia è piuttosto elevata. Essa è rimasta tendenzialmente stabile negli ultimi dieci anni, attorno al 49% del Pil. Essa è, dunque, inferiore rispetto a Belgio e Francia ma maggiore di Germania, Spagna, Regno Unito e della media UE. In tutti i paesi considerati, la spesa aumenta molto nel 2009, come conseguenza della crisi economica e dei piani di sostegno dell’economia. Questo fenomeno è decisamente meno accentuato in Italia. La Germania ha ridotto la spesa pubblica di 5 punti percentuali tra il 2003 e il 2007 per aumentarla di nuovo solamente nel 2009. www.italiafutura.it 80 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 81 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile I N T E RV E N TO D E L L O S TATO NELLA CRISI ECONOMICA 2002-2007 2008 Questa tabella mostra la differenza tra gli aiuti statali concessi all’economia nei sei anni precedenti la UE 27 0.59 2.24 crisi finanziaria e nel 2008. Si assiste Germania 0.80 2.68 nei principali paesi europei ad un Irlanda 0.60 20.20 aumento nell’erogazione di aiuti Spagna 0.50 0.56 da parte dello Stato. Questo auFrancia 0.56 1.37 mento è particolarmente forte in IrItalia 0.44 0.35 landa e nel Regno Unito, dove sono Regno Unito 0.27 4.00 state compiute operazioni di “salvatagAiuti statali all’economia in rapporto al Pil gio” (bailout) del sistema finanziario. Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsier100] - State aid by type of aid; Total State aid Anche in Germania e in Francia lo Stato è intervenuto attivamente a sostegno dell’economia. In Italia, gli aiuti concessi nel 2008, sono stati addirittura inferiori alla media dei sei anni precedenti. www.italiafutura.it 81 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 82 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4. Mercato del lavoro TA S S O D I D I S O C C U PA Z I O N E 1994 2001 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 10.4 8.2 19.5 11.6 10.6 9.3 7.3 7.6 10.3 8.3 9.1 5 2009 9 7.5 18 9.5 7.8 7.6 Fonte dati: AMECO, serie Unemployment rate, total (ZUTN) L’Italia compie, tra il 1994 e il 2009, una forte riduzione del tasso di disoccupazione. Questo diminuisce di quasi 3 punti percentuali, scendendo al di sotto della media UE. Una riduzione ancora maggiore avviene in Spagna, dove si riduce di più di 9 punti tra il 1994 e il 2001. In Spagna, tuttavia, questo tasso ritorna nuovamente a livelli alti dopo la crisi finanziaria. Il tasso di disoccupazione è, però, da molti punti di vista una misura carente per studiare il mercato del lavoro. Esso non tiene conto, infatti, dei diversi tipi di contratto esistenti, considerando un lavoratore con contratto “flessibile” alla pari di un lavoratore a tempo indeterminato. Inoltre, qualora un disoccupato rimanesse tale per lungo tempo e decidesse di abbandonare i tentativi di ricerca di lavoro, esso non verrebbe più considerato disoccupato, facendo diminuire questo dato. Si parla in questo caso di “lavoratori scoraggiati”. www.italiafutura.it 82 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 83 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile TA S S O D I D I S O C C U PA Z I O N E PER GRUPPI Donne Minori di 25 anni È possibile studiare il tasso di disoccupazione riferito, piuttosto che all’intera popolazione, ad alcuni sottogruppi di essa, come, ad esempio, le UE 27 8.9 19.7 donne o i giovani, intesi come i minori Germania 6.9 10.4 di 25 anni. Spagna 18.4 37.8 Il tasso di disoccupazione Francia 9.8 23.3 femminile italiano è più alto di Italia 9.3 25.3 quello medio nell’Unione EuroRegno Unito 6.4 19.1 pea ma non eccessivamente. Esso è, Fonte dati: EUROSTAT, tuttavia, più alto di quello riscontrato serie Unemployment rate, annual average, by sex and age groups, dati anno 2009 in Germania e Regno Unito. La condizione dei lavoratori minori di 25 anni è, invece, più difficile. Il tasso di disoccupazione riferito ai giovani è molto alto in tutta Europa, ad eccezione che in Germania. In Italia, però, esso è particolarmente elevato, superiore alla media UE di quasi 6 punti percentuali. CUNEO FISCALE 1996 2002 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 39.7 46.5 34.4 44.3 48.3 26.8 40.5 48.1 35.7 47.4 43 28.7 2008 40.8 46.6 34 45.4 43 29.7 Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsiem050] - Tax wedge on labour cost Questo dato misura la percentuale del costo del lavoro dovuta all’imposizione fiscale, il cosiddetto cuneo fiscale sul costo del lavoro. In Italia, il carico fiscale sui redditi da lavoro risulta superiore alla media europea.Tuttavia, esso si è notevolmente ridotto nell’ultimo decennio, principalmente a partire dal 1998. www.italiafutura.it 83 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 84 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile DIFFERENZA DI SALARIO TRA I SESSI 2007 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 18.3 23 17.1 16.9 5.1 21.1 Il gender pay gap misura la differenza tra il salario orario medio di un uomo e di una donna in rapporto al salario medio di un uomo. Questo dato è un indicatore della discriminazione tra uomini e donne sul posto di lavoro. Secondo questo dato, la discriminazione tra i sessi appare meno accentuata in Italia che nel resto d’Europa. Gender pay gap Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsiem040] Gender pay gap in unadjusted form Il valore di questo indicatore consiste nell’età in cui, in media, un lavoratore si ritira dalla forza lavoro, UE 15 60.3 61.5 smettendo di lavorare e di cercare Germania 60.6 61.7 un’altra occupazione. Esso è, dunque, Spagna 60.3 62.6 un indicatore dell’età in cui, in media, i Francia 58.1 59.3 lavoratori vanno in pensione. Italia 59.8 60.8 In Italia, l’uscita dalla forza Regno Unito 62 63.1 lavoro avviene all’incirca un anno Età media di uscita dalla forza lavoro Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsiem030] - Average exit age from the labour force prima che nel resto d’Europa. Questa età media è aumentata nel corso dell’ultimo decennio ma meno che negli altri paesi europei. È, dunque, aumentato anche il divario con la media UE e con Germania, Regno Unito e Spagna. Questo dato è particolarmente basso in Francia, dove i lavoratori vanno in pensione, in media, due anni prima dei loro equivalenti europei. L’aumento della durata della vita e un inferiore tasso di natalità rendono impossibile, per la sostenibilità del budget pensionistico, mantenere contemporaneamente ai livelli passati l’età pensionabile e l’ammontare delle pensioni. Questo rende necessario, in Europa e in Italia, un ripensamento del sistema pensionistico. U S C I TA DA L L A F O R Z A L AVO R O 2001 2008 www.italiafutura.it 84 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 85 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile I N C I D E N T I M O RTA L I S U L L AVO R O 1997 2007 Il numero di incidenti mortali sul lavoro è in Italia leggerUE 15 3.4 2.1 mente superiore alla media Germania 2.7 1.8 europea. Si assiste però a un generale Spagna 6.3 2.3 fenomeno di riduzione di questo dato Francia 4.1 2.2 in tutti i paesi europei. Questo si riduce Italia 4.2 2.5 in particolare di ben 4 punti in Spagna. Regno Unito 1.6 1.3 La riduzione è più conteNumero di incidenti mortali per 100.000 lavoratori nuta in Italia. Il fenomeno di riduFonte dati: EUROSTAT, serie [tps00043] - Fatal accidents at work: incidence rate zione degli incidenti sul lavoro è possibilmente dovuto a più stringenti norme sulla sicurezza, al progresso tecnologico e ai conseguenti cambiamenti strutturali nell’apparato produttivo. Il coefficiente di variazione dell’occupazione tra regioni è un indicatore della variabilità del tasso di occupazione tra le diverse regioni di un UE 15 13.8 10.5 paese o dell’Unione Europea. Questo Germania 5.4 4.8 sarebbe pari a zero qualora l’occupaSpagna 10.8 7.5 zione fosse la stessa in ogni regione, Francia 7.1 6.6 mentre aumenta al variare di essa. Italia 17.4 16.3 Questo dato è uno degli Indicatori Regno Unito 7.5 5.4 Strutturali alla base del cosiddetto ProCoefficiente di variazione dell’occupazione tra regioni Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsisc050] - Dispersion of regional employment rates cesso di Lisbona. In Italia la dispersione dell’occupazione tra regioni è la più elevata in Europa, più che doppia rispetto a Germania, Francia e Regno Unito. Questo dato è segno di forti differenze nell’economia delle diverse regioni italiane. Presumibilmente, dunque, esso è legato alle differenze, ancora persistenti, tra l’economia del Nord Italia e quella del Sud. DIFFERENZE REGIONALI N E L L’ O C C U PA Z I O N E 1999 2007 www.italiafutura.it 85 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 86 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 5. Istruzione PUNTEGGIO NEL TEST PISA Matematica Lettura Media OCSE Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 498 504 480 496 462 495 495 495 469 492 461 488 Scienze 500 516 488 495 475 515 Fonte dati: OECD, PISA Country Profiles, http://pisacountry.acer.edu.au Il test PISA, organizzato dall’OCSE nel 2006, valuta la performance scolastica degli studenti quindicenni in diversi paesi. La performance media italiana è inferiore alla media OCSE e dei principali partner europei in tutti i principali ambiti misurati. NUMERO DI ALUNNI PER INSEGNANTE Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 16.7 11.2 14.4 10.7 15.7 Fonte dati: EUROSTAT, serie Teachers and trainers; age distributions - pupils to teachers ratio, educ_thpertch Si può notare come la scarsa performance italiana nell’istruzione, evidenziata nella tabella riferita ai dati PISA, avvenga nonostante un basso numero di alunni per insegnante, come dimostra il confronto con gli altri paesi europei. È dunque probabile che, al fine di migliorare la prestazione scolastica degli alunni italiani, non si debba ricorrere ad un aumento del numero di insegnanti, apparentemente già elevato, quanto piuttosto a modifiche strutturali nel modo in cui l’istruzione è amministrata. www.italiafutura.it 86 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 87 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ABBANDONO SCOLASTICO 1999 2009 L’Italia è uno dei paesi europei con il più grave fenomeno di abbanUE 15 20.5 15.9 dono scolastico. Una notevole fraGermania 14.9 11.1 zione dei giovani abbandona Spagna 29.5 31.2 l’istruzione senza una qualifica di Francia 14.7 12.3 scuola secondaria superiore. Il conItalia 27.2 19.2 fronto con Francia, Germania e Regno Regno Unito 19.8 15.7 Unito è notevole. Con ogni probabilità, Percentuale della popolazione tra i 18 e i 24 anni queste persone si troveranno con al più una qualifica di scuola media inferiore sotto-qualificate nel mercato del Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsisc060] - Early school-leavers - Percentage of the population aged 18-24 lavoro ed avranno difficoltà ad inserirwith at most lower secondary education and not in further education or training cisi, specialmente nei settori più dinamici e con maggior domanda di abilità intellettuali. Come conseguenza, l’Italia si ritroverà in futuro in possesso di una forza lavoro dotata di scarso capitale umano. Questo renderà ancora più difficile per il nostro paese raggiungere i livelli di reddito delle economie più avanzate. L A U R E AT I I N M AT E R I E SCIENTIFICHE 2007 UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 13.8 11.4 11.2 20.7 12.1 17.5 Numero di laureati in matematica, scienze e tecnologia per 1000 abitanti tra 20 e 29 anni Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsiir050] - Science and technology graduates by gender; Graduates (ISCED 5-6) in mathematics, science and technology per 1 000 of population aged 20-29, since 1993 La percentuale di laureati in materie scientifiche è in Italia inferiore alla media UE27, oltre che a Francia e Regno Unito. Sorprende il dato riferito alla Germania, dove i laureati in queste materie sono ancor meno che in Italia. Si può pensare che i laureati in materie tecnicoscientifiche possano offrire un maggior contributo rispetto al resto della popolazione in quei settori ad alto livello tecnologico ritenuti maggiormente importanti per determinare la crescita e la competitività di un paese. Un simile dato può, quindi, fungere da indicatore parziale del livello di Capitale Umano di ogni paese. www.italiafutura.it 87 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 88 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile C U LT U R A Euro UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 1124 1374 562 1079 583 1475 % 4.5 5.4 3.3 4.2 2.4 4.9 Consumo di prodotti culturali (in Euro e in percentuale del consumo totale, anno 1999) Fonte dati: EUROSTAT, Average annual cultural expenditure per household Secondo questo dato, gli italiani dedicano una piccolissima frazione del proprio consumo ai prodotti culturali. L’immagine frequentemente presentata dell’Italia come paese della cultura e delle arti appare in contrasto con le abitudini di consumo dei suoi abitanti. La spesa per consumo di prodotti culturali dell’italiano medio è all’incirca la metà di quella media UE, sia in termini percentuali che assoluti. Questi dati, tratti da un lavoro precedente di Costanza Rodriguez 2000 d’Acri per Italia Futura e risalenti alGermania -194 234 147 586 l’anno 2000, mostrano come in Italia Spagna 36 561 52 703 sia particolarmente rilevante il fenoFrancia 74 342 301 973 meno del brain drain. Questo consiste Italia -242 799 -243 868 in un deflusso di personale altaRegno Unito -595 522 -214 360 Flusso di lavoratori qualificati verso l’estero mente qualificato dal paese d’oriFonte tabella: Costanza Rodriguez d’Acri, gine verso l’estero. Valori negativi Italia 1994-2009: i numeri, Gli italiani oggi? Cambiamenti istituzionali e sociali Fonte dati: World Bank, International Migration Dataset indicano un deflusso, mentre valori positivi indicano che il paese attrae personale qualificato dall’estero (brain gain). La cosiddetta fuga di cervelli assume dimensioni particolarmente drammatiche se confrontata con l’andamento negli altri paesi europei che, dal 1990 al 2000, sono riusciti ad invertire la direzione del fenomeno, come nel caso della Germania. Secondo questi dati, la Francia aumenta di molto in questi dieci anni la propria capacità di attrarre talenti, mentre il Regno Unito ne riduce il deflusso. Si ritiene comunemente che il fenomeno si sia particolarmente aggravato in Italia negli ultimi dieci anni. Questo comporterebbe una grave perdita di capitale umano per il nostro paese e, dunque, forti danni in termini di crescita, prodotto pro capite e standard di vita. BRAIN DRAIN 1990 www.italiafutura.it 88 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 89 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 6. Istituzioni e Concorrenza CORRUZIONE Classifica L’indice di corruzione presentato, compilato ogni anno dall’associaDanimarca 1 9.3 zione internazionale Transparency Irlanda 14 8.0 International, misura la percezione Germania 15 7.9 del livello di corruzione nel setRegno Unito 20 7.6 tore pubblico in 178 paesi del mondo. Francia 25 6.8 Il punteggio attribuito ad ogni paese va Slovenia 27 6.4 da 0, per un paese “molto corrotto”, a Spagna 30 6.1 10, per un paese “pulito”. È riportata Portogallo 32 6.0 inoltre la posizione di ogni paese nella Turchia 56 4.4 classifica globale di tutti i paesi inclusi Italia 67 3.9 nello studio. Grecia 78 3.5 La performance dell’Italia è Indice di Percezione della Corruzione 2010 Fonte dati: Transparency International, Corruption Perceptions Index 2010 pessima. L’Italia è il penultimo paese dell’UE 15, seguita solamente dalla Grecia. Inoltre, il nostro paese è superato da numerosi paesi “emergenti” come ad esempio Turchia e Slovenia, in Europa, e numerosi paesi africani ed asiatici, come Botswana, Ghana, Ruanda, Malesia e Taiwan. Questo dato consiste in un indicatore composito, basato sulla percezione del livello di corruzione nel mondo. Sebbene ampiamente citato, la sua metodologia è stata recentemente criticata dall’Ocse, secondo cui ci sarebbe il rischio che questi dati siano distorti da pregiudizi di diverse forme10. 10 Punteggio OECD Development Centre, Policy brief No. 39, Measuring Governance, di Charles P. Oman e Christiane Arndt www.italiafutura.it 89 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 90 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile AT T I V I T À P R O F E S S I O N A L I 1996 2003 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 4.17 3.41 1.84 3.30 1.36 3.08 2.36 1.90 3.66 1.05 2008 2.85 2.06 2.11 3.23 0.74 Fonte dati: OECD, serie Professional Services Questo dato è un indicatore del grado di regolamentazione riguardante l’accesso e lo svolgimento di attività professionali come la professione legale, contabile, ingegneristica e l’architettura. Valori più elevati indicano la presenza di una regolamentazione più forte. Tra i paesi considerati, l’Italia è quello con la più stringente regolamentazione di queste attività, mentre è nel Regno Unito che esse sono maggiormente liberalizzate. Inoltre, in Germania, Spagna e Regno Unito il grado di regolamentazione si è ridotto negli ultimi anni, mentre è rimasto pressoché costante in Italia. P R E Z Z I D E L L’ E N E R G I A 1994 2001 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 0.114 0.126 0.106 0.103 0.159 0.101 0.103 0.122 0.086 0.091 0.157 0.100 2007 0.121 0.143 0.100 0.092 0.166 0.125 Unità: Euro/kilowattora al netto delle tasse Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsier040] - Electricity prices by type of user; Medium size households Il costo dell’energia per l’uso domestico è piuttosto elevato in Italia. Questo può essere dovuto, oltre a problemi strutturali come l’assenza di materie prime o la mancata produzione di energia nucleare, a una scarsa concorrenza nel settore dei servizi. La presenza di scarsa concorrenza nel settore dei servizi consiste in una grave inefficienza del sistema produttivo. A causa di essa, ingenti risorse vengono trasferite dai settori competitivi a quelli caratterizzati da rendite di posizione. Sarebbe opportuno che lo Stato si impegnasse attivamente per aumentare la competizione laddove assente, con probabili benefici per la maggior parte degli abitanti del paese. www.italiafutura.it 90 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 91 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI Si fida Non si fida UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 31 62 39 54 21 71 36 57 26 62 24 69 Fiducia nel Parlamento nazionale (%) Non sa 7 7 8 7 12 7 Fonte dati: Commissione Europea, Eurobarometro, Standard Eurobarometer 73, QA14.2+3+4, Maggio 2010 FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI Si fida Non si fida UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 29 66 32 64 20 76 25 71 25 64 26 69 Fiducia nel Governo (%) Non sa 5 4 4 4 11 5 Fonte dati: Commissione Europea, Eurobarometro, Standard Eurobarometer 73, QA14.2+3+4, Maggio 2010 FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI Si fida Non si fida UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 42 47 37 54 43 44 39 51 42 41 20 68 Fiducia nel nell’Unione Europea (%) Non sa 11 9 13 10 17 12 Fonte dati: Commissione Europea, Eurobarometro, Standard Eurobarometer 73, QA14.2+3+4, Maggio 2010 www.italiafutura.it 91 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 92 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Le rilevazioni dell’Eurobarometro mostrano come la fiducia degli italiani nelle istituzioni nazionali sia leggermente inferiore a quella della media dell’Unione Europea. I cittadini tedeschi appaiono particolarmente fiduciosi nel proprio governo, il cui partito di maggioranza, la CDU, è stato riconfermato al potere nelle elezioni che si sono svolte pochi mesi prima di questo sondaggio. I francesi si distinguono invece per una fiducia superiore alla media nelle loro istituzioni parlamentari. I cittadini spagnoli appaiono particolarmente sfiduciati nei confronti delle loro istituzioni politiche. La fiducia degli italiani nell’Unione Europea è ancora piuttosto alta, superiore a quella dei cittadini dei principali paesi europei, con l’eccezione della Spagna. Su questo tema, però, è grande la frazione degli italiani che non si sente in grado di dare una risposta, ben il 17% dei rispondenti al sondaggio. I cittadini britannici si distinguono per una scarsissima fiducia nelle istituzioni europee, oltre che nel proprio governo e parlamento. È da notare che anche nel Regno Unito si sono svolte elezioni nel Maggio 2010 che hanno tuttavia portato ad un cambiamento nel partito di governo. www.italiafutura.it 92 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 93 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 7. Innovazione RICERCA E SVILUPPO 2001 2008 INTERNET 2003 2009 L’innovazione tecnologica è ritenuta il fattore più determinante UE 27 1.86 1.9 per la crescita del Pil. Essa determina Germania 2.46 2.63 a sua volta l’aumento degli standard di Spagna 0.91 1.35 vita in un paese. Pertanto la spesa in R&D Francia 2.2 2.02 è un indicatore molto importante per Italia 1.09 1.18 comprendere l’andamento economico Regno Unito 1.79 1.88 nel lungo periodo di un paese. Frazione del Pil spesa in attività di Ricerca e Sviluppo (R&D) Fonte dati: EUROSTAT, serie Gross domestic expenditure on R&D (GERD) La spesa in R&D è molto scarsa in Italia, di molto inferiore a quella di tutti gli altri paesi europei. La Germania, in particolare, dedica una consistente frazione del proprio Pil all’innovazione tecnologica. Se l’Italia desidera competere con le economie più avanzate, sarà necessario investire nella produzione di conoscenza e nell’avanzamento della frontiera tecnologica del nostro paese. UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 43 54 28 31 32 55 68 79 54 63 53 77 Percentuale di famiglie con accesso ad Internet Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsiir040] - Level of Internet access – households www.italiafutura.it 93 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 94 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile È ancora scarso in Italia l’accesso delle famiglie alla rete. Solo il 53% di esse dispone di accesso ad Internet in casa, 15 punti percentuali in meno che nella media UE e ben 26 in meno che in Germania. Le potenzialità offerte dalla rete sono ormai ben note. Essa può avere un notevole effetto migliorativo delle condizioni di vita, garantendo l’accesso a migliori informazioni e ad una maggiore scelta di beni e servizi, influendo anche sul livello della concorrenza. Essa può permettere, inoltre, una semplificazione delle procedure amministrative e un migliore controllo delle attività dei governanti. Sarebbe opportuno che la politica avviasse un’opera di incentivazione dell’accesso alla rete. In questo senso, sarebbero auspicabili una semplificazione della creazione di reti wifi pubbliche, un miglioramento delle condizioni di concorrenza o persino un investimento diretto dello Stato nella creazione di infrastrutture per le connessioni ad alta velocità. BREVETTI 1994 2001 UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 62.17 153.01 10.01 84.47 41 63.47 105.06 264.44 21.28 118.83 69.37 94.53 2007 116.54 290.7 32.62 132.37 86.37 89.16 Numero di domande presso l’ufficio brevetti europeo Unità: domande di brevetti per milione di abitanti Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsiir060] - Patent applications to the European Patent Office (EPO) La domanda di brevetti da parte di aziende e cittadini italiani è molto inferiore alla media UE. Questo dato è segno di una scarsa produzione di innovazione di tipo brevettabile. Il dato non è sorprendente vista l’inferiore quantità di risorse investita in Ricerca e Sviluppo in Italia rispetto ad altri paesi. È inoltre possibile che, a causa della particolare struttura produttiva del nostro paese, parte dell’innovazione prodotta consenta un miglioramento dei processi produttivi ma, per le sue innate caratteristiche, non possa essere soggetta a brevetto. Germania e Francia sono caratterizzate da una forte domanda di brevetti, segno di una vivace produzione di innovazione tecnologica. www.italiafutura.it 94 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 95 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 8. Popolazione P E R C E N T UA L E D E L L A POPOLAZIONE A R I S C H I O D I P OV E RT À 2008 UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 16.5 15.2 19.6 13.3 18.7 18.8 Il tasso di rischio di povertà è definito da Eurostat come la percentuale della popolazione che vive con un reddito disponibile al di sotto del 60% della mediana11 nazionale. Questo indicatore tiene conto dell’effetto redistributivo compiuto dai trasferimenti sociali. In Italia, la percentuale della popolazione a rischio di povertà è elevata, al di sopra della media europea. Tasso di rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali Fonte dati: EUROSTAT, serie At-risk-of-poverty after social transfers; Percentage E F F E T TO D E L L ' I N T E RV E N TO P U B B L I C O S U L L A P OV E RT À 1995 2001 2008 UE 27 Danimarca Germania Spagna Francia Italia Regno Unito – – -7 -8 -11 -3 -12 – -19 -10 -4 -13 -3 -10 - 8.6 -16 -9 - 4.5 - 9.8 - 4.7 -10.2 Cambiamento nel tasso di rischio di povertà in seguito ai trasferimenti sociali Fonte dati: elaborazione su dati EUROSTAT, serie At-risk-of-poverty after social transfers; Percentage, At-risk-of-poverty before social transfers; Percentage 11 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Glossary:At-risk-of-poverty_threshold www.italiafutura.it 95 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 96 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Questo dato consiste nella differenza tra la percentuale della popolazione a rischio di povertà prima e dopo l’intervento dei trasferimenti sociali. Un valore fortemente negativo indica un’efficace riduzione del rischio di povertà ad opera del sistema di trasferimenti. Questo indice è molto scarso per l’Italia, segno evidente di un’incapacità del sistema pubblico italiano di ridurre il rischio di povertà. L’indicatore è molto al di sotto della media europea, oltre che dei valori registrati da Francia, Germania e Regno Unito. Si può notare come nei paesi nordici, tra cui la Danimarca inclusa a titolo di esempio, i trasferimenti pubblici compiano una notevole attività di riduzione del rischio di povertà. NUMERO DI FIGLI PER DONNA 2007 UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 1.56 1.37 1.40 1.98 1.37 1.90 Tasso di fecondità totale Fonte dati: EUROSTAT, serie Fertility indicators (demo_find) 12 Il tasso di fecondità totale (Total fertility rate) è un indicatore della fertilità media di una donna in un paese. Esso descrive il numero medio di figli che avrebbe una donna nell’arco della sua vita ed è pertanto anche detto numero medio di figli per donna12. Il tasso di fecondità totale è in Italia inferiore alla media UE, Regno Unito e Francia, in linea con Spagna e Germania. Certamente, fattori economici e culturali possono influire su un simile dato, che può però rappresentare un semplice indicatore della fiducia nel futuro. Una definizione più esatta è disponibile su Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Total_fertility_rate (inglese) www.italiafutura.it 96 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 97 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile G I OVA N I 18-24 Donne Uomini UE 27 Danimarca Germania Spagna Francia Italia Portogallo Regno Unito 71 27.1 70.8 84.8 57.7 82.5 82.8 64.2 81.5 40.4 83.5 87.8 65.9 91.8 91.6 75.6 25-34 Donne Uomini 19.6 0.5 9.2 29.8 8 32.7 34.9 10.5 32 2.8 18.7 41.1 13 47.7 47.6 20 Percentuale di giovani adulti residenti con i propri genitori Fonte dati: EUROSTAT, newsrelease 8 ottobre 2010, One in three men and one in five women aged 25 to 34 live with their parents, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-08102010-AP/EN/3-08102010-AP-EN.PDF I dati mostrano, disaggregando per sesso e per fasce di età, la percentuale di giovani residenti con i propri genitori nei principali paesi europei nel 2008. Per l’Italia questo dato è superiore alla media UE per ambo i sessi e per tutte le fasce di età considerate. Il dato è molto probabilmente influenzato da fattori culturali, come testimoniato dalla somiglianza del dato italiano a quello spagnolo o greco. I dati per la fascia di età più “anziana” sono probabilmente i più preoccupanti. In Italia, quasi un uomo su due tra i 25 ed i 34 anni vive con i propri genitori. Questo fenomeno è praticamente inesistente nei paesi nordici o di dimensioni molto ridotte in Francia, Germania o Regno Unito. POPOLAZIONE CARCERARIA 2007 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 89.1 150.9 94.9 82.3 145.8 La popolazione carceraria per abitante in Italia è piuttosto scarsa se confrontata con gli altri principali paesi europei. Questo fa pensare che le cattive condizioni del sistema carcerario, più volte documentate, non siano dovute a uno straordinario numero di detenuti quanto piuttosto a una carenza delle infrastrutture carcerarie. Numero di carcerati per 100.000 abitanti Fonte dati: elaborazione su dati EUROSTAT, serie crim_pris-Prison population e demo_pjan-Population www.italiafutura.it 97 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 98 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile STRANIERI 1999 La frazione della popolazione di origine straniera resiUE 27 – 6.2% dente è inferiore in Italia rispetto Germania 8.9% 8.8% a quella registrata nella media dei Spagna 1.6% 11.6% paesi europei. Questo dato, tuttavia, è Francia 5.4% 5.7% rapidamente aumentato negli ultimi Italia 2.0% 5.8% anni, quasi il triplo rispetto a dieci Regno Unito 3.9% 6.6% anni fa. Oggi, in Italia, la percentuale della popolazione straniera Percentuale di residenti stranieri è superiore a quella riscontrata in Fonte: elaborazione su dati EUROSTAT, Francia, paese più comunemente asserie [tps00157] - Population by citizenship – Foreigners e [tps00001] - Total population sociato ai fenomeni di massiccia immigrazione. È possibile che il dato francese sottostimi la percentuale di residente di origine straniera, visto che non si considera qui straniero chiunque abbia ottenuto la cittadinanza francese, dunque gli immigrati di seconda e terza generazione. L’accurata gestione delle politiche di immigrazione appare come una delle principali sfide per la politica. Il malcontento frequentemente registrato in Italia nei confronti degli stranieri è probabilmente dovuto a questo improvviso aumento della loro presenza e a una mancata comprensione delle motivazioni e delle dimensioni dei flussi migratori internazionali. 2008 www.italiafutura.it 98 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 99 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 9. Salute OBESITÀ Uomini Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 20.5 15.7 16.1 7.4 24 Donne 21.1 15.4 17.6 8.9 24 Percentuale della popolazione obesa Fonte dati: Organizzazione Mondiale della Sanità, World Health Statistics 2010 TA B A C C O Uomini Germania Spagna Francia Grecia Italia Regno Unito 37.2 37.0 36.4 63.4 34.0 26.1 B E VA N D E A L C O L I C H E 2007 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 11.7 10.0 13.2 8.0 11.5 Consumo di bevande alcoliche per persona Unità: Litri di alcol puro per persona per anno Fonte dati: Organizzazione Mondiale della Sanità, World Health Statistics 2010 Donne 25.7 27.2 26.9 39.4 19.5 23.5 Percentuale di fumatori Unità: Percentuale di fumatori tra i maggiori di 15 anni Fonte dati: Organizzazione Mondiale della Sanità, World Health Statistics 2010 Questi dati sulla salute restituiscono un’immagine dell’Italia come paese più “sano” rispetto ai suoi principali vicini. Rispetto agli altri paesi considerati, l’Italia si distingue, infatti, per un’inferiore incidenza dell’obesità, per un minore consumo di alcool e per una minore percentuale di fumatori, principalmente tra le donne. Queste più sane abitudini degli italiani possono certamente contribuire ad allungare la loro vita e a migliorarne la qualità. Inoltre, per mezzo di un aumento delle condizioni generali di salute, possono contribuire ad alleggerire il costo del sistema sanitario nazionale. www.italiafutura.it 99 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 100 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile D U R ATA D E L L A V I TA Uomini Donne L’aspettativa di vita alla nascita costituisce il principale indicatore riGermania 76.4 82.0 guardo la durata attesa della vita di un Spagna 77.7 84.1 abitante medio di ciascun paese. BisoFrancia 77.2 84.1 gna sottolineare, come questo dato, Italia 78.3 84.0 tenda a sottostimare la durata massima Regno Unito 77.0 81.3 della vita degli abitanti di un paese. Aspettativa di vita alla nascita Dalla tabella si nota come questo Fonte dati: OECD, Dataset Gender, Institutions and Development Database 2009 (GID-DB) dato sia sostanzialmente omogeneo per tutti i paesi inclusi nel nostro campione. Questo è segno di un livello sostanzialmente molto simile nelle condizioni di salute generali della popolazione. In Italia, Francia e Spagna, l’aspettativa di vita è leggermente superiore a quella in Germania e Regno Unito, soprattutto per quanto riguarda le donne. S I S T E M A S A N I TA R I O Posizione Francia Italia Spagna Regno Unito Germania 1 2 7 18 25 Classifica internazionale dei sistemi sanitari Fonte dati: WHO, Measuring Overall Health System Performance For 191 Countries, Tandon, Murray, Lauer, Evans Secondo questa classifica, presentata in uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con dati risalenti all’anno 2000 ed ampiamente citata, il sistema sanitario italiano è il secondo al mondo per livello di efficienza. Questo dato sembra, dunque, contraddire il malcontento frequentemente registrato nei confronti del sistema sanitario nazionale. In particolare, secondo questa classifica, gli Stati Uniti sarebbero solamente il trentasettesimo paese mondiale per livello di efficienza del sistema sanitario. www.italiafutura.it 100 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 101 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 10. Ambiente A U TO M O B I L I 1996 2001 UE 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 435 500 373 427 536 392 480 538 443 467 583 435 2006 506 566 464 489 597 471 Numero di auto per 1.000 abitanti Fonte dati: EUROSTAT, serie road_eqs_carhab-Passenger cars per 1000 inhabitants L’Italia è il paese europeo13 con il maggior numero di automobili per abitante. Questo dato potrebbe essere comprensibile qualora il Pil pro capite italiano fosse notevolmente più elevato di quello degli altri paesi europei. Dato che il Pil italiano è invece inferiore a quello dei principali paesi europei, deduciamo che gli italiani spendono per le automobili una frazione ancora maggiore del proprio reddito. Questo dato potrebbe segnalare una carenza di servizi di trasporto pubblico, o altri fattori, di tipo culturale e geografico, che spingono gli italiani a comprare molte più auto degli altri cittadini europei. 13 Ad eccezione del Lussemburgo, le cui caratteristiche lo rendono però non confrontabile con gli altri paesi. www.italiafutura.it 101 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 102 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile E N E R G I E R I N N OVA B I L I 2008 2020 UE 27 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 10.3 9.1 10.7 11 6.8 2.2 20 18 20 23 17 15 Uso di energie rinnovabili Unità: percentuale di energie rinnovabili nel consumo finale di energia Fonte dati: EUROSTAT, serie [t2020_31] - Share of renewable energy in gross final energy consumption I N Q U I N A M E N TO D E L L’ A R I A 2001 2008 UE 27 Bulgaria Germania Spagna Francia Italia Finlandia Regno Unito 27.1 28.6 24.9 30.6 21.9 31.1 16.4 24.2 26.8 52.7 21.1 27.7 24.1 34.3 14.3 20.4 Esposizione all’inquinamento da particolato Unità: concentrazione nell’aria Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsien110] - Urban population exposure to air pollution by particulate matter L’utilizzo di energie rinnovabili è ancora piuttosto scarso in Italia. Questo avviene nonostante la carenza di materie prime dovrebbe spingere il nostro paese ad adottare sistemi alternativi di produzione di energia. Nella colonna per il 2020 è indicato l’obiettivo previsto dalla strategia Europe 2020. Tutti i paesi europei sono ancora piuttosto lontani dal raggiungere quest’obiettivo, ma questo è vero in particolar modo per l’Italia. L’esposizione all’inquinamento da particolato è molto elevata nel nostro paese, superiore alla media UE. Inoltre la concentrazione nell’aria di questo componente è aumentata negli ultimi anni, a differenza di quanto avvenuto, ad esempio, in Germania, Regno Unito e Spagna. Questo dato è indicatore di una scarsa qualità della vita nelle città italiane e, in particolare, di gravi rischi per la salute. www.italiafutura.it 102 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:10 Pagina 103 Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile TA S S E S U L L’ A M B I E N T E 1994 2001 UE 25 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito 5.92 5.96 5.91 8.78 8.02 6.73 6.31 6.22 5.31 7.13 7.6 2008 6.06 5.65 4.93 4.92 5.68 6.49 Percentuale delle entrate fiscali dovuta a tasse ambientali14 Fonte dati: EUROSTAT, serie [tsdgo410] - Shares of environmental and labour taxes in total tax revenues Le tasse sull’ambiente sono frequentemente proposte15 come soluzione ai problemi di finanza pubblica e, allo stesso tempo, come metodo per incentivare la ricerca e la crescita nei settori “verdi” a minore impatto ambientale. Questo è quanto suggerito anche dalla ricerca economica sul tema delle esternalità secondo cui, qualora possibile, sarebbe auspicabile tassare quelle attività che procurano un danno alla collettività. L’Italia si distingueva negli anni Novanta per un’elevata frazione del gettito pubblico derivante dalle tasse ambientali. Questa frazione è tuttavia costantemente diminuita negli ultimi quindici anni, fino ad arrivare al di sotto della media UE. Il Regno Unito è, invece, uno dei paesi che maggiormente si affida alle tasse sull’ambiente come strumento di finanza pubblica. 14 Le tasse ambientali sono definite da Eurostat come quelle tasse che incidono su attività dannose per l’ambiente. Esse includono dunque le tasse sull’energia, sui trasporti e sull’inquinamento. 15 Secondo il Segretario Generale dell’OCSE, Angel Gurría, “spostare parte del carico fiscale sull’inquinamento renderebbe più attraente lo sviluppo e l’adozione delle tecnologie pulite e promuoverebbe la crescita verde”. Fonte: http://www.oecd.org/document/1/0,3343,en_2649_37465_46177473_1_1_1_1,00.html www.italiafutura.it 103 18-11-2010 0:10 Pagina 104 Impaginazione: [email protected] Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 finito di stampare nel mese di novembre 2010 Italia Futura È un luogo di ideazione civile, nato per promuovere il dibattito pubblico oltre le patologie di una transizione politica ormai ripetitiva. È uno strumento di libera progettazione sul futuro del paese, che vuol dar voce a chi non si rassegna a contribuire alla vita pubblica solo il giorno delle elezioni. Stefano Micelli Insegna Economia e Gestione delle Imprese all'Università Cà Foscari di Venezia e dirige la Venice International University. È un incubatore per le idee e i progetti che nascono dalla conoscenza dei problemi reali e dalla passione civile di singoli cittadini e di altre realtà associative. Marco Simoni Insegna economia politica alla London School of Economics, dove è coordinatore del Master in Public Administration in European Public and Economic Policy. i f italiafutura www.italiafutura.it Irene Tinagli [email protected] Insegna all'Università Carlos III di Madrid, è esperta di innovazione, creatività e sviluppo economico.