11-fisiologia dell`apparato respiratorio

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11-fisiologia dell`apparato respiratorio
La respirazione è forse la funzione fisiologica più legata al comune senso della
vita. Nella Genesi si narra che Dio soffiò nelle narici di Adamo per dargli la vita
e spesso si dice che “la vita inizia e finisce con un respiro”.
In termini strettamente fisiologici respirare significa far arrivare alle cellule la
giusta quantità di O2 per sintetizzare ATP e rimuovere la CO2 prodotta. Per
eseguire questa semplice operazione il nostro organismo si è organizzato in
modo complesso ma efficiente, strutturando un intero apparato.
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Gli organi principali utilizzati nella respirazione sono i polmoni (destro e
sinistro) che si trovano nella cavità toracica. L’aria entra attraverso le cavità
nasali o la bocca e raggiunge la faringe che è la via di passaggio comune per
l’aria e per il cibo. Dalla faringe l’aria si dirige verso la laringe ed entra nella
trachea con l’epiglottide sollevata. Cavità nasali, bocca, faringe e laringe
costituiscono le vie aeree superiori e sono distinte dal tratto respiratorio
sottostante che inizia con la trachea e include i due bronchi primari (destro e
sinistro) con le loro numerose ramificazioni e le aree di scambio dei gas dei
due polmoni. La trachea è un condotto semirigido di 2,5 cm di diametro e 10
cm di lunghezza che rimane sempre aperto anche durante gli abbassamenti di
pressione che avvengono con l’inspirazione.
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La trachea si ramifica in due bronchi primari che a loro volta si diramano
ripetutamente fino a 12 divisioni in bronchi più corti, stretti e più numerosi. Le
prime vie aeree che non contengono più cartilagine prendono il nome di
bronchìoli. Le pareti dei bronchioli possiedono solo muscolatura liscia che può
contrarsi o rilassarsi alterando il diametro delle vie aeree. I bronchioli si
ramificano ulteriormente, fino a 23 volte, per formare i bronchioli terminali che
costituiscono le strutture più piccole della zona di conduzione (diametro < 0,5
mm).
Nella zona di conduzione, che inizia dalla trachea e termina con i bronchioli
terminali, l’aria inspirata si muove in un condotto il cui diametro diminuisce
progressivamente mentre aumenta enormemente l’area della superficie
trasversa. A causa dello spessore dell’epitelio respiratorio e della ridotta
vascolarizzazione, nella zona di conduzione non si ha alcuno scambio di gas.
La zona di conduzione e le vie aeree superiori costituiscono il cosiddetto
“spazio morto” anatomico, che non partecipa alla respirazione, ma
semplicemente costituisce la via di passaggio dell’aria che entra ed esce dalla
zona respiratoria.
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La zona di conduzione è rivestita da un epitelio che cambia composizione
mano a mano che i condotti diminuiscono di diametro.
Nei bronchi, l’epitelio è costituito da:
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cellule caliciformi e ghiandole mucose che secernono un fluido mucoso che
si distribuisce lungo tutto il condotto e ha il compito principale di
intrappolare le particelle estranee e i microrganismi patogeni contenuti
nell’aria ispirata. Forniscono una validissima arma di difesa per l’apparato
respiratorio e per l’intero organismo
•
cellule ciliate (o vibratili) che con il rapido movimento vibratile delle loro
ciglia hanno invece il compito di sospingere il muco contenente le particelle
estranee verso la laringe e quindi verso la faringe, dove è deglutito. Il muco
contiene anche immunoglobuline capaci di inattivare gli antigeni patogeni
che sono poi idrolizzati in un secondo momento dall’ambiente acido e dagli
enzimi dello stomaco. Un rallentamento del trasporto del muco indotto dal
blocco delle ciglia (fumo di sigaretta) o un’aumentata viscosità a causa di
una ridotta produzione di liquido (fibrosi cistica), causa ristagno del muco e
del suo contenuto di microrganismi patogeni con aumentata probabilità di
infezioni polmonari.
Oltre alla sua proficua azione di filtrazione svolta dall’epitelio respiratorio, le vie
aeree superiori e i bronchi svolgono due altre funzioni importanti che
modificano significativamente l’aria che raggiunge gli alveoli:
1) Riscaldano l’aria inspirata portandola alla temperatura di 37°C, in modo
che gli alveoli ricevano con continuità volumi d’aria in equilibrio con la
temperatura corporea;
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Oltre alla sua proficua azione di filtrazione svolta dall’epitelio respiratorio, le vie
aeree superiori e i bronchi svolgono due altre funzioni importanti che
modificano significativamente l’aria che raggiunge gli alveoli:
1) Riscaldano l’aria inspirata portandola alla temperatura di 37°C, in modo
che gli alveoli ricevano con continuità volumi d’aria in equilibrio con la
temperatura corporea;
2) Umidificano l’aria aggiungendo vapor acqueo e abbassando
conseguentemente la quantità di O2 contenuta nell’aria inspirata.
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A livello dei bronchioli l’epitelio respiratorio è strutturalmente diverso. Le
dimensioni delle cellule ciliate, il numero di cellule caliciformi e lo strato di
muco è assai ridotto a causa delle ridotte dimensioni del condotto.
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La zona respiratoria è costituita dai bronchìoli respiratori che si ramificano
ulteriormente per dar luogo ai dotti e ai sacchi alveolari.
La principale caratteristica di queste vie aeree è l’enorme superficie formata
dagli alveoli che sono raggruppati a grappolo attorno ai dotti alveolari.
Si stima che vi siano circa 300 milioni di alveoli nei polmoni che coprono
un’area totale di 70-80 m2.
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Gli alveoli sono sacchi di scambio che si raggruppano all’estremità dei
bronchioli terminali e la loro funzione principale è lo scambio di gas tra l’aria
presente negli alveoli e il sangue.
Ogni minuscolo alveolo è costituito da un singolo strato di sottile epitelio di
scambio. Sono presenti due tipi di cellule epiteliali:
Cellule alveolari di tipo I: cellule lunghe e piatte che ricoprono la maggior parte
dell’alveolo e permettono la diffusione rapida dei gas.
Cellula alveolari di tipo II: sono invece più piccole, spesse e parzialmente
ciliate; producono e secernono una sostanza chimica detta surfactante, una
sostanza lipo-proteica che si deposita sulla superficie del liquido che ricopre
l’alveolo e ne abbassa la tensione superficiale.
Negli alveoli sono presenti anche i macrofagi che hanno il compito di
mantenere la superficie alveolare libera da sostanze estranee.
Gli alveoli inoltre non presentano tessuto muscolare (che impedirebbe la
diffusione veloce di gas) ma solo fibre elastiche e di tessuto connettivo che
garantiscono il ritorno elastico quando il tessuto polmonare si distende durante
l’inspirazione.
Si può vedere lo stretto collegamento tra apparato respiratorio e
cardiovascolare dimostrato dall’associazione tra gli alveoli e un’estesa rete di
capillari che ricoprono l’80-90% della superficie alveolare.
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L’epitelio alveolare e l’endotelio capillare sono infatti separati da un sottile
spessore di membrane basali denominata “membrana respiratoria” di circa 0,5
m attraverso la quale avvengono gli scambi gassosi.
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Lo stretto accoppiamento tra alveoli e capillari polmonari è meglio illustrata in
questa figura dove è visibile l’estesa rete di capillari polmonari che ricoprono
quasi interamente (80-90%) la superficie alveolare. La vascolarizzazione
alveolare è così elevata che si parla comunemente di lamina continua di
sangue in contatto con gli alveoli.
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I polmoni, assieme al cuore, sono situati all’interno della cassa o gabbia
toracica che è delimitata lateralmente e superiormente dalla colonna
vertebrale, dalle coste e dai muscoli ad esse associate. Inferiormente la
cassa toracica è delimitata dal diaframma, un muscolo scheletrico a forma
di cupola.
Ciascun polmone è inoltre completamente ricoperto da un sacco pleurico che
separa il polmone dalla cavità toracica e dal diaframma.
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La parete del sacco pleurico attaccata alla superficie esterna del polmone è
chiamata pleura viscerale, mentre la parete attaccata alla cavità toracica
ed al diaframma è chiamata pleura parietale.
All’interno del sacco pleurico sono contenuti pochi millimetri di liquido pleurico.
In questo modo, il piccolo volume di liquido distribuito sull’ampia superficie
polmonare fa si che i due foglietti pleurici siano quasi in contatto fra loro.
Il liquido pleurico svolge due funzioni importanti:
1) Crea una superficie umida e scivolosa che consente lo scorrimento dei due
foglietti l’uno sull’altro, cosicché i polmoni, che sono adesi al foglietto
viscerale, possono scorrere senza attrito sulla parete toracica durante i
movimenti respiratori;
2) Realizza una forte adesione tra parete toracica e polmone. Il liquido
pleurico infatti esercita una notevole forza di adesione che mantiene in
contatto i due foglietti pleurici anche quando nel corso dei movimenti
respiratori, forze diverse e opposte li tendono a separare. I due foglietti
scivolano uno sull’altro ma non si staccano, esattamente come due vetrini
di microscopio separati da un sottile strato di acqua che possono scivolare
l’uno sull’altro ma non si separano. Per staccarli occorre una forza enorme
per vincere la tensione superficiale dell’acqua che li tiene aderenti l’uno
all’altro.
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La ventilazione è il movimento di aria tra l’ambiente esterno e gli alveoli.
Le vie aeree superiori e i bronchi non sono semplici vie di passaggio dell’aria,
ma svolgono un importante ruolo nel condizionare l’aria prima che
raggiunga gli alveoli. Praticamente si ha:
1) Il riscaldamento dell’aria alla temperatura corporea (37°C) in modo che la
temperatura corporea non vari e gli alveoli non siano danneggiati dall’aria
fredda.
2) L’aggiunta di vapore acqueo fino a che l’aria raggiunga il 100% di umidità in
modo che l’epitelio di scambio, che è umido, non si disidrati.
3) La filtrazione del materiale estraneo in modo che virus, batteri e particelle
inorganiche non raggiungano gli alveoli.
La respirazione attraverso la bocca non è così efficiente nel riscaldare e
umidificare l’aria come la respirazione attraverso il naso. Per questo se si
effettua un esercizio fisico all’aperto in ambiente molto freddo si può
facilmente avvertire un dolore intenso a livello toracico in conseguenza
della respirazione di aria fredda dalla bocca.
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Siccome il passaggio di aria da un ambiente all’altro richiede una differenza
netta di pressione, la ventilazione può avvenire solo se negli alveoli esiste
una pressione diversa da quella atmosferica.
La pressione atmosferica è la pressione dell’aria esterna. A livello del mare la
pressione è di circa 760 mmHg e può variare leggermente al variare delle
condizioni atmosferiche.
La pressione alveolare è la pressione dell’aria all’interno degli alveoli; a riposo
è uguale alla pressione atmosferica.
La pressione alveolare varia però a seconda delle fasi della ventilazione ed è
proprio la differenza tra la pressione alveolare e la pressione atmosferica
che costituisce il gradiente di pressione che guida la ventilazione.
Quando la pressione atmosferica supera quella alveolare si ha l’inspirazione.
Quando la pressione alveolare supera quella atmosferica si ha l’espirazione.
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La ventilazione richiede che i polmoni, che non sono in grado di espandersi e
di contrarsi da soli, si muovano in associazione con la contrazione e il
rilasciamento del torace. Infatti, i polmoni aderiscono alla cassa toracica
tramite la forza di coesione del liquido tra le due membrane pleuriche. In
questo modo se si muove la gabbia toracica i polmoni si muovono in
concomitanza.
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L’inspirazione avviene quando la pressione alveolare diminuisce.
Perché l’aria fluisca nei polmoni è necessario che la pressione nei polmoni
divenga inferiore a quella nell’atmosfera.
La pressione alveolare si può modificare in conseguenza a cambiamenti di
volume. Infatti, secondo la legge di Boyle, un aumento di volume determina
una riduzione di pressione.
Durante l’inspirazione il volume del torace aumenta in seguito alla contrazione
dei muscoli della gabbia toracica e del diaframma. Quando il diaframma si
contrae perde la sua forma a cupola e si abbassa verso l’addome aumentando
il volume della cavità toracica. Come conseguenza si ha una diminuzione della
pressione e l’aria fluisce nel polmone.
Durante l’insipirazione la pressione alveolare si riduce di circa 1 mmHg al di
sotto della pressione atmosferica e l’aria comincia a muoversi verso gli alveoli.
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Al termine dell’inspirazione i muscoli inspiratori si rilassano. C’è un ritorno
elastico dei polmoni che riporta il diaframma e le coste alla posizione di
partenza. Si parla di espirazione passiva perché non richiede la contrazione di
nessun muscolo.
Durante l’espirazione il volume della cavità toracica e del polmone diminuisce
e la pressione alveolare aumenta, fino ad un valore massimo di 1 mmHg sopra
la pressione atmosferica. La pressione alveolare ora è superiore a quella
atmosferica, quindi il flusso d’aria si inverte e l’aria esce dai polmoni.
La frequenza respiratoria normale è di 10-20 atti al minuto nell’adulto.
Durante l’esercizio fisico si ha una espirazione attiva che è una espirazione
volontaria che porta ad un aumento della frequenza respiratoria (30-40 atti al
minuto). Durante l’espirazione attiva si contraggono i muscoli intercostali
interni e i muscoli addominali
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Nella cavità pleurica esiste una pressione negativa (subatmosferica) detta
pressione intrapleurica che si forma durante lo sviluppo. Infatti durante lo
sviluppo la cassa toracica cresce più rapidamente rispetto al polmone. Però le
due membrane pleuriche sono tenute insieme dal liquido pleurico, in modo che
i polmoni, che sono elastici, siano costretti a stirarsi per adattarsi al maggior
volume della cavità toracica. Allo stesso tempo il ritorno elastico del polmone
genera una forza diretta all’interno che tende ad allontanare i polmoni dalla
gabbia toracica. La combinazione di queste due forze e cioè della spinta verso
l’esterno della cassa toracica e del ritorno elastico polmonare verso l’interno
genera una pressione intrapleurica di circa -3 mmHg.
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La combinazione di queste due forze e cioè della spinta verso l’esterno della
cassa toracica e del ritorno elastico polmonare verso l’interno genera una
pressione intrapleurica di circa -3 mmHg.
La pressione del liquido pleurico si modifica durante il ciclo respiratorio.
All’inizio dell’inspirazione la pressione intrapleurica è -3 mmHg. Mentre
l’inspirazione procede, le membrane pleuriche e i polmoni seguono il
movimento della cassa toracica per la presenza del liquido pleurico. Il tessuto
polmonare elastico si oppone però all’azione dell’espansione e i polmoni
tentano di allontanarsi dalla parete toracica portando la pressione intrapleurica
a valori più negativi (-6 mmHg). Durante un esercizio fisico si può arrivare ad
un valore di -8 mmHg.
Con l’espirazione la cassa toracica torna alla sua posizione di partenza. I
polmoni si rilassano dalla loro posizione di estensione forzata e la pressione
intrapleurica torna ai valori normali di -3 mmHg.
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Questa condizione detta pneumotorace (aria nel torace) può anche generarsi
spontaneamente se una regione del tessuto polmonare si indebolisce e si
lesiona permettendo all’aria di entrare nella cavità pleurica.
Patologie che comunemente possono causare il pneumotorace sono la
polmonite e l’enfisema (perdita di elastina, le fibre elastiche che agevolano il
ritorno degli alveoli durante l’espirazione).
Il trattamento chirurgico del pneumotorace prevede come primo intervento la
rimozione della maggior quantità d’aria possibile dalla cavità pleurica con una
pompa aspirante e poi la riparazione del danno al tessuto. L’aria residua è poi
rimossa gradualmente dal circolo polmonare e sostituita con il liquido
intrapleurico.
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Il fatto che il polmone si espanda facilmente (elevata compliance) non significa
necessariamente che riassumerà il suo volume a riposo quando la forza che
tende a dilatarlo viene meno (elastanza).
Es. nell’enfisema polmonare le fibre di elastina presenti nel tessuto polmonare
sono distrutte e questo fa sì che il polmone abbia una elevata compliance e si
espanda facilmente durante l’inspirazione. Tuttavia questi polmoni avendo una
ridotta elastanza non riescono a tornare alla posizione di riposo durante
l’espirazione.
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La fibrosa polmonare è un esempio di patologia in cui c’è una riduzione della
compliance polmonare perché vi è un aumento dello spessore del tessuto
connettivo elastico.
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La compliance polmonare è fortemente condizionata da due fattori principali,
• l’elasticità del tessuto polmonare che è responsabile della distensibilità e del
ritorno elastico del polmone
• e la tensione superficiale del liquido all’interno degli alveoli.
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Questa tensione superficiale è determinata dal sottile strato di liquido tra le
cellule alveolari e l’aria
A livello dell’interfaccia aria liquido la superficie del liquido si comporta come
se fosse sotto tensione, come una sottile membrana sottoposta a stiramento.
Questa tensione superficiale è causata da legami a idrogeno tra le molecole
d’acqua. Le molecole d’acqua in superficie sono attratte da quelle che si
trovano sotto e di fianco ad esse e non dall’aria.
Se l’acqua viene isolata in una goccia assumerà la forma di una sfera. Se
l’acqua ha la forma di una bolla la tensione superficiale esercita una forza
diretta verso il centro di questa bolla. Questa forza è descritta dalla legge di
Laplace che afferma che la pressione all’interno di una bolla di liquido dipende
dalla tensione superficiale del liquido e dal raggio della bolla.
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Questo è uno schema riassuntivo dello scambio e del trasporto di O2 e CO2
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I gas che dobbiamo considerare sono l’O2 e la CO2.
A livello alveolare la pressione parziale dell’ossigeno è di 100 mmHg mentre
nel sangue venoso sistemico la pressione parziale dell’ossigeno è di 40
mmHg. Di conseguenza l’ossigeno si muoverà secondo il suo gradiente
pressorio parziale spostandosi dagli alveoili verso i capillari. Il processo di
diffusione raggiunge l’equlibrio e la PO2 nel sangue arterioso che lascia i
polmoni è pari a quello negli alveoli (100 mmHg).
Quando il sangue arterioso raggiunge i capillari nei tessuti il gradiente si
inverte. Infatti le cellule utilizzano continuamente l’ossigeno per la
fosforilazione ossidativa. In una cellula a riposo la PO2 intracellulare è in
media 40 mmHg. Il snague arterioso che irrora i capillari sistemici ha una
pressione parziale PO2 di 100 mmHg. Perciò l’ossigeno diffonde secondo il
proprio gradiente dal plasma alle cellule. Si raggiunge nuovamente l’equilibrio
così che la PO2 nel sangue venoso è pari a quella nelle cellule irrorate.
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Al contrario, la pressione parziale della CO2 (PCO2) è maggiore nei tessuti
che nei capillari sistemici a seguito della produzione metabolica di CO2. La
PCO2 in una cellula a riposo è 46 mmHg, a fronte di una PCO2 nel plasma
arterioso di 40 mmHg. Il gradiente determina un trasporto netto di CO2 dalle
cellule nei capillari. La diffusione raggiunge l’equilibrio e il sangue venoso
sistemico ha una PCO2 media di 46 mmHg.
A livello dei polmoni i processi si invertono. Il sangue venoso che trasporta la
CO2 prodotta come catabolita dalle cellule ha una PCO2 di 46 mmHg. La
PCO2 alveolare è di 40 mmHg. Poiché la pressione parziale è maggiore nel
plasma, il trasporto netto di CO2 avviene dal sangue agli alveoli. Quando il
sangue lascia gli alveoli presenta nuovamente una PCO2 di 40 mmHg,
identica alla PCO2 alveolare.
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PATOLOGIE POLMONARI CHE ALTERANO LA VENTILAZIONE
ALVEOLARE E LO SCAMBIO DEI GAS
Le alterazioni patologiche che compromettono lo scambio dei gas respiratori
includono: una diminuzione dell’area della superficie alveolare disponibile per
lo scambio gassoso, un aumento dello spessore della membrana alveolare, un
aumento della distanza di diffusione tra alveoli e sangue.
La perdita della superficie alveolare si manifesta drammaticamente
nell’enfisema polmonare prevalentemente causata dal fumo di sigaretta.
Nella fibrosi polmonare la deposizione di tessuto cicatriziale aumenta lo
spessore della membrana alveolare rallentando la diffusione dei gas.
Nell’edema polmonare aumenta la distanza di diffusione tra alveoli e sangue in
quanto vi è un eccessivo volume di liquido interstiziale nei polmoni
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Membrana respiratoria costituita da:
1) Strato di liquido che riveste l’alveolo
2) Cellule dell’epitelio alveolare
3) Membrana basale dell’epitelio alveolare
4) Stretto spazio interstiziale
5) Membrana basale dell’endotelio capillare
6) Le cellule dell’endotelio capillare
Lo spessore è di 0,5 m.
A questo livello, inoltre, gli eritrociti si muovono come fossero in fila indiana, in
contatto con la parete interne dell’endotelio capillare.
Si può, quindi, facilmente capire come la diffusione dei gas dall’alveolo
all’eritrocita e viceversa coinvolga distanze molto brevi (0,5-1 m).
L’ossigeno e l’anidride carbonica attraversano la membrana respiratoria per
diffusione semplice per la quale vale sempre la legge di Fick
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L’ossigeno e l’anidride carbonica attraversano la membrana respiratoria per
diffusione semplice per la quale vale sempre la legge di Fick.
La CO2 è circa 24 volte più solubile dell’O2 e diffonde 20 volte più
velocemente in soluzione e questo spiega perché nei processi diffusivi
all’interno dei tessuti o attraverso membrane cellulari la CO2 richiede
gradienti pressori più ridotti rispetto ai gradienti pressori che agiscono
sull’O2 per muovere volumi di gas confrontabili.
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L’ossigeno è trasportato nel sangue con due meccanismi:
1) in soluzione nel sangue;
2) legato all’emoglobina (HB).
L’Hb si lega reversibilmente all’ossigeno. Ogni molecola di Hb lega 4 molecole
di ossigeno
Nei polmoni, dove la concentrazione di ossigeno è elevata, l’Hb lega
l’ossigeno. A livello delle cellule, dove l’ossigeno è impiegato nel
metabolismo e la sua concentrazione è minore, l’Hb libera l’ossigeno.
Più del 98% dell’ossigeno è trasportato dall’emoglobina presente nell’eritrocita.
La quota rimanente è disciolta nel sangue.
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La forma della curva di dissociazione della HbO2 riflette le proprietà della
molecola di emoglobina e la sua affinità per l’ossigeno.
A livello della normale PO2 alveolare e arteriosa di 100 mmHg, il 98% dell’Hb
è legata all’ossigeno. Quindi l’Hb lega quasi tutta la quantità di ossigeno che è
in grado di legare mentre passa attraverso attraverso i polmoni.
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In base alla curva di dissociazione:
1) emoglobina può funzionare come trasportatore di O2 poiché si lega ad esso ad alte
pressione parziali (superfici respiratorie) e se ne libera a relativamente basse PO2.
2) al contrario la mioglobina funziona da deposito di O2 poiché cede il gas solo
quando PO2 diminuisce notevolmente. I muscoli dei mammiferi marini posseggono
alti livelli di questo pigmento che durante l’immersione cede O2 quando PO2 si
abbassa.
L’affinità dell’emoglobina per l’O2 è influenzata da variazioni chimico-fisiche del
sangue che favoriscono il legame con l’O2 a livello delle superfici respiratorie ed il
suo rilascio a livello dei tessuti.
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La CO2 non ha nessuna molecola specifica per il suo trasporto all’interno del
torrente ematico. Tale situazione viene risolta con l’ausilio di 3 meccanismi:
1) soluzione fisica: avendo la CO2 una solubilità in acqua di circa 20 volte
maggiore rispetto all’ossigeno, circa il 10% della sua produzione viene
trasportato in soluzione fisica nel sangue venoso sistemico
2) carboamino-emoglobina: considerata la grande quantità di emoglobina
presente nel sangue sono disponibili molteplici gruppi aminici (NH 2). Circa
il 25% dell’emoglobina (in situazioni di riposo) viene desossigenata nel suo
transito attraverso i capillari sistemici. L’emoglobina desossigenata è un
acido più debole rispetto all’ HbO2, pertanto, parte della CO2 circolante
reagisce per formare carboamino-emoglobina. Tali composti si dissociano
istantaneamente per formare NHCOO- e H+ e consentendo il trasporto di
circa il 30% della CO2 circolante
3) bicarbonato di sodio: è la principale forma di trasporto della CO2.
Quando l’anidride carbonica viene a contatto con l’acqua del sangue
reagisce formando acido carbonico (CO2 + H2O = H2CO3) che si dissocia
istantaneamente per formare ioni H+ e bicarbonato (HCO3-). A questo
punto i cloruri (Cl-) diffondono all’interno dei globuli rossi bilanciando
l’uscita di HCO3- (scambio dei cloruri)
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L’anidride carbonica entra nel sangue e ne esce in forma di CO 2 molecolare che
è molto più permeabile attraverso gli epiteli delle forme polari (bicarbonati,
carbonati).
Entrando nel sangue si idrata a bicarbonato o a formare composti carbamminici;
quando ne esce si verificano i processi diametralmente opposti.
La > parte della CO2 che entra o esce dal sangue passa attraverso i globuli rossi
poiché:
1) nei g.r. è presente anidrasi carbonica che aumenta enormente la velocità di
idratazione (a livello dei tessuti) o disidratazione (a livello dei polmoni) della CO 2;
2) emoglobina deossigenata (Hb) funziona da accettore di protoni, facilitando
formazione di bicarbonato.
Le variazioni di pH causate dall’idratazione di CO2 ad H2CO3 sono tamponate da Hb
che si forma quando l’O2 viene ceduto ai tessuti
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