Cecilia Ricci

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Cecilia Ricci
Femmina penso….
“…Femmina penso se penso alla gioia, pensarci il maschio, ci penso la noia…. Femmina penso se
penso la pace; pensarci il maschio, pensare non piace…..”
Queste parole sono versi di Edoardo Sanguineti che vuole, in questa ballata, esaltare la donna,
portarla al di sopra di tutto e di tutti.
Queste poesie, romanzi, opere esaltano la donna, quanti poeti ne hanno declamato le grazie,
l’intelligenza, la bontà!
Ma la realtà, lo sappiamo, è un’altra: è dall’epoca dell’uomo primitivo che la donna è considerata
inferiore, maltrattata, picchiata e umiliata; e anche se, durante il processo dell’evoluzione, il corpo e
le abilità dell’uomo sono cambiate, la mentalità è rimasta la stessa.
La donna era una serva o un’amante; o tutte e due le cose. Così per secoli.
Il primo, vero ed eclatante, “movimento femminile” nacque in Francia attorno al 1790, all’epoca
della rivoluzione francese, quando le donne scesero in piazza e marciarono con gli uomini per
rivendicare i loro diritti.
Purtroppo dopo poco furono tagliate fuori, ma ebbero la consapevolezza della loro forza.
Da quel momento infetti fu sempre un crescendo di “rivolte” femministe ma, in Italia, fino al 1946,
anno in cui per la prima volta votarono, e al 1948, cioè fino all’entrata in vigore della Costituzione
Repubblicana, si co9nsiderò la donna subordinata all’uomo, a lei erano riservati i lavori meno
qualificati, spesso lontani dai centri della vita sociale, culturale e politica.
Oggi non è più così, la donna può scegliere di avere un lavoro o no, di laurearsi e anche di entrare in
politica italiana senza chiedere permessi a nessuno.
Continuano però le violenze alle donne, i tentati, o riusciti, stupri, le minacce, le percosse, le
provocazioni.
La donna non è ancora totalmente al sicuro. Le statistiche del 2007 rivela che l’aumento dei casi di
violenza contro le donne, rispetto al 2006, è quasi del 22%.
La violenza si nasconde particolarmente in casa, all’interno del clima familiare. La violenza si attua
quasi sempre attraverso certi passaggi come lo stalking, oggi punito dalla legge; spesso l’uomo
comincia a isolare la donna dalle amiche, dalla famiglia, poi le impedisce l’uso del telefono e
continua procedendo in una scala sempre più crudele, una cottura a fuoco lento che termina con le
botte.
La violenza, infatti, oltre che di tipo fisico è di tipo psicologico.
Esempi di questo tipo ne troviamo ogni giorno sul giornale, gli aggressori sono uomini che hanno
vissuto le violenze in famiglia, da bambini: come può un bambino cresciuto con le botte non
diventare un tipo rissoso e violento?
Il problema a questo punto è di tipo familiare-educativo. Per ridurre i casi violenti bisognerebbe fare
in modo che tutti i genitori educassero bene e in modo corretto i loro figli.
E’ un processo difficile e duraturo nel tempo, ma comporterà la salvezza di molte persone.
La situazione a livello globale è molto diversa: in certi paesi come il Pakistan, l’Iran, l’Iraq e
altri la donna è ancora vista come un peso, una serva che non può scegliere, che vive isolata e priva
di diritti. In molti stati la parola “usanza” sostituisce la nostra “diritto”; i genitori scelgono i
promessi sposi senza sentire il parere della figlia come è sempre stato e, forse, sarà sempre.
Per noi è un mondo molto diverso e l’emancipazione della donna è molto lontana da essere
conclusa.
“Rimasi comunque la figlia dell’ispettore, poi divenni la moglie di un commerciante; persa fra il
mio passato, il mio presente e i lineamenti del mio futuro, mi divenne difficile individuare punti di
riferimento.
Fu così che di me stessa ebbi solo ciò che gli altri avevano scelto per me e non seppi mai niente
degli altri, se non quello che loro mi ordinavano”.
Queste parole sono scritte da una donna medio-orientale che descrive la sua tragica vita.
Nella realtà la situazione è diversa, le donne sono tutelate dalla legge perché viviamo in uno stato di
diritto, ma la quotidianità è spesso avvilente, ed è questo che deve cambiare, soprattutto attraverso
le buone pratiche e un’educazione che insegni a rispettare l’altro, chiunque egli sia.
Cecilia Ricci classe 3C
Scuola Secondaria di primo Grado “Innocenzo da Imola”